VILLA DE MOLL tra passato e futuro: storia degrado restauro a cura di Franco Canova testi di Franco Canova Valerio Borzacchini “E. Lui Tipografia s.r.l.” - Reggiolo (RE) COLLANA di volumi “REGGIOLO: CITTA’ D’ARTE E STORIA” In copertina: Immagine notturna di Villa De Moll. VILLA DE MOLL tra passato e futuro: storia degrado restauro a cura di Franco Canova testi di Franco Canova Valerio Borzacchini “E. LUI Tipografia s.r.l.” - Reggiolo (RE) COLLANA di volumi “REGGIOLO: CITTA’ D’ARTE E STORIA” VILLA DE MOLL SI RINGRAZIANO Comune di Reggiolo Angeli Arch. Roberto Albinelli Franco Sindaco del Comune di Reggiolo Vice Sindaco Assessore alla Cultura Regione Emilia Romagna Assessorato alla Ricostruzione post sisma Costi Dott. Palma Assessore alla Ricostruzione post sisma Regione Emilia Romagna Servizio Commercio, Turismo e Qualità aree turistiche Castellini Dott. Paola Dirigente - Responsabile del Procedimento Borioni Dott. Marco Funzionario Servizio Commercio, Turismo e qualità artistiche Soprintendenza Belle Arti e Paesaggio per le Provincie di Bologna, Modena, Reggio Emilia e Ferrara MIBACT Pepe Arch. Elisabetta Architetto Responsabile di Area Unità di Crisi Regionale , Nucleo tecnico, Sisma Oliverio Arch. Valentina Segretariato regionale per l‟Emilia Romagna Zunno Arch. Antonio Segretariato regionale per l‟Emilia Romagna Canova Prof. Franco Borzacchini Arch. Valerio Medici Ing. Romeo Ferri Ing. Gianluca Storico e co-autore del volume Progettista, direttore dei lavori e co-autore del Volume Progettista e direttore dei lavori Collaboratore al Progetto di intervento e direzione dei lavori Pro Loco di Reggiolo Per i rilievi, gli studi e le analisi scientifiche Experimentations S.r.l. Impresa esecutrice di rilievi, studi ed analisi non distruttive sulle strutture Marcozzi Arch. Gloria Collaboratore analisi e progetto delle opere storico - artistiche Borzacchini Dott. Davide Restauratore per il Progetto di Restauro dei beni storico-artistici Per la realizzazione delle opere ed i restauri DELTA LAVORI S.p.a. Impresa esecutrice delle opere Di Cicco Francesco Rappresentante e procuratore della DELTA LAVORI Spa Mastropietro Geom. Raffaele Responsabile del cantiere della DELTA LAVORI Spa Innovations S.r.l. Impresa specializzata in applicazione di materiali innovativi Conservazione e Restauro Rigaglia Dott. Davide restauratore esecutore delle opere sui beni storico-artistici Per la ricerca iconografica Pavarini Oddo Andreoli Giorgio Canova Franco Borzacchini Valerio Art Director ed impaginazione grafica Cipolletti Arch. Sara Stampa “E. LUI Tipografia s.r.l” - Reggiolo (RE) Presentazione Nella immagine sopra: Dettaglio di statua in nicchia su fronte principale. Nella pagina a fianco: Vista laterale della facciata principale di Villa De Moll. Premessa Il presente volume è frutto di molte „mani‟ o meglio diverse intelligenze operative, che hanno fornito ai due curatori gli elementi opportuni e necessari per cucire insieme i contributi emersi. Durante la fase finale del restauro (inverno-primavera 2015-2016) si sono incontrati i principali responsabili del Progetto di Intervento su Villa De Moll, proprietà di Oddo e Claudio Pavarini, per fare il punto della situazione, insieme al vice sindaco Franco Albinelli. Il primo incontro ha messo a fuoco diversi aspetti tra cui la soddisfazione di essere giunti in soli diciotto mesi dalla concessione del contributo all‟ultimazione dei lavori, e quindi all‟apertura al pubblico e alla inaugurazione ufficiale, con presentazione del presente volume. Questo evento è stato reso possibile grazie alla grande efficienza e rapidità con la quale è stato finanziato l‟intervento di restauro e si sono evoluti i lavori. Gli organi regionali hanno infatti approvato il progetto e concesso il contributo in soli 5 mesi con la consegna della domanda il 22/11/2013 ed il contributo concesso con decreto n. 611 del 15/04/2014. La Soprintendenza competente per le autorizzazioni ha concesso di eseguire l‟intervento dopo soli 41 giorni con richiesta consegnata in data 17/10/2013 ed autorizzazione in data 27/11/2014. Infine i lavori eseguiti e completati, come si enunciava in soli 18 mesi con consegna effettuata in data 05/05/2014 e ultimazione in data 20/11/2015. Alla fine di tutto l‟iter è stata dai proprietari Oddo e Claudio e dal Vice sindaco Albinelli quindi proposta la pubblicazione in volume dei lavori di ristrutturazione e restauro svolti nel Palazzo dopo il terremoto del maggio 2012 e a seguito della concessioni dei fondi della Regione Emilia Romagna. Questo è il primo volume della collana Reggiolo - città d’arte e storia che inaugura questa e le ricerche future, con la documentazione storica e gli interventi di ristrutturazione di chiese, palazzi e ville del territorio reggiolese colpiti dal sisma del 2012. gli Autori: Franco Canova Valerio Borzacchini 7 Nella pagina a fianco: Dettaglio della facciata principale, il particolare dell‟ingresso. Il comune di Reggiolo Il sisma del 20 e 29 maggio del 2012 ha rappresentato per la nostra comunità civile un segno di forte discontinuità, al punto che spesso nei nostri discorsi si tende a distinguere gli eventi fra quelli “avvenuti prima” e quelli “avvenuti dopo” quell‟avvenimento disastroso. L‟esperienza, di per sé tremenda, ha comunque prodotto una reazione positiva nella nostra gente, che ha messo da subito in opera le virtù tipiche delle nostre comunità: l‟operosità, lo spirito positivo, la solidarietà. Questo atteggiamento ci ha consentito di procedere nell‟opera di ricostruzione con efficacia e senso pratico e ci ha fatto riscoprire la bellezza nei luoghi e negli edifici ai quali forse ci eravamo un po‟ abituati. L‟opera che viene presentata con questo volume ha il pregio di farci riscoprire proprio la bellezza presente vicino a noi e di restituirci un po‟ dello stupore di chi la ammira per la prima volta. Gli edifici, pur essendo cose inanimate, non sono fredde realizzazioni: raccontano una storia di fatti e, soprattutto, di persone, fanno riemergere ricordi e parlano delle nostre radici, delle tradizioni, della storia che ha costruito la nostra comunità civile. Al termine dell‟opera di ricostruzione il sisma resterà un ricordo gravido di sofferenza, ma sarà di consolazione vedere tanti luoghi, strutture, edifici, ville e palazzi riportati alla loro bellezza originaria, a quella che il tempo aveva offuscato: e in questi luoghi sarà piacevole riscoprire la nostra identità e la nostra storia. Gennaio 2016 il Sindaco: Angeli arch. Roberto 9 Nella pagina a fianco: Particolare del salone principale. Foto di Giorgio Andreoli. L’assessorato alla Cultura e Ricostruzione del Comune di Reggiolo Il nostro territorio è ricco di numerosi edifici storici di proprietà pubblica e privata. Si tratta di un patrimonio immobiliare rappresentato da antiche dimore nobiliari, da luoghi di culto, da corti agricole con ville padronali, da edifici che identificano la nostra Comunità. Luoghi che sono in grado di raccontare la nostra storia secolare che affonda le radici nel lontano Medioevo. Il Palazzo De Moll, oggi di proprietà dei signori Pavarini, è uno di questi. Fortemente danneggiato dal sisma del 20 e 29 maggio 2012, dopo soli 4 anni, grazie ai fondi stanziati dal Governo e destinati alla ricostruzione, ritorna in agibilità in condizioni che ci consentono di ammirarlo in tutto il suo originario seicentesco splendore. Questa pubblicazione, patrocinata dall‟Amministrazione Comunale di Reggiolo, dalla Regione Emilia-Romagna, dalla Provincia di Reggio Emilia, dal Segretariato Regionale per l‟EmiliaRomagna del Ministero dei Beni culturali di Bologna, ha lo scopo di testimoniare l‟opera di ricostruzione, svolta in tempi eccezionalmente rapidi, grazie alla volontà della proprietà Pavarini, all‟impegno qualitativo profuso dall‟impresa, dai tecnici e dalle maestranze che hanno operato con mirabile maestria professionale. Ringraziamo l‟amico Oddo Pavarini per la sensibilità dimostrata nel consentire la divulgazione di questo completo volume che abbraccia argomenti storici, architettonici, ingegneristici che rappresentano, nel complesso, un arricchimento culturale e di conoscenza per tutti noi. Un ringraziamento particolare al prof. Franco Canova che ha curato con la sua competenza storica la pubblicazione, al Signor Francesco Di Cicco, rappresentante e procuratore della ditta Delta Lavori Spa, che l‟ha sponsorizzata credendo fin da subito nella sua validità divulgativa. Ringrazio i progettisti: l‟Ing. Romeo Medici, l‟ing. Gianluca Ferri, l‟arch. Valerio Borzacchini, e inoltre l‟arch. Valentina Oliverio, del segretariato dell‟Emilia Romagna, MIBACT. Un affettuoso pensiero alla Arch. Elisabetta Pepe che ha collaborato fattivamente al recupero architettonico del Palazzo. Oggi viene presentato al pubblico un palazzo restaurato, una storia, un‟opera culturale di indiscusso valore e, nel contempo, si avvia così quel percorso di “ricostruzione fisica e storica” di Reggiolo che contribuirà ad arricchire il suo ricco patrimonio identitario e permetterà a tutti noi di conoscere le radici più profonde della nostra Comunità. Gennaio 2016 il Vicesindaco: Franco Albinelli 11 Nella pagina a fianco: Particolare degli interni, restaurati e allestiti dopo il sisma. Assessorato alla Ricostruzione post sisma della Regione Emilia Romagna Il sisma del 2012 è stato un momento drammatico della nostra storia. Il nostro compito come Istituzioni non è quello di cancellarne il ricordo, che rimarrà per sempre nei cuori della nostra gente. Ma è stato e sarà diverse altre cose. Ricostruire facendo sentire ognuno finalmente al sicuro a casa propria. Aver messo al centro dal giorno “zero” scuole e aziende, perché istruzione e lavoro sono il presente e il futuro della nostra comunità. È preservare la cultura e i suoi segni più antichi, perché questo significa tutelare le radici di un territorio e di una intera Comunità. Senza radici certe, il futuro spesso diventa incerto. Villa De Moll, tra le migliaia di interventi di recupero privati e pubblici realizzati in questi anni con i contributi pubblici, è certamente un incrocio particolarissimo tra un patrimonio immobiliare tutelato dai Beni Culturali e un‟attività d‟impresa che fa della suggestione dei luoghi, parte fondante del suo stesso core business che è quello dell‟antiquariato di prestigio. In questi luoghi non è stato possibile null‟altro che una paziente e delicata opera di restauro conservativo che va a permeare gli interventi fatti su ogni singolo mattone dell‟edificio, cercando di coniugare le antiche tecniche costruttive ai più moderni requisiti della sismica. Qui allora, il terremoto diventa una sfida doppiamente difficile, che il Prof. Canova prova a raccontarci in modo suggestivo dalle origini di questa villa patrizia, guidandoci passo passo negli interventi di recupero e di restauro degli spazi esterni ed interni. Altrove gru e mezzi meccanici riportano in vita i vecchi capannoni feriti nelle vecchie strutture pesanti tutte in cemento armato, disegnando nuovi gusci rinnovati nei materiali e negli spazi, splendenti al sole di nuove architetture profilate in acciaio, vetro e legno che stanno ridisegnando in parte lo sky line dei nostri distretti industriali. Qui si lavora invece con pazienza certosina, strappando alla polvere e alle macerie centimetro dopo centimetro. Due mondi diversi, che completano lo stesso grande disegno. Ritornare. Ritornare più forti, più sicuri e perché no, più belli di prima, nei luoghi, nelle case, nelle aziende, nelle scuole e negli edifici di aggregazione pubblica. Credo sia giusto raccontare e lasciare ai posteri testimonianze così qualificate come quelle contenute in questo testo, per trasferire alle nuove generazioni il ricordo di un evento così tragico, ma anche del come la gente di questa terra lo ha esorcizzato ed anzi ne è uscita trasformando l‟evento in un occasione per migliorare le proprie conoscenze, la propria coscienza e il proprio patrimonio storico artistico e culturale. Solo la cultura del FARE e l‟ingegnosità degli attori coinvolti ha potuto produrre quello che viene splendidamente rappresentato in questo testo. Un sentito e appassionato ringraziamento agli autori per quest‟opera che rappresenta un MATTONE importante di questa ricostruzione. Assessore alla Ricostruzione post sisma: Palma Costi 13 Nella pagina a fianco: Fronte Nord della Villa: cornici bugnate con dettaglio dei resti di antica sinopia. La Direzione Regionale per i beni culturali dell’Emilia Romagna L'evento sismico che ha colpito l'Emilia-Romagna il 20 e 29 maggio del 2012 ha nuovamente reso attuale il tema della vulnerabilità del patrimonio culturale, in una regione particolarmente ricca di beni ascrivibili alle più diverse tipologie edilizie. L'uso che nel tempo è stato fatto di alcuni di questi edifici ha indotto modifiche degli impianti edilizi originari e spesso con l'esecuzione di interventi impropri che hanno modificato l'equilibrio delle strutture, contribuendo ad incrementare quindi la vulnerabilità di interi complessi. A questo si aggiunga la caratteristica principale di queste costruzioni, ovvero l'essere costruite in murature di mattoni allettati con malte povere di legante, poiché asservite alla disponibilità del materiale locale (sabbia e calce di matrice argillosa), con strutture lignee a sostegno delle coperture, spesso frutto di riuso di travature di recupero, coperture voltate della tipologia in foglio che recano in sé già il principio della estrema leggerezza. Il sisma, con la sua potenza distruttrice, ha svelato la debolezza intrinseca del costruito storico, ma nello stesso tempo ci ha offerto la possibilità di analizzarne le componenti materiche e strutturali, fornendo l'opportunità di ampliare la conoscenza delle tecniche costruttive e dell'uso della muratura, anche in relazione alla stratigrafia che si è resa leggibile purtroppo in presenza di significativi crolli. Si è potuto osservare quindi che anche le costruzioni apparentemente più solide come rocche e fortilizi, avendo subito in tempi recenti operazioni di rinforzo strutturale con inserimenti di elementi in cemento armato, frutto della campagna di consolidamenti spinti dalla confidenza riposta incondizionatamente in questo materiale nel secolo scorso, hanno patito l'intromissione di elementi incongrui che ne hanno modificato inevitabilmente gli equilibri. Allo stesso modo nelle chiese, a causa dell'avvicendarsi degli stili e delle mutate esigenze liturgiche, nelle varie epoche si è assistito a scellerate operazioni di sottrazione di materiale o sovrapposizioni di strutture, ricostruzioni di intere porzioni poi non rese solidali con il corpo di fabbrica originario che hanno determinato una risposta differente alle sollecitazioni sismiche con conseguenze deleterie nei casi di crolli più significativi. Le stesse canoniche, così come in numerose tipologie di palazzi, ville suburbane e dimore storiche caratteristiche del costruito emiliano, a causa del susseguirsi di adattamenti alle esigenze d'uso, le trasformazioni operate spesso non hanno tenuto in conto della composizione dell'apparato murario e dei suoi equilibri andando a modificare un assetto consolidato frutto di una sapienza antica dell'arte del costruire. 15 Il caso di Villa de Moll, residenza gentilizia della campagna reggiana, nonostante la coerenza edilizia della costruzione anche a seguito dell'avvicendarsi delle epoche che hanno apportato modifiche all'impianto originario, ha riservato delle sorprese. I danni subiti dall'edificio, ascrivibili alla morfologia del fabbricato di forma allungata, costituito principalmente da una sequenza lineare di vani incardinati intorno ad un corpo centrale e traguardati dalle torrette angolari che chiudono la composizione in orizzontale, hanno condizionato un approccio conoscitivo in divenire che, durante le fasi salienti, del cantiere ha reso necessari approfondimenti e momenti di riflessione soprattutto in relazione al ricco apparato decorativo che costituisce la sua principale caratteristica. Il ricco campionario di decorazioni presente nei vani ha condizionato e allo stesso modo anche guidato le scelte di riparazione dei danni, soprattutto in corrispondenza degli architravi delle aperture di collegamento o nelle specchiature murarie, oltre che per le varie tipologie di copertura dei vani stessi, essendo presente un campionario misto tra volte in muratura, volte in camorcanna e coperture lignee piane e a falda. L'approccio al consolidamento delle strutture di copertura dei vani non ha risparmiato sorprese come nel singolare caso dei controventi delle volte in muratura, ritrovati al di sotto delle pavimentazioni al piano primo dove, in luogo dei tradizionali frenelli, sono state rinvenute delle piccole volte trasversali che fungevano da contrasto alle spinte della calotta principale, alcune recanti ancora la centina lignea lasciata come opera morta in fase di costruzione. O come alcuni elementi di un cassettonato ligneo dipinto rimasto inglobato nello spessore di un solaio del piano primo in occasione del cambio di quote e di copertura. Occasioni uniche, documentate in fase di cantiere, che arricchiscono la conoscenza dell'edificio e guidano l'intervento al costante aggiornamento nella fase di cantiere. Ma la peculiarità di Villa de Moll è senza dubbio il ricchissimo apparato decorativo interno, evoluzione del gusto squisitamente tardo settecentesco che ripropone un campionario di stili figurativi che spaziano dal motivo a grottesche, allo stile floreale, alla pittura monocroma, al figurativo esotico fino al didascalico celebrativo. Ed è proprio su questa caratteristica dell'interno che i segni dei danni da sisma sono stati più evidenti ed hanno richiesto un grosso impegno per il recupero dell'immagine complessiva. Inoltre i danni inflitti dal terremoto erano tali da rendere necessari interventi di consolidamento strutturale estesi e profondi, ma la qualità e la quantità delle decorazioni ha imposto un approccio “chirurgico” alle murature, selezionando le porzioni su cui intervenire e limitando al minimo le aperture in breccia. La dimestichezza con le tecniche decorative e la professionalità degli operatori che hanno realizzato le integrazioni hanno determinato un risultato eccellente. L'obiettivo principale anche in questo intervento (così come in numerosi altri casi seguiti direttamente dai funzionari del Ministero) è stato “il progetto della differenza”, l'intento cioè di perseguire un risultato filologico ed estetico al contempo, cercando di individuare la modalità più opportuna di valorizzazione del segno lasciato sulla decorazione. Un intervento “riconoscibile” sempre e sempre diverso in base alla tipologia del dipinto e alla natura del suo supporto, calibrato caso per caso e, in questo cantiere, stanza per stanza. Per questi motivi si è fatto di Villa De Moll un campionario degli interventi di restauro: stanze in cui si è integrato il dipinto, stanze in cui l‟importanza e la preponderanza dell‟intervento strutturale, ha imposto lo “stacco” di ampie porzioni di intonaco decorato, stanze in cui la perdita di gran parte del decorato ha imposto il tono neutro di fondo senza integrazione alcuna. 16 Il fil rouge è stato sempre quello di perseguire una logica di riconoscibilità dell‟intervento da una parte, e, dall‟altra, di concedere comunque all‟occhio una visione d‟insieme dell‟opera senza perderne il significato globale. Obiettivo difficilissimo da raggiungere, complicato da realizzare e che ha implicato una presenza continua in cantiere, impegnando tutte le maestranze e i professionisti. A questo si è deciso di affiancare una accurata campagna documentale dei ritrovamenti. Le tecniche costruttive particolarissime come le voltine di scarico ed alleggerimento presenti al di sotto della pavimentazione del primo piano sono state fotografate e documentate, così come il solaio ligneo del primo piano e la sinopia della facciata posteriore. Indubbiamente, l'evento sismico sarà parte della storia dell'edificio e al pari delle stratificazioni costruttive guiderà la lettura dell'evoluzione anche attraverso i segni sul partito decorativo, dove è stato raggiunto lo scopo di recuperare l'immagine attraverso un'integrazione consapevole. I colori, le figure, le geometrie e le partiture sono state integralmente recuperati attraverso un significativo uso del colore per il restauro del colore. Arch. Valentina Oliverio Arch. Antonio Zunno 17 Nella pagina a fianco: Dettaglio delle cornici bugnate del fronte Nord. Indice Introduzione 25 Testo di ODDO PAVARINI Passato 29 Testi di FRANCO CANOVA STORIE E VICENDE DI UN TERRITORIO 31 - 33 35 37 40 Beatrice e Matilde di Canossa a Reggiolo: 1044 - 1115 Dalla Regona di Po all’acquisto da parte del comune di Reggio: 1184 – 1213 Reggiolo mantovano: 1306 - 1630 I maggiori proprietari di terre e corti a Reggiolo (secc. XV-XVI) VILLA DE MOLL NEL TEMPO: STORIA, FAMIGLIE CHE L’HANNO POSSEDUTA E STRUTTURA ARCHITETTONICA - I Torello e il Palazzolo Galantino di Brugneto Il Palazzolo Galantino e il nuovo Palazzo Riva Il marchese Giovan Giacome Riva a Reggiolo: gli acquisti e la costruzione della Villa Brugneto I costruttori e i proprietari del Palazzo di Brugneto: i marchesi Riva (fine sec. XIV e XIX) I primi lavori noti a Palazzo Riva La struttura sette-ottocentesca La Villa tra la 2° metà dell’ Ottocento e i primi decenni del Novecento: i Baroni De Moll (1861-1929) L’evoluzione della proprietà nel Novecento: i Marchesi Ferrero De Gubernatis (1955-1972) Gli anni di fine secolo XX: i signori Pavarini, mobilieri antiquari (dal 1972 ad oggi) 43 45 50 52 54 57 58 62 65 66 PALAZZI E VILLE DEL REGGIOLESE 71 - 72 Struttura e realtà degli edifici storici del Reggiolese L’ EDIFICIO E LE CARATTERISTICHE ARCHITETTONICHE E TECNOLOGICHE 75 - Il sistema del verde e l’edificio: composizioni e finiture 76 - Struttura architettonica e l’ impianto originale I riferimenti tipologici e storici L‟esterno L‟interno Caratteristiche geometriche, dimensionali e tipologiche Il piano terra Il primo piano Il secondo piano Il sottotetto La composizione strutturale e le parti resistenti I materiali, i colori e le finiture Le qualità artistiche Futuro 79 80 81 87 88 88 94 102 104 106 110 112 123 Testi di VALERIO BORZACCHINI IL SISMA DEL 2012 E IL DEGRADO 125 - 125 126 128 Il degrado dell’edificio prima del sisma Gli elementi storico – artistici e le finiture Gli eventi sismici IL RESTAURO DI VILLA DE MOLL - di proprietà PAVARINI 135 - 135 138 141 - Il processo di restauro ed il ruolo degli Enti Pubblici L’organizzazione professionale dell’intervento di restauro Le procedure normative Un approccio tecnico-scientifico al progetto: la diagnostica risultato di studi ed analisi scientifiche Le filosofie dell’intervento di restauro, riparazione e consolidamento Gli interventi di riparazione e consolidamento Gli interventi sull’apparato storico – artistico e sulle finiture Il restauro dei dipinti e dei decori Operazioni Specifiche sulle strutture lignee della copertura Le pavimentazioni in cotto e le altre finiture Gli impianti L’impresa esecutrice dei lavori BIBLIOGRAFIA e BIOGRAFIA DEGLI AUTORI 142 158 160 173 174 178 180 182 186 190 Nella pagina a fianco: Dettagli dei decori ottocenteschi del primo piano, ultima stanza, torretta Sud-Ovest. Nella pagina precedente: Il salone centrale del primo piano, il rapporto interno - esterno, la Villa ed il sistema del verde fronte Sud. Foto Giorgio Andreoli. 24 Introduzione 25 Nella pagina a fianco: Interno della Villa restaurata. Foto Giorgio Andreoli Villa De Moll - proprietà Pavarini Arte e Antiquariato s.n.c. Come reagire al sisma del 2012 “La prima delle tremende scosse sismiche del 29 maggio 2012, alle nove e venti circa mi colse mentre ero all‟interno della “casa” (così come io chiamo Villa De Moll, oggi di proprietà della mia società), al lavoro con i miei collaboratori ripulendo i pavimenti e gli arredi dai calcinacci provocati dalla lieve scossa di alcuni giorni prima. Fu tremenda, si muoveva tutto, cadevano pezzi di intonaco, tremavano porte e mobilio, tentennavano lampadari e aplique… Sconvolgente. Ebbi appena il tempo di mettermi sotto l‟architrave di una porta come mi avevano consigliato, senza sapere che proprio gli architravi della “casa” erano una delle parti più deboli dell‟edificio. Poi fuggimmo tutti e mi dicevo: “Non voglio veder crollare la casa sotto i miei occhi”. Finite le scosse, cercai di conservare la calma; tra incoscienza e paura qualche giorno dopo ritornai a casa e iniziai un giro tra stanze ed ambienti con l‟ansia di scoprire ad ogni stanza i disastri che il terremoto aveva provocato. Non dimenticherò mai quella giornata, non la dimenticherò per la paura e per la tristezza di vedere svaniti in un momento anni di sacrifici economici e personali di mio padre, miei e di Claudio; sacrifici fatti per sistemare l‟edificio nel migliore dei modi, conservando i suoi valori; e sacrifici per allestire la struttura della villa con i nostri mobili. La tristezza e lo sconforto nei giorni successivi furono sostituiti dalla incertezza. Come avremmo fatto? Dovevamo chiudere la “casa”? Come la nostra attività già duramente colpita dalla crisi economica sarebbe andata avanti in quelle condizioni? Nei tempi successivi speravo in un responso tecnico positivo, speravo mi dicessero che i danni non erano poi così tanti, che comunque l‟edificio era ancora sicuro ed avrei potuto continuare ad usarlo, ma il responso tecnico fu inesorabile: la “casa” era inagibile, era da abbandonare! L‟attività nella splendida Villa De Moll era da chiudere subito. Ricordo con grande gratitudine (e qui lo voglio ringraziare) per primo mio suocero, Luigi Frati, che mi concesse subito in uso un capannone per trasferire e ricoverare il mobilio, gli arredi, i quadri e tutto quanto di prezioso era nella “casa”. Seguirono confusione, smarrimento, timori, incertezze, dove e come mi sarei rivolto per cercare di intraprendere la strada del recupero. Mi venne anche l‟idea di abbandonare tutto e che forse non sarei riuscito ad intraprendere alcuna ristrutturazione. Tutto era troppo complicato e difficile. Molti eventi mi diedero la forza; ricordo con piacere una nota scritta che mi fece pervenire la mia amica Erika Lucchiari, così intitolata “Lo spirito del tempo tra memoria e presente” e che così recitava: “Segreta , appartata, altera in mezzo al nulla, la dimora cinquecentesca un tempo residenza dei Riva appare all’improvviso nella campagna emiliana. Grandeur è lo spirito che anima la residenza. I tratti sono quelli classici da location fiabesca. Nessuna traccia di design contemporaneo in questa dimora profumata di storia, che preserva il passato e lo lascia respirare nel presente traghettandolo verso il futuro. Il filo conduttore è costituito dalla patina del tempo che plasma un’atmosfera onirica. Memorie di un passato fastoso rivivono in una atmosfera di lusso disinvolto che fa da sfondo ideale ai preziosi mobili e oggetti 27 d’antiquariato. Alle pareti il compito di esibire l’arte. Specchi antichi, quadri importanti, affreschi d’autore e porte a tromp l’oeil sono finestre sull’immaginario di una residenza che vive in un tempo sospeso”. Mi chiesi se potevo abbandonare così, senza fare niente, un luogo dove io e la mia famiglia avevamo speso anni di lavoro, risorse economiche; c‟era un attaccamento al luogo troppo forte, c‟era la cultura del posto, quella cultura del passato che, anche nel nostro lavoro, ci aveva permeato da tutta la vita. In quel momento di estrema tristezza si accese un barlume che mi mise quasi casualmente in contatto con un gruppo di operatori che avevano già lavorato in occasioni di altri eventi sismici. Mi fidai e fu una vera fortuna. La strada era lunga, difficile, complessa. Gli investimenti economici, nonostante i notevoli contributi regionali del sisma, erano cospicui per una piccola azienda come la mia; ma la volontà di voler vedere recuperata Villa De Moll era troppo forte e … iniziai l‟avventura. Supportato da tecnici e da un‟impresa esperta nel settore dei restauri di immobili colpiti da terremoti, effettuammo le prime „messe in sicurezza‟; quindi vi fu l‟avventura del progetto. Era un progetto molto studiato, lungo e difficile, quindi si mettevano in campo i rapporti con la Soprintendenza di Bologna, gli Enti preposti per la tutela, il Comune, la Regione. E iniziarono i sopralluoghi, le riunioni, i confronti e la condivisione di idee e strategie d‟intervento. In modo serrato ma rapido si giunse fortunatamente a strategie condivise; giunsero le prime approvazioni, documenti che contribuirono a darmi nuovo coraggio ad andare avanti. Iniziava a configurarsi la strada da percorrere; era lunga e difficile, ma definita e chiara. Grande coraggio fu necessario nell‟affrontare poi i lavori, i finanziamenti economici e gli impegni personali facevano tremare i polsi, ma quasi incoscientemente andammo avanti nell‟opera ed in un giorno di maggio del 2014 i lavori iniziarono. Da quel momento la mia “casa” divenne di nuovo un luogo dove andavo tutti i giorni, ma non per vendere mobili ed oggetti di antiquariato, per incontrare i clienti, ma per seguire i lavori, guardare, sbirciare discutere con tecnici ed impresa, risolvere problematiche che, confesso, qualche volta non ti fanno riposare tranquillo. Il recupero di Villa De Moll è stata una vera avventura e spero che questo volume sia in grado di raccontarla, come è in grado di raccontare le origini storiche, le qualità strutturali ed artistiche dell‟edificio, che da oggi in poi sarà consegnato alla storia dei luoghi del reggiolese ed alla storia della mia famiglia. Alla fine di questa avventura non posso che porgere un sentito ringraziamento da parte mia e di Claudio, mio cugino e mio socio, a tutti coloro che hanno contribuito al recupero e restauro di “Villa De Moll”. Un grande lavoro di un gruppo di persone ed aziende che hanno realizzato l‟opera con grande entusiasmo e organizzazione. Mi è difficile citare tutti, a cominciare dal Comune di Reggiolo, dalla Regione Emilia Romagna, dalla Soprintendenza dei Beni Culturali con i suoi funzionari, e dalla Dott.ssa Elisabetta Pepe in particolare: persone che ci sono state sempre così vicine per consigliarci e guidarci, insieme all‟impresa Delta Lavori S.p.a., alle maestranze ed a tutti i tecnici. Grazie, un grazie di cuore per avere creduto tutti a questa impresa del recupero, dagli Enti pubblici all‟ultimo dei muratori, che poi così ultimo nessuno di loro è stato perché ognuno di noi nel momento in cui opera con serietà ed entusiasmo vale come qualsiasi altro e non esistono primi ed ultimi. Ritorneremo tutti a Villa De Moll, alla quale nell‟occasione del libro si è aggiunto il nome della mia famiglia, Pavarini. Questo mi rende orgoglioso e sicuro che forse quella intrapresa è stata la strada giusta. Chi verrà dopo di noi giudicherà. Brugneto di Reggiolo, Maggio 2016 Oddo Pavarini 28 Passato testi di Franco Canova Nella immagine sopra: Dettaglio pittura della Sala del Sole, autore Felice Campi, 1746-1817. 29 Nella pagina a fianco: Salone centrale, primo piano, interno-esterno, veduta sul parco a Nord. STORIE E VICENDE DI UN TERRITORIO Un po’ di storia … Reggiolo si formò sulle rive del fiume Bondeno, quello stesso che è citato nel 781 in un documento di Carlo Magno e che scorreva a sud del fiume Po all‟epoca, per designare l‟ubicazione geografica delle due corti di Luzzara e di Gabiana (Quistello). Un importante asse centuriale, passante presso l‟antico Bòndeno di Roncore (oggi Bondanazzo di Reggiolo), già ultima sede di Matilde di Canossa, indica la zona a Nord-Est del territorio reggiolese quale residuo e traccia di una centuriazione romana che si presume dei secc. III-IV d.C., all‟epoca degli insediamenti forzati di coloni e barbari vinti fatti prigionieri (cioè schiavi) avviati dall‟imperatore Valentiniano III nelle paludi intorno al Po per renderle fertili e produttive. Nell‟immagine a destra: Cartina che ricostruisce l‟idrografia antica e le tracce di centuriazione romana nel Destra Po mantovano-reggiano (M. Calzolari, 1996; D. Daolio, 2006; con integrazioni). L‟orientamento in diagonale verso N-E dei tracciati centuriali è ancora oggi evidente nei rilievi aereofotografici e in loco, sia per l‟andamento antico dei corsi d‟acqua appenninici verso il Po sia per la presenza di antiche strade romane ancora oggi riutilizzate. Il cardo del BondanazzoS.Lorenzo era la base per l‟innesto di decumani maggiori e minori come si vede nella cartina. 31 Il cardo che inizia al termine della attuale via Caselli e prosegue in linea retta fino alla chiesa di San Lorenzo di Pegognaga, antichissima pieve, è attraversato dal decumano che passa ai margini del Bondanazzo e giunge oltre la villa Agnella verso Gonzaga lungo la strada omonima, un tempo detta “Imperiale” o “della Comitissa”, per segnalare la vicinanza al luogo dove morì Matilde nel luglio 1115. Nella immagine a sinistra: Carta IGM 1933. Sono stati inseriti gli antichi tracciati centuriali, cardi e decumani maggiori e minori che si possono intravvedere ancora nelle strade esistenti sul territorio fra Reggiolo-Gonzaga-Pegognaga. La presenza di una centuriazione attesta come già in epoca romana il territorio in Destra Po fosse attrezzato per la coltivazione e l‟insediamento umano. Solo con le invasioni barbariche successive al crollo dell‟Impero (secc. V-VI) si ebbe l‟abbandono delle terre coltivate e conseguente ripresa degli allagamenti paludosi non essendo più gli argini dei fiumi mantenuti in funzione. Il Medio Evo riportò la selva e gli acquitrini stagnanti, e solo a fatica le nuove popolazioni qui insediatesi riuscirono a far tornare le terre coltivabili, roncando i boschi e bonificando le terre per i nuovi poderi. 32 Beatrice e Matilde di Canossa a Reggiolo: 1044 – 1115. 1 A. Schiaparelli, I diplomi di Berengario I, doc. XCIV, anno non indicato, ma 902913, pp. 249-50, Roma 1903. Il Bondeno di Ròncore, che aveva svolto nei secoli romani il suo ruolo di villa signorile al centro di una centuriazione produttiva, riprese nell‟Alto Medio Evo la sua funzione di roccaforte della zona. Dapprima fu rinforzata e incastellata dal fedele vassallo di re Berengario I, Lupo da Gorgo, tra 902 e 913 1 , e divenne non solo crocevia di una strada importante - la Teutonica - che superava il Po e collegava il centro Italia con il Nord, ma attraverso i fiumi Gonzaga, Bondeno e Po consentiva anche nei periodi invernali il transito di navi e merci che da Venezia risalivano il grande fiume e si distribuivano lungo il Mincio verso Mantova e lungo il Bondeno verso Pegognaga, Gonzaga, Reggiolo e infine Reggio Emilia. Snodo pertanto di importanza eccezionale, Bondeno di Ròncore, tanto che la madre di Matilde, Beatrice, aveva acquistato col marito Bonifacio anche Reggiolo nel 1044, sul confine a sud. Gonzaga era stata ereditata dall‟avo Atto Adalberto Canossa che l‟aveva acquistata nel 967, insieme a Ronco Rolando (976) e a Pegognaga successivamente. Il possesso inoltre di Governolo (1044), di Villa Saviola, Portiolo (1015-36), le isole di S. Benedetto e Gorgo (961-2), Curtatone e Romanore (1044), e Mantova, rendevano il territorio da questa città sul lago fino a Reggio e all‟Appennino (Canossa, Frassinoro, Marola etc.) sicuro transito protetto dai Canossa. E l‟amicizia tra essi e gli imperatori aveva per decenni favorito benefici e protezioni alla famiglia che restituiva ai sovrani l‟appoggio e la sicurezza delle vie che dal confine imperiale al Regno d‟Italia, passando da Trento per Verona e Mantova poteva raggiungere agevolmente Lucca e il litorale tirrenico, da cui proseguire per Roma e cingere le corone imperiali dalle mani dei papi. 1077, 11 febbraio. La Bolla redatta da papa Gregorio VII a Bondeno di Ròncore con Matilde. Quando l‟imperatore Enrico IV, dopo l‟umiliazione subita a Canossa, pensò di vendicarsi chiamando a Mantova il papa e sua cugina Matilde per una visita d‟amicizia, celando al contrario la volontà di tender loro un agguato sul Po presso Gonzaga, papa Gregorio VII e Matilde si rifugiarono proprio nel castello di Bondeno di Ròncore, protetto da mura e fossati intorno. Era l‟11 febbraio del 1077, due settimane dopo il „perdono‟ di Canossa del 28 gennaio in cui il re era stato assolto dalla scomunica papale. Il luogo era protetto dalle selve ancora presenti, dai corsi d‟acqua e dalle milizie dei Da Palude, vassalli canossani da generazioni. 33 A Bondeno di Ròncore (Bondanazzo presso Reggiolo) la Contessa e poi Vice Regina d‟Italia, Matilde di Canossa, si recò altre 10 volte: dal 1106 al 1115, quando decise di fermarvisi gli ultimi mesi della sua vita e decidere di morirvi (il 24 luglio dello stesso anno). Vicina all‟amato cenobio di Polirone, protetta dal luogo e dal fedele vassallo Arduino Della Palude, in ricordo dei giorni passati col papa Gregorio VII, suo padre spirituale e capo del movimento riformatore della Chiesa, ella non poteva che rivivere proprio a Bondeno di Ròncore le scelte più importanti della sua lunga vita. Aveva al Bondeno reggiolese proprio quell‟11 febbraio 1077, dopo il tradimento del re, deciso di difendere la Chiesa dalle angherie laiche e imperiali, e sfidare Enrico IV di cui era feudataria, ribellandosi ai sacri doveri dell‟obbedienza feudale. Aveva poi insieme al papa promosso la riforma dei costumi del clero fino alle più alte gerarchie ecclesiastiche, favorendo ovunque comportamenti sobri e di provata castità di preti, monaci e monache, nonché vescovi e cardinali. Donò al monastero di Polirone a San Benedetto Po molte terre, tra cui anche il Bondeno di Ròncore. E figura che sia realistico anche avesse donato tutti i suoi beni allodiali alla Chiesa di Roma, come ribadisce un documento del 1102, da lei firmato e presente il cardinale vicario del papa Bernardo 2 . La corte di Reggiolo intanto, nell‟agosto 1071, con la vicina corte di Campagnola e una terza sempre in pianura, Budrio, erano state donate al monastero di Frassinoro (sull‟Appennino modenese), fondato da Beatrice di Lorena, moglie di Bonifacio Canossa e dotato di 12 corti per la vita dei monaci che l‟avrebbero custodito. Fino al 1213 rimase possedimento dell‟abbazia, quando il comune di Reggio decise di rafforzarne le difese, costruendo sulle 60 biolche acquistate dall‟abate il primo castello di Reggiolo (il castrum vetus; cfr. il nostro Gli Statuti di Reggiolo del sec. XIII, 2000). Nei decenni successivi, altre terre vennero acquistate da Reggio e si realizzò un nuovo castello, quello su cui venne costruita l‟attuale Rocca di Reggiolo (1242-1246). 34 2 Cfr. F. Canova, M. Fontanili, C. Santi, G. Formizzi, Documenti e lettere di Matilde di Canossa, Bologna 2015. 3 Cfr. il nostro Reggiolo. La storia, voll. I-II, Reggiolo 1978-80 (presso la Biblioteca Comunale); e il più recente Reggiolo. Il nome e il come: storia cronaca e legenda, 2013 (con G. Nosari). 4 Cfr, Documenti e lettere di Matilde di Canossa, cit., p. 235, doc. 70, anno 1102. E‟ chiaramente indicato il percorso del fiume Gorgo, che divideva i due paesi di Luzzara e Guastalla e finiva per gettarsi nel fiume Bondeno che passava da Reggiolo. Ancora oggi, oltre alla Tagliata, il confine dei due paesi confinanti con Reggiolo è dato da quell‟antico percorso del Gorgo. E questo Gorgo non va confuso con altri omonimi: Gorgo di San Benedetto Po, anch‟esso citato in vari documenti altomedievali (sec. X) e la laguna che si estendeva nei paraggi di Bagnolo in Piano e giungeva a comprendere gli attuali paesi e frazioni di S. Tommaso, S. Giovanni e S. Maria, un tempo detti de Gurgo ossia „della Fossa‟. 5 Lo si deduce dal fatto che la torre demolita dai mantovani nel 1223, che distrussero Reggiolo deportandone gli abitanti, rimase per un secolo e mezzo sepolta sotto uno strato di terra ed erbacce venne alla luce solo nel 1374, quando nell‟orto del mulino – quello dei Molinari che passò ai De Preti – furono trovate centinaia di migliaia di pietre (cfr. il nostro Reggiolo. Il nome e il come…, 2013, p. 133). Quelle pietre servirono ad innalzare le cortine murarie e le torri perimetrali della Rocca di Reggiolo, visibili nella loro conformazione ancor oggi, negli ultimi 45 m. della sommità. 6 E’ il Chronicon di Pietro della Gazzata (2000) che ci informa: “E in quell’anno (1243) il podestà Lamberti di Reggio fece alzare il muro del “ricetto” di Reggiolo e fece fare il muro del ponte sopra la Tagliata.”(p. 27). Per ricetto si deve intendere la cortina muraria intorno alla torre che fu poi denominata mastio della Rocca. Di rocca e di castello circondati da fossati si parla ancora nel 1265-67, quando i Sessi esiliati da Reggio conquistarono Reggiolo e lo cedettero per 3.000 lire ai Cremonesi (Chronicon, p. 49: “E in quell’anno – 1267 – il 9 dicembre, il castello di Reggiolo fu tolto ai Cremonesi che l‟avevano acquistato da quelli da Sesso. E il comune di Reggio… vi pose dentro delle sentinelle e un capitano, e il Comune, per il riscatto di suddetto castello, pagò tremila lire reggiane.”). Nel Liber Grossus è riportata l‟intera serie di spese che Reggio dovette restituire ai Cremonesi per i lavori fatti nella Rocha e Castrum de Razolo. Dalla Regona all’acquisto da parte del comune di Reggio: 1184 – 1213. Reggiolo passa dall’amministrazione degli abati di Frassinoro al Comune di Reggio. Nel trentennio 1184-1213, Bondeno di Ròncore e il vicino Bondeno di Arduino (di Gonzaga), con Pegognaga e Gonzaga si univano in consorzio agricolo per volontà dei due comuni confinanti di Mantova e Reggio (la Regona Padi o Regula di Po). Reggiolo, come corte antica che stava diventando un borgo aggregato intorno all‟originale chiesetta di San Venerio e al primo castello, era amministrato dall‟abate di Frassinoro cui era stato donato dalla madre di Matilde. Col sopraggiungere delle frizioni e delle guerre fra Comuni, anche Reggio pensò bene di dotarsi di un nuovo fortilizio da erigere a Reggiolo, terra confinante con la Regona che stava diventando sempre più ambita dai Mantovani. Nel 1213 il Comune di Reggio acquistò dunque le sue prime 60 biolche in Reggiolo dal monastero e vi eresse un castello, che nel 1215 aveva già diverse famiglie inviate in loco, insieme ad altre preesistenti 3 . Nel 1218-20 vi fece passare il canale della Tagliata – scavato insieme ai Cremonesi nell‟antico corso del fiume Gorgo 4, che dal Po di Guastalla-Luzzara raggiungeva il Bondeno nel reggiolese – che bonificò le terre intorno e andò a scaricarsi al Bondanello nel mogliese ancora paludoso, nel tratto del fiume Bondeno che da lì proseguiva verso il Burana e Bondeno di Ferrara. Reggiolo nel 1223 fu raso al suolo dai Mantovani, nelle guerre intestine fra comuni, sia per questa nuova canalizzazione che evitava alle navi di abbandonare il Po a Guastalla per non passare per Borgoforte e Governolo dov‟erano soggette ai dazi di Mantova, sia per le vicende relative alla Regona, in cui Reggio esercitava il dominio pressoché assoluto, nonostante gli accordi del 1184 di amministrazione comune con la città confinante. Per 20 anni il paese restò una terra spopolata e deserta 5, nonostante la Tregua stabilita nel 1225 tra Reggio e Mantova per la continuità comunque della gestione comune della Regona. Solo nel 1242 Reggio decise di riportare maggiori difese al confine settentrionale del suo Distretto ed eresse una torre a Reggiolo di 30 braccia (15-16 metri) nell‟area a suo tempo acquistata da Frassinoro. Nei due anni successivi costruì la cortina muraria intorno 6, ed emanò i primi Statuti per la popolazione reggiolese formata da nuovi immigrati provenienti da ogni paese del reggiano. Nel 1252 una commissione di alcuni saggi fu inviata a Reggiolo per accertare quanto successo, insieme ai 10 Castellani nominati: si rilevò che molti abitanti scelti fra tante domande di cittadini reggiani (e non solo) per venire a 35 Reggiolo con tante agevolazioni (terre da coltivare a basso costo d‟affitto, orti vicino alle case, casamenti dotati di copertura di tegole ecc.) non erano venuti o se n‟erano andati via dopo pochi anni. Le loro case rimaste allora vuote furono occupate da esuli ferraresi, partigiani di Salinguerra Torello, nel 1241 cacciato da Ferrara dagli Este. Le terre rimaste incolte furono coltivate e nella seconda metà del „200 anche Brugneto è citata (1270) come terra reggiolese non più soggetta al monastero di Frassinoro ma al Comune di Reggio. In buona parte si era resa coltivabile, ad eccezione delle valli a sud (sul confine con Novellara e Guastalla) e a nord (valle Pandelice, valle Margonara) e Reggio ne indicava le còlte annuali da pagare. Villanova, invece, di cui abbiamo notizia certa nel 1195, rimase a lungo una semplice terra con qualche casamento assegnata al Bondeno di Ròncore e quindi donata da Matilde di Canossa al monastero di San Benedetto in Polirone (1110). Era passata in seguito sotto il dominio dei Corradi da Gonzaga, in buona parte oggetto di compravendite dei poderi che in essa si venivano formando. I Rami (di origini bresciane, provenienti da Ramedello) furono tra i possidenti maggiori che troviamo successivamente lì insediati (sec. XVI, ASMN, AG, Lettere dai Paesi, Reggiolo). Nel 1257 si fissò la Pace definitivamente tra Reggio e Mantova, con l‟istituzione di due mercati liberi ai confini della Regona: a nord, in territorio mantovano, Borgoforte; a sud, in terra reggiana, Reggiolo. Fino al 1289 restò tranquilla la situazione, poi la perdita dell‟autonomia di Reggio a favore degli Este di Ferrara che furono chiamati a svolgere le funzioni di podestà in città (Obizzo e suo figlio Azzo VIII) fece lentamente prevalere sul confine settentrionale del distretto reggiano la politica espansionistica dei Mantovani, incautamente lasciati liberi di appropriarsene proprio dal podestà Azzo. 36 Reggiolo mantovano: 1306 – 1630. Nella immagine sotto: Mappa disegnata a margine degli Statuti di Reggio del 1312. Si notano le varie componenti della struttura, completa di cortina muraria intorno al Mastio originario del 1242, prima ancora della conquista mantovana di quegli anni di vari paesi del Destra Po già reggiani da secoli (Suzzara, Gonzaga, Pegognaga, Reggiolo). Tra la fine del 1200 e gli inizi del „300 Reggio perse l‟indipendenza comunale per darsi agli Este: nel 1290 Obizzo fu chiamato in città quale podestà, e suo figlio Azzo VIII d‟Este, nuovo podestà, nel 1304 affidò in enfiteusi i paesi a nord della città a Roberto della Carità e a Giberto dei Corradi da Gonzaga. Da Bagnolo in Piano a Suzzara, con Novellara, Reggiolo, Luzzara, Gonzaga, un vasto territorio ben avviato nell‟agricoltura e con insediamenti demici consistenti fu ceduto a due soli cittadini reggiani per conto del Comune di Reggio 7. Il Corradi aveva anche la cittadinanza mantovana e si crede che fosse uno dei Gonzaga prossimi ai futuri signori di Mantova. I nn. indicano le varie strutture: 1. Merlo della sommità del mastio per reggere la campana civica del comune, che chiamava a raccolta il consiglio. 2. Base del mastio, con la porta della prigione originaria (poi spostata nella cortina muraria a est e ancora esistente. 3. Mastio della Rocca con il tetto ligneo, per proteggere i soldati di guardia. Semovibile, veniva tolto nelle notti in cui si doveva segnalare con fuochi ad altri fortilizi la presenza o meno di nemici. In basso a sin., una delle diverse passerelle che dal mastio si gettavano alle cortine in caso di difesa da attacchi nemici. 4. La cortina muraria della Rocca, eretta nel 1243-46 (Chronicon Regiense), a protezione del mastio centrale. 5. Il ponte levatoio, che si gettava dalla torretta di mezzo della cinta a sud, per aprire o chiudere l‟accesso. 6. Torri della cinta con i soldati di guardia che portano le tipiche berrette copricapo di pelle. 7. Le acque dei fossati che vennero scavati intorno alla Rocca e al castello adiacente a Nord. 8. La rastrelliera di ferro che si faceva calare dall‟alto della torre sud, per proteggere la porta dai colpi d‟ariete o di scure. E‟ ancora visibile la scanalatura esistente nella torretta che difendeva la porta sud. Nel frattempo, le guerre persistenti tra comuni portarono i Bonacolsi signori di Mantova, alleati con i Veronesi, ad occupare Suzzara, Luzzara e Reggiolo. E nonostante le proteste reggiane, che obbligavano i loro podestà a giurare di fare ogni sforzo per recuperare almeno Reggiolo (“occhio destro del comune, privo del quale la città di Reggio camminava alla cieca”, fu scritto!), e il ricorso perfino all‟imperatore Arrigo VII sceso in Italia, che affidò temporaneamente Reggiolo al vescovo di Liegi che era al suo seguito, il paese rimase – morendo il vescovo a Roma – soggetto a Mantova, insieme agli altri centri del Destra Po, in particolare Suzzara, Gonzaga e Pegognaga da sempre territori reggiani 8 . Nel sec. XIV Reggiolo passò dai Bonacolsi (1306-28), ai Gonzaga (1328-1630), che avevano cacciato con un colpo di stato i precedenti signori di Mantova e loro protettori. Il passaggio da Reggio a Mantova agli inizi del „300 comportò per il paese una 37 opposta politica difensiva. E se in precedenza la sua Rocca era stata eretta per arginare e proteggere dalle mire mantovane il territorio del distretto reggiano a nord, più esposto essendo sul confine, con l‟avvento della signoria di Mantova la stessa Rocca si commutò a difesa del paese sotto le bandiere dei Gonzaga. Era diventata ora una minaccia alla stessa autonomia di Reggio. Non passarono vent‟anni, infatti, che le lotte intestine del comune fra le nobili famiglie dei Fogliani, Sessi, Canossa, Da Palude, Rossi, Roberti, Manfredi, Da Correggio ecc. portò alla fine delle libertà comunali, con l‟avvento di Feltrino Gonzaga che nel 1335 conquistò Reggio e lo mantenne fino al 1371, con il territorio a nord della città e fino ai confini del suo distretto, che coincideva più o meno con l‟antico episcopato. Il „400 si aprì con l‟emergere dei Torello e della loro alleanza con i Visconti di Milano, che ne agevolarono le imprese. Milano aveva nel 1371 acquistato Reggio da Feltrino Gonzaga e mirava ad occupare l‟intera pianura padana. Furono gli Este a contrastarne l‟avanzata e ad arrestarne l‟espansionismo. Nel 1408, i Torello vennero investiti dai Visconti della cittadina di Guastalla con il suo territorio, un tempo patrimonio con Luzzara del monastero piacentino di San Sisto. In Guastalla i Torello rimasero per oltre un secolo, fino al 1539, quando una loro discendente, Lodovica Torello, senza eredi, decise di venderlo al fratello del marchese di Mantova, Ferrante I Gonzaga. Questi, generalissimo dell‟imperatore Carlo V, iniziò la dinastia del ramo dei Gonzaga-Guastalla che durò con alterne vicissitudini fino al 1747, quando morì l‟ultimo duca, Giuseppe Maria Gonzaga. Reggiolo ebbe con l‟amministrazione di Mantova un secolo, il „400, in cui vide svilupparsi un‟economia basata sia sull‟agricoltura, sempre più fiorente, sia sui commerci, che la rete fluviale del suo territorio consentiva, in quanto punto di incrocio fra i diversi territori degli Este, dei Cremonesi, dei Gonzaga di Novellara-Bagnolo, dei Sessi di Rolo, dei Da Correggio (che arrivavano a Fabbrico e a Campagnola, confine con Reggiolo). Il corso della Tagliata, vero e proprio fiume su cui navigavano schiere di navi, barche di ogni tipo, sandali (sandoni) a fondo piatto e chiatte, si collegava a est con il fiume Secchia a Bondanello e scendendo il suo corso si arrivava al Po nei pressi di San Siro e di Sustinente. Poco lontano era Governolo, dove sfociava anche il fiume Mincio nel Po, provenendo da Mantova e dai suoi laghi (oltre che dal lago di Garda, più a nord). La città dei Gonzaga poteva così contare su una facile distribuzione di mercanzie e ottenere altresì lungo il corso mediano del Po i tolonei [tasse sul transito lungo i fiumi] che applicava a Sustinente e a Governolo, oltre che a Luzzara e 38 7 Le còlte erano una specie di affitto, parte dei pagamenti richiesti dal Comune di Reggio ai paesi del Distretto reggiano, in genere consegne di foraggi, prodotti della terra, cereali (in particolare frumento) e in qualche caso in denaro. Dal 1233 si pagava in grossi, moneta reggiana istituita dal vescovo Nicolò Maltraversi, che equivaleva alla metà della moneta in corso, ossia la lira imperiale e i suoi sottomultipli, soldi e denari. Brugneto è citato nel 1270 nella ricognizione dei beni del Comune di Reggio (cfr. F.S. Gatta, Liber Grossus Antiquus Comuni Regii, I, 1944). 8 F. Canova, Il Destra Po sul confine reggiano-mantovano. Il “limes” dell’episcopato di Reggio (secoli VIIIXII), in “Boll. Storico Reggiano”, n. 157, 2015. a Borgoforte, dove il grande fiume passava nel suo territorio e vi erano porti e dogane. Il sec. XV fu dunque per Reggiolo pieno di nuove iniziative: conosciamo i nomi delle famiglie - mantovane in prevalenza che si insediarono sempre più frequentemente nel paese. Erano infeudati nelle 3.000 biolche dei Gonzaga oltre 180 coloni, capifamiglia di una popolazione di circa un migliaio di persone. Un centinaio e più furono le case coloniche in altrettanti poderi del territorio, affittati ad agricoltori dai fattori generali della famiglia dominante a Mantova. Tra questi, i Gorni e i Volta. Sorsero via via come funghi gli insediamenti nelle campagne reggiolesi: dapprima case di legno e tetti di paglia e canne; poi anche in muratura. Si distribuivano nei campi a una media di- Nella immagine a destra: Mappa del Destra Po Mantovano (sec. XVII). Sono tracciati i confini settentrionali di Reggiolo, per la prima volta, con alcune località del territorio. Si notano alcune incongruenze anche gravi: Bondeno è posto a nord della Margonara di Brugneto; il Bondanazzo più a nord della sua esatta collocazione; Pegognaga a S-E di Gonzaga; il cavo Tagliata è fatto confluire nella Parmigiana-Fiuma oltre Moglia. Il confine invece a nord dell‟attuale comune di Reggiolo con Gonzaga è abbastanza corrispondente alla realtà attuale, il che ci conferma come dovesse anche nei secoli del dominio mantovano (1306-1632) essere stato presente, derivato dalla precedente dominazione del comune di Reggio. stanza di 50-100 metri l‟una dall‟altra, a formare quelle che divennero le attuali corti reggiolesi, che diedero nome alle varie zone: Cattanea, Fieniletto, Vallicella, Vallone, Gollina, Bolognesa, Aurelia, Staffola, Gorna ecc. (nel capoluogo); Margonara, Pandelici, Bruschine, Veniera, Palazzolo, Quazza, Rizza, Cavagnara ecc. (a Brugneto); Minghetta, Ruggera, Zuccona, Cà Vecchia, Gentile, Delfina, Rami, Pironda, Franchine, Bondanazzo ecc. (a Villanova). Furono anche costruite case e corti in genere lungo le rive della strada principale del paese: l‟attuale Moglia-Guastalla, costruita come argine sinistro della Tagliata e passante con il tratto principale per Villanova, Reggiolo - ora via Matteotti - e Brugneto. Altre case furono costruite lungo l‟asse sud-nord: via San Venerio, Piazza, Via Gonzaga, finché esaurite le possibilità di espansione a raggera, si decise di continuare gli insediamenti lungo il Borgo, verso est, per evitare case nei pressi della Rocca e del Castello che potessero eventuali nemici occupare per attaccare la fortezza di Reggiolo. 39 I maggiori proprietari di terre e corti a Reggiolo (secc. XV-XVI) Tra i proprietari di fondi e corti si divisero il 70% del territorio comunale una ventina di possidenti, cui si deve la costruzione fra „4-„500 delle principali corti agricole, delle ville e palazzi che ancora oggi sono presenti in Reggiolo e nelle sue due frazioni, in particolare a Brugneto. A parte i Gonzaga, signori di Mantova e dal 1539 anche di Guastalla, furono molti i ricchi mantovani che investirono in Reggiolo per la costruzione di ville e palazzi, dove trascorrere i periodi estivi più caldi. Le zone più ambite furono occupate dai casini di caccia e di delizie: l‟Aurelia, la Pironda, la Gorna, la Gollina, la Cattanea, villa Bianchi, la Veniera, la Berna, furono costruite dalle famiglie che vi lasciarono il loro nome. Altre costruzioni furono più residenze stabili che occasione di svago e di riposo: lungo il paese, infatti, il Borgo prese vita più del Castello a nord della Rocca. Si esaurì nell‟incrocio detto ancor oggi del Carrobbio (fra via Matteotti, via V. Veneto, via Italia), e da lì in avanti sempre verso est fu chiamato Borgo Lungo (oggi via Trieste, ma dall’incrocio semaforico). Alcune case furono costruite come palazzine vere e proprie: ancor oggi si possono ammirare nel capoluogo diverse abitazioni signorili, poi trasformate in negozi e anche attività artigianali di servizio (sarti, calzolai, fabbri, maniscalchi, fornai, lattonai, arrotini, ecc.). A Villanova lungo la strada per Moglia si costruirono case residenziali modeste, in genere. Solo la Zuccona, la Fantozza, la Ruggera, la Minghetta, la Cà Vecchia, si caratterizzarono come importanti ville-corti agricole, dotate di caseifici per la lavorazione del latte (che durò fino agli anni della 2^ Guerra mondiale). Più distanti dalla strada, il Bondanazzo 9 (antico Bondeno di Ròncore), la Pironda, le Franchine, ebbero natura sempre più agricola e da ville in ambiente rurale divennero corti agricole vere e proprie. A Brugneto, la prima importante realizzazione di una villa padronale fu il Palazzo Torelli, più noto in seguito come Villa Riva-De Moll, di cui si dirà in seguito l‟origine e l‟evoluzione nei secoli, fino alle più recenti ristrutturazioni conseguenti al sisma del 2012. Lungo alcune strade vicinali che si immettevano nella Guastalla-Staffola si costruirono alcune ville di campagna, come la Francescona, la Rizza, la Margonara, la Cavagnara, la Venirola (a nord); e la Quazza, la Berna, il Barchessone, la Veniera, la Ferrarola (a sud). Col tempo anch‟esse divennero vere e proprie corti agricole, rimanendo come nelle altre 40 9 Il Bondanazzo divenne sede di un convento dipendente da Polirone, almeno fino alla seconda metà dell‟800. La terra intorno, di parecchie centinaia di biolche, veniva coltivata da coloni affittuari dello stesso Monastero benedettino. Nella immagine sotto: Sullo sfondo, il palazzo Sartoretti che aveva nel secolo precedente inglobato il porticato prospiciente per trasformarlo nella nuova facciata a nord; incorporato le due torri antiche del „200, mentre a destra si vedono le case ancora porticate. L‟ala sinistra del palazzo, quella est, non era ancora stata modificata, come attualmente vediamo il Sartoretti, cioè rialzata a formare una simmetria costruttiva uguale alla parte destra (inizio „900). Il fossato orientale, dove stanno in posa le persone riprese, era ormai asciutto e non più tenuto con le acque come nei secoli precedenti. Rimaneva in essere tuttavia il fossato a ovest del fortilizio e del castello, che scaricava a nord nel fossato Rottazzo. Il dislivello è notevole, e verrà colmato nel 1905 con la terra di riporto della Bonifica MantovanaReggiana che si andava realizzando in quegli anni (1901-07) e che iniziava al Borziero di Brugneto, per dirigersi dopo 60 km fino a Moglia di Sermide, sottopassando il Secchia a S. Siro di S. Benedetto Po. antiche ville di campagna distinte da palazzo padronale, con ai lati le residenze degli affittuari o dei mezzadri, per la conduzione dei fondi agricoli, e le strutture rurali di stalla, fienile, portico, rustici (con lavanderia, forno, porcile, legnaia) intorno all‟aia centrale per l‟essicamento dei cereali e dei prodotti della terra. Il corso dei secoli non mutò più di tanto l‟assetto del paese di Reggiolo, almeno fino al tardo Ottocento, quando dalle proprietà nobiliari delle famiglie che si erano succedute di generazione in generazione si passò ai nuovi possessori borghesi. Le ville e le corti non cambiarono nome, ne sorsero però di nuove, spesso per suddivisone ereditaria tra i figli. In questi casi, troviamo i loghini, poco distanti dalla corte padronale, caratterizzati da una abitazione civile e collegata ad essa la stalla-fienile con il portico in aggetto. In qualche caso vi furono ristrutturazioni e ampliamenti da parte dei nuovi proprietari. Oltre alla Villa Riva-De Moll, fu il Sartoretti in piazza a Reggiolo ad essere da questa famiglia eretto in sostituzione della case con porticato simili a quelle del lato est (ancora esistenti). Fu inglobato il porticato nel nuovo palazzo, alzate le mura di facciata e le due torri che erano presenti dal sec. XIII divennero, una, la colombaia e l‟altra, capitozzata, l‟ala a destra della nuova costruzione. 41 Nella pagina a fianco: Particolare dei colori e delle superfici affrescate del salone centrale a piano terra. VILLA DE MOLL NEL TEMPO: STORIA, FAMIGLIE CHE L’HANNO POSSEDUTA E STRUTTURA ARCHITETTONICA 10 Emiliano Magnani, “Villa De Moll”, tesina svolta nell‟ambito del Corso di Storia dell‟Architettura della Facoltà di Architettura di Firenze, nell‟anno accademico 1993-'94, anche se non siamo d‟accordo sulle sue determinazioni di Villa costruita dai Torello di GuastallaMantova a fine „400. 11 Da Paralupi a Zagni, a Magnani, nonché diverse altre pubblicazioni (v. in Bibliografia) riprendono più o meno la convinzione che il palazzo Riva-De Moll sia stato eretto da Ettore Torello tra fine „400-inizi „500, e successivamente acquisito dai Riva ma senza alcuna logica spiegazione o documentazione relativa probante. Le informazioni storiche riprese in questo paragrafo sono tratte da fonti e testi storici riportati in Bibliografia, e ulteriormente verificate da approfondimenti nostri. Va citata in particolare una interessante sintesi effettuata dall‟arch. Emiliano Magnani10, ricca di ricerche e documenti d‟archivio rinvenuti, con approfondimenti sulle famiglie nobili che hanno posseduto nel tempo la costruzione. Tutti i testi e le ricerche storiche redatte negli anni scorsi11 collocano la nascita e lo sviluppo della originaria villa di Brugneto, frazione di Reggiolo, tra gli ultimi anni del XV secolo ed i primissimi anni del successivo secolo XVI, anche se non concordiamo con questa tesi. I proprietari dell‟immobile sino al XIX secolo sono state alcune famiglie nobiliari (marchesi Riva, baroni De Moll, marchesi Ferrero De Gubernatis) che nelle terre di Guastalla, Luzzara e Reggiolo hanno o dominato, o acquisito grandi proprietà terriere, delle quali la “Villa-palazzo” era punto di riferimento e che si sono di volta in volta tramandate la proprietà dei terreni e della costruzione. Altro elemento essenziale da considerare è che la maggioranza delle famiglie proprietarie dell‟immobile hanno avuto origine o comunque si riferivano al Ducato di Mantova, la cui città capitale è stata di grande valenza politica e storicoartistica. La cultura e i legami con le terre confinarie a sud dello stato dei Gonzaga hanno condizionato nel tempo la villapalazzo denominato per secoli “Riva-De Moll”. Non ci risulta che il palazzo di Brugneto, oggi proprietà Pavarini, sia mai stato tra i possedimenti dei Gonzaga, di Mantova o di Guastalla, né tantomeno della coppia di sposi entrambi con cognome Torello, Ettore – della famiglia dimorata a Mantova – e Giovanna, sorella dell‟allora conte Achille Torello signore di Guastalla. Non potevano, questi ultimi, come si è scritto, avere le risorse finanziarie per realizzare un grande progetto come un palazzo: senza servitù, senza titoli e senza addirittura il denaro necessario per acquistare il vasto terreno intorno alla villa di 43 Brugneto come appare dai rilievi catastali successivi 12. Potrebbero invero i Torello aver costruito quello che divenne nei secoli successivi il Palazzolo Galantino, prospiciente il palazzo Riva-De Moll, che doveva essere all‟inizio una semplice casa, come nei documenti reperiti e citati è scritto (Magnani, 1993; cfr. ASMN, AG, I Copialettere e Lettere ai Gonzaga dai Paesi). Non un palazzo, quindi, non una residenza di stampo nobiliare bensì una confortevole casa di campagna, mai denominata villa, che col tempo i successivi proprietari fecero ampliare e diventare un palazzo, seppur di modeste dimensioni, e che si attribuisce ai conti Galantino. Erano questi di origini bergamasche conti di Bardone, nel Parmense (chi dice anche di Soncino o di Milano). Conforta questa nostra deduzione il fatto che il palazzo in questione, definito appunto Galantino nelle carte e nei documenti del sec. XIX, dal nome degli ultimi possidenti, era loro concesso in enfiteusi dai duchi di Parma, insieme ad altre possessioni: Aurelia, Bagna, Battistona, Bruciati, Varesiana, Panizza, Francescona, Venirola, Margonara, per un complesso di b. 3.571 (= ha 1.120, oltre un quarto dell‟intera superficie del Comune di Reggiolo). Terre e corti che derivavano dai possessi demaniali antichi, risalenti in maggior parte ai beni del comune di Reggio (sec. XIII, acquisiti dal monastero di Frassinoro e dai nobili Da Palude), poi passati ai Bonacolsi-Gonzaga di Mantova (sec. XIV), indi ai conti Cattanei per i loro servigi e da questi di nuovo venduti ai Gonzaga di Mantova13 agli inizi del „600, che li rivendettero ai loro parenti Gonzaga di Guastalla all‟epoca di Ferrante II (1575-1630). Col passaggio del ducato di Guastalla al ducato di Parma-Piacenza (1748), tutti i beni demaniali reggiolesi in oggetto furono concessi, come si è detto ai Galantino. Legittima perciò l‟esclusione della famiglia Torello dai costruttori del palazzo di Brugneto sia la pertinenza del palazzo Galantino all‟insieme dei beni demaniali, quali dovevano essere in origine le terre su cui i due sposi decisero di erigere la loro casa; e sia la loro modesta appartenenza a due famiglie imparentate (una di Mantova, quella dei genitori di Ettore; e l‟altra di Guastalla) ma senza particolari sostanze finanziarie, da quel che si evince. Il fatto che Achille, conte e signore di Guastalla e fratello della sposa rimasta vedova, non pretendesse alcun risarcimento della casa rimasta a Giovanna e alla figlioletta, ma lasciasse mano libera al suocero della sorella per rientrare in possesso dell‟eredità del figlio Ettore, attesta la pertinenza del bene in termini di un manufatto di non rilevante importanza benché fatto oggetto di una lite durata alcuni anni 14. 44 12 Il podere Corte Palazzone, a lato della villa-palazzo Riva-De Moll, assomma a 20.850 m2 (pari a biolche 6 e mezzo), nel catasto recente indicato nell‟atto di compravendita dei Pavarini (1972); e a ben 231 biolche di terra coltivata assommava nel sec. XVIII il patrimonio dei marchesi Riva in Brugneto. 13 Una serie di documenti presso l‟ASMN, AG, ci illustra le vicende di queste terre enfiteutiche: venute in possesso dei Cattanei, in risarcimento di prestiti e servigi ai duchi di Mantova, insieme al mulino sulla Fiuma che essi costruirono dopo la Bonifica Bentivoglio, una lite decennale li vide opposti ai De Preti. Questi ultimi, che in Reggiolo avevano l‟altro unico mulino da secoli, nella zona definita contrada Molino e alimentata dal Canal del Mulino reggiolese, pretesero un forte risarcimento per la chiusura della loro macina, causata da quella costruito dai Cattanei e solo l‟intervento del duca Vincenzo I Gonzaga – che acquistò le terre dei Cattanei, per b. 1.700 e lo stesso mulino nuovo – riuscì a calmierare gli animi litigiosi delle due famiglie. In seguito, Vincenzo vendette ai Gonzaga di Guastalla gli stessi beni acquistati pochi anni prima, aggiungendovi altre terre enfiteutiche, fino ad un complesso di oltre b. 4.500. 14 Si veda in merito nell‟ASMN, la Corrispondenza Estera (Mantova-Guastalla), dove le lettere fra Giovanna Torello e la signoria Gonzaga di Mantova – suppliche inviate dalla vedova sia al marchese Francesco II Gonzaga che alla moglie Isabella d‟Este – che favorirono pare almeno il risarcimento a Giovanna della dote, quantificata in 1.100 ducati (valore equivalente all‟epoca a una trentina di biolche attuali, circa euro 400.000). Considerato il costo nel „500 dei palazzi, intorno a duc. 810.000 almeno, ci sembra che la buonuscita della vedova fosse comparata non ad un palazzo ma ad una casa, seppur di pregevole fattura, come una villa. (Cfr. Mantova. La storia, II, 1961, pp. 492-93, dove una casa in città è proposta in vendita a duc. 1.000 e un‟altra a duc. 1.500 nell‟epoca in questione). I Torello e il Palazzolo Galantino di Brugneto. 15 L‟origine dei Torello risale invero al Medioevo, con il capostipite Hucpold, conte di palazzo (sec. IX). Si ebbero in seguito vari rami, in cui nei secoli si divise la famiglia, come si evidenzia nella Genealogia delle pagine seguenti. Il più noto esponente dei Torello fu quel Salinguerra (sec. XIII) che governò Ferrara e il patrimonio dell‟eredità matildica affidatogli dalla Chiesa. Dopo sette generazioni, si ebbe Guido Torello, valente condottiero al servizio dei Visconti di Milano, che lo fecero signore di Guastalla e di Montechiarugolo. La costruzione originale della Villa detta Palazzolo Galantino di carattere quattro-cinquecentesco si deve alla famiglia Torello. Di origine mantovana15, si era legata ai Visconti signori di Milano, con il capitano di ventura GUIDO TORELLO, luogotenente di Gian Galeazzo in Valtellina. Questi gli aveva affidato la terra di Guastalla (1406, ottobre 3), per i suoi servigi, e in seguito Montechiarugolo (1415, gennaio 23). Nel 1428 Filippo Maria Visconti nominò Conte di Guastalla e Montechiarugolo Guido Torello (Mantova 1379 – Milano 1449), cui l‟aveva concessa come vicariato milanese una ventina d‟anni prima. Guido, dopo la sua morte, lascerà il contado al figlio Pier Guido. Quest‟ultimo avrà due figli: Guido Galeotto, che si stabilì a Mantova, generando in quella città una importante casata strettamente collegata con i Gonzaga signori della città e dello stato, e Francesco Maria Torello, a cui spetterà il contado di Guastalla. Sul finire del Quattrocento Ettore Torello, figlio di altro Guido Torello del ramo insediatosi a Montechiarugolo (egli però si trasferì a Mantova), sposò Giovanna figlia di Francesco Maria Nella prima immagine: Stemma dei Torello, conti di Guastalla e di Montechiarugolo. Nella seconda immagine: Stemma dei Torello di Mantova. Nella terza immagine: Variante dello stemma dei Torello 45 Torello di Guastalla (quindi secondi cugini, vedi Genealogia). Ai due giovani sposi furono donate le terre dove lo stesso sposo, Ettore, iniziò la costruzione della Villa di Brugneto e la eresse a dimora della sua famiglia, su terreni di proprietà del padre di Giovanna, con denari provenienti dalla dote che lo zio Guido Galeotto le aveva assegnato. C‟è chiedersi perché Ettore scelse di edificare quest‟opera in un luogo che, come riportano le cronache, era malsano ed acquitrinoso. Le terre di Brugneto nella zona a nord dell‟erigendo palazzo erano spesso allagate dai rigurgiti di acque provenienti dalla valle Pandelice sul confine tra Reggiolo e Gonzaga nel sec. XV. E tuttavia, lungo l‟argine in sinistra del cavo Tagliata (proveniente da GuastallaVilla Tagliata, scavata nel 1218-20) si era alzata e tracciata la strada ormai da secoli e si andavano costruendo case e piccole corti sui due lati della stessa: Francescona, Venirola, Possessione Grande, ecc. Anche l‟ampliamento della Chiesa parrocchiale della Frazione e il vicino nucleo originario di Villarotta, che si andava formando al confine con Brugneto, venivano costruiti ai lati della strada argine di Guastalla-Reggiolo. A ridosso di questa strada, dunque, la zona apparve idonea a erigervi la casa dei novelli sposi, su terreno probabilmente acquisito a suo tempo dai Torello di Guastalla. Le famiglie che nel sec. XV detenevano ampi possedimenti in loco erano i Novayra, i Freschi, i Gazoli16. Qualcuno di essi, o diversi, poterono vendere l‟appezzamento di cui necessitava l‟abitazione erigenda. La casa che in seguito venne chiamata Palazzolo Galantino venne iniziata nel decennio di fine Quattrocento (1490 e seguenti) e portata a termine nel 1502, anno nel quale si ebbe un triste epilogo della vicenda. Ettore Torello, il costruttore, figlio di Guido dimorante a Mantova, morì improvvisamente lasciando la giovane sposa Giovanna, a 22 anni, da sola con il gravoso carico anche di una figlioletta, Lucrezia, da allevare 17. Negli anni dal 1502 al 1503 sono stati rinvenuti un numero rilevante di lettere e documenti 18 attraverso i quali si evince l‟accesa disputa che vedeva, da una parte, la giovane Giovanna che aveva in animo di vendere l‟immobile e le terre, dall‟altra Guido Torello, che invece rivendicava la loro proprietà come diritto essendo stato il proprio figlio con i suoi denari ad edificarla. Ambigua e stranamente disimpegnata rispetto a questa situazione è la figura di Achille Torello, conte e signore di Guastalla nonché fratello di Giovanna, il quale non prenderà nessuna posizione 19. Così si giunse alla assegnazione definitiva delle terre e della villa allo zio Guido 20, evento che avverrà nel mese di settembre del 1503: momento in cui si registrò la definitiva sconfitta della giovane Giovanna, cui non rimase che rifarsi una vita 46 16 Cfr. “Reggiolo. Storia Cronaca e Legenda”, I, 2013, cit., pp. 142-144 e pp. 164-5. 17 ASMN, Arch. Gonzaga, Corrispondenza Estera, b. 1391. 18 ASMN, Carlo D‟Arco, Famiglie Illustri Mantovane. Sala di Studio. 19 Le diverse lettere degli anni 1502-04 del conte Achille Torello, signore di Guastalla, reperite in Archivio a Mantova non parlano affatto del problema, limitandosi ai soliti scambi di notizie e favori tra signori di territori viciniori. 20 In una lettera del 25 luglio 1504 (ASMN, b. 1391), Giovanna Torello così si esprime: “Guido Torello mio barba [zio] è quello che al presente me asasina in la roba et… ultra de questo vole fare el simelo a quella povera fiolina che fu della bona memoria del quondam mio marito.” E si appella al marchese Francesco II (prima anche aveva supplicato la moglie, Isabella d‟Este, gettandosi ai suoi piedi), scrivendo: “A settembre dell‟anno scorso [1503] fui fata usire de casa e de tuti li beni del fu mio marito posti in la villa di Brogneto, li quai sono a me obligati per mil(l)e e cento ducati he più, como apare per lo instrumento mio dotalle.” 21 R. Paralupi, Storia di Reggiolo nell’Emilia (781-1930), 1930; F. Canova, Reggiolo. La storia, I-II, 1978-80; ib., Reggiolo. Il nome e il come: storia cronaca e Legenda, 2013 (con G. Nosari); A. Zagni, Storia di Reggiolo, 1983. 22 Le terre allodiali furono calcolate in più di biolche 987, con il Palazzo della piazza di Guastalla, la Rocca e le sue artiglierie e le armi, 5 mulini sul Po, il “mero e misto imperio” (giurisdizione e governo), regalie, censi, livelli ecc., per il valore di scudi d‟oro 22.280 [pari oggi a oltre 100 milioni di euro]. nel vicino Ducato di Parma, andando moglie a un nobile locale, Cesare da Piacenza. Nella prima immagine: PierGuido Torelli il primo della dinastia. Nella seconda immagine: Ludovica Torello, fu l‟ultima della dinastia e vendette Guastalla a Ferrante I Gonzaga di Mantova, 1539. Nel secolo XVI non esistono notizie del Palazzo Riva-De Moll, né mappe o carte che ne attestino la costruzione in quel periodo, mentre la villa Torello-Galantino dovette restare un possedimento dei Torello mantovani in Brugneto. Reggiolo con le sue frazioni era parte periferica meridionale dello Stato di Mantova, annesso fin dal secolo XIV dai Bonacolsi, che lo strapparono a Reggio. Dal 1328 i Gonzaga subentrarono con un colpo di stato ai Bonacolsi nel governo della città 21. La storia di Guastalla vede le vicende dell‟ultima discendente della famiglia Torello, Ludovica, unica figlia ed erede di Achille, conte di Guastalla, che vendette a Ferrante Gonzaga (1507-1557), fratello di Federico II Gonzaga duca di Mantova (1500-40), ogni suo possedimento allodiale e feudale di Guastalla e terre annesse. Non risulta storicamente chiaro come la Villa Torello ed i terreni di Brugneto fossero passati dalla proprietà di Guido Torello, nobile di Mantova, ad Achille Torello signore di Guastalla. E‟ probabile che alla fine del diverbio tra suocero e nuora, si sia liquidata la dote di Giovanna con i millecento ducati di cui scrive in una lettera (v. Nota 9); e che al suo nuovo matrimonio con il trasferimento a Parma insieme al marito la villa finisse in mano di Achille. Morto questi assassinato da Ercole Gonzaga di Novellara, marito di Maddalena, una sua parente che lui aveva insidiato, figlia del cugino Pier Maria, la contea di Guastalla passò alla figlia Ludovica. E quest‟ultima, nel 1539 vendette tutti i suoi beni, compresa la giurisdizione di Guastalla, a Ferrante Gonzaga (come si è detto) 22. 47 Nella immagine sotto: Particolare della struttura architettonica e spaziale della Villa, le stanze infilate una in successione all‟altra. Foto Giorgio Andreoli. 48 GENEALOGIA FAMIGLIA TORELLO (In: S. Zagagnoni; C. D‟Arco; P. Litta; I. Affò) Hucpold conte di palazzo 846 (m. dopo 860) sp. Andalberta Berta Hucbald Badessa di S.Andrea Engelrada contessa conte di palazzo 871 (m. 893) in Firenze, 852-893 Berta II Bonifazio I (923 – 953) Badessa di S. Andrea Everardo Ermengarda sp. Duca Pietro Lamberto 1017-82 dei Conti di Bologna cit. 1071-1082 conte, marchese, duca di Spoleto Adalberto I vesc. aretino 963-79 Teobaldo conte, sp. Anna 958 sp. Bertilla 981-1011 Bonifacio II Adalberto II m.se di Tuscia 981-1011 Ildebrando 1028 conte Fam. Alberti Guido Walfredo Willa I contessa sp. Uberto fg. di re Ugo fu madre di Ugo m.se di Tuscia Ubaldo Enrico Willa II 981-1041 Ugo m.se PIETRO d° Torello 1038-1095 ca. Emma (n. 1060 ca.) Adimaro duca di Spoleto 981 Alberto conte 1054 878 - 903 sp. TEDALDO Ubaldo conte 1030 Maginfredo BONIFACIO CANOSSA Bonifacio GUIDO di Federico ADELARDI (o Landolfo di Sassonia) sp. Angilda Traversaria dei Signori di Ravenna sp. Federico da Ferrara (1050-1110 ca.) PIETRO di Remengarda d° Torello (1062-1123) - 1092 governatore di Ferrara - 1109 è teste in documento matildico [ Da cui Rami diversi dei Torello] GUIDO SALINGUERRA I 1093-1139 ca. 1117 fortificò Ferrara (detto “valoroso in battaglia”) sp. Adelaide, contessa di Gorizia │ TORELLO 1125-1196 ca. 1193: pattuì la pace fra Enrico VI e Ferrara. Sp. Aica _______________________________________________│_________________________ SALINGUERRA II 1160-1244 Pietro 1195-1200 Ariverio 1170-1220 ca. - 1215 Infeudato dei beni matildici da papa Innocenzo III Gli fu promessa una moglie con in dote - 1220 Podestà a Mantova. Fu signore di Ferrara la Marca di Ancona; rapita, fu data sposa - 1240-44 sconfitto, morì carcerato a Venezia a 84 anni (fu sepolto in S. Nicolò) a Obizzo d‟Este. Sp. Sofia, fg. di Ezzelino da Roman. Con altre due mogli ebbe 8 figli, tra cui: GIACOMO 1190-1260 Signore del Cremonese e del Mantovano. Sp. Maria Morosini. Margherita “la sorella fu moglie di Rinaldo d‟Este.” ? ……… sp. Rinaldo d‟Este († 1251) Bartolomea Sp. Giacomo Rangoni da Modena, fg. di Guglielmo. Pietro SALINGUERRA III 1240-1320 ca. Fu cacciato da Ferrara 1315 1279-81 in Consiglio a Mantova (cit.) GIACOMO 1285-1350 ca. Si ritirò a Forlì. BOTTACINO 1280-1340 ca. TORELLO 1300-1360 ca. GUIDO 1325-1380 ca. SEGURATO 1350-1410 ca. Alberto 1400-1460 ca. MARSILIO 1358-1420 ca. Amorotto Francesco Maria † 1485 CRISTOFORO 1409-1460 sp. Taddea de Pio Ebbe Montechiarugolo GUIDO 1379-1449 sp. Orsina Visconti conte di Guastalla 1406 PIER GUIDO sp. Maddalena del Carretto Emilio Guglielmo Antonia MARSILIO* Giacomo Amuratto Bart.° GUIDO F. MARIA Lucrezia Antonia GUIDO GALEOTTO Signore di Montechiarugolo _________________│______ ____│________________ f.n. │Signore di Settimo † 1489 in Abruzzo M. Antonio* Ippolito Franc. ETTORE sp. GIOVANNA P. Guido ACHILLE PIER MARIA* Sp. Paola Secco, fg. di Franc.° Costruì la Ereditò Guastalla conte di Settimo e Caterina Gonzaga Villa a Brugneto │ † 1522 │ Lucrezia LUDOVICA Maddalena Il Palazzolo Galantino e il nuovo Palazzo Riva. 23 R. Paralupi, cit., p. 73. Il Paralupi, nella sua Storia di Reggiolo (1930), a p. 73 afferma che la costruzione della villa Palazzolo di Brugneto (da non confondere con il Palazzo Riva-De Moll) avvenne tra il sec. XV-XVI, ad opera di Ettore Torello e della moglie Giovanna Torello. “A Brugneto, scrive, ne viene costruita una, bella ampia e ricca, difesa da torri e da fossati, più fattoria che castello, per opera di Ettore Torello da Mantova essendosi congiunto con Gioanna, figlia naturale di Francesco Maria Torello conte di Guastalla. Per il suo aspetto severo venne subito battezzata col nome di Palazzolo.” 23 A pagina 265 riporta correttamente la ristrutturazione del Palazzo Riva negli anni 1804-1807. Successivamente, l‟autore alle pp. 283-4 confonde le due costruzioni: il Palazzolo Galantino (già dei Torello citati) con il Palazzo Riva 24. I Galantino, tra altro, erano i veri proprietari del palazzo prospiciente il Palazzolo, posto sulla strada provinciale Reggiolo-Guastalla, mentre il palazzo Riva era posto a nord, a oltre 100 m dalla strada, cui si accedeva da ampio viottolo ghiaiato e costeggiato da alberi. I documenti ritrovati e le storie scritte sul territorio (O. Rombaldi, “Storia di Novellara”, 1967, p. 259 e p. 266) ci riportano notizie che ci informano della grandi possibilità economiche dei marchesi Riva nell‟anno 1671. Nel testo l‟autore ci riferisce di 1.738 biolche di terra (di m2 3.138 l‟una, misura mantovana della biolca in Reggiolo) cedute da Camillo I GonzagaNovellara a Giovan Giacomo Riva di Guastalla 25 (fratello di Ferdinando Maria, primo marchese della famiglia). Era un complesso patrimoniale non indifferente di Ha 559 circa (l‟8 % dell‟intero territorio comunale di Reggiolo, oggi di Ha 4.310). Interessante inoltre è la notizia che proviene dagli archivi della Parrocchia di Brugneto, attraverso la quale si apprende che il 18 novembre 1775 papa Pio VI concesse ai marchesi Riva di celebrare funzioni religiose all‟interno della Villa escluse le festività solenni, nell‟oratorio privato, probabilmente già esistente dal seicento. Alcuni anni dopo tale permesso fu esteso anche alle festività importanti, sia liturgiche che per eventi familiari. Tale notizia risulta essere di fondamentale valenza, poiché tali concessioni venivano rilasciate solo a strutture private di notevole rilevanza e a famiglie socialmente e politicamente influenti. La presenza di una cappella o chiesetta interna è segno anche della imponenza architettonica del complesso. 50 24 Paralupi incrocia confondendole le vicende dei due palazzi: elenca le discendenze dei conti Galantino, che ebbero in enfiteusi dai Borboni di Parma – cui dal 1748 apparteneva Reggiolo con il ducato di Guastalla – diversi beni in Reggiolo e Brugneto (Aurelia, Panizza, Bruschine, Bagna, Bruciati, Battistona, Margonara, Venirola), tra cui il Palazzolo. E questo è confermato nel Catasto di Reggiolo del 1804 da me pubblicato nel II volume della Storia di Reggiolo (1980, pp. 160-1). E fa passare giustamente il Palazzolo dai Galantino a una discendente dei baroni Rotman, cui l‟aveva venduto il conte Galantino per ripianare i debiti. E infine, Enrichetta Rotman (1837), sposata a Luigi Visconti di Torino, lasciò alla figlia Matilde Visconti d‟Ornonasso il Palazzolo (p. 284). E fu quest‟ultima a sposare il marchese Sigismondo Riva – il che corrisponde al vero, nella Genealogia di Riva – e a portargli in dote nel 1861 il Palazzolo: non il Palazzo Riva, in quanto esso era già nelle Carte e Mappe del sec. XVIII indicato come Palazzo Riva, attestandone appunto una origine di un secolo e mezzo antecedente. 25 Il Riva era pronipote dell‟omonimo facoltoso Giovan Giacomo (1560-1620 ca.) costruttore del Palazzo ominimo che aveva prestato 12.526 doppie d‟Italia al Gonzaga di Novellara-Bagnolo per la dote di Caterina, figlia del conte di Novellara Camillo I Gonzaga (1521-95). Il prestito non fu restituito e si arrivò alla permuta delle terre sopra indicate. Un valore di circa un milione e mezzo di euro, oggi, nella zona detta dei Terreni Nuovi, tra Novellara e Reggiolo. Nella immagine sotto: Particolare del portalino esterno, di accesso alla chiesa. L‟ottima situazione finanziaria dei Riva, le modificate situazioni abitative, le impellenti esigenze di rinnovamento, i nuovi stili europei derivati dalle grandi rivoluzioni politiche, sociali, economiche ed artistiche portarono la famiglia ad intraprendere rilevanti lavori edilizi che hanno investito tutto l‟edificio. 51 Il marchese Giovan Giacomo Riva a Reggiolo: gli acquisti e la costruzione della Villa di Brugneto. All‟indomani dei loro acquisti di ampi terreni nelle Valli Nuove di Novellara e Reggiolo (fine sec. XVI), a seguito della realizzazione della Bonifica Bentivoglio che liberava dalle paludi molti terre recuperandole all‟agricoltura, nel reggiolese, guastallese e novellarese, oltre ad un discreto profitto, il facoltoso marchese Giovan Giacomo Riva (1560-1620 ca.) decise di costruire una Villa adeguata alle esigenze della sua famiglia aristocratica a Brugneto, oltre che in altre zone del territorio bonificato 26. E‟ pure probabile, come io credo, che il Riva durante gli investimenti nelle Valli Nuove, a fine sec. XVI, quando venne terminata la Bonifica Bentivoglio (1565-85) che contribuì a risanare i terreni paludosi fra Guastalla e Reggiolo, intervenisse ad acquistare terreni e corti anche di notevole estensione un po‟ dovunque. Nel sec. XVIII un suo nipote, Giuseppe, figura tra i 17 maggiori possidenti e nobili del Mantovano, con ben 2.700 biolche (ha 800, ca.; cfr. M. Vaini, 1973, p. 170) solo in quello Stato. Questa scelta di insediamenti tra i secc. XVI-XVII faceva parte del vasto ed importante programma delle diverse signorie del territorio interessato di strappare all‟incolto più terre possibili nel tentativo di mettere in produzione, quindi a reddito, la maggior quantità di terreni. Iniziato in Lombardia dai Visconti e continuato dagli Sforza, il processo era continuato in queste terre confinarie del reggiano-mantovano dai Bentivoglio di Gualtieri, dai Gonzaga di Guastalla, di Novellara e di Mantova (famiglie imparentate tra loro), dai Sessi di Rolo e dagli Este, nelle cui terre finivano le bonifiche attuate più a monte. I terreni coltivabili significavano infatti possibilità di impiantare colture, da cui ricavare reddito e ricchezza. La politica espansionistica delle grandi Signorie italiane del nord Italia produceva certo molte guerre, con relative distruzioni e carneficine; ma erano in prevalenza spinte e provocate dal bisogno di aumentare i possedimenti dei vari staterelli, al fine di una organizzazione territoriale di sviluppo dei possedimenti e conseguente aumento di potere. E i nuovi spazi conquistati dovevano spesso essere riattati in funzione di una agricoltura fiorente: da qui le necessarie bonifiche, il dissodamento, la piantumazione di colture cerealicole e l‟insediamento di nuovi allevamenti, con la costruzione di edifici a corte, come li conosciamo ancora oggi. Documenti reperiti nell‟Archivio di Stato di Mantova e le notizie di studi relativi a quei secoli ci riportano notizie delle vaste 52 26 Si sa che il Riva in quegli anni acquistò terre proprio nelle zone recuperate alla coltivazione dalla Bonifica Bentivoglio, come ci informa Rombaldi (Storia di Novellara, 1967). A Moglia e nel Mantovano risultano possessi dei Riva nei secoli successivi (M. Vaini, La distribuzione della proprietà terriera e la società mantovana dal 1785 al 1845, Milano, 1973, pp. 109, 155, 169 e 193). Nella immagine: Particolare del bugnato del fronte Nord della villa. opere di bonifica di queste terre, iniziate e portate avanti proprio dai Bentivoglio e dai Gonzaga dei vari rami (Mantova, Novellara e Guastalla), dalla metà del sec. XV alla fine de secolo successivo. L‟importante iniziativa della rete di scolo dei terreni bassi e acquitrinosi avviata da Mantova nel Reggiolese, fu alla base della futura edificazione della grande Villa in una zona recuperata alla depressione paludosa e stagnante. La frazione di Brugneto si stava evolvendo verso una serie di insediamenti lungo l‟asse stradale, argine sinistro del Cavo Tagliata, dove troviamo la Chiesa Parrocchiale, il palazzone del Barchessone, il Palazzolo, le corti Francescona, la Quazza, la Quazzetta, e poco distanti dalla strada Cavagnara (oggi non più esistente), le due Rizze lungo la strada vicinale omonima, insieme ad altre case più modeste come possiamo riscontrare dal Catasto del 1821. Questo primo Catasto di Reggiolo, il più completo prima dei rilievi post-unitari, come il Catasto di Nuovo Impianto (del 1888), presenta appunto l‟insediamento di Brugneto non come un centro demico che si sviluppa intorno ad una piazza ma che si snoda lungo la strada per Reggiolo, su ambedue i suoi lati, almeno fino all‟attuale scavo della Bonifica del 1901-1907. Anche i Riva dovettero pensare che il vasto fondo agricolo a nord del Palazzolo, a est delle corti lungo strada Pandelici e a ovest della possessione Margonara, preesistenti, poteva essere venduto dai proprietari, i Gonzaga di Mantova, e idoneo alla realizzazione di una villa o palazzo degni della loro schiatta. 53 I costruttori e proprietari del Palazzo di Brugneto: i Marchesi Riva (fine sec. XVI – XIX) L’ipotesi della costruzione a fine Cinquecento del Palazzo Riva a Brugneto. Abbiamo avanzato questa diversa ipotesi, rispetto a quella supposta da altri studiosi, senza tuttavia avere trovato traccia documentaria probante ma solo indizi di un certo peso 27. Non abbiamo del resto nessuna notizia sulla consistenza e sulla struttura del palazzo nei secoli XVII-XVIII, né alcuna informazione su eventuali lavori dall‟inizio della costruzione stessa. Non conosciamo neanche in questo lungo periodo di vita della Villapalazzo, da noi supposta eretta verso la fine del sec. XVI, se i Riva abbiano effettuato dei lavori e quali essi siano stati. E‟ invece nota la fase cinquecentesca e secentesca di costruzioni in Reggiolo di ville signorili, molte di villeggiatura, alcune delle quali realizzate su precedenti strutture rurali, come le corti agricole del nostro territorio. Tra esse si annoverano: le ville seicentesche dei due fratelli mantovani, i conti Zucconi (una a Reggiolo e una Villanova); il palazzo dei Gonzaga nell‟Aurelia (oggi proprietà sorelle Belloni di Milano); il palazzo Barchessone a Brugneto (dei Trivelli, oggi di Bianchi Raffaele di Modena); la Margonara (dei Gonzaga, poi dei conti Galantino); la corte gonzaghesca in Vallicella (oggi dei Freddi); il casino dei De Preti a nord della Fiuma (la Gollina); il palazzetto del conte Aurelio Recordati Gonzaga (corte Boschetto, a ovest dell‟Aurelia, oggi dei Lui); il casino della Pironda (dei Pirondi, oggi di Morini); la corte Gorna (dei Gorni, oggi famiglia Caramaschi); la villa Bianchi di fronte alla Chiesa di S. Venerio (di Bianchi Raffaele); le due corti Pandelici lungo la strada omonima di Brugneto e le due corti Cattanee di Reggiolo, possedimenti dei ricchi conti Cattanei dal „500, che hanno lasciato il nome all‟intera zona (poi eredità Facchini, costruttori della Villa Manfredini, oggi Rigoletto, sulla piazza prospiciente il Teatro); il complesso della Minghetta; la corte Brugnola, la casa padronale della Ruggera, la corte Gentile, la Fantozza, tutti edifici a Villanova ancora esistenti, in parte ristrutturati. Delle altre corti abbiamo tracciato l‟analisi nel nostro precedente lavoro: “Le corti reggiolesi dai Gonzaga al secolo XX (1996). Tornando ai marchesi Riva, sappiamo che alla morte di Francesco Maria (1772) i suoi numerosi figli: Giacomo, Antonio Maria, Maria Giuseppa, Anna Maria Paola, Anna Isabella, Caterina, Francesco e Ferdinando abitavano la grande Villa, facendola dunque diventare la loro casa ed intervennero con importanti restauri sull‟edificio. Non si hanno notizie certe sulle 54 27 Alla fine del „500 i marchesi Riva acquistarono terre fra Brugneto e la Fiuma (zona oggi compresa tra la Veniera e la Margonara), in possesso di privati e altre cedute dai Gonzaga di Mantova per rientrare dalle spese sostenute per lo scavo della Parmigiana-Moglia della Bonifica Bentivoglio (1565-1585). Fu probabilmente in quel periodo che i Riva – di antiche origini suzzaresi e nobili di Mantova nel sec. XIII – si stabilirono nel territorio reggiolese e acquistarono anche dei terreni in Brugneto. Nel 1603 troviamo infatti la contessina Paola Riva, sorella di Giovan Giacomo (v. Genealogia), sposata al nobile Giacomo Sessi di Rolo, battezzare la loro figlia il 21 gennaio a Reggiolo (cfr. il nostro “Reggiolo. Il nome e il come: storia cronaca e legenda”, 2013, vol. II, p. 437). Il che attesta la presenza dei Riva in loco, e già residenti in Brugneto. 28 Aldo Zagni e l‟arch. Emiliano Magnani hanno individuato nella prima metà del „700 il passaggio della proprietà della villa di Brugneto, che pensavano costruita dai Torello nel 1500-1502, dai Gonzaga ai Riva come dote della sposa Eleonora Gonzaga, figlia di Sigismondo Gonzaga di Vescovado, che andò in moglie a Francesco Maria Riva. Non vi è traccia documentale di questa dote né di un qualche passaggio del Palazzo ai Riva tramite altri. Supposto poi che la villa fosse stata costruita dai Torello, non si spiega affatto come pervenisse ai Gonzaga di Mantova; immaginando ancora che essi intervenissero a pagare la dote richiesta e supplicata dalla vedova Giovanna Torello nelle sue lettere e si facessero così proprietari del palazzo di Brugneto, resta inspiegabile come l‟immobile fosse passato ai Gonzaga di Vescovado. E inoltre, pare che i due autori citati non abbiano tenuto conto dell‟errore in cui era già incorso il Paralupi, che confuse i due palazzi di Brugneto: il Palazzolo (Torello, poi Galantino) e il Palazzo Riva (poi De Moll). opere realizzate ma appare evidente che la famiglia Riva ritenesse di dovere operare degli adattamenti sicuramente legati alle mutate modalità di vita ed usanze, oltre a conferire all‟immobile una immagine di qualità come si confaceva alla ricca e potente famiglia 28. Nella immagine a lato: Particolare di una mattonella con simboli tipo stemmi. 55 GENEALOGIA FAMIGLIA RIVA I primi Riva del sec. XIII che troviamo sono: Ceruto, ingegnere della Torre del Comune di Mantova, cit. 1229; Zanerichio, a capo del Comune coi Saviola, nel 1235; Anastasia, che sposò Bardellone Bonacolsi signore di Mantova († 1300). Poi si hanno Francesco, banchiere (sec. XV) e il nipote Pier Antonio “civis Guastalle” (1490; viv. 1503). Da questi, la linea genealogica prosegue fino ai discendenti reggiolesi. GIOVAN GIACOMO, cit. 1503, come teste insieme al padre sp. Caterina Borgonzoni, ed ebbero 5 figli GIOVANNI MARIA, cit. nel sec. XVI sp. Catterina Margolini, ed ebbero 6 figli GIOVAN GIACOMO sp. Isabella Zerbini, ed ebbero 3 figli Giacoma DOMENICO cit. 1555-1587 Antonia primo possidente che andò a Mantova Paola GIOVAN GIACOMO mercante, 1560-1620 ca. Isabella acquistò le Valli Nuove tra Guastalla e Brugneto, dopo la Bonifica Bentivoglio. Fu chiamato a Mantova dal duca Carlo I di Nevers. E‟ il costruttore e proprietario del palazzo di Brugneto, che prende il suo nome: “Riva” sp. Giacomo Sessi 1603 Julia Teodora suora Giovan Maria 1650-1709 GIUSEPPE MARIA Francesco 1605-1660. Sp. Caterina contessa di Novara Margherita ANTON MARIA Angela 1630-1691. Sp. Isabella Berni (possessi in Brugneto) Giovan Giacomo 1670-1739 FERDINANDO MARIA 1° Marchese sp. Paola Montecuccoli. Ebbe un palazzo in Mantova 1704 – destinatario di una lettera (ASMN, AG, b 1399) FRANCESCO MARIA 1700-1772 Sp. Eleonora Gonzaga (fg.a di Sigismondo da Vescovado) Sp. Matilde Gardani Ant. Maria* Anna Isabella Francesco* 1777 – sp. Umberto Cattani di Piacenza GIO. GIACOMO* Ferdinando* 1745-1820 ca. Sp. Eleonora Colloredo Caterina* A.M. Paola* M. Giuseppa 1784 sp. Camillo Arrigoni 1800-1870 ca. IPPOLITA 1775-1861. FEDERICO SIGISMONDO 1861 – ereditò il palazzo alla morte del fratello Ebbe ½ palazzo Riva, che lasciò alla sorella. Visse a Reggiolo. Sp. LEOPOLDO De MOLL da Rovereto Sp. Matilde Visconti d‟Ornonasso │ SIGISMONDO DE MOLL 1840-1923. Fu Podestà a Reggiolo. Ereditò il palazzo. │ LUIGI 1870-1929 ½ palazzo Riva-De Moll Lasciò erede la sorella Ippolita ANTONIO │ │ LEOPOLDO († 1946) IPPOLITA (1890-1968) † 1880 ca. ½ palazzo Riva-De Moll Erede nel ‟29 di ½ palazzo del f.llo == Sp. Bice Guerrieri Gonzaga († 1955) Sp. FERRERO DE GUBERNATIS (di Venezia) │ _________________│_________________________ SILVIA Usufruttuaria († 1972) Cesare M. Teresa Carla Sigismonda 1972 – Eredi, vendono il palazzo ai PAVARINI 56 29 C. D‟Arco, Famiglie Mantovane, in 7 voll. Manoscritti (ASMN, Sala di Studio). Al t r e i n f o rm a zi on i : An on i m o , “Chronicon Mantuanum”, Mantova 1968; Lettere dai Paesi dello Stato, e Copialettere Mantovano, AG-ASMN; e ASRE, b 139; M. Vaini, 1973, cit.; O. Rombaldi, 1967, cit.; F. Canova, G. Nosari, Reggiolo. Storia… 2013, cit.; E. Magnani, Tesina…,1993-94, cit. 30 Nel 1659 acquistò dai monaci di S. Benedetto in Polirone le due Corti Moglia e Corte Nuova in Moglia di b. 15.000 (iugeri 3.906) per 2.000 Doppie d‟Italia, ossia 85.000 scudi (da £ 5 l‟uno). Nel 1664 ebbe esenzioni e agevolazioni. I primi lavori noti al Palazzo Riva. Lapide riportata sulla facciata della villa: 1804. I lavori più recenti di cui si ha notizia, come testimonia la lapide marmorea inserita nella facciata principale della villa, ebbero inizio nell‟anno 1804 e terminarono tre anni dopo nel 1807. E sempre secondo le notizie, si protrassero sino al 1824 le opere di decoro e di rifinitura, come attesta una iscrizione muraria in una stanza al primo piano dell‟edificio. Progettista e direttore dei lavori del grande restauro fu incaricato il maestro costruttore Guglielmo Pagani. Le riflessioni sulla entità di questi lavori hanno interessato un dibattito tra architetti e storici locali senza però giungere ad una ipotesi definita. Nella immagine: Particolare della lapide del 1804, riportata sulla facciata della Villa. Come scrive l‟arch. Magnani, relativamente a questi restauri sorsero alcune discussioni: c‟è chi sostenne che la lapide muraria documentasse un determinante cambiamento della struttura dell‟edificio, chi invece sostenne si trattasse di un restauro puramente formale. A supporto di questa ultima interpretazione è la firma datata al 1804 di Felice Campi su un affresco del salone al primo piano della villa: se i lavori avessero apportato modifiche strutturali ingenti sarebbe risultato impossibile terminare questa stanza nello stesso anno dell‟inizio delle operazioni di restauro (tesi avallata da Zagni). 57 Noi non siamo molto d‟accordo con questa interpretazione e pensiamo invece che nel Settecento furono realizzati lavori più corposi anche se in un tempo molto ristretto, dato che la famiglia dei marchesi Riva come già specificato abitava l‟edificio e lo considerava una più che decorosa villa signorile, adeguata al loro status di nobili e facoltosi esponenti dell‟aristocrazia mantovana in terra ormai parmense. Dal 1748 infatti il Ducato di Guastalla con Reggiolo e Luzzara era stato annesso allo stato dei Borboni di Parma, con il Trattato conseguente alla Pace di Aquisgrana fra le grandi potenze europee. Nella immagine accanto: Foto della facciata principale verso sud, in cui è possibile notare alcuni caratteri tipici, i bastioni agli angoli, l‟elemento centrale del portale d‟ingresso. Nella immagine: Mappa catastale del 1821. Il palazzo denominato Riva-De Moll (a sinistra) si presenta con i due complessi rurali ai lati; la corte Palazzone (a sinistra) e la corte detta la palazzina (a destra). La struttura Sette-Ottocentesca dell’edificio. Il disegno della mappa 1821 ci attesta come a quella data il palazzo Riva (non ancora De Moll) fosse già definitivamente completato nella struttura che conserva ancor oggi. L‟impianto è tipico di palazzi settecenteschi che in altre zone vennero realizzati. Questo impianto tipologico rappresenta una certa razionalità e novità rispetto a quelli sperimentati nelle prime esperienze: la presenza delle quattro torrette simmetriche connesse con il corpo centrale ci riportano proprio ad una esperienza primordiale di impianto di villa. La stessa denominazione di fortilizio riportata nei testi storico-descrittivi è dovuta alle forme che si elevavano sull‟impianto di base una forma di immagine generale anch‟essa legata alle Ville Medicee spesso ricavate ristrutturando precedenti manieri e fortilizi. 58 Villa Sforza-Viani, 1930 Presenta uno scalone d‟accesso, come doveva esistere davanti all‟ingresso del Palazzo Riva-De Moll. Sono in effetti venute alla luce le tracce di fondazioni preesistenti che attestano questo scalone che doveva portava direttamente al Primo piano della villa. Villa Zani, Villimpeta (MN). Villa dei Gonzaga, di G. Romano, XVI sec. Rocca Isolani, Minerbio, Bologna Anche in questo caso si possono notare le due torrette laterali, con ingresso centrale al di sopra di una scalinata. Villa medicea di Artimino, la Ferdinanda o dei 100 camini, Carmignano di Prato Trasformando i resti di una fortezza, si sono inglobate le torri nel complesso residenziale. Villa Trissino, Cricoli, Vicenza. Costruzione realizzata in forma di fortilizio. Casino di Sopra di Novellara (RE). Vista dall‟alto, anche qui, intorno al corpo centrale originario si sono aggiunti i fabbricati laterali ribassati in adiacenza, a formare nuclei abitativi con cortile interno e piazzale antistante. Villa ducale di Rivalta. Si notano le due torrette laterali del lungo complesso architettonico, con il viale d‟accesso. Palazzo Gonzaga-Acerbi, Castel Goffredo (MN), Il portale balconato, con arco a tutto sesto replicato nel piano superiore; torretta laterale con difese piombanti e copertura su pilastrini. La Villa tra 2a metà dell'Ottocento e i primi decenni del Novecento: i Baroni De Moll (1861-1929) I due figli di Giovan Giacomo Riva, Ippolita e Federico Sigismondo, ereditarono il Palazzo alla morte del padre in parti uguali. Il maschio, che sposò la baronessa Matilde Visconti d‟Ornonasso, visse nella villa sino alla sua morte, sopravvenuta il giorno 15 gennaio 1861, mentre la sorella Ippolita convolava a nozze con un barone trentino, Leopoldo de Moll, di origine austriaca 31. La successione testamentaria del defunto marchese Riva Sigismondo indicò usufruttuaria del palazzo la moglie Matilde, per il suo 50%, mentre stabilì che erede ufficiale dovesse essere la propria sorella, marchesa Ippolita Riva, moglie e poi vedova del barone De Moll. Fu così che, alla morte di Ippolita (1870), la villa-palazzo passò in proprietà del figlio maschio, suo e del barone De Moll, Sigismondo (omonimo dello zio materno). Terminava così la denominazione univoca di Palazzo Riva, cui si aggiunse quella dei nuovi proprietari, i De Moll. In più documenti datati negli anni ‟20 del secolo scorso, si registrano la successione e divisione dei beni tra i componenti della famiglia a seguito della morte avvenuta nel 1923 del barone Sigismondo De Moll, il membro più autorevole della famiglia, figlio come si è detto della marchesa Ippolita Riva. In un interessante atto notarile registrato a Mantova il 18 Novembre 1922, è indicata l‟avvenuta divisione dei beni tra i 4 fratelli e sorelle De Moll, figli di Sigismondo, a sua volta figlio di Leopoldo. Il “palazzo di villeggiatura a Brugneto”, come viene definita la Villa, risultava essere diviso sempre in due quote uguali, ciascuna rappresentante metà del valore dell‟edificio. Queste quote vennero quindi assegnate l‟una al barone ing. Luigi De Moll, primogenito, l‟altra al fratello barone Leopoldo De Moll (che aveva preso il nome del nonno). Questa situazione rimase invariata fino all‟anno 1929, in cui si registrò la morte dell‟ing. Luigi, che nell‟atto di successione indicava eredi di tutti i suoi beni la baronessina Silvia de Moll, sua nipote, figlia del fratello Leopoldo e di Beatrice Guerrieri Gonzaga 32, ed altre quattro persone: i figli della sorella baronessa Ippolita de Moll (omonima della nonna, m.sa Riva), maritata ad un nobile della famiglia Ferrero de Gubernatis, di origine e residenza a Venezia. Appare da questo matrimonio il legame per cui la villa e le terre passeranno dalla famiglia De Moll alla nobile schiatta dei marchesi Ferrero de Gubernatis di Venezia. I documenti d‟archivio e gli storici locali indicano sin dal 1929 i proprietari della villa di Brugneto, in successione: Cesare Ferrero de Gubernatis, figlio di Emanuele, e le tre sorelle Maria Teresa, Carla e Sigismonda. Il barone Leopoldo invece, che abiterà la villa 62 31 La famiglia era alla corte degli imperatori austriaci, e i membri svolgevano importanti incarichi ufficiali (Giovanni era tesoriere della Cassa Imperiale Austriaca nella prima metà del „700). 32 I Guerrieri Gonzaga derivavano il cognome dall‟avo Ludovico Terzi Guerrieri da Fermo, amico intimo del marchese di Mantova Francesco II Gonzaga (1466-1519), che lo insignì del favore di fregiarsi del cognome dei Gonzaga. prevalentemente per le villeggiature estive dedicandosi probabilmente alle raccolte agricole ed al ricevimento di amici, deterrà la sua quota pari al cinquanta per cento (la metà) fino alla sua morte, sopravvenuta il 20 gennaio 1946. Prima di morire, in testamento indicò come successore anch‟egli la sorella Ippolita De Moll in Ferrero De Gubernatis (o in sua mancanza ai figli), fissando però l‟usufrutto a vita in favore della moglie Bice Guerrieri Gonzaga. Fu così dunque che l‟intera proprietà comprensiva di Villa e terreni passerà dal 1955, anno della morte della moglie, interamente alla famiglia Ferrero De Gubernatis, mentre la figlia Silvia di Leopoldo e Bice Guerrieri Gonzaga ebbe l‟usufrutto fino alla morte. Nella immagine: Pagina del Registro Comunale di Reggiolo 1889-92 relativo agli Eletti nel Consiglio della Comunità di Reggiolo nel 1889. Il barone Sigismondo De Moll, uno dei 20 eletti, è definito “proprietario”, figlio del fu Leopoldo e residente a Mantova (dov‟era nato nel 1829). Non si hanno informazioni sulla consistenza, struttura e stato di conservazione della villa nel lungo periodo di proprietà dei marchesi De Moll e successivamente dei De Gubernatis. All‟inizio della proprietà della prima famiglia, l‟edificio doveva essere ben strutturato ed efficiente visto che veniva da una ristrutturazione dei primi dell‟ottocento che gli aveva conferito un assetto ed una struttura estremamente efficienti e di livello qualitativo molto elevato. Lungo i diversi anni di proprietà dei De Moll appare invece certo che nei primi anni del Novecento l‟immobile fosse usato in modo saltuario (periodi di villeggiatura estivi). Questa notizia ci fa pensare che l‟uso e la frequentazione della villa-palazzo fossero, con il passare del tempo, relegati ad alcuni limitati periodi dell‟anno e le proprietà non fossero oramai più adeguatamente sfruttate e produttive dal punto di vista agricolo ed economico. Dobbiamo anche immaginare che mancassero, e da tempo, le manutenzioni ordinarie dell‟immobile L‟eredità della Villa in Brugneto era passata nel 1929 – morto Luigi De Moll che ne godeva il 50% – ai 4 nipoti figli della 63 sorella Ippolita ved. De Gubernatis ed alla nipote Silvia (figlia del fratello Leopoldo), che già godeva della metà lasciatale dal padre (che così ebbe un ulteriore quinto della metà dello zio). Silvia dunque e i 4 figli della zia Ippolita, suoi cugini, possedevano la Villa-palazzo dopo il 1946, alla morte di Leopoldo De Moll. Ma essa era solo una parte dei possedimenti e dei beni in Reggiolo dei nobili De Moll, che si erano imparentati sia con i marchesi Riva e sia con i Ferrero De Gubernatis negli ultimi decenni dell‟Ottocento. I Riva infatti possedevano all‟inizio del sec. XIX la corte con villa Gollina (presso la Fiuma; la corte con villa Berna, lungo la strada omonima di Brugneto: in complesso b. 160 (= ha 50). A queste terre e corti aggiungevano altre b. 180 di pertinenza della Villa-palazzo che portava il loro nome. Erano tra i 15 principali proprietari terrieri di Reggiolo, e l‟unione verso il 1820 con i baroni De Moll (tramite Ippolita) aumentava il loro prestigio e le ambizioni di entrambe le famiglie. Il XX secolo vide sia i De Moll che i De Gubernatis abbandonare via via Reggiolo, per stabilirsi in Mantova e in Venezia. Intanto, un nuovo matrimonio illustre era stato contratto, quello fra Leopoldo De Moll e Beatrice (Bice) Guerrieri Gonzaga. L‟esponente di quest‟ultima famiglia – che ancor oggi ha membri presenti nel Mantovano e nel Trentino, oltre che a Roma – implementò ulteriormente le loro risorse finanziarie. La vendita della Villa ai fratelli Pavarini, mobilieri di Gonzaga, segnò dunque una duplice vicenda: da un lato, liberò dalla nobiltà ormai cessata (col 1946) la titolarità del palazzo; dall‟altro, intestò una famiglia locale di artigiani che da 43 anni ha esercitato un‟attività importante a Reggiolo, che l‟architettura storicoartistica della Villa ha contribuito a favorire in tutti questi decenni. 64 L'evoluzione della proprietà nel Novecento: i Marchesi Ferrero De Gubernatis (1955-1972) La Villa di Brugneto sarà conservata nella proprietà dei nobili veneziani Ferrero De Gubernatis per pochissimi anni, ossia dal 1955 al 1972. Non abbiamo notizie certe se la grande villa fosse abitata o no ma è probabile che essa fosse stata lasciata abbandonata a se stessa e non abitabile, visto che il degrado della struttura era già in progressivo stato di accrescimento sin dai primi del Novecento. Dopo la morte del barone Sigismondo de Moll, figura con la quale l‟edificio aveva raggiunto il maggior grado di magnificenza e splendore, ne era cominciato un utilizzo saltuario da parte dei diversi membri della numerosa famiglia. I Ferrero d'altro canto essendo originari di Venezia avevano altre proprietà di campagna nel Veneto e di ceto non avevano interesse ad abitare un edificio così lontano dalla loro sede originale. Le proprietà di terreno connesse con la Villa erano state gradualmente e progressivamente vendute a tal punto che gli originari obiettivi di avere una struttura di campagna e da usarsi a scopi ludici assieme alla produzione dei terreni erano venute scemando progressivamente e il grande immobile non era più sorretto da un adeguato reddito. Questa situazione ebbe un epilogo nel gennaio 1972 quando la baronessa Silvia De Moll che aveva l‟usufrutto venne a mancare. Pochi mesi dopo, nell'aprile dello stesso anno 1972, gli eredi Ferrero De Gubernatis vendettero la Villa ai signori Pavarini Senaido, Alfio, Remo e Bruno tutti originari di Gonzaga i quali accettarono il bene in comunione ed in parti uguali. Nella immagine: Veduta aerea di Villa De Moll. I due filari di pioppi, lungo il Viale di accesso dalla provinciale per Guastalla. L‟orientamento ricalca antiche tracce centuriali in zona Brugneto, il decumano sulla strada e il cardo su via Pandelici (in alto a sinistra), parallela al vialetto d‟ingresso. 65 Gli anni di fine secolo XX: i signori Pavarini, mobilieri antiquari (dal 1972 ad oggi) La famiglia Pavarini acquistò l‟immobile per adibirlo a “struttura produttiva” destinandolo a Mostra permanente di mobili ed oggetti di antiquariato con lo scopo di vendita e comNelle immagini sotto: Rappresentazioni pubblicitarie di Villa De Moll, inserita nella Mappa del territorio provinciale reggiano, il Po, la città di Reggio Emilia e l‟A 1. In basso: Mappa dei beni storico-artistici da visitare a Reggiolo, al numero sette Villa De Moll. 66 Nella immagine sotto: Interno di Villa De Moll, di proprietà Pavarini, allestimento dopo i restauri. mercio in questo settore. Dopo alcuni anni, i Pavarini trasferirono l‟immobile acquistato a scopi personali alla società “Fratelli Pavarini Arredamenti, s.n.c.” dagli stessi costituita. Questa attività è rimasta nell‟immobile sino al recente sisma del maggio 2012. Con questo utilizzo Villa De Moll aveva riacquistato quella qualità e quella immagine perduta progressivamente negli ultimi secoli e poteva finalmente mostrare di nuovo ad un vasto pubblico le sue caratteristiche storiche. Dal punto di vista architettonico i Pavarini, nel momento in cui acquisirono la Villa, furono costretti ad effettuare diversi lavori di restauro, adattamento e sistemazione con realizzazione di struttura ed impianti. Dal racconto degli attuali proprietari signori Pavarini e da una ricerca effettuata dall‟arch. Magnani presso gli archivi del Comune di Reggiolo furono in quel momento realizzati numerosi lavori di restauro ed adattamento che da quanto si è potuto osservare e dalle documentazioni pervenuteci sono stati tutto sommato rispettosi della antica struttura. Ciò che stupisce è che già nel 1972 per effettuare i lavori fu chiesto il parere della competente Soprintendenza ai Monumenti dell‟Emilia di Bologna. Quindi di fatto l‟immobile era già sottoposto sin da quel momento ad una sorta di “tutela” da parte della Soprintendenza, pur non essendo mai stato emanato un vero e proprio vincolo di tutela. 67 La Famiglia Pavarini, è originaria di Novellara, dove pare svolgesse insieme all‟attività agricola anche quella collaterale di impagliatori di sedie (da cui il loro cognome, da *pavéra, “o schiancia, un‟erba palustre che essicata s‟adopera per impagliar seggiole”, Diz. Dialett., A. Guastalla, 1971). Il capostipite era Giuseppe Pavarini, che risulta un agricoltore piccolo proprietario. Il figlio Francesco, fittavolo, nella 2a metà dell‟Ottocento si trasferì a Gonzaga, in via Cadellora, con i due figli Eugenio e Francesca. I quattro figli maschi di Eugenio, sposato con Annamaria Battistini (ebbero anche 3 femmine), preferirono l‟attività artigianale di falegnameria nel Gonzaghese, coltivando nel contempo il podere con il padre. Le figlie di Eugenio, sposandosi, presero la via della Val d‟Aosta (Maria), di Genova (Ines) e delle Americhe (Olga), seguendo i loro rispettivi mariti. Arturo, il primogenito di Eugenio, aprì una bottega di falegnameria per mobili, distaccandosi decisamente dal lavoro promiscuo di coltivatore e artigiano occasionale, come il padre e i fratelli Ruggero e Fioravante. Sposò quindi Corinna Lui, che gli diede 4 figli maschi: Senaido, Giuseppe, Alfio e Remo. Dopo aver svolto in Gonzaga l‟attività di falegnami e mobilieri, la famiglia ha pensato nel 1972 di acquistare il palazzo Riva-De Moll dai marchesi Ferrero De Gubernatis di Venezia (figli di quel Ferrero che aveva sposato Ippolita De Moll ereditando il palazzo), avendo saputo che era in vendita. Giunti all‟accordo, i fratelli Senaido, Giuseppe, Alfio e Remo si distribuirono i vari incarichi all‟interno della nuova struttura così come erano abituati nella loro azienda di Gonzaga. Il palazzo a quel tempo necessitava di una profonda ristrutturazione, essendo rimasto vuoto per decenni e con una scarsa manutenzione. Si provvide allora a sistemare le parti più urgenti. Oddo e Bruno, terminati i lavori, iniziarono con un modesto capitale: i molti vani vuoti furono pian piano ammobiliati con pazienza e intelligenza di scelte. L‟antiquariato e il mobile di pregevole fattura necessitavano un‟attenzione particolare, fra le tante incognite che riserva il mercato di settore. Solo negli anni ‟80 del secolo scorso riuscirono ad occupare con mobili di antiquariato e di pregio le numerose sale e saloni del palazzo, che via via si venne a denominare col loro nome: PAVARINI. A Piano terra collocarono i mobili di antiquariato, mentre nei piani superiori allestirono gli spazi con mobili di riproduzione: sia fabbricati dalla loro azienda di Gonzaga che provenienti dall‟acquisto da privati. In via Cadellora, infatti, a Gonzaga, gli zii e il padre disegnavano i mobili e li costruivano consegnandoli alla migliore „vetrina‟ del territorio, il Palazzo di Brugneto. Ben presto si formò intorno alla loro produzione una clientela interessata, d‟élite, di provenienza la più varia (Milano, 68 Nelle immagini sopra: Interno di Villa De Moll, di proprietà Pavarini, arredata con mobili di antiquariato prima degli eventi sismici. Verona, Brescia, Roma Bologna), e anche dall‟estero (Colonia in Germania, Nizza e Parigi in Francia). “Il mondo dell‟antiquariato”, confida Oddo Pavarini, “è molto unito e si collabora tra noi, specie con i Reggiani.” Nel 1988, sulla prestigiosa Rivista “Antiquariato” vennero pubblicate diverse immagini del palazzo e dei suoi „tesori‟, i mobili pregiati, ripresi dal noto fotografo Arrigo Giovannini. Oggi l‟attività, dopo la brusca interruzione causata dal terremoto del 2012, è portata avanti da Oddo e dal cugino Claudio, figlio di suo fratello Remo. GENEALOGIA DELLA FAMIGLIA PAVARINI PAVARINI GIUSEPPE (n. 1820) Residente con la famiglia a Novellara (RE) │ FRANCESCO (1846-1922) Fittavolo, impagliatore sp. Santa Massari Francesca │ 1897 Ruggero 1867-1934 EUGENIO trasferito a Gonzaga, via Cadellora Affittuario sp. Anna Maria Battistini │ 1903 Maria1 sp. Ermelinda Fornaciari │ │ 1892 ARTURO 1904 Olga2 │ 1899 Giovanni sp. Corinna Lui _______│______________ _______________│___________________ │ │ │ │ │ │ │ │ Francesca Francesco Romana Luigia SENAIDO4 GIUSEPPE4 ALFIO4 REMO4 M° di Musica sp. Bruno Scaini sp. Ines Ruggerini ______│___ │ Anna │ Livia In laboratorio Amministrazione Disegnatore Consegne sp. Elide Moretti sp. Romana Marastoni sp. Giovanna Dallai sp. Edda Sabbadini BRUNO † 2008 Sandra Patrizia sp. Eridania Benassi CLAUDIO 1 Daniela │ 1902 Fioravante sp. Vallì Moscardini │ │ Giancarlo † 1988 Annamaria sp. Maura Severi sp. Gabriele Martignoni sp. Manuela Lugli │ Giacomo Cristina Marco sp. Marisa Pellacani sp. Aless.° Graziano │ │ _____│_____ Cecilia Maria Vittoria │ │ Alessio Agosti Filippo Alberto “Casa di Cecilia” sp. Franc.° Castagnoli ____│_______ │ │ Francesca Manuele Lorenzo │ Sara ODDO sp. M. Luisa Frati │ 1905 Ines3 ____│__________ │ │ Federico Michele Trasferitasi in Val d‟Aosta. Un discendente vive in America, di nome John Charles. 3 Trasferitasi a Genova. Il marito costruì lo stadio “Marassi”. 4 Fratelli Pavarini che acquistarono nel 1972 il Palazzo Riva-De Moll. * I cugini Oddo e Claudio Pavarini, soci proprietari del palazzo. Si ringraziano: i comuni di Novellara e di Gonzaga per le informazioni anagrafiche e le signore Cecilia e Annamaria per le precisazioni. 2 69 Nella immagine a fianco: La Sala del Sole, al primo piano, lato Nord, dove sono state realizzate le opere di Felice Campi, 1746-1817. PALAZZI E VILLE NEL REGGIOLESE Esistono dunque numerosi riferimenti locali estremamente vicini alla Villa De Moll, strutture che riescono sicuramente a contestualizzare la nostra costruzione, a renderle una visibilità condivisa. Il secolo dei lumi e della razionalità, con il richiamo alla classicità e alle forme architettoniche tipiche dell’equilibrio e delle simmetrie costruttive del Rinascimento si impose anche a Reggiolo nelle principali costruzioni, molte delle quali ancora esistenti. I grandi signori di Mantova, nobili e laici che investirono le loro risorse finanziarie qui, nelle ville frequentate durante le estati afose di città, si trovarono a emularsi l’un l’altro come già avevano fatto nei due secoli precedenti. E anche se non tutte le ville e i palazzi furono ristrutturati in modo analogo a quanto abbiamo riscontrato nel palazzo Riva-De Moll, nel Barchessone Trivelli, nel Palazzolo Galantini, e nelle Ville Aurelia e Fassati-De Preti, si ebbero a Reggiolo abbellimenti e restauri nelle corti padronali dei conti Zucconi (a Villanova e in paese), dei conti Cattanei-Facchini (Corte Nuova, Feniletto, Cattanea, villa Manfredini-Nabila), dei fattori Gorni (Gorna), dei Pirondi, lungo contrada Bondignolore (le Pironde dei Caselli), dei Gonzaga di Guastalla, dei nobili parmensi e mantovani (Gollina, Cà Vecchia, Sartoretti, Pandelici, Ruggera, Panizza ecc.). Altri interventi li riscontriamo in strutture rurali erette o rifatte in quel secolo ‘700: i Casini dei possidenti reggiolesi, lungo la Pironda (dei Taffurelli), lungo il Gavello e via Gonzaga (dei Giorgi), nei Boschi, alla Veniera, nella Berna (di omonime famiglie). In Reggiolo, inoltre, nello stesso secolo o nel corso dell’Ottocento si ebbero altre costruzioni di un certo rilievo: l’attuale palazzo in via Matteotti (già Taffurelli-Negro), le abitazioni private della Farmacia sulla piazza (StegagnoDallaglio), dei Barosi (adiacente alla Farmacia), dei Carnevali e dei Ghizzoni (metà via Matteotti). 71 Struttura e realtà degli edifici storici del Reggiolese Tenuta Aurelia (1960) Fronte ovest, con il grande timpano sul corpo principale, l’antico palazzo padronale gonzaghesco. Ai lati, nel corso del ‘700, vennero alzate le due ali dei corpi civili per ampliare la struttura abitativa. Marcapiani e lesene nel corpo centrale, portale con scalini per l’atrio, luci regolari e simmetriche, davanzali in mattoni. Villa Fassati (fine ‘800) Venne costruita nel 1761 da Luigi Gerolamo Saverio Fassati, figlio di Camilla De Preti, possidente reggiolese e Evasio Ottaviano, marchese piemontese. Il corpo centrale è collegato alle due ali simmetriche, con analoga struttura sul retro che restituisce al complesso una struttura speculare. Marcapiani e facciate architravate abbelliscono la villa. 72 Palazzo Barchessoni - Bianchi Fronte da Ovest. Ai lati dell a st r ut t ur a ci nq ue seicentesca furono costruite le ali ribassate nel corso del Settecento. Marcapiani, lunette nel sottotetto, luci regolari e simmetriche caratterizzano la struttura. Palazzolo Galantini di Brugneto Lungo la Provinciale Reggiolo-Guastalla, prospiciente il Palazzo Pavarini. La struttura presenta ali laterali sporgenti sul corpo principale, che fu già ampliato lateralmente in una fase precedente. 73 Nella pagina a fianco: Carattere architettonico dell‟edificio è la successione delle stanze nell‟organizzazione in lunghezza. Foto Giorgio Andreoli. L’ EDIFICIO E LE CARATTERISTICHE ARCHITETTONICHE E STORICHE Lo stile della grande villa era all‟epoca impostato di norma a grande semplicità ma non è possibile comprendere se l‟impianto insediativo fosse originario o derivato da una ristrutturazione di precedenti organismi, come spesso avveniva negli insediamenti realizzati in questo periodo. Essendo stata edificata tra la fine del Cinquecento e gli inizi del Seicento, i modelli di riferimento erano le Ville romane dei papi, banchieri e nobili, le Ville toscane della famiglia Medici o di nobili a loro legati, le Ville venete e gli insediamenti in Villa dell‟area padana, luogo così vicino alla realtà culturale della grande ed importante città di Mantova. Appare anche certo che il complesso non fosse concepito come indipendente dalle aree circostanti in quanto la logica insediativa cinquecentesca concepiva gli organismi edilizi pensati insieme agli spazi circostanti in particolar modo al sistema del verde che, con gli spazi pubblici o riservati rappresentava un “contorno” essenziale delle grandi ville nobiliari. Nella immagine a destra: Il fronte Sud di Villa De Moll. 75 Il sistema del verde l’edificio. Composizioni e finiture Sin dal suo primo insediamento la villa è completata da un formidabile sistema del verde che la circonda completamente, sul fronte sui lati e soprattutto sul retro. Il sistema del verde non è un elemento a parte ma è elemento integrante e di completamento del costruito. L‟edificio senza il verde non avrebbe il fascino e la qualità che manifesta ed allo stesso modo il sistema vegetale risulterebbe non comprensibile senza la grande struttura architettonica della villa. Le diverse parti esterne del verde sono state pensate e realizzate secondo i diversi usi e l‟immagine generale che si doveva ottenere. L‟area verde sul fronte sud può essere definita di “rappresentanza” in quanto media il rapporto con la strada di accesso. Si tratta dell‟area più pubblica e di maggiore qualità estetica. Essa è formata da un grande portale di accesso in mattoni con cancello in ferro battuto. Il portale ed il cancello danno accesso alla strada che conduce alla villa e che divide lo spazio in due parti trattate a prato. Si tratta di quel prato tipico delle ville padane e venete, una sorta di piattaforma di grande qualità ed immagine che fa da supporto all‟architettura della villa. Verso i confini destro e sinistro sono due file di pioppi di grossa struttura che hanno il ruolo di “incorniciare” l‟architettura della villa e del prato definendo lo spazio e le proprietà. La strada centrale che conduce alla grande villa, originariamente in sterrato o ghiaia, si allarga sul fronte formando uno spiazzo e mediando il rapporto con l‟ingresso alla casa. Nella immagine sotto : Il cancello e le colonne d‟ ingresso. Villa De Moll vista dalla provinciale Guastalla-Reggiolo, vista Sud. 76 Nelle immagini a destra: L‟ampio spazio verde sul fronte sud di Villa De Moll, ai lati i due filari di pioppi Cipressini. Le aree laterali destra e sinistra erano originariamente utilizzate con gli “edifici di servizio” quali stalle, granai, depositi, rimesse di attrezzature ed altro e le abitazioni del personale di servizio. Ancora oggi a destra e sinistra della grande villa De Moll, seppure di altra proprietà, esistono ancora queste antiche strutture, in parte abbandonate o molto modificate architettonicamente e nelle finiture esteriori. La zona esterna sicuramente più interessante è quella sul retro della villa dove insiste ancora oggi il cosiddetto “parco privato”; si tratta di uno spazio che prende sicuramente origine da quell‟ortus interclusus di origine rinascimentale tipico delle grandi ville del quattrocento e del cinquecento. Anche se modi- 77 ficato nel tempo lo spazio verde è strettamente collegato con l‟edificio e le sue finiture. Le piantumazioni di alto fusto sono lavorate a semiciclo in corrispondenza dell‟accesso centrale. Dietro la forma rotondeggiante delle piante insiste il sistema del parco anch‟esso con alberi di alto fusto. L‟emiciclo rotondeggiante è completato dalla presenza di sculture raffiguranti personaggi dell‟arte classica. All‟interno del bosco - parco è ricavato un interessante organismo presente solo nelle più antiche e pregiate ville padronali cinquecentesche e là dove per diversi motivi non era possibile realizzare locali seminterrati sotto le abitazioni. Si tratta della “ghiacciaia”, una costruzione quasi completamento interrata realizzata con mattoni che si chiudono a cupola interamente ricoperta da terreno vegetale. Lo scopo di questa costruzione, la sua suggestività e qualità costruttiva, sapientemente ambientata naturalmente era quello di conservare i cibi e le bevande; da qui l‟indicazione di ghiacciaia. All‟interno del grande vano, ancora oggi perfettamente conservato, si riusciva in estate ad avere temperature molto basse tanto da consentire egregiamente la conservazione dei cibi. Oggi la “ghiacciaia”, nonostante il tempo trascorso è visitabile ed ancora predisposta per utilizzi vari. 78 Nella immagine sotto: Vista aerea del parco, l‟asse centrale della strada di accesso e il Palazzo. Impostazione tipica delle ville lombarde, veneto e padane a partire dal XVI secolo. Nella prima immagine a destra: Foglio di mappa n. 8 del Comune di Reggiolo (2013), in scala 1:2000. Villa De Moll a Brugneto, lungo la provinciale per Guastalla. Nella seconda e terza immagine: Particolare della ghiacciaia, vano esterno usato come frigorifero, l‟ingresso e la volta interna in mattoni. Struttura architettonica e l’impianto originale. Ricostruire la storia delle proprietà di villa De Moll non è stato semplice, ma si è riusciti a descrivere un escursus evolutivo dei diversi proprietari che si sono succeduti. Cosa ben più complessa è stata invece per gli architetti e gli operatori cercare di comprendere quale fosse stata l‟evoluzione diacronica architettonica e storico-artistica dell‟edificio e quali interventi macroscopici si siano sviluppati nel tempo e con quali caratteristiche di rilievo. 79 I riferimenti tipologici e storici. Le informazioni storiche ci riportano dunque con una certa probabilità che all‟inizio del „600 la villa fosse già edificata dai Riva. Non è dato sapere quale fosse la sua struttura e quale la consistenza e se in quel momento fosse effettivamente terminata sia costruttivamente che dal punto di vista delle finiture (forse no); certo è – sostengono gli architetti che hanno condotto le ricerche e progettato gli interventi per il restauro – che l‟impianto presente oggi era già definito quando venne costruito. Lo stile della grande villa era all‟epoca incentrato di norma a grande semplicità. Essendo stata edificata tra la fine del cinquecento e gli inizi del seicento, i modelli di riferimento erano le Ville romane di papi, banchieri e nobili, da una parte, e le Ville toscane della famiglia Medici e le Ville venete, dall‟altro. La sua tipologia e la forma fanno capire bene che l‟impianto insediativo è stato originario e non può essere derivato da una ristrutturazione di precedenti organismi, come spesso avveniva negli insediamenti realizzati in questo periodo. L‟impianto planimetrico generale a forma lineare allungata, con elementi architettonici di testata rappresentati da quattro torrette simmetricamente disposte a sud, nord, est ed ovest, sono tali da sembrare quattro bastioni di un castello fortificato. La lettura planimetrica dell‟immobile riporta un elemento lungo a doppio corpo orientato est-ovest con esposizione a nord e a sud, con sulle testate est ed ovest i due torrioncini che si distaccano con un dente dal corpo centrale lineare. Il doppio corpo è realizzato con la sistemazione di due cortili (o chiostrine) interni che avevano il compito di dare luce ed aria alle due stecche con esposizione principale a sud e nord. Nella immagine sopra: Veduta d‟insieme a Sud-Est, le torrette agli angoli. Nella immagine a fianco: Veduta dal basso verso l‟alto della facciata posteriore a Nord. 80 L’esterno Percorrendo la strada che da Reggiolo porta verso Brugneto è impossibile non essere attratti dalla grande villa De Moll oggi di proprietà Pavarini nella sua imponenza e qualità esteriore. L‟impianto architettonico – edilizio generale è di forma lineare allungata, con elementi architettonici di testata rappresentati da quattro torrette simmetricamente disposte a sud, nord, est ed ovest; la loro forma e posizione sono tali da assomigliare a quattro bastioni di un castello fortificato. La lettura planimetrica dell‟immobile riporta un elemento lungo a doppio corpo orientato est-ovest con esposizione a nord e a sud, con sulle testate est ed ovest le quattro torrette che si distaccano con un dente dal corpo centrale lineare. Il doppio corpo è realizzato con la sistemazione di due cortili (o chiostrine) interni che avevano il compito di dare luce ed aria ai due corpi di fabbrica con esposizione principale a sud e nord. Le altezze esterne ed interne dei vari elementi sono variabili con i locali del piano terra di altezza più modesta, forse modificata nel tempo ed i locali del piano nobile molto alti. Più bassi sono i locali del secondo piano, luoghi ove nel tempo sono avvenute le più rilevanti modifiche. Nella immagine sotto: Prospetto Sud. La composizione architettonica della facciata principale a sud visibile dalla strada è organizzata in un grande corpo centrale a tre livelli coperto da un imponente tetto a padiglione; le due ali simmetriche ad esso connesse verso est ed ovest, sono articolate in due piani; le testate dei due corpi di fabbrica allungati così strutturati terminano con le quattro torrette laterali che si caratterizzano come autonome sia architettonicamente che figurativamente. La caratteristica principale della facciata sud è quella di essere stata trattata con intonaco dipinto di sicura matrice tardo settecentesca-ottocentesca del tipo neoclassico. Ci troviamo in presenza di una tipica “architettura dipinta” di buon valore formale ed artistico con raffigurazione di cornici, 81 riquadri, trabeazioni archivolti dritti e rotondeggianti; il tutto aveva il compito di unificare le diverse parti architettoniche e generare un disegno che fosse elemento unificante dell‟insieme che si coordinava con gli elementi in pietra del portale d‟ingresso con balconata e delle cornici delle finestre al piano terreno. Oggi, questo sistema dipinto, è difficilmente leggibile poiché i decori sono sbiaditi nel tempo. Solo ad una osservazione attenta sono ancora leggibili gli elementi essenziali dei dipinti. Le finestre del piano terreno sono contornate con delle cornici lavorate in pietra del tipo tardo settecentesco; i contorni delle finestre del primo piano sono invece affidati al disegno della poco visibile architettura dipinta. Il secondo piano del corpo centrale manifesta una impostazione ed un disegno del tutto autonomi tanto da dimostrare nei fatti l‟aggiunta posteriore di tutto il corpo di fabbrica. Il corpo centrale, più alto delle ali, diversamente dalle altre parti componenti, evidenzia una cornice di raccordo tra la parete e la sporgenza del tetto molto ben disegnata e lavorata in calce e gesso su telaio in legno a modo di coronamento che circonda tutto il perimetro del parallelepipedo. 82 Nella immagine sotto: Veduta del balcone con portale, accesso Sud della Villa. Nella immagine a fianco: Particolari della facciata Sud. Il portale con loggia, posto al centro della facciata sud, è un‟opera semplice ma interessante che denota i caratteri ottocenteschi evidenziando tutti gli elementi tipici di questo periodo: le colonne esili con leoni alla base non incastrati sotto la colonna ma accostati ad essa sul fronte, le trabeazioni in pietra tipicamente ottocentesche, le nicchie dipinte sotto il corpo del balcone con figure della mitologie greca e romana, la grande balconata luogo di uscita esterna del grande salone al primo piano e centro della facciata dalla quale si può guardare la strada ed il grande spazio antistante la villa con il suo contorno di alberature. Infine, l‟incassato portale, coronato da un timpano tipicamente neoclassico con stipiti ed arco lavorati a bugne a 83 modo della facciata posteriore e della grande architettura progettata e realizzata da Giulio Romano nel vicino Palazzo Te di Mantova. Il gioco di elementi compositivi della facciata si completa al piano terra con le due nicchie, accostate al muro negli angoli proprio nelle posizioni dove le torrette avanzano volumetricamente e con le sei statue, tutte realizzate in pietra e simmetricamente disposte davanti alla fronte principale raffiguranti figure mitologiche: le prime due a destra e sinistra poste su una nicchia di facciata al piano terra altre due poste nei punti ove le torrette formano lo spigolo con la facciata principale avanzando verso due, le ultime due poste distaccate dalla facciata poste grosso modo in corrispondenza delle due torrette. Questa statuaria fa parte della tradizione neoclassica e rispetta appieno i canoni realizzativi di quel periodo. L‟assetto compositivo della facciata sud che oggi leggiamo è il probabile risultato di diverse lavorazioni che ne hanno progressivamente mutato composizione e trattamenti. La prima è quella relativa all‟eliminazione del possibile grande scalone esterno che, nella possibile organizzazione cinquecentesca dava accesso al piano nobile direttamente dallo spazio esterno, la seconda è la creazione del secondo piano sopra il corpo centrale. Questi interventi, avvenuti probabilmente durante i lavori ottocenteschi, resero necessaria la realizzazione di un nuovo portale con loggia e balconata all‟ingresso e la creazione della vasta (oggi purtroppo difficilmente visibile) architettura dipinta di facciata attraverso la quale il fronte sud doveva probabilmente riconquistare una sua unitarietà, due realizzazioni che ricostituissero in un certo senso, l‟assetto architettonico, compositivo e visivo della grande villa. Sul retro, la facciata nord merita un approfondimento particolare forse perché è con molta probabilità la più antica del fabbricato. Il sistema di lavorazione generale di questo fronte è caratterizzato da una lavorazione in stipiti ed archivolti realizzata mediante l‟utilizzo di un sistema compositivo di mattoni sagomati a forma di “bugne”. I mattoni, incastrati sulla facciata si articolano in stipiti ed archi a tutto sesto e ribassati, composti secondo un disegno che investe tutto il piano terreno sino agli spigoli delle due torrette. All‟interno delle forme e delle sagome, sempre in posizione simmetrica, erano ricavati negli archi più piccoli due pitture delle quali è oggi rimasta solo quella sul lato destro con una visibile ed interessante sinopia. La mancanza assoluta di colore residuo della sinopia ci fa pensare, forse, che questa figura sia stata impostata, ma forse mai realizzata. Lo stile e la forma della figura, perfettamente ricalcante le for- 84 Nella immagine sotto: Particolare della lavorazione del bugnato. Evidente il riferimento al vicino Palazzo del Te, Mantova, di Giulio Romano. Nella immagine sotto: Parte centrale della Villa de Moll il fronte Nord. me ottocentesche, ci porta anche a considerare se essa possa essere di proposizione tarda, forse ottocentesca. La lavorazione con archi e bugne, in sé molto semplice e non raffinatissima, è finita poi da una interessantissima colorazione rosso sanguigno (non sappiamo se originale o aggiunta in tempi più recente), molto suggestiva e caratterizzante tanto da conferire alla facciata una chiara impronta architettonica. Il sistema di stipiti ed archi più o meno grandi non è casuale o un semplice abbellimento di facciata, ma è eseguito in perfetta corrispondenza con la partizione delle stanze interne. Le dimensioni differenti degli archi posti sulla facciata, sempre secondo uno schema simmetrico, ritrova al proprio interno l‟occasione di ricavare, porte di accesso alla casa o finestrature corrispondenti alle stanze. Tutto questo significa probabilmente che gli ambienti interni e l‟esterno siano stati progettati e composti in modo coordinato secondo una possibile matrice cinquecentesca. Lo stesso tipo di lavorazione, più elegante e raffinato, è ripreso al primo livello ed ai livelli superiori delle due torrette da una lavorazione simile delle finestre con stipiti ed architrave orizzontale che richiama lo stile del piano terra ma assume colorazioni neutre. Nell‟osservare questo sistema compositivo ancora una volta 85 non può non venire in mente il riferimento ad una delle più importanti opere del rinascimento italiano realizzata a pochi chilometri da Brugneto nella vicina Mantova nella importante opera architettonica di Palazzo Te, realizzata nel cinquecento dal grande Giulio Romano. Le due facciate laterali est ed ovest sono caratterizzate dalla imponente presenza delle due torrette che si evidenziano sul fronte e sul retro. Il corpo di fabbrica che connette i due elementi architettonici principali è più basso e funzionale al raccordo. Non si evidenziano particolari caratterizzazioni architettoniche e formali. Le murature sono coperte da intonaci che per grandi linee riportano le parti dipinte del fronte. Ogni torretta è esteticamente lavorata con riferimento alle due facciate principali: quella sul fronte con intonaci dipinti, quella sul retro con il mattone bugnato laterale agli angoli e stipiti. Il corpo della torretta è finito nella parte terminale sotto la copertura da un sistema di pitture con ruolo visivo di finti cornicioni di coronamento. Nella immagine sotto: Veduta della porzione Nord-est della facciata posteriore. 86 Nella immagine sopra: Una delle chiostrine al piano terra. L’interno All‟interno, le stanze componenti la grande villa, sono al piano terra organizzate simmetricamente rispetto ad un corpo centrale passante nel senso sud-nord presente in tutti e tre i piani (terra, primo e secondo) formato strutturalmente da tre comparti: il primo quello centrale effettivamente passante, i due laterali ad est ed ovest strutturati in stanze e servizi generali come il vano scala che conduce sino al secondo piano centrale ed al sottotetto. I secondi piani delle torrette sono raggiungibili da piccoli corpi scala sagomati e formati in tempi successivi l‟impianto originale e le modifiche settecentesche con caratteri forme e materiali del tutto autonomi. Il corpo centrale più alto delle ali rappresenta un po‟ il cuore della costruzione con le due grandi stanze passanti sovrapposte sui due piani, che possono essere senza dubbio considerate la parte più nobile del complesso. La composizione architettonica e tipologica dell‟edificio, per interrompere la profondità del corpo di fabbrica e le file di stanze contigue dei locali abitabili, ha concepito la simmetrica presenza (a destra e sinistra della zona centrale) di due chiostrine o cortili interni che, seppure di dimensioni differenti l‟una dall‟altra, permettono di dare aria e luce ai locali al piano terra ed al primo livello tale che lo spessore del corpo costruito si riduce. A di là della funzionalità delle chiostrine gli spazi interclusi estremamente riservati che esse generano sono veramente interessanti. Una ulteriore suggestiva parte del fabbrica è sicuramente quella del sottotetto del corpo centrale, ambiente vasto ed aulico tipico dei complessi residenziali di questo tipo, luogo ove sono manifeste tutte le strutture lignee della copertura che si conservano ancora in buona parte con la loro qualità e caratterizzazione. 87 Caratteristiche geometriche, dimensionali e tipologiche Villa Riva-De Moll è un edificio organizzato tipologicamente in lunghezza in modo lineare nel senso Est-Ovest, lungo in totale m. 70,70 e largo m. 27,70 nelle sezioni terminali dove sono posizionate le torrette. L‟altezza è di m. 16 al colmo del tetto, e di m. 9,30 alla gronda nelle ali laterali ribassate rispetto al corpo centrale. Il fronte principale dove è posizionato l‟ingresso è rivolto a Sud, verso la strada di accesso, mentre il retro guarda a nord verso il giardino privato. Il piano terra Percorsa la lunga strada di accesso alla Villa si accede all‟edificio dall‟entrata che è divenuta nel tempo la principale; qui ci si trova in un ampio salone a volta dipinto in fondo al quale si evidenzia bene un secondo finestrone che da sul giardino retrostante. Le murature del piano terra si trovano a diretto contatto con i terreni di fondazione senza la mediazione di piani rialzati o seminterrati. Questo contatto ha nel tempo fatto si che le murature assorbissero grandi quantità di acqua a causa del fenomeno fisico della capillarità. L‟umidità di risalita ha rovinato progressivamente gli intonaci dipinti con aree umide tanto da suggerire la rimozione di vaste porzioni di intonaco dipinto a contatto con il pavimento, destino purtroppo toccato a tutte le stanze del piano terreno. Dal salone, che da sempre è stato parte essenziale ed importante della casa, si possono effettuare vari percorsi: immediatamente a destra verso est con affaccio sul fronte sud dove troviamo una prima stanza affrescata che conserva ancora buoni valori storico artistici con soffitto lavorato a volte lunettate ed altre tre stanze in serie che hanno purtroppo perduto tutti i de- 88 Nella immagine sotto: Pianta piano terra. Nella immagine sotto: Veduta della chiostrina interna lato Ovest. cori originali ma conservato fortunatamente delle interessanti volte lunettate con struttura portante in travi lignee. Immediatamente a sinistra verso ovest sempre con affaccio sul fronte sud si trova una prima stanza affrescata con grande camino contornato da una interessante cornice marmorea; la stanza conserva buoni valori storico artistici, un bel soffitto lavorato a volte lunettate; sullo stesso percorso si susseguono una serie di altri vani che in tempi recenti hanno subito molte modifiche e perduto la traccia delle finiture originali. Al centro del vano a destra verso est è realizzato un piccolo Nella immagine accanto: Piano terra, stanza restaurata. 89 locale archivoltato che risulta essere luogo di passaggio verso il cortile o chiostrina, mentre a sinistra verso ovest è realizzato il vano scala con affaccio verso il cortile o chiostrina ovest, che conduce dal piano terra al primo livello. In fondo al locale centrale a destra verso est, con affaccio sul fronte nord, è realizzato un primo locale affrescato con dipinti di discreta qualità storico artistica, con bel soffitto lavorato a volte lunettate ed un grande camino; da questo locale si passa ad un vasto ambiente dalla forma allungata con rare finiture storico-artistiche; la parete che affaccia sul cortile manifesta due ampi archi a tutto sesto chiusi oggi da vetrate. Quest‟ultimo ambiente era quello storicamente utilizzato come cappella della villa. I riscontri architettonici di questo utilizzo sono costituiti dalla presenza di due resti abbastanza importanti rappresentati da un portalino neoclassico posto nel cortile ad est che conteneva un varco di accesso alla chiesa e una piccola finestra passante che dal vano della cappella permetteva il passaggio di oggettistica religiosa verso lo stretto locale retrostante utilizzato probabilmente come sacrestia. Non sappiamo quale potesse essere la forma originale di questo ambiente, sicuramente non cosi allungata. È probabile che la piccola cappella, dove già dalla fine del settecento si svolgevano funzioni religiose autorizzate dalla Santa Sede, fosse dotata 90 Nella immagine sotto: Piano terra, stanza restaurata, pareti a soffitto. di un atrio antistante che aveva la funzione di filtrare l‟ingresso allo spazio religioso. In fondo al vano centrale passante verso est con affaccio sul fronte nord, è realizzato un primo locale affrescato con dipinti di discreta qualità storico artistica che conserva buoni valori con soffitto lavorato a volte lunettate; da questo locale si passa ad ambienti di servizio molto modificati nel tempo senza valori architettonici e storico artistici di rilievo ed una serie di stanze utilizzate oggi e nel tempo come magazzini, cucine, depositi e quanto di servizio necessario alla grande villa. Nella immagine sotto: Piano terra, stanza restaurata, pareti e soffitto. 91 Nelle immagini: Veduta di stanza al piano terra, dopo il restauro. Particolare del soffitto affrescato. Nella immagine: Particolare pareti piano terra. Nelle immagini: Particolari delle pareti e dei soffitti del piano terra. Il primo piano Superate le scale, ci si ritrova nel grande spazio centrale passante nord-sud che può essere definito senza ombra di dubbio il vero cuore pulsante della villa. Mentre l‟ambiente del piano terreno è collegamento con l‟esterno sul fronte e sul retro, quello del primo piano è dotato di due importanti balconate che rappresentano i “belvedere” verso l‟esterno, il primo a sud verso lo spazio dell‟ingresso con i due grandi prati verdi ed i pioppi, il secondo a nord verso il giardino privato ed il parco - bosco. L‟altezza di piano, la luce, la raffinatezza dei decori delle volte e delle pareti, le pavimentazioni ed i due grandi finestroni non Nella immagine: Pareti a volta restaurate al primo piano. 94 lasciano dubbi sul fatto che questo spazio sia stato forse già cinquecentesco l‟ambiente di rappresentanza, forse il salone delle feste, il luogo insomma dove si accoglievano gli ospiti della Villa. Dal grande vano centrale verso sinistra e destra con affacci a sud e nord troviamo una serie di stanze decorate con tematiche di matrice sette-ottocentesca tutte differenti le une dalle altre, così come sono differenti le coperture che variano dai soffitti voltati e dipinti, ai soffitti cassettonati con manifeste strutture lignee quasi sempre dipinte. Dalla grande sala centrale si possono effettuare vari percorsi: Nella immagine sopra: La scale di accesso al primo piano. Nella immagine sotto: Uno dei saloni restaurati del primo piano. A destra del vano principale centrale verso est con affaccio sul fronte sud dove troviamo una serie concatenata di stanze tutte affrescate delle quali la prima stanza è sicuramente quella più pregiata. I soffitti sono differenti: il primo trattato a volte lunettate, gli altri con travature lignee e cassettoni finemente dipinti. Dopo questa serie di quattro stanze, superato un piccolo disimpegno si passa ad un ulteriore ambiente, anch‟esso di grande qualità con pareti dipinte e soffitto a cassettone ligneo, corrispondente con il corpo della torretta a sud-est. 95 A sinistra del vano principale centrale verso ovest con affaccio sul fronte sud troviamo una serie concatenata di stanze tutte affrescate sulle pareti e dove esistenti sui soffitti i quali risultano differenti il primo trattato a volte lunettate, gli altri con travature lignee e cassettoni finemente dipinti. Dopo questa serie di quattro stanze, superato un piccolo disimpegno, anche in questo lato, si passa ad un ulteriore ambiente, anch‟esso di grande qualità con pareti dipinte e soffitto a cassettone ligneo, corrispondente con il corpo della torretta a sud-ovest. A destra del vano principale centrale verso est con affaccio sul fronte nord è realizzato un primo locale affrescato con dipinti di discreta qualità storico artistica con soffitto lavorato a volte lunettate ed un grande camino. Il secondo ambiente sullo stesso lato è stato realizzato con la forma di una “galleria” interamente dipinta sia sulle pareti con un soffitto del tipo a cassettone dove le travature lignee dipinte si alternano con i quadrotti in controsoffitto. Questo ambiente è senza ombra di dubbio uno dei più pregiati della grande villa di Brugneto; tutte le pareti sono coperte da dipinti e decori che in questo caso sono di qualità molto particolare con toni in monocromo e figure di forme stilistiche raffinate. Si tratta della “Sala del sole” con tre dipinti firmati da Fe- 96 Nella immagine sotto: Cassettoni lignei restaurati al primo piano. lice Campi (Mantova 1746 - 1817) artista classicista allievo del Bottai che operò prevalentemente nel recupero e ripristino di molte opere del cinquecento a Mantova e nei dintorni e che, con la sua opera di restauro e ripristino, seppe interpretare quel classicismo e quegli stili tipici del cinquecento mantovano. L‟ultima stanza su quel lato corrispondente allo spazio del primo piano è ricavata all‟interno della torretta a nord-est; si tratta di un ambiente di buon livello storico artistico completamente dipinto sulle pareti e trattato con cassettone dipinto sul soffitto. Nella immagine sotto: Volta restaurata al primo piano. A sinistra del vano principale centrale verso ovest con affaccio sul fronte nord è realizzato un primo locale affrescato con dipinti di discreta qualità storico artistica e soffitto lavorato a volte lunettate; da questo locale si passa ad un ambiente che ha subito diversi interventi nel tempo ripristinato nella sua spazialità dopo i lavori di restauro susseguiti agli eventi sismici del 2012. All‟interno del secondo piano esistono altre stanze poste verso ovest e verso est come ambienti raccordo tra le torrette a sud e nord ma sono ambienti molto modificati nel tempo all‟interno dei quali esistono rare permanenze architettoniche e storico artistiche ad esclusione di soffitti lasciati con strutture lignee a vista. 97 Nella immagine: Stanza restaurata del Primo Piano. Nelle immagini: Particolari di stanze restaurate del Primo Piano. Nella immagine a fianco: Cassettoni lignei consolidati e restaurati al primo piano. Nelle immagini: Particolari dei dipinti. Nel restauro sono stati attentamente conservati tutti i “valori” delle pareti architettoniche storico-artistiche. Nelle immagini: Particolari dei decori. Le pavimentazioni originali della Villa, sono state tutte conservate. Nelle immagini: “Sala del sole”, dipinti di Felice Campi, 1746-1817. Nelle immagini: Figure restaurate della Sala del Sole. Nella immagine sotto: Volte e pareti restaurate al primo piano. Nella immagine: Veduta di stanza passante con affaccio su uno dei cortili. Nella immagine a fianco: Particolari delle figure della Sala del Sole. Da notare la pittura monocromatica di elevato livello qualitativo, con in evidenza dei dipinti di Campi. Il secondo piano Dell‟insieme della grande villa di Brugneto si elevano in secondo piano quattro parti: la parte centrale posta sopra le stanze passanti e le torrette simmetriche ai quattro vertici della costruzione nelle quali insistono ambienti non accessibili e non utilizzati. Il secondo piano del blocco centrale è stato sempre utilizzato con una serie di locali predisposti per alloggiare gli abitanti della casa, forse la servitù. Al centro del corpo di fabbrica si ripropone lo stesso ampio locale passante sud-nord dei due piani inferiori. Le dimensioni planimetriche sono le stesse ma non è invece uguali l‟altezza interna, la qualità delle finiture, il trattamento della soffittatura. Sono infatti ancora oggi visibili a vista splendide travature lignee originali; il pavimento in cotto risultava prima delle opere di restauro molto sconnesso tanto da consigliare la realizzazione di un sovra pavimento in legno oggi rimosso. Dal questo ambiente centrale si può accedere ai soliti quattro locali laterali simmetricamente disposti. Questi ambienti, semplici ma molto interessanti erano stati fortemente modificati nei recenti anni del novecento mediante chiusura di finestrature, controsoffitti, pavimenti in legno ed altre sovrastrutture che avevano fatto completamente perdere le finiture e gli assetti originali. Tutti e quattro gli ambienti simmetrici di testata sono dotati di un grandi camini di fattura molto semplice del tipo storico ottocentesco. Le forme, la struttura e l‟organizzazione dei locali rivelano chiaramente utilizzo abitativo storico di tipo piuttosto modesto (forse della servitù della casa). Uno solo di questi ambienti (quello a destra dello spazio centrale con affaccio a nord) era arricchito con pareti e soffitto decorato, tutte finiture in parte perdute a causa del tempo e degli eventi sismici. Il locale al centro verso destra, come quelli ricavati ai piani inferiori è un vano di piccole dimensioni che affaccia sul cortile 102 Nella immagine sotto: Sezione longitudinale sulla scala. est e sui tetti che non ha collegamenti con lo spazio centrale ma che è connesso con i locali a sud e nord dimostrando chiaramente che esso era parte integrante di una abitazione. Nella prima immagine: Veduta di stanza con camino al secondo piano. Nella seconda immagine: Stanza con finestra riaperta. 103 Il sottotetto Nelle abitazioni storiche i sottotetti sono normalmente spazi non abitabili ed accessibili solo per il controllo delle strutture lignee portanti delle strutture di copertura, il controllo delle infiltrazioni delle acque meteoriche, il controllo infine delle strutture portanti e dello stato di degrado dei soffitti in cannucciato nel caso ci si trovi in presenza di soffitti come quelli della villa o infine il controllo delle travature portanti dei cassettoni lignei. A Villa De Moll la maggior parte dei sottotetti non sono praticabili e non sono di fatto utilizzati ad eccezione della torretta a nord-ovest utilizzata come abitazione e dell‟ampio sottotetto della corpo centrale. Le dimensioni degli ambienti di sottotetto del corpo centrale sono molto elevate ma la sua più grande suggestività sta nel fatto che questo spazio è luogo di manifestazione di tutte le strutture lignee e murarie portanti della copertura. Il tempo e gli uomini hanno generato in questo spazio una serie di opere strutturali, adattamenti e modifiche di elevato interesse, per cui oggi è possibile leggere raccordi di elementi strutturali in legno della copertura, aggiunte sempre in legno, riparazioni in legno e muratura. Le strutture murarie di sostegno sono state conformate secondo le necessità e senza elevata perizia, tanto che il sisma ha operato numerosi dissesti ed ampie lesioni su elementi poco pensati per resistere alle forze della natura ma molto legati alla fantasia strutturale dei capomastri. Durante i lavori di restauro è stato rinvenuto un “condotto” incassato nella muratura delle dimensioni di 30 x 20 centimetri circa utilizzato probabilmente per trasferire le granaglie (grano, orzo, riso o altro) dal sottotetto al piano terra; questo rinvenimento prova che questo spazio era in passato utilizzato anche come deposito di derrate alimentari come il grano, il riso ed altro, portati forse qui per l‟essiccazione ed il migliore mantenimento. Nella immagine: Scala di accesso al sottotetto. Nella immagine a sinistra: Il sottotetto prima dell‟intervento di restauro. 104 Nelle immagini: Il sottotetto dopo gli interventi di restauro. Murature e strutture lignee recuperate. Nelle immagini: Particolari delle strutture lignee del sottotetto dopo i restauri. La composizione strutturale e le parti resistenti. L‟architettura e la composizione della grande villa De Moll è il frutto di una organizzazione strutturale di materiali, tecnologie e tecniche che nel tempo hanno permesso la realizzazione di questo importante edificio. Uno dei criteri essenziali per comprendere una architettura storica è la fase della conoscenza della costruzione attraverso studi ed analisi morfologiche e tipologiche degli elementi costruttivi, analisi tecnologiche sui materiali ed analisi tecniche sulle qualità e resistenze della varie parti strutturali. Il tutto ha lo scopo di individuare gli elementi strutturali attraverso il riconoscimento della morfologia, della tipologia e delle tecniche costruttive. Uno dei metodi storici per fare questo, prevede innanzi tutto l‟ispezione visiva, quindi l‟utilizzo di strumenti e tecniche moderne di indagine ed introspezione all‟interno dei materiali. Nel caso di villa De Moll sono state utilizzate diverse tecniche che hanno consentito la determinazione della tipologia e della geometria degli elementi resistenti dell‟edificio. La muratura. Il primo degli elementi strutturali esaminati è la muratura. Essa è risultata essere costituita da un‟unica tipologia nell‟intero edificio, riconducibile a una “muratura in mattoni pieni legati da malta di calce”. Lo studio effettuato sulle murature ha evidenziato tipologie di strutture molto differenti. Talvolta i risultati hanno fornito qualità strutturali buone, altre volte si è riscontrata la presenza di murature scomposte, di scarsa qualità e soprattutto la presenza di calci e leganti di qualità molto scadente tali da rendere le murature nel loro complesso molto deboli e facilmente sottoposte a dissesti e stati lesionativi. Le murature presenti a villa De Moll sono risultate di diversi spessori; talvolta gli spessori sono stati ritenuti idonei, altre volte molto esili tanto da non sopportare i carichi affidati. Carenze evidenti sono state rilevate nei punti in cui le murature si innestano con altre murature trasversali. In questi punti, se le tecniche costruttive non hanno messo in opera adeguati ammorsamenti, ossia innesti tra i mattoni, le murature basse tendono a distaccarsi a scollarsi generando evidenti lesioni. In due punti della costruzione le murature hanno manifestato più evidenti problemi: al piano terra e sulla sommità in corrispondenza dell‟appoggio del tetto. Al piano terra le murature sono risultate imbibite di umidità di risalita per capillarità; questo fenomeno corre il rischio di indebolire le strutture murarie alla base ed a diretto contatto con il terreno, ossia dove vi è la necessità di una maggiore solidità e portanza muraria. Sulla testata superiore delle murature all‟appoggio delle coperture, punto in cui le incoerenze murarie, la mancanza di cordoli trasversali 106 che legano la struttura muraria, hanno generato vasti dissesti ed i movimenti delle strutture lignee del tetto poco legate con gli apparati murari stessi. Le solette. Una seconda tipologia di analisi e studi è stata effettuata sulle solette ed i piani di calpestio, chiamati anche solai o, in termini più scientifici, orizzontamenti. Dallo studio effettuato gli orizzontamenti presenti a villa De Moll sono risultati di diversi tipi: • Solai in legno con doppia orditura di travi e tavolato con orditura principale e secondaria di travi in legno, al di sopra delle quali è posto un tavolato di spessore 4cm, sempre in legno, seguito da un riempimento sciolto, da uno strato di malta e da un pavimento in cotto, per uno spessore totale del pacchetto di 14 cm. • Solai in travi di legno e volticine in mattoni con le travi principali sono degli elementi lignei di sezione 24 x 24 cm, su di esse sono appoggiate le volticine in mattoni pieni, mentre al di sopra di queste ultime troviamo un riempimento in materiale sciolto completato all'estradosso da una caldana in malta e pavimento in cotto; l‟intradosso del solaio è quindi completato con uno strato di intonaco che coinvolge solo le volticine. • Solai in laterocemento con gli elementi principali costituiti da travetti in c.a.p. ad interasse di 50 cm, separati da elementi di alleggerimento e strutturalmente completate con soletta gettata in opera di 3 cm; al di sopra segue pacchetto di finitura, realizzati evidentemente in tempi molto recenti. • Solai in legno con doppia orditura di travi e pianelle con orditura principale e secondaria in travi di legno, al di sopra delle quali è posto un pianellato di elementi in laterizio. Tranne che nei solai di sottotetto agli elementi sopra descritti seguono un pacchetto di finitura costituito da materiale incoerente di riempimento, caldana di malta e pavimentazione. Gli orizzontamenti sono stati realizzati in tempi differenti e risentono delle tecnologie e tipologie costruttive del momento di esecuzione. Per ognuno dei diversi tipi di solette è stato necessario individuare le forme di degrado o di vulnerabilità (ossia la predisposizione a degradare nel tempo e per effetto di eventi sismici) ed individuare le tipologie di consolidamento e capacità di resistere nel tempo. Le volte. Una ulteriore tipologia di struttura orizzontale presente nella costruzione è rappresentata dalle “volte a botte”, una tipica costruzione storica in uso da secoli negli edifici antichi. Le volte analizzate a villa De Moll sono in mattoni pieni posati in foglio con uno spessore della parte strutturale in mattoni di 5 107 cm.; durante i lavori è stato interessante scoprire che al di sopra della struttura compositiva si trova un interessante sistema di cordonature ed uno strato variabile di riempimento in materiale incoerente ricoperto dalla pavimentazione. All‟intradosso tutte le volte della Villa sono intonacate da uno strato di intonaco che esteriormente è stato dipinto. L‟esiguo spessore, nonostante le cordonature superiori, non ha impedito alle strutture di lesionarsi in più punti tanto da rendere necessario un intervento sistematico di consolidamento e miglioramento della risposta strutturale in seguito ad eventi sismici. Le strutture lignee. Come in tutte le costruzioni storiche la travi lignee hanno avuto un ruolo essenziale nella formazione delle solette e soprattutto delle coperture dell‟edificio. A villa De Moll si è riscontrato un vasto uso di legno nella realizzazione di orizzontamenti e coperture. Si tratta di antiche travi con lavorazioni a mano, strutture che esprimono una immagine esteriore e suggestività di elevato livello qualitativo. Le indagini effettuate hanno portato a riconoscere tre tipi di legni: l‟Olmo tipico delle aree fluviali, l‟Abete bianco proveniente dalle aree appenniniche, il Rovere materiale diffuso ampiamente in molte zone italiane. I legni antichi lavorati all‟ascia hanno una suggestività tutta propria ed una caratteristica qualitativa di grande valore estetico. Nell‟analisi effettuata gran parte della struttura lignea è risultata rovinata e talvolta incapace di sopportare i carichi che le normative antisismiche impongono (per quanto riguarda le caratteristiche di resistenza e rigidezza considerati per tali materiali si è fatto riferimento a quanto riportato nelle istruzioni CNR-DT 206/2007 alla tabella 18-3). Si è dovuto pertanto effettuare una analisi molto attenta per capire quali delle strutture lignee componenti doveva essere conservata e quale sostituita con nuovi legni. 108 Nelle immagini: Strutture lignee dei solai, consolidate e restaurate. Nella logica del restauro quasi tutte le strutture lignee portanti sono state conservate e ripristinate. Nella pagina a fianco: Disegni di particolari di solai. Nella immagine: Consolidamento dei solai lignei. I materiali, i colori e le finiture I materiali considerati strutturali sono l‟essenza di una costruzione, la parte resistente, la componente strutturale. Nelle stanze più pregiate e comunque di più elevata qualità questi materiali sono stati addolciti e presentati con una serie articolata di finiture che sono gli intonaci dipinti dati sulle pareti e sulle volte, le strutture in cannucciato dipinte posate a modo di volte finte sotto le travature delle solette o le stesse strutture lignee delle solette formate da travi principali e secondarie a loro volta scialbate e dipinte. Queste tipologie di lavorazione per così dire estetiche sono state realizzate nel tempo da artisti diversi ed hanno raggiunto livelli qualitativi differenti e sono comunque oggi la parte maggiormente evidente della struttura, quella dove si posa la maggiore attenzione visiva. 110 Nella immagine sotto: Particolare del camino dopo i restauri. Nelle immagini: Particolare dei materiali per le finiture. Sabbie e calce quali elementi essenziali del restauro. Nelle immagini: Particolare dei materiali lignei. Le travi originali sono state smontate, verificate e restaurate per essere poi ricollocate in situ. Nelle immagini: Le finiture dei pavimenti in cotto e dei decori. Le qualità artistiche La caratteristica principale di una costruzione come Villa De Moll non è solo quella degli spazi esterni, interni e delle parti architettoniche componenti, ma è anche e soprattutto quella delle finiture, pitture, decori ed elementi storico artistici presenti. Questi elementi rappresentano senza dubbio i valori essenziali dell‟immobile e non possono essere in nessun modo scissi dalle componenti architettoniche e dal sistema di distribuzione dei locali. Architettura ed arte sono elementi inscindibili per organismi di questo carattere, anzi non sbagliamo nel dire che i due elementi si completano ed arricchiscono l‟uno con l‟altro. Il decoro artistico e le pitture dell‟interno rappresentano l‟elemento qualitativo della villa, ne sono l‟essenza in quanto uno dei ruoli storici delle ville di storiche, era quello di rispondere ai valori ludici ed alla piacevolezza dello stare in ambienti naturali ed architettonici che fossero belli e qualitativamente validi sia all‟esterno che all‟interno oltre al mostrarsi con qualità e magnificenza agli ospiti della famiglia e mostrare nel contempo il valore e l‟importanza della famiglia stessa. E‟ veramente raro trovare una villa suburbana con una quantità 112 Nella immagine sotto: Stanza restaurata del primo piano. Ogni stanza di Villa De Moll è stata decorata con una trattazione specifica ed un disegno proprio. Foto di Giorgio Andreoli. di decori di queste proporzioni; normalmente le case esterne ai centri abitati si manifestavano molto più semplici ed umili rispetto alle più ricche case di città. La vastità, quantità e qualità di decori e finiture di alto valore storico-artistico di Villa De Moll è forse motivata dal fatto che la famiglia che fece realizzare gli allestimenti interni, quella dei Marchesi Riva, abitava costantemente la casa e pertanto questa non si configurava come casa di villeggiatura, ma come vera e propria casa di abitazione. Non possiamo sapere se questa interpretazione sia giusta, è comunque certo che l‟immobile può oggi contare su un patrimonio notevole di pregiate decorazioni, affreschi, cassettoni lignei dipinti, cornici e cornicioni in gesso e stucco; esistono anche numerose finiture di altro tipo quali porte in legno massello, porte dipinte ed intonate alle stanze, finiture in ferro battuto quali cancellate, inferriate, serrature, ringhiere, ganci, mensole, persino antichi chiodi, pavimenti in cotto originale, pietra e misti lavorati cotto e pietra ed un numero e tipologia estremamente variegata di camini, da quelli interamente costruiti secondo un antico stile contadino a quelli delle stanze nobili arricchiti da cornici in marmo pregiato di diverse colorazioni. Una notazione particolare va fatta per le pavimentazioni. Tutti i pavimenti del primo piano sono realizzati in quadrotti di cotto mantovano posti in diagonale con lavorazioni molto semplici; solo talvolta il cotto a quadrotti è composto di geometria rettangolare. Il pregio di questo materiale sta sicuramente nella sua originalità essendo dell‟ottocento ed il tipo di montaggio senza fughe. Al piano terra invece tutto il cotto antico era stato in tempi recenti sostituito da pianelle rettangolari di cotto di modesta qualità. Il cotto più antico (forse cinquecentesco) è riscontrabile in alcuni punti del piano terra (locali di sgombero e magazzini). Uno degli aspetti di maggiore interesse è che le pareti di ciascuna delle stanze decorate siano state realizzate su un tematismo specifico. Molti sono i riferimenti a decori di importanti palazzi ed edifici. Le forme di rappresentazione di questo vasto patrimonio storico artistico sono estremamente essenziali ed ispirate al neoclassicismo con marcati riferimenti al classicismo greco e romano derivati dai rinvenimenti negli scavi e dalle scoperte archeologiche ma, anche e soprattutto, al più vicino rinascimento espresso a livelli così elevati delle grandi capitali delle signorie di Milano e della vicina città di Mantova. All‟interno degli ambienti della villa sono raffigurate scene mitologiche più o meno note espresse in forme umane rapportate alla attualità, figure immagini derivanti da miti e leggende o avventure, riferimenti al bestiario animale di origine storica e 113 mitologica. Diffusa è la rappresentazione di animali con prevalenza di uccelli, natura e paesaggi espressi quasi sempre in piccoli cartigli multicolori o monocromi in bianco e nero. Altre volte gli artisti hanno raffigurato immagini del quotidiano, personaggi delle campagne, figure femminili e maschili oggetti della vita di campagna, momenti del lavoro umano. I riferimenti alla casata delle famiglie proprietarie sono espressi in numerosi casi con volti umani, stemmi, blasoni o raffigurazioni di armature ed armi di tipo diverso. Esiste infine una enorme quantità di figurazioni di maniera rappresentate da temi floreali, drappi, festoni, decori, composizioni di fiori e natura, composizioni di vasi con alberature, fiori, frutta, fogliame multicolore fregi, cornici, figure di volti, cornici di gesso e dipinte, cornici geometriche o lavorate ad ovuli e floreali del tipo corinzio, ma ancora riquadri, finte finestre, cornici di specchi rimossi, simbolismi diversi ed altre figurazioni ed elementi dei più disparati ed interessanti. Particolarmente interessanti sono i temi di una stanza nella quale, è riportato, come descritto dall‟autore un sogno, con scene particolari e personaggi, imbarcazioni, figure di sfingi, grandi aquile bianche e scure ed altre figura fantastiche in mezzo ad 114 Nella immagine sotto: Particolare di un decoro al primo piano. Foto di Giorgio Andreoli. uno sciame ordinato di api svolazzanti. Per volere codificare i decori dei soffitti nelle stanze di villa De Moll possiamo distinguere due tipologie di decori: quelle con soffitti realizzati con volte a crociera lunettate che sono quelle corrispondenti al blocco centrale ai piani terra e primo, cioè quelle del grande vano passante nord-sud con le quattro stanze limitrofe ad est ed ovest; quelle del resto delle stanze ai piani terra e primo tutte realizzate con soffitti lavorati con struttura lignea primaria e secondaria, cassettonati e dipinti. In tutti i casi i decori del soffitto sono coordinati con i decori delle pareti delle stanze. Nei casi di ambienti con volte a crociera lunettate si rileva una continuità formale tra i decori delle pareti e quelli dei soffitti; nel caso dei soffitti trattati con struttura lignea a cassettone il decoro del soffitto si espande sulla parete per una altezza variabile sotto al metro, come un drappo o cornice dipinta sotto la quale si sviluppa il decoro parietale. Sia le pareti che i soffitti sono sempre dipinti secondo suddivisioni in forme geometriche rettangolari e quadrotte, più o meno allungate e regolari che hanno la proprietà di suddividere gli ambienti ed incorniciare le porte di accesso e le finestre. Ogni ambiente della villa è dunque ripartito in forme geometriche che non sono fine a se stesse, ma rappresentano pittoricamente e graficamente stucchi, cornici, scanalature. In alcuni ambienti le forme geometriche sono realizzate appositamente per ospitare dei quadri o tele dipinte, le quali non sono oggi più reperibili, ma che erano nel momento della realizzazione sicuramente coordinate con le espressioni grafiche della stanza di riferimento. Le tematiche e le forme realizzate nei decori sono mutevoli e varie ed ogni artista ha cercato di rappresentarle a suo modo esprimendosi con le tecniche del periodo e che gli erano proprie. Altra caratteristica delle stanze di villa De Moll è quella dei “colori”. Si tratta di colori e toni omogenei, sono scelte secondo un codice che sembra casuale, forse derivato da artisti diversi che hanno lavorato in tempi differenti, manifestando così i toni sul rosa, sul celeste, sul verde, sull‟ocra sino agli eleganti monocromi. Particolarmente evidente è la loro pacatezza e pastosità; i toni così caldi e misurati ed il modo in cui i diversi artisti li hanno messi insieme. In ogni stanza prevale un tono di colore o due toni, a questi sono poi aggiunti colori vivi forti per i decori, il fogliame, i cartigli. La pastosità e dei fondi con la forza dei decori imprimono all‟osservatore quel senso di compiutezza delle opere. Di grande eleganza sono sicuramente quelle stanze trattate con colori monocromi. In questi casi gli artisti si sono espressi a livelli molto elevati poiché l‟espressione artistica in monocromo è sicuramente una delle 115 più impegnative nell‟ambito pittorico. Di questo immenso patrimonio dipinto non conosciamo gli autori. Dal tipo di decoro, stile, impostazione e realizzazione possiamo essere sicuri che vi lavorassero diverse scuole pittoriche e di decoro come appare evidente ad un dettagliato esame stilistico anche perché il lavoro si è sviluppato dai primi anni dell‟ottocento sino al 1824. Di soli due artisti conosciamo il nome: Vincentio Chiari doctor Bigarano che ha dipinto la stanza del “sogno” al primo piano ed il citato Felice Campi che con la sua bottega ha dipinto e firmato tre inserti storico – mitologici posti in riquadri nel salone Nord-Est del primo piano. Durante i lavori non è stata fatta una campagna di saggi sistematica che possa fare affermare con certezza la presenza di decori o pitture anteriori alla fine del settecento e ottocento. Dalle scoperture effettuate si è in generale rilevato un sottostante strato di intonaco non dipinto picchettato. In alcuni punti si sono evidenziate delle velature sottostanti i decori ottocenteschi; non esiste quindi la “prova scientifica” che sotto il decoro settecentesco esistesse un decoro antecedente. 116 Nella immagine sotto: Particolare di un decoro al primo piano. Nella immagine sotto: Stato delle stanze durante i lavori. 117 Nelle immagini: Particolare dei decori. Nelle immagini: Particolare dei decori. Nelle immagini: Particolare dei decori monocromatici e colorati. Nelle pagine precedenti: Villa De Moll, vista Sud, durante i lavori di restauro. Nella pagina accanto: Dettaglio di un decoro. 122 Futuro testi di Valerio Borzacchini 123 Nella pagina a fianco: Villa De Moll, prospetto frontale, appena dopo il sisma e la messa in sicurezza. IL SISMA DEL 2012 E IL DEGRADO Il degrado dell’edificio prima del sisma Prima degli eventi sismici che hanno sconvolto l’Emilia ed i territori del Reggiano, Villa De Moll era sottoposta ad un normale stato di degrado sopravvenuto nei decenni anteriori all’acquisto della struttura da parte dei Pavarini. Gli imprenditori Pavarini, per ospitare la loro attività, avevano effettuato una serie sistematica di opere tese alla straordinaria manutenzione dell’edificio senza incidere sugli aspetti strutturali, una manutenzione che aveva permesso di realizzare un buon allestimento di buona qualità della Galleria di Arte ed Antiquariato che è l’attività dei Pavarini. Alcuni locali erano stati adattati alle specifiche necessità dell’attività, senza sconvolgere gli assetti costitutivi originali anche poichè i proprietari hanno da sempre dimostrato una particolare sensibilità e predisposizione per la qualità storico – artistica del bene, essendo la loro attività predisposta proprio per questi fini. I proprietari periodicamente pensavano alla manutenzione minima dell’edificio a che non si producessero danni a seguito di piccoli problemi di funzionamento dell’immobile. L’edificio è dunque giunto agli eventi sismici senza degradi e dissesti particolari che ne compromettessero la portanza e la struttura. Gli elementi strutturali dell’immobile non avevano manifestato particolari problemi né di cedimento, né di lesioni molto marcate e sembravano rispondere bene alle necessità strutturali. 125 Gli elementi storico – artistici e le finiture Il sistema dei decori esterni ed interni aveva risentito del trascorrere del tempo ed in alcuni punti dell’infiltrazione di acque meteoriche, macchie e deposito di muffe, eventi accaduti prima dell’acquisto dell’immobile da parte dei Signori Pavarini. L’insieme manifestava cavillature storiche e lesioni di piccole dimensioni tipiche di un degrado naturale; in alcuni punti gli intonaci dipinti erano leggermente distaccati, ma queste situazioni non facevano temere evoluzioni più gravi. In numerose aree le dipinture sette-ottocentesche erano state sottoposte a delle scoloriture per tratti con problemi per la pel- 126 Nelle immagini: Villa De Moll dopo il sisma, messa in sicurezza. licola pittorica, ma i proprietari non erano mai intervenuti, consapevoli che un intervento puntuale avrebbe reso necessario un intervento più vasto. In altri punti si era intervenuti con delle modifiche abbastanza marcate come la rimozione di una cospicua fascia di intonaco al piano terra dove l’umidità di risalita aveva inciso profondamente sullo stato dipinto. Il pensiero che aveva motivato questa drastica rimozione degli intonaci era stato quello di mettere a vista la struttura muraria con la speranza di asciugare i mattoni della muratura bagnati dall’acqua di risalita. In altri ambienti i proprietari avevano provveduto a sovrapporre carte da parati e finiture a copertura di intonaci e murature, o controsoffitti in cartongesso realizzati in diversi punti dell’immobile per coprire le strutture precedenti o infine rivestimenti con pannelli e strutture in legno. Sempre negli ultimi decenni erano stati completamente sostituiti i pavimenti del piano terra con delle pianelle di cotto di qualità decisamente scarsa ma comunque funzionale agli utilizzi. Ai piani superiori invece erano state conservate tutte le pavimentazioni originali, tranne al secondo piano dove, per non toccare il vecchio pavimento in cotto era stato realizzato un sovra pavimento con tavole di legno. Gli impianti funzionavano abbastanza bene e, soprattutto l’impianto elettrico, era stato organizzato in modo da non creare interferenze alle pitture ed ai decori. 127 Gli eventi sismici Il sisma del 2012 ha colpito duramente Villa De Moll che, nonostante non manifestasse evidenti problemi, non era dotata di adeguati presidi strutturali; le ripetute scosse telluriche avevano provocato grossi danni a murature, solai, volte e quindi di conseguenza a tutto l’apparato decorativo interno. I danni strutturali sono risultati notevoli così come i danni all’apparato storico artistico. È accaduto in definitiva che avendo dei movimenti le murature e le volte si sono prodotte lesioni grandi e piccole, fratture, distacchi ed, in numerosi casi, espulsioni di materiali e dissesti anche marcati. Nella immagine a fianco: Prima messa in sicurezza della struttura con cerchiaggi provvisori. Uno dei problemi di maggiore rilevanza è stato quello della mancanza di cordolature di piano, ossia dei sistemi strutturali che ad ogni piano possono richiudere murature e solette con una cerchiatura capace di resistere agli eventi sismici. Nell’analisi seguita al sisma sono state rinvenute diverse catene in ferro con chiavi, strutture che avevano il chiaro compito di tenere legate le solette e le murature d’ambito. La mancanza di ritegni delle murature, di adeguati ammorsamenti tra diverse strutture murarie ha reso liberi i muri di muoversi soprattutto 128 sulle connessure e nelle parti alte dell’edificio. Le deboli ammorsature costituite dalle solette lignee non sono state capaci di resistere ai movimenti del sisma ed hanno prodotto un vasto sistema di lesioni e fessurazioni che hanno attraversato lo spessore delle murature in tutte le stanze dall’alto al basso. A questo sistema di grandi ed evidenti lesioni e fratture va a sommarsi un telaio di cavillature secondarie e diffuse, segno chiaro di distacchi meno evidenti di supporto e strato pittorico dalle sottostanti strutture murarie. Questi danni sono stati rilevati meno nell’apparato ligneo delle coperture dove l’elasticità dei legni e dei soffitti incannucciato (sostegni sospensivi) ha fatto sì che si evidenziassero danni meno evidenti. Nonostante questo, in alcuni punti si rileva che porzioni di soffitto si sono distaccate mettendo a nudo i materiali di supporto: come nei soffitti incannucciato dipinti o nelle tavelle dipinte. In alcune stanze della villa è accaduto anche che, a seguito del movimento della struttura lignea del solaio, si è lesionato il punto di giunzione tra le travi di legno della soletta e la muratura con un estensione pari a tutto il perimetro della stanza. Ad una osservazione seppure generale sono stati rilevati danni prevalenti dove le strutture murarie, gli architravi ed i soffitti erano più deboli e là dove i materiali delle decorazioni avevano minore aderenza con il supporto murario. Nella immagine a destra: Prima messa in sicurezza della struttura con puntelli ed architravature provvisorie. Gli architravi in legno delle numerose porte della villa hanno manifestato una particolare vulnerabilità dimostrandosi incapaci di reggere gli eventi sismici. Dopo il sisma non esistevano di 129 fatto architravi non lesionati. Durante gli interventi è stato necessario indagare bene le carenze strutturali delle sistemazioni e dei materiali utilizzati ed è stato verificato che in taluni casi non esistevano architravi, mentre in altri casi gli architravi avevano carenze di appoggio ed erano mal distribuiti sullo spessore delle murature. In generale i piani superiori hanno subìto più danni dei piani inferiori secondo una logica che, essendo la struttura muraria non dotata di cordoli terminali (sulle teste delle murature), le murature si sono mosse in alto più che in basso dove erano legate da solette lignee o dalle volte in muratura. È stato quindi logico trovare più lesioni murarie al secondo piano piuttosto che al primo. Anche le volte hanno subìto traumi e dissesti a causa delle carenze di ammorsatura e strutturali in quanto formate da sistemi murari ad una sola testa. Dopo il sisma erano evidenti lesioni, distacchi di intonaci, dissesti di struttura muraria e, in alcuni casi, vaste perdite di materiale. Nella immagine a sinistra: Prima messa in sicurezza delle bucature e dei vani finestra con puntelli e cerchiaggi. Alle lesioni e dissesti più evidenti si è aggiunto un tipo di degrado poco evidente, ma comunque esistente in modo diffuso e vasto: quello del distacco dello strato di intonachino dipinto dalla sottostante struttura. Questo fenomeno di degrado è stato generato da diversi fattori: il primo di natura compositiva e di materiali in quanto l’intonaco sul quale sono stati realizzati i dipinti, appare in generale friabile e poco compatto, realizzato probabilmente a base di calce con sabbia e probabile utilizzo di gesso, materia che lo ha reso sicuramente più malleabile alla lavorazione, ma sicuramente più fragile; il secondo legato alla presenza di strati di intonaco sottostanti; nei punti di distacco di 130 intonaco dipinto si è infatti potuto rilevare che sopra la struttura muraria in mattoni esiste un primo strato di buon spessore di intonaco a base calce, questo intonaco forse più antico o comunque precedente al tonachino dipinto ottocentesco, è stato “picchettato” per fare aderire meglio la nuova pittura con il suo supporto; l’esiguo spessore del tonachino avrebbe creato però diversi distacchi dello stesso a causa del sisma. La tipologia del distacco di intonaci investe dunque, sia l’intonaco base sottostante che il tonachino di minor spessore sovrastante. Tali fatti spiegherebbero le innumerevoli cadute di parti intonacate anche in zone non particolarmente sollecitate. Una ulteriore forma di degrado poco visibile è quella relativa alla pellicola pittorica decoesa e poco aderente agli intonaci, problema probabilmente già esistente prima del sisma aggravatosi notevolmente dopo gli eventi sismici. In questi casi molto diffusi sulla muratura, ma ancora di più sulle strutture lignee la pittura superficiale tende a distaccarsi dagli strati sottostanti. Non si deve infatti dimenticare che ci troviamo in presenza di intonaci dipinti e non affrescati. L’affresco infatti avrebbe sicuramente conferito una maggiore stabilità alla pittura superficiale e limitato di più il fenomeno della decoesione. Nei punti dove si evidenzia la sconnessione tra il sistema del soffitto formato da travi di legno e soffitti incannucciato con la muratura, il punto di passaggio tra soffitto e murature è segnato con marcate perdite di intonaco dipinto. In alcuni punti in particolare sia l’intonaco di base che il tonachino sono rovinati a terra lasciando scoperto il supporto incannucciato del soffitto. In un punto addirittura è stato lo stesso incannucciato a cedere e cadere a terra. Ulteriori problemi dei decori pittorici sono legati alla presenza di stuccature realizzate in un passato più o meno recente con malte cementizie e materiali incongrui; le infiltrazioni di acque meteoriche dalla copertura e l’umidità di risalita dal suolo al piano terra dove l’umidità ha investito anche le volte sbiancando i colori e manifestando ombre e aloni. Una ulteriore osservazione antecedente i lavori di restauro va fatta per il degrado delle pavimentazioni originali in cotto che in numerose stanze del primo piano risultavano sconnesse e dissetate essendovi stati evidenti movimenti con abbassamento dei piani di calpestio di conseguenza alle sottostanti strutture. 131 Nelle immagini a fianco: Lesioni sulle volte e sugli architravi delle finestre. Nella immagine sopra: Lesioni sulle volte. Nella immagine sopra: Lesioni sul solaio, indice di inflessione delle travi sottostanti. Nella immagine sopra: Lesioni sulle murature e le pareti dipinte. Nella immagine a fianco: Lesioni nella stanza con camino al secondo piano . Nella immagine a fianco: Lesioni sulle murature del sottotetto. Nella pagina accanto Inizio dei lavori di restauro di Villa De Moll. IL RESTAURO DI VILLA DE MOLL Il processo di restauro ed il ruolo degli Enti Pubblici Villa De Moll, oggi di proprietà dei Signori Pavarini, è un organismo produttivo, una struttura deputata all’esposizione e alla vendita di mobili, quadri, arredi e suppellettili di antiquariato. Dopo il sisma l’edificio fu dichiarato inagibile, e si aprirono tutte le opportunità che la normativa vigente mette a disposizione per recuperare gli edifici produttivi. Il fatto che però l’edificio non fosse un semplice capannone o una struttura commerciale o per uffici contribuiva a generare diversi problemi. Come recuperare l’organismo? Come i denari previsti per una struttura produttiva normale sarebbero stati sufficienti per un edificio di tale tipo? A queste problematiche si aggiunse la grande sensibilità dei proprietari che, per mestiere, frequentano il vasto mondo dei beni culturali; quella sensibilità ed attenzione per le cose antiche che non avrebbero permesso manomissioni all’edificio, modifiche degli assetti, trasformazioni ed usi di materiali differenti da quelli storici. A quel punto fu immediatamente chiaro che i fondi che le normative vigenti mettevano a disposizione per il recupero non sarebbero stati sufficienti per realizzare una riparazione ed un miglioramento strutturale corretti della Villa, bensì un recupero superficiale e grossolano che avrebbe prodotto forse diversi danni. Nello stesso tempo si scoprì che l’edificio non era vincolato e non poteva pertanto usufruire della maggiorazioni che la legge mette a disposizione degli edifici storici con particolari valori storico – artistici. Dopo i passaggi presso gli Uffici del Comune di Reggiolo e della Regione Emilia Romagna ci si rivolse allora alla Direzione Regionale per i Beni Architettonici dell’Emilia Romagna e fu posto il problema del recupero della villa e della possibilità di attuare un formale “vincolo” ai sensi della normativa vigente 135 (Decreto Legge 42/2004 e successive modificazioni). Le problematiche furono rapidamente comprese dell’Ente preposto per la tutela dei Beni Culturali e del Paesaggio con sede a Bologna che si mise immediatamente a disposizione ed in tempi rapidissimi riconobbe il grande valore storico e artistico dell’immobile, redigendo in pochi mesi il Decreto di Vincolo. Questo consentì di poter impostare non più un progetto di recupero edilizio con riparazione e miglioramento sismico, ma un vero e proprio “Progetto di Restauro architettonico e storico – artistico” che sarebbe stato di gran lunga più rispettoso delle qualità dell’immobile. Nella immagine a sinistra: L’accantieramento. Nella immagine a destra: Vista notturna del cantiere con la cartellonistica. L’impresa di restauro preparata rappresenta una certezza per la buona riuscita dei lavori. Il progetto fu così varato con grande impegno e determinazione dei tecnici incaricati che si dichiararono disponibili a “condividere” le scelte strutturali, architettoniche e storico – artistiche con l’Ufficio competente della allora Direzione per i Beni Culturali e Paesaggistici dell’Emilia Romagna di Bologna. La stessa ipotesi di intervento veniva condivisa e proposta al Comune di Reggiolo ed alla Regione Emilia-Romagna, Ente che avrebbe poi finanziato l’intervento stesso. Dopo poco più di un mese di incontri e confronti tecnici molto serrati con gli Enti preposti, si riuscì a confezionare l’intervento che fu formalmente consegnato per l’approvazione il 17 ottobre 2013. Contemporaneamente, nel successivo mese di novembre avvenne la formalizzazione della richiesta di contributi per la riparazione dell’immobile danneggiato dal sisma ai sensi dell’Ordinanza n. 57/2012 con proceduta digitale sul portale Regione Emilia Romagna sulla piattaforma Sfinge. L’autorizzazione all’esecuzione degli interventi fu trasmessa il 27 novembre dello stesso anno a soli 41 giorni dalla richiesta. 136 Più tardi pervenne il contributo della Regione Emilia Romagna che consentì l’inizio effettivo dei lavori il 5 maggio 2014. Le date enunciate, l’evoluzione delle pratiche e la rapidità con la quale le richieste autorizzative e di contributo sono state evase, fanno comprendere come nel caso del Restauro di Villa De Moll vi sia stata una collaborazione stretta tra i diversi Enti preposti all’approvazione e finanziamento del progetto, i proprietari ed i tecnici che hanno redatto il progetto d’intervento. Un esempio di efficientismo da citare e manifestare, qualità delle procedure e tempestività di intervento nel caso di un bene che necessitava immediati lavori di recupero pena il peggiorare delle sue condizioni fisiche ed il continuativo fermo dell’attività commerciale dell’azienda proprietaria dell’immobile. 137 L’organizzazione professionale dell’intervento di restauro Nella immagine sotto: Il cartello dei lavori di restauro. Un intervento di restauro che abbia l’obiettivo della conservazione di tipologie costruttive, tecnologie storiche e materiali perseguendo però la sicurezza statica degli edifici e la valorizzazione generale dei complessi edilizi, comprese le opere storico – artistiche non è una operazione semplice e va affrontata con estrema qualità, professionalità e multidisciplinarietà. È necessario che chi affronta l’operazione sia dotato di grande sensibilità per i valori storico- artistici e conosca bene i metodi e le tecnologie di recupero edilizio e restauro. Il tutto a cominciare dal committente che deve essere predisposto e culturalmente pronto a scelte talvolta non perfettamente comprensibili alla luce degli sviluppi moderni di tecniche e materiali, ma rispettose del passato e delle preesistenze. In secondo luogo l’approccio ai problemi del restauro deve essere fortemente multidisciplinare e deve svilupparsi dalla fase della conoscenza perfetta dell’edificio, delle sue tecniche realizzative, della qualità dei suoi materiali ed infine della esatta situazione del degrado fisico e strutturale. 138 Nella fase successiva è necessario che le ipotesi di intervento siano guidate dalla scientificità delle metodologie di restauro oramai messe a punto da tanto tempo, ma che offrono quasi ad ogni esperienza degli elementi di novità e delle diverse caratterizzazioni tanto che si può tranquillamente affermare che ogni opera di restauro è in sè una opera unica del suo genere, anche se si fa in essa riferimento ai metodi ed ai sistemi ampiamente conosciuti ed utilizzati. È necessaria così una ampia e vasta esperienza sia nella fase di analisi e studio che nella fase di calcolo e formulazione delle ipotesi di intervento. Nella immagine sotto: Dopo la messa in sicurezza iniziano i lavori interni Alla fase tecnica segue la fase realizzativa. Il restauro va attuato da operatori seri e capaci, che operano secondo determinate metodiche. Troppo spesso si confondono gli interventi di ristrutturazione con gli interventi di restauro e troppo spesso si credono pronte per operare restauri imprese che invece non sono all’altezza perché non hanno la mentalità, la cultura e le metodologie operative essenziali per sviluppare un intervento di restauro. Anche l’impresa è dunque un pilastro essenziale 139 dell’opera di restauro, un’impresa non idonea non riuscirebbe mai a portare a termine nel migliore dei modi un’opera di restauro. Nel caso di Villa De Moll quasi tutti questi fattori hanno trovato epilogo positivo garantendo probabilmente un buon risultato che oggi si pone al giudizio del più vasto pubblico di Enti ed operatori. 140 Nella immagine sotto: Cuciture armate con barre di acciaio inox. Le procedure normative Nella immagine sotto: I ponteggi di allestimento del cantiere e la protezione delle opere artistiche. L’iter seguito per la definizione delle strategie di intervento è quello indicato nella Direttiva del Presidente del Consiglio dei Ministri del 09 febbraio 2011, con oggetto la “Valutazione e riduzione del rischio sismico del patrimonio culturale con riferimento alle Norme Tecniche per le costruzioni di cui al decreto del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti del 14 gennaio 2008”, e che prevede le seguenti fasi operative: • Percorso della conoscenza; • Valutazione del livello di sicurezza nei confronti delle azioni sismiche, tramite modelli locali (cinematismi) e globali dell’edificio; • Progetto degli interventi e valutazione della sicurezza raggiunta in condizione post-sisma. Tale approccio è concettualmente analogo a quello previsto per le costruzioni non tutelate, ma è opportunamente adattato alle esigenze e alla peculiarità del patrimonio culturale. La fase conoscitiva si è articolata nel seguente modo: • analisi storica critica delle varie fasi costruttive dell’immobile e degli interventi subiti; • rilievo geometrico; • rilievo materico costruttivo e lo stato di conservazione; • caratteristica geologica e geotecnica del sottosuolo; 141 Un approccio tecnico-scientifico al progetto: la diagnostica risultato di studi ed analisi scientifiche Per programmare in modo adeguato un intervento di restauro è necessario conoscere bene la struttura sulla quale intervenire, le logiche con la quale è stata realizzata, la sua storia e le sue problematiche tecniche e strutturali. Per fare questo sono indispensabili studi, analisi e valutazione molto approfondite, è necessario conoscere quanto più si riesca a comprendere della struttura tenendo conto che essendo un organismo antico vi saranno sempre e comunque delle sorprese in fase di esecuzione. Per analizzare e studiare l’organismo da restaurare la buona tecnica del restauro ha oramai da anni messo a punto delle metodologie tecnico-scientifiche di analisi e studio, un vero e proprio metodo scientifico di indagine che possa portare a precostituire una diagnostica adeguata propedeutica per la fase del progetto. Il rilievo geometrico Al fine di ottenere una conoscenza accurata dell’oggetto studiato, comprensiva di tutti gli aspetti utili per la definizione del progetto di restauro, recupero e miglioramento sismico finalizzato al riuso, sono state condotte una serie di attività specialistiche riguardanti il rilievo geometrico e l’analisi della morfologia degli elementi costruttivi. Nella prima fase del progetto ci si è dunque occupati del rilievo della struttura della villa, un rilievo effettuato con metodiche molto avanzate, che hanno permesso di conoscere nel dettaglio e ridisegnare le parti più nascoste del complesso edilizio. Il rilievo è senza dubbio la base di ogni conoscenza il supporto tecnico sul quale poggiare il progetto ed i successivi lavori di recupero. Il rilievo attento ha permesso la realizzazione della mappa ed il quadro fessurativo degli elementi costruttivi componenti la fabbrica. Sono state rilevate le geometrie delle volte presenti ai piani terra, primo e secondo. Dalle attività di rilevamento si è desunta la tipologia della copertura lignea, nonché la presenza di solai in laterocemento inseriti nel corso di ristrutturazioni risalenti agli anni ottanta. Nel rilievo si è posta particolare attenzione alla presenza dei tiranti, allo spessore dei rivestimenti e delle murature portanti e non. Tale attività ha portato alla redazione di una serie di elaborati grafici con piante, prospetti e sezioni, che rappresentano le tavole del Rilievo Architettonico e del Rilievo dello stato di Danno. Allegata al progetto è stata inserita un’ampia documentazione fotografica del quadro fessurativo: i punti di vista delle foto scattate sono stati riportati sugli elaborati redatti. 142 Nelle immagini a fianco: Disegni del rilievo strutturale, del rilievo architettonico e del rilievo del danno. Il rilievo materico costruttivo e lo stato di conservazione Il piano delle indagini fa parte della fase della diagnostica del progetto e va predisposto nell’ambito di un quadro generale volto a mostrare le motivazioni e gli obiettivi delle indagini stesse. Nel caso in cui vengano effettuate prove sulla struttura, attendibili ed in numero statisticamente significativo, i valori delle resistenze meccaniche dei materiali vengono desunti da queste e confrontati con quelli previsti nelle NTC 2008. Lo scopo della campagna di indagine è quello di identificare le differenti tipologie di murature che costituiscono la struttura portante e caratterizzarne i parametri di resistenza meccanica ed elasticità delle strutture portanti. La campagna di prove sperimentali è stata definita in primo luogo sulla base di una attenta ispezione visiva, finalizzata alla conoscenza dei tipi di apparecchiatura muraria presente nel fabbricato e alla individuazione di eventuali segni di lesionamento significativi. Le indagini sperimentali sono consistite complessivamente in: • N° 50 indagini videoendoscopiche su murature e volte; • N° 30 indagini georadar; • N° 4 indagini termografiche interne; • N° 4 indagini termografiche su facciate; • N° 20 prove penetrometriche su malte; • N° 10 prelievi di muratura per la stima della resistenza a compressione; • N° 6 prelievi di malta per analisi chimiche di laboratorio; • N° 12 prove penetrometriche su legno; • N° 4 prelievi di campioni di legno per prove di laboratorio; • N° 3 prove con martinetti piatti doppi; • N° 3 prove di taglio a scorrimento su elementi murari; • N° 4 prove vibrazionali su tiranti metallici. Nella immagine a fianco: Indagini tecnico-scientifiche con strumentazione specifica. Esecuzione di prove di carico post - intervento su una volta in mattoni rinforzata. 144 Nella immagine a fianco: Prove strutturali degli elementi lignei e restauro delle travi da ricollocare. Nell’ immagine a fianco: Analisi strutturale e messa in sicurezza dei solai lignei per gli interventi. Individuazione analisi e resistenze dei materiali I primi dubbi da risolvere riguardavano la qualità dei materiali, le loro capacità portanti e la possibilità di poterli riutilizzare o invece di sostituirli con materiali nuovi. I risultati sono derivati dalle prove condotte e dai conseguenti studi e valutazioni e sono stati riportati nell’elaborato progettuale “Indagini sulle strutture e sui materiali” redatto dalla società specializzata SGM di Perugia. Le indagini effettuate hanno consentito una conoscenza attenta della struttura e delle sue qualità, la determinazione delle proprietà dei materiali dell’edificio, i sistemi costitutivi, le articolazioni ed organizzazioni tecniche e strutturali. Ogni componente strutturale e di finitura è stata attentamente analizzata e studiata per poter derivare le problematiche da risolvere poi progettualmente. Per quanto riguarda le tipologie di muratura resistente è stata individuata una muratura in mattoni pieni e malta; per la valutazione della tessitura muraria sono stati eseguiti saggi diretti sulla muratura e video endoscopie che hanno permesso di rilevare le caratteristiche tecniche e strutturali all’interno dell’apparecchio murario. Le informazioni disponibili sull'edificio e il numero di indagini effettuate hanno consentito di raggiungere un livello di conoscenza molto elevato. Dal punto di vista tecnico gli studi hanno permesso, come indica la rigida normativa sismica, di individuare ed assumere dei codici di partenza della qualità dei materiali e delle tipologie di sicurezza da raggiungere con l’intervento per quanto riguarda le caratteristiche di resistenza. La strumentazione tecnologicamente molto avanzata utilizzata per i saggi profondi - macchinari per rilievo endoscopici - ha permesso anche di prelevare campioni di materiale indisturbati utili per realizzare analisi chimico-fisiche e prove di laboratorio per tarare le resistenze dei materiali e quindi le capacità di resistenza delle strutture. Altre indagini hanno riguardato le strutture lignee, le malte, gli elementi di finitura come pavimentazioni in cotto. 146 Nelle immagini: Posa delle fibre di acciaio su muro, al fine di realizzare un cordolo. Nelle immagini: Fibre di acciaio su cornicione. Fibre di acciaio su muratura. Elementi di acciaio per muratura e solai. Analisi e studio dei beni storico – artistici Per quanto riguarda gli studi e le indagini sui beni storico – artistici presenti si è agito dapprima con un adeguato rilievo di dettaglio a vista e mediante rilievo fotografico teso prevalentemente al rilevamento delle qualità compositive ed artistiche delle opere e ad approfondimenti sullo stato di degrado, dissesti e mancanze. Il rilievo in sito è stato supportato da una analisi grafica che ha avuto l’obiettivo di mettere a punto mappe di diagnostica riportanti la storia, le tecniche, lo stato di degrado e contenenti tutte le informazioni utili per comprendere la situazione delle opere, l’individuazione e caratterizzazione dei materiali e delle morfologie di degrado prevalenti, indagando anche le tecnica artistiche utilizzate. Fondamentale è stata l’analisi stratigrafica consistente in una serie di tasselli dei vari strati in ordine di datazione eseguite per individuare l’esatta tipologia di decorazione eseguita e per rilevare la presenza di precedenti restauri o rifacimenti comprendendo anche la tipologia dei materiali utilizzati nel passato e la 148 Nell’immagine sotto: I frammenti recuperati di una delle pareti dipinte. loro eventuale reversibilità. Essenziale è stato poi il prelievo di micro campioni recuperati da frammenti caduti con le analisi a vista e le analisi chimico fisiche effettuate in laboratorio mediante l’utilizzo di diverse tecniche altamente scientifiche ed oramai sperimentate, il tutto per ottenere una panoramica che va dall’evoluzione della realizzazione alle alterazioni, con particolare attenzione alle morfologie di degrado presenti sino al rilievo della percentuale di umidità soprattutto al piano terra e nelle zone dove i soffitti sono stati sottoposti ad infiltrazioni meteoriche. Nell’immagine accanto: Sequenza del rimontaggio dei frammenti eseguiti dalla Impresa “Conservazione e Restauro”. Formazione di una mappa diagnostica Alle analisi scientifiche effettuate è seguita dunque la formazione di una “mappa diagnostica” cioè una mappatura della tipologia e caratterizzazione delle problematiche che potrebbero incontrarsi nell’opera di restauro ed un elenco chiaro delle situazioni da risolvere con l’intervento. Molto importante è stata la fase di valutazione delle problematiche sia strutturali che delle finiture e decori che si possono incontrare, una valutazione condivisa con gli organismi tecnici deputati all’approvazione del progetto di restauro. 149 SCHEDE ANALISI DEL DEGRADO DEGLI SPAZI INTERNI Per ogni stanza è stata predisposta una scheda, con descrizione della tipologia del decoro, analisi del degrado e prefigurazione dell’intervento di restauro. 150 151 152 153 154 155 156 157 Le filosofie dell’intervento di restauro, riparazione e consolidamento Ogni architettura, con le sue qualità ed i suoi contenuti storicoartistici, realizzata nel passato e lasciata alla nostra attenzione (dalla più importante alla più semplice), è un documento irripetibile ed impone un recupero sorretto da una metodologia filologica e scientifica, indipendentemente dal valore estetico, di antichità o di rarità. La realizzazione delle opere di riparazione, consolidamento e miglioramento sismico di un edificio antico, non può prescindere, come è avvenuto in sede progettuale dall’analisi filologica, dalla identificazione e conoscenza dell'oggetto nella sua realtà, compresi gli eventi che l’hanno danneggiata. Questo processo non può essere solo teoricoprogettuale, ma investire la fase realizzativa per cui l’architettura nel suo insieme, le modalità costruttive, i materiali, il sistema decorativo, le finiture, la posizione degli elementi costitutivi e funzionali dell’edificio e le “trasformazioni” che esso ha avuto nel tempo debbono divenire ELEMENTI ESSENZIALI del PROCESSO DI RECUPERO. Nelle opere proposte e da realizzare si è trattato di mettere in atto la tipologia d’intervento del "RESTAURO CONSERVATIVO" che, oltre a perseguire il consolidamento ed una idonea sicurezza statica della fabbrica, le ha attribuito di nuovo quella qualità storico-architettonica-artistica e dignità d’immagine che merita. Il restauro dunque, non solo come operazione tecnologica ma anche filologica, per ritrovare l’edificio come architettura unitaria recuperando gli spazi interni, gli elementi storicoartistici, il valore ambientale, la funzione in questo caso espositivo/produttiva. Effettuare l’opera di restauro significa mettere in atto: a) conservazione delle strutture originarie attraverso riparazione, consolidamento e miglioramento strutturale orientati a garantire stabilità e sicurezza statico-strutturale, rispetto ad altri eventi sismici; b) conservazione delle strutture originarie mediante l’utilizzo di materiali e tecnologie storiche compatibili evitando materiali “nuovi” come ad esempio malte cementizie preferendo tecnologie e materiali legati alla tradizione storica locale; c) conservazione della spazialità architettonica interna ed esterna che è insita ed irrinunciabile nella memoria storica dei fruitori e proprietari con il mantenimento delle caratteristiche architettoniche e storico-artistiche principali; d) messa in opera di interventi ed opere che garantiscano la distinguibilità e la reversibilità; e) realizzazione di strutture, che siano poco invasive e garantiscano la rimovibilità. All’interno dell’utilizzo delle tecnologie per il recupero edilizio è stato importante escludere totalmente quelle tecniche, come le strutture in cemento armato, che hanno creato nel tempo pro- 158 Nella immagine sotto: Lavori in corso, cantiere con il grande telo di copertura. blemi diversi, essendo aperti invece all’utilizzo di materiali innovativi che hanno invece fornito ottime performance. Una ulteriore positiva metodologia operativa è quella di effettuare il coordinamento tra i diversi operatori del cantiere, quelli edilizi rappresentati dai muratori ed i restauratori che si occupano degli aspetti storico - artistici. In opere articolate e complesse come Villa De Moll è stato necessario che le diverse tipologie di operatori abbiano lavorato e collaborato insieme per la migliore riuscita degli interventi. Il restauro di un bene culturale di valore presuppone una ottima e razionale organizzazione del cantiere portato avanti con metodiche innovative e legato alle peculiarità dell’opera. Più volte infatti si verificano situazioni che prevedono la possibilità di effettuare diverse prove prima di scegliere le soluzioni definitive, tale disponibilità fa parte della gestione del cantiere di restauro. 159 Gli interventi di riparazione e consolidamento Per riparare, consolidare e migliorare dal punto di vista statico e sismico le capacità dell’edificio di rispondere agli eventi sismici sono stati programmati una serie articolata di interventi di riparazione edilizia, che hanno interessato le murature, gli orizzontamenti o solette, le volte, le strutture portanti delle coperture e gli architravi. Murature Le murature erano state vittima di una serie molto articolata di dissesti poiché, come verificato le strutture portanti verticali, non essendo state ammorsate le une con le altre per difetti costruttivi o generatesi nel tempo e non avendo chiavi di ritegno sui solai di piano, hanno subìto dei processi di distacco. Il fenomeno avveniva già da secoli visto che nei lavori ottocenteschi gli operatori avevano messo in opera una serie di catene di ritegno con chiavi e capochiave tutte ancora oggi presenti nell’edificio. 160 Nella immagine sotto: Intervento di “scuci e cuci” finalizzato alla ripresa delle lesioni procurate dal sisma. Nelle immagini: Ripresa di lesioni procurate dal sisma su pareti e volte decorate. Nelle immagini: Ripresa di lesioni. In ogni zona, secondo il tipo di dissesto, si è operato con metodologie differenziate. Nelle immagini: Riprese di lesioni procurate dal sisma in pareti a volte decorate. In particolare sono state realizzate delle fasciatura di ritegno a diversi livelli; sia all’esterno che all’interno dei locali. Le fasce, dell’altezza di pochi centimetri, sono state realizzate con fibra di acciaio mista a fibra di carbonio ed hanno cerchiato l’edifico all’esterno in corrispondenza dei piani ed all’interno in corrispondenza delle solette; tra fasce esterne e solette interne sono stati posti in opera collegamenti il cui scopo ultimo è quello di generare dei cordoli chiusi che abbiano la funzione di cerchiature e ritegno. I cerchiaggi sono stati realizzati ad ogni livello di piano per avere passi costanti e strutture chiuse. Una ulteriore parte molto delicata era la parte sommitale delle murature, ossia quei punti dove appoggiano le testate lignee delle travi di copertura. In questi punti si è operato realizzando una cordolatura non già in cemento armato o ferro come gli interventi degli ultimi decenni hanno ispirato, ma mediante lo stesso materiale di fibra di acciaio e fibra di carbonio posato per strati tra le diverse file di mattoni ripristinate. Questo sistema, sicuramente più leggero e meno invasivo di quelli tradizionali, è realizzato con materiali moderni, ha avuto la caratteristica di rendere più flessibile e duttile l’intervento di realizzazione del cordolo più importante, ossia quello di sommità. Per risanare i dissesti e le lesioni murarie anche gravi è stata utilizzata la classica e sperimentata opera dello “scuci e cuci” di muratura con rinzaffi tesi a riempire i vuoti interni ed a consolidare e dare nuova forza strutturale alle murature. I vuoti o discontinuità presenti all’interno delle murature sono stati riempiti con malte a base di calce compatibili con i materiali originali presenti. Nell’area del sottotetto sono state ricomposte e ripristinate numerose murature che erano di supporto alle strutture lignee portanti della copertura al fine di rendere più organici ed idonei gli appoggi. Nei numerosi punti dove erano presenti intonaci dipinti e decori si è operato con due possibili soluzioni: rimuovendo e distaccando le parti dipinte, là dove queste erano più pregiate, oppure rimuovendo porzioni di intonaco dipinto per ripristinarlo, là dove le pitture erano più semplici. Importante comunque è stato l’operare all’unisono con operatori edilizi presenti e con l’assistenza costante dei restauratori. Infatti i restauratori passo per passo consolidavano intonaci dipinti per non perderli e intervenivano con ripristini dopo la realizzazione delle cuciture murarie. 162 Nelle immagini: Ripresa di lesioni procurate dal sisma su pareti decorate. Nella immagine: Operazioni di “scuci e cuci” su murature lesionate. Architravi Quasi tutti gli architravi delle numerosissime porte della villa erano lesionati, alcuni in modo appena percettibile, mentre la maggioranza in modo molto massiccio, dato che in sede di messa in sicurezza iniziale erano stati tutti puntellati. I problemi degli architravi erano diversi: alcuni mancavano proprio di sistemi strutturali di orizzontamento e presentavano solo una serie di murature cucite ad incastro che avevano abbondantemente ceduto sotto gli effetti sismici, altri con orizzontamenti in legno insufficienti appoggianti sulle murature. La messa a punto degli interventi sugli architravi è stata a lungo discussa con i funzionari dell’ Unità di Crisi del Nucleo tecnico sisma dell’allora Direzione Regionale del MIBACT nel tentativo di mettere a punto una soluzione che fosse efficace, efficiente e non sacrificasse troppo i dipinti presenti. Dopo diversi tentativi e qualche campione sperimentale si è decisa la situazione meno invasiva che ha permesso di realizzare capaci architravature e salvato gran parte degli apparati pittorici presenti. Nella immagine sotto: Particolare dei lavori sugli architravi. 164 Nelle immagini: Prove sperimentali per mettere a punto la tecnica idonea di intervento sugli architravi. Nelle immagini: Tutti i vani passanti della Villa avevano gli architravi lesionati dal sisma, si è dovuto così individuare la tecnica migliore per il loro consolidamento. Nella immagine accanto: Architravi metallici inseriti nei vani passanti del sottotetto. Volte in muratura Le volte in muratura, nonostante la grande perizia costruttiva e la longevità avevano subìto diversi dissesti e lesioni. Uno degli obiettivi del progetto era quello di consolidarle e renderle, nonostante l’esiguo spessore, più capaci di resistere agli eventi sismici. L’intervento realizzato è stato effettuato mettendo a nudo le volte murarie, liberandole di pavimentazioni sovrastanti e riempimenti di varia natura ed effettuando un consolidamento con fibra di acciaio e carbonio posata a fasce con calce idraulica. Il sistema del consolidamento con fibra è stato poi completato da estensioni sui muri d’ambito attorno alla volta e legamenti realizzati con fiocchi anch’essi in fibra. Questo del consolidamento con fibra è oramai un intervento consolidato ed ampiamente utilizzato che ha dato ottimi risultati strutturali. Il riempimento precedentemente realizzato con terriccio, pietrame ed inerti è stato sostituito con calcestruzzo cellulare alleggerito. 166 Nella immagine sotto: Volte portanti, svuotamento delle volte sino a scoprire la struttura portante in mattoni. Nelle immagini: Consolidamenti delle volte con fibra. Nelle immagini: Ricostruzioni parziali di porzioni di volta crollate. Consolidamenti di volta. Nella immagine sotto: Consolidamento di volta incannucciato dalla parte dell’estradosso. Solette ed orizzontamenti La tipologia di solette ed orizzontamenti presenti a Villa De Moll era di vario genere e tipo andando da quelli più antichi a quelli più recenti in calcestruzzo e laterizio. In accordo con i funzionari del MIBACT si è scelto di consolidare gli orizzontamenti con l’aggiunta di travature lignee e/o travi i ferro che andavano ad aumentare la portanza strutturale delle solette e generavano un solaio maggiormente resistente. All’intervento vero e proprio si sono aggiunti poi i consolidamenti trasversali, il cui compito era quello di realizzare le cordolature di piano stanza per stanza e collegate con la fascia di ritegno che gira sulla muratura esterna. La logica con la quale sono state consolidate le solette lignee è quella pienamente orientata verso la conservazione della struttura esistente molto spesso dipinta nella parte visibile all’interno delle stanze. L’opera di consolidamento delle solette è stata abbastanza varia ed ampia poiché ha investito gran parte degli orizzontamenti dell’intera villa. 168 Nella immagine sotto: Consolidamento di solaio in legno attraverso integrazione di travature lignee e tavolato. Nelle immagini: Realizzazione del tavolato ligneo. Consolidamento e restauro di solai lignei. Nelle immagini: Consolidamento dei solai con fibre di acciaio al fine di realizzare controventamenti e cerchiaggi. Strutture lignee di copertura Le logiche d’intervento messe a punto per l’edificio avevano previsto il consolidamento e il rafforzamento delle strutture di copertura mantenendo assetti e se, possibile, elementi lignei esistenti. Dopo una analisi ed un rilievo dettagliato delle strutture lignee esistenti sono state valutate quelle da conservare e quelle da sostituire; la sostituzione si è ritenuta necessaria solo per la marcescenza o l’eccessiva tarlatura della trave. I legni prescelti idonei ad essere conservati sono stati calati, provati con macchinari e martinetti per verificarne l’idoneità strutturale, quindi puliti, trattati e rimontati in loco. I legni maggiormente degradati o non sufficienti a resistere agli sforzi che le normative impongono sono stati sostituiti da strutture lignee nuove di spessore e qualità idonee. Il risultato finale è stato quello di ottenere un giusto equilibrio tra la conservazione delle strutture antiche e la realizzazione e ripristino di strutture nuove. L’ambiente del sottotetto ha così conservato inalterati tutti i valori ambientali e di suggestività che aveva prima degli interventi. 170 Nella immagine sotto: Il cantiere di restauro. Strutture lignee ed altri materiali pronti per l’uso. Nelle immagini: Riparazione delle coperture attraverso integrazione e sostituzione di travature lignee. Nelle immagini: Le travature lignee recuperate e consolidate L’arrivo dei materiali lignei in cantiere. Interventi di bonifica dell’umidità La presenza di umidità di risalita sulle murature del piano terra a contatto con il terreno è stato considerato un problema rilevante in quanto la continua presenza di acqua avrebbe nel tempo reso le murature più fragili, facilmente sfaldabili, proprio nel punto dove arrivano i carichi e le sollecitazioni maggiori. Analizzati i sistemi di bonifica, assieme alla realizzazione di un pavimento isolato con i sistemi tradizionali dei drenaggi con breccione di cava è stato prescelto il sistema della barriera chimica che attraverso il funzionamento di poli positivi e negativi ha la capacità di respingere l’umidità e di impedire all’acqua di risalire per capillarità ed investire il muro nelle parti alte. I risultati sono normalmente buoni e la durabilità nel tempo accettabile. Effettuata questa opera è stato ripristinato un intonaco deumidificante traspirante idrofugato a base di calce, inerti leggeri e leganti idraulici, che avesse un buon effetto drenante su muri umidi e salini e soprattutto li facesse traspirare. Interventi particolari In alcune stanze particolari si è dovuto intervenire con dei ripristini, operando cioè delle rimozioni di sovrastrutture o superfetazioni, quali murature che avevano modificato gli assetti originari. Si tratta del caso della seconda stanza al primo piano ad ovest del salone centrale con affaccio a nord dove una sala allungata era stata nel tempo ripartita in due ambienti e di alcune stanze al piano terra immediatamente ad ovest dell’entrata dove la proprietà aveva realizzato sovrastrutture in legno e controsoffitti. Nella immagine a sinistra: Interventi di bonifica dall’umidità di risalita. 172 Gli interventi sull’apparato storico – artistico e sulle finiture Il caso di Villa De Moll è stato emblematico del suo genere in quanto si e operato in contemporanea sia sulle strutture che sull’apparato pittorico, consolidando e salvaguardando entrambi. Nelle immagini sopra: Prima e dopo. Restauro degli elementi decorati mediante il distacco di porzioni, anche di notevole dimensioni. Ne segue il restauro delle lesioni e la successiva ricollocazione dei pannelli staccati. L’ultima operazione è quella del restauro delle superfici. La presenza dei restauratori, che hanno operato insieme ai muratori, è stata costante all’interno del cantiere poiché in ogni situazione si aveva la possibilità di intervenire immediatamente e trasversalmente sui diversi aspetti della costruzione. Partendo dalla “Mappatura del restauro dell’opera” consistente in una serie di elaborati grafici e fotografici che individuavano modi e tipi di intervento e tecniche esecutive e materiali del restauro e stata dapprima effettuata la rimozione dello strato pulverulento e dei depositi incoerenti, come polveri e calcinacci realizzata mediante attrezzi differenti quali pennelli e aspiratori. È stato quindi effettuato il consolidamenti delle murature sottostanti i decori con le note tecniche edilizie dello “scuci e cuci” Per le strutture lignee decorate si è operato nella parte sovrastante con un consolidamento dell’esistente mediante l’utilizzo di materiali omogenei. 173 Il restauro dei dipinti e dei decori Durante la prima fase dei lavori strutturali gli intonaci dipinti non sono stati sottoposti ad intervento. È stato però necessario porre particolare attenzione a che le opere murarie quali incatenamenti, tiranti e consolidamenti delle volte, affinché queste non incidessero negativamente sugli intonaci e non comportassero problemi di ulteriori distacchi. I lavori di recupero e consolidamento sono stati effettuati mediante la ripresa delle lesioni murarie ed il riempimento con malta di calce dei sacchi murari. In questo senso si sono verificate diverse situazioni, quelle in cui è stato necessario distaccare porzioni di intonaco dipinto e quelle in cui si è operato senza distacchi e salvaguardando gli intonaci decorati ai lati delle lesioni. La prima delle azioni di recupero è consistita nella ripresa delle lesioni murarie che in situazioni di libertà avvengono con una lavorazione a scuci e cuci a destra e sinistra della lesione stessa. La seconda operazione è stata altrettanto delicata poiché poteva produrre due effetti che possono essere considerati molto 174 Nella immagine sotto: Il distacco di porzioni dipinte nelle zone dove era necessario un intervento di consolidamento profondo. Nella immagine accanto. Velinatura di parti decorate. Nella immagine sopra: Parete consolidata che attende il ripristino dei decori. Impresa “Conservazione e Restauro” di Davide Rigaglia. Nelle immagini: Velinatura e distacco di parti dipinte. nocivi: - bagnare gli intonaci, gli stucchi e le superfici dipinte con acqua contenuta nelle malte nonostante queste siano scelte ad alta viscosità e rapida asciugatura; - far fuoriuscire le malte da fori e cavillature che nonostante le stuccature sono rimaste aperte, producendo fastidiose ed invadenti colature di malte difficilmente rimovibile se secche; - distaccare le lamine di intonaco dipinto sollevato e non fissato al supporto murario sottostante. In punti dei dipinti, dove il decoro era particolarmente compromesso o dove si doveva intervenire massicciamente con lo “scuci e cuci” murario si è deciso, di comune accordo con la soprintendenza, di effettuare il “distacco” dell’intonaco dipinto. Le parti distaccate sono state poi ricollocate in sito e ricontestualizzate con il resto del decoro. 1 2 Nel restauro pittorico è stato preliminarmente importante comprendere oltre alla composizione e la natura dei materiali componenti gli intonaci se il fenomeno dei due intonaci sovrapposti (quello di maggiore spessore e quello più esile) poteva essere sistemato con semplici operazioni di riadesione al supporto murario o se invece erano necessarie opere più complesse. In generale attraverso l’utilizzo di impalcature di servizio, è stata effettuata la diagnostica e la mappatura del degrado, raffigurando il quadro fessurativo e le lesioni principali e secondarie con e senza distacchi degli intonaci, le mancanze con caduta, le parti di pittura decoese, le perdite di colore. Completata questa fase preliminare di dettaglio si è intervenuti con opere articolate in: - realizzazione di centine e puntellature; - pulitura sommaria a secco della superficie dipinta; - fissaggio e consolidamento della pellicola pittorica; - consolidamento e fissaggio dell'intonaco alla sottostante struttura muraria e/o di camera a canne; - pulitura definitiva del colore mediante l’applicazione di soluzione di solventi; - stuccatura delle lacune; - formazione di intonaco per restauro di affreschi ad integrazione di grandi lacune o mancanze; - restauro pittorico di superfici dipinte; rifacimento dei neutri sulle superfici non più affrescate; - protezione finale. Nel realizzare il restauro pittorico è stato necessario in alcune aree reintegrare la pellicola pittorica in presenza di cadute e abrasioni restituendo unità di lettura cromatica ai dipinti. 176 3 4 SEQUENZA DI: 1 LESIONI 2 PUNTELLAMENTI 3 DISTACCO DIPINTI, RISANAMENTO LESIONI 4 RIMONTAGGIO DIPINTI, RESTAURO 5 OMOGENIZZAZIONE FINALE Nella prima immagine: Porta con architrave lesionato dal sisma. Nella seconda immagine: Porta con architrave puntellato dopo il sisma. Nella terza immagine: Distacco di porzioni dipinte. Nella quarta immagine: rimontaggio di porzioni dipinte dopo il risanamento delle lesioni. Nella quinta immagine: Restauro finale ed omogeneizzazione dei decori. 5 Là dove erano state perdute parti di intonaco dipinto concordemente con i funzionari responsabili degli uffici per la conservazione dei beni culturali si è intervenuto ripristinando i decori nelle forme generali effettuando poi un trattamento finale mediante stesura di velature ad acquerello sulle parti ricostruite e sulle stuccature ad intonazione con la superficie originale. Il fine ultimo di questa tipologia di trattamenti era quello di ottenere una rilettura generale dei decori, ma di rendere evidenti le parti originali da quelle ripristinate. In altre zone si è invece dovuto intervenire con stuccature delle lacune prodotte da microlesioni ripristinando per piccoli punti i decori pittorici perduti. Nelle parti dove i decori erano ben conservati non si è intervenuti. Si è operato invece in diversi punti deteriorati prima degli eventi sismici da dilavamento di acque ed annerimenti. In questi casi sono state operati interventi di pulitura delle superfici attenuando gli annerimenti con prodotti idonei, ma lasciando in generale le situazioni modificate dei supporti pittorici. In alcuni ambienti erano state perdute vaste aree dipinte non tanto per effetto del sisma quanto per interventi precedenti. In questi casi si è operato con un rifacimento di neutri sulle superfici non più affrescate. Il fissaggio delle superfici e l’utilizzo della protezione finale sono stati utili solo in alcune situazioni specifiche. Interventi di pulitura, ripristino e tinteggiature parziali sono state effettuate all’esterno dell’edificio nelle parti ove erano da salvaguardare, pulire e valorizzare i tratti di architettura dipinta di facciata. Un lavoro particolare è stato effettuato per ripristinare il decoro di colore rosso del sistema di stipiti ed archi al piano terra sul retro dell’edificio. Qui si è lavorato con numerose prove e l’utilizzo di materiali diversi. La soluzione finale condivisa con i funzionari del MIBACT ha privilegiato il ripristino del colore dato a spatola attraverso l’impiego di un tonachino di finitura che permettesse di realizzare un trattamento vivo e pastoso e non piatto e coprente come in una semplice tinta data a pennello. Negli altri punti sono state utilizzate tinteggiature a latte di calce, date a pennello a due mani a colori. 177 Operazioni Specifiche sulle strutture lignee della copertura Nel caso delle coperture in struttura lignea interna a vista decorata e dipinta è stato preliminarmente importante intervenire strutturalmente, fissare il sistema della travi lignee portanti del soffitto e la loro riadesione con il supporto in cannucciato, ricostituendolo dove perduto e consolidandolo dalla parte superiore e, se necessaria, la ricostituzione del cannucciato e fissaggio delle travature lignee del tetto. Quindi sono stati necessari interventi storico-artistici mediante il prefissaggio di decorazioni e dipinti di travature lignee, la disinfestazione del supporto ligneo tramite applicazione sostanze disinfestanti la revisione ed il risanamento dei supporti lignei anche con l’ inserimento di listelli in legno. Sui decori pittorici si è agito mediante pulitura superficiale e con solventi stuccatura delle lacune e quando necessario, il restauro finale al posto delle semplici velature. Nell’intervenire in una delle stanze del secondo piano rimuovendo il pavimento ed un tavolato che sembrava anonimo si è scoperto che quello stesso tavolato sopra calpestabile era dipinto nella parte sottostante e faceva parte di tutto il decoro della stanza. Probabilmente in tempi successivi a questa sistemazione si era deciso di trasformare la stanza dalla copertura in travature lignee dipinte con una volta in cannucciato decorata nella parte sottostante. Questa trasformazione ha fatto sì che la fascia muraria originalmente dipinta della stanza e lo stesso trattamento pittorico del soffitto in legno, rimanessero interclusi all’interno della nuova struttura. La rimozione del pavimento ha reso possibile la scoperta. Concordemente con i funzionari del MIBACT si è deciso di documentare gli elementi pittorici porre in mostra materiali cartacei ed informatici a testimonianza del ritrovamento. 178 Nelle immagini: Interventi di consolidamento con cordonatura in acciaio al fine di realizzare i cerchiaggi. Nella immagine accanto: Fregi dell’ antica stanza richiusi all'interno della volta in incannucciato. Le pavimentazioni in cotto e le altre finiture Una delle peculiarità di Villa De Moll sono le pavimentazioni. Ad eccezione della pavimentazione al piano terra rimossa anni addietro e sostituita con cotto moderno, tutto il primo piano, il secondo ed il sottotetto erano pavimentati con cotto antico del tipo mantovano. Al primo piano il cotto era abbastanza ben conservato mentre al secondo piano era completamente sconnesso e fratturato, tanto da consigliare ai proprietari la realizzazione di un pavimento in legno che nascondesse il cotto. Le scelte operative hanno privilegiato ovviamente la conservazione dei materiali, lo smontaggio ed il successivo rimontaggio degli stessi pavimenti dopo il loro restauro ed eventuale rettifica. Nello smontare i pavimenti non si è riusciti a salvaguardare tutto il cotto presente e molte pianelle si sono fratturate. È stato pertanto necessario ricercare sul mercato un tipo di cotto locale, fatto a mano, che fosse il più possibile simile a quello storico. Trovato il cotto si è operato smontando il pavimento storico, restaurandolo pianella per pianella e rimontandolo con la logica di privilegiare i locali più importanti o comunque quelli di primo accesso del pubblico, lasciando il cotto nuovo ai locali più distanti lungo il percorso della villa. Il risultato è stato di grande valore qualitativo, il successivo trattamento con cere naturali ha restituito alla vista un pavimento di grande suggestività tanto che risulta veramente complesso individuare le parti antiche e le parti nuove. Con le stesse metodiche è avvenuto il rimontaggio e la integrazione del pavimento in cotto del sottotetto ed anche qui può essere oggi ammirato un pavimento storico di grande qualità estetica, integrato con tratti di pavimentazione nuova con materiale simile fatto a mano. Al piano terra è stato completamente rimosso il pavimento in cotto montato alcuni anni fa e sostituito con lo splendido pavimento di cotto fatto a mano di nuova fattura che conferisce all’ambiente del piano terreno notevole valore estetico. 180 Nella immagine: Rimozione delle pavimentazioni originali con recupero del cotto distaccato. Nelle immagini: Rimontaggio del cotto e finitura finale. Gli impianti I lavori di restauro hanno reso necessario il rifacimento di gran parte degli impianti che erano in buona parte obsoleti e superati nelle prestazioni tecniche rispetto alle normative vigenti. Per quanto attiene l’impianto idrotermosanitario sono state confermate le situazioni esistenti con integrazione, sostituzione e miglioramento dell’efficienza impiantistica compreso anche il rifacimento di bagni. Le condutture impiantistiche sono state alloggiate tutte nei massetti realizzati. Delle accortezze particolari sono state tenute per l’impianto elettrico e per le modalità di manifestazione delle prese esterne. Scartando tutte le possibilità di prese realizzate con materiali moderni sono state privilegiate soluzioni antichizzate o comunque realizzate per essere adeguate ad ambienti storici. 182 Nella immagine sotto: La nuova impiantistica di Villa De Moll. Un buon restauro passa attraverso anche un adeguamento impiantistico secondo normativa che non sia però eccessivamente invasivo. Nelle immagini: L’impiantistica a terra di Villa De Moll. Nelle immagini: L’impiantistica rispettosa dell’esistente. L’impresa esecutrice dei lavori Nella immagine: L’accantieramento. L’opera di restauro di un edificio storico è operazione complessa ed articolata che necessita non solo di un accurato apparato organizzativo progettuale, ma anche e soprattutto di un idoneo apparato esecutivo. Le opere di restauro debbono essere svolte con attenzione e razionalità perché il loro obiettivo è quello di realizzare interventi che, raggiungendo gli obiettivi del consolidamento e della riparazione, non producano modifiche irreversibili al patrimonio architettonico e storico – artistico. Per fare questo sono necessarie attitudini organizzative, pratiche ed abilità tecniche degli operatori. Molti trasferiscono queste caratteristiche in una sola parola: l’esperienza. Essere esperti significa affrontare con dinamicità le opere di restauro, organizzare accuratamente nel tempo e nella loro evoluzione. Non basta dunque solo l’esperienza ma sono necessarie anche la preparazione e la cultura. Non si inventa un restauro, non ci si inventa restauratori dalla 186 sera alla mattina, non si inventa un sistema di approvvigionamento di materiali adeguato se non si ha la struttura d’impresa e le conoscenze adeguate per farlo. Tutte queste caratteristiche hanno trovato una buona soluzione nel caso di Villa De Moll e nell’affidamento che la proprietà ha voluto fare all’Impresa DELTA LAVORI S.p.A. di Sora (FR), dopo una selezione sul mercato. L’ impresa ha condotto l’intera attività di restauro con la collaborazione di altre aziende altamente specializzate in settori specifici. Impresa generale del restauro esecutrice dei lavori: DELTA LAVORI S.p.A. con sede in Sora (FR). In collaborazione con: INNOVATIONS S.r.l. con sede in Perugia (PG) Per l’esecuzione degli interventi di rinforzo strutturale eseguiti con l’impiego di materiali innovativi, quali materiali compositi, fibre di acciaio e barre elicoidali. CONSERVAZIONE E RESTAURO di Davide Rigaglia con sede in Castiglione di Sicilia ( CT ) Per l’esecuzione degli interventi di messa in sicurezza e restauro dei dipinti e decori. Nelle immagini: Una buona organizzazione dell’impresa garantisce un adeguato livello di risultati nel restauro. Nella pagina successiva: Veduta di una delle stanze al primo piano, dopo il restauro e il seguente riallestimento. Foto Giorgio Andreoli. 187 Bibliografia Per gli eventi storici della Villa e l’evoluzione del territorio: AA. VV. (a cura di), Chronicon Regiense. La cronaca di Pietro della Gazzata nella tradizione del codice Crispi, Reggio Emilia 2000. AFFO’ I., Istoria della città e ducato di Guastalla, 4 volumi, Parma, 1785-1788. ASMN, Arch. Gonzaga, Lettere dai Paesi dello Stato; Copialettere dei Gonzaga. ASRE, buste varie (genealogie di famiglie illustri). CALZOLARI M., Un “vicus” di età romana, in “Quaderni della Bassa Modenese”, n.27, Modena 1995. CANOVA F., Le Corti reggiolesi dai Gonzaga al sec. XX, Reggiolo 1996. CANOVA F., G. NOSARI, Reggiolo. Il nome e il come: storia, cronaca e legenda, Reggiolo 2013. CANOVA F. (a cura di), Matilde e Gregorio VII a Reggiolo (Bondeno di Ròncore-Bondanazzo, 1077, 11 febbraio), Reggiolo 2015. CANOVA F. et alii, Documenti e lettere di Matilde di Canossa, Bologna 2015. CANOVA F., Il Destra Po sul confine reggiano-mantovano. Il “limes” dell’episcopato di Reggio (secoli VIII-XII), in Boll. Storico Reggiano, n. 157, 2015. D’ARCO C., Famiglie Mantovane, manoscritto inedito in 7 volumi, c/o ASMN. DAOLIO D., Antiche terre del fiume Po, E. Lui, Reggiolo (RE), 2006. GATTA F.S., Liber Grossus Antiquus Comunis Regii, 6 voll., Reggio E. 1944-1962. MAGNANI E., Villa de Moll, tesina inedita, c/o Università di Architettura di Firenze, AA. 199394. MARANI E. (a cura di), Breve Chronicon Mantuanum (di ANONIMO), Mantova 1968. PARALUPI R., Storia di Reggiolo nell’Emilia (781-1930), Reggio E. 1930. ROMBALDI O., Storia di Novellara, 1967. SCHIAPARELLI A., I diplomi di Berengario, I, Roma 1903. VAINI M., La distribuzione della proprietà terriera e la società mantovana dal 1785 al 1845, Milano 1973. ZAGNI A., Storia di Brugneto, Reggiolo 1985. Per i contenuti tecnici del progetto e l’esecuzione degli interventi: MEDICI R., BORZACCHINI V., Progetto di Intervento di riparazione del danno con miglioramento sismico di fabbricato adibito ad attività produttiva denominato “Villa De Moll” danneggiato dagli eventi sismici del maggio 2012 e seguenti; Reggiolo (RE) ottobre 2013. EXPERIMENTATIONS S..r.l., Rilievi, studi ed analisi non distruttive a “Villa De Moll” Reggiolo (RE) settembre 2013. BORZACCHINI V. e D., Progetto tecnico specialistico degli interventi storico - artistici; Reggiolo (RE) settembre 2013. MEDICI R., BORZACCHINI V., FERRI G., Documentazione relativa alla Direzione dei Lavori degli Intervento di riparazione del danno con miglioramento sismico di fabbricato adibito ad attività produttiva denominato “Villa De Moll” danneggiato dagli eventi sismici del maggio 2012 e seguenti; Reggiolo (RE) maggio 2014 – dicembre 2015. 190 Biografia autori FRANCO CANOVA Storico reggiolese, ha insegnato in diversi Istituti di 2° grado. Autore di una quarantina di saggi e libri storici, ha collaborato con la S.E.I di Torino per la Letteratura del Trienno nei Licei (Forme e Modelli), 1987. Tra i suoi principali lavori di ricerca: I Sartoretti. Una famiglia di esattori reggiolesi; Gualtieri nel sec. XVII; Guastalla e la guerra di successione a Mantova; tre volumi sui Paesi del Po; le Chiese di Mantova e Provincia; I soldati mantovani al fronte nelle due guerre mondiali; I cavalli di razza dei Gonzaga (con G. Nosari); Il Registro inedito dei beni del Monastero di S. Benedetto in Polirone, sec. XV. Ha pubblicato di recente Reggiolo: il nome e il come. Storia Cronaca e Legenda (2013); con altri collaboratori, Documenti e Lettere di Matilde di Canossa. Testo latino e traduzione italiana (2015); e con Galeazzo Nosari, La Camera degli Sposi a Mantova, nel castello di S. Giorgio (2016). E’ sposato con Elisa Pozzi, e ha un figlio, Marco. VALERIO BORZACCHINI Architetto e docente; laureato all’IUAV di Venezia nel 1980, risiede nelle Marche in Ascoli Piceno e lavora in tutto il territorio nazionale. Si è occupato sin dall’inizio della sua attività professionale di Recupero del Costruito, Restauro Monumentale e Storico - Artistico. Durante la sua attività ha firmato diversi Piani di centri storici di valore architettonico e monumentale tra i quali quello di Ascoli Piceno. È intervenuto professionalmente ed ha lavorato nei tragici eventi sismici dell’Irpinia 1980, Umbria - Marche 1997, L’Aquila e Comuni del cratere 2009 e Emilia - Lombardia 2012. Particolarmente esperto nelle opere di restauro, riparazione e miglioramento sismico di edifici monumentali e beni storico artistici ha avuto tra i committenti numerosi Enti Pubblici e Privati. Tra i numerosi restauri progettati e diretti, la Chiesa Cattedrale e la ex Cartiera Papale di Ascoli Piceno, circa quaranta Chiese, Conventi, Mura storiche, Castelli, Edifici Nobiliari, Ville storiche e Case, di proprietà pubblica e privata. Ha partecipato e partecipa a numerose gare pubbliche di appalto su tutto il territorio nazionale risultando vincitore in diverse di esse. Ha pubblicato numerosi interventi scritti su riviste specializzate, di storia e cultura locale e diversi volumi tra i quali: "Ascoli e il suo territorio" con altri (1984); "L'impronta neoclassica picena tra realtà e permanenze" con altri (1991) "Gli Opifici di Porta Cartara ad Ascoli Piceno” (1997 – 2006); “Giuseppe Sacconi , Architetto Montaltese tra Marche e Roma” (2000); “Ascoli Piceno tra storia, cultura e religiosità: la città ed i suoi luoghi alle soglie del terzo millennio” (2000); “Il romanico nelle Marche” - realizzazione di un CD-ROM (2000); "Architetture Lignee nella cattedrale di Ascoli Piceno - storia e restauro” (2003 - 2006); "La Cattedrale di Ascoli Piceno” con altri (2010). È’ sposato con Carla Peroni, e ha due figli: Davide restauratore di opere d’arte e Carlo economista. 191 Il presente volume è stato stampato in 800 copie dalla Tipografia “E. Lui Tipografia S.r.l.” Reggiolo (RE)