VILLA DE MOLL
tra passato e futuro:
storia degrado restauro
a cura di
Franco Canova
testi di
Franco Canova
Valerio Borzacchini
“E. Lui Tipografia s.r.l.” - Reggiolo (RE)
COLLANA di volumi “REGGIOLO: CITTA’ D’ARTE E STORIA”
In copertina:
Immagine notturna di
Villa De Moll.
VILLA DE MOLL
tra passato e futuro:
storia degrado restauro
a cura di
Franco Canova
testi di
Franco Canova
Valerio Borzacchini
“E. LUI Tipografia s.r.l.” - Reggiolo (RE)
COLLANA di volumi “REGGIOLO: CITTA’ D’ARTE E STORIA”
VILLA DE MOLL
SI RINGRAZIANO
Comune di Reggiolo
Angeli Arch. Roberto
Albinelli Franco
Sindaco del Comune di Reggiolo
Vice Sindaco Assessore alla Cultura
Regione Emilia Romagna Assessorato alla Ricostruzione post sisma
Costi Dott. Palma
Assessore alla Ricostruzione post sisma
Regione Emilia Romagna Servizio Commercio, Turismo e Qualità aree turistiche
Castellini Dott. Paola
Dirigente - Responsabile del Procedimento
Borioni Dott. Marco
Funzionario Servizio Commercio, Turismo e qualità artistiche
Soprintendenza Belle Arti e Paesaggio per le Provincie di Bologna, Modena, Reggio Emilia e Ferrara
MIBACT
Pepe Arch. Elisabetta
Architetto Responsabile di Area
Unità di Crisi Regionale , Nucleo tecnico, Sisma
Oliverio Arch. Valentina
Segretariato regionale per l‟Emilia Romagna
Zunno Arch. Antonio
Segretariato regionale per l‟Emilia Romagna
Canova Prof. Franco
Borzacchini Arch. Valerio
Medici Ing. Romeo
Ferri Ing. Gianluca
Storico e co-autore del volume
Progettista, direttore dei lavori e co-autore del Volume
Progettista e direttore dei lavori
Collaboratore al Progetto di intervento e direzione dei lavori
Pro Loco di Reggiolo
Per i rilievi, gli studi e le analisi scientifiche
Experimentations S.r.l.
Impresa esecutrice di rilievi, studi ed analisi non distruttive sulle strutture
Marcozzi Arch. Gloria
Collaboratore analisi e progetto delle opere storico - artistiche
Borzacchini Dott. Davide
Restauratore per il Progetto di Restauro dei beni storico-artistici
Per la realizzazione delle opere ed i restauri
DELTA LAVORI S.p.a.
Impresa esecutrice delle opere
Di Cicco Francesco
Rappresentante e procuratore della DELTA LAVORI Spa
Mastropietro Geom. Raffaele
Responsabile del cantiere della DELTA LAVORI Spa
Innovations S.r.l.
Impresa specializzata in applicazione di materiali innovativi
Conservazione e Restauro
Rigaglia Dott. Davide restauratore esecutore delle opere sui beni storico-artistici
Per la ricerca iconografica
Pavarini Oddo
Andreoli Giorgio
Canova Franco
Borzacchini Valerio
Art Director ed impaginazione grafica
Cipolletti Arch. Sara
Stampa
“E. LUI Tipografia s.r.l” - Reggiolo (RE)
Presentazione
Nella immagine sopra:
Dettaglio di statua in nicchia su
fronte principale.
Nella pagina a fianco:
Vista laterale della facciata
principale di Villa De Moll.
Premessa
Il presente volume è frutto di molte „mani‟ o meglio diverse intelligenze operative, che hanno fornito ai due curatori gli elementi opportuni e necessari per cucire insieme i contributi emersi. Durante la fase finale del restauro (inverno-primavera 2015-2016) si sono incontrati i principali responsabili del Progetto di Intervento su Villa De Moll, proprietà di Oddo e Claudio Pavarini, per
fare il punto della situazione, insieme al vice sindaco Franco Albinelli. Il primo incontro ha messo
a fuoco diversi aspetti tra cui la soddisfazione di essere giunti in soli diciotto mesi dalla concessione del contributo all‟ultimazione dei lavori, e quindi all‟apertura al pubblico e alla inaugurazione
ufficiale, con presentazione del presente volume.
Questo evento è stato reso possibile grazie alla grande efficienza e rapidità con la quale è stato finanziato l‟intervento di restauro e si sono evoluti i lavori. Gli organi regionali hanno infatti approvato il progetto e concesso il contributo in soli 5 mesi con la consegna della domanda il
22/11/2013 ed il contributo concesso con decreto n. 611 del 15/04/2014. La Soprintendenza competente per le autorizzazioni ha concesso di eseguire l‟intervento dopo soli 41 giorni con richiesta
consegnata in data 17/10/2013 ed autorizzazione in data 27/11/2014. Infine i lavori eseguiti e completati, come si enunciava in soli 18 mesi con consegna effettuata in data 05/05/2014 e ultimazione
in data 20/11/2015.
Alla fine di tutto l‟iter è stata dai proprietari Oddo e Claudio e dal Vice sindaco Albinelli quindi
proposta la pubblicazione in volume dei lavori di ristrutturazione e restauro svolti nel Palazzo dopo il terremoto del maggio 2012 e a seguito della concessioni dei fondi della Regione Emilia Romagna.
Questo è il primo volume della collana Reggiolo - città d’arte e storia che inaugura questa e le ricerche future, con la documentazione storica e gli interventi di ristrutturazione di chiese, palazzi e
ville del territorio reggiolese colpiti dal sisma del 2012.
gli Autori: Franco Canova
Valerio Borzacchini
7
Nella pagina a fianco:
Dettaglio della facciata principale,
il particolare dell‟ingresso.
Il comune di Reggiolo
Il sisma del 20 e 29 maggio del 2012 ha rappresentato per la nostra comunità civile un segno di
forte discontinuità, al punto che spesso nei nostri discorsi si tende a distinguere gli eventi fra quelli
“avvenuti prima” e quelli “avvenuti dopo” quell‟avvenimento disastroso.
L‟esperienza, di per sé tremenda, ha comunque prodotto una reazione positiva nella nostra gente,
che ha messo da subito in opera le virtù tipiche delle nostre comunità: l‟operosità, lo spirito positivo, la solidarietà.
Questo atteggiamento ci ha consentito di procedere nell‟opera di ricostruzione con efficacia e senso pratico e ci ha fatto riscoprire la bellezza nei luoghi e negli edifici ai quali forse ci eravamo un
po‟ abituati.
L‟opera che viene presentata con questo volume ha il pregio di farci riscoprire proprio la bellezza
presente vicino a noi e di restituirci un po‟ dello stupore di chi la ammira per la prima volta.
Gli edifici, pur essendo cose inanimate, non sono fredde realizzazioni: raccontano una storia di
fatti e, soprattutto, di persone, fanno riemergere ricordi e parlano delle nostre radici, delle tradizioni, della storia che ha costruito la nostra comunità civile.
Al termine dell‟opera di ricostruzione il sisma resterà un ricordo gravido di sofferenza, ma sarà di
consolazione vedere tanti luoghi, strutture, edifici, ville e palazzi riportati alla loro bellezza originaria, a quella che il tempo aveva offuscato: e in questi luoghi sarà piacevole riscoprire la nostra
identità e la nostra storia.
Gennaio 2016
il Sindaco: Angeli arch. Roberto
9
Nella pagina a fianco:
Particolare del salone principale.
Foto di Giorgio Andreoli.
L’assessorato alla Cultura e Ricostruzione del Comune di Reggiolo
Il nostro territorio è ricco di numerosi edifici storici di proprietà pubblica e privata. Si tratta di un
patrimonio immobiliare rappresentato da antiche dimore nobiliari, da luoghi di culto, da corti agricole con ville padronali, da edifici che identificano la nostra Comunità. Luoghi che sono in grado
di raccontare la nostra storia secolare che affonda le radici nel lontano Medioevo.
Il Palazzo De Moll, oggi di proprietà dei signori Pavarini, è uno di questi. Fortemente danneggiato
dal sisma del 20 e 29 maggio 2012, dopo soli 4 anni, grazie ai fondi stanziati dal Governo e destinati alla ricostruzione, ritorna in agibilità in condizioni che ci consentono di ammirarlo in tutto il
suo originario seicentesco splendore.
Questa pubblicazione, patrocinata dall‟Amministrazione Comunale di Reggiolo, dalla Regione
Emilia-Romagna, dalla Provincia di Reggio Emilia, dal Segretariato Regionale per l‟EmiliaRomagna del Ministero dei Beni culturali di Bologna, ha lo scopo di testimoniare l‟opera di ricostruzione, svolta in tempi eccezionalmente rapidi, grazie alla volontà della proprietà Pavarini,
all‟impegno qualitativo profuso dall‟impresa, dai tecnici e dalle maestranze che hanno operato
con mirabile maestria professionale.
Ringraziamo l‟amico Oddo Pavarini per la sensibilità dimostrata nel consentire la divulgazione di
questo completo volume che abbraccia argomenti storici, architettonici, ingegneristici che rappresentano, nel complesso, un arricchimento culturale e di conoscenza per tutti noi.
Un ringraziamento particolare al prof. Franco Canova che ha curato con la sua competenza storica
la pubblicazione, al Signor Francesco Di Cicco, rappresentante e procuratore della ditta Delta Lavori Spa, che l‟ha sponsorizzata credendo fin da subito nella sua validità divulgativa.
Ringrazio i progettisti: l‟Ing. Romeo Medici, l‟ing. Gianluca Ferri, l‟arch. Valerio Borzacchini, e
inoltre l‟arch. Valentina Oliverio, del segretariato dell‟Emilia Romagna, MIBACT.
Un affettuoso pensiero alla Arch. Elisabetta Pepe che ha collaborato fattivamente al recupero
architettonico del Palazzo.
Oggi viene presentato al pubblico un palazzo restaurato, una storia, un‟opera culturale di indiscusso valore e, nel contempo, si avvia così quel percorso di “ricostruzione fisica e storica” di Reggiolo che contribuirà ad arricchire il suo ricco patrimonio identitario e permetterà a tutti noi di conoscere le radici più profonde della nostra Comunità.
Gennaio 2016
il Vicesindaco: Franco Albinelli
11
Nella pagina a fianco:
Particolare degli interni,
restaurati e allestiti dopo il sisma.
Assessorato alla Ricostruzione post sisma della Regione Emilia Romagna
Il sisma del 2012 è stato un momento drammatico della nostra storia.
Il nostro compito come Istituzioni non è quello di cancellarne il ricordo, che rimarrà per sempre
nei cuori della nostra gente. Ma è stato e sarà diverse altre cose.
Ricostruire facendo sentire ognuno finalmente al sicuro a casa propria. Aver messo al centro dal
giorno “zero” scuole e aziende, perché istruzione e lavoro sono il presente e il futuro della nostra
comunità. È preservare la cultura e i suoi segni più antichi, perché questo significa tutelare le radici di un territorio e di una intera Comunità. Senza radici certe, il futuro spesso diventa incerto.
Villa De Moll, tra le migliaia di interventi di recupero privati e pubblici realizzati in questi anni
con i contributi pubblici, è certamente un incrocio particolarissimo tra un patrimonio immobiliare
tutelato dai Beni Culturali e un‟attività d‟impresa che fa della suggestione dei luoghi, parte fondante del suo stesso core business che è quello dell‟antiquariato di prestigio. In questi luoghi non è
stato possibile null‟altro che una paziente e delicata opera di restauro conservativo che va a permeare gli interventi fatti su ogni singolo mattone dell‟edificio, cercando di coniugare le antiche tecniche costruttive ai più moderni requisiti della sismica.
Qui allora, il terremoto diventa una sfida doppiamente difficile, che il Prof. Canova prova a raccontarci in modo suggestivo dalle origini di questa villa patrizia, guidandoci passo passo negli interventi di recupero e di restauro degli spazi esterni ed interni.
Altrove gru e mezzi meccanici riportano in vita i vecchi capannoni feriti nelle vecchie strutture
pesanti tutte in cemento armato, disegnando nuovi gusci rinnovati nei materiali e negli spazi,
splendenti al sole di nuove architetture profilate in acciaio, vetro e legno che stanno ridisegnando
in parte lo sky line dei nostri distretti industriali. Qui si lavora invece con pazienza certosina, strappando alla polvere e alle macerie centimetro dopo centimetro. Due mondi diversi, che completano
lo stesso grande disegno.
Ritornare. Ritornare più forti, più sicuri e perché no, più belli di prima, nei luoghi, nelle case, nelle
aziende, nelle scuole e negli edifici di aggregazione pubblica. Credo sia giusto raccontare e lasciare ai posteri testimonianze così qualificate come quelle contenute in questo testo, per trasferire alle
nuove generazioni il ricordo di un evento così tragico, ma anche del come la gente di questa terra
lo ha esorcizzato ed anzi ne è uscita trasformando l‟evento in un occasione per migliorare le proprie conoscenze, la propria coscienza e il proprio patrimonio storico artistico e culturale. Solo la
cultura del FARE e l‟ingegnosità degli attori coinvolti ha potuto produrre quello che viene splendidamente rappresentato in questo testo.
Un sentito e appassionato ringraziamento agli autori per quest‟opera che rappresenta un MATTONE importante di questa ricostruzione.
Assessore alla Ricostruzione post sisma: Palma Costi
13
Nella pagina a fianco:
Fronte Nord della Villa: cornici
bugnate con dettaglio dei resti di
antica sinopia.
La Direzione Regionale per i beni culturali
dell’Emilia Romagna
L'evento sismico che ha colpito l'Emilia-Romagna il 20 e 29 maggio del 2012 ha nuovamente reso
attuale il tema della vulnerabilità del patrimonio culturale, in una regione particolarmente ricca di
beni ascrivibili alle più diverse tipologie edilizie.
L'uso che nel tempo è stato fatto di alcuni di questi edifici ha indotto modifiche degli impianti edilizi originari e spesso con l'esecuzione di interventi impropri che hanno modificato l'equilibrio delle strutture, contribuendo ad incrementare quindi la vulnerabilità di interi complessi.
A questo si aggiunga la caratteristica principale di queste costruzioni, ovvero l'essere costruite in
murature di mattoni allettati con malte povere di legante, poiché asservite alla disponibilità del materiale locale (sabbia e calce di matrice argillosa), con strutture lignee a sostegno delle coperture,
spesso frutto di riuso di travature di recupero, coperture voltate della tipologia in foglio che recano
in sé già il principio della estrema leggerezza.
Il sisma, con la sua potenza distruttrice, ha svelato la debolezza intrinseca del costruito storico, ma
nello stesso tempo ci ha offerto la possibilità di analizzarne le componenti materiche e strutturali,
fornendo l'opportunità di ampliare la conoscenza delle tecniche costruttive e dell'uso della muratura, anche in relazione alla stratigrafia che si è resa leggibile purtroppo in presenza di significativi
crolli.
Si è potuto osservare quindi che anche le costruzioni apparentemente più solide come rocche e fortilizi, avendo subito in tempi recenti operazioni di rinforzo strutturale con inserimenti di elementi
in cemento armato, frutto della campagna di consolidamenti spinti dalla confidenza riposta incondizionatamente in questo materiale nel secolo scorso, hanno patito l'intromissione di elementi incongrui che ne hanno modificato inevitabilmente gli equilibri.
Allo stesso modo nelle chiese, a causa dell'avvicendarsi degli stili e delle mutate esigenze liturgiche, nelle varie epoche si è assistito a scellerate operazioni di sottrazione di materiale o sovrapposizioni di strutture, ricostruzioni di intere porzioni poi non rese solidali con il corpo di fabbrica originario che hanno determinato una risposta differente alle sollecitazioni sismiche con conseguenze
deleterie nei casi di crolli più significativi.
Le stesse canoniche, così come in numerose tipologie di palazzi, ville suburbane e dimore storiche
caratteristiche del costruito emiliano, a causa del susseguirsi di adattamenti alle esigenze d'uso, le
trasformazioni operate spesso non hanno tenuto in conto della composizione dell'apparato murario
e dei suoi equilibri andando a modificare un assetto consolidato frutto di una sapienza antica
dell'arte del costruire.
15
Il caso di Villa de Moll, residenza gentilizia della campagna reggiana, nonostante la coerenza edilizia della costruzione anche a seguito dell'avvicendarsi delle epoche che hanno apportato modifiche all'impianto originario, ha riservato delle sorprese.
I danni subiti dall'edificio, ascrivibili alla morfologia del fabbricato di forma allungata, costituito
principalmente da una sequenza lineare di vani incardinati intorno ad un corpo centrale e traguardati dalle torrette angolari che chiudono la composizione in orizzontale, hanno condizionato un
approccio conoscitivo in divenire che, durante le fasi salienti, del cantiere ha reso necessari approfondimenti e momenti di riflessione soprattutto in relazione al ricco apparato decorativo che costituisce la sua principale caratteristica.
Il ricco campionario di decorazioni presente nei vani ha condizionato e allo stesso modo anche
guidato le scelte di riparazione dei danni, soprattutto in corrispondenza degli architravi delle aperture di collegamento o nelle specchiature murarie, oltre che per le varie tipologie di copertura dei
vani stessi, essendo presente un campionario misto tra volte in muratura, volte in camorcanna e
coperture lignee piane e a falda.
L'approccio al consolidamento delle strutture di copertura dei vani non ha risparmiato sorprese come nel singolare caso dei controventi delle volte in muratura, ritrovati al di sotto delle pavimentazioni al piano primo dove, in luogo dei tradizionali frenelli, sono state rinvenute delle piccole volte
trasversali che fungevano da contrasto alle spinte della calotta principale, alcune recanti ancora la
centina lignea lasciata come opera morta in fase di costruzione. O come alcuni elementi di un cassettonato ligneo dipinto rimasto inglobato nello spessore di un solaio del piano primo in occasione
del cambio di quote e di copertura.
Occasioni uniche, documentate in fase di cantiere, che arricchiscono la conoscenza dell'edificio e
guidano l'intervento al costante aggiornamento nella fase di cantiere.
Ma la peculiarità di Villa de Moll è senza dubbio il ricchissimo apparato decorativo interno, evoluzione del gusto squisitamente tardo settecentesco che ripropone un campionario di stili figurativi
che spaziano dal motivo a grottesche, allo stile floreale, alla pittura monocroma, al figurativo esotico fino al didascalico celebrativo.
Ed è proprio su questa caratteristica dell'interno che i segni dei danni da sisma sono stati più evidenti ed hanno richiesto un grosso impegno per il recupero dell'immagine complessiva. Inoltre i
danni inflitti dal terremoto erano tali da rendere necessari interventi di consolidamento strutturale
estesi e profondi, ma la qualità e la quantità delle decorazioni ha imposto un approccio
“chirurgico” alle murature, selezionando le porzioni su cui intervenire e limitando al minimo le
aperture in breccia.
La dimestichezza con le tecniche decorative e la professionalità degli operatori che hanno realizzato le integrazioni hanno determinato un risultato eccellente.
L'obiettivo principale anche in questo intervento (così come in numerosi altri casi seguiti direttamente dai funzionari del Ministero) è stato “il progetto della differenza”, l'intento cioè di perseguire un risultato filologico ed estetico al contempo, cercando di individuare la modalità più opportuna di valorizzazione del segno lasciato sulla decorazione.
Un intervento “riconoscibile” sempre e sempre diverso in base alla tipologia del dipinto e alla natura del suo supporto, calibrato caso per caso e, in questo cantiere, stanza per stanza. Per questi
motivi si è fatto di Villa De Moll un campionario degli interventi di restauro: stanze in cui si è integrato il dipinto, stanze in cui l‟importanza e la preponderanza dell‟intervento strutturale, ha imposto lo “stacco” di ampie porzioni di intonaco decorato, stanze in cui la perdita di gran parte del
decorato ha imposto il tono neutro di fondo senza integrazione alcuna.
16
Il fil rouge è stato sempre quello di perseguire una logica di riconoscibilità dell‟intervento da una
parte, e, dall‟altra, di concedere comunque all‟occhio una visione d‟insieme dell‟opera senza perderne il significato globale. Obiettivo difficilissimo da raggiungere, complicato da realizzare e che
ha implicato una presenza continua in cantiere, impegnando tutte le maestranze e i professionisti.
A questo si è deciso di affiancare una accurata campagna documentale dei ritrovamenti. Le tecniche costruttive particolarissime come le voltine di scarico ed alleggerimento presenti al di sotto
della pavimentazione del primo piano sono state fotografate e documentate, così come il solaio
ligneo del primo piano e la sinopia della facciata posteriore.
Indubbiamente, l'evento sismico sarà parte della storia dell'edificio e al pari delle stratificazioni
costruttive guiderà la lettura dell'evoluzione anche attraverso i segni sul partito decorativo, dove è
stato raggiunto lo scopo di recuperare l'immagine attraverso un'integrazione consapevole. I colori,
le figure, le geometrie e le partiture sono state integralmente recuperati attraverso un significativo
uso del colore per il restauro del colore.
Arch. Valentina Oliverio
Arch. Antonio Zunno
17
Nella pagina a fianco:
Dettaglio delle cornici bugnate
del fronte Nord.
Indice
Introduzione
25
Testo di ODDO PAVARINI
Passato
29
Testi di FRANCO CANOVA
STORIE E VICENDE DI UN TERRITORIO
31
-
33
35
37
40
Beatrice e Matilde di Canossa a Reggiolo: 1044 - 1115
Dalla Regona di Po all’acquisto da parte del comune di Reggio: 1184 – 1213
Reggiolo mantovano: 1306 - 1630
I maggiori proprietari di terre e corti a Reggiolo (secc. XV-XVI)
VILLA DE MOLL NEL TEMPO: STORIA, FAMIGLIE CHE L’HANNO POSSEDUTA E STRUTTURA ARCHITETTONICA
-
I Torello e il Palazzolo Galantino di Brugneto
Il Palazzolo Galantino e il nuovo Palazzo Riva
Il marchese Giovan Giacome Riva a Reggiolo: gli acquisti e la costruzione della
Villa Brugneto
I costruttori e i proprietari del Palazzo di Brugneto: i marchesi Riva
(fine sec. XIV e XIX)
I primi lavori noti a Palazzo Riva
La struttura sette-ottocentesca
La Villa tra la 2° metà dell’ Ottocento e i primi decenni del Novecento:
i Baroni De Moll (1861-1929)
L’evoluzione della proprietà nel Novecento:
i Marchesi Ferrero De Gubernatis (1955-1972)
Gli anni di fine secolo XX:
i signori Pavarini, mobilieri antiquari (dal 1972 ad oggi)
43
45
50
52
54
57
58
62
65
66
PALAZZI E VILLE DEL REGGIOLESE
71
-
72
Struttura e realtà degli edifici storici del Reggiolese
L’ EDIFICIO E LE CARATTERISTICHE ARCHITETTONICHE E
TECNOLOGICHE
75
- Il sistema del verde e l’edificio: composizioni e finiture
76
- Struttura architettonica e l’ impianto originale
I riferimenti tipologici e storici
L‟esterno
L‟interno
Caratteristiche geometriche, dimensionali e tipologiche
Il piano terra
Il primo piano
Il secondo piano
Il sottotetto
La composizione strutturale e le parti resistenti
I materiali, i colori e le finiture
Le qualità artistiche
Futuro
79
80
81
87
88
88
94
102
104
106
110
112
123
Testi di VALERIO BORZACCHINI
IL SISMA DEL 2012 E IL DEGRADO
125
-
125
126
128
Il degrado dell’edificio prima del sisma
Gli elementi storico – artistici e le finiture
Gli eventi sismici
IL RESTAURO DI VILLA DE MOLL - di proprietà PAVARINI
135
-
135
138
141
-
Il processo di restauro ed il ruolo degli Enti Pubblici
L’organizzazione professionale dell’intervento di restauro
Le procedure normative
Un approccio tecnico-scientifico al progetto: la diagnostica risultato di studi
ed analisi scientifiche
Le filosofie dell’intervento di restauro, riparazione e consolidamento
Gli interventi di riparazione e consolidamento
Gli interventi sull’apparato storico – artistico e sulle finiture
Il restauro dei dipinti e dei decori
Operazioni Specifiche sulle strutture lignee della copertura
Le pavimentazioni in cotto e le altre finiture
Gli impianti
L’impresa esecutrice dei lavori
BIBLIOGRAFIA e BIOGRAFIA DEGLI AUTORI
142
158
160
173
174
178
180
182
186
190
Nella pagina a fianco:
Dettagli dei decori ottocenteschi
del primo piano, ultima stanza,
torretta Sud-Ovest.
Nella pagina precedente:
Il salone centrale del primo piano,
il rapporto interno - esterno, la
Villa ed il sistema del verde fronte
Sud.
Foto Giorgio Andreoli.
24
Introduzione
25
Nella pagina a fianco:
Interno della Villa restaurata.
Foto Giorgio Andreoli
Villa De Moll - proprietà Pavarini Arte e Antiquariato s.n.c.
Come reagire al sisma del 2012
“La prima delle tremende scosse sismiche del 29 maggio 2012, alle nove e venti circa mi colse
mentre ero all‟interno della “casa” (così come io chiamo Villa De Moll, oggi di proprietà della mia
società), al lavoro con i miei collaboratori ripulendo i pavimenti e gli arredi dai calcinacci provocati dalla lieve scossa di alcuni giorni prima. Fu tremenda, si muoveva tutto, cadevano pezzi di
intonaco, tremavano porte e mobilio, tentennavano lampadari e aplique… Sconvolgente. Ebbi appena il tempo di mettermi sotto l‟architrave di una porta come mi avevano consigliato, senza sapere che proprio gli architravi della “casa” erano una delle parti più deboli dell‟edificio. Poi fuggimmo tutti e mi dicevo: “Non voglio veder crollare la casa sotto i miei occhi”.
Finite le scosse, cercai di conservare la calma; tra incoscienza e paura qualche giorno dopo ritornai
a casa e iniziai un giro tra stanze ed ambienti con l‟ansia di scoprire ad ogni stanza i disastri che il
terremoto aveva provocato.
Non dimenticherò mai quella giornata, non la dimenticherò per la paura e per la tristezza di vedere
svaniti in un momento anni di sacrifici economici e personali di mio padre, miei e di Claudio; sacrifici fatti per sistemare l‟edificio nel migliore dei modi, conservando i suoi valori; e sacrifici per
allestire la struttura della villa con i nostri mobili. La tristezza e lo sconforto nei giorni successivi
furono sostituiti dalla incertezza. Come avremmo fatto? Dovevamo chiudere la “casa”? Come la
nostra attività già duramente colpita dalla crisi economica sarebbe andata avanti in quelle condizioni?
Nei tempi successivi speravo in un responso tecnico positivo, speravo mi dicessero che i danni non
erano poi così tanti, che comunque l‟edificio era ancora sicuro ed avrei potuto continuare ad usarlo, ma il responso tecnico fu inesorabile: la “casa” era inagibile, era da abbandonare! L‟attività nella splendida Villa De Moll era da chiudere subito. Ricordo con grande gratitudine (e qui lo voglio
ringraziare) per primo mio suocero, Luigi Frati, che mi concesse subito in uso un capannone per
trasferire e ricoverare il mobilio, gli arredi, i quadri e tutto quanto di prezioso era nella “casa”. Seguirono confusione, smarrimento, timori, incertezze, dove e come mi sarei rivolto per cercare di
intraprendere la strada del recupero. Mi venne anche l‟idea di abbandonare tutto e che forse non
sarei riuscito ad intraprendere alcuna ristrutturazione. Tutto era troppo complicato e difficile. Molti
eventi mi diedero la forza; ricordo con piacere una nota scritta che mi fece pervenire la mia amica
Erika Lucchiari, così intitolata “Lo spirito del tempo tra memoria e presente” e che così recitava:
“Segreta , appartata, altera in mezzo al nulla, la dimora cinquecentesca un tempo residenza dei Riva appare all’improvviso nella campagna emiliana. Grandeur è lo spirito che anima la residenza. I tratti sono
quelli classici da location fiabesca. Nessuna traccia di design contemporaneo in questa dimora profumata
di storia, che preserva il passato e lo lascia respirare nel presente traghettandolo verso il futuro. Il filo
conduttore è costituito dalla patina del tempo che plasma un’atmosfera onirica. Memorie di un passato
fastoso rivivono in una atmosfera di lusso disinvolto che fa da sfondo ideale ai preziosi mobili e oggetti
27
d’antiquariato. Alle pareti il compito di esibire l’arte. Specchi antichi, quadri importanti, affreschi
d’autore e porte a tromp l’oeil sono finestre sull’immaginario di una residenza che vive in un tempo sospeso”.
Mi chiesi se potevo abbandonare così, senza fare niente, un luogo dove io e la mia famiglia avevamo speso anni di lavoro, risorse economiche; c‟era un attaccamento al luogo troppo forte, c‟era la
cultura del posto, quella cultura del passato che, anche nel nostro lavoro, ci aveva permeato da tutta la vita. In quel momento di estrema tristezza si accese un barlume che mi mise quasi casualmente in contatto con un gruppo di operatori che avevano già lavorato in occasioni di altri eventi sismici. Mi fidai e fu una vera fortuna. La strada era lunga, difficile, complessa. Gli investimenti
economici, nonostante i notevoli contributi regionali del sisma, erano cospicui per una piccola azienda come la mia; ma la volontà di voler vedere recuperata Villa De Moll era troppo forte e …
iniziai l‟avventura.
Supportato da tecnici e da un‟impresa esperta nel settore dei restauri di immobili colpiti da terremoti, effettuammo le prime „messe in sicurezza‟; quindi vi fu l‟avventura del progetto. Era un progetto molto studiato, lungo e difficile, quindi si mettevano in campo i rapporti con la Soprintendenza di Bologna, gli Enti preposti per la tutela, il Comune, la Regione. E iniziarono i sopralluoghi, le riunioni, i confronti e la condivisione di idee e strategie d‟intervento. In modo serrato ma
rapido si giunse fortunatamente a strategie condivise; giunsero le prime approvazioni, documenti
che contribuirono a darmi nuovo coraggio ad andare avanti. Iniziava a configurarsi la strada da
percorrere; era lunga e difficile, ma definita e chiara.
Grande coraggio fu necessario nell‟affrontare poi i lavori, i finanziamenti economici e gli impegni
personali facevano tremare i polsi, ma quasi incoscientemente andammo avanti nell‟opera ed in un
giorno di maggio del 2014 i lavori iniziarono. Da quel momento la mia “casa” divenne di nuovo
un luogo dove andavo tutti i giorni, ma non per vendere mobili ed oggetti di antiquariato, per incontrare i clienti, ma per seguire i lavori, guardare, sbirciare discutere con tecnici ed impresa, risolvere problematiche che, confesso, qualche volta non ti fanno riposare tranquillo.
Il recupero di Villa De Moll è stata una vera avventura e spero che questo volume sia in grado di
raccontarla, come è in grado di raccontare le origini storiche, le qualità strutturali ed artistiche
dell‟edificio, che da oggi in poi sarà consegnato alla storia dei luoghi del reggiolese ed alla storia
della mia famiglia. Alla fine di questa avventura non posso che porgere un sentito ringraziamento
da parte mia e di Claudio, mio cugino e mio socio, a tutti coloro che hanno contribuito al recupero
e restauro di “Villa De Moll”. Un grande lavoro di un gruppo di persone ed aziende che hanno realizzato l‟opera con grande entusiasmo e organizzazione.
Mi è difficile citare tutti, a cominciare dal Comune di Reggiolo, dalla Regione Emilia Romagna,
dalla Soprintendenza dei Beni Culturali con i suoi funzionari, e dalla Dott.ssa Elisabetta Pepe in
particolare: persone che ci sono state sempre così vicine per consigliarci e guidarci, insieme
all‟impresa Delta Lavori S.p.a., alle maestranze ed a tutti i tecnici. Grazie, un grazie di cuore per
avere creduto tutti a questa impresa del recupero, dagli Enti pubblici all‟ultimo dei muratori, che
poi così ultimo nessuno di loro è stato perché ognuno di noi nel momento in cui opera con serietà
ed entusiasmo vale come qualsiasi altro e non esistono primi ed ultimi. Ritorneremo tutti a Villa
De Moll, alla quale nell‟occasione del libro si è aggiunto il nome della mia famiglia, Pavarini.
Questo mi rende orgoglioso e sicuro che forse quella intrapresa è stata la strada giusta.
Chi verrà dopo di noi giudicherà.
Brugneto di Reggiolo, Maggio 2016
Oddo Pavarini
28
Passato
testi di Franco Canova
Nella immagine sopra:
Dettaglio pittura della Sala del
Sole, autore Felice Campi,
1746-1817.
29
Nella pagina a fianco:
Salone centrale, primo piano,
interno-esterno, veduta sul parco
a Nord.
STORIE E
VICENDE DI UN TERRITORIO
Un po’ di storia …
Reggiolo si formò sulle rive del fiume Bondeno, quello stesso che è
citato nel 781 in un documento di Carlo Magno e che scorreva a sud
del fiume Po all‟epoca, per designare l‟ubicazione geografica delle
due corti di Luzzara e di Gabiana (Quistello). Un importante asse
centuriale, passante presso l‟antico Bòndeno di Roncore (oggi Bondanazzo di Reggiolo), già ultima sede di Matilde di Canossa, indica
la zona a Nord-Est del territorio reggiolese quale residuo e traccia di
una centuriazione romana che si presume dei secc. III-IV d.C.,
all‟epoca degli insediamenti forzati di coloni e barbari vinti fatti prigionieri (cioè schiavi) avviati dall‟imperatore Valentiniano III nelle
paludi intorno al Po per renderle fertili e produttive.
Nell‟immagine a destra:
Cartina che ricostruisce
l‟idrografia antica e le tracce di
centuriazione romana nel Destra
Po mantovano-reggiano (M. Calzolari, 1996; D. Daolio, 2006;
con integrazioni).
L‟orientamento in diagonale verso N-E dei tracciati centuriali è
ancora oggi evidente nei rilievi
aereofotografici e in loco, sia per
l‟andamento antico dei corsi
d‟acqua appenninici verso il Po
sia per la presenza di antiche strade romane ancora oggi riutilizzate. Il cardo del BondanazzoS.Lorenzo era la base per
l‟innesto di decumani maggiori e
minori come si vede nella cartina.
31
Il cardo che inizia al termine della attuale via Caselli e prosegue in
linea retta fino alla chiesa di San Lorenzo di Pegognaga, antichissima
pieve, è attraversato dal decumano che passa ai margini del Bondanazzo e giunge oltre la villa Agnella verso Gonzaga lungo la strada
omonima, un tempo detta “Imperiale” o “della Comitissa”, per segnalare la vicinanza al luogo dove morì Matilde nel luglio 1115.
Nella immagine a sinistra:
Carta IGM 1933.
Sono stati inseriti gli antichi tracciati centuriali, cardi e decumani
maggiori e minori che si possono
intravvedere ancora nelle strade
esistenti sul territorio fra Reggiolo-Gonzaga-Pegognaga.
La presenza di una centuriazione
attesta come già in epoca romana
il territorio in Destra Po fosse
attrezzato per la coltivazione e
l‟insediamento umano. Solo con
le invasioni barbariche successive
al crollo dell‟Impero (secc. V-VI)
si ebbe l‟abbandono delle terre
coltivate e conseguente ripresa
degli allagamenti paludosi non
essendo più gli argini dei fiumi
mantenuti in funzione. Il Medio
Evo riportò la selva e gli acquitrini stagnanti, e solo a fatica le
nuove popolazioni qui insediatesi
riuscirono a far tornare le terre
coltivabili, roncando i boschi e
bonificando le terre per i nuovi
poderi.
32
Beatrice e Matilde di Canossa a Reggiolo: 1044 –
1115.
1 A. Schiaparelli, I diplomi di Berengario
I, doc. XCIV, anno non indicato, ma 902913, pp. 249-50, Roma 1903.
Il Bondeno di Ròncore, che aveva svolto nei secoli romani il
suo ruolo di villa signorile al centro di una centuriazione produttiva, riprese nell‟Alto Medio Evo la sua funzione di roccaforte della zona. Dapprima fu rinforzata e incastellata dal fedele vassallo di re Berengario I, Lupo da Gorgo, tra 902 e 913 1 , e
divenne non solo crocevia di una strada importante - la Teutonica - che superava il Po e collegava il centro Italia con il Nord,
ma attraverso i fiumi Gonzaga, Bondeno e Po consentiva anche
nei periodi invernali il transito di navi e merci che da Venezia
risalivano il grande fiume e si distribuivano lungo il Mincio
verso Mantova e lungo il Bondeno verso Pegognaga, Gonzaga,
Reggiolo e infine Reggio Emilia.
Snodo pertanto di importanza eccezionale, Bondeno di Ròncore, tanto che la madre di Matilde, Beatrice, aveva acquistato col
marito Bonifacio anche Reggiolo nel 1044, sul confine a sud.
Gonzaga era stata ereditata dall‟avo Atto Adalberto Canossa
che l‟aveva acquistata nel 967, insieme a Ronco Rolando (976)
e a Pegognaga successivamente. Il possesso inoltre di Governolo (1044), di Villa Saviola, Portiolo (1015-36), le isole di S.
Benedetto e Gorgo (961-2), Curtatone e Romanore (1044), e
Mantova, rendevano il territorio da questa città sul lago fino a
Reggio e all‟Appennino (Canossa, Frassinoro, Marola etc.) sicuro transito protetto dai Canossa. E l‟amicizia tra essi e gli
imperatori aveva per decenni favorito benefici e protezioni alla
famiglia che restituiva ai sovrani l‟appoggio e la sicurezza delle vie che dal confine imperiale al Regno d‟Italia, passando da
Trento per Verona e Mantova poteva raggiungere agevolmente
Lucca e il litorale tirrenico, da cui proseguire per Roma e cingere le corone imperiali dalle mani dei papi.
1077, 11 febbraio. La Bolla redatta da papa Gregorio VII a
Bondeno di Ròncore con Matilde.
Quando l‟imperatore Enrico IV, dopo l‟umiliazione subita a
Canossa, pensò di vendicarsi chiamando a Mantova il papa e
sua cugina Matilde per una visita d‟amicizia, celando al contrario la volontà di tender loro un agguato sul Po presso Gonzaga,
papa Gregorio VII e Matilde si rifugiarono proprio nel castello
di Bondeno di Ròncore, protetto da mura e fossati intorno. Era
l‟11 febbraio del 1077, due settimane dopo il „perdono‟ di Canossa del 28 gennaio in cui il re era stato assolto dalla scomunica papale. Il luogo era protetto dalle selve ancora presenti, dai
corsi d‟acqua e dalle milizie dei Da Palude, vassalli canossani
da generazioni.
33
A Bondeno di Ròncore (Bondanazzo presso Reggiolo) la Contessa e poi Vice Regina d‟Italia, Matilde di Canossa, si recò
altre 10 volte: dal 1106 al 1115, quando decise di fermarvisi gli
ultimi mesi della sua vita e decidere di morirvi (il 24 luglio dello stesso anno). Vicina all‟amato cenobio di Polirone, protetta
dal luogo e dal fedele vassallo Arduino Della Palude, in ricordo
dei giorni passati col papa Gregorio VII, suo padre spirituale e
capo del movimento riformatore della Chiesa, ella non poteva
che rivivere proprio a Bondeno di Ròncore le scelte più importanti della sua lunga vita. Aveva al Bondeno reggiolese proprio
quell‟11 febbraio 1077, dopo il tradimento del re, deciso di difendere la Chiesa dalle angherie laiche e imperiali, e sfidare
Enrico IV di cui era feudataria, ribellandosi ai sacri doveri
dell‟obbedienza feudale. Aveva poi insieme al papa promosso
la riforma dei costumi del clero fino alle più alte gerarchie ecclesiastiche, favorendo ovunque comportamenti sobri e di provata castità di preti, monaci e monache, nonché vescovi e cardinali. Donò al monastero di Polirone a San Benedetto Po molte terre, tra cui anche il Bondeno di Ròncore. E figura che sia
realistico anche avesse donato tutti i suoi beni allodiali alla
Chiesa di Roma, come ribadisce un documento del 1102, da lei
firmato e presente il cardinale vicario del papa Bernardo 2 .
La corte di Reggiolo intanto, nell‟agosto 1071, con la vicina
corte di Campagnola e una terza sempre in pianura, Budrio,
erano state donate al monastero di Frassinoro (sull‟Appennino
modenese), fondato da Beatrice di Lorena, moglie di Bonifacio
Canossa e dotato di 12 corti per la vita dei monaci che
l‟avrebbero custodito. Fino al 1213 rimase possedimento
dell‟abbazia, quando il comune di Reggio decise di rafforzarne
le difese, costruendo sulle 60 biolche acquistate dall‟abate il
primo castello di Reggiolo (il castrum vetus; cfr. il nostro Gli
Statuti di Reggiolo del sec. XIII, 2000). Nei decenni successivi,
altre terre vennero acquistate da Reggio e si realizzò un nuovo
castello, quello su cui venne costruita l‟attuale Rocca di Reggiolo (1242-1246).
34
2
Cfr. F. Canova, M. Fontanili, C. Santi,
G. Formizzi, Documenti e lettere di Matilde di Canossa, Bologna 2015.
3 Cfr. il nostro Reggiolo. La storia,
voll. I-II, Reggiolo 1978-80 (presso la
Biblioteca Comunale); e il più recente
Reggiolo. Il nome e il come: storia cronaca e legenda, 2013 (con G. Nosari).
4 Cfr, Documenti e lettere di Matilde di
Canossa, cit., p. 235, doc. 70, anno 1102.
E‟ chiaramente indicato il percorso del
fiume Gorgo, che divideva i due paesi di
Luzzara e Guastalla e finiva per gettarsi
nel fiume Bondeno che passava da Reggiolo. Ancora oggi, oltre alla Tagliata, il
confine dei due paesi confinanti con Reggiolo è dato da quell‟antico percorso del
Gorgo. E questo Gorgo non va confuso
con altri omonimi: Gorgo di San Benedetto Po, anch‟esso citato in vari documenti
altomedievali (sec. X) e la laguna che si
estendeva nei paraggi di Bagnolo in Piano
e giungeva a comprendere gli attuali paesi
e frazioni di S. Tommaso, S. Giovanni e
S. Maria, un tempo detti de Gurgo ossia
„della Fossa‟.
5 Lo si deduce dal fatto che la torre demolita dai mantovani nel 1223, che distrussero Reggiolo deportandone gli abitanti,
rimase per un secolo e mezzo sepolta
sotto uno strato di terra ed erbacce venne
alla luce solo nel 1374, quando nell‟orto
del mulino – quello dei Molinari che
passò ai De Preti – furono trovate centinaia di migliaia di pietre (cfr. il nostro
Reggiolo. Il nome e il come…, 2013, p.
133). Quelle pietre servirono ad innalzare
le cortine murarie e le torri perimetrali
della Rocca di Reggiolo, visibili nella loro
conformazione ancor oggi, negli ultimi 45 m. della sommità.
6 E’ il Chronicon di Pietro della Gazzata
(2000) che ci informa: “E in quell’anno
(1243) il podestà Lamberti di Reggio fece
alzare il muro del “ricetto” di Reggiolo e
fece fare il muro del ponte sopra la Tagliata.”(p. 27). Per ricetto si deve intendere la cortina muraria intorno alla torre che
fu poi denominata mastio della Rocca. Di
rocca e di castello circondati da fossati si
parla ancora nel 1265-67, quando i Sessi
esiliati da Reggio conquistarono Reggiolo
e lo cedettero per 3.000 lire ai Cremonesi
(Chronicon, p. 49: “E in quell’anno –
1267 – il 9 dicembre, il castello di Reggiolo fu tolto ai Cremonesi che l‟avevano
acquistato da quelli da Sesso. E il comune
di Reggio… vi pose dentro delle sentinelle e un capitano, e il Comune, per il riscatto di suddetto castello, pagò tremila
lire reggiane.”). Nel Liber Grossus è
riportata l‟intera serie di spese che Reggio
dovette restituire ai Cremonesi per i lavori
fatti nella Rocha e Castrum de Razolo.
Dalla Regona all’acquisto da parte del comune di
Reggio: 1184 – 1213.
Reggiolo passa dall’amministrazione degli abati di Frassinoro
al Comune di Reggio.
Nel trentennio 1184-1213, Bondeno di Ròncore e il vicino
Bondeno di Arduino (di Gonzaga), con Pegognaga e Gonzaga
si univano in consorzio agricolo per volontà dei due comuni
confinanti di Mantova e Reggio (la Regona Padi o Regula di
Po). Reggiolo, come corte antica che stava diventando un borgo aggregato intorno all‟originale chiesetta di San Venerio e al
primo castello, era amministrato dall‟abate di Frassinoro cui
era stato donato dalla madre di Matilde. Col sopraggiungere
delle frizioni e delle guerre fra Comuni, anche Reggio pensò
bene di dotarsi di un nuovo fortilizio da erigere a Reggiolo, terra confinante con la Regona che stava diventando sempre più
ambita dai Mantovani. Nel 1213 il Comune di Reggio acquistò
dunque le sue prime 60 biolche in Reggiolo dal monastero e vi
eresse un castello, che nel 1215 aveva già diverse famiglie inviate in loco, insieme ad altre preesistenti 3 . Nel 1218-20 vi
fece passare il canale della Tagliata – scavato insieme ai Cremonesi nell‟antico corso del fiume Gorgo 4, che dal Po di Guastalla-Luzzara raggiungeva il Bondeno nel reggiolese – che bonificò le terre intorno e andò a scaricarsi al Bondanello nel mogliese ancora paludoso, nel tratto del fiume Bondeno che da lì
proseguiva verso il Burana e Bondeno di Ferrara.
Reggiolo nel 1223 fu raso al suolo dai Mantovani, nelle guerre
intestine fra comuni, sia per questa nuova canalizzazione che
evitava alle navi di abbandonare il Po a Guastalla per non passare per Borgoforte e Governolo dov‟erano soggette ai dazi di
Mantova, sia per le vicende relative alla Regona, in cui Reggio
esercitava il dominio pressoché assoluto, nonostante gli accordi
del 1184 di amministrazione comune con la città confinante.
Per 20 anni il paese restò una terra spopolata e deserta 5, nonostante la Tregua stabilita nel 1225 tra Reggio e Mantova per la
continuità comunque della gestione comune della Regona.
Solo nel 1242 Reggio decise di riportare maggiori difese al
confine settentrionale del suo Distretto ed eresse una torre a
Reggiolo di 30 braccia (15-16 metri) nell‟area a suo tempo acquistata da Frassinoro. Nei due anni successivi costruì la cortina muraria intorno 6, ed emanò i primi Statuti per la popolazione reggiolese formata da nuovi immigrati provenienti da ogni
paese del reggiano. Nel 1252 una commissione di alcuni saggi
fu inviata a Reggiolo per accertare quanto successo, insieme ai
10 Castellani nominati: si rilevò che molti abitanti scelti fra
tante domande di cittadini reggiani (e non solo) per venire a
35
Reggiolo con tante agevolazioni (terre da coltivare a basso costo d‟affitto, orti vicino alle case, casamenti dotati di copertura
di tegole ecc.) non erano venuti o se n‟erano andati via dopo
pochi anni. Le loro case rimaste allora vuote furono occupate
da esuli ferraresi, partigiani di Salinguerra Torello, nel 1241
cacciato da Ferrara dagli Este.
Le terre rimaste incolte furono coltivate e nella seconda metà
del „200 anche Brugneto è citata (1270) come terra reggiolese
non più soggetta al monastero di Frassinoro ma al Comune di
Reggio. In buona parte si era resa coltivabile, ad eccezione delle valli a sud (sul confine con Novellara e Guastalla) e a nord
(valle Pandelice, valle Margonara) e Reggio ne indicava le còlte annuali da pagare. Villanova, invece, di cui abbiamo notizia
certa nel 1195, rimase a lungo una semplice terra con qualche
casamento assegnata al Bondeno di Ròncore e quindi donata da
Matilde di Canossa al monastero di San Benedetto in Polirone
(1110). Era passata in seguito sotto il dominio dei Corradi da
Gonzaga, in buona parte oggetto di compravendite dei poderi
che in essa si venivano formando. I Rami (di origini bresciane,
provenienti da Ramedello) furono tra i possidenti maggiori che
troviamo successivamente lì insediati (sec. XVI, ASMN, AG,
Lettere dai Paesi, Reggiolo).
Nel 1257 si fissò la Pace definitivamente tra Reggio e Mantova, con l‟istituzione di due mercati liberi ai confini della Regona: a nord, in territorio mantovano, Borgoforte; a sud, in terra
reggiana, Reggiolo. Fino al 1289 restò tranquilla la situazione,
poi la perdita dell‟autonomia di Reggio a favore degli Este di
Ferrara che furono chiamati a svolgere le funzioni di podestà in
città (Obizzo e suo figlio Azzo VIII) fece lentamente prevalere
sul confine settentrionale del distretto reggiano la politica espansionistica dei Mantovani, incautamente lasciati liberi di
appropriarsene proprio dal podestà Azzo.
36
Reggiolo mantovano: 1306 – 1630.
Nella immagine sotto:
Mappa disegnata a margine degli
Statuti di Reggio del 1312.
Si notano le varie componenti
della struttura, completa di cortina muraria intorno al Mastio originario del 1242, prima ancora
della conquista mantovana di
quegli anni di vari paesi del Destra Po già reggiani da secoli
(Suzzara, Gonzaga, Pegognaga,
Reggiolo).
Tra la fine del 1200 e gli inizi del „300 Reggio perse
l‟indipendenza comunale per darsi agli Este: nel 1290 Obizzo
fu chiamato in città quale podestà, e suo figlio Azzo VIII
d‟Este, nuovo podestà, nel 1304 affidò in enfiteusi i paesi a
nord della città a Roberto della Carità e a Giberto dei Corradi
da Gonzaga. Da Bagnolo in Piano a Suzzara, con Novellara,
Reggiolo, Luzzara, Gonzaga, un vasto territorio ben avviato
nell‟agricoltura e con insediamenti demici consistenti fu ceduto
a due soli cittadini reggiani per conto del Comune di Reggio 7.
Il Corradi aveva anche la cittadinanza mantovana e si crede che
fosse uno dei Gonzaga prossimi ai futuri signori di Mantova.
I nn. indicano le varie strutture:
1. Merlo della sommità del mastio per
reggere la campana civica del comune,
che chiamava a raccolta il consiglio.
2. Base del mastio, con la porta della
prigione originaria (poi spostata nella
cortina muraria a est e ancora esistente.
3. Mastio della Rocca con il tetto ligneo,
per proteggere i soldati di guardia. Semovibile, veniva tolto nelle notti in cui si
doveva segnalare con fuochi ad altri fortilizi la presenza o meno di nemici. In
basso a sin., una delle diverse passerelle
che dal mastio si gettavano alle cortine in
caso di difesa da attacchi nemici.
4. La cortina muraria della Rocca, eretta
nel 1243-46 (Chronicon Regiense), a
protezione del mastio centrale.
5. Il ponte levatoio, che si gettava dalla
torretta di mezzo della cinta a sud, per
aprire o chiudere l‟accesso.
6. Torri della cinta con i soldati di guardia
che portano le tipiche berrette copricapo
di pelle.
7. Le acque dei fossati che vennero scavati intorno alla Rocca e al castello adiacente a Nord.
8. La rastrelliera di ferro che si faceva
calare dall‟alto della torre sud, per proteggere la porta dai colpi d‟ariete o di scure.
E‟ ancora visibile la scanalatura esistente
nella torretta che difendeva la porta sud.
Nel frattempo, le guerre persistenti tra comuni portarono i Bonacolsi signori di Mantova, alleati con i Veronesi, ad occupare
Suzzara, Luzzara e Reggiolo. E nonostante le proteste reggiane, che obbligavano i loro podestà a giurare di fare ogni sforzo
per recuperare almeno Reggiolo (“occhio destro del comune,
privo del quale la città di Reggio camminava alla cieca”, fu
scritto!), e il ricorso perfino all‟imperatore Arrigo VII sceso in
Italia, che affidò temporaneamente Reggiolo al vescovo di Liegi che era al suo seguito, il paese rimase – morendo il vescovo
a Roma – soggetto a Mantova, insieme agli altri centri del Destra Po, in particolare Suzzara, Gonzaga e Pegognaga da sempre territori reggiani 8 .
Nel sec. XIV Reggiolo passò dai Bonacolsi (1306-28), ai Gonzaga (1328-1630), che avevano cacciato con un colpo di stato i
precedenti signori di Mantova e loro protettori. Il passaggio da
Reggio a Mantova agli inizi del „300 comportò per il paese una
37
opposta politica difensiva. E se in precedenza la sua Rocca era
stata eretta per arginare e proteggere dalle mire mantovane il
territorio del distretto reggiano a nord, più esposto essendo sul
confine, con l‟avvento della signoria di Mantova la stessa Rocca si commutò a difesa del paese sotto le bandiere dei Gonzaga.
Era diventata ora una minaccia alla stessa autonomia di Reggio. Non passarono vent‟anni, infatti, che le lotte intestine del
comune fra le nobili famiglie dei Fogliani, Sessi, Canossa, Da
Palude, Rossi, Roberti, Manfredi, Da Correggio ecc. portò alla
fine delle libertà comunali, con l‟avvento di Feltrino Gonzaga
che nel 1335 conquistò Reggio e lo mantenne fino al 1371, con
il territorio a nord della città e fino ai confini del suo distretto,
che coincideva più o meno con l‟antico episcopato.
Il „400 si aprì con l‟emergere dei Torello e della loro alleanza
con i Visconti di Milano, che ne agevolarono le imprese. Milano aveva nel 1371 acquistato Reggio da Feltrino Gonzaga e
mirava ad occupare l‟intera pianura padana. Furono gli Este a
contrastarne l‟avanzata e ad arrestarne l‟espansionismo. Nel
1408, i Torello vennero investiti dai Visconti della cittadina di
Guastalla con il suo territorio, un tempo patrimonio con Luzzara del monastero piacentino di San Sisto. In Guastalla i Torello
rimasero per oltre un secolo, fino al 1539, quando una loro discendente, Lodovica Torello, senza eredi, decise di venderlo al
fratello del marchese di Mantova, Ferrante I Gonzaga. Questi,
generalissimo dell‟imperatore Carlo V, iniziò la dinastia del
ramo dei Gonzaga-Guastalla che durò con alterne vicissitudini
fino al 1747, quando morì l‟ultimo duca, Giuseppe Maria Gonzaga.
Reggiolo ebbe con l‟amministrazione di Mantova un secolo, il
„400, in cui vide svilupparsi un‟economia basata sia
sull‟agricoltura, sempre più fiorente, sia sui commerci, che la
rete fluviale del suo territorio consentiva, in quanto punto di
incrocio fra i diversi territori degli Este, dei Cremonesi, dei
Gonzaga di Novellara-Bagnolo, dei Sessi di Rolo, dei Da Correggio (che arrivavano a Fabbrico e a Campagnola, confine con
Reggiolo). Il corso della Tagliata, vero e proprio fiume su cui
navigavano schiere di navi, barche di ogni tipo, sandali
(sandoni) a fondo piatto e chiatte, si collegava a est con il fiume Secchia a Bondanello e scendendo il suo corso si arrivava
al Po nei pressi di San Siro e di Sustinente. Poco lontano era
Governolo, dove sfociava anche il fiume Mincio nel Po, provenendo da Mantova e dai suoi laghi (oltre che dal lago di Garda,
più a nord). La città dei Gonzaga poteva così contare su una
facile distribuzione di mercanzie e ottenere altresì lungo il corso mediano del Po i tolonei [tasse sul transito lungo i fiumi]
che applicava a Sustinente e a Governolo, oltre che a Luzzara e
38
7 Le còlte erano una specie di affitto,
parte dei pagamenti richiesti dal Comune
di Reggio ai paesi del Distretto reggiano,
in genere consegne di foraggi, prodotti
della terra, cereali (in particolare frumento) e in qualche caso in denaro. Dal 1233
si pagava in grossi, moneta reggiana
istituita dal vescovo Nicolò Maltraversi,
che equivaleva alla metà della moneta in
corso, ossia la lira imperiale e i suoi sottomultipli, soldi e denari. Brugneto è citato
nel 1270 nella ricognizione dei beni del
Comune di Reggio (cfr. F.S. Gatta, Liber
Grossus Antiquus Comuni Regii, I, 1944).
8 F. Canova, Il Destra Po sul confine
reggiano-mantovano. Il “limes”
dell’episcopato di Reggio (secoli VIIIXII), in “Boll. Storico Reggiano”, n. 157,
2015.
a Borgoforte, dove il grande fiume passava nel suo territorio e
vi erano porti e dogane.
Il sec. XV fu dunque per Reggiolo pieno di nuove iniziative:
conosciamo i nomi delle famiglie - mantovane in prevalenza che si insediarono sempre più frequentemente nel paese. Erano
infeudati nelle 3.000 biolche dei Gonzaga oltre 180 coloni, capifamiglia di una popolazione di circa un migliaio di persone.
Un centinaio e più furono le case coloniche in altrettanti poderi del territorio, affittati ad agricoltori dai fattori generali della
famiglia dominante a Mantova. Tra questi, i Gorni e i Volta.
Sorsero via via come funghi gli insediamenti nelle campagne
reggiolesi: dapprima case di legno e tetti di paglia e canne; poi
anche in muratura. Si distribuivano nei campi a una media di-
Nella immagine a destra:
Mappa del Destra Po Mantovano
(sec. XVII).
Sono tracciati i confini settentrionali di Reggiolo, per la prima
volta, con alcune località del territorio. Si notano alcune incongruenze anche gravi: Bondeno è
posto a nord della Margonara di
Brugneto; il Bondanazzo più a
nord della sua esatta collocazione; Pegognaga a S-E di Gonzaga;
il cavo Tagliata è fatto confluire
nella Parmigiana-Fiuma oltre
Moglia. Il confine invece a nord
dell‟attuale comune di Reggiolo
con Gonzaga è abbastanza corrispondente alla realtà attuale, il
che ci conferma come dovesse
anche nei secoli del dominio
mantovano (1306-1632) essere
stato presente, derivato dalla precedente dominazione del comune
di Reggio.
stanza di 50-100 metri l‟una dall‟altra, a formare quelle che divennero le attuali corti reggiolesi, che diedero nome alle varie zone: Cattanea, Fieniletto, Vallicella, Vallone, Gollina, Bolognesa, Aurelia,
Staffola, Gorna ecc. (nel capoluogo); Margonara, Pandelici, Bruschine, Veniera, Palazzolo, Quazza, Rizza, Cavagnara ecc. (a Brugneto);
Minghetta, Ruggera, Zuccona, Cà Vecchia, Gentile, Delfina, Rami,
Pironda, Franchine, Bondanazzo ecc. (a Villanova).
Furono anche costruite case e corti in genere lungo le rive della strada principale del paese: l‟attuale Moglia-Guastalla, costruita come
argine sinistro della Tagliata e passante con il tratto principale per
Villanova, Reggiolo - ora via Matteotti - e Brugneto. Altre case furono costruite lungo l‟asse sud-nord: via San Venerio, Piazza, Via
Gonzaga, finché esaurite le possibilità di espansione a raggera, si
decise di continuare gli insediamenti lungo il Borgo, verso est, per
evitare case nei pressi della Rocca e del Castello che potessero eventuali nemici occupare per attaccare la fortezza di Reggiolo.
39
I maggiori proprietari di terre e corti a Reggiolo
(secc. XV-XVI)
Tra i proprietari di fondi e corti si divisero il 70% del territorio comunale una ventina di possidenti, cui si deve la costruzione fra „4-„500 delle principali corti agricole, delle ville e palazzi che ancora oggi sono presenti in Reggiolo e nelle sue due
frazioni, in particolare a Brugneto.
A parte i Gonzaga, signori di Mantova e dal 1539 anche di
Guastalla, furono molti i ricchi mantovani che investirono in
Reggiolo per la costruzione di ville e palazzi, dove trascorrere i
periodi estivi più caldi. Le zone più ambite furono occupate dai
casini di caccia e di delizie: l‟Aurelia, la Pironda, la Gorna, la
Gollina, la Cattanea, villa Bianchi, la Veniera, la Berna, furono
costruite dalle famiglie che vi lasciarono il loro nome. Altre
costruzioni furono più residenze stabili che occasione di svago
e di riposo: lungo il paese, infatti, il Borgo prese vita più del
Castello a nord della Rocca. Si esaurì nell‟incrocio detto ancor
oggi del Carrobbio (fra via Matteotti, via V. Veneto, via Italia),
e da lì in avanti sempre verso est fu chiamato Borgo Lungo
(oggi via Trieste, ma dall’incrocio semaforico). Alcune case
furono costruite come palazzine vere e proprie:
ancor oggi si possono ammirare nel capoluogo diverse abitazioni signorili, poi trasformate in negozi e anche attività artigianali di servizio (sarti, calzolai, fabbri, maniscalchi, fornai,
lattonai, arrotini, ecc.).
A Villanova lungo la strada per Moglia si costruirono case residenziali modeste, in genere. Solo la Zuccona, la Fantozza, la
Ruggera, la Minghetta, la Cà Vecchia, si caratterizzarono come
importanti ville-corti agricole, dotate di caseifici per la lavorazione del latte (che durò fino agli anni della 2^ Guerra mondiale). Più distanti dalla strada, il Bondanazzo 9 (antico Bondeno
di Ròncore), la Pironda, le Franchine, ebbero natura sempre più
agricola e da ville in ambiente rurale divennero corti agricole
vere e proprie.
A Brugneto, la prima importante realizzazione di una villa padronale fu il Palazzo Torelli, più noto in seguito come Villa
Riva-De Moll, di cui si dirà in seguito l‟origine e l‟evoluzione
nei secoli, fino alle più recenti ristrutturazioni conseguenti al
sisma del 2012. Lungo alcune strade vicinali che si immettevano nella Guastalla-Staffola si costruirono alcune ville di campagna, come la Francescona, la Rizza, la Margonara, la Cavagnara, la Venirola (a nord); e la Quazza, la Berna, il Barchessone, la Veniera, la Ferrarola (a sud). Col tempo anch‟esse divennero vere e proprie corti agricole, rimanendo come nelle altre
40
9 Il Bondanazzo divenne sede di
un convento dipendente da Polirone, almeno fino alla seconda
metà dell‟800. La terra intorno, di
parecchie centinaia di biolche,
veniva coltivata da coloni affittuari dello stesso Monastero benedettino.
Nella immagine sotto:
Sullo sfondo, il palazzo Sartoretti
che aveva nel secolo precedente
inglobato il porticato prospiciente
per trasformarlo nella nuova facciata a nord; incorporato le due
torri antiche del „200, mentre a
destra si vedono le case ancora
porticate.
L‟ala sinistra del palazzo, quella
est, non era ancora stata modificata, come attualmente vediamo
il Sartoretti, cioè rialzata a formare una simmetria costruttiva uguale alla parte destra (inizio
„900).
Il fossato orientale, dove stanno
in posa le persone riprese, era
ormai asciutto e non più tenuto
con le acque come nei secoli precedenti. Rimaneva in essere tuttavia il fossato a ovest del fortilizio
e del castello, che scaricava a
nord nel fossato Rottazzo. Il dislivello è notevole, e verrà colmato nel 1905 con la terra di riporto della Bonifica MantovanaReggiana che si andava realizzando in quegli anni (1901-07) e
che iniziava al Borziero di Brugneto, per dirigersi dopo 60 km
fino a Moglia di Sermide, sottopassando il Secchia a S. Siro di S.
Benedetto Po.
antiche ville di campagna distinte da palazzo padronale, con ai
lati le residenze degli affittuari o dei mezzadri, per la conduzione dei fondi agricoli, e le strutture rurali di stalla, fienile, portico, rustici (con lavanderia, forno, porcile, legnaia) intorno
all‟aia centrale per l‟essicamento dei cereali e dei prodotti della
terra.
Il corso dei secoli non mutò più di tanto l‟assetto del paese di
Reggiolo, almeno fino al tardo Ottocento, quando dalle proprietà nobiliari delle famiglie che si erano succedute di generazione in generazione si passò ai nuovi possessori borghesi. Le
ville e le corti non cambiarono nome, ne sorsero però di nuove,
spesso per suddivisone ereditaria tra i figli. In questi casi, troviamo i loghini, poco distanti dalla corte padronale, caratterizzati da una abitazione civile e collegata ad essa la stalla-fienile
con il portico in aggetto. In qualche caso vi furono ristrutturazioni e ampliamenti da parte dei nuovi proprietari. Oltre alla
Villa Riva-De Moll, fu il Sartoretti in piazza a Reggiolo ad essere da questa famiglia eretto in sostituzione della case con
porticato simili a quelle del lato est (ancora esistenti). Fu inglobato il porticato nel nuovo palazzo, alzate le mura di facciata e le due torri che erano presenti dal sec. XIII divennero,
una, la colombaia e l‟altra, capitozzata, l‟ala a destra della nuova costruzione.
41
Nella pagina a fianco:
Particolare dei colori e delle
superfici affrescate del salone
centrale a piano terra.
VILLA DE MOLL NEL TEMPO: STORIA,
FAMIGLIE CHE L’HANNO POSSEDUTA
E STRUTTURA ARCHITETTONICA
10 Emiliano Magnani, “Villa De Moll”,
tesina svolta nell‟ambito del Corso di
Storia dell‟Architettura della Facoltà di
Architettura di Firenze, nell‟anno accademico 1993-'94, anche se non siamo
d‟accordo sulle sue determinazioni di
Villa costruita dai Torello di GuastallaMantova a fine „400.
11 Da Paralupi a Zagni, a Magnani, nonché diverse altre pubblicazioni (v. in
Bibliografia) riprendono più o meno la
convinzione che il palazzo Riva-De Moll
sia stato eretto da Ettore Torello tra fine
„400-inizi „500, e successivamente acquisito dai Riva ma senza alcuna logica
spiegazione o documentazione relativa
probante.
Le informazioni storiche riprese in questo paragrafo sono tratte
da fonti e testi storici riportati in Bibliografia, e ulteriormente
verificate da approfondimenti nostri. Va citata in particolare
una interessante sintesi effettuata dall‟arch. Emiliano
Magnani10, ricca di ricerche e documenti d‟archivio rinvenuti,
con approfondimenti sulle famiglie nobili che hanno posseduto
nel tempo la costruzione. Tutti i testi e le ricerche storiche redatte negli anni scorsi11 collocano la nascita e lo sviluppo della
originaria villa di Brugneto, frazione di Reggiolo, tra gli ultimi
anni del XV secolo ed i primissimi anni del successivo secolo
XVI, anche se non concordiamo con questa tesi. I proprietari
dell‟immobile sino al XIX secolo sono state alcune famiglie
nobiliari (marchesi Riva, baroni De Moll, marchesi Ferrero De
Gubernatis) che nelle terre di Guastalla, Luzzara e Reggiolo
hanno o dominato, o acquisito grandi proprietà terriere, delle
quali la “Villa-palazzo” era punto di riferimento e che si sono
di volta in volta tramandate la proprietà dei terreni e della costruzione. Altro elemento essenziale da considerare è che la
maggioranza delle famiglie proprietarie dell‟immobile hanno
avuto origine o comunque si riferivano al Ducato di Mantova,
la cui città capitale è stata di grande valenza politica e storicoartistica. La cultura e i legami con le terre confinarie a sud dello stato dei Gonzaga hanno condizionato nel tempo la villapalazzo denominato per secoli “Riva-De Moll”.
Non ci risulta che il palazzo di Brugneto, oggi proprietà Pavarini, sia mai stato tra i possedimenti dei Gonzaga, di Mantova o
di Guastalla, né tantomeno della coppia di sposi entrambi con
cognome Torello, Ettore – della famiglia dimorata a Mantova –
e Giovanna, sorella dell‟allora conte Achille Torello signore di
Guastalla. Non potevano, questi ultimi, come si è scritto, avere
le risorse finanziarie per realizzare un grande progetto come un
palazzo: senza servitù, senza titoli e senza addirittura il denaro
necessario per acquistare il vasto terreno intorno alla villa di
43
Brugneto come appare dai rilievi catastali successivi 12.
Potrebbero invero i Torello aver costruito quello che divenne
nei secoli successivi il Palazzolo Galantino, prospiciente il palazzo Riva-De Moll, che doveva essere all‟inizio una semplice
casa, come nei documenti reperiti e citati è scritto (Magnani,
1993; cfr. ASMN, AG, I Copialettere e Lettere ai Gonzaga dai
Paesi). Non un palazzo, quindi, non una residenza di stampo
nobiliare bensì una confortevole casa di campagna, mai denominata villa, che col tempo i successivi proprietari fecero ampliare e diventare un palazzo, seppur di modeste dimensioni, e
che si attribuisce ai conti Galantino. Erano questi di origini bergamasche conti di Bardone, nel Parmense (chi dice anche di
Soncino o di Milano).
Conforta questa nostra deduzione il fatto che il palazzo in questione, definito appunto Galantino nelle carte e nei documenti
del sec. XIX, dal nome degli ultimi possidenti, era loro concesso in enfiteusi dai duchi di Parma, insieme ad altre possessioni:
Aurelia, Bagna, Battistona, Bruciati, Varesiana, Panizza, Francescona, Venirola, Margonara, per un complesso di b. 3.571 (=
ha 1.120, oltre un quarto dell‟intera superficie del Comune di
Reggiolo). Terre e corti che derivavano dai possessi demaniali
antichi, risalenti in maggior parte ai beni del comune di Reggio
(sec. XIII, acquisiti dal monastero di Frassinoro e dai nobili Da
Palude), poi passati ai Bonacolsi-Gonzaga di Mantova (sec.
XIV), indi ai conti Cattanei per i loro servigi e da questi di nuovo venduti ai Gonzaga di Mantova13 agli inizi del „600, che li
rivendettero ai loro parenti Gonzaga di Guastalla all‟epoca di
Ferrante II (1575-1630). Col passaggio del ducato di Guastalla
al ducato di Parma-Piacenza (1748), tutti i beni demaniali reggiolesi in oggetto furono concessi, come si è detto ai Galantino.
Legittima perciò l‟esclusione della famiglia Torello dai costruttori del palazzo di Brugneto sia la pertinenza del palazzo Galantino all‟insieme dei beni demaniali, quali dovevano essere in
origine le terre su cui i due sposi decisero di erigere la loro casa; e sia la loro modesta appartenenza a due famiglie imparentate (una di Mantova, quella dei genitori di Ettore; e l‟altra di
Guastalla) ma senza particolari sostanze finanziarie, da quel
che si evince. Il fatto che Achille, conte e signore di Guastalla e
fratello della sposa rimasta vedova, non pretendesse alcun risarcimento della casa rimasta a Giovanna e alla figlioletta, ma
lasciasse mano libera al suocero della sorella per rientrare in
possesso dell‟eredità del figlio Ettore, attesta la pertinenza del
bene in termini di un manufatto di non rilevante importanza
benché fatto oggetto di una lite durata alcuni anni 14.
44
12 Il podere Corte Palazzone, a lato della
villa-palazzo Riva-De Moll, assomma a
20.850 m2 (pari a biolche 6 e mezzo), nel
catasto recente indicato nell‟atto di compravendita dei Pavarini (1972); e a ben
231 biolche di terra coltivata assommava
nel sec. XVIII il patrimonio dei marchesi
Riva in Brugneto.
13 Una serie di documenti presso
l‟ASMN, AG, ci illustra le vicende di
queste terre enfiteutiche: venute in possesso dei Cattanei, in risarcimento di
prestiti e servigi ai duchi di Mantova,
insieme al mulino sulla Fiuma che essi
costruirono dopo la Bonifica Bentivoglio,
una lite decennale li vide opposti ai De
Preti. Questi ultimi, che in Reggiolo avevano l‟altro unico mulino da secoli, nella
zona definita contrada Molino e alimentata dal Canal del Mulino reggiolese, pretesero un forte risarcimento per la chiusura
della loro macina, causata da quella costruito dai Cattanei e solo l‟intervento del
duca Vincenzo I Gonzaga – che acquistò
le terre dei Cattanei, per b. 1.700 e lo
stesso mulino nuovo – riuscì a calmierare
gli animi litigiosi delle due famiglie. In
seguito, Vincenzo vendette ai Gonzaga di
Guastalla gli stessi beni acquistati pochi
anni prima, aggiungendovi altre terre
enfiteutiche, fino ad un complesso di oltre
b. 4.500.
14 Si veda in merito nell‟ASMN, la Corrispondenza Estera (Mantova-Guastalla),
dove le lettere fra Giovanna Torello e la
signoria Gonzaga di Mantova – suppliche
inviate dalla vedova sia al marchese Francesco II Gonzaga che alla moglie Isabella
d‟Este – che favorirono pare almeno il
risarcimento a Giovanna della dote, quantificata in 1.100 ducati (valore equivalente
all‟epoca a una trentina di biolche attuali,
circa euro 400.000). Considerato il costo
nel „500 dei palazzi, intorno a duc. 810.000 almeno, ci sembra che la buonuscita della vedova fosse comparata non ad
un palazzo ma ad una casa, seppur di
pregevole fattura, come una villa. (Cfr.
Mantova. La storia, II, 1961, pp. 492-93,
dove una casa in città è proposta in vendita a duc. 1.000 e un‟altra a duc. 1.500
nell‟epoca in questione).
I Torello e il Palazzolo Galantino di Brugneto.
15 L‟origine dei Torello risale invero
al Medioevo, con il capostipite Hucpold, conte di palazzo (sec. IX). Si
ebbero in seguito vari rami, in cui nei
secoli si divise la famiglia, come si
evidenzia nella Genealogia delle pagine seguenti. Il più noto esponente
dei Torello fu quel Salinguerra (sec.
XIII) che governò Ferrara e il patrimonio dell‟eredità matildica affidatogli dalla Chiesa. Dopo sette generazioni, si ebbe Guido Torello, valente
condottiero al servizio dei Visconti di
Milano, che lo fecero signore di Guastalla e di Montechiarugolo.
La costruzione originale della Villa detta Palazzolo Galantino
di carattere quattro-cinquecentesco si deve alla famiglia Torello. Di origine mantovana15, si era legata ai Visconti signori di
Milano, con il capitano di ventura GUIDO TORELLO, luogotenente di Gian Galeazzo in Valtellina. Questi gli aveva affidato la terra di Guastalla (1406, ottobre 3), per i suoi servigi, e in
seguito Montechiarugolo (1415, gennaio 23).
Nel 1428 Filippo Maria Visconti nominò Conte di Guastalla e
Montechiarugolo Guido Torello (Mantova 1379 – Milano
1449), cui l‟aveva concessa come vicariato milanese una ventina d‟anni prima. Guido, dopo la sua morte, lascerà il contado al
figlio Pier Guido. Quest‟ultimo avrà due figli: Guido Galeotto, che si stabilì a Mantova, generando in quella città una importante casata strettamente collegata con i Gonzaga signori
della città e dello stato, e Francesco Maria Torello, a cui spetterà il contado di Guastalla.
Sul finire del Quattrocento Ettore Torello, figlio di altro Guido Torello del ramo insediatosi a Montechiarugolo (egli però si
trasferì a Mantova), sposò Giovanna figlia di Francesco Maria
Nella prima immagine:
Stemma dei Torello, conti di
Guastalla e di Montechiarugolo.
Nella seconda immagine:
Stemma dei Torello di Mantova.
Nella terza immagine:
Variante dello stemma dei
Torello
45
Torello di Guastalla (quindi secondi cugini, vedi Genealogia).
Ai due giovani sposi furono donate le terre dove lo stesso sposo, Ettore, iniziò la costruzione della Villa di Brugneto e la eresse a dimora della sua famiglia, su terreni di proprietà del padre di Giovanna, con denari provenienti dalla dote che lo zio
Guido Galeotto le aveva assegnato. C‟è chiedersi perché Ettore
scelse di edificare quest‟opera in un luogo che, come riportano
le cronache, era malsano ed acquitrinoso. Le terre di Brugneto
nella zona a nord dell‟erigendo palazzo erano spesso allagate
dai rigurgiti di acque provenienti dalla valle Pandelice sul confine tra Reggiolo e Gonzaga nel sec. XV. E tuttavia, lungo
l‟argine in sinistra del cavo Tagliata (proveniente da GuastallaVilla Tagliata, scavata nel 1218-20) si era alzata e tracciata la
strada ormai da secoli e si andavano costruendo case e piccole
corti sui due lati della stessa: Francescona, Venirola, Possessione Grande, ecc. Anche l‟ampliamento della Chiesa parrocchiale della Frazione e il vicino nucleo originario di Villarotta, che
si andava formando al confine con Brugneto, venivano costruiti
ai lati della strada argine di Guastalla-Reggiolo.
A ridosso di questa strada, dunque, la zona apparve idonea a
erigervi la casa dei novelli sposi, su terreno probabilmente acquisito a suo tempo dai Torello di Guastalla. Le famiglie che
nel sec. XV detenevano ampi possedimenti in loco erano i Novayra, i Freschi, i Gazoli16. Qualcuno di essi, o diversi, poterono vendere l‟appezzamento di cui necessitava l‟abitazione erigenda.
La casa che in seguito venne chiamata Palazzolo Galantino
venne iniziata nel decennio di fine Quattrocento (1490 e seguenti) e portata a termine nel 1502, anno nel quale si ebbe un
triste epilogo della vicenda. Ettore Torello, il costruttore, figlio
di Guido dimorante a Mantova, morì improvvisamente lasciando la giovane sposa Giovanna, a 22 anni, da sola con il gravoso
carico anche di una figlioletta, Lucrezia, da allevare 17. Negli
anni dal 1502 al 1503 sono stati rinvenuti un numero rilevante
di lettere e documenti 18 attraverso i quali si evince l‟accesa disputa che vedeva, da una parte, la giovane Giovanna che aveva
in animo di vendere l‟immobile e le terre, dall‟altra Guido Torello, che invece rivendicava la loro proprietà come diritto essendo stato il proprio figlio con i suoi denari ad edificarla. Ambigua e stranamente disimpegnata rispetto a questa situazione è
la figura di Achille Torello, conte e signore di Guastalla nonché fratello di Giovanna, il quale non prenderà nessuna posizione 19. Così si giunse alla assegnazione definitiva delle terre e
della villa allo zio Guido 20, evento che avverrà nel mese di settembre del 1503: momento in cui si registrò la definitiva sconfitta della giovane Giovanna, cui non rimase che rifarsi una vita
46
16 Cfr. “Reggiolo. Storia Cronaca e
Legenda”, I, 2013, cit., pp. 142-144 e pp.
164-5.
17 ASMN, Arch. Gonzaga, Corrispondenza Estera, b. 1391.
18 ASMN, Carlo D‟Arco, Famiglie Illustri Mantovane. Sala di Studio.
19 Le diverse lettere degli anni 1502-04
del conte Achille Torello, signore di Guastalla, reperite in Archivio a Mantova non
parlano affatto del problema, limitandosi
ai soliti scambi di notizie e favori tra
signori di territori viciniori.
20 In una lettera del 25 luglio 1504
(ASMN, b. 1391), Giovanna Torello così
si esprime: “Guido Torello mio barba
[zio] è quello che al presente me asasina
in la roba et… ultra de questo vole fare el
simelo a quella povera fiolina che fu
della bona memoria del quondam mio
marito.” E si appella al marchese Francesco II (prima anche aveva supplicato la
moglie, Isabella d‟Este, gettandosi ai suoi
piedi), scrivendo: “A settembre dell‟anno
scorso [1503] fui fata usire de casa e de
tuti li beni del fu mio marito posti in la
villa di Brogneto, li quai sono a me obligati per mil(l)e e cento ducati he più,
como apare per lo instrumento mio dotalle.”
21 R. Paralupi, Storia di Reggiolo
nell’Emilia (781-1930), 1930; F. Canova,
Reggiolo. La storia, I-II, 1978-80; ib.,
Reggiolo. Il nome e il come: storia cronaca e Legenda, 2013 (con G. Nosari); A.
Zagni, Storia di Reggiolo, 1983.
22 Le terre allodiali furono calcolate in
più di biolche 987, con il Palazzo della
piazza di Guastalla, la Rocca e le sue
artiglierie e le armi, 5 mulini sul Po, il
“mero e misto imperio” (giurisdizione e
governo), regalie, censi, livelli ecc., per il
valore di scudi d‟oro 22.280 [pari oggi a
oltre 100 milioni di euro].
nel vicino Ducato di Parma, andando moglie a un nobile locale,
Cesare da Piacenza.
Nella prima immagine:
PierGuido Torelli il primo della
dinastia.
Nella seconda immagine:
Ludovica Torello, fu l‟ultima
della dinastia e vendette Guastalla a Ferrante I Gonzaga di Mantova, 1539.
Nel secolo XVI non esistono notizie del Palazzo Riva-De Moll,
né mappe o carte che ne attestino la costruzione in quel periodo, mentre la villa Torello-Galantino dovette restare un possedimento dei Torello mantovani in Brugneto. Reggiolo con le
sue frazioni era parte periferica meridionale dello Stato di
Mantova, annesso fin dal secolo XIV dai Bonacolsi, che lo
strapparono a Reggio. Dal 1328 i Gonzaga subentrarono con un
colpo di stato ai Bonacolsi nel governo della città 21.
La storia di Guastalla vede le vicende dell‟ultima discendente
della famiglia Torello, Ludovica, unica figlia ed erede di Achille, conte di Guastalla, che vendette a Ferrante Gonzaga
(1507-1557), fratello di Federico II Gonzaga duca di Mantova
(1500-40), ogni suo possedimento allodiale e feudale di Guastalla e terre annesse. Non risulta storicamente chiaro come la
Villa Torello ed i terreni di Brugneto fossero passati dalla proprietà di Guido Torello, nobile di Mantova, ad Achille Torello
signore di Guastalla. E‟ probabile che alla fine del diverbio tra
suocero e nuora, si sia liquidata la dote di Giovanna con i millecento ducati di cui scrive in una lettera (v. Nota 9); e che al
suo nuovo matrimonio con il trasferimento a Parma insieme al
marito la villa finisse in mano di Achille. Morto questi assassinato da Ercole Gonzaga di Novellara, marito di Maddalena,
una sua parente che lui aveva insidiato, figlia del cugino Pier
Maria, la contea di Guastalla passò alla figlia Ludovica. E
quest‟ultima, nel 1539 vendette tutti i suoi beni, compresa la
giurisdizione di Guastalla, a Ferrante Gonzaga (come si è detto) 22.
47
Nella immagine sotto:
Particolare della struttura architettonica e spaziale della Villa, le
stanze infilate una in successione
all‟altra. Foto Giorgio Andreoli.
48
GENEALOGIA FAMIGLIA TORELLO
(In: S. Zagagnoni; C. D‟Arco; P. Litta; I. Affò)
Hucpold conte di palazzo 846 (m. dopo 860)
sp. Andalberta
Berta
Hucbald
Badessa di S.Andrea
Engelrada contessa
conte di palazzo 871 (m. 893)
in Firenze, 852-893
Berta II
Bonifazio I (923 – 953)
Badessa di S. Andrea
Everardo
Ermengarda
sp. Duca Pietro
Lamberto 1017-82
dei Conti di Bologna
cit. 1071-1082
conte, marchese, duca di Spoleto
Adalberto I
vesc. aretino 963-79
Teobaldo
conte, sp. Anna 958
sp. Bertilla 981-1011
Bonifacio II
Adalberto II
m.se di Tuscia 981-1011
Ildebrando 1028
conte
Fam. Alberti
Guido
Walfredo
Willa I contessa
sp. Uberto fg. di re Ugo
fu madre di Ugo m.se di Tuscia
Ubaldo
Enrico
Willa II
981-1041
Ugo
m.se
PIETRO d° Torello 1038-1095 ca.
Emma (n. 1060 ca.)
Adimaro
duca di Spoleto
981
Alberto
conte 1054
878 - 903
sp. TEDALDO
Ubaldo
conte 1030
Maginfredo
BONIFACIO
CANOSSA
Bonifacio
GUIDO di Federico ADELARDI
(o Landolfo di Sassonia)
sp. Angilda Traversaria
dei Signori di Ravenna
sp. Federico da Ferrara (1050-1110 ca.)
PIETRO di Remengarda d° Torello
(1062-1123)
- 1092 governatore di Ferrara
- 1109 è teste in documento matildico
[ Da cui Rami diversi dei Torello]
GUIDO SALINGUERRA I 1093-1139 ca.
1117 fortificò Ferrara (detto “valoroso in battaglia”)
sp. Adelaide, contessa di Gorizia
│
TORELLO 1125-1196 ca.
1193: pattuì la pace fra Enrico VI e Ferrara. Sp. Aica
_______________________________________________│_________________________
SALINGUERRA II 1160-1244
Pietro 1195-1200
Ariverio 1170-1220 ca.
- 1215 Infeudato dei beni matildici da papa Innocenzo III
Gli fu promessa una moglie con in dote
- 1220 Podestà a Mantova. Fu signore di Ferrara
la Marca di Ancona; rapita, fu data sposa
- 1240-44 sconfitto, morì carcerato a Venezia a 84 anni (fu sepolto in S. Nicolò)
a Obizzo d‟Este.
Sp. Sofia, fg. di Ezzelino da Roman. Con altre due mogli ebbe 8 figli, tra cui:
GIACOMO 1190-1260
Signore del Cremonese e del Mantovano.
Sp. Maria Morosini.
Margherita
“la sorella fu moglie
di Rinaldo d‟Este.”
? ………
sp. Rinaldo d‟Este († 1251)
Bartolomea
Sp. Giacomo Rangoni da Modena, fg. di Guglielmo.
Pietro
SALINGUERRA III 1240-1320 ca. Fu cacciato da Ferrara 1315
1279-81 in Consiglio
a Mantova (cit.)
GIACOMO 1285-1350 ca.
Si ritirò a Forlì.
BOTTACINO 1280-1340 ca.
TORELLO 1300-1360 ca.
GUIDO 1325-1380 ca.
SEGURATO 1350-1410 ca.
Alberto 1400-1460 ca.
MARSILIO 1358-1420 ca.
Amorotto
Francesco Maria † 1485
CRISTOFORO 1409-1460
sp. Taddea de Pio
Ebbe Montechiarugolo
GUIDO 1379-1449
sp. Orsina Visconti
conte di Guastalla 1406
PIER GUIDO
sp. Maddalena del Carretto
Emilio
Guglielmo
Antonia
MARSILIO*
Giacomo
Amuratto Bart.° GUIDO
F. MARIA Lucrezia Antonia GUIDO GALEOTTO
Signore di Montechiarugolo
_________________│______
____│________________ f.n.
│Signore di Settimo
† 1489 in Abruzzo
M. Antonio* Ippolito Franc. ETTORE sp. GIOVANNA P. Guido ACHILLE
PIER MARIA*
Sp. Paola Secco, fg. di Franc.°
Costruì la
Ereditò Guastalla
conte di Settimo
e Caterina Gonzaga
Villa a Brugneto
│ † 1522
│
Lucrezia
LUDOVICA
Maddalena
Il Palazzolo Galantino e il nuovo Palazzo Riva.
23 R. Paralupi, cit., p. 73.
Il Paralupi, nella sua Storia di Reggiolo (1930), a p. 73 afferma
che la costruzione della villa Palazzolo di Brugneto (da non
confondere con il Palazzo Riva-De Moll) avvenne tra il sec.
XV-XVI, ad opera di Ettore Torello e della moglie Giovanna
Torello.
“A Brugneto, scrive, ne viene costruita una, bella ampia e ricca, difesa da torri e da fossati, più fattoria che castello, per
opera di Ettore Torello da Mantova essendosi congiunto con
Gioanna, figlia naturale di Francesco Maria Torello conte di
Guastalla. Per il suo aspetto severo venne subito battezzata col
nome di Palazzolo.” 23
A pagina 265 riporta correttamente la ristrutturazione del Palazzo Riva negli anni 1804-1807. Successivamente, l‟autore
alle pp. 283-4 confonde le due costruzioni: il Palazzolo Galantino (già dei Torello citati) con il Palazzo Riva 24. I Galantino,
tra altro, erano i veri proprietari del palazzo prospiciente il Palazzolo, posto sulla strada provinciale Reggiolo-Guastalla,
mentre il palazzo Riva era posto a nord, a oltre 100 m dalla
strada, cui si accedeva da ampio viottolo ghiaiato e costeggiato
da alberi.
I documenti ritrovati e le storie scritte sul territorio (O. Rombaldi, “Storia di Novellara”, 1967, p. 259 e p. 266) ci riportano
notizie che ci informano della grandi possibilità economiche
dei marchesi Riva nell‟anno 1671. Nel testo l‟autore ci riferisce
di 1.738 biolche di terra (di m2 3.138 l‟una, misura mantovana
della biolca in Reggiolo) cedute da Camillo I GonzagaNovellara a Giovan Giacomo Riva di Guastalla 25 (fratello di
Ferdinando Maria, primo marchese della famiglia). Era un
complesso patrimoniale non indifferente di Ha 559 circa (l‟8 %
dell‟intero territorio comunale di Reggiolo, oggi di Ha 4.310).
Interessante inoltre è la notizia che proviene dagli archivi della
Parrocchia di Brugneto, attraverso la quale si apprende che il
18 novembre 1775 papa Pio VI concesse ai marchesi Riva di
celebrare funzioni religiose all‟interno della Villa escluse le
festività solenni, nell‟oratorio privato, probabilmente già esistente dal seicento. Alcuni anni dopo tale permesso fu esteso
anche alle festività importanti, sia liturgiche che per eventi familiari. Tale notizia risulta essere di fondamentale valenza, poiché tali concessioni venivano rilasciate solo a strutture private
di notevole rilevanza e a famiglie socialmente e politicamente
influenti. La presenza di una cappella o chiesetta interna è segno anche della imponenza architettonica del complesso.
50
24 Paralupi incrocia confondendole le
vicende dei due palazzi: elenca le discendenze dei conti Galantino, che ebbero in
enfiteusi dai Borboni di Parma – cui dal
1748 apparteneva Reggiolo con il ducato
di Guastalla – diversi beni in Reggiolo e
Brugneto (Aurelia, Panizza, Bruschine,
Bagna, Bruciati, Battistona, Margonara,
Venirola), tra cui il Palazzolo. E questo è
confermato nel Catasto di Reggiolo del
1804 da me pubblicato nel II volume della
Storia di Reggiolo (1980, pp. 160-1). E fa
passare giustamente il Palazzolo dai Galantino a una discendente dei baroni Rotman, cui l‟aveva venduto il conte Galantino per ripianare i debiti. E infine, Enrichetta Rotman (1837), sposata a Luigi
Visconti di Torino, lasciò alla figlia Matilde Visconti d‟Ornonasso il Palazzolo
(p. 284). E fu quest‟ultima a sposare il
marchese Sigismondo Riva – il che corrisponde al vero, nella Genealogia di Riva –
e a portargli in dote nel 1861 il Palazzolo:
non il Palazzo Riva, in quanto esso era già
nelle Carte e Mappe del sec. XVIII indicato come Palazzo Riva, attestandone
appunto una origine di un secolo e mezzo
antecedente.
25 Il Riva era pronipote dell‟omonimo
facoltoso Giovan Giacomo (1560-1620
ca.) costruttore del Palazzo ominimo che
aveva prestato 12.526 doppie d‟Italia al
Gonzaga di Novellara-Bagnolo per la dote
di Caterina, figlia del conte di Novellara
Camillo I Gonzaga (1521-95). Il prestito
non fu restituito e si arrivò alla permuta
delle terre sopra indicate. Un valore di
circa un milione e mezzo di euro, oggi,
nella zona detta dei Terreni Nuovi, tra
Novellara e Reggiolo.
Nella immagine sotto:
Particolare del portalino esterno,
di accesso alla chiesa.
L‟ottima situazione finanziaria dei Riva, le modificate situazioni abitative, le impellenti esigenze di rinnovamento, i nuovi
stili europei derivati dalle grandi rivoluzioni politiche, sociali,
economiche ed artistiche portarono la famiglia ad intraprendere
rilevanti lavori edilizi che hanno investito tutto l‟edificio.
51
Il marchese Giovan Giacomo Riva a Reggiolo: gli
acquisti e la costruzione della Villa di Brugneto.
All‟indomani dei loro acquisti di ampi terreni nelle Valli Nuove di Novellara e Reggiolo (fine sec. XVI), a seguito della realizzazione della Bonifica Bentivoglio che liberava dalle paludi
molti terre recuperandole all‟agricoltura, nel reggiolese, guastallese e novellarese, oltre ad un discreto profitto, il facoltoso
marchese Giovan Giacomo Riva (1560-1620 ca.) decise di costruire una Villa adeguata alle esigenze della sua famiglia aristocratica a Brugneto, oltre che in altre zone del territorio bonificato 26.
E‟ pure probabile, come io credo, che il Riva durante gli investimenti nelle Valli Nuove, a fine sec. XVI, quando venne terminata la Bonifica Bentivoglio (1565-85) che contribuì a risanare i terreni paludosi fra Guastalla e Reggiolo, intervenisse ad
acquistare terreni e corti anche di notevole estensione un po‟
dovunque. Nel sec. XVIII un suo nipote, Giuseppe, figura tra i
17 maggiori possidenti e nobili del Mantovano, con ben 2.700
biolche (ha 800, ca.; cfr. M. Vaini, 1973, p. 170) solo in quello
Stato. Questa scelta di insediamenti tra i secc. XVI-XVII faceva parte del vasto ed importante programma delle diverse signorie del territorio interessato di strappare all‟incolto più terre
possibili nel tentativo di mettere in produzione, quindi a reddito, la maggior quantità di terreni. Iniziato in Lombardia dai Visconti e continuato dagli Sforza, il processo era continuato in
queste terre confinarie del reggiano-mantovano dai Bentivoglio
di Gualtieri, dai Gonzaga di Guastalla, di Novellara e di Mantova (famiglie imparentate tra loro), dai Sessi di Rolo e dagli
Este, nelle cui terre finivano le bonifiche attuate più a monte.
I terreni coltivabili significavano infatti possibilità di impiantare colture, da cui ricavare reddito e ricchezza. La politica espansionistica delle grandi Signorie italiane del nord Italia produceva certo molte guerre, con relative distruzioni e carneficine; ma erano in prevalenza spinte e provocate dal bisogno di
aumentare i possedimenti dei vari staterelli, al fine di una organizzazione territoriale di sviluppo dei possedimenti e conseguente aumento di potere. E i nuovi spazi conquistati dovevano
spesso essere riattati in funzione di una agricoltura fiorente: da
qui le necessarie bonifiche, il dissodamento, la piantumazione
di colture cerealicole e l‟insediamento di nuovi allevamenti,
con la costruzione di edifici a corte, come li conosciamo ancora
oggi.
Documenti reperiti nell‟Archivio di Stato di Mantova e le notizie di studi relativi a quei secoli ci riportano notizie delle vaste
52
26 Si sa che il Riva in quegli anni acquistò terre proprio nelle zone recuperate alla
coltivazione dalla Bonifica Bentivoglio,
come ci informa Rombaldi (Storia di
Novellara, 1967). A Moglia e nel Mantovano risultano possessi dei Riva nei secoli
successivi (M. Vaini, La distribuzione
della proprietà terriera e la società mantovana dal 1785 al 1845, Milano, 1973,
pp. 109, 155, 169 e 193).
Nella immagine:
Particolare del bugnato del fronte
Nord della villa.
opere di bonifica di queste terre, iniziate e portate avanti proprio dai Bentivoglio e dai Gonzaga dei vari rami (Mantova,
Novellara e Guastalla), dalla metà del sec. XV alla fine de secolo successivo. L‟importante iniziativa della rete di scolo dei
terreni bassi e acquitrinosi avviata da Mantova nel Reggiolese,
fu alla base della futura edificazione della grande Villa in una
zona recuperata alla depressione paludosa e stagnante. La frazione di Brugneto si stava evolvendo verso una serie di insediamenti lungo l‟asse stradale, argine sinistro del Cavo Tagliata,
dove troviamo la Chiesa Parrocchiale, il palazzone del Barchessone, il Palazzolo, le corti Francescona, la Quazza, la
Quazzetta, e poco distanti dalla strada Cavagnara (oggi non più
esistente), le due Rizze lungo la strada vicinale omonima, insieme ad altre case più modeste come possiamo riscontrare dal
Catasto del 1821.
Questo primo Catasto di Reggiolo, il più completo prima dei
rilievi post-unitari, come il Catasto di Nuovo Impianto (del
1888), presenta appunto l‟insediamento di Brugneto non come
un centro demico che si sviluppa intorno ad una piazza ma che
si snoda lungo la strada per Reggiolo, su ambedue i suoi lati,
almeno fino all‟attuale scavo della Bonifica del 1901-1907.
Anche i Riva dovettero pensare che il vasto fondo agricolo a
nord del Palazzolo, a est delle corti lungo strada Pandelici e a
ovest della possessione Margonara, preesistenti, poteva essere
venduto dai proprietari, i Gonzaga di Mantova, e idoneo alla
realizzazione di una villa o palazzo degni della loro schiatta.
53
I costruttori e proprietari del Palazzo di Brugneto:
i Marchesi Riva (fine sec. XVI – XIX)
L’ipotesi della costruzione a fine Cinquecento del Palazzo Riva
a Brugneto.
Abbiamo avanzato questa diversa ipotesi, rispetto a quella supposta da altri studiosi, senza tuttavia avere trovato traccia documentaria probante ma solo indizi di un certo peso 27. Non abbiamo del resto nessuna notizia sulla consistenza e sulla struttura del palazzo nei secoli XVII-XVIII, né alcuna informazione
su eventuali lavori dall‟inizio della costruzione stessa. Non conosciamo neanche in questo lungo periodo di vita della Villapalazzo, da noi supposta eretta verso la fine del sec. XVI, se i
Riva abbiano effettuato dei lavori e quali essi siano stati. E‟
invece nota la fase cinquecentesca e secentesca di costruzioni
in Reggiolo di ville signorili, molte di villeggiatura, alcune delle quali realizzate su precedenti strutture rurali, come le corti
agricole del nostro territorio. Tra esse si annoverano: le ville
seicentesche dei due fratelli mantovani, i conti Zucconi (una a
Reggiolo e una Villanova); il palazzo dei Gonzaga nell‟Aurelia
(oggi proprietà sorelle Belloni di Milano); il palazzo Barchessone a Brugneto (dei Trivelli, oggi di Bianchi Raffaele di Modena); la Margonara (dei Gonzaga, poi dei conti Galantino); la
corte gonzaghesca in Vallicella (oggi dei Freddi); il casino dei
De Preti a nord della Fiuma (la Gollina); il palazzetto del conte
Aurelio Recordati Gonzaga (corte Boschetto, a ovest
dell‟Aurelia, oggi dei Lui); il casino della Pironda (dei Pirondi,
oggi di Morini); la corte Gorna (dei Gorni, oggi famiglia Caramaschi); la villa Bianchi di fronte alla Chiesa di S. Venerio (di
Bianchi Raffaele); le due corti Pandelici lungo la strada omonima di Brugneto e le due corti Cattanee di Reggiolo, possedimenti dei ricchi conti Cattanei dal „500, che hanno lasciato il
nome all‟intera zona (poi eredità Facchini, costruttori della Villa Manfredini, oggi Rigoletto, sulla piazza prospiciente il Teatro); il complesso della Minghetta; la corte Brugnola, la casa
padronale della Ruggera, la corte Gentile, la Fantozza, tutti edifici a Villanova ancora esistenti, in parte ristrutturati. Delle altre corti abbiamo tracciato l‟analisi nel nostro precedente lavoro: “Le corti reggiolesi dai Gonzaga al secolo XX (1996).
Tornando ai marchesi Riva, sappiamo che alla morte di Francesco Maria (1772) i suoi numerosi figli: Giacomo, Antonio
Maria, Maria Giuseppa, Anna Maria Paola, Anna Isabella, Caterina, Francesco e Ferdinando abitavano la grande Villa, facendola dunque diventare la loro casa ed intervennero con importanti restauri sull‟edificio. Non si hanno notizie certe sulle
54
27 Alla fine del „500 i marchesi Riva
acquistarono terre fra Brugneto e la Fiuma
(zona oggi compresa tra la Veniera e la
Margonara), in possesso di privati e altre
cedute dai Gonzaga di Mantova per rientrare dalle spese sostenute per lo scavo
della Parmigiana-Moglia della Bonifica
Bentivoglio (1565-1585). Fu probabilmente in quel periodo che i Riva – di
antiche origini suzzaresi e nobili di Mantova nel sec. XIII – si stabilirono nel
territorio reggiolese e acquistarono anche
dei terreni in Brugneto. Nel 1603 troviamo infatti la contessina Paola Riva, sorella di Giovan Giacomo (v. Genealogia),
sposata al nobile Giacomo Sessi di Rolo,
battezzare la loro figlia il 21 gennaio a
Reggiolo (cfr. il nostro “Reggiolo. Il
nome e il come: storia cronaca e legenda”,
2013, vol. II, p. 437). Il che attesta la
presenza dei Riva in loco, e già residenti
in Brugneto.
28 Aldo Zagni e l‟arch. Emiliano Magnani hanno individuato nella prima metà del
„700 il passaggio della proprietà della
villa di Brugneto, che pensavano costruita
dai Torello nel 1500-1502, dai Gonzaga ai
Riva come dote della sposa Eleonora
Gonzaga, figlia di Sigismondo Gonzaga
di Vescovado, che andò in moglie a Francesco Maria Riva. Non vi è traccia documentale di questa dote né di un qualche
passaggio del Palazzo ai Riva tramite
altri. Supposto poi che la villa fosse stata
costruita dai Torello, non si spiega affatto
come pervenisse ai Gonzaga di Mantova;
immaginando ancora che essi intervenissero a pagare la dote richiesta e supplicata
dalla vedova Giovanna Torello nelle sue
lettere e si facessero così proprietari del
palazzo di Brugneto, resta inspiegabile
come l‟immobile fosse passato ai Gonzaga di Vescovado. E inoltre, pare che i due
autori citati non abbiano tenuto conto
dell‟errore in cui era già incorso il Paralupi, che confuse i due palazzi di Brugneto:
il Palazzolo (Torello, poi Galantino) e il
Palazzo Riva (poi De Moll).
opere realizzate ma appare evidente che la famiglia Riva ritenesse di dovere operare degli adattamenti sicuramente legati
alle mutate modalità di vita ed usanze, oltre a conferire
all‟immobile una immagine di qualità come si confaceva alla
ricca e potente famiglia 28.
Nella immagine a lato:
Particolare di una mattonella con
simboli tipo stemmi.
55
GENEALOGIA FAMIGLIA RIVA
I primi Riva del sec. XIII che troviamo sono: Ceruto, ingegnere della Torre del Comune di Mantova, cit. 1229; Zanerichio, a capo del Comune coi
Saviola, nel 1235; Anastasia, che sposò Bardellone Bonacolsi signore di Mantova († 1300). Poi si hanno Francesco, banchiere (sec. XV) e il nipote
Pier Antonio “civis Guastalle” (1490; viv. 1503). Da questi, la linea genealogica prosegue fino ai discendenti reggiolesi.
GIOVAN GIACOMO, cit. 1503, come teste insieme al padre
sp. Caterina Borgonzoni, ed ebbero 5 figli
GIOVANNI MARIA, cit. nel sec. XVI
sp. Catterina Margolini, ed ebbero 6 figli
GIOVAN GIACOMO
sp. Isabella Zerbini, ed ebbero 3 figli
Giacoma
DOMENICO cit. 1555-1587
Antonia
primo possidente che andò a Mantova
Paola
GIOVAN GIACOMO mercante, 1560-1620 ca.
Isabella
acquistò le Valli Nuove tra Guastalla e Brugneto, dopo la Bonifica
Bentivoglio. Fu chiamato a Mantova dal duca Carlo I di Nevers.
E‟ il costruttore e proprietario del palazzo di Brugneto, che prende il suo nome: “Riva”
sp. Giacomo Sessi
1603 Julia
Teodora
suora
Giovan Maria
1650-1709
GIUSEPPE MARIA
Francesco
1605-1660. Sp. Caterina contessa di Novara
Margherita
ANTON MARIA
Angela
1630-1691. Sp. Isabella Berni (possessi in Brugneto)
Giovan Giacomo
1670-1739 FERDINANDO MARIA 1° Marchese
sp. Paola Montecuccoli. Ebbe un palazzo in Mantova
1704 – destinatario di una lettera (ASMN, AG, b 1399)
FRANCESCO MARIA 1700-1772
Sp. Eleonora Gonzaga (fg.a di Sigismondo da Vescovado)
Sp. Matilde Gardani
Ant. Maria*
Anna Isabella
Francesco*
1777 – sp. Umberto
Cattani di Piacenza
GIO. GIACOMO*
Ferdinando*
1745-1820 ca.
Sp. Eleonora Colloredo
Caterina*
A.M. Paola*
M. Giuseppa
1784
sp. Camillo Arrigoni
1800-1870 ca. IPPOLITA
1775-1861. FEDERICO SIGISMONDO
1861 – ereditò il palazzo alla morte del fratello
Ebbe ½ palazzo Riva, che lasciò alla sorella. Visse a Reggiolo.
Sp. LEOPOLDO De MOLL da Rovereto
Sp. Matilde Visconti d‟Ornonasso
│
SIGISMONDO DE MOLL 1840-1923. Fu Podestà a Reggiolo. Ereditò il palazzo.
│
LUIGI 1870-1929
½ palazzo Riva-De Moll
Lasciò erede la sorella Ippolita
ANTONIO
│
│
LEOPOLDO († 1946)
IPPOLITA (1890-1968)
† 1880 ca.
½ palazzo Riva-De Moll
Erede nel ‟29 di ½ palazzo del f.llo
==
Sp. Bice Guerrieri Gonzaga († 1955) Sp. FERRERO DE GUBERNATIS (di Venezia)
│
_________________│_________________________
SILVIA
Usufruttuaria († 1972)
Cesare
M. Teresa
Carla
Sigismonda
1972 – Eredi, vendono il palazzo ai PAVARINI
56
29 C. D‟Arco, Famiglie Mantovane, in 7
voll. Manoscritti (ASMN, Sala di Studio).
Al t r e i n f o rm a zi on i : An on i m o ,
“Chronicon Mantuanum”, Mantova
1968; Lettere dai Paesi dello Stato, e
Copialettere Mantovano, AG-ASMN; e
ASRE, b 139; M. Vaini, 1973, cit.; O.
Rombaldi, 1967, cit.; F. Canova, G. Nosari, Reggiolo. Storia… 2013, cit.; E. Magnani, Tesina…,1993-94, cit.
30 Nel 1659 acquistò dai monaci di S.
Benedetto in Polirone le due Corti Moglia
e Corte Nuova in Moglia di b. 15.000
(iugeri 3.906) per 2.000 Doppie d‟Italia,
ossia 85.000 scudi (da £ 5 l‟uno). Nel
1664 ebbe esenzioni e agevolazioni.
I primi lavori noti al Palazzo Riva.
Lapide riportata sulla facciata della villa: 1804.
I lavori più recenti di cui si ha notizia, come testimonia la lapide marmorea inserita nella facciata principale della villa, ebbero inizio nell‟anno 1804 e terminarono tre anni dopo nel 1807.
E sempre secondo le notizie, si protrassero sino al 1824 le opere di decoro e di rifinitura, come attesta una iscrizione muraria
in una stanza al primo piano dell‟edificio. Progettista e direttore dei lavori del grande restauro fu incaricato il maestro costruttore Guglielmo Pagani. Le riflessioni sulla entità di questi
lavori hanno interessato un dibattito tra architetti e storici locali
senza però giungere ad una ipotesi definita.
Nella immagine:
Particolare della lapide del 1804,
riportata sulla facciata della Villa.
Come scrive l‟arch. Magnani,
relativamente a questi restauri sorsero alcune discussioni:
c‟è chi sostenne che la lapide muraria documentasse un determinante cambiamento della struttura dell‟edificio, chi invece sostenne si trattasse di un restauro puramente formale.
A supporto di questa ultima interpretazione è la firma datata
al 1804 di Felice Campi su un affresco del salone al primo
piano della villa: se i lavori avessero apportato modifiche
strutturali ingenti sarebbe risultato impossibile terminare
questa stanza nello stesso anno dell‟inizio delle operazioni
di restauro (tesi avallata da Zagni).
57
Noi non siamo molto d‟accordo con questa interpretazione e
pensiamo invece che nel Settecento furono realizzati lavori più
corposi anche se in un tempo molto ristretto, dato che la famiglia dei marchesi Riva come già specificato abitava l‟edificio e
lo considerava una più che decorosa villa signorile, adeguata al
loro status di nobili e facoltosi esponenti dell‟aristocrazia mantovana in terra ormai parmense. Dal 1748 infatti il Ducato di
Guastalla con Reggiolo e Luzzara era stato annesso allo stato
dei Borboni di Parma, con il Trattato conseguente alla Pace di
Aquisgrana fra le grandi potenze europee.
Nella immagine accanto:
Foto della facciata principale
verso sud, in cui è possibile notare alcuni caratteri tipici, i bastioni
agli angoli, l‟elemento centrale
del portale d‟ingresso.
Nella immagine:
Mappa catastale del 1821.
Il palazzo denominato Riva-De
Moll (a sinistra) si presenta con i
due complessi rurali ai lati; la
corte Palazzone (a sinistra) e la
corte detta la palazzina (a destra).
La struttura Sette-Ottocentesca dell’edificio.
Il disegno della mappa 1821 ci attesta come a quella data il palazzo Riva (non ancora De Moll) fosse già definitivamente
completato nella struttura che conserva ancor oggi. L‟impianto
è tipico di palazzi settecenteschi che in altre zone vennero realizzati. Questo impianto tipologico rappresenta una certa razionalità e novità rispetto a quelli sperimentati nelle prime esperienze: la presenza delle quattro torrette simmetriche connesse
con il corpo centrale ci riportano proprio ad una esperienza primordiale di impianto di villa. La stessa denominazione di fortilizio riportata nei testi storico-descrittivi è dovuta alle forme
che si elevavano sull‟impianto di base una forma di immagine
generale anch‟essa legata alle Ville Medicee spesso ricavate
ristrutturando precedenti manieri e fortilizi.
58
Villa Sforza-Viani, 1930
Presenta uno scalone d‟accesso, come
doveva esistere davanti all‟ingresso
del Palazzo Riva-De Moll. Sono in
effetti venute alla luce le tracce di
fondazioni preesistenti che attestano
questo scalone che doveva portava
direttamente al Primo piano della villa.
Villa Zani, Villimpeta (MN).
Villa dei Gonzaga, di G. Romano,
XVI sec.
Rocca Isolani, Minerbio,
Bologna
Anche in questo caso si possono
notare le due torrette laterali, con
ingresso centrale al di sopra di
una scalinata.
Villa medicea di Artimino, la Ferdinanda o dei 100 camini, Carmignano di
Prato
Trasformando i resti di una fortezza, si
sono inglobate le torri nel complesso
residenziale.
Villa Trissino, Cricoli, Vicenza.
Costruzione realizzata in forma
di fortilizio.
Casino di Sopra di Novellara (RE).
Vista dall‟alto, anche qui, intorno al
corpo centrale originario si sono aggiunti i fabbricati laterali ribassati in
adiacenza, a formare nuclei abitativi
con cortile interno e piazzale antistante.
Villa ducale di Rivalta.
Si notano le due torrette laterali del
lungo complesso architettonico, con il
viale d‟accesso.
Palazzo Gonzaga-Acerbi,
Castel Goffredo (MN),
Il portale balconato, con arco a
tutto sesto replicato nel piano
superiore; torretta laterale con
difese piombanti e copertura su
pilastrini.
La Villa tra 2a metà dell'Ottocento e i primi decenni
del Novecento: i Baroni De Moll (1861-1929)
I due figli di Giovan Giacomo Riva, Ippolita e Federico Sigismondo, ereditarono il Palazzo alla morte del padre in parti uguali. Il maschio, che sposò la baronessa Matilde Visconti
d‟Ornonasso, visse nella villa sino alla sua morte, sopravvenuta
il giorno 15 gennaio 1861, mentre la sorella Ippolita convolava
a nozze con un barone trentino, Leopoldo de Moll, di origine
austriaca 31. La successione testamentaria del defunto marchese
Riva Sigismondo indicò usufruttuaria del palazzo la moglie
Matilde, per il suo 50%, mentre stabilì che erede ufficiale dovesse essere la propria sorella, marchesa Ippolita Riva, moglie
e poi vedova del barone De Moll. Fu così che, alla morte di
Ippolita (1870), la villa-palazzo passò in proprietà del figlio
maschio, suo e del barone De Moll, Sigismondo (omonimo dello zio materno).
Terminava così la denominazione univoca di Palazzo Riva, cui
si aggiunse quella dei nuovi proprietari, i De Moll. In più documenti datati negli anni ‟20 del secolo scorso, si registrano la
successione e divisione dei beni tra i componenti della famiglia
a seguito della morte avvenuta nel 1923 del barone Sigismondo
De Moll, il membro più autorevole della famiglia, figlio come
si è detto della marchesa Ippolita Riva. In un interessante atto
notarile registrato a Mantova il 18 Novembre 1922, è indicata
l‟avvenuta divisione dei beni tra i 4 fratelli e sorelle De Moll,
figli di Sigismondo, a sua volta figlio di Leopoldo. Il “palazzo
di villeggiatura a Brugneto”, come viene definita la Villa, risultava essere diviso sempre in due quote uguali, ciascuna rappresentante metà del valore dell‟edificio. Queste quote vennero
quindi assegnate l‟una al barone ing. Luigi De Moll, primogenito, l‟altra al fratello barone Leopoldo De Moll (che aveva
preso il nome del nonno). Questa situazione rimase invariata
fino all‟anno 1929, in cui si registrò la morte dell‟ing. Luigi,
che nell‟atto di successione indicava eredi di tutti i suoi beni la
baronessina Silvia de Moll, sua nipote, figlia del fratello Leopoldo e di Beatrice Guerrieri Gonzaga 32, ed altre quattro persone: i figli della sorella baronessa Ippolita de Moll (omonima
della nonna, m.sa Riva), maritata ad un nobile della famiglia
Ferrero de Gubernatis, di origine e residenza a Venezia.
Appare da questo matrimonio il legame per cui la villa e le terre passeranno dalla famiglia De Moll alla nobile schiatta dei
marchesi Ferrero de Gubernatis di Venezia. I documenti
d‟archivio e gli storici locali indicano sin dal 1929 i proprietari
della villa di Brugneto, in successione: Cesare Ferrero de Gubernatis, figlio di Emanuele, e le tre sorelle Maria Teresa, Carla
e Sigismonda. Il barone Leopoldo invece, che abiterà la villa
62
31 La famiglia era alla corte degli imperatori austriaci, e i membri svolgevano
importanti incarichi ufficiali (Giovanni
era tesoriere della Cassa Imperiale Austriaca nella prima metà del „700).
32 I Guerrieri Gonzaga derivavano il
cognome dall‟avo Ludovico Terzi Guerrieri da Fermo, amico intimo del marchese di Mantova Francesco II Gonzaga
(1466-1519), che lo insignì del favore di
fregiarsi del cognome dei Gonzaga.
prevalentemente per le villeggiature estive dedicandosi probabilmente alle raccolte agricole ed al ricevimento di amici, deterrà la sua quota pari al cinquanta per cento (la metà) fino alla
sua morte, sopravvenuta il 20 gennaio 1946. Prima di morire,
in testamento indicò come successore anch‟egli la sorella Ippolita De Moll in Ferrero De Gubernatis (o in sua mancanza ai
figli), fissando però l‟usufrutto a vita in favore della moglie
Bice Guerrieri Gonzaga. Fu così dunque che l‟intera proprietà
comprensiva di Villa e terreni passerà dal 1955, anno della
morte della moglie, interamente alla famiglia Ferrero De Gubernatis, mentre la figlia Silvia di Leopoldo e Bice Guerrieri
Gonzaga ebbe l‟usufrutto fino alla morte.
Nella immagine:
Pagina del Registro Comunale di
Reggiolo 1889-92 relativo agli
Eletti nel Consiglio della Comunità di Reggiolo nel 1889. Il barone Sigismondo De Moll, uno
dei 20 eletti, è definito
“proprietario”, figlio del fu Leopoldo e residente a Mantova
(dov‟era nato nel 1829).
Non si hanno informazioni sulla consistenza, struttura e stato di
conservazione della villa nel lungo periodo di proprietà dei
marchesi De Moll e successivamente dei De Gubernatis.
All‟inizio della proprietà della prima famiglia, l‟edificio doveva essere ben strutturato ed efficiente visto che veniva da una
ristrutturazione dei primi dell‟ottocento che gli aveva conferito
un assetto ed una struttura estremamente efficienti e di livello
qualitativo molto elevato. Lungo i diversi anni di proprietà dei
De Moll appare invece certo che nei primi anni del Novecento
l‟immobile fosse usato in modo saltuario (periodi di villeggiatura estivi). Questa notizia ci fa pensare che l‟uso e la frequentazione della villa-palazzo fossero, con il passare del tempo,
relegati ad alcuni limitati periodi dell‟anno e le proprietà non
fossero oramai più adeguatamente sfruttate e produttive dal
punto di vista agricolo ed economico. Dobbiamo anche immaginare che mancassero, e da tempo, le manutenzioni ordinarie
dell‟immobile
L‟eredità della Villa in Brugneto era passata nel 1929 – morto
Luigi De Moll che ne godeva il 50% – ai 4 nipoti figli della
63
sorella Ippolita ved. De Gubernatis ed alla nipote Silvia (figlia
del fratello Leopoldo), che già godeva della metà lasciatale dal
padre (che così ebbe un ulteriore quinto della metà dello zio).
Silvia dunque e i 4 figli della zia Ippolita, suoi cugini, possedevano la Villa-palazzo dopo il 1946, alla morte di Leopoldo De
Moll. Ma essa era solo una parte dei possedimenti e dei beni in
Reggiolo dei nobili De Moll, che si erano imparentati sia con i
marchesi Riva e sia con i Ferrero De Gubernatis negli ultimi
decenni dell‟Ottocento.
I Riva infatti possedevano all‟inizio del sec. XIX la corte con
villa Gollina (presso la Fiuma; la corte con villa Berna, lungo
la strada omonima di Brugneto: in complesso b. 160 (= ha 50).
A queste terre e corti aggiungevano altre b. 180 di pertinenza
della Villa-palazzo che portava il loro nome. Erano tra i 15
principali proprietari terrieri di Reggiolo, e l‟unione verso il
1820 con i baroni De Moll (tramite Ippolita) aumentava il loro
prestigio e le ambizioni di entrambe le famiglie.
Il XX secolo vide sia i De Moll che i De Gubernatis abbandonare via via Reggiolo, per stabilirsi in Mantova e in Venezia.
Intanto, un nuovo matrimonio illustre era stato contratto, quello
fra Leopoldo De Moll e Beatrice (Bice) Guerrieri Gonzaga.
L‟esponente di quest‟ultima famiglia – che ancor oggi ha membri presenti nel Mantovano e nel Trentino, oltre che a Roma –
implementò ulteriormente le loro risorse finanziarie. La vendita della Villa ai fratelli Pavarini, mobilieri di Gonzaga, segnò
dunque una duplice vicenda: da un lato, liberò dalla nobiltà ormai cessata (col 1946) la titolarità del palazzo; dall‟altro, intestò una famiglia locale di artigiani che da 43 anni ha esercitato
un‟attività importante a Reggiolo, che l‟architettura storicoartistica della Villa ha contribuito a favorire in tutti questi decenni.
64
L'evoluzione della proprietà nel Novecento: i Marchesi Ferrero De Gubernatis (1955-1972)
La Villa di Brugneto sarà conservata nella proprietà dei nobili
veneziani Ferrero De Gubernatis per pochissimi anni, ossia
dal 1955 al 1972. Non abbiamo notizie certe se la grande villa
fosse abitata o no ma è probabile che essa fosse stata lasciata
abbandonata a se stessa e non abitabile, visto che il degrado
della struttura era già in progressivo stato di accrescimento sin
dai primi del Novecento. Dopo la morte del barone Sigismondo
de Moll, figura con la quale l‟edificio aveva raggiunto il maggior grado di magnificenza e splendore, ne era cominciato un
utilizzo saltuario da parte dei diversi membri della numerosa
famiglia.
I Ferrero d'altro canto essendo originari di Venezia avevano
altre proprietà di campagna nel Veneto e di ceto non avevano
interesse ad abitare un edificio così lontano dalla loro sede originale. Le proprietà di terreno connesse con la Villa erano state
gradualmente e progressivamente vendute a tal punto che gli
originari obiettivi di avere una struttura di campagna e da usarsi a scopi ludici assieme alla produzione dei terreni erano venute scemando progressivamente e il grande immobile non era
più sorretto da un adeguato reddito. Questa situazione ebbe un
epilogo nel gennaio 1972 quando la baronessa Silvia De Moll
che aveva l‟usufrutto venne a mancare. Pochi mesi dopo,
nell'aprile dello stesso anno 1972, gli eredi Ferrero De Gubernatis vendettero la Villa ai signori Pavarini Senaido, Alfio, Remo e Bruno tutti originari di Gonzaga i quali accettarono il bene in comunione ed in parti uguali.
Nella immagine:
Veduta aerea di Villa De Moll.
I due filari di pioppi, lungo il
Viale di accesso dalla provinciale
per Guastalla.
L‟orientamento ricalca antiche
tracce centuriali in zona Brugneto, il decumano sulla strada e il
cardo su via Pandelici (in alto a
sinistra), parallela al vialetto
d‟ingresso.
65
Gli anni di fine secolo XX: i signori Pavarini, mobilieri antiquari (dal 1972 ad oggi)
La famiglia Pavarini acquistò l‟immobile per adibirlo a
“struttura produttiva” destinandolo a Mostra permanente di
mobili ed oggetti di antiquariato con lo scopo di vendita e comNelle immagini sotto:
Rappresentazioni pubblicitarie di
Villa De Moll, inserita nella
Mappa del territorio provinciale
reggiano, il Po, la città di Reggio
Emilia e l‟A 1.
In basso:
Mappa dei beni storico-artistici
da visitare a Reggiolo, al numero
sette Villa De Moll.
66
Nella immagine sotto:
Interno di Villa De Moll, di proprietà Pavarini, allestimento dopo
i restauri.
mercio in questo settore. Dopo alcuni anni, i Pavarini trasferirono l‟immobile acquistato a scopi personali alla società
“Fratelli Pavarini Arredamenti, s.n.c.” dagli stessi costituita.
Questa attività è rimasta nell‟immobile sino al recente sisma
del maggio 2012. Con questo utilizzo Villa De Moll aveva
riacquistato quella qualità e quella immagine perduta progressivamente negli ultimi secoli e poteva finalmente mostrare di
nuovo ad un vasto pubblico le sue caratteristiche storiche.
Dal punto di vista architettonico i Pavarini, nel momento in cui
acquisirono la Villa, furono costretti ad effettuare diversi lavori
di restauro, adattamento e sistemazione con realizzazione di
struttura ed impianti. Dal racconto degli attuali proprietari signori Pavarini e da una ricerca effettuata dall‟arch. Magnani
presso gli archivi del Comune di Reggiolo furono in quel momento realizzati numerosi lavori di restauro ed adattamento che
da quanto si è potuto osservare e dalle documentazioni pervenuteci sono stati tutto sommato rispettosi della antica struttura.
Ciò che stupisce è che già nel 1972 per effettuare i lavori fu
chiesto il parere della competente Soprintendenza ai Monumenti dell‟Emilia di Bologna. Quindi di fatto l‟immobile era
già sottoposto sin da quel momento ad una sorta di “tutela” da
parte della Soprintendenza, pur non essendo mai stato emanato
un vero e proprio vincolo di tutela.
67
La Famiglia Pavarini, è originaria di Novellara, dove pare svolgesse insieme all‟attività agricola anche quella collaterale di
impagliatori di sedie (da cui il loro cognome, da *pavéra, “o
schiancia, un‟erba palustre che essicata s‟adopera per impagliar
seggiole”, Diz. Dialett., A. Guastalla, 1971). Il capostipite era
Giuseppe Pavarini, che risulta un agricoltore piccolo proprietario. Il figlio Francesco, fittavolo, nella 2a metà dell‟Ottocento
si trasferì a Gonzaga, in via Cadellora, con i due figli Eugenio e
Francesca. I quattro figli maschi di Eugenio, sposato con Annamaria Battistini (ebbero anche 3 femmine), preferirono
l‟attività artigianale di falegnameria nel Gonzaghese, coltivando nel contempo il podere con il padre. Le figlie di Eugenio,
sposandosi, presero la via della Val d‟Aosta (Maria), di Genova (Ines) e delle Americhe (Olga), seguendo i loro rispettivi
mariti.
Arturo, il primogenito di Eugenio, aprì una bottega di falegnameria per mobili, distaccandosi decisamente dal lavoro promiscuo di coltivatore e artigiano occasionale, come il padre e i
fratelli Ruggero e Fioravante. Sposò quindi Corinna Lui, che
gli diede 4 figli maschi: Senaido, Giuseppe, Alfio e Remo. Dopo aver svolto in Gonzaga l‟attività di falegnami e mobilieri, la
famiglia ha pensato nel 1972 di acquistare il palazzo Riva-De
Moll dai marchesi Ferrero De Gubernatis di Venezia (figli di
quel Ferrero che aveva sposato Ippolita De Moll ereditando il
palazzo), avendo saputo che era in vendita. Giunti all‟accordo,
i fratelli Senaido, Giuseppe, Alfio e Remo si distribuirono i vari incarichi all‟interno della nuova struttura così come erano
abituati nella loro azienda di Gonzaga. Il palazzo a quel tempo
necessitava di una profonda ristrutturazione, essendo rimasto
vuoto per decenni e con una scarsa manutenzione. Si provvide
allora a sistemare le parti più urgenti. Oddo e Bruno, terminati i
lavori, iniziarono con un modesto capitale: i molti vani vuoti
furono pian piano ammobiliati con pazienza e intelligenza di
scelte. L‟antiquariato e il mobile di pregevole fattura necessitavano un‟attenzione particolare, fra le tante incognite che riserva il mercato di settore. Solo negli anni ‟80 del secolo scorso
riuscirono ad occupare con mobili di antiquariato e di pregio le
numerose sale e saloni del palazzo, che via via si venne a denominare col loro nome: PAVARINI.
A Piano terra collocarono i mobili di antiquariato, mentre nei
piani superiori allestirono gli spazi con mobili di riproduzione:
sia fabbricati dalla loro azienda di Gonzaga che provenienti
dall‟acquisto da privati. In via Cadellora, infatti, a Gonzaga, gli
zii e il padre disegnavano i mobili e li costruivano consegnandoli alla migliore „vetrina‟ del territorio, il Palazzo di Brugneto. Ben presto si formò intorno alla loro produzione una clientela interessata, d‟élite, di provenienza la più varia (Milano,
68
Nelle immagini sopra:
Interno di Villa De Moll, di proprietà Pavarini, arredata con mobili di antiquariato prima degli
eventi sismici.
Verona, Brescia, Roma Bologna), e anche dall‟estero (Colonia
in Germania, Nizza e Parigi in Francia).
“Il mondo dell‟antiquariato”, confida Oddo Pavarini, “è molto
unito e si collabora tra noi, specie con i Reggiani.” Nel 1988,
sulla prestigiosa Rivista “Antiquariato” vennero pubblicate diverse immagini del palazzo e dei suoi „tesori‟, i mobili pregiati,
ripresi dal noto fotografo Arrigo Giovannini. Oggi l‟attività,
dopo la brusca interruzione causata dal terremoto del 2012, è
portata avanti da Oddo e dal cugino Claudio, figlio di suo fratello Remo.
GENEALOGIA DELLA FAMIGLIA PAVARINI
PAVARINI GIUSEPPE (n. 1820) Residente con la famiglia a Novellara (RE)
│
FRANCESCO (1846-1922) Fittavolo, impagliatore
sp. Santa Massari
Francesca
│
1897 Ruggero
1867-1934 EUGENIO trasferito a Gonzaga, via Cadellora
Affittuario
sp. Anna Maria Battistini
│
1903 Maria1
sp. Ermelinda Fornaciari
│
│
1892 ARTURO 1904 Olga2
│
1899 Giovanni
sp. Corinna Lui
_______│______________
_______________│___________________
│
│
│
│
│
│
│
│
Francesca Francesco Romana Luigia SENAIDO4 GIUSEPPE4 ALFIO4
REMO4
M° di Musica
sp. Bruno Scaini
sp. Ines Ruggerini
______│___
│
Anna
│
Livia
In laboratorio Amministrazione Disegnatore
Consegne
sp. Elide Moretti sp. Romana Marastoni sp. Giovanna Dallai sp. Edda Sabbadini
BRUNO † 2008
Sandra
Patrizia
sp. Eridania Benassi
CLAUDIO
1
Daniela
│
1902 Fioravante
sp. Vallì Moscardini
│
│
Giancarlo † 1988
Annamaria
sp. Maura Severi sp. Gabriele Martignoni
sp. Manuela Lugli
│
Giacomo
Cristina Marco
sp. Marisa Pellacani sp. Aless.° Graziano
│
│
_____│_____
Cecilia
Maria Vittoria │
│
Alessio Agosti
Filippo
Alberto
“Casa di Cecilia”
sp. Franc.° Castagnoli
____│_______
│
│
Francesca
Manuele
Lorenzo
│
Sara
ODDO
sp. M. Luisa Frati
│
1905 Ines3
____│__________
│
│
Federico
Michele
Trasferitasi in Val d‟Aosta.
Un discendente vive in America, di nome John Charles.
3
Trasferitasi a Genova. Il marito costruì lo stadio “Marassi”.
4
Fratelli Pavarini che acquistarono nel 1972 il Palazzo Riva-De Moll.
*
I cugini Oddo e Claudio Pavarini, soci proprietari del palazzo.
Si ringraziano: i comuni di Novellara e di Gonzaga per le informazioni anagrafiche e le signore Cecilia e Annamaria per le precisazioni.
2
69
Nella immagine a fianco:
La Sala del Sole, al primo piano,
lato Nord, dove sono state realizzate le opere di Felice Campi,
1746-1817.
PALAZZI E VILLE NEL REGGIOLESE
Esistono dunque numerosi riferimenti locali estremamente vicini alla Villa De Moll, strutture che riescono sicuramente a contestualizzare la nostra costruzione, a renderle una visibilità condivisa. Il secolo dei lumi e della razionalità, con il richiamo alla
classicità e alle forme architettoniche tipiche dell’equilibrio e
delle simmetrie costruttive del Rinascimento si impose anche a
Reggiolo nelle principali costruzioni, molte delle quali ancora
esistenti. I grandi signori di Mantova, nobili e laici che investirono le loro risorse finanziarie qui, nelle ville frequentate durante le estati afose di città, si trovarono a emularsi l’un l’altro
come già avevano fatto nei due secoli precedenti. E anche se
non tutte le ville e i palazzi furono ristrutturati in modo analogo
a quanto abbiamo riscontrato nel palazzo Riva-De Moll, nel
Barchessone Trivelli, nel Palazzolo Galantini, e nelle Ville Aurelia e Fassati-De Preti, si ebbero a Reggiolo abbellimenti e
restauri nelle corti padronali dei conti Zucconi (a Villanova e in
paese), dei conti Cattanei-Facchini (Corte Nuova, Feniletto,
Cattanea, villa Manfredini-Nabila), dei fattori Gorni (Gorna),
dei Pirondi, lungo contrada Bondignolore (le Pironde dei Caselli), dei Gonzaga di Guastalla, dei nobili parmensi e mantovani (Gollina, Cà Vecchia, Sartoretti, Pandelici, Ruggera, Panizza ecc.). Altri interventi li riscontriamo in strutture rurali
erette o rifatte in quel secolo ‘700: i Casini dei possidenti reggiolesi, lungo la Pironda (dei Taffurelli), lungo il Gavello e via
Gonzaga (dei Giorgi), nei Boschi, alla Veniera, nella Berna (di
omonime famiglie).
In Reggiolo, inoltre, nello stesso secolo o nel corso
dell’Ottocento si ebbero altre costruzioni di un certo rilievo:
l’attuale palazzo in via Matteotti (già Taffurelli-Negro), le abitazioni private della Farmacia sulla piazza (StegagnoDallaglio), dei Barosi (adiacente alla Farmacia), dei Carnevali
e dei Ghizzoni (metà via Matteotti).
71
Struttura e realtà degli edifici storici del Reggiolese
Tenuta Aurelia (1960)
Fronte ovest, con il grande
timpano sul corpo principale, l’antico palazzo padronale gonzaghesco. Ai lati,
nel corso del ‘700, vennero
alzate le due ali dei corpi
civili per ampliare la struttura abitativa. Marcapiani e
lesene nel corpo centrale,
portale con scalini per
l’atrio, luci regolari e simmetriche, davanzali in mattoni.
Villa Fassati (fine ‘800)
Venne costruita nel 1761 da
Luigi Gerolamo Saverio
Fassati, figlio di Camilla De
Preti, possidente reggiolese
e Evasio Ottaviano, marchese piemontese.
Il corpo centrale è collegato
alle due ali simmetriche,
con analoga struttura sul
retro che restituisce al complesso una struttura speculare. Marcapiani e facciate
architravate abbelliscono la
villa.
72
Palazzo Barchessoni - Bianchi
Fronte da Ovest. Ai lati dell a st r ut t ur a ci nq ue seicentesca furono costruite
le ali ribassate nel corso del
Settecento. Marcapiani, lunette nel sottotetto, luci regolari e simmetriche caratterizzano la struttura.
Palazzolo Galantini di Brugneto
Lungo la Provinciale Reggiolo-Guastalla, prospiciente il Palazzo Pavarini. La
struttura presenta ali laterali
sporgenti sul corpo principale, che fu già ampliato
lateralmente in una fase
precedente.
73
Nella pagina a fianco:
Carattere architettonico
dell‟edificio è la successione delle stanze nell‟organizzazione in
lunghezza.
Foto Giorgio Andreoli.
L’ EDIFICIO E LE CARATTERISTICHE
ARCHITETTONICHE E STORICHE
Lo stile della grande villa era all‟epoca impostato di norma a
grande semplicità ma non è possibile comprendere se
l‟impianto insediativo fosse originario o derivato da una ristrutturazione di precedenti organismi, come spesso avveniva negli
insediamenti realizzati in questo periodo.
Essendo stata edificata tra la fine del Cinquecento e gli inizi del
Seicento, i modelli di riferimento erano le Ville romane dei papi, banchieri e nobili, le Ville toscane della famiglia Medici o
di nobili a loro legati, le Ville venete e gli insediamenti in Villa
dell‟area padana, luogo così vicino alla realtà culturale della
grande ed importante città di Mantova.
Appare anche certo che il complesso non fosse concepito come
indipendente dalle aree circostanti in quanto la logica insediativa cinquecentesca concepiva gli organismi edilizi pensati insieme agli spazi circostanti in particolar modo al sistema del verde
che, con gli spazi pubblici o riservati rappresentava un
“contorno” essenziale delle grandi ville nobiliari.
Nella immagine a destra:
Il fronte Sud di Villa De Moll.
75
Il sistema del verde l’edificio.
Composizioni e finiture
Sin dal suo primo insediamento la villa è completata da un formidabile sistema del verde che la circonda completamente, sul
fronte sui lati e soprattutto sul retro. Il sistema del verde non è
un elemento a parte ma è elemento integrante e di completamento del costruito. L‟edificio senza il verde non avrebbe il
fascino e la qualità che manifesta ed allo stesso modo il sistema
vegetale risulterebbe non comprensibile senza la grande struttura architettonica della villa.
Le diverse parti esterne del verde sono state pensate e realizzate secondo i diversi usi e l‟immagine generale che si doveva
ottenere.
L‟area verde sul fronte sud può essere definita di
“rappresentanza” in quanto media il rapporto con la strada di
accesso. Si tratta dell‟area più pubblica e di maggiore qualità
estetica. Essa è formata da un grande portale di accesso in mattoni con cancello in ferro battuto. Il portale ed il cancello danno
accesso alla strada che conduce alla villa e che divide lo spazio
in due parti trattate a prato. Si tratta di quel prato tipico delle
ville padane e venete, una sorta di piattaforma di grande qualità
ed immagine che fa da supporto all‟architettura della villa. Verso i confini destro e sinistro sono due file di pioppi di grossa
struttura che hanno il ruolo di “incorniciare” l‟architettura della
villa e del prato definendo lo spazio e le proprietà. La strada
centrale che conduce alla grande villa, originariamente in sterrato o ghiaia, si allarga sul fronte formando uno spiazzo e mediando il rapporto con l‟ingresso alla casa.
Nella immagine sotto :
Il cancello e le colonne d‟ ingresso. Villa De Moll vista dalla provinciale Guastalla-Reggiolo, vista
Sud.
76
Nelle immagini a destra:
L‟ampio spazio verde sul fronte
sud di Villa De Moll, ai lati i due
filari di pioppi Cipressini.
Le aree laterali destra e sinistra erano originariamente utilizzate
con gli “edifici di servizio” quali stalle, granai, depositi, rimesse di attrezzature ed altro e le abitazioni del personale di servizio. Ancora oggi a destra e sinistra della grande villa De Moll,
seppure di altra proprietà, esistono ancora queste antiche strutture, in parte abbandonate o molto modificate architettonicamente e nelle finiture esteriori.
La zona esterna sicuramente più interessante è quella sul retro
della villa dove insiste ancora oggi il cosiddetto “parco privato”; si tratta di uno spazio che prende sicuramente origine da
quell‟ortus interclusus di origine rinascimentale tipico delle
grandi ville del quattrocento e del cinquecento. Anche se modi-
77
ficato nel tempo lo spazio verde è strettamente collegato con
l‟edificio e le sue finiture. Le piantumazioni di alto fusto sono
lavorate a semiciclo in corrispondenza dell‟accesso centrale.
Dietro la forma rotondeggiante delle piante insiste il sistema
del parco anch‟esso con alberi di alto fusto. L‟emiciclo rotondeggiante è completato dalla presenza di sculture raffiguranti
personaggi dell‟arte classica. All‟interno del bosco - parco è
ricavato un interessante organismo presente solo nelle più antiche e pregiate ville padronali cinquecentesche e là dove per
diversi motivi non era possibile realizzare locali seminterrati
sotto le abitazioni. Si tratta della “ghiacciaia”, una costruzione
quasi completamento interrata realizzata con mattoni che si
chiudono a cupola interamente ricoperta da terreno vegetale.
Lo scopo di questa costruzione, la sua suggestività e qualità
costruttiva, sapientemente ambientata naturalmente era quello
di conservare i cibi e le bevande; da qui l‟indicazione di ghiacciaia. All‟interno del grande vano, ancora oggi perfettamente
conservato, si riusciva in estate ad avere temperature molto
basse tanto da consentire egregiamente la conservazione dei
cibi. Oggi la “ghiacciaia”, nonostante il tempo trascorso è visitabile ed ancora predisposta per utilizzi vari.
78
Nella immagine sotto:
Vista aerea del parco, l‟asse centrale della strada di accesso e il
Palazzo. Impostazione tipica delle ville lombarde, veneto e padane a partire dal XVI secolo.
Nella prima immagine a destra:
Foglio di mappa n. 8 del Comune
di Reggiolo (2013), in scala
1:2000. Villa De Moll a Brugneto, lungo la provinciale per Guastalla.
Nella seconda e terza immagine:
Particolare della ghiacciaia, vano
esterno usato come frigorifero,
l‟ingresso e la volta interna in
mattoni.
Struttura architettonica e l’impianto originale.
Ricostruire la storia delle proprietà di villa De Moll non è stato
semplice, ma si è riusciti a descrivere un escursus evolutivo dei
diversi proprietari che si sono succeduti. Cosa ben più complessa è stata invece per gli architetti e gli operatori cercare di
comprendere quale fosse stata l‟evoluzione diacronica architettonica e storico-artistica dell‟edificio e quali interventi macroscopici si siano sviluppati nel tempo e con quali caratteristiche
di rilievo.
79
I riferimenti tipologici e storici.
Le informazioni storiche ci riportano dunque con una certa probabilità che all‟inizio del „600 la villa fosse già edificata dai
Riva. Non è dato sapere quale fosse la sua struttura e quale la
consistenza e se in quel momento fosse effettivamente terminata sia costruttivamente che dal punto di vista delle finiture
(forse no); certo è – sostengono gli architetti che hanno condotto le ricerche e progettato gli interventi per il restauro – che
l‟impianto presente oggi era già definito quando venne costruito. Lo stile della grande villa era all‟epoca incentrato di norma
a grande semplicità. Essendo stata edificata tra la fine del cinquecento e gli inizi del seicento, i modelli di riferimento erano
le Ville romane di papi, banchieri e nobili, da una parte, e le
Ville toscane della famiglia Medici e le Ville venete, dall‟altro.
La sua tipologia e la forma fanno capire bene che l‟impianto
insediativo è stato originario e non può essere derivato da una
ristrutturazione di precedenti organismi, come spesso avveniva
negli insediamenti realizzati in questo periodo. L‟impianto planimetrico generale a forma lineare allungata, con elementi architettonici di testata rappresentati da quattro torrette simmetricamente disposte a sud, nord, est ed ovest, sono tali da sembrare quattro bastioni di un castello fortificato. La lettura planimetrica dell‟immobile riporta un elemento lungo a doppio corpo
orientato est-ovest con esposizione a nord e a sud, con sulle
testate est ed ovest i due torrioncini che si distaccano con un
dente dal corpo centrale lineare. Il doppio corpo è realizzato
con la sistemazione di due cortili (o chiostrine) interni che avevano il compito di dare luce ed aria alle due stecche con esposizione principale a sud e nord.
Nella immagine sopra:
Veduta d‟insieme a Sud-Est, le
torrette agli angoli.
Nella immagine a fianco:
Veduta dal basso verso l‟alto
della facciata posteriore a Nord.
80
L’esterno
Percorrendo la strada che da Reggiolo porta verso Brugneto è
impossibile non essere attratti dalla grande villa De Moll oggi
di proprietà Pavarini nella sua imponenza e qualità esteriore.
L‟impianto architettonico – edilizio generale è di forma lineare
allungata, con elementi architettonici di testata rappresentati da
quattro torrette simmetricamente disposte a sud, nord, est ed
ovest; la loro forma e posizione sono tali da assomigliare a
quattro bastioni di un castello fortificato.
La lettura planimetrica dell‟immobile riporta un elemento lungo a doppio corpo orientato est-ovest con esposizione a nord e
a sud, con sulle testate est ed ovest le quattro torrette che si distaccano con un dente dal corpo centrale lineare. Il doppio corpo è realizzato con la sistemazione di due cortili (o chiostrine)
interni che avevano il compito di dare luce ed aria ai due corpi
di fabbrica con esposizione principale a sud e nord. Le altezze
esterne ed interne dei vari elementi sono variabili con i locali
del piano terra di altezza più modesta, forse modificata nel
tempo ed i locali del piano nobile molto alti. Più bassi sono i
locali del secondo piano, luoghi ove nel tempo sono avvenute
le più rilevanti modifiche.
Nella immagine sotto:
Prospetto Sud.
La composizione architettonica della facciata principale a sud
visibile dalla strada è organizzata in un grande corpo centrale a
tre livelli coperto da un imponente tetto a padiglione; le due ali
simmetriche ad esso connesse verso est ed ovest, sono articolate in due piani; le testate dei due corpi di fabbrica allungati così
strutturati terminano con le quattro torrette laterali che si caratterizzano come autonome sia architettonicamente che figurativamente.
La caratteristica principale della facciata sud è quella di essere
stata trattata con intonaco dipinto di sicura matrice tardo settecentesca-ottocentesca del tipo neoclassico.
Ci troviamo in presenza di una tipica “architettura dipinta” di
buon valore formale ed artistico con raffigurazione di cornici,
81
riquadri, trabeazioni archivolti dritti e rotondeggianti; il tutto
aveva il compito di unificare le diverse parti architettoniche e
generare un disegno che fosse elemento unificante dell‟insieme
che si coordinava con gli elementi in pietra del portale
d‟ingresso con balconata e delle cornici delle finestre al piano
terreno.
Oggi, questo sistema dipinto, è difficilmente leggibile poiché i
decori sono sbiaditi nel tempo. Solo ad una osservazione attenta sono ancora leggibili gli elementi essenziali dei dipinti.
Le finestre del piano terreno sono contornate con delle cornici
lavorate in pietra del tipo tardo settecentesco; i contorni delle
finestre del primo piano sono invece affidati al disegno della
poco visibile architettura dipinta. Il secondo piano del corpo
centrale manifesta una impostazione ed un disegno del tutto
autonomi tanto da dimostrare nei fatti l‟aggiunta posteriore di
tutto il corpo di fabbrica.
Il corpo centrale, più alto delle ali, diversamente dalle altre parti componenti, evidenzia una cornice di raccordo tra la parete e
la sporgenza del tetto molto ben disegnata e lavorata in calce e
gesso su telaio in legno a modo di coronamento che circonda
tutto il perimetro del parallelepipedo.
82
Nella immagine sotto:
Veduta del balcone con portale,
accesso Sud della Villa.
Nella immagine a fianco:
Particolari della facciata Sud.
Il portale con loggia, posto al centro della facciata sud, è
un‟opera semplice ma interessante che denota i caratteri ottocenteschi evidenziando tutti gli elementi tipici di questo periodo: le colonne esili con leoni alla base non incastrati sotto la
colonna ma accostati ad essa sul fronte, le trabeazioni in pietra
tipicamente ottocentesche, le nicchie dipinte sotto il corpo del
balcone con figure della mitologie greca e romana, la grande
balconata luogo di uscita esterna del grande salone al primo
piano e centro della facciata dalla quale si può guardare la strada ed il grande spazio antistante la villa con il suo contorno di
alberature. Infine, l‟incassato portale, coronato da un timpano
tipicamente neoclassico con stipiti ed arco lavorati a bugne a
83
modo della facciata posteriore e della grande architettura progettata e realizzata da Giulio Romano nel vicino Palazzo Te di
Mantova.
Il gioco di elementi compositivi della facciata si completa al
piano terra con le due nicchie, accostate al muro negli angoli
proprio nelle posizioni dove le torrette avanzano volumetricamente e con le sei statue, tutte realizzate in pietra e simmetricamente disposte davanti alla fronte principale raffiguranti figure
mitologiche: le prime due a destra e sinistra poste su una nicchia di facciata al piano terra altre due poste nei punti ove le
torrette formano lo spigolo con la facciata principale avanzando verso due, le ultime due poste distaccate dalla facciata poste
grosso modo in corrispondenza delle due torrette. Questa statuaria fa parte della tradizione neoclassica e rispetta appieno i
canoni realizzativi di quel periodo.
L‟assetto compositivo della facciata sud che oggi leggiamo è il
probabile risultato di diverse lavorazioni che ne hanno progressivamente mutato composizione e trattamenti. La prima è quella relativa all‟eliminazione del possibile grande scalone esterno
che, nella possibile organizzazione cinquecentesca dava accesso al piano nobile direttamente dallo spazio esterno, la seconda
è la creazione del secondo piano sopra il corpo centrale. Questi
interventi, avvenuti probabilmente durante i lavori ottocenteschi, resero necessaria la realizzazione di un nuovo portale con
loggia e balconata all‟ingresso e la creazione della vasta (oggi
purtroppo difficilmente visibile) architettura dipinta di facciata
attraverso la quale il fronte sud doveva probabilmente riconquistare una sua unitarietà, due realizzazioni che ricostituissero in
un certo senso, l‟assetto architettonico, compositivo e visivo
della grande villa.
Sul retro, la facciata nord merita un approfondimento particolare forse perché è con molta probabilità la più antica del fabbricato. Il sistema di lavorazione generale di questo fronte è caratterizzato da una lavorazione in stipiti ed archivolti realizzata
mediante l‟utilizzo di un sistema compositivo di mattoni sagomati a forma di “bugne”. I mattoni, incastrati sulla facciata si
articolano in stipiti ed archi a tutto sesto e ribassati, composti
secondo un disegno che investe tutto il piano terreno sino agli
spigoli delle due torrette. All‟interno delle forme e delle sagome, sempre in posizione simmetrica, erano ricavati negli archi
più piccoli due pitture delle quali è oggi rimasta solo quella sul
lato destro con una visibile ed interessante sinopia. La mancanza assoluta di colore residuo della sinopia ci fa pensare, forse,
che questa figura sia stata impostata, ma forse mai realizzata.
Lo stile e la forma della figura, perfettamente ricalcante le for-
84
Nella immagine sotto:
Particolare della lavorazione del
bugnato. Evidente il riferimento
al vicino Palazzo del Te, Mantova, di Giulio Romano.
Nella immagine sotto:
Parte centrale della Villa de Moll
il fronte Nord.
me ottocentesche, ci porta anche a considerare se essa possa
essere di proposizione tarda, forse ottocentesca.
La lavorazione con archi e bugne, in sé molto semplice e non
raffinatissima, è finita poi da una interessantissima colorazione
rosso sanguigno (non sappiamo se originale o aggiunta in tempi più recente), molto suggestiva e caratterizzante tanto da conferire alla facciata una chiara impronta architettonica.
Il sistema di stipiti ed archi più o meno grandi non è casuale o
un semplice abbellimento di facciata, ma è eseguito in perfetta
corrispondenza con la partizione delle stanze interne. Le dimensioni differenti degli archi posti sulla facciata, sempre secondo uno schema simmetrico, ritrova al proprio interno
l‟occasione di ricavare, porte di accesso alla casa o finestrature
corrispondenti alle stanze. Tutto questo significa probabilmente
che gli ambienti interni e l‟esterno siano stati progettati e composti in modo coordinato secondo una possibile matrice cinquecentesca.
Lo stesso tipo di lavorazione, più elegante e raffinato, è ripreso
al primo livello ed ai livelli superiori delle due torrette da una
lavorazione simile delle finestre con stipiti ed architrave orizzontale che richiama lo stile del piano terra ma assume colorazioni neutre.
Nell‟osservare questo sistema compositivo ancora una volta
85
non può non venire in mente il riferimento ad una delle più importanti opere del rinascimento italiano realizzata a pochi chilometri da Brugneto nella vicina Mantova nella importante opera architettonica di Palazzo Te, realizzata nel cinquecento dal
grande Giulio Romano.
Le due facciate laterali est ed ovest sono caratterizzate dalla
imponente presenza delle due torrette che si evidenziano sul
fronte e sul retro. Il corpo di fabbrica che connette i due elementi architettonici principali è più basso e funzionale al raccordo. Non si evidenziano particolari caratterizzazioni architettoniche e formali. Le murature sono coperte da intonaci che per
grandi linee riportano le parti dipinte del fronte. Ogni torretta è
esteticamente lavorata con riferimento alle due facciate principali: quella sul fronte con intonaci dipinti, quella sul retro con
il mattone bugnato laterale agli angoli e stipiti. Il corpo della
torretta è finito nella parte terminale sotto la copertura da un
sistema di pitture con ruolo visivo di finti cornicioni di coronamento.
Nella immagine sotto:
Veduta della porzione Nord-est
della facciata posteriore.
86
Nella immagine sopra:
Una delle chiostrine al piano terra.
L’interno
All‟interno, le stanze componenti la grande villa, sono al piano
terra organizzate simmetricamente rispetto ad un corpo centrale
passante nel senso sud-nord presente in tutti e tre i piani (terra,
primo e secondo) formato strutturalmente da tre comparti: il
primo quello centrale effettivamente passante, i due laterali ad
est ed ovest strutturati in stanze e servizi generali come il vano
scala che conduce sino al secondo piano centrale ed al sottotetto. I secondi piani delle torrette sono raggiungibili da piccoli
corpi scala sagomati e formati in tempi successivi l‟impianto
originale e le modifiche settecentesche con caratteri forme e
materiali del tutto autonomi.
Il corpo centrale più alto delle ali rappresenta un po‟ il cuore
della costruzione con le due grandi stanze passanti sovrapposte
sui due piani, che possono essere senza dubbio considerate la
parte più nobile del complesso.
La composizione architettonica e tipologica dell‟edificio, per
interrompere la profondità del corpo di fabbrica e le file di
stanze contigue dei locali abitabili, ha concepito la simmetrica
presenza (a destra e sinistra della zona centrale) di due chiostrine o cortili interni che, seppure di dimensioni differenti l‟una
dall‟altra, permettono di dare aria e luce ai locali al piano terra
ed al primo livello tale che lo spessore del corpo costruito si
riduce. A di là della funzionalità delle chiostrine gli spazi interclusi estremamente riservati che esse generano sono veramente
interessanti.
Una ulteriore suggestiva parte del fabbrica è sicuramente quella
del sottotetto del corpo centrale, ambiente vasto ed aulico tipico dei complessi residenziali di questo tipo, luogo ove sono
manifeste tutte le strutture lignee della copertura che si conservano ancora in buona parte con la loro qualità e caratterizzazione.
87
Caratteristiche geometriche, dimensionali e
tipologiche
Villa Riva-De Moll è un edificio organizzato tipologicamente
in lunghezza in modo lineare nel senso Est-Ovest, lungo in totale m. 70,70 e largo m. 27,70 nelle sezioni terminali dove sono
posizionate le torrette. L‟altezza è di m. 16 al colmo del tetto, e
di m. 9,30 alla gronda nelle ali laterali ribassate rispetto al corpo centrale. Il fronte principale dove è posizionato l‟ingresso è
rivolto a Sud, verso la strada di accesso, mentre il retro guarda
a nord verso il giardino privato.
Il piano terra
Percorsa la lunga strada di accesso alla Villa si accede
all‟edificio dall‟entrata che è divenuta nel tempo la principale;
qui ci si trova in un ampio salone a volta dipinto in fondo al
quale si evidenzia bene un secondo finestrone che da sul giardino retrostante.
Le murature del piano terra si trovano a diretto contatto con i
terreni di fondazione senza la mediazione di piani rialzati o seminterrati. Questo contatto ha nel tempo fatto si che le murature assorbissero grandi quantità di acqua a causa del fenomeno
fisico della capillarità. L‟umidità di risalita ha rovinato progressivamente gli intonaci dipinti con aree umide tanto da suggerire la rimozione di vaste porzioni di intonaco dipinto a contatto con il pavimento, destino purtroppo toccato a tutte le stanze del piano terreno.
Dal salone, che da sempre è stato parte essenziale ed importante della casa, si possono effettuare vari percorsi: immediatamente a destra verso est con affaccio sul fronte sud dove troviamo una prima stanza affrescata che conserva ancora buoni
valori storico artistici con soffitto lavorato a volte lunettate ed
altre tre stanze in serie che hanno purtroppo perduto tutti i de-
88
Nella immagine sotto:
Pianta piano terra.
Nella immagine sotto:
Veduta della chiostrina interna
lato Ovest.
cori originali ma conservato fortunatamente delle interessanti
volte lunettate con struttura portante in travi lignee.
Immediatamente a sinistra verso ovest sempre con affaccio sul
fronte sud si trova una prima stanza affrescata con grande camino contornato da una interessante cornice marmorea; la stanza conserva buoni valori storico artistici, un bel soffitto lavorato a volte lunettate; sullo stesso percorso si susseguono una serie di altri vani che in tempi recenti hanno subito molte modifiche e perduto la traccia delle finiture originali.
Al centro del vano a destra verso est è realizzato un piccolo
Nella immagine accanto:
Piano terra, stanza restaurata.
89
locale archivoltato che risulta essere luogo di passaggio verso il
cortile o chiostrina, mentre a sinistra verso ovest è realizzato il
vano scala con affaccio verso il cortile o chiostrina ovest, che
conduce dal piano terra al primo livello.
In fondo al locale centrale a destra verso est, con affaccio sul
fronte nord, è realizzato un primo locale affrescato con dipinti
di discreta qualità storico artistica, con bel soffitto lavorato a
volte lunettate ed un grande camino; da questo locale si passa
ad un vasto ambiente dalla forma allungata con rare finiture
storico-artistiche; la parete che affaccia sul cortile manifesta
due ampi archi a tutto sesto chiusi oggi da vetrate.
Quest‟ultimo ambiente era quello storicamente utilizzato come
cappella della villa. I riscontri architettonici di questo utilizzo
sono costituiti dalla presenza di due resti abbastanza importanti
rappresentati da un portalino neoclassico posto nel cortile ad
est che conteneva un varco di accesso alla chiesa e una piccola
finestra passante che dal vano della cappella permetteva il passaggio di oggettistica religiosa verso lo stretto locale retrostante
utilizzato probabilmente come sacrestia.
Non sappiamo quale potesse essere la forma originale di questo
ambiente, sicuramente non cosi allungata. È probabile che la
piccola cappella, dove già dalla fine del settecento si svolgevano funzioni religiose autorizzate dalla Santa Sede, fosse dotata
90
Nella immagine sotto:
Piano terra, stanza restaurata,
pareti a soffitto.
di un atrio antistante che aveva la funzione di filtrare l‟ingresso
allo spazio religioso.
In fondo al vano centrale passante verso est con affaccio sul
fronte nord, è realizzato un primo locale affrescato con dipinti
di discreta qualità storico artistica che conserva buoni valori
con soffitto lavorato a volte lunettate; da questo locale si passa
ad ambienti di servizio molto modificati nel tempo senza valori
architettonici e storico artistici di rilievo ed una serie di stanze
utilizzate oggi e nel tempo come magazzini, cucine, depositi e
quanto di servizio necessario alla grande villa.
Nella immagine sotto:
Piano terra, stanza restaurata,
pareti e soffitto.
91
Nelle immagini:
Veduta di stanza al piano terra,
dopo il restauro.
Particolare del soffitto affrescato.
Nella immagine:
Particolare pareti piano terra.
Nelle immagini:
Particolari delle pareti e dei soffitti del piano terra.
Il primo piano
Superate le scale, ci si ritrova nel grande spazio centrale passante nord-sud che può essere definito senza ombra di dubbio il
vero cuore pulsante della villa. Mentre l‟ambiente del piano
terreno è collegamento con l‟esterno sul fronte e sul retro, quello del primo piano è dotato di due importanti balconate che
rappresentano i “belvedere” verso l‟esterno, il primo a sud verso lo spazio dell‟ingresso con i due grandi prati verdi ed i pioppi, il secondo a nord verso il giardino privato ed il parco - bosco.
L‟altezza di piano, la luce, la raffinatezza dei decori delle volte
e delle pareti, le pavimentazioni ed i due grandi finestroni non
Nella immagine:
Pareti a volta restaurate al primo
piano.
94
lasciano dubbi sul fatto che questo spazio sia stato forse già
cinquecentesco l‟ambiente di rappresentanza, forse il salone
delle feste, il luogo insomma dove si accoglievano gli ospiti
della Villa.
Dal grande vano centrale verso sinistra e destra con affacci a
sud e nord troviamo una serie di stanze decorate con tematiche
di matrice sette-ottocentesca tutte differenti le une dalle altre,
così come sono differenti le coperture che variano dai soffitti
voltati e dipinti, ai soffitti cassettonati con manifeste strutture
lignee quasi sempre dipinte.
Dalla grande sala centrale si possono effettuare vari percorsi:
Nella immagine sopra:
La scale di accesso al primo piano.
Nella immagine sotto:
Uno dei saloni restaurati del primo piano.
A destra del vano principale centrale verso est con affaccio sul
fronte sud dove troviamo una serie concatenata di stanze tutte
affrescate delle quali la prima stanza è sicuramente quella più
pregiata. I soffitti sono differenti: il primo trattato a volte lunettate, gli altri con travature lignee e cassettoni finemente dipinti.
Dopo questa serie di quattro stanze, superato un piccolo disimpegno si passa ad un ulteriore ambiente, anch‟esso di grande
qualità con pareti dipinte e soffitto a cassettone ligneo, corrispondente con il corpo della torretta a sud-est.
95
A sinistra del vano principale centrale verso ovest con affaccio
sul fronte sud troviamo una serie concatenata di stanze tutte
affrescate sulle pareti e dove esistenti sui soffitti i quali risultano differenti il primo trattato a volte lunettate, gli altri con travature lignee e cassettoni finemente dipinti. Dopo questa serie
di quattro stanze, superato un piccolo disimpegno, anche in
questo lato, si passa ad un ulteriore ambiente, anch‟esso di
grande qualità con pareti dipinte e soffitto a cassettone ligneo,
corrispondente con il corpo della torretta a sud-ovest.
A destra del vano principale centrale verso est con affaccio sul
fronte nord è realizzato un primo locale affrescato con dipinti
di discreta qualità storico artistica con soffitto lavorato a volte
lunettate ed un grande camino. Il secondo ambiente sullo stesso
lato è stato realizzato con la forma di una “galleria” interamente dipinta sia sulle pareti con un soffitto del tipo a cassettone
dove le travature lignee dipinte si alternano con i quadrotti in
controsoffitto.
Questo ambiente è senza ombra di dubbio uno dei più pregiati
della grande villa di Brugneto; tutte le pareti sono coperte da
dipinti e decori che in questo caso sono di qualità molto particolare con toni in monocromo e figure di forme stilistiche raffinate. Si tratta della “Sala del sole” con tre dipinti firmati da Fe-
96
Nella immagine sotto:
Cassettoni lignei restaurati al
primo piano.
lice Campi (Mantova 1746 - 1817) artista classicista allievo del
Bottai che operò prevalentemente nel recupero e ripristino di
molte opere del cinquecento a Mantova e nei dintorni e che,
con la sua opera di restauro e ripristino, seppe interpretare quel
classicismo e quegli stili tipici del cinquecento mantovano.
L‟ultima stanza su quel lato corrispondente allo spazio del primo piano è ricavata all‟interno della torretta a nord-est; si tratta
di un ambiente di buon livello storico artistico completamente
dipinto sulle pareti e trattato con cassettone dipinto sul soffitto.
Nella immagine sotto:
Volta restaurata al primo piano.
A sinistra del vano principale centrale verso ovest con affaccio
sul fronte nord è realizzato un primo locale affrescato con dipinti di discreta qualità storico artistica e soffitto lavorato a volte lunettate; da questo locale si passa ad un ambiente che ha
subito diversi interventi nel tempo ripristinato nella sua spazialità dopo i lavori di restauro susseguiti agli eventi sismici del
2012.
All‟interno del secondo piano esistono altre stanze poste verso
ovest e verso est come ambienti raccordo tra le torrette a sud e
nord ma sono ambienti molto modificati nel tempo all‟interno
dei quali esistono rare permanenze architettoniche e storico artistiche ad esclusione di soffitti lasciati con strutture lignee a
vista.
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Nella immagine:
Stanza restaurata del Primo Piano.
Nelle immagini:
Particolari di stanze restaurate del
Primo Piano.
Nella immagine a fianco:
Cassettoni lignei consolidati e
restaurati al primo piano.
Nelle immagini:
Particolari dei dipinti. Nel restauro sono stati attentamente conservati tutti i “valori” delle pareti
architettoniche storico-artistiche.
Nelle immagini:
Particolari dei decori.
Le pavimentazioni originali della
Villa, sono state tutte conservate.
Nelle immagini:
“Sala del sole”, dipinti di Felice
Campi, 1746-1817.
Nelle immagini:
Figure restaurate della Sala del
Sole.
Nella immagine sotto:
Volte e pareti restaurate al primo
piano.
Nella immagine:
Veduta di stanza passante con
affaccio su uno dei cortili.
Nella immagine a fianco:
Particolari delle figure della Sala
del Sole. Da notare la pittura monocromatica di elevato livello
qualitativo, con in evidenza dei
dipinti di Campi.
Il secondo piano
Dell‟insieme della grande villa di Brugneto si elevano in secondo piano quattro parti: la parte centrale posta sopra le stanze
passanti e le torrette simmetriche ai quattro vertici della costruzione nelle quali insistono ambienti non accessibili e non utilizzati.
Il secondo piano del blocco centrale è stato sempre utilizzato
con una serie di locali predisposti per alloggiare gli abitanti
della casa, forse la servitù. Al centro del corpo di fabbrica si
ripropone lo stesso ampio locale passante sud-nord dei due piani inferiori.
Le dimensioni planimetriche sono le stesse ma non è invece
uguali l‟altezza interna, la qualità delle finiture, il trattamento
della soffittatura. Sono infatti ancora oggi visibili a vista splendide travature lignee originali; il pavimento in cotto risultava
prima delle opere di restauro molto sconnesso tanto da consigliare la realizzazione di un sovra pavimento in legno oggi rimosso.
Dal questo ambiente centrale si può accedere ai soliti quattro
locali laterali simmetricamente disposti. Questi ambienti, semplici ma molto interessanti erano stati fortemente modificati nei
recenti anni del novecento mediante chiusura di finestrature,
controsoffitti, pavimenti in legno ed altre sovrastrutture che
avevano fatto completamente perdere le finiture e gli assetti
originali. Tutti e quattro gli ambienti simmetrici di testata sono
dotati di un grandi camini di fattura molto semplice del tipo
storico ottocentesco.
Le forme, la struttura e l‟organizzazione dei locali rivelano
chiaramente utilizzo abitativo storico di tipo piuttosto modesto
(forse della servitù della casa). Uno solo di questi ambienti
(quello a destra dello spazio centrale con affaccio a nord) era
arricchito con pareti e soffitto decorato, tutte finiture in parte
perdute a causa del tempo e degli eventi sismici.
Il locale al centro verso destra, come quelli ricavati ai piani inferiori è un vano di piccole dimensioni che affaccia sul cortile
102
Nella immagine sotto:
Sezione longitudinale sulla scala.
est e sui tetti che non ha collegamenti con lo spazio centrale ma
che è connesso con i locali a sud e nord dimostrando chiaramente che esso era parte integrante di una abitazione.
Nella prima immagine:
Veduta di stanza con camino al
secondo piano.
Nella seconda immagine:
Stanza con finestra riaperta.
103
Il sottotetto
Nelle abitazioni storiche i sottotetti sono normalmente spazi
non abitabili ed accessibili solo per il controllo delle strutture
lignee portanti delle strutture di copertura, il controllo delle infiltrazioni delle acque meteoriche, il controllo infine delle strutture portanti e dello stato di degrado dei soffitti in cannucciato
nel caso ci si trovi in presenza di soffitti come quelli della villa
o infine il controllo delle travature portanti dei cassettoni lignei. A Villa De Moll la maggior parte dei sottotetti non sono
praticabili e non sono di fatto utilizzati ad eccezione della torretta a nord-ovest utilizzata come abitazione e dell‟ampio sottotetto della corpo centrale. Le dimensioni degli ambienti di sottotetto del corpo centrale sono molto elevate ma la sua più
grande suggestività sta nel fatto che questo spazio è luogo di
manifestazione di tutte le strutture lignee e murarie portanti
della copertura. Il tempo e gli uomini hanno generato in questo
spazio una serie di opere strutturali, adattamenti e modifiche di
elevato interesse, per cui oggi è possibile leggere raccordi di
elementi strutturali in legno della copertura, aggiunte sempre in
legno, riparazioni in legno e muratura. Le strutture murarie di
sostegno sono state conformate secondo le necessità e senza
elevata perizia, tanto che il sisma ha operato numerosi dissesti
ed ampie lesioni su elementi poco pensati per resistere alle forze della natura ma molto legati alla fantasia strutturale dei capomastri.
Durante i lavori di restauro è stato rinvenuto un “condotto” incassato nella muratura delle dimensioni di 30 x 20 centimetri
circa utilizzato probabilmente per trasferire le granaglie (grano,
orzo, riso o altro) dal sottotetto al piano terra; questo rinvenimento prova che questo spazio era in passato utilizzato anche
come deposito di derrate alimentari come il grano, il riso ed
altro, portati forse qui per l‟essiccazione ed il migliore mantenimento.
Nella immagine:
Scala di accesso al sottotetto.
Nella immagine a sinistra:
Il sottotetto prima dell‟intervento
di restauro.
104
Nelle immagini:
Il sottotetto dopo gli interventi di
restauro. Murature e strutture
lignee recuperate.
Nelle immagini:
Particolari delle strutture lignee
del sottotetto dopo i restauri.
La composizione strutturale e le parti resistenti.
L‟architettura e la composizione della grande villa De Moll è il
frutto di una organizzazione strutturale di materiali, tecnologie
e tecniche che nel tempo hanno permesso la realizzazione di
questo importante edificio.
Uno dei criteri essenziali per comprendere una architettura storica è la fase della conoscenza della costruzione attraverso studi ed analisi morfologiche e tipologiche degli elementi costruttivi, analisi tecnologiche sui materiali ed analisi tecniche sulle
qualità e resistenze della varie parti strutturali. Il tutto ha lo
scopo di individuare gli elementi strutturali attraverso il riconoscimento della morfologia, della tipologia e delle tecniche costruttive.
Uno dei metodi storici per fare questo, prevede innanzi tutto
l‟ispezione visiva, quindi l‟utilizzo di strumenti e tecniche moderne di indagine ed introspezione all‟interno dei materiali.
Nel caso di villa De Moll sono state utilizzate diverse tecniche
che hanno consentito la determinazione della tipologia e della
geometria degli elementi resistenti dell‟edificio.
La muratura. Il primo degli elementi strutturali esaminati è la
muratura. Essa è risultata essere costituita da un‟unica tipologia
nell‟intero edificio, riconducibile a una “muratura in mattoni
pieni legati da malta di calce”. Lo studio effettuato sulle murature ha evidenziato tipologie di strutture molto differenti. Talvolta i risultati hanno fornito qualità strutturali buone, altre volte si è riscontrata la presenza di murature scomposte, di scarsa
qualità e soprattutto la presenza di calci e leganti di qualità
molto scadente tali da rendere le murature nel loro complesso
molto deboli e facilmente sottoposte a dissesti e stati lesionativi. Le murature presenti a villa De Moll sono risultate di diversi spessori; talvolta gli spessori sono stati ritenuti idonei, altre
volte molto esili tanto da non sopportare i carichi affidati. Carenze evidenti sono state rilevate nei punti in cui le murature si
innestano con altre murature trasversali. In questi punti, se le
tecniche costruttive non hanno messo in opera adeguati ammorsamenti, ossia innesti tra i mattoni, le murature basse tendono a distaccarsi a scollarsi generando evidenti lesioni. In due
punti della costruzione le murature hanno manifestato più evidenti problemi: al piano terra e sulla sommità in corrispondenza dell‟appoggio del tetto. Al piano terra le murature sono risultate imbibite di umidità di risalita per capillarità; questo fenomeno corre il rischio di indebolire le strutture murarie alla
base ed a diretto contatto con il terreno, ossia dove vi è la necessità di una maggiore solidità e portanza muraria. Sulla testata superiore delle murature all‟appoggio delle coperture, punto
in cui le incoerenze murarie, la mancanza di cordoli trasversali
106
che legano la struttura muraria, hanno generato vasti dissesti ed
i movimenti delle strutture lignee del tetto poco legate con gli
apparati murari stessi.
Le solette. Una seconda tipologia di analisi e studi è stata effettuata sulle solette ed i piani di calpestio, chiamati anche solai o,
in termini più scientifici, orizzontamenti.
Dallo studio effettuato gli orizzontamenti presenti a villa De
Moll sono risultati di diversi tipi:
• Solai in legno con doppia orditura di travi e tavolato con orditura principale e secondaria di travi in legno, al di sopra delle
quali è posto un tavolato di spessore 4cm, sempre in legno, seguito da un riempimento sciolto, da uno strato di malta e da un
pavimento in cotto, per uno spessore totale del pacchetto di 14
cm.
• Solai in travi di legno e volticine in mattoni con le travi principali sono degli elementi lignei di sezione 24 x 24 cm, su di
esse sono appoggiate le volticine in mattoni pieni, mentre al di
sopra di queste ultime troviamo un riempimento in materiale
sciolto completato all'estradosso da una caldana in malta e pavimento in cotto; l‟intradosso del solaio è quindi completato
con uno strato di intonaco che coinvolge solo le volticine.
• Solai in laterocemento con gli elementi principali costituiti da
travetti in c.a.p. ad interasse di 50 cm, separati da elementi di
alleggerimento e strutturalmente completate con soletta gettata
in opera di 3 cm; al di sopra segue pacchetto di finitura, realizzati evidentemente in tempi molto recenti.
• Solai in legno con doppia orditura di travi e pianelle con orditura principale e secondaria in travi di legno, al di sopra delle
quali è posto un pianellato di elementi in laterizio. Tranne che
nei solai di sottotetto agli elementi sopra descritti seguono un
pacchetto di finitura costituito da materiale incoerente di riempimento, caldana di malta e pavimentazione.
Gli orizzontamenti sono stati realizzati in tempi differenti e risentono delle tecnologie e tipologie costruttive del momento di
esecuzione.
Per ognuno dei diversi tipi di solette è stato necessario individuare le forme di degrado o di vulnerabilità (ossia la predisposizione a degradare nel tempo e per effetto di eventi sismici) ed
individuare le tipologie di consolidamento e capacità di resistere nel tempo.
Le volte. Una ulteriore tipologia di struttura orizzontale presente nella costruzione è rappresentata dalle “volte a botte”, una
tipica costruzione storica in uso da secoli negli edifici antichi.
Le volte analizzate a villa De Moll sono in mattoni pieni posati
in foglio con uno spessore della parte strutturale in mattoni di 5
107
cm.; durante i lavori è stato interessante scoprire che al di sopra
della struttura compositiva si trova un interessante sistema di
cordonature ed uno strato variabile di riempimento in materiale
incoerente ricoperto dalla pavimentazione. All‟intradosso tutte
le volte della Villa sono intonacate da uno strato di intonaco
che esteriormente è stato dipinto. L‟esiguo spessore, nonostante le cordonature superiori, non ha impedito alle strutture di
lesionarsi in più punti tanto da rendere necessario un intervento
sistematico di consolidamento e miglioramento della risposta
strutturale in seguito ad eventi sismici.
Le strutture lignee. Come in tutte le costruzioni storiche la travi
lignee hanno avuto un ruolo essenziale nella formazione delle
solette e soprattutto delle coperture dell‟edificio. A villa De
Moll si è riscontrato un vasto uso di legno nella realizzazione
di orizzontamenti e coperture. Si tratta di antiche travi con lavorazioni a mano, strutture che esprimono una immagine esteriore e suggestività di elevato livello qualitativo.
Le indagini effettuate hanno portato a riconoscere tre tipi di
legni: l‟Olmo tipico delle aree fluviali, l‟Abete bianco proveniente dalle aree appenniniche, il Rovere materiale diffuso ampiamente in molte zone italiane.
I legni antichi lavorati all‟ascia hanno una suggestività tutta
propria ed una caratteristica qualitativa di grande valore estetico.
Nell‟analisi effettuata gran parte della struttura lignea è risultata rovinata e talvolta incapace di sopportare i carichi che le normative antisismiche impongono (per quanto riguarda le caratteristiche di resistenza e rigidezza considerati per tali materiali si
è fatto riferimento a quanto riportato nelle istruzioni CNR-DT
206/2007 alla tabella 18-3). Si è dovuto pertanto effettuare una
analisi molto attenta per capire quali delle strutture lignee componenti doveva essere conservata e quale sostituita con nuovi
legni.
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Nelle immagini:
Strutture lignee dei solai, consolidate e restaurate.
Nella logica del restauro quasi
tutte le strutture lignee portanti
sono state conservate e ripristinate.
Nella pagina a fianco:
Disegni di particolari di solai.
Nella immagine:
Consolidamento dei solai lignei.
I materiali, i colori e le finiture
I materiali considerati strutturali sono l‟essenza di una costruzione, la parte resistente, la componente strutturale.
Nelle stanze più pregiate e comunque di più elevata qualità
questi materiali sono stati addolciti e presentati con una serie
articolata di finiture che sono gli intonaci dipinti dati sulle pareti e sulle volte, le strutture in cannucciato dipinte posate a
modo di volte finte sotto le travature delle solette o le stesse
strutture lignee delle solette formate da travi principali e secondarie a loro volta scialbate e dipinte.
Queste tipologie di lavorazione per così dire estetiche sono state realizzate nel tempo da artisti diversi ed hanno raggiunto livelli qualitativi differenti e sono comunque oggi la parte maggiormente evidente della struttura, quella dove si posa la maggiore attenzione visiva.
110
Nella immagine sotto:
Particolare del camino dopo i
restauri.
Nelle immagini:
Particolare dei materiali per le
finiture. Sabbie e calce quali
elementi essenziali del restauro.
Nelle immagini:
Particolare dei materiali lignei.
Le travi originali sono state
smontate, verificate e restaurate
per essere poi ricollocate in situ.
Nelle immagini:
Le finiture dei pavimenti in cotto
e dei decori.
Le qualità artistiche
La caratteristica principale di una costruzione come Villa De
Moll non è solo quella degli spazi esterni, interni e delle parti
architettoniche componenti, ma è anche e soprattutto quella
delle finiture, pitture, decori ed elementi storico artistici presenti. Questi elementi rappresentano senza dubbio i valori essenziali dell‟immobile e non possono essere in nessun modo
scissi dalle componenti architettoniche e dal sistema di distribuzione dei locali. Architettura ed arte sono elementi inscindibili per organismi di questo carattere, anzi non sbagliamo nel
dire che i due elementi si completano ed arricchiscono l‟uno
con l‟altro.
Il decoro artistico e le pitture dell‟interno rappresentano
l‟elemento qualitativo della villa, ne sono l‟essenza in quanto
uno dei ruoli storici delle ville di storiche, era quello di rispondere ai valori ludici ed alla piacevolezza dello stare in ambienti
naturali ed architettonici che fossero belli e qualitativamente
validi sia all‟esterno che all‟interno oltre al mostrarsi con qualità e magnificenza agli ospiti della famiglia e mostrare nel contempo il valore e l‟importanza della famiglia stessa.
E‟ veramente raro trovare una villa suburbana con una quantità
112
Nella immagine sotto:
Stanza restaurata del primo piano. Ogni stanza di Villa De Moll
è stata decorata con una trattazione specifica ed un disegno proprio.
Foto di Giorgio Andreoli.
di decori di queste proporzioni; normalmente le case esterne ai
centri abitati si manifestavano molto più semplici ed umili rispetto alle più ricche case di città.
La vastità, quantità e qualità di decori e finiture di alto valore
storico-artistico di Villa De Moll è forse motivata dal fatto che
la famiglia che fece realizzare gli allestimenti interni, quella dei
Marchesi Riva, abitava costantemente la casa e pertanto questa
non si configurava come casa di villeggiatura, ma come vera e
propria casa di abitazione. Non possiamo sapere se questa interpretazione sia giusta, è comunque certo che l‟immobile può
oggi contare su un patrimonio notevole di pregiate decorazioni,
affreschi, cassettoni lignei dipinti, cornici e cornicioni in gesso
e stucco; esistono anche numerose finiture di altro tipo quali
porte in legno massello, porte dipinte ed intonate alle stanze,
finiture in ferro battuto quali cancellate, inferriate, serrature,
ringhiere, ganci, mensole, persino antichi chiodi, pavimenti in
cotto originale, pietra e misti lavorati cotto e pietra ed un numero e tipologia estremamente variegata di camini, da quelli
interamente costruiti secondo un antico stile contadino a quelli
delle stanze nobili arricchiti da cornici in marmo pregiato di
diverse colorazioni.
Una notazione particolare va fatta per le pavimentazioni. Tutti i
pavimenti del primo piano sono realizzati in quadrotti di cotto
mantovano posti in diagonale con lavorazioni molto semplici;
solo talvolta il cotto a quadrotti è composto di geometria rettangolare. Il pregio di questo materiale sta sicuramente nella sua
originalità essendo dell‟ottocento ed il tipo di montaggio senza
fughe. Al piano terra invece tutto il cotto antico era stato in
tempi recenti sostituito da pianelle rettangolari di cotto di modesta qualità. Il cotto più antico (forse cinquecentesco) è riscontrabile in alcuni punti del piano terra (locali di sgombero e
magazzini).
Uno degli aspetti di maggiore interesse è che le pareti di ciascuna delle stanze decorate siano state realizzate su un tematismo specifico. Molti sono i riferimenti a decori di importanti
palazzi ed edifici. Le forme di rappresentazione di questo vasto
patrimonio storico artistico sono estremamente essenziali ed
ispirate al neoclassicismo con marcati riferimenti al classicismo greco e romano derivati dai rinvenimenti negli scavi e dalle scoperte archeologiche ma, anche e soprattutto, al più vicino
rinascimento espresso a livelli così elevati delle grandi capitali
delle signorie di Milano e della vicina città di Mantova.
All‟interno degli ambienti della villa sono raffigurate scene mitologiche più o meno note espresse in forme umane rapportate
alla attualità, figure immagini derivanti da miti e leggende o
avventure, riferimenti al bestiario animale di origine storica e
113
mitologica.
Diffusa è la rappresentazione di animali con prevalenza di uccelli, natura e paesaggi espressi quasi sempre in piccoli cartigli
multicolori o monocromi in bianco e nero. Altre volte gli artisti
hanno raffigurato immagini del quotidiano, personaggi delle
campagne, figure femminili e maschili oggetti della vita di
campagna, momenti del lavoro umano.
I riferimenti alla casata delle famiglie proprietarie sono espressi
in numerosi casi con volti umani, stemmi, blasoni o raffigurazioni di armature ed armi di tipo diverso.
Esiste infine una enorme quantità di figurazioni di maniera rappresentate da temi floreali, drappi, festoni, decori, composizioni di fiori e natura, composizioni di vasi con alberature, fiori,
frutta, fogliame multicolore fregi, cornici, figure di volti, cornici di gesso e dipinte, cornici geometriche o lavorate ad ovuli e
floreali del tipo corinzio, ma ancora riquadri, finte finestre, cornici di specchi rimossi, simbolismi diversi ed altre figurazioni
ed elementi dei più disparati ed interessanti.
Particolarmente interessanti sono i temi di una stanza nella
quale, è riportato, come descritto dall‟autore un sogno, con scene particolari e personaggi, imbarcazioni, figure di sfingi, grandi aquile bianche e scure ed altre figura fantastiche in mezzo ad
114
Nella immagine sotto:
Particolare di un decoro al primo
piano. Foto di Giorgio Andreoli.
uno sciame ordinato di api svolazzanti.
Per volere codificare i decori dei soffitti nelle stanze di villa De
Moll possiamo distinguere due tipologie di decori: quelle con
soffitti realizzati con volte a crociera lunettate che sono quelle
corrispondenti al blocco centrale ai piani terra e primo, cioè
quelle del grande vano passante nord-sud con le quattro stanze
limitrofe ad est ed ovest; quelle del resto delle stanze ai piani
terra e primo tutte realizzate con soffitti lavorati con struttura
lignea primaria e secondaria, cassettonati e dipinti.
In tutti i casi i decori del soffitto sono coordinati con i decori
delle pareti delle stanze. Nei casi di ambienti con volte a crociera lunettate si rileva una continuità formale tra i decori delle
pareti e quelli dei soffitti; nel caso dei soffitti trattati con struttura lignea a cassettone il decoro del soffitto si espande sulla
parete per una altezza variabile sotto al metro, come un drappo
o cornice dipinta sotto la quale si sviluppa il decoro parietale.
Sia le pareti che i soffitti sono sempre dipinti secondo suddivisioni in forme geometriche rettangolari e quadrotte, più o meno
allungate e regolari che hanno la proprietà di suddividere gli
ambienti ed incorniciare le porte di accesso e le finestre. Ogni
ambiente della villa è dunque ripartito in forme geometriche
che non sono fine a se stesse, ma rappresentano pittoricamente
e graficamente stucchi, cornici, scanalature. In alcuni ambienti
le forme geometriche sono realizzate appositamente per ospitare dei quadri o tele dipinte, le quali non sono oggi più reperibili, ma che erano nel momento della realizzazione sicuramente
coordinate con le espressioni grafiche della stanza di riferimento. Le tematiche e le forme realizzate nei decori sono mutevoli
e varie ed ogni artista ha cercato di rappresentarle a suo modo
esprimendosi con le tecniche del periodo e che gli erano proprie.
Altra caratteristica delle stanze di villa De Moll è quella dei
“colori”. Si tratta di colori e toni omogenei, sono scelte secondo un codice che sembra casuale, forse derivato da artisti diversi che hanno lavorato in tempi differenti, manifestando così i
toni sul rosa, sul celeste, sul verde, sull‟ocra sino agli eleganti
monocromi. Particolarmente evidente è la loro pacatezza e pastosità; i toni così caldi e misurati ed il modo in cui i diversi
artisti li hanno messi insieme. In ogni stanza prevale un tono di
colore o due toni, a questi sono poi aggiunti colori vivi forti per
i decori, il fogliame, i cartigli. La pastosità e dei fondi con la
forza dei decori imprimono all‟osservatore quel senso di compiutezza delle opere. Di grande eleganza sono sicuramente
quelle stanze trattate con colori monocromi. In questi casi gli
artisti si sono espressi a livelli molto elevati poiché
l‟espressione artistica in monocromo è sicuramente una delle
115
più impegnative nell‟ambito pittorico. Di questo immenso patrimonio dipinto non conosciamo gli autori.
Dal tipo di decoro, stile, impostazione e realizzazione possiamo
essere sicuri che vi lavorassero diverse scuole pittoriche e di
decoro come appare evidente ad un dettagliato esame stilistico
anche perché il lavoro si è sviluppato dai primi anni
dell‟ottocento sino al 1824. Di soli due artisti conosciamo il
nome: Vincentio Chiari doctor Bigarano che ha dipinto la stanza del “sogno” al primo piano ed il citato Felice Campi che con
la sua bottega ha dipinto e firmato tre inserti storico – mitologici posti in riquadri nel salone Nord-Est del primo piano.
Durante i lavori non è stata fatta una campagna di saggi sistematica che possa fare affermare con certezza la presenza di decori o pitture anteriori alla fine del settecento e ottocento.
Dalle scoperture effettuate si è in generale rilevato un sottostante strato di intonaco non dipinto picchettato. In alcuni punti
si sono evidenziate delle velature sottostanti i decori ottocenteschi; non esiste quindi la “prova scientifica” che sotto il decoro
settecentesco esistesse un decoro antecedente.
116
Nella immagine sotto:
Particolare di un decoro al primo
piano.
Nella immagine sotto:
Stato delle stanze durante i lavori.
117
Nelle immagini:
Particolare dei decori.
Nelle immagini:
Particolare dei decori.
Nelle immagini:
Particolare dei decori monocromatici e colorati.
Nelle pagine precedenti:
Villa De Moll, vista Sud, durante
i lavori di restauro.
Nella pagina accanto:
Dettaglio di un decoro.
122
Futuro
testi di Valerio Borzacchini
123
Nella pagina a fianco:
Villa De Moll, prospetto frontale,
appena dopo il sisma e la messa
in sicurezza.
IL SISMA DEL 2012 E IL DEGRADO
Il degrado dell’edificio prima del sisma
Prima degli eventi sismici che hanno sconvolto l’Emilia ed i
territori del Reggiano, Villa De Moll era sottoposta ad un normale stato di degrado sopravvenuto nei decenni anteriori
all’acquisto della struttura da parte dei Pavarini.
Gli imprenditori Pavarini, per ospitare la loro attività, avevano
effettuato una serie sistematica di opere tese alla straordinaria
manutenzione dell’edificio senza incidere sugli aspetti strutturali, una manutenzione che aveva permesso di realizzare un
buon allestimento di buona qualità della Galleria di Arte ed
Antiquariato che è l’attività dei Pavarini.
Alcuni locali erano stati adattati alle specifiche necessità
dell’attività, senza sconvolgere gli assetti costitutivi originali
anche poichè i proprietari hanno da sempre dimostrato una particolare sensibilità e predisposizione per la qualità storico – artistica del bene, essendo la loro attività predisposta proprio per
questi fini.
I proprietari periodicamente pensavano alla manutenzione minima dell’edificio a che non si producessero danni a seguito di
piccoli problemi di funzionamento dell’immobile.
L’edificio è dunque giunto agli eventi sismici senza degradi e
dissesti particolari che ne compromettessero la portanza e la
struttura.
Gli elementi strutturali dell’immobile non avevano manifestato
particolari problemi né di cedimento, né di lesioni molto marcate e sembravano rispondere bene alle necessità strutturali.
125
Gli elementi storico – artistici e le finiture
Il sistema dei decori esterni ed interni aveva risentito del trascorrere del tempo ed in alcuni punti dell’infiltrazione di acque
meteoriche, macchie e deposito di muffe, eventi accaduti prima
dell’acquisto dell’immobile da parte dei Signori Pavarini.
L’insieme manifestava cavillature storiche e lesioni di piccole
dimensioni tipiche di un degrado naturale; in alcuni punti gli
intonaci dipinti erano leggermente distaccati, ma queste situazioni non facevano temere evoluzioni più gravi.
In numerose aree le dipinture sette-ottocentesche erano state
sottoposte a delle scoloriture per tratti con problemi per la pel-
126
Nelle immagini:
Villa De Moll dopo il sisma,
messa in sicurezza.
licola pittorica, ma i proprietari non erano mai intervenuti, consapevoli che un intervento puntuale avrebbe reso necessario un
intervento più vasto.
In altri punti si era intervenuti con delle modifiche abbastanza
marcate come la rimozione di una cospicua fascia di intonaco
al piano terra dove l’umidità di risalita aveva inciso profondamente sullo stato dipinto. Il pensiero che aveva motivato questa
drastica rimozione degli intonaci era stato quello di mettere a
vista la struttura muraria con la speranza di asciugare i mattoni
della muratura bagnati dall’acqua di risalita.
In altri ambienti i proprietari avevano provveduto a sovrapporre carte da parati e finiture a copertura di intonaci e murature, o
controsoffitti in cartongesso realizzati in diversi punti
dell’immobile per coprire le strutture precedenti o infine rivestimenti con pannelli e strutture in legno.
Sempre negli ultimi decenni erano stati completamente sostituiti i pavimenti del piano terra con delle pianelle di cotto di
qualità decisamente scarsa ma comunque funzionale agli utilizzi. Ai piani superiori invece erano state conservate tutte le pavimentazioni originali, tranne al secondo piano dove, per non
toccare il vecchio pavimento in cotto era stato realizzato un
sovra pavimento con tavole di legno.
Gli impianti funzionavano abbastanza bene e, soprattutto
l’impianto elettrico, era stato organizzato in modo da non creare interferenze alle pitture ed ai decori.
127
Gli eventi sismici
Il sisma del 2012 ha colpito duramente Villa De Moll che, nonostante non manifestasse evidenti problemi, non era dotata di
adeguati presidi strutturali; le ripetute scosse telluriche avevano
provocato grossi danni a murature, solai, volte e quindi di conseguenza a tutto l’apparato decorativo interno.
I danni strutturali sono risultati notevoli così come i danni
all’apparato storico artistico. È accaduto in definitiva che avendo dei movimenti le murature e le volte si sono prodotte lesioni
grandi e piccole, fratture, distacchi ed, in numerosi casi, espulsioni di materiali e dissesti anche marcati.
Nella immagine a fianco:
Prima messa in sicurezza della
struttura con cerchiaggi provvisori.
Uno dei problemi di maggiore rilevanza è stato quello della
mancanza di cordolature di piano, ossia dei sistemi strutturali
che ad ogni piano possono richiudere murature e solette con
una cerchiatura capace di resistere agli eventi sismici.
Nell’analisi seguita al sisma sono state rinvenute diverse catene
in ferro con chiavi, strutture che avevano il chiaro compito di
tenere legate le solette e le murature d’ambito. La mancanza di
ritegni delle murature, di adeguati ammorsamenti tra diverse
strutture murarie ha reso liberi i muri di muoversi soprattutto
128
sulle connessure e nelle parti alte dell’edificio. Le deboli ammorsature costituite dalle solette lignee non sono state capaci di
resistere ai movimenti del sisma ed hanno prodotto un vasto
sistema di lesioni e fessurazioni che hanno attraversato lo spessore delle murature in tutte le stanze dall’alto al basso.
A questo sistema di grandi ed evidenti lesioni e fratture va a
sommarsi un telaio di cavillature secondarie e diffuse, segno
chiaro di distacchi meno evidenti di supporto e strato pittorico
dalle sottostanti strutture murarie.
Questi danni sono stati rilevati meno nell’apparato ligneo delle
coperture dove l’elasticità dei legni e dei soffitti incannucciato
(sostegni sospensivi) ha fatto sì che si evidenziassero danni
meno evidenti. Nonostante questo, in alcuni punti si rileva che
porzioni di soffitto si sono distaccate mettendo a nudo i materiali di supporto: come nei soffitti incannucciato dipinti o nelle
tavelle dipinte. In alcune stanze della villa è accaduto anche
che, a seguito del movimento della struttura lignea del solaio, si
è lesionato il punto di giunzione tra le travi di legno della soletta e la muratura con un estensione pari a tutto il perimetro della
stanza. Ad una osservazione seppure generale sono stati rilevati
danni prevalenti dove le strutture murarie, gli architravi ed i
soffitti erano più deboli e là dove i materiali delle decorazioni
avevano minore aderenza con il supporto murario.
Nella immagine a destra:
Prima messa in sicurezza della
struttura con puntelli ed architravature provvisorie.
Gli architravi in legno delle numerose porte della villa hanno
manifestato una particolare vulnerabilità dimostrandosi incapaci di reggere gli eventi sismici. Dopo il sisma non esistevano di
129
fatto architravi non lesionati. Durante gli interventi è stato necessario indagare bene le carenze strutturali delle sistemazioni
e dei materiali utilizzati ed è stato verificato che in taluni casi
non esistevano architravi, mentre in altri casi gli architravi avevano carenze di appoggio ed erano mal distribuiti sullo spessore delle murature.
In generale i piani superiori hanno subìto più danni dei piani
inferiori secondo una logica che, essendo la struttura muraria
non dotata di cordoli terminali (sulle teste delle murature), le
murature si sono mosse in alto più che in basso dove erano legate da solette lignee o dalle volte in muratura. È stato quindi
logico trovare più lesioni murarie al secondo piano piuttosto
che al primo.
Anche le volte hanno subìto traumi e dissesti a causa delle carenze di ammorsatura e strutturali in quanto formate da sistemi
murari ad una sola testa. Dopo il sisma erano evidenti lesioni,
distacchi di intonaci, dissesti di struttura muraria e, in alcuni
casi, vaste perdite di materiale.
Nella immagine a sinistra:
Prima messa in sicurezza delle
bucature e dei vani finestra con
puntelli e cerchiaggi.
Alle lesioni e dissesti più evidenti si è aggiunto un tipo di degrado poco evidente, ma comunque esistente in modo diffuso e
vasto: quello del distacco dello strato di intonachino dipinto
dalla sottostante struttura. Questo fenomeno di degrado è stato
generato da diversi fattori: il primo di natura compositiva e di
materiali in quanto l’intonaco sul quale sono stati realizzati i
dipinti, appare in generale friabile e poco compatto, realizzato
probabilmente a base di calce con sabbia e probabile utilizzo di
gesso, materia che lo ha reso sicuramente più malleabile alla
lavorazione, ma sicuramente più fragile; il secondo legato alla
presenza di strati di intonaco sottostanti; nei punti di distacco di
130
intonaco dipinto si è infatti potuto rilevare che sopra la struttura
muraria in mattoni esiste un primo strato di buon spessore di
intonaco a base calce, questo intonaco forse più antico o comunque precedente al tonachino dipinto ottocentesco, è stato
“picchettato” per fare aderire meglio la nuova pittura con il suo
supporto; l’esiguo spessore del tonachino avrebbe creato però
diversi distacchi dello stesso a causa del sisma.
La tipologia del distacco di intonaci investe dunque, sia
l’intonaco base sottostante che il tonachino di minor spessore
sovrastante. Tali fatti spiegherebbero le innumerevoli cadute di
parti intonacate anche in zone non particolarmente sollecitate.
Una ulteriore forma di degrado poco visibile è quella relativa
alla pellicola pittorica decoesa e poco aderente agli intonaci,
problema probabilmente già esistente prima del sisma aggravatosi notevolmente dopo gli eventi sismici. In questi casi molto
diffusi sulla muratura, ma ancora di più sulle strutture lignee la
pittura superficiale tende a distaccarsi dagli strati sottostanti.
Non si deve infatti dimenticare che ci troviamo in presenza di
intonaci dipinti e non affrescati. L’affresco infatti avrebbe sicuramente conferito una maggiore stabilità alla pittura superficiale e limitato di più il fenomeno della decoesione.
Nei punti dove si evidenzia la sconnessione tra il sistema del
soffitto formato da travi di legno e soffitti incannucciato con la
muratura, il punto di passaggio tra soffitto e murature è segnato
con marcate perdite di intonaco dipinto. In alcuni punti in particolare sia l’intonaco di base che il tonachino sono rovinati a
terra lasciando scoperto il supporto incannucciato del soffitto.
In un punto addirittura è stato lo stesso incannucciato a cedere
e cadere a terra.
Ulteriori problemi dei decori pittorici sono legati alla presenza
di stuccature realizzate in un passato più o meno recente con
malte cementizie e materiali incongrui; le infiltrazioni di acque
meteoriche dalla copertura e l’umidità di risalita dal suolo al
piano terra dove l’umidità ha investito anche le volte sbiancando i colori e manifestando ombre e aloni.
Una ulteriore osservazione antecedente i lavori di restauro va
fatta per il degrado delle pavimentazioni originali in cotto che
in numerose stanze del primo piano risultavano sconnesse e
dissetate essendovi stati evidenti movimenti con abbassamento
dei piani di calpestio di conseguenza alle sottostanti strutture.
131
Nelle immagini a fianco:
Lesioni sulle volte e sugli architravi
delle finestre.
Nella immagine sopra:
Lesioni sulle volte.
Nella immagine sopra:
Lesioni sul solaio, indice di
inflessione delle travi sottostanti.
Nella immagine sopra:
Lesioni sulle murature e le pareti
dipinte.
Nella immagine a fianco:
Lesioni nella stanza con camino
al secondo piano .
Nella immagine a fianco:
Lesioni sulle murature del sottotetto.
Nella pagina accanto
Inizio dei lavori di restauro di
Villa De Moll.
IL RESTAURO DI VILLA DE MOLL
Il processo di restauro ed il ruolo degli Enti Pubblici
Villa De Moll, oggi di proprietà dei Signori Pavarini, è un organismo produttivo, una struttura deputata all’esposizione e
alla vendita di mobili, quadri, arredi e suppellettili di antiquariato.
Dopo il sisma l’edificio fu dichiarato inagibile, e si aprirono
tutte le opportunità che la normativa vigente mette a disposizione per recuperare gli edifici produttivi.
Il fatto che però l’edificio non fosse un semplice capannone o
una struttura commerciale o per uffici contribuiva a generare
diversi problemi. Come recuperare l’organismo? Come i denari
previsti per una struttura produttiva normale sarebbero stati
sufficienti per un edificio di tale tipo?
A queste problematiche si aggiunse la grande sensibilità dei
proprietari che, per mestiere, frequentano il vasto mondo dei
beni culturali; quella sensibilità ed attenzione per le cose antiche che non avrebbero permesso manomissioni all’edificio,
modifiche degli assetti, trasformazioni ed usi di materiali differenti da quelli storici.
A quel punto fu immediatamente chiaro che i fondi che le normative vigenti mettevano a disposizione per il recupero non
sarebbero stati sufficienti per realizzare una riparazione ed un
miglioramento strutturale corretti della Villa, bensì un recupero
superficiale e grossolano che avrebbe prodotto forse diversi
danni.
Nello stesso tempo si scoprì che l’edificio non era vincolato e
non poteva pertanto usufruire della maggiorazioni che la legge
mette a disposizione degli edifici storici con particolari valori
storico – artistici.
Dopo i passaggi presso gli Uffici del Comune di Reggiolo e
della Regione Emilia Romagna ci si rivolse allora alla Direzione Regionale per i Beni Architettonici dell’Emilia Romagna e
fu posto il problema del recupero della villa e della possibilità
di attuare un formale “vincolo” ai sensi della normativa vigente
135
(Decreto Legge 42/2004 e successive modificazioni).
Le problematiche furono rapidamente comprese dell’Ente preposto per la tutela dei Beni Culturali e del Paesaggio con sede a
Bologna che si mise immediatamente a disposizione ed in tempi rapidissimi riconobbe il grande valore storico e artistico
dell’immobile, redigendo in pochi mesi il Decreto di Vincolo.
Questo consentì di poter impostare non più un progetto di recupero edilizio con riparazione e miglioramento sismico, ma un
vero e proprio “Progetto di Restauro architettonico e storico –
artistico” che sarebbe stato di gran lunga più rispettoso delle
qualità dell’immobile.
Nella immagine a sinistra:
L’accantieramento.
Nella immagine a destra:
Vista notturna del cantiere con la
cartellonistica. L’impresa di restauro preparata rappresenta una
certezza per la buona riuscita dei
lavori.
Il progetto fu così varato con grande impegno e determinazione
dei tecnici incaricati che si dichiararono disponibili a
“condividere” le scelte strutturali, architettoniche e storico –
artistiche con l’Ufficio competente della allora Direzione per i
Beni Culturali e Paesaggistici dell’Emilia Romagna di Bologna. La stessa ipotesi di intervento veniva condivisa e proposta
al Comune di Reggiolo ed alla Regione Emilia-Romagna, Ente
che avrebbe poi finanziato l’intervento stesso.
Dopo poco più di un mese di incontri e confronti tecnici molto
serrati con gli Enti preposti, si riuscì a confezionare
l’intervento che fu formalmente consegnato per l’approvazione
il 17 ottobre 2013. Contemporaneamente, nel successivo mese
di novembre avvenne la formalizzazione della richiesta di contributi per la riparazione dell’immobile danneggiato dal sisma
ai sensi dell’Ordinanza n. 57/2012 con proceduta digitale sul
portale Regione Emilia Romagna sulla piattaforma Sfinge.
L’autorizzazione all’esecuzione degli interventi fu trasmessa il
27 novembre dello stesso anno a soli 41 giorni dalla richiesta.
136
Più tardi pervenne il contributo della Regione Emilia Romagna
che consentì l’inizio effettivo dei lavori il 5 maggio 2014.
Le date enunciate, l’evoluzione delle pratiche e la rapidità con
la quale le richieste autorizzative e di contributo sono state evase, fanno comprendere come nel caso del Restauro di Villa De
Moll vi sia stata una collaborazione stretta tra i diversi Enti
preposti all’approvazione e finanziamento del progetto, i proprietari ed i tecnici che hanno redatto il progetto d’intervento.
Un esempio di efficientismo da citare e manifestare, qualità
delle procedure e tempestività di intervento nel caso di un bene
che necessitava immediati lavori di recupero pena il peggiorare
delle sue condizioni fisiche ed il continuativo fermo
dell’attività commerciale dell’azienda proprietaria
dell’immobile.
137
L’organizzazione professionale dell’intervento
di restauro
Nella immagine sotto:
Il cartello dei lavori di restauro.
Un intervento di restauro che abbia l’obiettivo della conservazione di tipologie costruttive, tecnologie storiche e materiali
perseguendo però la sicurezza statica degli edifici e la valorizzazione generale dei complessi edilizi, comprese le opere storico – artistiche non è una operazione semplice e va affrontata
con estrema qualità, professionalità e multidisciplinarietà.
È necessario che chi affronta l’operazione sia dotato di grande
sensibilità per i valori storico- artistici e conosca bene i metodi
e le tecnologie di recupero edilizio e restauro. Il tutto a cominciare dal committente che deve essere predisposto e culturalmente pronto a scelte talvolta non perfettamente comprensibili
alla luce degli sviluppi moderni di tecniche e materiali, ma rispettose del passato e delle preesistenze.
In secondo luogo l’approccio ai problemi del restauro deve essere fortemente multidisciplinare e deve svilupparsi dalla fase
della conoscenza perfetta dell’edificio, delle sue tecniche realizzative, della qualità dei suoi materiali ed infine della esatta
situazione del degrado fisico e strutturale.
138
Nella fase successiva è necessario che le ipotesi di intervento
siano guidate dalla scientificità delle metodologie di restauro
oramai messe a punto da tanto tempo, ma che offrono quasi ad
ogni esperienza degli elementi di novità e delle diverse caratterizzazioni tanto che si può tranquillamente affermare che ogni
opera di restauro è in sè una opera unica del suo genere, anche
se si fa in essa riferimento ai metodi ed ai sistemi ampiamente
conosciuti ed utilizzati.
È necessaria così una ampia e vasta esperienza sia nella fase di
analisi e studio che nella fase di calcolo e formulazione delle
ipotesi di intervento.
Nella immagine sotto:
Dopo la messa in sicurezza
iniziano i lavori interni
Alla fase tecnica segue la fase realizzativa. Il restauro va attuato da operatori seri e capaci, che operano secondo determinate
metodiche. Troppo spesso si confondono gli interventi di ristrutturazione con gli interventi di restauro e troppo spesso si
credono pronte per operare restauri imprese che invece non sono all’altezza perché non hanno la mentalità, la cultura e le metodologie operative essenziali per sviluppare un intervento di
restauro. Anche l’impresa è dunque un pilastro essenziale
139
dell’opera di restauro, un’impresa non idonea non riuscirebbe
mai a portare a termine nel migliore dei modi un’opera di restauro.
Nel caso di Villa De Moll quasi tutti questi fattori hanno trovato epilogo positivo garantendo probabilmente un buon risultato
che oggi si pone al giudizio del più vasto pubblico di Enti ed
operatori.
140
Nella immagine sotto:
Cuciture armate con barre di
acciaio inox.
Le procedure normative
Nella immagine sotto:
I ponteggi di allestimento del
cantiere e la protezione delle opere artistiche.
L’iter seguito per la definizione delle strategie di intervento è
quello indicato nella Direttiva del Presidente del Consiglio dei
Ministri del 09 febbraio 2011, con oggetto la “Valutazione e
riduzione del rischio sismico del patrimonio culturale con riferimento alle Norme Tecniche per le costruzioni di cui al decreto del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti del 14 gennaio 2008”, e che prevede le seguenti fasi operative:
• Percorso della conoscenza;
• Valutazione del livello di sicurezza nei confronti delle azioni
sismiche, tramite modelli locali (cinematismi) e globali
dell’edificio;
• Progetto degli interventi e valutazione della sicurezza raggiunta in condizione post-sisma.
Tale approccio è concettualmente analogo a quello previsto per
le costruzioni non tutelate, ma è opportunamente adattato alle
esigenze e alla peculiarità del patrimonio culturale. La fase conoscitiva si è articolata nel seguente modo:
• analisi storica critica delle varie fasi costruttive dell’immobile
e degli interventi subiti;
• rilievo geometrico;
• rilievo materico costruttivo e lo stato di conservazione;
• caratteristica geologica e geotecnica del sottosuolo;
141
Un approccio tecnico-scientifico al progetto: la diagnostica risultato di studi ed analisi scientifiche
Per programmare in modo adeguato un intervento di restauro è
necessario conoscere bene la struttura sulla quale intervenire, le
logiche con la quale è stata realizzata, la sua storia e le sue problematiche tecniche e strutturali.
Per fare questo sono indispensabili studi, analisi e valutazione
molto approfondite, è necessario conoscere quanto più si riesca
a comprendere della struttura tenendo conto che essendo un
organismo antico vi saranno sempre e comunque delle sorprese
in fase di esecuzione.
Per analizzare e studiare l’organismo da restaurare la buona
tecnica del restauro ha oramai da anni messo a punto delle metodologie tecnico-scientifiche di analisi e studio, un vero e proprio metodo scientifico di indagine che possa portare a precostituire una diagnostica adeguata propedeutica per la fase del
progetto.
Il rilievo geometrico
Al fine di ottenere una conoscenza accurata dell’oggetto studiato, comprensiva di tutti gli aspetti utili per la definizione del
progetto di restauro, recupero e miglioramento sismico finalizzato al riuso, sono state condotte una serie di attività specialistiche riguardanti il rilievo geometrico e l’analisi della morfologia degli elementi costruttivi. Nella prima fase del progetto ci
si è dunque occupati del rilievo della struttura della villa, un
rilievo effettuato con metodiche molto avanzate, che hanno
permesso di conoscere nel dettaglio e ridisegnare le parti più
nascoste del complesso edilizio. Il rilievo è senza dubbio la base di ogni conoscenza il supporto tecnico sul quale poggiare il
progetto ed i successivi lavori di recupero. Il rilievo attento ha
permesso la realizzazione della mappa ed il quadro fessurativo
degli elementi costruttivi componenti la fabbrica. Sono state
rilevate le geometrie delle volte presenti ai piani terra, primo e
secondo. Dalle attività di rilevamento si è desunta la tipologia
della copertura lignea, nonché la presenza di solai in laterocemento inseriti nel corso di ristrutturazioni risalenti agli anni
ottanta. Nel rilievo si è posta particolare attenzione alla presenza dei tiranti, allo spessore dei rivestimenti e delle murature
portanti e non.
Tale attività ha portato alla redazione di una serie di elaborati
grafici con piante, prospetti e sezioni, che rappresentano le tavole del Rilievo Architettonico e del Rilievo dello stato di Danno. Allegata al progetto è stata inserita un’ampia documentazione fotografica del quadro fessurativo: i punti di vista delle
foto scattate sono stati riportati sugli elaborati redatti.
142
Nelle immagini a fianco:
Disegni del rilievo strutturale, del
rilievo architettonico e del rilievo
del danno.
Il rilievo materico costruttivo e lo stato di conservazione
Il piano delle indagini fa parte della fase della diagnostica del
progetto e va predisposto nell’ambito di un quadro generale
volto a mostrare le motivazioni e gli obiettivi delle indagini
stesse. Nel caso in cui vengano effettuate prove sulla struttura,
attendibili ed in numero statisticamente significativo, i valori
delle resistenze meccaniche dei materiali vengono desunti da
queste e confrontati con quelli previsti nelle NTC 2008.
Lo scopo della campagna di indagine è quello di identificare le
differenti tipologie di murature che costituiscono la struttura
portante e caratterizzarne i parametri di resistenza meccanica
ed elasticità delle strutture portanti. La campagna di prove sperimentali è stata definita in primo luogo sulla base di una attenta ispezione visiva, finalizzata alla conoscenza dei tipi di apparecchiatura muraria presente nel fabbricato e alla individuazione di eventuali segni di lesionamento significativi. Le indagini
sperimentali sono consistite complessivamente in:
• N° 50 indagini videoendoscopiche su murature e volte;
• N° 30 indagini georadar;
• N° 4 indagini termografiche interne;
• N° 4 indagini termografiche su facciate;
• N° 20 prove penetrometriche su malte;
• N° 10 prelievi di muratura per la stima della resistenza a compressione;
• N° 6 prelievi di malta per analisi chimiche di laboratorio;
• N° 12 prove penetrometriche su legno;
• N° 4 prelievi di campioni di legno per prove di laboratorio;
• N° 3 prove con martinetti piatti doppi;
• N° 3 prove di taglio a scorrimento su elementi murari;
• N° 4 prove vibrazionali su tiranti metallici.
Nella immagine a fianco:
Indagini tecnico-scientifiche con
strumentazione specifica.
Esecuzione di prove di carico
post - intervento su una volta in
mattoni rinforzata.
144
Nella immagine a fianco:
Prove strutturali degli elementi
lignei e restauro delle travi da
ricollocare.
Nell’ immagine a fianco:
Analisi strutturale e messa in
sicurezza dei solai lignei per
gli interventi.
Individuazione analisi e resistenze dei materiali
I primi dubbi da risolvere riguardavano la qualità dei materiali,
le loro capacità portanti e la possibilità di poterli riutilizzare o
invece di sostituirli con materiali nuovi. I risultati sono derivati
dalle prove condotte e dai conseguenti studi e valutazioni e sono stati riportati nell’elaborato progettuale “Indagini sulle strutture e sui materiali” redatto dalla società specializzata SGM di
Perugia.
Le indagini effettuate hanno consentito una conoscenza attenta
della struttura e delle sue qualità, la determinazione delle proprietà dei materiali dell’edificio, i sistemi costitutivi, le articolazioni ed organizzazioni tecniche e strutturali.
Ogni componente strutturale e di finitura è stata attentamente
analizzata e studiata per poter derivare le problematiche da risolvere poi progettualmente.
Per quanto riguarda le tipologie di muratura resistente è stata
individuata una muratura in mattoni pieni e malta; per la valutazione della tessitura muraria sono stati eseguiti saggi diretti
sulla muratura e video endoscopie che hanno permesso di rilevare le caratteristiche tecniche e strutturali all’interno
dell’apparecchio murario. Le informazioni disponibili sull'edificio e il numero di indagini effettuate hanno consentito di raggiungere un livello di conoscenza molto elevato. Dal punto di
vista tecnico gli studi hanno permesso, come indica la rigida
normativa sismica, di individuare ed assumere dei codici di
partenza della qualità dei materiali e delle tipologie di sicurezza da raggiungere con l’intervento per quanto riguarda le caratteristiche di resistenza.
La strumentazione tecnologicamente molto avanzata utilizzata
per i saggi profondi - macchinari per rilievo endoscopici - ha
permesso anche di prelevare campioni di materiale indisturbati
utili per realizzare analisi chimico-fisiche e prove di laboratorio
per tarare le resistenze dei materiali e quindi le capacità di resistenza delle strutture.
Altre indagini hanno riguardato le strutture lignee, le malte, gli
elementi di finitura come pavimentazioni in cotto.
146
Nelle immagini:
Posa delle fibre di acciaio su muro,
al fine di realizzare un cordolo.
Nelle immagini:
Fibre di acciaio su cornicione.
Fibre di acciaio su muratura.
Elementi di acciaio per muratura
e solai.
Analisi e studio dei beni storico – artistici
Per quanto riguarda gli studi e le indagini sui beni storico – artistici presenti si è agito dapprima con un adeguato rilievo di
dettaglio a vista e mediante rilievo fotografico teso prevalentemente al rilevamento delle qualità compositive ed artistiche
delle opere e ad approfondimenti sullo stato di degrado, dissesti
e mancanze.
Il rilievo in sito è stato supportato da una analisi grafica che ha
avuto l’obiettivo di mettere a punto mappe di diagnostica riportanti la storia, le tecniche, lo stato di degrado e contenenti tutte
le informazioni utili per comprendere la situazione delle opere,
l’individuazione e caratterizzazione dei materiali e delle morfologie di degrado prevalenti, indagando anche le tecnica artistiche utilizzate.
Fondamentale è stata l’analisi stratigrafica consistente in una
serie di tasselli dei vari strati in ordine di datazione eseguite per
individuare l’esatta tipologia di decorazione eseguita e per rilevare la presenza di precedenti restauri o rifacimenti comprendendo anche la tipologia dei materiali utilizzati nel passato e la
148
Nell’immagine sotto:
I frammenti recuperati di una
delle pareti dipinte.
loro eventuale reversibilità.
Essenziale è stato poi il prelievo di micro campioni recuperati
da frammenti caduti con le analisi a vista e le analisi chimico fisiche effettuate in laboratorio mediante l’utilizzo di diverse
tecniche altamente scientifiche ed oramai sperimentate, il tutto
per ottenere una panoramica che va dall’evoluzione della realizzazione alle alterazioni, con particolare attenzione alle morfologie di degrado presenti sino al rilievo della percentuale di
umidità soprattutto al piano terra e nelle zone dove i soffitti
sono stati sottoposti ad infiltrazioni meteoriche.
Nell’immagine accanto:
Sequenza del rimontaggio dei
frammenti eseguiti dalla Impresa
“Conservazione e Restauro”.
Formazione di una mappa diagnostica
Alle analisi scientifiche effettuate è seguita dunque la formazione di una “mappa diagnostica” cioè una mappatura della
tipologia e caratterizzazione delle problematiche che potrebbero incontrarsi nell’opera di restauro ed un elenco chiaro delle
situazioni da risolvere con l’intervento.
Molto importante è stata la fase di valutazione delle problematiche sia strutturali che delle finiture e decori che si possono
incontrare, una valutazione condivisa con gli organismi tecnici
deputati all’approvazione del progetto di restauro.
149
SCHEDE ANALISI DEL DEGRADO DEGLI SPAZI INTERNI
Per ogni stanza è stata predisposta una scheda, con descrizione
della tipologia del decoro, analisi
del degrado e prefigurazione
dell’intervento di restauro.
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156
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Le filosofie dell’intervento di restauro, riparazione e
consolidamento
Ogni architettura, con le sue qualità ed i suoi contenuti storicoartistici, realizzata nel passato e lasciata alla nostra attenzione
(dalla più importante alla più semplice), è un documento irripetibile ed impone un recupero sorretto da una metodologia filologica e scientifica, indipendentemente dal valore estetico, di
antichità o di rarità. La realizzazione delle opere di riparazione,
consolidamento e miglioramento sismico di un edificio antico,
non può prescindere, come è avvenuto in sede progettuale
dall’analisi filologica, dalla identificazione e conoscenza
dell'oggetto nella sua realtà, compresi gli eventi che l’hanno
danneggiata. Questo processo non può essere solo teoricoprogettuale, ma investire la fase realizzativa per cui
l’architettura nel suo insieme, le modalità costruttive, i materiali, il sistema decorativo, le finiture, la posizione degli elementi
costitutivi e funzionali dell’edificio e le “trasformazioni” che
esso ha avuto nel tempo debbono divenire ELEMENTI ESSENZIALI del PROCESSO DI RECUPERO.
Nelle opere proposte e da realizzare si è trattato di mettere in
atto la tipologia d’intervento del "RESTAURO CONSERVATIVO" che, oltre a perseguire il consolidamento ed una idonea
sicurezza statica della fabbrica, le ha attribuito di nuovo quella
qualità storico-architettonica-artistica e dignità d’immagine che
merita. Il restauro dunque, non solo come operazione tecnologica ma anche filologica, per ritrovare l’edificio come architettura unitaria recuperando gli spazi interni, gli elementi storicoartistici, il valore ambientale, la funzione in questo caso
espositivo/produttiva. Effettuare l’opera di restauro significa
mettere in atto: a) conservazione delle strutture originarie attraverso riparazione, consolidamento e miglioramento strutturale
orientati a garantire stabilità e sicurezza statico-strutturale, rispetto ad altri eventi sismici; b) conservazione delle strutture
originarie mediante l’utilizzo di materiali e tecnologie storiche
compatibili evitando materiali “nuovi” come ad esempio malte
cementizie preferendo tecnologie e materiali legati alla tradizione storica locale; c) conservazione della spazialità architettonica interna ed esterna che è insita ed irrinunciabile nella memoria storica dei fruitori e proprietari con il mantenimento delle caratteristiche architettoniche e storico-artistiche principali;
d) messa in opera di interventi ed opere che garantiscano la distinguibilità e la reversibilità; e) realizzazione di strutture, che
siano poco invasive e garantiscano la rimovibilità.
All’interno dell’utilizzo delle tecnologie per il recupero edilizio
è stato importante escludere totalmente quelle tecniche, come
le strutture in cemento armato, che hanno creato nel tempo pro-
158
Nella immagine sotto:
Lavori in corso, cantiere con il
grande telo di copertura.
blemi diversi, essendo aperti invece all’utilizzo di materiali innovativi che hanno invece fornito ottime performance.
Una ulteriore positiva metodologia operativa è quella di effettuare il coordinamento tra i diversi operatori del cantiere, quelli
edilizi rappresentati dai muratori ed i restauratori che si occupano degli aspetti storico - artistici. In opere articolate e complesse come Villa De Moll è stato necessario che le diverse tipologie di operatori abbiano lavorato e collaborato insieme per
la migliore riuscita degli interventi.
Il restauro di un bene culturale di valore presuppone una ottima
e razionale organizzazione del cantiere portato avanti con metodiche innovative e legato alle peculiarità dell’opera. Più volte
infatti si verificano situazioni che prevedono la possibilità di
effettuare diverse prove prima di scegliere le soluzioni definitive, tale disponibilità fa parte della gestione del cantiere di restauro.
159
Gli interventi di riparazione e consolidamento
Per riparare, consolidare e migliorare dal punto di vista statico
e sismico le capacità dell’edificio di rispondere agli eventi sismici sono stati programmati una serie articolata di interventi
di riparazione edilizia, che hanno interessato le murature, gli
orizzontamenti o solette, le volte, le strutture portanti delle coperture e gli architravi.
Murature
Le murature erano state vittima di una serie molto articolata di
dissesti poiché, come verificato le strutture portanti verticali,
non essendo state ammorsate le une con le altre per difetti costruttivi o generatesi nel tempo e non avendo chiavi di ritegno
sui solai di piano, hanno subìto dei processi di distacco. Il fenomeno avveniva già da secoli visto che nei lavori ottocenteschi
gli operatori avevano messo in opera una serie di catene di ritegno con chiavi e capochiave tutte ancora oggi presenti
nell’edificio.
160
Nella immagine sotto:
Intervento di “scuci e cuci” finalizzato alla ripresa delle lesioni
procurate dal sisma.
Nelle immagini:
Ripresa di lesioni procurate dal
sisma su pareti e volte decorate.
Nelle immagini:
Ripresa di lesioni. In ogni zona,
secondo il tipo di dissesto, si è
operato con metodologie differenziate.
Nelle immagini:
Riprese di lesioni procurate dal
sisma in pareti a volte decorate.
In particolare sono state realizzate delle fasciatura di ritegno a
diversi livelli; sia all’esterno che all’interno dei locali. Le fasce, dell’altezza di pochi centimetri, sono state realizzate con
fibra di acciaio mista a fibra di carbonio ed hanno cerchiato
l’edifico all’esterno in corrispondenza dei piani ed all’interno
in corrispondenza delle solette; tra fasce esterne e solette interne sono stati posti in opera collegamenti il cui scopo ultimo è
quello di generare dei cordoli chiusi che abbiano la funzione di
cerchiature e ritegno.
I cerchiaggi sono stati realizzati ad ogni livello di piano per
avere passi costanti e strutture chiuse. Una ulteriore parte molto
delicata era la parte sommitale delle murature, ossia quei punti
dove appoggiano le testate lignee delle travi di copertura. In
questi punti si è operato realizzando una cordolatura non già in
cemento armato o ferro come gli interventi degli ultimi decenni
hanno ispirato, ma mediante lo stesso materiale di fibra di acciaio e fibra di carbonio posato per strati tra le diverse file di
mattoni ripristinate. Questo sistema, sicuramente più leggero e
meno invasivo di quelli tradizionali, è realizzato con materiali
moderni, ha avuto la caratteristica di rendere più flessibile e
duttile l’intervento di realizzazione del cordolo più importante,
ossia quello di sommità.
Per risanare i dissesti e le lesioni murarie anche gravi è stata
utilizzata la classica e sperimentata opera dello “scuci e cuci”
di muratura con rinzaffi tesi a riempire i vuoti interni ed a consolidare e dare nuova forza strutturale alle murature. I vuoti o
discontinuità presenti all’interno delle murature sono stati
riempiti con malte a base di calce compatibili con i materiali
originali presenti.
Nell’area del sottotetto sono state ricomposte e ripristinate numerose murature che erano di supporto alle strutture lignee
portanti della copertura al fine di rendere più organici ed idonei
gli appoggi.
Nei numerosi punti dove erano presenti intonaci dipinti e decori si è operato con due possibili soluzioni: rimuovendo e distaccando le parti dipinte, là dove queste erano più pregiate, oppure
rimuovendo porzioni di intonaco dipinto per ripristinarlo, là
dove le pitture erano più semplici. Importante comunque è stato l’operare all’unisono con operatori edilizi presenti e con
l’assistenza costante dei restauratori. Infatti i restauratori passo
per passo consolidavano intonaci dipinti per non perderli e intervenivano con ripristini dopo la realizzazione delle cuciture
murarie.
162
Nelle immagini:
Ripresa di lesioni procurate dal
sisma su pareti decorate.
Nella immagine:
Operazioni di “scuci e cuci” su
murature lesionate.
Architravi
Quasi tutti gli architravi delle numerosissime porte della villa
erano lesionati, alcuni in modo appena percettibile, mentre la
maggioranza in modo molto massiccio, dato che in sede di
messa in sicurezza iniziale erano stati tutti puntellati. I problemi degli architravi erano diversi: alcuni mancavano proprio di
sistemi strutturali di orizzontamento e presentavano solo una
serie di murature cucite ad incastro che avevano abbondantemente ceduto sotto gli effetti sismici, altri con orizzontamenti
in legno insufficienti appoggianti sulle murature. La messa a
punto degli interventi sugli architravi è stata a lungo discussa
con i funzionari dell’ Unità di Crisi del Nucleo tecnico sisma
dell’allora Direzione Regionale del MIBACT nel tentativo di
mettere a punto una soluzione che fosse efficace, efficiente e
non sacrificasse troppo i dipinti presenti. Dopo diversi tentativi
e qualche campione sperimentale si è decisa la situazione meno
invasiva che ha permesso di realizzare capaci architravature e
salvato gran parte degli apparati pittorici presenti.
Nella immagine sotto:
Particolare dei lavori sugli
architravi.
164
Nelle immagini:
Prove sperimentali per mettere
a punto la tecnica idonea di intervento sugli architravi.
Nelle immagini:
Tutti i vani passanti della Villa
avevano gli architravi lesionati
dal sisma, si è dovuto così individuare la tecnica migliore per il
loro consolidamento.
Nella immagine accanto:
Architravi metallici inseriti nei
vani passanti del sottotetto.
Volte in muratura
Le volte in muratura, nonostante la grande perizia costruttiva e
la longevità avevano subìto diversi dissesti e lesioni. Uno degli
obiettivi del progetto era quello di consolidarle e renderle, nonostante l’esiguo spessore, più capaci di resistere agli eventi
sismici. L’intervento realizzato è stato effettuato mettendo a
nudo le volte murarie, liberandole di pavimentazioni sovrastanti e riempimenti di varia natura ed effettuando un consolidamento con fibra di acciaio e carbonio posata a fasce con calce
idraulica. Il sistema del consolidamento con fibra è stato poi
completato da estensioni sui muri d’ambito attorno alla volta e
legamenti realizzati con fiocchi anch’essi in fibra. Questo del
consolidamento con fibra è oramai un intervento consolidato ed
ampiamente utilizzato che ha dato ottimi risultati strutturali. Il
riempimento precedentemente realizzato con terriccio, pietrame ed inerti è stato sostituito con calcestruzzo cellulare alleggerito.
166
Nella immagine sotto:
Volte portanti, svuotamento delle
volte sino a scoprire la struttura
portante in mattoni.
Nelle immagini:
Consolidamenti delle volte
con fibra.
Nelle immagini:
Ricostruzioni parziali di porzioni
di volta crollate. Consolidamenti
di volta.
Nella immagine sotto:
Consolidamento di volta
incannucciato dalla parte
dell’estradosso.
Solette ed orizzontamenti
La tipologia di solette ed orizzontamenti presenti a Villa De
Moll era di vario genere e tipo andando da quelli più antichi a
quelli più recenti in calcestruzzo e laterizio. In accordo con i
funzionari del MIBACT si è scelto di consolidare gli orizzontamenti con l’aggiunta di travature lignee e/o travi i ferro che andavano ad aumentare la portanza strutturale delle solette e generavano un solaio maggiormente resistente. All’intervento
vero e proprio si sono aggiunti poi i consolidamenti trasversali,
il cui compito era quello di realizzare le cordolature di piano
stanza per stanza e collegate con la fascia di ritegno che gira
sulla muratura esterna. La logica con la quale sono state consolidate le solette lignee è quella pienamente orientata verso la
conservazione della struttura esistente molto spesso dipinta nella parte visibile all’interno delle stanze. L’opera di consolidamento delle solette è stata abbastanza varia ed ampia poiché ha
investito gran parte degli orizzontamenti dell’intera villa.
168
Nella immagine sotto:
Consolidamento di solaio in legno attraverso integrazione di
travature lignee e tavolato.
Nelle immagini:
Realizzazione del tavolato ligneo.
Consolidamento e restauro di
solai lignei.
Nelle immagini:
Consolidamento dei solai con
fibre di acciaio al fine di realizzare controventamenti e
cerchiaggi.
Strutture lignee di copertura
Le logiche d’intervento messe a punto per l’edificio avevano
previsto il consolidamento e il rafforzamento delle strutture di
copertura mantenendo assetti e se, possibile, elementi lignei
esistenti. Dopo una analisi ed un rilievo dettagliato delle strutture lignee esistenti sono state valutate quelle da conservare e
quelle da sostituire; la sostituzione si è ritenuta necessaria solo
per la marcescenza o l’eccessiva tarlatura della trave.
I legni prescelti idonei ad essere conservati sono stati calati,
provati con macchinari e martinetti per verificarne l’idoneità
strutturale, quindi puliti, trattati e rimontati in loco. I legni
maggiormente degradati o non sufficienti a resistere agli sforzi
che le normative impongono sono stati sostituiti da strutture
lignee nuove di spessore e qualità idonee. Il risultato finale è
stato quello di ottenere un giusto equilibrio tra la conservazione
delle strutture antiche e la realizzazione e ripristino di strutture
nuove. L’ambiente del sottotetto ha così conservato inalterati
tutti i valori ambientali e di suggestività che aveva prima degli
interventi.
170
Nella immagine sotto:
Il cantiere di restauro.
Strutture lignee ed altri materiali
pronti per l’uso.
Nelle immagini:
Riparazione delle coperture
attraverso integrazione e
sostituzione di travature lignee.
Nelle immagini:
Le travature lignee recuperate e
consolidate
L’arrivo dei materiali lignei in
cantiere.
Interventi di bonifica dell’umidità
La presenza di umidità di risalita sulle murature del piano terra
a contatto con il terreno è stato considerato un problema rilevante in quanto la continua presenza di acqua avrebbe nel tempo reso le murature più fragili, facilmente sfaldabili, proprio
nel punto dove arrivano i carichi e le sollecitazioni maggiori.
Analizzati i sistemi di bonifica, assieme alla realizzazione di un
pavimento isolato con i sistemi tradizionali dei drenaggi con
breccione di cava è stato prescelto il sistema della barriera chimica che attraverso il funzionamento di poli positivi e negativi
ha la capacità di respingere l’umidità e di impedire all’acqua di
risalire per capillarità ed investire il muro nelle parti alte. I risultati sono normalmente buoni e la durabilità nel tempo accettabile. Effettuata questa opera è stato ripristinato un intonaco
deumidificante traspirante idrofugato a base di calce, inerti leggeri e leganti idraulici, che avesse un buon effetto drenante su
muri umidi e salini e soprattutto li facesse traspirare.
Interventi particolari
In alcune stanze particolari si è dovuto intervenire con dei ripristini, operando cioè delle rimozioni di sovrastrutture o superfetazioni, quali murature che avevano modificato gli assetti originari. Si tratta del caso della seconda stanza al primo piano ad
ovest del salone centrale con affaccio a nord dove una sala allungata era stata nel tempo ripartita in due ambienti e di alcune
stanze al piano terra immediatamente ad ovest dell’entrata dove
la proprietà aveva realizzato sovrastrutture in legno e controsoffitti.
Nella immagine a sinistra:
Interventi di bonifica dall’umidità
di risalita.
172
Gli interventi sull’apparato storico – artistico e sulle
finiture
Il caso di Villa De Moll è stato emblematico del suo genere in
quanto si e operato in contemporanea sia sulle strutture che
sull’apparato pittorico, consolidando e salvaguardando entrambi.
Nelle immagini sopra:
Prima e dopo.
Restauro degli elementi decorati
mediante il distacco di porzioni,
anche di notevole dimensioni. Ne
segue il restauro delle lesioni e la
successiva ricollocazione dei
pannelli staccati. L’ultima operazione è quella del restauro delle
superfici.
La presenza dei restauratori, che hanno operato insieme ai muratori, è stata costante all’interno del cantiere poiché in ogni
situazione si aveva la possibilità di intervenire immediatamente
e trasversalmente sui diversi aspetti della costruzione.
Partendo dalla “Mappatura del restauro dell’opera” consistente
in una serie di elaborati grafici e fotografici che individuavano
modi e tipi di intervento e tecniche esecutive e materiali del
restauro e stata dapprima effettuata la rimozione dello strato
pulverulento e dei depositi incoerenti, come polveri e calcinacci realizzata mediante attrezzi differenti quali pennelli e aspiratori.
È stato quindi effettuato il consolidamenti delle murature sottostanti i decori con le note tecniche edilizie dello “scuci e cuci”
Per le strutture lignee decorate si è operato nella parte sovrastante con un consolidamento dell’esistente mediante l’utilizzo
di materiali omogenei.
173
Il restauro dei dipinti e dei decori
Durante la prima fase dei lavori strutturali gli intonaci dipinti
non sono stati sottoposti ad intervento. È stato però necessario
porre particolare attenzione a che le opere murarie quali incatenamenti, tiranti e consolidamenti delle volte, affinché queste
non incidessero negativamente sugli intonaci e non comportassero problemi di ulteriori distacchi.
I lavori di recupero e consolidamento sono stati effettuati mediante la ripresa delle lesioni murarie ed il riempimento con
malta di calce dei sacchi murari. In questo senso si sono verificate diverse situazioni, quelle in cui è stato necessario distaccare porzioni di intonaco dipinto e quelle in cui si è operato senza
distacchi e salvaguardando gli intonaci decorati ai lati delle lesioni.
La prima delle azioni di recupero è consistita nella ripresa delle
lesioni murarie che in situazioni di libertà avvengono con una
lavorazione a scuci e cuci a destra e sinistra della lesione stessa.
La seconda operazione è stata altrettanto delicata poiché poteva produrre due effetti che possono essere considerati molto
174
Nella immagine sotto:
Il distacco di porzioni dipinte
nelle zone dove era necessario un
intervento di consolidamento
profondo.
Nella immagine accanto.
Velinatura di parti decorate.
Nella immagine sopra:
Parete consolidata che attende il
ripristino dei decori.
Impresa “Conservazione e Restauro” di Davide Rigaglia.
Nelle immagini:
Velinatura e distacco di parti
dipinte.
nocivi:
- bagnare gli intonaci, gli stucchi e le superfici dipinte con acqua contenuta nelle malte nonostante queste siano scelte ad alta
viscosità e rapida asciugatura;
- far fuoriuscire le malte da fori e cavillature che nonostante le
stuccature sono rimaste aperte, producendo fastidiose ed invadenti colature di malte difficilmente rimovibile se secche;
- distaccare le lamine di intonaco dipinto sollevato e non fissato
al supporto murario sottostante.
In punti dei dipinti, dove il decoro era particolarmente compromesso o dove si doveva intervenire massicciamente con lo
“scuci e cuci” murario si è deciso, di comune accordo con la
soprintendenza, di effettuare il “distacco” dell’intonaco dipinto.
Le parti distaccate sono state poi ricollocate in sito e ricontestualizzate con il resto del decoro.
1
2
Nel restauro pittorico è stato preliminarmente importante comprendere oltre alla composizione e la natura dei materiali componenti gli intonaci se il fenomeno dei due intonaci sovrapposti
(quello di maggiore spessore e quello più esile) poteva essere
sistemato con semplici operazioni di riadesione al supporto
murario o se invece erano necessarie opere più complesse.
In generale attraverso l’utilizzo di impalcature di servizio, è
stata effettuata la diagnostica e la mappatura del degrado, raffigurando il quadro fessurativo e le lesioni principali e secondarie con e senza distacchi degli intonaci, le mancanze con caduta, le parti di pittura decoese, le perdite di colore.
Completata questa fase preliminare di dettaglio si è intervenuti
con opere articolate in:
- realizzazione di centine e puntellature;
- pulitura sommaria a secco della superficie dipinta;
- fissaggio e consolidamento della pellicola pittorica;
- consolidamento e fissaggio dell'intonaco alla sottostante struttura muraria e/o di camera a canne;
- pulitura definitiva del colore mediante l’applicazione di soluzione di solventi;
- stuccatura delle lacune;
- formazione di intonaco per restauro di affreschi ad integrazione di grandi lacune o mancanze;
- restauro pittorico di superfici dipinte; rifacimento dei neutri
sulle superfici non più affrescate;
- protezione finale.
Nel realizzare il restauro pittorico è stato necessario in alcune
aree reintegrare la pellicola pittorica in presenza di cadute e
abrasioni restituendo unità di lettura cromatica ai dipinti.
176
3
4
SEQUENZA DI:
1 LESIONI
2 PUNTELLAMENTI
3 DISTACCO DIPINTI,
RISANAMENTO LESIONI
4 RIMONTAGGIO DIPINTI,
RESTAURO
5 OMOGENIZZAZIONE
FINALE
Nella prima immagine:
Porta con architrave lesionato dal
sisma.
Nella seconda immagine:
Porta con architrave puntellato
dopo il sisma.
Nella terza immagine:
Distacco di porzioni dipinte.
Nella quarta immagine:
rimontaggio di porzioni dipinte
dopo il risanamento delle lesioni.
Nella quinta immagine:
Restauro finale ed omogeneizzazione dei decori.
5
Là dove erano state perdute parti di intonaco dipinto concordemente con i funzionari responsabili degli uffici per la conservazione dei beni culturali si è intervenuto ripristinando i decori
nelle forme generali effettuando poi un trattamento finale mediante stesura di velature ad acquerello sulle parti ricostruite e
sulle stuccature ad intonazione con la superficie originale. Il
fine ultimo di questa tipologia di trattamenti era quello di ottenere una rilettura generale dei decori, ma di rendere evidenti le
parti originali da quelle ripristinate.
In altre zone si è invece dovuto intervenire con stuccature delle
lacune prodotte da microlesioni ripristinando per piccoli punti i
decori pittorici perduti.
Nelle parti dove i decori erano ben conservati non si è intervenuti.
Si è operato invece in diversi punti deteriorati prima degli eventi sismici da dilavamento di acque ed annerimenti. In questi
casi sono state operati interventi di pulitura delle superfici attenuando gli annerimenti con prodotti idonei, ma lasciando in
generale le situazioni modificate dei supporti pittorici.
In alcuni ambienti erano state perdute vaste aree dipinte non
tanto per effetto del sisma quanto per interventi precedenti. In
questi casi si è operato con un rifacimento di neutri sulle superfici non più affrescate.
Il fissaggio delle superfici e l’utilizzo della protezione finale
sono stati utili solo in alcune situazioni specifiche.
Interventi di pulitura, ripristino e tinteggiature parziali sono
state effettuate all’esterno dell’edificio nelle parti ove erano da
salvaguardare, pulire e valorizzare i tratti di architettura dipinta
di facciata.
Un lavoro particolare è stato effettuato per ripristinare il decoro
di colore rosso del sistema di stipiti ed archi al piano terra sul
retro dell’edificio. Qui si è lavorato con numerose prove e
l’utilizzo di materiali diversi. La soluzione finale condivisa con
i funzionari del MIBACT ha privilegiato il ripristino del colore
dato a spatola attraverso l’impiego di un tonachino di finitura
che permettesse di realizzare un trattamento vivo e pastoso e
non piatto e coprente come in una semplice tinta data a pennello.
Negli altri punti sono state utilizzate tinteggiature a latte di calce, date a pennello a due mani a colori.
177
Operazioni Specifiche sulle strutture lignee della copertura
Nel caso delle coperture in struttura lignea interna a vista decorata e dipinta è stato preliminarmente importante intervenire
strutturalmente, fissare il sistema della travi lignee portanti del
soffitto e la loro riadesione con il supporto in cannucciato, ricostituendolo dove perduto e consolidandolo dalla parte superiore
e, se necessaria, la ricostituzione del cannucciato e fissaggio
delle travature lignee del tetto.
Quindi sono stati necessari interventi storico-artistici mediante
il prefissaggio di decorazioni e dipinti di travature lignee, la
disinfestazione del supporto ligneo tramite applicazione sostanze disinfestanti la revisione ed il risanamento dei supporti lignei anche con l’ inserimento di listelli in legno.
Sui decori pittorici si è agito mediante pulitura superficiale e
con solventi stuccatura delle lacune e quando necessario, il restauro finale al posto delle semplici velature.
Nell’intervenire in una delle stanze del secondo piano rimuovendo il pavimento ed un tavolato che sembrava anonimo si è
scoperto che quello stesso tavolato sopra calpestabile era dipinto nella parte sottostante e faceva parte di tutto il decoro della
stanza. Probabilmente in tempi successivi a questa sistemazione si era deciso di trasformare la stanza dalla copertura in travature lignee dipinte con una volta in cannucciato decorata nella parte sottostante.
Questa trasformazione ha fatto sì che la fascia muraria originalmente dipinta della stanza e lo stesso trattamento pittorico del
soffitto in legno, rimanessero interclusi all’interno della nuova
struttura. La rimozione del pavimento ha reso possibile la scoperta. Concordemente con i funzionari del MIBACT si è deciso
di documentare gli elementi pittorici porre in mostra materiali
cartacei ed informatici a testimonianza del ritrovamento.
178
Nelle immagini:
Interventi di consolidamento con
cordonatura in acciaio al fine di
realizzare i cerchiaggi.
Nella immagine accanto:
Fregi dell’ antica stanza
richiusi all'interno della
volta in incannucciato.
Le pavimentazioni in cotto e le altre finiture
Una delle peculiarità di Villa De Moll sono le pavimentazioni.
Ad eccezione della pavimentazione al piano terra rimossa anni
addietro e sostituita con cotto moderno, tutto il primo piano, il
secondo ed il sottotetto erano pavimentati con cotto antico del
tipo mantovano.
Al primo piano il cotto era abbastanza ben conservato mentre
al secondo piano era completamente sconnesso e fratturato,
tanto da consigliare ai proprietari la realizzazione di un pavimento in legno che nascondesse il cotto.
Le scelte operative hanno privilegiato ovviamente la conservazione dei materiali, lo smontaggio ed il successivo rimontaggio
degli stessi pavimenti dopo il loro restauro ed eventuale rettifica.
Nello smontare i pavimenti non si è riusciti a salvaguardare
tutto il cotto presente e molte pianelle si sono fratturate. È stato
pertanto necessario ricercare sul mercato un tipo di cotto locale, fatto a mano, che fosse il più possibile simile a quello storico.
Trovato il cotto si è operato smontando il pavimento storico,
restaurandolo pianella per pianella e rimontandolo con la logica
di privilegiare i locali più importanti o comunque quelli di primo accesso del pubblico, lasciando il cotto nuovo ai locali più
distanti lungo il percorso della villa.
Il risultato è stato di grande valore qualitativo, il successivo
trattamento con cere naturali ha restituito alla vista un pavimento di grande suggestività tanto che risulta veramente complesso individuare le parti antiche e le parti nuove. Con le stesse metodiche è avvenuto il rimontaggio e la integrazione del
pavimento in cotto del sottotetto ed anche qui può essere oggi
ammirato un pavimento storico di grande qualità estetica, integrato con tratti di pavimentazione nuova con materiale simile
fatto a mano.
Al piano terra è stato completamente rimosso il pavimento in
cotto montato alcuni anni fa e sostituito con lo splendido pavimento di cotto fatto a mano di nuova fattura che conferisce
all’ambiente del piano terreno notevole valore estetico.
180
Nella immagine:
Rimozione delle pavimentazioni
originali con recupero del cotto
distaccato.
Nelle immagini:
Rimontaggio del cotto e finitura
finale.
Gli impianti
I lavori di restauro hanno reso necessario il rifacimento di gran
parte degli impianti che erano in buona parte obsoleti e superati
nelle prestazioni tecniche rispetto alle normative vigenti.
Per quanto attiene l’impianto idrotermosanitario sono state
confermate le situazioni esistenti con integrazione, sostituzione
e miglioramento dell’efficienza impiantistica compreso anche
il rifacimento di bagni. Le condutture impiantistiche sono state
alloggiate tutte nei massetti realizzati.
Delle accortezze particolari sono state tenute per l’impianto
elettrico e per le modalità di manifestazione delle prese esterne.
Scartando tutte le possibilità di prese realizzate con materiali
moderni sono state privilegiate soluzioni antichizzate o comunque realizzate per essere adeguate ad ambienti storici.
182
Nella immagine sotto:
La nuova impiantistica di Villa
De Moll. Un buon restauro passa
attraverso anche un adeguamento
impiantistico secondo normativa
che non sia però eccessivamente
invasivo.
Nelle immagini:
L’impiantistica a terra di
Villa De Moll.
Nelle immagini:
L’impiantistica rispettosa
dell’esistente.
L’impresa esecutrice dei lavori
Nella immagine:
L’accantieramento.
L’opera di restauro di un edificio storico è operazione complessa ed articolata che necessita non solo di un accurato apparato
organizzativo progettuale, ma anche e soprattutto di un idoneo
apparato esecutivo.
Le opere di restauro debbono essere svolte con attenzione e
razionalità perché il loro obiettivo è quello di realizzare interventi che, raggiungendo gli obiettivi del consolidamento e della
riparazione, non producano modifiche irreversibili al patrimonio architettonico e storico – artistico.
Per fare questo sono necessarie attitudini organizzative, pratiche ed abilità tecniche degli operatori.
Molti trasferiscono queste caratteristiche in una sola parola:
l’esperienza.
Essere esperti significa affrontare con dinamicità le opere di
restauro, organizzare accuratamente nel tempo e nella loro evoluzione.
Non basta dunque solo l’esperienza ma sono necessarie anche
la preparazione e la cultura.
Non si inventa un restauro, non ci si inventa restauratori dalla
186
sera alla mattina, non si inventa un sistema di approvvigionamento di materiali adeguato se non si ha la struttura d’impresa
e le conoscenze adeguate per farlo.
Tutte queste caratteristiche hanno trovato una buona soluzione
nel caso di Villa De Moll e nell’affidamento che la proprietà ha
voluto fare all’Impresa DELTA LAVORI S.p.A. di Sora (FR),
dopo una selezione sul mercato.
L’ impresa ha condotto l’intera attività di restauro con la collaborazione di altre aziende altamente specializzate in settori specifici.
Impresa generale del restauro esecutrice dei lavori:
DELTA LAVORI S.p.A. con sede in Sora (FR).
In collaborazione con:
INNOVATIONS S.r.l. con sede in Perugia (PG)
Per l’esecuzione degli interventi di rinforzo strutturale
eseguiti con l’impiego di materiali innovativi, quali materiali compositi, fibre di acciaio e barre elicoidali.
CONSERVAZIONE E RESTAURO di Davide Rigaglia con sede in Castiglione di Sicilia ( CT )
Per l’esecuzione degli interventi di messa in sicurezza e
restauro dei dipinti e decori.
Nelle immagini:
Una buona organizzazione
dell’impresa garantisce un adeguato livello di risultati nel restauro.
Nella pagina successiva:
Veduta di una delle stanze al primo piano, dopo il restauro e il
seguente riallestimento.
Foto Giorgio Andreoli.
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Bibliografia
Per gli eventi storici della Villa e l’evoluzione del territorio:
AA. VV. (a cura di), Chronicon Regiense. La cronaca di Pietro della Gazzata nella tradizione del
codice Crispi, Reggio Emilia 2000.
AFFO’ I., Istoria della città e ducato di Guastalla, 4 volumi, Parma, 1785-1788.
ASMN, Arch. Gonzaga, Lettere dai Paesi dello Stato; Copialettere dei Gonzaga.
ASRE, buste varie (genealogie di famiglie illustri).
CALZOLARI M., Un “vicus” di età romana, in “Quaderni della Bassa Modenese”, n.27, Modena
1995.
CANOVA F., Le Corti reggiolesi dai Gonzaga al sec. XX, Reggiolo 1996.
CANOVA F., G. NOSARI, Reggiolo. Il nome e il come: storia, cronaca e legenda, Reggiolo
2013.
CANOVA F. (a cura di), Matilde e Gregorio VII a Reggiolo (Bondeno di Ròncore-Bondanazzo,
1077, 11 febbraio), Reggiolo 2015.
CANOVA F. et alii, Documenti e lettere di Matilde di Canossa, Bologna 2015.
CANOVA F., Il Destra Po sul confine reggiano-mantovano. Il “limes” dell’episcopato di Reggio
(secoli VIII-XII), in Boll. Storico Reggiano, n. 157, 2015.
D’ARCO C., Famiglie Mantovane, manoscritto inedito in 7 volumi, c/o ASMN.
DAOLIO D., Antiche terre del fiume Po, E. Lui, Reggiolo (RE), 2006.
GATTA F.S., Liber Grossus Antiquus Comunis Regii, 6 voll., Reggio E. 1944-1962.
MAGNANI E., Villa de Moll, tesina inedita, c/o Università di Architettura di Firenze, AA. 199394.
MARANI E. (a cura di), Breve Chronicon Mantuanum (di ANONIMO), Mantova 1968.
PARALUPI R., Storia di Reggiolo nell’Emilia (781-1930), Reggio E. 1930.
ROMBALDI O., Storia di Novellara, 1967.
SCHIAPARELLI A., I diplomi di Berengario, I, Roma 1903.
VAINI M., La distribuzione della proprietà terriera e la società mantovana dal 1785 al 1845, Milano 1973.
ZAGNI A., Storia di Brugneto, Reggiolo 1985.
Per i contenuti tecnici del progetto e l’esecuzione degli interventi:
MEDICI R., BORZACCHINI V., Progetto di Intervento di riparazione del danno con miglioramento sismico di fabbricato adibito ad attività produttiva denominato “Villa De Moll” danneggiato dagli eventi sismici del maggio 2012 e seguenti; Reggiolo (RE) ottobre 2013.
EXPERIMENTATIONS S..r.l., Rilievi, studi ed analisi non distruttive a “Villa De Moll” Reggiolo (RE) settembre 2013.
BORZACCHINI V. e D., Progetto tecnico specialistico degli interventi storico - artistici; Reggiolo (RE) settembre 2013.
MEDICI R., BORZACCHINI V., FERRI G., Documentazione relativa alla Direzione dei Lavori
degli Intervento di riparazione del danno con miglioramento sismico di fabbricato adibito ad attività produttiva denominato “Villa De Moll” danneggiato dagli eventi sismici del maggio 2012 e
seguenti; Reggiolo (RE) maggio 2014 – dicembre 2015.
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Biografia autori
FRANCO CANOVA
Storico reggiolese, ha insegnato in diversi Istituti di 2° grado. Autore di una quarantina di saggi e
libri storici, ha collaborato con la S.E.I di Torino per la Letteratura del Trienno nei Licei (Forme e
Modelli), 1987. Tra i suoi principali lavori di ricerca: I Sartoretti. Una famiglia di esattori reggiolesi; Gualtieri nel sec. XVII; Guastalla e la guerra di successione a Mantova; tre volumi sui Paesi
del Po; le Chiese di Mantova e Provincia; I soldati mantovani al fronte nelle due guerre mondiali;
I cavalli di razza dei Gonzaga (con G. Nosari); Il Registro inedito dei beni del Monastero di S. Benedetto in Polirone, sec. XV.
Ha pubblicato di recente Reggiolo: il nome e il come. Storia Cronaca e Legenda (2013); con altri
collaboratori, Documenti e Lettere di Matilde di Canossa. Testo latino e traduzione italiana
(2015); e con Galeazzo Nosari, La Camera degli Sposi a Mantova, nel castello di S. Giorgio
(2016).
E’ sposato con Elisa Pozzi, e ha un figlio, Marco.
VALERIO BORZACCHINI
Architetto e docente; laureato all’IUAV di Venezia nel 1980, risiede nelle Marche in Ascoli Piceno e lavora in tutto il territorio nazionale. Si è occupato sin dall’inizio della sua attività professionale di Recupero del Costruito, Restauro Monumentale e Storico - Artistico. Durante la sua attività
ha firmato diversi Piani di centri storici di valore architettonico e monumentale tra i quali quello di
Ascoli Piceno. È intervenuto professionalmente ed ha lavorato nei tragici eventi sismici
dell’Irpinia 1980, Umbria - Marche 1997, L’Aquila e Comuni del cratere 2009 e Emilia - Lombardia 2012. Particolarmente esperto nelle opere di restauro, riparazione e miglioramento sismico di
edifici monumentali e beni storico artistici ha avuto tra i committenti numerosi Enti Pubblici e Privati. Tra i numerosi restauri progettati e diretti, la Chiesa Cattedrale e la ex Cartiera Papale di Ascoli Piceno, circa quaranta Chiese, Conventi, Mura storiche, Castelli, Edifici Nobiliari, Ville storiche e Case, di proprietà pubblica e privata. Ha partecipato e partecipa a numerose gare pubbliche
di appalto su tutto il territorio nazionale risultando vincitore in diverse di esse.
Ha pubblicato numerosi interventi scritti su riviste specializzate, di storia e cultura locale e diversi
volumi tra i quali: "Ascoli e il suo territorio" con altri (1984); "L'impronta neoclassica picena tra
realtà e permanenze" con altri (1991) "Gli Opifici di Porta Cartara ad Ascoli Piceno” (1997 –
2006); “Giuseppe Sacconi , Architetto Montaltese tra Marche e Roma” (2000); “Ascoli Piceno tra
storia, cultura e religiosità: la città ed i suoi luoghi alle soglie del terzo millennio” (2000); “Il romanico nelle Marche” - realizzazione di un CD-ROM (2000); "Architetture Lignee nella cattedrale di Ascoli Piceno - storia e restauro” (2003 - 2006); "La Cattedrale di Ascoli Piceno” con altri
(2010).
È’ sposato con Carla Peroni, e ha due figli: Davide restauratore di opere d’arte e Carlo economista.
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Il presente volume è stato stampato
in 800 copie dalla Tipografia
“E. Lui Tipografia S.r.l.” Reggiolo (RE)