radon e polveri - Studio Tecnico Francesco Giannelli

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L’Edificio Salubre
RADON E POLVERI
L’abitazione in epoca Rinascimentale
Responsabilità Civili Penali Disciplinari
A cura dei geometri:
Agrati Susanna
Campana Mauro
Lagonia Teresa
Stacchi Andrea
GEOM. AGRATI SUSANNA
Nata a Monza il 07/11/1989
Iscritta al Collegio dei Geometri
della prov. di Monza e Brianza dal 2011
Svolgo la libera professione dall'anno 2012 ed opero
nel campo delle certificazioni energetiche, pratiche
edilizie comunali, catasto fabbricati e terreni.
GEOM. CAMPANA MAURO
Nato a Iseo (BS) il 27/11/1981
Iscritto al Collegio dei Geometri
della prov. di Brescia dal 2005
Specializzato in progettazione, ristrutturazione,
direzione lavori, perizie tecnico giuridiche, catasto e
rilievi.
GEOM. LAGONIA TERESA
Nata a Catanzaro (CZ) il 27/09/1966
Iscritta al Collegio dei Geometri
di della provincia di Catanzaro dal 2009
Opera nel settore urbanistico, catastale, topografico
ed estimativo.
GEOM. STACCHI ANDREA
iscritto al Collegio dei Geometri
della prov. di Parma
opera da 35 anni nel settore privato occupandosi
prevalentemente di progettazioni nuove costruzioni
ristrutturazioni e recuperi edilizia con utilizzo di
energie rinnovabili tecnologie innovative materiali
naturali e attenzione alle forme architettoniche.
INDICE
1
INTRODUZIONE
pag. 3
CAPITOLO 1
Storia dell’abitazione: L’abitazione in epoca rinascimentale
1.1 Caratteristiche dell’architettura rinascimentale
1.2 Tipologie e caratteristiche costruttive
1.3 Materiali utilizzati in epoca rinascimentale
1.4 Il tramonto del rinascimento
pag. 6
pag. 10
pag. 11
pag. 14
pag. 15
CAPITOLO 2
Le polveri negli ambienti confinati
2.1 Origini e cause
2.2 Le misure di contrasto
2.3 I danni alla salute
2.4 Il processo bio-depurativo delle piante
pag. 16
pag. 17
pag. 19
pag. 20
pag. 21
CAPITOLO 3
Il Radon
3.1 Cos'è il Radon?
3.2 Gli effetti sulla salute
3.3 Tecniche di misurazione indoor
pag. 25
pag. 26
pag. 30
pag. 32
CAPITOLO 4
Tecniche di risanamento indoor
4.1 Il Radon nel suolo e nell’edificio
4.2 Tecniche di risanamento
pag. 36
pag. 37
pag. 40
CAPITOLO 5
Responsabilità Civili – Penali – Disciplinari
5.1 Storia della legislazione in merito alla salubrità degli edifici
5.2 Aspetti normativi
5.3 Responsabilità civili, penali e disciplinari
pag. 46
pag. 47
pag. 51
pag. 56
CAPITOLO 6
Radon in Italia - Regioni a confronto
6.1 Calabria
6.2 Emilia Romagna
6.3 Lombardia
pag. 59
pag. 62
pag. 68
pag. 75
CONCLUSIONI
pag. 82
BIBLIOGRAFIA
pag.85-86
2
INTRODUZIONE
3
Due elementi considerati indispensabili per la vita: il vento è il cielo ovvero
l’aria che respiriamo e che trasporta le nuvole gonfie di pioggia e di acqua, senza la
quale nulla potrebbe sopravvivere. E’ il Feng Shui che letteralmente in cinese vuol dire
“vento ed acqua”, ed è anche un insieme di azioni di interpretazione e lettura del
paesaggio, delle forme, delle disposizioni delle costruzioni e degli spazi interni agli
edifici, con il fine di evitare influssi negativi su chi le abita.
Questa antica filosofia tibetana denota una profonda conoscenza dell’uomo in
quanto elemento della natura, e la sua efficacia è strettamente legata alla purezza
dell'aria che viene respirata.
Condividendo o meno l’affascinante teoria orientale, è necessario in fase di
progettazione o ristrutturazione di un edificio, trattare e valutare l’aspetto fisico e
chimico dell’aria che circolerà in quell’ambiente confinato.
Pare invece che la qualità dell’aria, nella ricerca del luogo in cui viviamo o
andremo a vivere, sia uno dei requisiti più trascurati, mentre quelli più richiesti sono
l'estetica, l'isolamento termico, e tutto ciò che risponde alle esigenze tipiche del
cittadino attuale, ma che non corrispondono alle necessità strettamente biologiche
della persona.
L’uomo di oggi, paga a caro prezzo i cambiamenti tecnologici provenienti dal
costante sviluppo del suo sapere, e la capacità di adattarsi alle abitazioni non è
scontata, infatti un edificio costruito con materiali di scarsa qualità, o progettato in
modo inadeguato, seppur gradevole alla vista, può provocare influssi molto negativi
con danni anche gravi alla salute di chi lo abita.
Si assiste ad una discreta sensibilizzazione nei confronti dell'alimentazione
sana, biologica, ma sembra non esserci alcuna coscienza di quanta aria tossica viene
respirata ogni giorno, per anni, in casa o sul lavoro. L’utilizzo di materiali edilizi
scadenti che rilasciano composti volatili cancerogeni o comunque tossici sono
pericolosi quanto un alimento non sano, con la differenza che le sostanze presenti
nell'ambiente restano a contatto con l'organismo più a lungo del cibo.
In questo lavoro, frutto della partecipazione al Corso “Esperto dell’Edificio
Salubre” sono stati trattati specifici argomenti come la presenza delle polveri e del radon
negli ambienti confinati, le malattie ad essi associate, ed i possibili rimedi, attraverso il
confronto delle esperienze maturate nelle differenti regioni di provenienza del gruppo
di lavoro.
Senza trascurare le trasformazioni che l’abitazione ha subito nel corso dei
secoli, e l’utilizzo di nuovi materiali costruttivi. Inevitabilmente la nostra attenzione si
è centrata sul ruolo del geometra che certamente rappresenta una delle figure
specialistiche fondamentali nella tutela della salute umana in quanto
professionista competente della fisica tecnica dell’edificio.
Esperto di nuovi sistemi progettuali e di materiali intelligenti a ridotte o zero
emissioni inquinanti, e in grado di rilevare difetti di progettazione in edifici esistenti,
4
di identificare i materiali utilizzati nella costruzione, nel tipo di impiantistica, nel
riscaldamento, nell’acustica, di verificare la qualità dell’aria, dell’igiene, della salubrità
effettuando una diagnosi e predisponendo le eventuali procedure di risanamento,
individua gli inquinanti all’interno degli ambienti confinati e gli eventuali danni che ne
conseguono.
Dunque è riposto nella professione dei tecnici, tra cui quella del geometra il
contributo principale nelle attività di prevenzione della Sindrome dell’Edificio
Malato (SBS - Sick Building Syndrome).
Gli autori
5
1_STORIA DELL'ABITAZIONE
L'ABITAZIONE IN EPOCA RINASCIMENTALE
6
(Facciata Spedale degli Innocenti – Firenze)
Per definire al meglio l'architettura Rinascimentale ed i suoi principali canoni e
tipologie stilistiche si deve partire dando una definizione del periodo.
Il Rinascimento è il periodo di storia della civiltà che maturò in Italia intorno
alla metà del XIV secolo e che si sviluppò in quello successivo, principalmente a
Firenze.
In linea cronologica esso segue direttamente i “Secoli bui“ del Medioevo ed è
inserito in un'epoca di grandi sconvolgimenti economici, politici, religiosi e sociali.
Tra gli eventi di maggior rottura in ambito politico ci furono la questione
orientale, segnata dall'espansione dell'Impero Ottomano, e un'altra occidentale,
caratterizzata dalla nascita degli Stati moderni, tra cui le monarchie nazionali di
Francia, Inghilterra e Spagna, così come l'impero di Carlo V.
In ambito economico e sociale, con la scoperta del Nuovo Mondo,
avvengono espansioni coloniali che allargano a dismisura l'orizzonte del mondo
europeo. Iniziano enormi trasformazioni in Europa, accompagnate da squilibri e
contraddizioni: se da una parte si fa spazio l'economia mercantile su scala mondiale,
dall'altra le campagne restano legate a realtà tipiche dell'economia feudale.
E' in questa era storica di grandi mutamenti che comincia a svilupparsi in
Italia il Rinascimento considerato come un'età di cambiamento, in cui matura un
nuovo modo di concepire il mondo e se stessi.
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(Leonardo da Vinci l’uomo al centro dell’universo)
In generale si può affermare che alla base di tutto vi fu una rivalutazione
dell'uomo in quanto individuo dotato di potere creativo e intellettivo. Tutto questo
scaturirà dalla corrente dell'Umanesimo, che aveva portato a riconsiderare il ruolo
stesso dell'individuo nell'universo. Di conseguenza, cambia anche il modo di pensare
riguardo la figura dell'artista che viene, in questo periodo rivalutato nel suo ruolo
creativo individuale. Nel medioevo infatti, il progettista era considerato una sorta di
capo-cantiere, che sovrintendeva alla costruzione delle opere. Non si considerava per
niente il progetto che precedeva la messa in opera o almeno non lo si distingueva
dalla fase esecutiva.
L'arte, come l'architettura, adesso non sarà più vista come attività di tipo
“manuale” ma come prodotto derivato da una riflessione di tipo “intellettuale”, e
l'opera d'arte sia essa pittorica, scultorea o architettonica, acquisterà nuovo significato.
Per questo motivo, architettura, pittura e scultura divengono all'inizio di questo
periodo, completamente autonome e si esprimeranno in una costante ricerca di
armonia ed equilibrio fra i vari elementi che preluderà al successivo passo verso il
Rinascimento.
Il ruolo del disegno, in architettura, che prima era considerato alla stregua di
un semplice appunto da lavoro comincerà ad assumere importanza, ed attraverso di
esso i progettisti rinascimentali riscoprirono valori come la proporzione, l'equilibrio,
la simmetria e la geometria; in poche parole il linguaggio classico dell'architettura. Si
farà pertanto un esplicito riferimento ai modelli architettonici dell'antichità romana, e
si aprirà una nuova concezione dello spazio in chiave prospettica. La visione
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prospettica si concretizzerà in una ricerca di prospettive visive e nel rigore geometrico
con il quale lo spazio può essere strutturato in rapporto ad un determinato punto di
vista.
Destinato a estendersi successivamente e a differenziarsi nei diversi campi
della cultura e dell’arte, ma con vaste risonanze in ogni settore della vita e dell’attività
dell’uomo, il moto rinascimentale oltrepassò presto i confini dell’Italia per diffondersi
negli altri paesi europei.
I suoi limiti cronologici possono fissarsi con buona approssimazione tra la
metà circa del Trecento e la fine del Cinquecento, anche se alcuni studiosi tendono a
circoscrivere l’arco cronologico tra il 1400 e il 1550, altri tra il 1492 e il 1600.
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1.1_Caratteristiche dell'architettura rinascimentale
L'ORDINE ARCHITETTONICO: insieme di regole proporzionali che legano fra
loro in maniera prestabilita tutte le parti di un edificio.
FACCIATA DELLE CHIESE: nel tipico prospetto delle chiese rinascimentali vi è
una navata centrale alta e stretta e un sistema di due piani di ordini raccordati da due
grandi volute.
L'IDEALE DELLA SIMMETRIA ASSOLUTA: l'edificio ideale è quello
simmetrico su tutti gli assi orizzontali e verticali. E' la tipica forma che comincia a
imporsi tra la fine del Quattrocento e l'inizio del Cinquecento.
LA CUPOLA: la cupola è l'elemento dominante di quasi tutte le chiese
rinascimentali. L'ispirazione è romana. Tipici sono i costoloni e i semiarchi in pietra
che dividono i vari spicchi della costruzione.
LA VILLA: l'Italia del Rinascimento riscopre un tipo di edificio che era sparito
dall'Europa con la caduta dell' Impero romano.
I PALAZZI: l'Italia del Rinascimento costruisce un altro tipo di edificio sontuoso il
palazzo rinascimentale nelle grandi città sintomo di potere e opulenza.
LA ROCCA: Le torri sono tonde, spesse, via sempre più basse per resistere ai colpi di
cannone; e sempre l'intero edificio porta in alto l'apparato a sporgere, cioè il rilievo
verso l'esterno della parte superiore delle mura, che permette di colpire gli assalitori.
LE TENDENZE DECORATIVE: benché il Rinascimento sia uno degli stili più
razionali, non mancano esempi di gradevolissimo valore decorativo con l'applicazione
di un unico motivo (es. rivestimenti in pietre sagomate).
STUDI URBANISTICI: Il Rinascimento si occupo molto di urbanistica anche se le
realizzazioni non sono numerose. Fra queste, la Piazza Ducale di Vigevano è forse la
più significativa.
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ARCHITETTURA RINASCIMENTALE IN ITALIA
1.2_Tipologie e caratteristiche costruttive
Con il Rinascimento ci fu una riscoperta dell'architettura romana, di cui nel
Quattrocento sopravvivevano integre diverse vestigia. Principale indice di questa
riscoperta fu la ripresa degli ordini classici, l'uso di forme geometriche elementari per
la definizione delle piante, la ricerca di articolazioni ortogonali e simmetriche, nonché
l'impiego della proporzione armonica nelle singole parti dell'edificio. Fu privilegiato
l'impiego di volte a vela su pianta quadrata (ad esempio nello Spedale degli Innocenti)
e di volte a botte (come nella copertura della basilica di Sant'Andrea a Mantova di
Leon Battista Alberti), senza l'uso dei costoloni e dei contrafforti gotici.
(Palladio villa Pojana)
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Il tipico palazzo rinascimentale di solito è un blocco unitario realizzato in
muratura e strutturato su tre piani che si affacciano sia sulla strada che sul cortile
interno: al pianterreno si trovano i locali di servizio; al primo piano vi sono i locali di
rappresentanza utilizzati in occasione di feste e ricevimenti; il secondo piano è abitato
dai componenti della famiglia, mentre il sottotetto è utilizzato come alloggio per la
servitù.
Le sale interne sono decorate con affreschi, stucchi, quadri, arazzi e sontuose
scalinate, e sono arredate con mobili pregiati. Contemporaneamente si sviluppa il ceto
borghese e con esso viene in parte modificata la struttura dell'abitazione. I locali si
differenziano in base alla destinazione d'uso: ai piani superiori si trovano le stanze dei
componenti della famiglia, mentre al primo piano (o al piano ammezzato) i locali
sono utilizzati per il lavoro e gli uffici. Il pianterreno, che in origine era utilizzato
come laboratorio artigiano, diventa bottega e generalmente viene dato in affitto.
La grande conquista del Rinascimento, rispetto al passato, è stata quella di
aver dato vita ad ambienti regolati da leggi immediatamente percepibili e facilmente
misurabili che danno una sensazione di bellezza e di benessere all'osservatore.
L'introduzione del cortile al centro dell'edificio, derivata dai modelli
planimetrici del passato, divenne pertanto il principale elemento caratterizzante la
nuova disposizione all'antica. Questa tipologia prevedeva un complesso edilizio
chiuso attorno ad un cortile, con piccole aperture al piano terreno e finestre regolari,
di dimensioni più ampie, nei registri superiori.
Il rivestimento parietale, nel primo Rinascimento, è costituito dal bugnato e
dai semipilastri; ad esempio, al primo caso, legato alla tradizione di Palazzo Vecchio e
del Bargello, è riconducibile il Palazzo Medici Riccardi di Michelozzo, mentre al
secondo è ascrivibile il prospetto del Palazzo Rucellai, ideato da Leon Battista Alberti.
Un caso particolare è rappresentato dai palazzi veneziani, la cui costruzione fu
condizionata innanzitutto dalla scarsa superficie dei lotti a disposizione. Ciò
determinò la formazione di edifici a blocco unico, privi di un cortile centrale aperto.
A Roma, Bramante (Palazzo Caprini) e Raffaello, proposero nuovi modelli in cui
furono combinati bugnato al piano terra e scansione della facciata con ordini in
rilievo. Palazzo Farnese a Roma, progettato da Antonio da Sangallo il Giovane e
Michelangelo, costituì un'ulteriore evoluzione, che darà vita a un modello molto
duraturo, caratterizzato dal rifiuto sia del bugnato che degli ordini a favore di una
facciata liscia percorsa da membrature orizzontali (marcapiano, marca-davanzali), su
cui si stagliano finestre ad edicola, con timpani triangolari e curvilinei alternati, che al
piano terra diventano inginocchiate. Nel pieno Rinascimento, su influenza di
Vitruvio, si ebbe una maggiore attenzione verso la simmetria, oltre che delle facciate e
della corte interna, anche della configurazione planimetrica, come nel caso di Palazzo
Valmarana, costruito da Andrea Palladio intorno al 1565.
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(Palladio: Villa Almerico Capra, Vicenza)
Nelle residenze di campagna, la centralizzazione della casa divenne un
principio fondamentale. Un primo esempio è rappresentato dalla Villa medicea di
Poggio a Caiano, innalzata su progetto di Giuliano da Sangallo verso la fine del
Quattrocento. Qui, la disposizione degli ambienti interni, distribuiti a croce attorno ad
una sala centrale, ricalca sostanzialmente quanto illustrato da Leon Battista Alberti nel
trattato De re aedificatoria, nel tomo dedicato alle "case signorili". Altra particolarità
della villa è l'inserimento di un frontone classico in facciata, che anticipa le soluzioni
palladiane del secolo successivo.
Infatti, la scena cinquecentesca è dominata dalle ville che il Palladio realizzò in
Veneto; tra queste, un'intensa fortuna ebbe il progetto della cosiddetta Rotonda (villa
Almerico Capra), che fu imitato da diversi artisti appartenenti alla corrente del
palladianesimo internazionale.
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(Scorcio interno di villa Farnesina a Roma)
1.3_Materiali utilizzati nell'epoca rinascimentale
Nel periodo rinascimentale si ebbe una ripresa nell'utilizzo delle murature in
laterizio mentre l'impiego della pietra era destinato alla produzione di elementi che
richiedevano soluzioni scultoree o sagome particolari.
Due ragioni determinarono questa tendenza: il facile reperimento della
materia prima e la minore onerosità della produzione.
Il modello a cui spetta il primato del'utilizzo è la pietra serena (rispetto alla pietraforte,
che invece era la più utilizzata in epoca medievale).
Inoltre,la pietra serena consente la cavatura di pezzi di dimensioni maggiori
rispetto alla pietra forte, grazie alla quale prendono vita elementi monolitici di forme
maestose.
Il materiale lapideo acquista sempre più il ruolo di materiale di completamento
e finitura, di inerte per opere stradali o di materia base per produrre leganti.
Nel Rinascimento il problema delle malte rimane problema di primo
piano: infatti tali materiali ancora non fornivano prestazioni adeguate; Palladio e
altri suoi contemporanei si occuparono, ad esempio, delle calci adatte ai lavori
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in acqua, del miglioramento dei dosaggi e delle qualità dei componenti delle malte
e dei calcestruzzi.
Il Rinascimento e successivamente il periodo Barocco videro il sempre
maggiore utilizzo dell'intonaco, e delle sue molteplici possibili finiture e lavorazioni,
giudicato più adatto del mattone in vista per definire lo stacco o la continuità delle
linee e delle superfici.
Il mattone continua comunque ad essere usato, ma in prevalenza per
segnare cornici, contorni e trabeazioni.
Da un punto di vista più tecnico, l'edilizia era assai conservativa. Le tecniche di
produzione della ceramica edile (mattoni, tegole) nonché dell'estrazione e della
lavorazione della pietra si conservarono immutate, sin dall'antichità per tutto il
periodo medioevale. Anche i metodi di costruzione delle mura rimanevano identici.
Gli archi acuti, che avevano rivoluzionato l'edilizia europea nel periodo gotico,
avevano ceduto il passo, nel periodo rinascimentale, a soluzioni tratte dalla tradizione
antica.
1.4_Il tramonto del rinascimento
Con la decadenza politica ed economica in Italia il Rinascimento entrò nella
sua fase discendente, poiché si spensero quelle forze creative che gli avevano dato
vigore pur lasciandoci delle opere di eccelsa fattezza e sublime bellezza. Le sventurate
vicende politiche della penisola fecero vacillare la fede nelle capacità dell'individuo,
facendo riaffiorare la superstizione e la speranza nel miracoloso, il senso della
precarietà, le assillanti domande sul lecito e l'illecito. Nel frattempo il pensiero politico
rifuggiva dalla chiarezza lineare di Machiavelli. Sullo scorcio del XVI secolo prevaleva
ormai lo stato d'animo della Controriforma e il Tasso esprimeva il tormento
dell'uomo nuovamente attanagliato dall'angoscia del peccato.
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2_ LE POLVERI
NEGLI AMBIENTI DOMESTICI
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2.1_Origini e cause
Nell'ambito della problematica dell'inquinamento degli ambienti confinati
grossa rilevanza assume l'inquinamento da polveri. Gli studi in campo scientifico e
tossicologico evidenziano sempre più gli effetti nocivi delle emissioni di polveri sulla
salute umana.
Negli ultimi anni accanto alla caratterizzazione delle polveri nelle aree urbane,
sono stati effettuati molteplici studi sull’esposizione delle persone alle emissioni di
particelle in ambienti domestici. In molti paesi infatti la popolazione trascorre la
maggior parte del proprio tempo in ambienti confinati dove, processi di cottura,
riscaldamento, fumo di sigaretta, e fenomeni di combustione in generale, determinano
emissioni di particelle ultrafini (UFP) che interferiscono condizionando la qualità
dell’aria respirata.
Bisogna precisare che polvere e umidità ambientale elevata possono essere
causati anche da altri fattori come ad esempio le caratteristiche costruttive delle
abitazioni, o l’utilizzo di determinati prodotti. Infatti la crescita di colonie di
microrganismi dipende dal tipo di prodotto (naturale o sintetico), dalla porosità del
materiale da costruzione, dalle condizioni d’uso (attività svolte, presenza di altri
prodotti), dalle condizioni microclimatiche.
I prodotti di origine naturale non trattati in superficie, come per esempio il
legno massello o le fibre tessili vegetali o animali, tendono a formare habitat ideale
per la crescita di colonie di microrganismi. La presenza di polveri e fibre nell’aria
interna è normalmente legata al grado di usura dei prodotti come pavimentazioni,
tappezzerie, intonaci, pitturazioni, o alla possibilità che materiali fibrosi (come alcuni
tipi di isolanti) entrino in contatto con l’aria interna. Un esempio sono gli isolanti
fibrosi utilizzati in controsoffitti o nelle tubazioni del condizionamento.
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La polvere dunque, inevitabilmente presente all’interno degli edifici,
costituendo un ottimo habitat per i microrganismi come gli acari, li veicola nel corpo
attraverso il respiro, trasformandosi in un temibile inquinante microbiologico.
Il più conosciuto acaro detto “il mangiapolvere” (Dermatophagoides Pteronyssinus)
è un disgustoso artropode che vive nella polvere, sono sufficienti un’umidità relativa
interna del 65% prolungata per un paio di settimane, e la temperatura superiore a
22°C per trovarne in abbondanza, si riproduce molto velocemente: una nuova
generazione di acari nasce ogni 3 settimane, e in un grammo di polvere possono
viverci fino a 200 esemplari. Le proteine che si ritrovano negli escrementi degli acari,
così come gli acari morti, rappresentano la causa scatenante della reazione allergica
nell’uomo.
Spazzare, passare l’aspirapolvere, pulire o cambiare le lenzuola provoca il
trasferimento degli acari nell’aria che si respira, dove rimangono sospesi per circa 2030 minuti. Pertanto ambienti che sono allo stesso tempo secchi e freddi
rappresentano il primo ostacolo alla loro proliferazione.
Riassumendo i fattori che determinano il rilascio di polveri e fibre all’interno di un
locale sono:
 le attività domestiche quotidiane: cucinare, stirare;
 i processi di combustione in generale;
 il fumo di sigaretta;
 la composizione di prodotti utilizzati all’interno dell’abitazione;
 il tipo e lo stato della finitura superficiale di materiali d’arredo presenti;
 l’età del materiale edilizio e lo stato di manutenzione;
 la manipolazione e lavorazione dei prodotti.
La nocività è legata alle caratteristiche fisiche di polveri e fibre (dimensioni e quindi
inalabilità), alla concentrazione nell’aria, e al tempo di esposizione.
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2.2_Le misure di contrasto
Le principali misure da adottare per minimizzare i rischi sopra indicati sono di
quattro tipi:
 riduzione delle sorgenti inquinanti, scegliere materiali facilmente pulibili, che
non richiedano, o non suggeriscano, l'uso di prodotti tossici per la pulizia e la
manutenzione (es. lucidanti, anti-polvere, ecc.);
 rimozione degli inquinanti alla fonte di rilascio;
 introduzione di aria esterna (ventilazione) per diluire la concentrazione degli
inquinanti, evitare superfici estese di materiali assorbenti (tessili, materiali
porosi);
 valutare il rapporto tra cubatura degli spazi e superficie dei prodotti
eventualmente utilizzati;
 prevenzione e riduzione dell’esposizione mediante l’osservanza di norme
precauzionali e l’adozione di comportamenti appropriati.
 assicurarsi che i materiali siano stabili e durevoli per le condizioni d'uso
prevalenti o prevedere un programma di manutenzione o sostituzione.
Una prima serie di misure preventive riguarda gli aspetti strutturali e funzionali
degli edifici strettamente correlati con la qualità dell’aria interna.
Senza dimenticare che, se da una parte gli occupanti degli edifici subiscono
direttamente le conseguenze negative legate alle scadenti condizioni igieniche degli
ambienti domestici e al deterioramento della qualità dell’aria interna, dall’altra essi
stessi, con le loro attività quotidiane e comportamenti inadeguati, sono responsabili
della produzione di sostanze pericolose per la salute.
Fornendo una corretta informazione sui vari rischi legati a fattori biologici, ma
anche chimici e fisici presenti negli ambienti indoor, si possono eliminare e ridurre
disagi e disturbi alle persone raccomandando l’uso di prodotti e materiali egualmente
efficaci ma meno inquinanti.
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2.3_I danni alla salute
Una delle patologie più diffuse, in costante aumento in questi anni, è la
malattia allergica soprattutto nei bambini e negli adolescenti, che è indicativa della
presenza di allergeni come gli acari della polvere all’interno degli ambienti di vita.
L’adozione di misure per il contenimento dei consumi energetici degli edifici, con la
conseguente diminuzione della ventilazione, comporta una minore diluizione dell’aria
inquinata rispetto al passato con i rischi per la salute che ne derivano.
Le polveri inoltre rappresentano il principale mezzo di trasporto nel corpo
umano di un insidioso gas naturale, il radon, che anche se facilmente eliminabile per
via respiratoria perché poco reattivo, una volta inalato a seguito del processo
radioattivo produce elementi detti “figli” anch’essi radioattivi, di natura non gassosa.
Questi figli possono depositarsi sulla superficie delle vie respiratorie e, decadendo a
loro volta, irradiarle, danneggiando le cellule dell’apparato polmonare in modo
irreversibile. Oppure i “figli” si possono formare nell’ambiente per decadimento del
radon ed essere poi inalati assieme alle polveri che vi circolano con altrettante
possibilità di provocare danni.
Consigli per ridurre la presenza di polvere in casa e disfarsi degli ospiti
inopportuni.
Le quantità maggiori di acari della polvere nelle case si ritrovano nelle camere da letto
ed in particolare nei letti, per questo motivo ridurre l’esposizione agli allergeni in
questa zona della casa è un primo importante passo da seguire.
 Arieggiare la casa e soprattutto le camere da letto spesso durante la giornata
proprio per abbassare la temperatura ed eliminare l’umidità che si crea durante
la notte;
 lavare le lenzuola, l’imbottitura dei materassi (se possibile), le coperte ed i
copriletti, i piumini, in acqua calda ogni settimana e ad una temperatura di
almeno 60 °C o più elevata per 45 minuti. No lavaggio a secco perché non è
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






sufficiente ad eliminare gli allergeni. Benché il lavaggio in acqua bollente
uccida gli acari, le lenzuola verranno presto ripopolate, per questo è necessario
che il lavaggio venga fatto regolarmente;
esporre al sole e all’aria cuscini, coperte, lenzuola, piumini tutti i giorni, e
almeno ogni 15 giorni il materasso, o quantomeno passarci l’aspirapolvere
anche se meno efficace;
per eliminare la polvere sui mobili usare un panno antistatico o umido avendo
cura di aprire le finestre e soprattutto in assenza della persona allergica;
tenere sempre pulite le superfici nella camera da letto e sgombre da piccoli
oggetti, che dovrebbero invece essere riposti nei cassetti o in cabine chiuse
per evitare che si accumuli la polvere su di essi;
eliminare i tappeti, le tende o qualsiasi altro materiale che attira la polvere,
come i libri, dalla stanza da letto. I vestiti dovrebbero essere riposti nei cassetti
o negli armadi con le porte chiuse;
limitare al massimo il numero di peluche nella stanza da letto e lavarli
settimanalmente nell’acqua bollente, in alternativa metterli nel freezer avvolti
in un cellophane per 24 ore;
rimuovere le moquette spesse dalla camera da letto e dalle altre stanze della
casa. Pavimenti in legno massiccio;
eliminare abat-jour e tende di tessuto e sostituirle con quelle di plastica, anche i
divani devono essere in pelle o similpelle.
Inoltre nella camera da letto della persona allergica è sconsigliato l’uso del pulitore a
vapore per le pulizie in quanto emette calore e umidità nell’aria favorendo, come
sopra specificato, la crescita degli allergeni. Anche l’impiego prolungato degli
umidificatori è da evitare.
2.4_Il processo bio depurativo delle piante
In soccorso dell’uomo, come sempre arriva la natura, con le sue armi
economiche ed efficaci: piante antinquinanti per combattere l’inquinamento interno
alle abitazioni.
Le piante, attraverso la fotosintesi clorofilliana, trasformano l’anidride
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carbonica in ossigeno, traspirando, aumentano l’igrometria e rendono l’aria più
salubre. Il processo depurativo continua con l’accumulo nei propri tessuti (foglie e
radici) di sostanze chimiche volatili e si conclude con l’azione dei microrganismi
presenti sulle radici. Alcune piante risultano più efficaci di altre nella lotta
dell’inquinamento: ogni ambiente è compromesso da specifiche sostanze che saranno
assorbite dalle piante più efficaci.
Per ogni agente inquinante esiste una pianta purificante.
In cucina vi sono elettrodomestici che emettono onde elettromagnetiche, gas,
rivestimenti o arredi con formaldeide, pvc, plastificanti o altri solventi chimici,
detergenti con ammoniaca. Sono consigliati:
- anturio (Anthuriumandreanum),
- gerbera (Gerbera jamesonii)
- rhapis (Rhapis excelsa)
- crisantemo (Chrysantheum x morifolium
o Dendranthema x grandiflorum),
- ficus benjamina (Ficus benjamina),
- potos (Scindapsus aureus),
- falangio variegato
(Chlorophytum comosum),
- cactus colonnario (Creus peruvianus).
22
In soggiorno dove vi sono mobili, tappeti, carta da parati, rivestimenti in legno,
camino o stufa a legna, arredi nuovi, apparecchi elettronici e tende, sono consigliati
anche:
- filodendro (Philodendrum selloum),
- dracena marginatam areca,
- palma da datteri (Phoenix roebelenii),
- ficus (benjamin)
spatifillo
sansevieria
potos
- stella di Natale (Euphorbia pulcherrima),
- schefflera actinophylla,
- sansevieria,
- dracena ‘Janet Craig’,
- tronchetto della felicità (Dracaena fragrans)
23
In bagno, in cui le concentrazioni di agenti inquinanti sono minori, ma in spazi
ristretti, si posizioneranno piante piccole che amano forte igrometria:
- croton, azalea, anturio, palma di bambù (Chamaedorea seifrizii),
- felce di Boston
Le piante possono essere valide armi nella lotta
all’inquinamento domestico, ma è buona
regola non contaminare gli stessi ambienti,
verificando e limitando l’uso di materiali e
prodotti chimici.
24
3_IL RADON
25
3.1_Cos'è il Radon?
Il radon è un gas radioattivo naturale, incolore e inodore, prodotto dal
decadimento radioattivo del radio, generato a sua volta dal decadimento dell’uranio,
elementi che sono presenti in quantità variabile nella crosta terrestre.
La principale fonte di immissione di radon nell’ambiente è il suolo, insieme ad
alcuni materiali utilizzati nelle costruzioni (es. il tufo vulcanico) e, in qualche caso,
all’acqua; se all’aperto si disperde in atmosfera, mentre negli ambienti chiusi si può
accumulare raggiungendo concentrazioni elevate.
IL RADON PENETRA NELLE CASE SOPRATUTTO PER L'EFFETTO CAMINO
E PER L'EFFETTO DEL VENTO
26
Il radon (simbolo chimico-fisico 222Rn) è un gas radioattivo derivato dal
radio: appartiene alla famiglia dei gas nobili, perché non si combina chimicamente e
nell’atmosfera si trova in quantità normalmente trascurabili.
Come già descritto il radon è presente in natura nel suolo, nell'acqua ed in
alcuni materiali da costruzione, quindi da qualsiasi roccia o terreno esce il gas, che si
diffonde nell’atmosfera.
In ambienti sotterranei o in prossimità del livello stradale, non
sufficientemente aerati, il radon può raggiungere concentrazioni in aria molto rilevanti
rispetto a quelle ordinarie.
La radioattività del radon, se questo viene respirato a lungo, giunge a
contatto dei tessuti polmonari e può danneggiarli, provocando l’insorgenza di tumori.
Per capire qual é il rischio provocato dal radon per la nostra salute è
necessario chiarire il significato del termine radioattività:
un elemento si dice radioattivo quando i suoi atomi, anziché restare stabili (ossia
sempre uguali nel tempo) vanno incontro ad un mutamento, detto disintegrazione:
ossia perdono un “pezzetto”, più o meno pesante, e si trasformano in atomi di un
altro elemento che può, a sua volta, essere radioattivo oppure stabile. Questa
disintegrazione è spesso accompagnata da raggi gamma, che sono come dei raggi
ultravioletti, ma con molta più energia.
Il radon pertanto deriva principalmente dal terreno, dove sono contenuti i
suoi precursori e frequentemente è presente nelle falde acquifere come gas disciolto.
Il suolo è responsabile dell’80% del Radon presente nell’atmosfera,
l’acqua del 19% e le altre fonti solo dell’1%.
È circa 8 volte più pesante dell’aria, e per questo motivo tende ad accumularsi negli
ambienti confinati e quindi anche nelle abitazioni, scuole, uffici, ecc..
Il decadimento radioattivo del gas radon comporta un’emissione, a seconda
del tipo di isotopo interessato è possibile avere tre tipi di emissioni diverse: particella
alfa, particella beta e radiazione gamma.
Gli isotopi del radon decadendo emettono particelle alfa e si trasformano in
elementi (detti “figli”), quali Polonio 218 (218Po), Polonio 214 (214Po), Piombo 214
27
(214Pb) e Bismuto 214 (214Bi), anch’essi radioattivi. L’Uranio 238 è il nuclide
responsabile della produzione del Radon 222 (222Rn), che rappresenta l’isotopo del
radon di maggiore rilevanza ai fini del rischio per la salute dell’uomo.
Per la maggior parte delle persone, la principale esposizione al radon avviene
in casa, nei luoghi di lavoro e nelle scuole. Il gas migra dal suolo e penetra all’interno
degli edifici attraverso le fessure (anche microscopiche), gli attacchi delle pareti al
pavimento, i passaggi dei vari impianti (elettrico, termico, idraulico). Di conseguenza,
i livelli di radon sono generalmente maggiori nei piani bassi degli edifici.
La radioattività del radon si misura in Becquerel (Bq), dove un Becquerel
corrisponde alla trasformazione di un nucleo atomico al secondo. La concentrazione
nell’aria, invece, si esprime in Bq/metro cubo (Bq/m3), indicando così il numero di
trasformazioni al secondo che avvengono in un metro cubo d’aria.
28
Per avere un indice preciso della concentrazione media di radon in un edificio
è necessario fare una misurazione per una durata piuttosto lunga, preferibilmente un
anno. Tale misurazione può essere effettuata utilizzando un piccolo dispositivo in cui
è presente un materiale che, essendo sensibile alle particelle alfa, rimane impresso con
tracce indelebili. Il numero di tracce rilevate sul materiale è proporzionale alla
concentrazione del gas nell’ambiente.
E utile sapere che l'Italia si è dotata di un Piano Nazionale Radon (PNR), cioè di
un piano coordinato di azioni volte a ridurre rischio di contrarre il tumore polmonare
connesso all'esposizione al Radon ed ai suoi prodotti di decadimento. Il PNR è stato
redatto nel 2002 da un gruppo di lavoro composto da esperti di diversa provenienza e
competenza, al fine di dare le informazioni necessarie relative alla valutazione del
rischio, alla concentrazione di radon ed individuazione degli edifici a maggiore
presenza di radon, oltre all'identificazione di sistemi per prevenire o ridurre l’ingresso
del radon negli edifici.
Le azioni di tutela dal rischio radon possono consistere in interventi di
bonifica a livello degli edifici esistenti o in soluzioni progettuali per quanto riguarda i
nuovi edifici. Il tipo di azioni da porre in atto dipende dal livello di radon nell’edificio,
dalla tipologia e dall’età dell’edificio, dalla compatibilità con regolamenti e vincoli
edilizi e con norme di sicurezza. E' possibile proteggersi dal radon attuando semplici
azioni di risanamento e prevenzione.
29
3.2_Gli effetti sulla salute
L’aria che respiriamo contiene diverse sostanze tra le quali il radon, un gas
radioattivo che viene continuamente generato dall’uranio presente nella crosta
terrestre, in quantità diverse da luogo a luogo, sin dalla formazione della Terra. Molti
suoli e molti materiali da costruzione emanano in continuazione una certa quantità di
radon, che all’aperto si disperde in atmosfera, mentre se penetra nelle case si
concentra nell’aria interna ad esse. Il radon decade in altri elementi anch’essi
radioattivi (detti 'prodotti di decadimento del radon' o 'figli'), per cui nell’aria che
inaliamo si trovano sia radon che i suoi figli.
Il radon è un gas nobile, esso non si deposita sulle pareti dell’apparato
bronco-polmonare e viene quindi, in gran parte inalato senza avere avuto il tempo di
decadere emettendo radiazioni. I suoi prodotti di decadimento, si depositano
facilmente sulle pareti dei bronchi e dei polmoni ed entro mezz’ora circa decadono
emettendo radiazioni ionizzanti che possono colpire e danneggiare il DNA delle
cellule.
La maggior parte dei danni al DNA viene riparata da appositi meccanismi
cellulari, ma alcuni di essi possono persistere e con tempo svilupparsi in un tumore
polmonare.
Maggiore è la quantità di radon e dei suoi prodotti di decadimento inalata e
maggiore è la probabilità che qualche danno non venga riparato, e possa quindi
svilupparsi successivamente in un tumore, soprattutto se le cellule sono sottoposte ad
altre sostanze cancerogene, come ad esempio quelle contenute nel fumo di sigaretta.
Il rischio aumenta proporzionalmente alla concentrazione di radon e alla
durata dell’esposizione. Gli studi effettuati hanno rilevato che per persone esposte al
30
radon per circa 30 anni, l’analisi degli studi epidemiologici effettuati in 11 Paesi
Europei, tra cui l’Italia, ha evidenziato un aumento di rischio di circa il 16% ogni 100
Bq/m3 di concentrazione di radon.
Quindi il rischio raddoppia per un’esposizione di circa 30 anni ad una
concentrazione di circa 600 Bq/m3.
Gran parte della popolazione italiana è esposta ad una concentrazione media
di radon inferiore a 100 Bq/m3, circa il 4% della popolazione è esposta a
concentrazioni medie superiori a 200 Bq/m3 e circa l’1% a concentrazioni medie
superiori a 400 Bq/m3.
L’Istituto Superiore di Sanità ha stimato che in Italia il numero di casi di tumore
polmonare attribuibili all’esposizione al radon è compreso tra 1.000 e 5.500 ogni anno
(su un totale annuale di circa 31.000 tumori polmonari), la maggior parte dei quali tra i
fumatori.
31
3.3_Tecniche di misurazione indoor
I livelli di Radon indoor sono sempre più elevati di quelli rilevati all’esterno,
infatti, si può accumulare all’interno di ambienti chiusi a causa dalla differenza di
pressione o di temperatura fra il suolo che circonda una struttura e l’interno della
costruzione. In inverno questo flusso di pressione è ulteriormente accresciuto a causa
della continua ascesa dell’aria calda.
I fattori di variabilità dei livelli di Radon indoor sono le caratteristiche
geologiche del suolo, le caratteristiche costruttive (permeabilità e delle solette e dei
muri), i materiali edilizi impiegati, il numero degli abitanti e a seconda delle abitudini
di vita.
Dato che non è possibile effettuare una stima attendibile della concentrazione
di radon all’interno di un edificio in base alla conoscenza delle caratteristiche di cui
sopra è necessario effettuare delle misurazioni al fine di reperire dei dati sicuri.
Il rischio da radon aumenta al crescere della concentrazione di questo gas
nell’aria interna dei locali di un’abitazione e del tempo di permanenza in tali locali. In
sostanza, se la concentrazione del gas in un ambiente chiuso è alta, è elevato anche il
rischio di sviluppare un tumore al polmone. E' da sottolineare che tale rischio, anche
se minore, esiste anche a concentrazioni più basse in caso di lunghi tempi di
esposizione al gas.
E' possibile sapere quanto radon c’è in una data abitazione eseguendo la
misura del livello di radon nell'aria mediante opportuni sistemi di misura.
La conoscenza della concentrazione di radon in un’abitazione consente di
valutare l’opportunità o meno di intraprendere azioni di rimedio.
Per ottenere una misura significativa del livello di radon medio cui si è esposti
all’interno di un’abitazione è necessario tener conto che la concentrazione del radon
varia, oltre che da zona a zona del territorio e da casa a casa, anche nel tempo, a causa
dei numerosi fattori che condizionano questo fenomeno.
La presenza del radon in un ambiente chiuso varia continuamente sia nell’arco
della giornata (generalmente di notte si raggiungono livelli più alti che di giorno) sia
stagionalmente (di norma in inverno si hanno concentrazioni maggiori che in estate).
Per ottenere un risultato attendibile è utile che la misura abbia una durata di
almeno un anno. In funzione del tipo di strumentazione impiegata la misura può
essere effettuata in uno o più rilievi consecutivi.
I locali da considerare per valutare il livello di radon in un’abitazione sono
quelli più occupati (soggiorno, camera da letto, …). E' necessario che nei locali dove
vengono effettuate le misurazioni, ma anche nel resto dell'abitazione, vengano
mantenute le normali abitudini di vita.
32
Il livello di radon varia generalmente anche tra un piano e l’altro degli edifici:
ai piani più bassi o interrati, dove il contatto con il suolo è maggiore, è probabile
trovare concentrazioni di radon più elevate. Nel caso di un’abitazione distribuita su
un singolo piano è sufficiente una misura in un unico locale; per abitazioni su più
piani è possibile eseguire un’unica misura al piano abitato più basso. Resta inteso che
si possono prevedere misurazioni in più locali distribuiti su più piani dell’abitazione,
allo scopo di eseguire indagini più accurate.
La misura della concentrazione del gas radon in aria può essere effettuata con
l’ausilio di dosimetri passivi, basati sull’impiego di film (o polimeri) sensibili alle
radiazioni alfa , mediante canestri a carbone attivo o mediante elettreti con analisi del
potenziale di scarica.
Le caratteristiche di rivelatori di questo tipo sono: basso costo, semplicità di
utilizzo, robustezza, risposta indipendente dalle condizioni ambientali e sono in grado
di fornire un valore della concentrazione media di radon su lunghi periodi, da alcuni
mesi ad un anno. I rivelatori, portano inciso un codice univoco numerico ed a barre
per poter essere sempre identificati in ogni fase della prova e successivamente
33
archiviati per eventuali controlli. Il posizionamento e il ritiro dei dosimetri viene di
norma effettuato da tecnici specializzati.
Per evitare il fenomeno della sovraesposizione o saturazione dei dosimetri,
quando esposti ad alte concentrazioni per tempi troppo lunghi, vengono effettuati
tipicamente due o più cicli di misure a seconda della concentrazione attesa.
Normalmente il primo ciclo di misura dura tre mesi (per una prima valutazione) ed il
secondo
di
nove
mesi
per
completare
l'annualità.
In qualche caso è necessario effettuare fino a quattro cicli per anno sulla base dei
risultati dei primi tre mesi. Allo scadere dei tempi d’esposizione previsti, il tecnico
competente provvederà alla sostituzione o al ritiro dei dosimetri.
Lo sviluppo dei dosimetri viene eseguito mediante una bagno di
enfatizzazione delle tracce latenti a base di idrossido di sodio e la lettura attraverso
l'utilizzo di un programma d’analisi delle tracce nucleari provocate sul rivelatore
dall’impatto con le particelle alfa emanate dal gas radon e dai suoi “figli”.
Oltre ai metodi passivi descritti, esistono anche sistemi di misura attivi.
Si tratta di sistemi di monitoraggio elettronici portatili, che hanno il vantaggio
di dare un risultato in tempo quasi reale e permettono un’analisi degli andamenti
giornalieri per esempio sulla base delle medie orarie. Normalmente si lascia lo
strumento per 24 – 48 ore in una stanza, poi per altre 24 – 48 ore nella stanza
seguente, e così via.
La misura attiva ha il vantaggio di poter rilevare in pochi giorni elevate
concentrazioni di radon; dato che queste ultime sono soggette a notevoli fluttuazioni
stagionali, per ottenere un dato rappresentativo, è necessario ripetere le misure per
diverse volte nell’arco dell’anno. La misura attiva è indicata per confermare le misure
eseguite con i dosimetri passivi. Misurando nelle diverse stanze di una casa lo
34
strumento permette di individuare i punti d’ingresso del radon. In questo modo è
possibile pianificare meglio le contromisure da adottare.
In entrambi i metodi di misurazione, i risultati (espressi come concentrazione
di radon in Bq/m3) vengono redatti in un certificato ufficiale di analisi.
35
4_TECNICHE DI RISANAMENTO INDOOR
36
4.1_Il radon nel suolo e nell'edificio
Sappiamo che generalmente la principale fonte di radon è il suolo. Spesso lo
strato superiore del terreno è scarsamente permeabile e costituisce una barriera per la
risalita del radon nell’edificio, tuttavia la penetrazione delle fondamenta nel terreno può
interrompere questa barriera e creare canali privilegiati di ingresso del gas all’interno degli
edifici.
La quantità di radon che si forma nelle rocce e nel suolo dipende strettamente dal
loro contenuto di uranio e radio.
Da un punto di vista geologico, la distribuzione di questi due elementi nel suolo
varia in funzione del tipo di roccia o di terreno, in base al luogo ed alle modalità di
formazione. In genere la concentrazione di uranio e radio è compresa tra 0,5 e 5 mg/kg,
ma localmente è possibile riscontrare anche valori più elevati.
I processi che determinano la migrazione del radon nel suolo sono
essenzialmente tre: la diffusione, la convezione e il trasporto da parte di un fluido, sia
esso un gas o un liquido. La diffusione e la convezione consentono lo spostamento del
radon su distanze dell’ordine di grandezza dei centimetri o dei metri, al contrario, mentre
il trasporto da parte di un fluido può determinare migrazioni per distanze anche di
chilometri.
La mobilità dei fluidi nel sottosuolo, e quindi la capacità di migrazione del radon,
è influenzata dalla permeabilità del suolo, dalla quantità di acqua presente e da alcuni
parametri geologici. Ad esempio l'erosione e la fratturazione del terreno rendono gli
ammassi rocciosi permeabili ai fluidi, mentre la presenza di strati argillosi ne
impediscono il passaggio. In presenza di un terreno argilloso, la permeabilità dei gas del
suolo viene notevolmente ridotta e questa situazione può rappresentare una barriera
naturale alla fuoriuscita del radon.
Quando il gas penetra dal terreno, investe prevalentemente i locali collocati nei
piani seminterrati o al piano terra.
La risalita del gas radon dal suolo verso l’interno dell’edificio avviene per effetto della
lieve depressione, causata essenzialmente dalla differenza di temperatura tra interno ed
esterno dell’edificio.
Per fenomeni come l’effetto camino e l’effetto vento tale depressione provoca un
“risucchio” dell’aria esterna, anche dal suolo, verso l’interno dell’edificio.
La differenza di pressione può essere amplificata dalla presenza di venti forti e
persistenti, i quali investendo l’edifico direzionalmente, possono creare forti pressioni
sulle pareti investite e depressioni su quelle non investite, accentuando il “risucchio” di
aria dal suolo verso l’interno dell’edificio.
37
Effetto vento
Effetto camino
A causa della dipendenza tra la differenza di temperatura e la velocità dell’aria, la
concentrazione di radon indoor è variabile a seconda delle condizioni meteorologiche, e
può subire sensibili variazioni sia giornaliere che stagionali. In genere i valori più elevati
si osservano nelle prime ore del mattino, quando la differenza di temperatura tra interno
ed esterno è maggiore. Per lo stesso motivo in inverno le concentrazioni sono
mediamente maggiori rispetto a quelle estive.
Il suolo però non è l'unico responsabile dell'ingresso del radon all'interno degli
ambienti confinati.
In alcuni casi infatti l’utilizzo di determinate lave, tufi, pozzolane e di alcuni
graniti utilizzati nelle costruzioni o nei rivestimenti interni, può contribuire ad
incrementare la concentrazione di radon indoor. In questo caso le concentrazioni medioalte di radon non si presenteranno necessariamente nei piani più bassi, ma potrebbero
riguardare gli ambienti nei quali sono stati utilizzati tali materiali o è usata l’acqua.
Oltre ai fattori descritti, la concentrazione di radon indoor dipende in maniera
decisiva da come è costruita la casa, pertanto ogni edificio è un caso a sé.
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Si riporta di seguito una tabella sull'impermeabilità al radon di alcuni materiali
utilizzati delle costruzioni, in stato integro (senza fessure).
Fonte: “Radon: Guida tecnica” del Ufficio federale della sanità pubblica, Divisione
radioprotezione Servizio tecnico e d’informazione sul radon (Svizzera).
Materiale
Spessore (mm)
Impermeabile al radon?
Membrane impermeabilizzanti
Polietilene
1,5
sì
PVC
1
sì
Polimeri bituminosi
3,8
sì
Pitture sintetiche
0,2
no
Resina epossidica
3
sì
Cemento armato
100
parzialmente
Pietra arenaria calcarea
150
no
Gesso
100
no
Laterizio
150
no
Pitture, rivestimenti
Materiali da costruzione
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4.2_Tecniche di risanamento
La problematica del radon indoor è da tempo studiata e discussa a livello
mondiale, nel tempo le strategie per la tutela della salute pubblica dalle esposizioni a gas
radon sono state valutate in relazione alle conoscenze scientifiche.
Nel passato, l’attenzione era posta sulla riduzione delle esposizioni a concentrazione di
gas radon elevate. In effetti le stime di rischio di contrarre un tumore polmonare erano
basate, fino a pochi anni fa, principalmente su studi epidemiologici che coinvolgevano
gruppi di lavoratori di miniere sotterranee di uranio, caratterizzate da valori molto alti di
concentrazione di gas radon.
Gli studi effettuati hanno permesso di stimare che, su un periodo di
osservazione di 25/35 anni, si ha un aumento del rischio relativo di sviluppare
tumore polmonare del 10/16% per ogni 100 Bq/m3 di concentrazione di gas
radon.
Sulla base di ricerche scientifiche effettuate, si sta sviluppando a livello nazionale
ed internazionale un nuovo approccio finalizzato a ridurre i rischi connessi
all’esposizione al gas radon in ambienti confinati. Tale approccio non è più orientato
esclusivamente all’abbattimento dei valori più elevati di concentrazione di radon, ma
mira a promuovere interventi finalizzati anche alla diminuzione delle concentrazioni
medio/basse di radon sia attraverso l’applicazione di tecniche di prevenzione su edifici
di nuova realizzazione, sia attraverso tecniche di bonifica su edifici esistenti.
camini
aperture esterne
tubature
prese luce
Materiali porosi
pavimenti naturali
giunti
pozzetti
aperture interne
crepe e fessure
40
Sopra è stato riportato uno schema illustrativo delle vie di accesso del gas radon
all'interno di un edificio.
Questo ha lo scopo di poter iniziare a valutare quali possono essere le tipologie
di intervento possibili per bloccarne l'ingresso.
Bisogna pensare che non è possibile eliminare completamente il radon dagli
ambienti in cui si vive, ma ci sono diversi metodi (con diversi risultati) per ridurne la
concentrazione nei luoghi chiusi.
Esistono oggi interventi di bonifica come la depressurizzazione del suolo
attraverso un pozzetto posto sotto l’edificio e collegato ad un ventilatore che raccoglie il
radon e lo disperde in aria, o tramite la ventilazione del vespaio, ossia della camera
d’aria sempre più utilizzata nella bio-edilizia anche contro l’umidità, la sigillatura di
fessure e superfici di contatto dell’edificio con il terreno, senza considerare l'utilizzo
delle guaine impermeabilizzanti le quali, oltre ad avere un'importante ruolo a livello di
isolamento dall’umidità di risalita, fungono da barriera anti-radon.
Per ridurre significativamente il rischio radon basterebbe integrare semplici
interventi anti-radon nella progettazione dei nuovi edifici.
Le tecniche di intervento che permettono l'espulsione del gas radon dalle
abitazioni si distinguono in tecniche attive e tecniche passive.
Le tecniche passive sono ad esempio la ventilazione naturale e la sigillatura
delle vie d'ingresso del gas radon.
Sigillatura
Un possibile punto di ingresso del radon dal terreno sono tutti i sottoservizi e gli
impianti dell’edificio. I cavedi, all’interno dei quali corrono le canalizzazioni dei servizi,
sono infatti dei luoghi in cui il radon si concentra e può riuscire a passare nell’edificio
attraverso le tubazioni di collegamento con gli impianti domestici.
Tutti questi passaggi, che costituiscono una frattura nell’attacco a terra
dell’edificio e collegano il terreno con l’interno, dovrebbero quindi essere attentamente
sigillati.
Le crepe lungo la linea di connessione fra parete verticale e solaio a terra, le
fessure passanti nella pavimentazione dovrebbero essere sigillate prima di un intervento
di bonifica. Si tratta di un intervento quasi sempre di tipo non risolutivo ma finalizzato a
diminuire il flusso di gas verso l’interno e da abbinare poi ad altre tecniche di bonifica.
Ventilazione naturale
L'apertura delle finestre e delle porte permette la diluizione della concentrazione
del gas radon all'interno dell'abitazione.
La ventilazione naturale permanente della cantina (con finestre aperte o
socchiuse) riduce la concentrazione di radon nella cantina e pertanto anche nella zona
41
abitativa. Occorre tuttavia fare attenzione ad eventuali pericoli di gelo e di formazione di
muffa.
Nella zona abitativa la ventilazione avviene secondo l’ampiezza della
concentrazione di radon misurata (valore annuo medio) arieggiando con le finestre
aperte da 3 a 10 volte al giorno per 5 minuti oppure arieggiando prima dell’utilizzo.
Nei periodi in cui non è accesso il riscaldamento, le finestre dovrebbero essere
aperte o rimanere socchiuse il più spesso possibile.
Molto spesso le tecniche passive non sono sufficienti a risolvere il problema, per
tanto è necessario ricorrere alle tecniche attive di seguito descritte.
Ventilazione forzata
Questo sistema è adatto al risanamento di singoli locali, appartamenti ed edifici
abitativi. Consiste nell'installazione di una ventola che permette di espellere il gas radon
dell'abitazione in maniera misurata, evitando un eccessivo dispendio termico. Si tratta di
un estrattore che può essere installato sul sistema centrale di aria calda forzata e sulle
valvole di regolazione della bocchetta d'immissione che può essere applicato sulle porte e
sulle finestre (nord - sud).
Questa tecnica può essere adottata in tutti gli edifici senza particolari
accorgimenti tecnici.
Depressurizzazione
Consiste nel realizzare, sotto la superficie dell'edificio un pozzetto, per la raccolta
del gas radon, che viene collegato a un piccolo ventilatore.
In tal modo all'interno del pozzetto si realizza una depressione che raccoglie il radon e lo
espelle in aria impedendo che entri all'interno dell'edificio.
Questo sistema di mitigazione può essere realizzato in diversi modi in funzione
della tipologia della costruzione (in particolare dell’attacco a terra) e a seconda che si
intervenga su edifici esistenti o di nuova costruzione.
I punti di aspirazione, possono essere anche più di uno in funzione della
dimensione del fabbricato.
In caso di edifici esistenti l’aspirazione che mette in depressione la base
dell’edificio può essere effettuata:
a) direttamente nel terreno al di sotto o al perimetro dell’edificio in caso di costruzioni il
cui solaio a terra poggi direttamente sul terreno senza alcuna intercapedine, vespaio,
locale interrato e seminterrato o altri volumi fra locali abitati e terreno. In pratica si tratta
di intercettare in un pozzetto, con un sistema di aspirazione, le fratture, i vuoti, le
porosità attraverso le quali il gas trova un agevole percorso di risalita e in questi punti
creare un risucchio che devii il percorso del gas canalizzandolo verso l’esterno
dell’edificio;
42
Interno
(tipologia (a))
b) nel caso in cui l'edificio sia dotato di vespaio, questo volume si può utilizzare come
vano di depressione che intercetta ed espelle il gas prima che entri nell’alloggio.
Se il volume sul quale intervenire per creare una depressione sotto i locali abitati
è locale tecnico posto a piano terra, seminterrato o interrato non direttamente destinato
ad abitazione con utilizzo saltuario deve essere isolato dall'abitazione attraverso una
porta con adeguate guarnizioni a tenuta d’aria.
(tipologia (b))
43
In caso di edifici di nuova costruzione l’impianto di aspirazione che mette in
depressione la base dell’edificio potrà essere solo predisposto, come già detto, e messo in
funzione in caso di esito positivo della presenza del gas radon.
Dato che la maggiore efficacia si ottiene con una aspirazione direttamente sotto
l’edificio, le tecniche applicabili sono essenzialmente due:
a) posizionare al di sotto dell’edificio un pozzetto di aspirazione collegato a una
canalizzazione di evacuazione fino al perimetro dell’edificio. Il pozzetto di aspirazione, o
comunque un altro tipo di punto di suzione, dovrà essere collegato a una tubazione,
solitamente in PVC, canalizzata all’esterno fuori terra.
b) nei casi in cui è previsto un sistema di tubazioni di drenaggio dell’eventuale acqua di
falda, il sistema di prevenzione di ingresso del radon potrà essere predisposto
semplicemente unendo fra loro queste tubazioni e canalizzando una delle estremità
all’esterno fuori terra. Le tubazioni forate dell’impianto di drenaggio fungeranno anche
da impianto di aspirazione distribuito al di sotto dell’intera superficie della costruzione
evacuando l’acqua di falda nella sezione inferiore e il radon nella parte alta. L’accortezza
dovrà essere quella di collegarle a serpentina in modo che un solo punto di aspirazione
possa interessare tutta l’area su cui sorge l’edificio.
Barriera anti-radon
Uno degli scopi principali di un edificio è quello di proteggere dal freddo e dalle
correnti d’aria nei locali di abitazione. Un edificio di nuova costruzione o risanato
dovrebbe essere munito di uno strato di isolamento termico e di una guaina a tenuta
stagna che racchiudano su tutti i lati l'edificio. Il più delle volte la funzione di isolamento
termico e di impermeabilizzazione all’aria vengono svolte dagli stessi elementi
architettonici, come ad esempio le murature esterne ed i serramenti. Spesso nelle cantine
può succedere che lo strato isolante si trovi sotto la soletta di fondazione, nonostante
solitamente non sia riscaldata, o che si trovi nel soffitto della cantina, ma che l’intradosso
delle scale e le loro pareti laterali non siano isolate. E raro che si trovi nelle cantine una
vera e propria sigillatura all'aria.
Un risanamento connesso alla problematica del radon costituisce l’occasione per
realizzare sistematicamente uno strato di isolamento termico e di impermeabilizzazione
dall’aria tra i locali riscaldati e quelli non riscaldati. Il radon viene trasportato dall’aria.
Spesso l'impermeabilizzazione dall’aria e la protezione dal radon si ottengono con gli
stessi interventi.
Per questo motivo nelle nuove costruzioni è consigliato stendere sull’intera
superficie dell’attacco a terra dell’edificio, una membrana impermeabile che separi
fisicamente l’edificio dal terreno. In questo modo il gas che risalirà dal suolo non potrà
penetrare all’interno dell’edificio e devierà verso l’esterno disperdendosi in atmosfera.
44
La posa di membrane impermeabilizzanti sotto le fondamenta negli scavi di
fondazione è una tecnica ben nota per la prevenzione dei danni dovuti all’umidità, ma
anche per la prevenzione delle infiltrazioni di gas indesiderati.
Gli elementi della costruzione impermeabili all’acqua sono impermeabili
anche al radon.
Nelle regioni dove la falda freatica si trova a scarsa profondità, gli edifici in
genere sono dotati di una buona protezione contro il radon. Nelle regioni ad elevata
concentrazione di radon e con buone possibilità di «approvvigionamento» (terreno a
struttura porosa) si potranno utilizzare le tecniche di costruzione isolanti ben note per
garantire l’impermeabilità all’acqua. Le soluzioni non comprendono solo l’isolamento
delle superfici, ma anche elementi di costruzione speciali e disposizioni costruttive
particolari per la tenuta stagna dei punti di passaggio delle tubazioni, dei giunti di
dilatazione ecc.
L’impiego esteso di membrane impermeabili al gas esternamente all’edificio è
adatto se la costruzione in progetto si trova in una regione ad elevata concentrazione di
radon.
Al di fuori delle regioni ad alta concentrazione di radon, sarà sufficiente che il
piano interrato sia interamente costruito in cemento armato per proteggere
sufficientemente dal radon proveniente dal sottosuolo.
L’isolamento dello scavo di fondazione può essere effettuato utilizzando
membrane impermeabilizzanti in polimeri bituminosi plastificati o membrane di plastica.
45
5_LA RESPONSABILITÀ CIVILE, PENALE E
PROFESSIONALE
46
5.1_Storia della legislazione in merito alla salubrità degli edifici
Sul finire del secolo XVIII la Rivoluzione francese ebbe un primo pensiero
per indagare la gravità della situazione delle abitazioni popolari insalubri, le inchieste
rilevarono fatti che sarebbero quasi incredibili se, disgraziatamente, attraverso a tutto
il secolo X IX non ne fossero rimaste larghe tracce.
Fu in seguito a quelle prime inchieste che, nel proposito di portare a tanto male un
qualche rimedio, si votarono in Francia i primi embrioni di leggi sulle abitazioni, nel
1790 e 1791. Con quelle leggi si dava qualche potere alle Autorità comunali di
intervenire nei casi più gravi; ma non ben definito, e quindi senza un utile risultato.
Era specialmente ai locali pubblici che si mirava e poco all’interno delle abitazioni.
Solo nel 1831 e particolarmente nel 1848 seguirono ordinanze e leggi toccanti
direttamente le case insalubri, e ciò per vive insistenze di economisti e filantropi che
non si stancavano di far rilevare l ’orribile insalubrità delle abitazioni di molte grandi
città francesi, causa della mortalità senza limite.
La legge 13 aprile 1850 avrebbe potuto portare in Francia ottimi frutti, se
fosse stata meglio concepita.
Essa stabiliva l’istituzione di Commissioni, cosiddette des logements insalubres, le quali,
presiedute dall’Autorità comunale, dovevano visitare le località indicate come
insalubri, determinare il grado di tale insalubrità, cercarne le cause e proporne i
rimedi, designare quelle da ritenersi come inabitabili.
Il Comune poi aveva poteri molto estesi, fino al diritto di espropriazione per
ragione di utilità pubblica
delle proprietà comprendenti abitazioni insalubri e non migliorabili se non con lavori
d ’insieme.
Ma la nomina di tali Commissioni non fu resa obbligatoria per tutti i Comuni;
si lasciò invece alle Municipalità di giudicare sulla opportunità di costituirle.
Oltre a ciò, contro le decisioni delle stesse Commissioni si ammise il diritto di
appello, con sospensione dell’azione, davanti al Consiglio di Prefettura del
Dipartimento; ragione questa di lunghezza e complicazione delle pratiche.
A Parigi soltanto, tali Commissioni si occuparono seriamente del loro
compito, raggiungendo nel più dei casi il loro scopo con accomodamenti coi
proprietari, e trattando così con buoni risultati, fra il 1851 e il 1889, oltre 70 mila casi.
In Inghilterra, i primi studi sulla necessità di migliorare le condizioni igieniche delle
abitazioni insalubri furono iniziati nel 1838. Nel 1846 si ammise il principio che
l’Autorità ha il diritto di entrare nelle case sospette di insalubrità e di ordinarvi i
miglioramenti necessari. Nel 1848 si aggiunse il potere di far eseguire tali
miglioramenti, affidandolo al Consiglio di salubrità, con rivalsa delle spese sul
proprietario. La legge del 29 giugno 1875 commise all’Autorità giudiziaria la facoltà
d’impedire l’uso di un’abitazione riconosciuta nociva, fino a tanto che fosse resa
47
abitabile, dando pure alle Autorità locali il potere d’espropriare le abitazioni insalubri,
su rapporto dei sanitari, purché si provveda prima all’alloggio degli abitanti da esse
spostati. Questa espropriazione fu circondata da molte precauzioni, per non ledere il
principio della proprietà, se non per ragioni ben constatate e gravi: ma si arrivò fino
ad ammettere l ’abbattimento di una casa, o di un intero quartiere riconosciuto
insalubre, quando la mortalità vi salga al 40 per mille, dopo severa inchiesta e una
legge del Parlamento.
Il problema della situazione igienica nelle città italiane è sollevato in maniera
clamorosa dall’epidemia di colera a Napoli nel 1884. La legge italiana del 1888, Sulla
tutela dell’igiene e della sanità pubblica, ha fatto un passo più innanzi rispetto alle altre
europee. Essa non solo stabilisce condizioni ben determinate e precise perchè possa
essere dal Sindaco accordata l’abitabilità di una nuova casa, ma sancisce pure il
principio che il Sindaco può, su rapporto del sanitario comunale o del medico
provinciale, dichiarare inabitabile e far chiudere una casa o parte della medesima, se
pericolosa dal punto di vista igienico e sanitario, lasciando soltanto adito a ricorso al
Prefetto, cui spetta di decidere, sentito il Consiglio Provinciale di Sanità.
La nostra legge risolve il problema di rispettare la proprietà, in quanto non
parla di abbattimento di case insalubri, ma vuole salvaguardato il diritto alla
incolumità dei cittadini, col dare mezzo alle Autorità competenti di impedire che una
casa malsana sia abitata.
E’ evidente che, proibita l’abitabilità di una casa, il proprietario, se non vuole
perderne il profitto, dovrà ridurla a tale che quell'abitabilità possa essere concessa.
48
49
Agli anni compresi tra il 1870 ed il 1910 corrisponde il periodo del grande
sviluppo delle città a carattere industriale con i conseguenti problemi riguardanti il
peggioramento delle condizioni abitative e pertanto la pubblicistica comincia ad
interessarsi delle questioni igieniche delle città: le produzioni riportano indicazioni
sulle fognature degli edifici e delle città, sulle case economiche operaie e rurali e sulle
tecniche di ventilazione e di riscaldamento. Uno dei primi manuali con questi
caratteri è quello del Sacchi, 'Architettura pratica – Le abitazioni ' nel quale, ad una prima
parte incentrata sulla distribuzione e sulle funzioni degli edifici, segue una seconda in
cui sono affrontati argomenti riguardanti l’igiene nelle abitazioni.
Nel periodo compreso fra l’unità nazionale e il 1920, in cui l’economia italiana
passa dalla fase pre-industriale a quella di industrializzazione avviata, si afferma la
nuova figura dell’ingegnere igienista, o architetto 'salubrista' che imposta il problema
della costruzione della casa popolare sotto il profilo tecnico, igienico, La casa
popolare per l’ingegneria sanitaria, che riunisce tra le sue fila sia medici che ingegneri,
viene in un primo momento trasformata in una questione prettamente tecnologica,
cioè di corretta progettazione degli ambienti domestici in funzione dell’igiene. Il Italia
il personaggio emergente è Luigi Pagliani. Di formazione medica, tiene dal 1877 al
1924 la prima cattedra di igiene del Regno, elabora quella che diviene la legge CrispiPagliani (1888) 'Sulla tutela dell’igiene e della sanità pubblica', ed è a capo della Direzione
generale della Sanità fino al 1896.
50
5.2_ Aspetti normativi
Il R.D.27 luglio 1934, n. 1265, Testo unico delle leggi sanitarie, stabilisce che i
progetti per le costruzioni di nuove case, urbane o rurali, quelli per la ricostruzione o
la sopraelevazione o per modificazioni, che comunque possono influire sulle
condizioni di salubrità delle case esistenti debbono essere sottoposti al visto del
sindaco, che provvede previo parere dell’ufficiale sanitario e sentita la commissione
edilizia. Il sindaco, sentito l’ufficiale sanitario o su richiesta del medico provinciale,
può dichiarare inabitabile una casa o parte di essa per ragioni igieniche e ordinarne lo
sgombero.
Successivamente il D.M. 5 luglio 1975, Modificazioni alle istruzioni
ministeriali 20 giugno 1896, fissa le regole relativamente all’altezza minima ed ai
requisiti igienico-sanitari principali dei locali di abitazione.
Attualmente è in vigore il D.P.R. 6 giugno 2001, n. 380, Testo unico delle
disposizioni legislative e regolamentari in materia edilizia e Certificato di agibilità.
Il certificato di agibilità attesta la sussistenza delle condizioni di sicurezza,
igiene, salubrità, risparmio energetico degli edifici e degli impianti negli stessi
installati, valutate secondo quanto dispone la normativa vigente.
Alla base della sicurezza del cittadino vi è il diritto alla salute sancito dall’art.
32 della Costituzione. E’ un diritto primario ed assoluto in base al quale il Cittadino
deve essere protetto da tutti quei fattori che possono agire negativamente sulla
qualità della vita.
In pratica la sicurezza del cittadino si identifica con uno stato di benessere
fisico e psichico che ognuno dovrebbe poter avere in ogni ambiente di vita e di
lavoro.
Quanto detto presume l’esistenza di leggi e norme adeguate a garantire edifici
sicuri e salubri a partire dai materiali con cui sono costruiti.
E’ in questo senso che si orienta la prima normativa che, a livello europeo, ha
stabilito chiaramente i requisiti dei prodotti di costruzione: la direttiva 89/106/CEE.
Per quanto riguarda l’igiene e la salute, la direttiva 89/106/CEE dice che:
“l’opera deve essere concepita e costruita in modo da non compromettere l’igiene o la salute degli
occupanti o dei vicini, in modo da non provocare lo sviluppo di gas tossici, la presenza nell’aria di
particelle o di gas pericolosi, l’emissione di radiazioni pericolose, l’inquinamento o la tossicità
51
dell’acqua e del suolo, difetti nell’eliminazione delle acque di scarico, dei fumi e dei rifiuti solidi e
liquidi, nonché la formazione d’umidità su parti o pareti dell’opera”.
È a seguito di questa direttiva che sono state emanate leggi nazionali che
hanno vietato l’uso di certe sostanze e di materiali che contengono amianto,
formaldeide, policlorobifenile (PBC), lindano (usato in passato per il trattamento
antiparassitario del legno) e metalli pesanti.
La scienza ha ormai assodato la dipendenza tra l'ambiente interno e il
manifestarsi di malesseri che possono evolvere in vere e proprie patologie. In questo
caso si parla di BRI (Building Related IIlness – Malattia Provocata dagli Edifici) essendo
certa la dipendenza di una patologia da contaminanti rilevabili. Esempi di BRI sono
la Legionellosi, i tumori da Gas Radon, l'asma da polveri, il mesotelioma da amianto.
Più problematica l'attribuzione di altre manifestazioni di malessere non
patologiche. In questo caso si parla di sindrome e si definisce il fenomeno come SBS
(Sick Building Syndrome – Sindrome da Edificio Malato). La ricerca internazionale, è
comunque concorde nell'attribuire al microclima e alla presenza di inquinanti interni
la responsabilità della SBS.
Proprio per la difficoltà ad attribuire, in caso di inquinamento indoor,
responsabilità precise delle malattie a questo o a quell’altro inquinante e relazioni
statistiche tra dosi assorbite e risposte dell’organismo, e a causa delle condizioni
diverse e concatenate da cui dipende la qualità dell’aria negli ambienti confinati (dalla
localizzazione al progetto, dalla scelta dei materiali e delle tecniche esecutive ai
comportamenti degli abitanti), è altrettanto complesso dettare norme che definiscano
limiti e obblighi, mentre è più sensato muoversi contemporaneamente sul piano del
controllo delle fonti di inquinamento (sia per quanto riguarda la produzione di
materiali che il loro uso da parte di progettisti e costruttori) e della diffusione delle
conoscenze utili alla prevenzione nella popolazione.
Vanno in questa direzione le ‘Linee guida per la tutela e la promozione della salute
negli ambienti confinati’, frutto di un accordo del 27 novembre 2001 tra il ministero della
Salute, le Regioni e le Province autonome, in cui sono indicate informazioni
fondamentali per la valutazione e la gestione, in termini di sanità pubblica, dei rischi
per la salute connessi all’inquinamento dell’aria indoor e indicazioni tecniche per
orientare le azioni di prevenzione e controllo di tali rischi. Fino ad allora per la
salubrità dell’aria negli ambienti di lavoro indoor si applicavano solo le norme relative
all’igiene del lavoro ed in particolare al D.L.vo 626/94 (e successiva normativa)
riguardante il miglioramento della sicurezza e della salute dei lavoratori sul luogo di
lavoro, le cui norme però non disciplinano in maniera completa tutti i complessi
aspetti relativi al fenomeno in questione e i cui standard si riferiscono inoltre più
specificatamente all’esperienza degli ambienti industriali e non a quelli ad uso ufficio,
né tanto meno a quelli di tipo civile.
52
Perciò nelle linee guida del 2001 si sottolinea che ‘bisogna prevedere
l’emanazione di una normativa che coordini in modo organico i requisiti igienici e
funzionali degli ambienti interni. In particolare devono essere definiti valori guida di
qualità dell’aria raccomandati per i diversi tipi di ambienti e le azioni necessarie o
prescritte a seconda del livello di qualità raggiunto. Tra le indicazioni necessarie è
segnalata quella dei livelli di concentrazione massima per il radon (oltre i quali
raccomandare o imporre di intervenire per ridurli) e viene inoltre, a proposito
dell’inquinamento da Vocs, ritenuto determinante valutare oltre alla costituzione
chimica del prodotto e delle sostanze con cui viene a contatto (p.es. sostanze per la
posa), anche le sue caratteristiche, le sue proprietà, le condizioni di uso e il
comportamento in presenza di agenti chimici e fisici.
Questo accordo tra il Ministro della salute, le regioni e le province autonome
ha accentuato la necessità di un "Piano Nazionale Radon" italiano (di seguito
abbreviato in PNR). Il PNR ha le caratteristiche di un piano di prevenzione, ed è
quindi un piano di medio-lungo periodo. La preparazione del PNR italiano e stata
commissionata, nell'ambito della Commissione tecnico-scientifica per I 'elaborazione di proposte
di intervento preventivo e legislativo in materia di inquinamento "indoor” (D.M. 8 Aprile 1998),
al gruppo di lavoro "Radon", comprendente esperti di varie amministrazioni, che ha
conc1uso i suoi lavori nel febbraio del 2002 Alla fine del 2005, il PNR ha ricevuto un
primo finanziamento per la realizzazione del progetto “Avvio del Piano nazionale
Radon per la riduzione del rischio di tumore polmonare in Italia”. Il PNR punta a
realizzare nei prossimi anni, in modo coordinato e condiviso a livello nazionale, il
complesso di azioni necessarie per affrontare il problema radon. Lo scopo del PNR,
oltre alla valutazione e riduzione del rischio connesso all’esposizione al radon in
Italia, è l’individuazione delle zone e degli edifici con più elevata concentrazione di
radon.
Per dare continuità alle attività intraprese nell’ambito del progetto PNRCCM, nel 2012, il Ministero della Salute ha approvato il progetto biennale Piano
Nazionale Radon per la riduzione del rischio di tumore polmonare in Italia: seconda fase di
attuazione (acronimo PNR-II), anch’esso affidato all’ISS.
Prima di allora a livello europeo il 21/02/1990 era stata emanata la
Raccomandazione 90/143/Euratom che indicava come limiti:

concentrazione media annuale di radon = 400 Bq/m3 per edifici esistenti
(dose efficace di 20 mSv/anno);

concentrazione media annuale di radon = 200 Bq/m3 per edifici da costruire
(dose efficace di 10 mSv/anno).
53
Successivamente nel 1996 l’Unione Europea, con la direttiva 96/29/EURATOM
aveva stabilito criteri per la protezione dei lavoratori e della popolazione
dall’esposizione alla radioattività naturale e in particolare al radon. Detta direttiva è
stata recepita in Italia il 31 agosto 2000 con il D.Lgs. 241/00, che modifica ed integra
il precedente D.Lgs 230/95. Ta le novità. È interessante sottolineare l’introduzione
del Capo III-bis, che riguarda l’esposizione dei lavoratori a sorgenti naturali di
radiazioni.
Da rimarcare che la normativa italiana non si applica alle abitazioni, ma solo ai
luoghi di lavoro.
A livello mondiale, nel 2005, l’Oms ha creato l’International Radon Project (Irp), in cui
venti Paesi hanno formato una rete di collaborazione per identificare e promuovere
programmi per la riduzione dell’impatto del radon sulla salute. Il progetto, di durata
triennale, ha avuto come obiettivo principale l’elaborazione del 'WHO Hanbook on
Indoor Radon' (pubblicato nel 2009), contenente linee guida e raccomandazioni sui
diversi aspetti della problematica radon con l’intento di favorire una strategia comune
nei diversi Stati.
Il rapporto dell’OMS ha avuto un notevole impatto nel processo di revisione
delle normative internazionali. In particolare, per quanto riguarda l’Europa, nel 2009
è iniziato il progetto triennale Radon Prevention and Remediation (Radpar), che vede
coinvolti esperti di 11 Paesi europei, nell’ambito del quale l’Iss coordina il Work
Package Developing policies and strategies to promote effective radon prevention and remediation.
Nell’ambito del progetto RADPAR, che ha terminato i suoi lavori nel 2012 e
a cui l'Italia ha partecipato tramite esperti dell'Istituto Superiore di Sanità, sono stati
prodotti una serie di documenti tecnici che affrontano diversi aspetti del problema
radon. In questo ambito è stato prodotto anche un booklet di raccomandazioni elaborate tenendo conto delle indicazioni degli organismi internazionali e
dell'esperienza maturata in molti Paesi - che rappresentano un utile strumento per
elaborare e migliorare le strategie nazionali per ottimizzare le attività da svolgere per
la riduzione dell’impatto sanitario dell’esposizione al radon.
Le raccomandazioni RADPAR vertono sui seguenti argomenti:
1.
piani nazionali e attività regolatorie sul radon;
2.
protocolli per le misure di concentrazione di radon negli ambienti chiusi;
3.
metodi per migliorare la comunicazione alla popolazione del rischio associato
al radon;
4.
metodi per risolvere il potenziale conflitto tra il risparmio energetico degli
edifici e la riduzione dell’esposizione al radon;
5.
protocolli di misura per le tecniche usate per la riduzione del radon negli
ambienti chiusi;
6.
corsi di formazione per le misure di radon, per le misure di prevenzione nei
nuovi edifici, e le azioni di risanamento per gli edifici esistenti;
54
7.
analisi di costo-efficacia e costo-beneficio delle strategie usate per la riduzione
del radon.
Con la pubblicazione (avvenuta il 17 gennaio 2014) della nuova direttiva
europea sulla protezione dalle radiazioni ionizzanti, approvata il 5 dicembre
2013, diviene obbligatorio per tutti gli Stati Membri dell’UE dotarsi di un piano
nazionale radon.
Inoltre, il piano dovrà essere periodicamente aggiornato sulla base delle
valutazioni di efficienza delle azioni adottate per la riduzione del rischio associato
all’esposizione al radon.
La nuova Direttiva contiene, per la prima volta, obblighi per i Paesi Membri
dell’Unione Europea relativi alla protezione dal radon nelle abitazioni, nonché una
più stringente protezione dal radon nei luoghi di lavoro.
In particolare l’art. 54, Radon nei luoghi di lavoro, prescrive che gli Stati
membri stabiliscano livelli di riferimento nazionali per le concentrazioni di radon nei
luoghi di lavoro. Il livello di riferimento per la media annua della concentrazione di
attività aerea non deve essere superiore a 300 Bq m –3 , a meno che un livello
superiore non sia giustificato dalle circostanze esistenti a livello nazionale.
L’art. 74, Radon negli ambienti chiusi, richiede agli Stati membri di
stabilire livelli di riferimento nazionali per le concentrazioni di radon in ambienti
chiusi. I livelli di riferimento per la media annua della concentrazione di attività in
aria non devono essere superiori a 300 Bq m. Gli Stati dovranno anche promuovere
interventi volti ad individuare le abitazioni che presentano concentrazioni di radon
superiori al livello di riferimento e, se del caso, incoraggiano, con strumenti tecnici o
di latro tipo, misure di riduzione della concentrazione di radon in tali abitazioni.
L’art. 103 (Piano d’azione per il radon) richiede agli Stati membri di definire
un piano d’azione nazionale che affronti i rischi di lungo termine dovuti alle
esposizioni al radon nelle abitazioni, negli edifici pubblici e nei luoghi di lavoro per
qualsiasi fonte di radon, sia essa il suolo, i materiali da costruzione o l’acqua in base
alle considerazioni sugli aspetti individuati nell’allegato XVIII.
L’Italia avrà quindi entro quattro anni una normativa nazionale sul radon nelle
abitazioni tramite il recepimento della direttiva europea 2013/59/Euratom sopra
citata.
Bisogna precisare che comunque l’Italia ha già da tempo attivato l’ANR
Archivio Nazionale Radon che è uno strumento fondamentale del Piano
Nazionale Radon nell'ambito del quale vengono raccolti e analizzati dati ed
informazioni sul radon in Italia.
I due principali obiettivi dell'ANR sono:
1.
la valutazione del rischio di tumore al polmone attribuibile all’esposizione al
radon in Italia;
55
2.
la valutazione dell’efficacia dei programmi per la riduzione di tale rischio e la
conseguente pianificazione ottimizzata di nuovi programmi.
5.3_ Responsabilità civili, penali e disciplinari
La responsabilità di tutti i protagonisti è il punto di partenza. La questione è
estremamente complicata perché concorrono a realizzare gli edifici tante categorie
professionali: i produttori, coloro che li mettono in opera, coloro che progettano
l’opera, coloro che ne attestano o meno la salubrità, la sostenibilità.
Ad una filiera della produzione così complicata corrisponde la filiera della
responsabilità. Il problema nel nostro paese (a differenza di altri paesi come la
Germania) è che tutti questi soggetti non sono accomunati da un titolo di
responsabilità legale che li unisca tutti anche se l’evoluzione normativa va nel senso di
rendere responsabile il progettista così come l’avvocato, il geometra per far
convergere tutte le professioni intellettuali nella realizzazione del risultato. Questo
comporta che l’innovazione tecnologica chiama la formazione professionale. Bisogna
essere aggiornati continuamente per possedere la conoscenza media del settore. Oggi
s’incorre in responsabilità per il solo fatto di non essere aggiornato e non essere
aggiornato non è un reato ma un inadempimento che può costare moltissimo.
Un geometra non è solo colui che realizza l'idea con un progetto, ma un
tecnico che opera affinché l'incarico ricevuto risponda alla normativa e tuteli in ogni
aspetto la committenza, salute compresa. Le sue responsabilità sono civili, penali,
disciplinari, pertanto è sempre tenuto ad informare il cliente a tutto campo, delle
varie eventualità ed inconvenienti che possono verificarsi durante l’esecuzione della
prestazione e la fruizione del bene che ne deriva. Questo al fine di permettere al
cliente, di decidere consapevolmente, sulla base di una valutazione di tutti gli
elementi favorevoli ed anche di quelli eventualmente contrari ragionevolmente
prevedibili. Il geometra, e qualsiasi tecnico professionista del costruire, per
competenza ed informazione, conosce tutti i danni alla salute che possono derivare
dall’esistenza negli ambienti confinati di materiali nocivi, dalle neoplasie alle malattie
invalidanti quali l’asma da muffe o polveri o formaldeide – presenza di amianto,
radon, ecc, anche perché ampiamente divulgati dall’Organizzazione Mondiale della
Sanità, dalle riviste tecniche e scientifiche, con articoli sulla Sindrome da edificio
malato e tutte quelle malattie legate al patrimonio edilizio.
Pertanto, la valutazione in ordine all’adempimento o meno da parte del
professionista dell’obbligazione inerente all’incarico professionale conferitogli non
deve andare limitata al mero accertamento del mancato raggiungimento del risultato
utile da parte del cliente ma deve inevitabilmente estendersi fino a verificare
56
l’eventuale violazione dei doveri connessi allo svolgimento dell’attività professionale
e, in particolare, del dovere di diligenza.
All’interno di questo ultimo sono ricompresi i doveri di sollecitazione, di
dissuasione, corollario del dovere di informazione, al cui adempimento il
professionista è tenuto sia all’atto dell’assunzione dell’incarico che nel corso del suo
svolgimento, evidenziando al cliente le questioni di fatto e/o di diritto rilevabili ab
origine o insorte successivamente, ritenute ostative al raggiungimento del risultato o,
comunque, produttive di un rischio di effetti dannosi, invitandolo a fornirgli gli
elementi utili alla soluzione positiva delle questioni stesse e anche sconsigliandolo
dall’iniziare o proseguire. Principio questo sancito anche dalla Sentenza Cassazione
civile, sez II, sentenza 30.07.2004 n° 14597.
Il geometra è un professionista che, con le sue nuove conoscenze, è in grado
di progettare un ambiente sano e libero da muffe, radon, umidità e formaldeide. E'
dotato di uno specifico bagaglio tecnico-professionale, mirato ad affrontare la
costruzione, ristrutturazione o risanamento di un edificio, utilizzando materiali
naturali e non nocivi alla salute dell'uomo.
Il compito di professionisti intellettuali, quali possono essere definiti i tecnici
Geometri che operano nell’ambito della costruzione e ristrutturazione di manufatti
edili, è quello di adempiere con la massima diligenza nel rispetto delle conoscenze e
delle regole tecniche e nella massima conoscenza dei materiali da costruzione.
La conoscenza tecnica delle regole d’arte tipiche dell’attività svolta, e la
diligenza dell’uomo e del professionista determina quindi la buona esecuzione
dell’opera.
Ne consegue che oltre ad applicare le proprie conoscenze tecnico-scientifiche
nel rispetto della normativa vigente, il tecnico ha anche il dovere morale e
professionale di informare il proprio cliente delle conseguenze e delle problematiche
che possono insorgere dall’utilizzo di materiali nocivi o insalubri.
Dunque la mancata informazione al cliente comporta oggi al tecnico
professionista una responsabilità amplificata dalle nuove conoscenze tecnicoscientifiche che toccano la delicata sfera della salute. E quando si verifica il cosiddetto
danno biologico cioè una lesione nel fisico o nella psiche della persona con la
conseguente menomazione parziale o totale, temporanea o definitiva, causato dalla
permanenza in un edificio non salubre, è inevitabile il coinvolgimento giudiziario del
tecnico, soprattutto quello in penale (art. 40 c.p.).
La sentenza della Corte Costituzionale n.88 del 1979 ha inquadrato il danno
biologico nell’ambito dei danni non patrimoniali. La giurisprudenza italiana prevede
un equo risarcimento per chi subisce un danno che può essere doloso se volontario, o
colposo in caso di negligenza o imperizia o inosservanza di leggi, ovvero involontario
(art.2043 c.c).
57
In caso di provato danno per omissioni o errori, il geometra può essere
soggetto anche ad azioni disciplinari e sanzioni da parte del Collegio di appartenenza.
Come anzidetto la figura professionale del geometra rientra tra le professioni
cosiddette tecniche, cioè quelle aventi ad oggetto la progettazione, la direzione, e il
collaudo di un’opera. Tale professione (così come quella dell’architetto o del direttore
dei lavori) rientra perciò nelle professioni intellettuali e le obbligazioni derivanti
dovrebbero essere considerate di mezzi, così come quelle degli altri professionisti.
La prestazione d’opera intellettuale è caratterizzata da una forte presenza
dell’elemento dell’intellettualità.
Non vi è dubbio, poi, che in questo tipo di attività trovi applicazione l’art.
2236 del cod. civ. relativo al contratto di prestazione di opera intellettuale che limita
la responsabilità del professionista ai casi di dolo o colpa grave.
Spesso, però, nella realtà rappresentata dalla giurisprudenza delle nostre corti,
l’attività professionale del geometra si tramuta in un’obbligazione di risultato.
Il geometra, nello sfruttare il proprio sapere tecnico, può assumere la veste di
progettista, direttore dei lavori e collaudatore.
E’ facile, dunque, intuire che spesso l’obbligazione del professionista tecnico
debba essere ricondotta ad un preciso risultato e come, dunque, non possa essere
considerata semplicemente di mezzi, soprattutto se si tiene conto del fatto che spesso
le prestazioni pattuite vanno ad inserirsi all’interno di un contratto di appalto molto
analitico.
In ambito edilizio, poi, le scelte del geometra sono spesso dettate da norme
urbanistiche ed edilizie dalle quali non si può discostare e che, dunque, possono
anche non essere espressamente richiamate nel contratto, ma che, comunque,
dovranno essere rispettate.
La giurisprudenza in merito alla responsabilità del professionista in genere
afferma che: ”La responsabilità del professionista per i danni causati nell'esercizio
della sua attività postula la violazione dei doveri inerenti al suo svolgimento, tra i
quali quello di diligenza, che va a sua volta valutato con riguardo alla natura
dell'attività. In particolare, deve considerarsi responsabile verso il cliente il
professionista in caso di incuria e di ignoranza di disposizioni di legge” (Cass. civ.,
sez.III, 04/12/1990, n.11612; Cass. civ., Sez.II, 18/11/1996, n.10068; così anche
Pret. Perugia, 17/06/1998, in Rass. Giur. Umbra, 2000, 52).
Tutte queste direttive, che implicano ulteriori competenze e responsabilità del
progettista, nel contempo dirigono la professione verso nuovi e interessanti ambiti
lavorativi.
58
6_IL RADON IN ITALIA
REGIONI A CONFRONTO
59
L’Italia per la sua conformazione geo-morfologica è uno degli Stati a più alto
rischio radon.
L’esposizione della popolazione è stata valutata per la prima volta in Italia
tramite un’indagine nazionale promossa e coordinata dall’Istituto Superiore di Sanità e
dall’ANPA e realizzata negli anni 1989-1996 in collaborazione con le Regioni su un
campione di oltre 5000 abitazioni. L’indagine ha permesso di stimare la distribuzione
della concentrazione di radon nelle abitazioni: il valore medio è risultato di 70-75
Bq/m3, a cui corrisponde, secondo una stima preliminare, un rischio individuale
sull’intera vita dell’ordine di 0.5%.
In circa l’1% di abitazioni è stata misurata una concentrazione di radon
superiore a 400 Bq/m3 e in circa il 4% di esse (800 mila) la concentrazione è risultata
superiore a 200 Bq/m3.
La situazione risultava varia da una Regione all’altra:




tra i 20 e i 40 Bq/metro cubo: Liguria, Marche, Basilicata, Calabria e Sicilia
tra i 40 e i 60 Bq/metro cubo: Valle d’Aosta, Trentino, Veneto, Emilia
Romagna, Toscana, Umbria, Molise, Puglia
tra i 60 e i 80 Bq/metro cubo: Alto Adige, Piemonte, Sardegna, Abruzzo
tra i 80 e i 100 Bq/metro cubo: Friuli Venezia Giulia, Campania
60

tra i 100 e i 120 Bq/metro cubo: Lombardia, Lazio.
Dall’insieme delle indagini effettuate in quello studio emerge che le regioni coi
valori medi più alti sono Lazio, Lombardia, Trentino-Alto Adige, Friuli-Venezia
Giulia, Campania e Sardegna. Tuttavia anche in altre regioni (Umbria, Veneto,
Toscana e Piemonte) sono state trovate zone più o meno estese con valori di
concentrazione di radon particolarmente elevati.
Nel complesso in 15 regioni su 20 è stato superato almeno una volta il valore
soglia di 400 Bq/m³, oltre al quale è necessario un intervento di bonifica. Le Regioni
dove i valori sono sempre rimasti sotto questa soglia sono Val D’Aosta, Liguria,
Sardegna, Sicilia e Molise.
Sebbene il rischio radon sia più sentito in alcune Regioni particolari questo
problema non è confinato soltanto a particolari aree del Paese, ma coinvolge un tutto
il nostro territorio, che investigato costantemente nel tempo su più vaste aree, risulta
essere notevolmente interessato dal rischio radon negli ambienti confinati.
La necessità di intervenire in alcuni casi critici non deve però creare allarmismo: il
radon si può controllare con azioni di bonifica e prevenzione.
61
6.1_La Calabria
Il dato nazionale sulla presenza del radon in Calabria risulta parzialmente
stimato. Infatti i valori ufficiali ricavati dalle indagini condotte in passato rientravano
nei limiti fissati dalla normativa italiana per i luoghi di lavoro incluse le scuole, “ la
Concentrazione di Radon (RnC), risultava essere circa il 90,6 % quindi al di sotto della soglia di
200 Bq/m³, l’8,8% era compreso nell’intervallo 200-400 Bq/m³, mentre il rimanente 0,6 % era
compreso tra 400 e 500 Bq/m³. Le stesse fonti evidenziano che il radon risulta essere
presente solo nell’entroterra calabro.
Probabilmente tali dati scaturiscono dalla rilevazione fatta su pochi e poco
rappresentativi siti oggetto di studio.
Una recente indagine condotta nel 2012 dall’ARPACAL sulla “La tettonica
della Calabria e le concentrazioni di radon nel suolo: Tiriolo (CZ), Pallagorio
(KR), Caraffa(CZ), Roggiano Gravina (CS) e Catanzaro”, dimostra che le
principali faglie attive sono caratterizzate da valori importanti di concentrazione di
attività del gas radon nel suolo.
Il metodo d’indagine, utilizzato anche nei precedenti studi su un territorio che
comprendeva la Valle del Crati, l’Altopiano Silano ionico e la Piana occidentale di
Lamezia Terme, è stato applicato su un’area più ampia della regione Calabria, e
riguarda il confronto tra i dati relativi ai principali elementi geologici riconosciuti:
faglie, litologie affioranti, sismicità, e le concentrazioni di radon misurate in ambienti
indoor ed outdoor.
Pare inoltre che le caratteristiche geologiche del sottosuolo calabrese siano
tipiche unità della catena alpina: composte principalmente da serpentiniti, metabastiti,
scisti verdi, calcari, filladi, micascisti e da una copertura carbonatica mesozoica.
Dunque una struttura geologica composta da rocce uranifere presenti in quasi
tutte le formazioni del sottosuolo.
Il cosiddetto “Arco Calabro[i]non sia altro che un segmento arcuato dell’orogene
appenninico - magrebide estruso sulla crosta oceanica del Bacino Jonico durante le fasi finali dei
processi di collisione tra l’Africa e l’Europa.
Attualmente in Calabria è stata riconosciuta un’intensa deformazione crostale che si manifesta
attraverso sistemi attivi di faglie normali e trascorrenti rendendo la regione una tra le zone più attive,
dal punto di vista sismico, nel Mediterraneo Centrale. Lungo le faglie che attraversano la Calabria,
si sono verificati numerosi terremoti catastrofici caratterizzati da magnitudo (M) fino a 7.4 ed
intensità MCS fino a XI . In altre parole un pezzo di Alpi si è staccato e spostato fino
alla punta dello stivale, rappresentato oggi dal territorio calabrese.
L’aspetto più interessante della ricerca è che la concentrazione di radon nel
suolo può fornire elementi utili a definire sia la geometria che il potenziale
sismico delle faglie e, di conseguenza il rischio ambientale derivante dalla maggiore
probabilità di accumulo di radon negli ambienti confinati
62
Le misurazioni effettuate hanno riguardato la zona che parte dal Graben di
Catanzaro fino alla Valle del Crati, eseguite nelle diverse matrici del radon: acqua, aria
e suolo. In particolare, sono stati investigati i territori comunali di Caraffa (Cz),
Tiriolo (Cz), Pallagorio (Cz), Roggiano Gravina (Cs) e Catanzaro, per un’estensione
areale di circa 1100 km², il 7% dell’intera superficie calabrese. Questi territori
presentano fattori geologici predisponenti:caratteri litologici e presenza di sistemi di
faglia attivi.
Le caratteristiche chimico - fisiche del gas radon, tempo di dimezzamento e
solubilità permettono il trasporto del fluido per notevoli distanze anche con l’ausilio
trasportatori efficaci come l’anidride carbonica e l’acqua. Le faglie dunque possono
rappresentare una importane via di fuga per il radon.
Di seguito si riporta uno stralcio della ricerca relativa al monitoraggio della
radioattività naturale e del gas radon nel suolo, nelle abitazioni civili e nei luoghi di
lavoro, condotto dall’ARPACAL nell’area dell’arco calabro:
“Per la misura della concentrazione del radon indoor è stato impiegato un dosimetro ad elettrete nella
configurazione LLT (Long Term), un disco di teflon carico elettricamente montato su una camera di
conteggio di tipo L in plastica conduttiva. Il confronto tra gli elementi tettonici, i dati della sismicità e
le misure di radon sembrano confermare il trend regionale con buona correlazione tra l’andamento
delle strutture tettoniche e la distribuzione delle concentrazioni di radon”.
mappa schematica con i principali lineamenti tettonici
della Calabria settentrionale.
63
Lungo il bordo settentrionale del “Graben di Catanzaro”, la faglia “GizzeriaNicastro-Pianopoli-Marcellinara”, che rappresenta un elemento tettonico
rilevante su scala regionale, solleva i litotipi cristallino metamorfici paleozoici
della Sila rispetto ai depositi sedimentari tortoniano-olocenici di riempimento del
graben. Le faglie che strutturano il bordo meridionale del Graben di Catanzaro
sono riconducibili alle direttrici “Jacurso-Copanello” e “Maida - Case San
Fantino”. Queste due strutture sono responsabili del sollevamento delle
metamorfiti paleozoiche dell’Unità di Polia-Copanello che strutturano il
Massiccio delle Serre. Dette faglie mostrano piani sub-verticali caratterizzati da
cinematismi prevalentemente normali con una componente di trascorrenza che
talora può diventare predominante.
L’area di studio è caratterizzata da un elevato rischio sismico ricadendo nell’area
macrosismica del terremoto del 28 marzo 1783 (intensità alla sorgente pari a XI
MCS, magnitudo equivalente pari a 7).
MATERIALE E METODI
I criteri di scelta e il posizionamento dei dosimetri per la misura del gas radon
nelle utenze domestiche hanno avviato l’indagine oramai in corso da più di due
anni. L’analisi puntuale delle caratteristiche del territorio e la necessità di
rappresentare i diversi perimetri comunali, con caratteristiche geologiche e
litologiche diverse, hanno condizionato l’individuazione dei punti di misura. Per
tutti i luoghi confinati sono stati privilegiati i piani terra e più vicini al piano
campagna, ma in ogni punto di misura sono stati posizionati almeno due dosimetri
per una migliore rappresentatività spaziale e superficiale della concentrazione di
radon. Per la misura della concentrazione del gas radon in aria sono stati
impiegati dosimetri ad elettrete per lunga durata (long term), dischi di teflon
carichi elettricamente montati su una camera di conteggio in plastica conduttiva
tipo L. La tecnica di misura è denominata sistema E - Perm e si basa sulla
rivelazione della radiazione α emessa durante il decadimento radioattivo. Il gas
penetra in questi dispositivi per diffusione e per effetto del suo decadimento
ionizza il volume della camera di conteggio scaricando il potenziale superficiale
del
disco.
Dalla differenza tra il potenziale elettrico iniziale e quello finale è possibile
determinare la concentrazione di attività volumetrica di radon in Bq/m3 presente
in un determinato sito sfruttando la relazione [1]:
V
V

i
f
222 
[
Rn
]


C
H [1]


C

t
F
e


dove [222Rn] in Bq/m3 è la concentrazione di attività di radon in aria; Vi e Vf in
Volt, il potenziale superficiale iniziale e finale dell’elettrete; CF in
[(Volt  m3)/(Bq  giorno)] è il coefficiente di calibrazione; te in giorni è il tempo di
esposizione, per questa indagine un anno solare suddiviso in due semestri; in
Bq/m3 è la concentrazione di radon equivalente dovuta alla radiazione gamma; H
adimensionale è il fattore correttivo per l’altitudine. Il lettore di potenziale
impiegato per la lettura degli elettreti è un RadElec E-Perm.
64
In sintesi la prima parte dell’indagine si compone delle seguenti fasi:
 la scelta e l’individuazione dei locali utili alla misura[ii];
 il posizionamento di 67 elettreti per la misura della concentrazione del gas
radon in aria, in ambienti di vita del territorio indagato. A seconda della
superficie occupata ogni punto di misura ha ospitato almeno 2 dosimetri.
Al termine del primo periodo di conteggio dei rivelatori passivi, sono state
calcolate le concentrazioni di attività degli ambienti confinati e si è proceduto con
l’individuazione dei punti per la misura della concentrazione del gas radon nel
suolo, consapevoli che la correlazione tra la concentrazione di radon nel suolo e
quella degli ambienti confinati più prossimi non sempre è dimostrata.
Il monitoraggio della concentrazione di radon nel suolo è stato realizzato
impiegando una catena di misura formata da: un monitore tipo MR1 con un
rivelatore a scintillazione, una cella di Lucas con una sensibilità di 0,0341
[cpm/(Bq/m3)] accoppiata ad un fotomoltiplicatore e una sonda in acciaio posta
ad una profondità di 60 cm dalla superficie.
La misura è stata eseguita con una modalità di esecuzione attiva, aspirando il
radon con la pompa di aspirazione di cui è dotato il MRI e un flusso di 0,25 l/min
e realizzando su ogni punto di misura, tre campionamenti per un tempo di
conteggio complessivo di 30 minuti.
Le misure sono state realizzate in condizioni atmosferiche stabili.
La scelta dei punti di misura per la concentrazione di radon nel suolo è stata in
armonia con la carta pedologica che descrive le caratteristiche di permeabilità e
porosità dei diversi suoli.
Per la determinazione della concentrazione di attività del gas radon in acqua è
stato realizzato un monitoraggio con più campionamenti e in diversi periodi
dell’anno su tutte le sorgenti di acqua destinate al consumo umano presenti sul
territorio (fig. 4). Le misure, in condizioni di equilibrio secolare, su campioni di
acqua di 250 ml sono state realizzate adoperando il sistema IDRA (Minima
Attività Rivelabile pari a 2 Bq/l) capace di determinare la concentrazione di 222Rn
mediante la tecnica del degassamento e la rivelazione delle particelle alfa emesse
dal 218Po. La grandezza interessata è stata determinata utilizzando la relazione
[2]:


N

N
[


t
]



f
Rn
222

ondo
[
Rn
]


e
[1]


V

3
riv


deg


dove la [222Rn] è la concentrazione di radon in acqua espressa in Bq/l; Nα – Nfondo
è il numero di conteggi netti; V è il volume del campione in litri; τ il tempo di
conteggio in secondi;
è l’efficienza del rivelatore;
è
l’efficienza di degassamento; Δt è l’intervallo di tempo tra prelievo e conteggio;
λRn è la costante di decadimento del gas radon. Al fine di caratterizzare l’area
d’interesse sono stati analizzati, con una catena di spettrometria gamma al
germanio (efficienza del 32%), diversi campioni alimentari e ambientali presenti
sul territorio: terreni e affioramenti rocciosi.
 
65
Il dato acquisito è il risultato di un congruo numero di osservazioni dirette e,
pertanto, consente un confronto assai dignitoso con la stima della concentrazione
media[iii] italiana pari a 77 Bq/m3”.
Il risultato della ricerca quindi è abbastanza preoccupante, pur non essendo
rappresentativo dell’intero territorio regionale, mentre lo è il campione scelto per le
misure all’interno degli edifici che abbraccia un territorio fortemente condizionato da
una densità abitativa concentrata quasi per intero nei nuclei storici delle comunità
insediate.
“Nel tentativo di voler costruire una mappa del rischio radon, marcando zone del
territorio a diverse concentrazioni di radon, si è proceduto con la misurazione
diretta delle concentrazioni nel suolo. Su un’area che è circa il 7% dell’intero
territorio regionale (1100 ~ km2) sono state eseguite 70 misure di concentrazione
di radon nel suolo, in punti scelti per rappresentare il territorio ed indagare sulle
concentrazioni di radon indoor risultate più significative.
In figura 7 sono riportati i valori delle concentrazioni di radon nel suolo ed
indoor. La concentrazione di attività di radon nel suolo più importante registrata
è pari a 35,1±0,8 kBq/m3 nel comune di Caraffa.
Al fine di verificare se concentrazioni importanti di radon nel suolo possano
condizionare i valori di radon indoor, sono state eseguite misure in
corrispondenza agli ambienti indoor indagati e gli stessi sono stati confrontati.
Dai dati, riportati in fig.7, non si evince una dipendenza, almeno diretta, tra la
concentrazione di radon nel suolo e quella misurata negli ambienti confinati.
Concentrazioni significative di radon nel suolo non implicano necessariamente un
aumento del rischio radon negli ambienti confinati costruiti in corrispondenza. Un
caso interessante è rappresentato dal comune di Caraffa, in cui insistono criteri di
edificazione che favoriscono una comunicazione diretta tra sottosuolo e ambienti
abitati. Qui è stata trovata una dipendenza diretta tra la concentrazione di radon
nel suolo (R2=0,999) e quella degli ambienti confinati[iv]. Il passaggio del radon
dal suolo all’ambiente confinato è connesso al tipo di isolamento superficie
edifico – suolo”.
Dall’analisi dei risultati della ricerca si evince che nel territorio calabrese non è
da sottovalutare in alcun modo il rischio radon. Le informazioni acquisite sulla misura
della concentrazione di radon indoor consentono di affermare che il territorio ha
caratteristiche predisponenti al rischio radon che tende ad accumularsi nei luoghi di
vita. Con maggiore concentrazione di attività del gas radon ai piani terra.
Infatti la concentrazione media di radon negli ambienti confinati è di 66±3
3
Bq/m , sensibilmente più alto di quelli attribuiti dalla campagna di misure del 1990
(valori attribuiti al territorio calabrese 20-40 Bq/m3).
L’approccio sperimentato su questo territorio è senza dubbio una buona base
per applicare il modello di acquisizione e l’analisi dei dati sulla restante parte della
Regione Calabria, ritenuta dai promotori della campagna nazionale radon del 1990 un
66
territorio a basso rischio radon, ignorando quasi completamente le potenzialità
dell’Arco Calabro.
Sulla scorta delle linee tracciate dalle raccomandazioni europee (Direttiva
2013/59/Euratom), ma soprattutto tenuto conto della rilevanza ambientale del
problema, la Regione Calabria dovrà intraprendere misure di prevenzione e
limitazione dei rischi connessi all'esposizione al gas radon nei luoghi di vita e di
lavoro, migliorando, in tal modo, il livello di protezione della popolazione e dei
lavoratori all'esposizione ai radioisotopi di origine naturale. Sappiamo che il radon
presenta aspetti peculiari non solo per le sue origini naturali, ma anche per la sua
presenza in ogni luogo, componente della famiglia radioattiva che ha come
capostipite l’uranio 238, è contenuto nella crosta terrestre dalla nascita della Terra.
Per questo motivo rappresenta la maggior fonte di esposizione media degli esseri
umani alle radiazioni ionizzanti.
A questo scopo sarà necessario predisporre un piano regionale sul tema atto
ad individuare le aree ad elevata probabilità di alte concentrazioni di radon e, nel
contempo, a potenziare e coordinare la rete di rilevazione regionale della radioattività,
acquisendo, elaborando, valutando dati che vengano messi a disposizione delle
istituzioni locali per perfezionare la pianificazione urbanistica del territorio, e
soprattutto per informare e sensibilizzare la popolazione calabrese.
67
6.2_L'Emilia Romagna
Valutazioni preliminari
La Regione Emilia-Romagna ha attivato uno specifico gruppo di lavoro,
finalizzato ad una lettura integrata delle informazioni già disponibili in regione
rispetto al rischio radon e alla eventuale progettazione delle azioni da mettere in atto
per arrivare all’identificazione delle aree del territorio ad elevata probabilità di alte
concentrazioni di attività di radon, ai sensi dell’art. 10-sexies del D. Lgs. 230/95 come
modificato dal D. Lgs. 241/00.
La letteratura scientifica internazionale riporta due metodologie fondamentali
di rilevamento e di rappresentazione; la prima fa riferimento alla mappatura del radon
indoor, cioè al radon misurato nelle abitazioni.
La seconda fa riferimento al radon (e ai radionuclidi radon generatori)
misurato nei suoli o nelle rocce delle aree geografiche oggetto di interesse.
Esiste un generale consenso sulla correlazione che lega la concentrazione di
radon nei suoli e quella rilevata negli edifici.
La correlazione osservata permette di stabilire che il radon misurato nelle
abitazioni è soprattutto generato dalla situazione geologica locale, mentre non è
sempre confermabile la relazione opposta e ciò è dovuto ai materiali utilizzati nelle
costruzioni.
Nella regione Emilia-Romagna, da oltre 50 anni il materiale utilizzato nelle
costruzioni non deriva direttamente da formazioni geologiche locali ed il cemento
utilizzato localmente viene quindi fabbricato con argille e calcari opportunamente
trattati e leganti di provenienza estera.
La metodologia che fa riferimento alla mappatura del radon indoor non ha
quindi sufficiente “capacità predittiva” sui nuovi insediamenti sia che avvengano in
territori abitati o non abitati in precedenza.
Le condizioni geologiche della regione Emilia-Romagna sono state descritte
da numerosi Autori e descritte in dettaglio nelle varie edizioni della Cartografia
Regionale. Le conoscenze attuali indicano una forte preponderanza e relativa
uniformità composizionale di rocce sedimentarie di vario genere come argille,
arenarie, calcari ecc., tuttavia, tramite misurazioni di radon indoor, sono
state evidenziate aree relativamente anomale, non completamente giustificate dalla
situazione litologica. Una parte delle anomalie riscontrate è stata confermata
utilizzando metodologie di ricerca promosse anche da ANPA su aree campione del
territorio nazionale che tengono in considerazione anche la situazione geologica locale
e le eventuali emanazioni gassose.
68
Misure di radon indoor
Nel 1988 la regione Emilia-Romagna promosse un’indagine a campione allo
scopo di valutare l'esposizione media della popolazione alla radioattività naturale nelle
abitazioni, considerato che generalmente nell'ambiente domestico si trascorre la
maggior parte del tempo.
Il campione estratto ha comportato il coinvolgimento di 371 famiglie
suddivise in 15 comuni, 9 dei quali con un numero di abitanti superiore a 100 mila (gli
attuali 9 capoluoghi di provincia).
I valori medi annuali di concentrazione di radon, rilevati su un totale di 363
abitazioni, risultano compresi nell’intervallo 15 – 314 Bq/m³, con un valore della
media aritmetica pari a 43 Bq/m³.
Si evidenziano alcuni aspetti importanti:
• non sono stati osservati situazioni comportanti il superamento del livello di
riferimento (400 Bq/m³) indicato dalla Comunità Europea;
• nel 78% delle abitazioni i livelli di concentrazione risultano inferiori a 50 Bq/m³, nel
96% inferiori a 100 Bq/m³ e nel 99.5% inferiori a 200 Bq/m³;
• è stato stimato un aumento del 68.8% della concentrazione media nel semestre
"invernale” (54 Bq/m³) rispetto a quello "estivo" (32 Bq/m³).
69
Concentrazione media annua di radon rilevata nelle abitazioni della regione
La regione Emilia-Romagna è stata suddivisa in 4 macroaree geomorfologiche (figura
2.10)
1) la pianura, caratterizzata da formazioni di argille, limi, sabbie e ghiaie fluviali
depositate su un substrato di argille e sabbie di origine marina;
2) la zona pedemontana e del margine appenninico-padano, con formazioni di
prevalenti argille con sabbie ed arenarie, a vari gradi di cementazione, e gessi;
3) la zona dell'appennino emiliano con formazioni di argille, marne e rocce litoidi
(arenarie, calcari, ofioliti) che si presentano molto fratturate;
4) la zona dell'appennino romagnolo e del crinale tosco-emiliano, caratterizzata da
formazioni costituite da alternanze di marne ed arenarie e da formazioni
prevalentemente argilloso marnose
70
1) pianura
2) pedemontana
3) appennino emiliano
4) appennino romagnolo e crinale tosco-emiliano
In questo caso, le differenze statisticamente significative fra i 4 gruppi di dati sono
facilmente giustificabili ; infatti mediamente nella fascia appenninica si riscontrano
valori di concentrazione più elevati rispetto alla pianura, a conferma, da una parte, del
fatto che i depositi alluvionali di cui è costituita la pianura presentano bassi livelli di
radioattività naturale, ed inoltre costituiscono un ostacolo alla fuoriuscita di radon
eventualmente presente negli strati più profondi del sottosuolo, e, secondariamente,
dell’importanza che possono assumere le fratture e le faglie, maggiormente esposte
nelle zone pedemontane e appenniniche, per la risalita in superficie del gas.
Rispetto al periodo di costruzione dell'edificio, l'analisi statistica permette di
evidenziare che mediamente si riscontrano i valori più alti negli edifici costruiti prima
del 1919, mentre i più bassi in quelli costruiti dopo il 1960, a possibile indicazione di
come le nuove tecniche edilizie adottate, seppure non ideate per affrontare il
problema radon, possono comunque essere efficaci anche per esso: si pensi in
particolare alle tecniche di impermeabilizzazione di pareti e pavimenti a contatto con
il terreno durante la posa delle fondamenta, per diminuire la dispersione dell'umidità
all'interno della costruzione.
71
Dall'analisi dei risultati rilevati nel corso delle indagini, si può concludere che:
• nelle abitazioni dell’Emilia-Romagna, i valori di concentrazioni di radon risultano
paragonabili ai valori medi riscontrati nei Paesi “industrializzati” ; il valore medio
regionale è inferiore a quello ottenuto in altre regioni e alla media nazionale (70
Bq/m³) .
L’Emilia-Romagna risulta un territorio a basso contenuto di radioattività
naturale;
• il radon presente negli ambienti chiusi proviene prevalentemente dal suolo
sottostante gli edifici.
Un aspetto fondamentale per la conoscenza e prevenzione del rischio
“Radon” è la definizione delle condizioni geologiche locali; gli aspetti geologici che
principalmente influiscono sulle emissioni di radon sono la composizione geochimica
delle rocce (presenza di elementi capaci di generare radon) e le vie di connessione tra
le rocce “madri” e i serbatoi naturali di radon e la superficie.
La trasmissione di gas tra sottosuolo e superficie avviene grazie alla porosità
delle rocce (permeabilità primaria) e attraverso le faglie e i sistemi di fratturazione
(permeabilità secondaria).
Pertanto si possono confermare i bassi livelli di radioattività naturale in
generale ed in modo particolare di radionuclidi precursori del radon, come atteso in
relazione alla prevalenza di formazioni sedimentarie nella regione Emilia-Romagna.
Sulla base della carta geologica, si è riscontrato che le misure di radon indoor
sono state eseguite in edifici posti prevalentemente su 6 tipi di terreni: tre tipici della
zona di pianura (limo, sabbia e ghiaia) e tre tipici dell’Appennino (calcari marnosi e
arenarie politiche; marne e argille con intercalazione di arenarie, melanges e argille
varicolori; arenarie, alternanza arenaceo-pelitiche, intercalazione di conglomerati
Da elementari analisi statistiche risulta che la concentrazione di radon indoor
presenta una media più alta per gli edifici posti in suoli composti da calcari marnosi ed
arenarie pelitiche, anche se il numero dei sondaggi è nettamente inferiore.
Si può comunque rilevare che il valore medio delle concentrazioni di radon
indoor, rispetto ai vari litotipi, ha una variazione molto modesta: oscilla tra 44 Bq/m³
per marne ed argille con intercalazione di arenarie, melanges e argille varicolori
(litotipo 5), e 64 Bq/m³ dei calcari marnosi e arenarie pelitiche (litotopo 4), entrambi
suoli di montagna, mentre la distribuzione del radon indoor in pianura è praticamente
omogenea.
Nei suoli di pianura si può notare che la concentrazione media di radon
indoor in relazione a sabbia e ghiaia sono simili (50 Bq/m³), mentre ha un valore più
elevato in relazione al limo.
72
Correlazione con altri elementi strutturali
E’ stata indagata l’esistenza di legami fra la concentrazione del radon indoor ed i
seguenti elementi strutturali:
• Zone di faglia quali il limite pianura-montagna e la dorsale ferrarese;
• Punti di emissione di idrocarburi.
Sono di particolare interesse i punti che associano valori alti di radon ad una
piccola distanza dal punto di emanazione di gas naturale. Ciò può essere giustificato
tramite il meccanismo di cessione del radon dal metano all'atmosfera; infatti, la
cessione è diretta ed istantanea, pertanto è possibile che siano stati rilevati valori
elevati di radon indoor in zone con giacimenti di metano e con terreni e rocce
caratterizzati da valori relativamente elevati di porosità , tipici della dorsale
appenninica.
Conclusioni
Le conclusioni sulla distribuzione spaziale del radon indoor, tratte dai risultati
del presente rapporto, possono essere così riassunte:
• la concentrazione di radon cala drasticamente passando dal piano terra (piano 0) ai
piani successivi, evidenziando un gradiente verticale negativo.
• la zona appenninica ha maggiori concentrazioni e maggiore dispersione di valori
rispetto alla pianura;
• i litotipi influenzano valori e variabilità del radon; quelli più permeabili, come sabbie
e ghiaie, presentano più bassi valori, ma ben correlati spazialmente solo nel caso delle
ghiaie;
• la distribuzione dei valori di radon mediamente non è correlata ai seguenti macro
fattori: il limite pianura/appennino, la dorsale ferrarese, i punti di emissione naturale
di idrocarburi;
• la cartografia ottenibile mette in evidenza tre aree disgiunte con valori medi di radon
indoor maggiori di 70 Bq/m³, tutte lungo il versante appenninico;
Relativamente alla distribuzione spaziale del radon in falda, i risultati evidenziano
quanto segue,limitatamente alla area di pianura della regione:
• la popolazione dei dati può essere riferita a due diverse sub-popolazioni
corrispondenti al NO - centro e SE della regione;
• la concentrazione in radon è indipendente dalla profondità e dalla quota del pozzo
da cui sono stati prelevati i campioni;
• una piccola distanza dai punti emissioni gassose è una condizione necessaria, ma
73
non sufficiente per incontrare valori elevati di radon in falda; mediamente la
correlazione è nulla;
• la concentrazione più alta a NO della regione si attenua nettamente procedendo
verso SE;
Infine, il raffronto fra le distribuzioni spaziali del radon “indoor” ed in pozzo mostra
una totale assenza di correlazione. La variabilità dei due tipi di radon è spazialmente
strutturata, ma piuttosto limitatamente in quelli indoor, mentre è elevata in quelli in
pozzo.
Tali conclusioni supportano l’ipotesi di origini diverse per radon indoor ed in
falda, ma soprattutto di meccanismi di diffusione e trasporto assolutamente
differenziati.
74
6.3_La Lombardia
PIANO DI MAPPATURA PER LA DETERMINAZIONE DELLE RADON
PRONE AREAS IN LOMBARDIA
Per la pianificazione del monitoraggio, il territorio della Lombardia era stato
distinto in due diverse tipologie in relazione alla morfologia ed alla presenza di
substrato roccioso: l’area di collina-montagna era stata indagata con maggior dettaglio
rispetto all’area di pianura, poiché le caratteristiche morfologiche e geologiche
possono far presumere l’esistenza di una maggiore variabilità nella distribuzione
geografica delle concentrazioni di radon. La base scelta per la suddivisione è la maglia
del reticolo della cartografia tecnica regionale (8 km x 5 km): a seconda delle
caratteristiche geologiche e morfologiche del suolo sono state scelte maglie più fitte
(uguali o metà della maglia di base) nella zona alpina e prealpina nella quale ci si
aspetta di avere concentrazioni di radon più elevate o comunque caratterizzate da una
maggiore variabilità spaziale, e maglie meno fitte (4 volte la maglia base) laddove si
presume di avere basse o comunque relativamente uniformi concentrazioni di radon,
come per esempio nella zona della Pianura Padana. Le maglie in cui vi siano presenti
zone urbanizzate, sono risultate circa 370 e i punti di misura sono stati 3646,
75
individuati con la collaborazione della DG Sanità e dei Dipartimenti di Prevenzione
delle ASL. I punti di misura erano stati scelti in locali adibiti ad abitazione o ufficio, al
pian terreno ed aventi caratteristiche tali da garantire la rappresentatività e la
confrontabilità delle misure. In ciascuna maglia sono stati individuati da 5 a 10 punti
di misura, rispondenti alle caratteristiche stabilite, che sono risultati in totale in 541
Comuni lombardi (1/3 circa del totale)
ELABORAZIONI PRELIMINARI
I risultati delle misure hanno mostrato che per il 4.4% di tutti i punti di misura
(situati al pian terreno) i valori di concentrazione media annuale di radon misurati
sono risultati superiori a 400 Bq/m3, e le province nelle quali sono stati riscontrati
valori più rilevanti sono quella di Bergamo, Brescia, Lecco, Sondrio e Varese. Nelle
province di Lodi e Cremona invece le concentrazioni misurate sono risultate in ogni
caso inferiori a 200 Bq/m3. La media aritmetica di tutte le misure annuali considerate
è risultata 124.2 Bq/m3.
In tabella 1 sono presenti alcune statistiche descrittive relative all’intera regione,
mentre
in figura 2 sono rappresentate la funzione di distribuzione cumulata e l’istogramma
delle concentrazioni di radon.
Statistica
valore
Media
124.2 Bq/m3
Mediana
78 Bq/m3
Deviazione Standard
141.1 Bq/m3
Min
6 Bq/m3
Max
1795 Bq/m3
% sopra i 200 Bq/m3
15.5%
% sopra i 400 Bq/m3
4.4%
Tabella 1. Statistiche descrittive della concentrazione di radon indoor in
Lombardia(campagna regionale 2003-2005)
Si ricorda che la media aritmetica dei valori di concentrazione annuale misurati
in Lombardia nella campagna nazionale (116 Bq/m3), pur avendo un valore non
distante da quello ottenuto ora, ha un significato differente, poiché i punti di misura
76
erano stati individuati sul territorio con criteri totalmente diversi: erano situati in unità
immobiliari poste anche a piani distinti dal pian terreno, e non distribuite sul territorio
regionale.
Si ricorda che nel quadro normativo nazionale relativo al radon indoor, non
vengono prese in considerazione le problematiche connesse all’esposizione al radon
nelle abitazioni. Su questo argomento si fa riferimento alla raccomandazione delle
Comunità Europee 90/143/Euratom, che indica il valore oltre cui intraprendere
azioni di risanamento per le abitazioni esistenti (400 Bq/m3) e l’”obiettivo di qualità”
(200 Bq/m3) per le nuove edificazioni. L’art. 10 del DLgs 230/95 affida alle regioni il
compito di individuare le radon prone areas, lasciando alla commissione di cui
all’art.9, non ancora insediatasi, il ruolo di stabilire i criteri per la loro individuazione.
Ciascuna Regione procede quindi con propri piani di mappatura, e con differenti
metodi analisi di distribuzione spaziale, prendendo spunto anche da altre esperienze,
italiane ed estere. Allo scopo quindi di indagare la distribuzione territoriale della
concentrazione di radon sono state effettuate alcune analisi statistiche preliminari
nelle quali sono state prese in considerazione anche le misure pregresse aventi
caratteristiche omogenee.
77
In figura 3 (a) sono rappresentati i 3630 punti di misura risultati validi per
l’analisi, mentre in figura 3 (b) e 3 (c) si possono osservare i punti che superano
rispettivamente i 400 Bq/m3 e i 200 Bq/m3. In figura 4 si possono osservare i trend
della concentrazione di radon rispetto a latitudine e longitudine ottenuti tramite una
regressione polinomiale locale (LOESS)4. Le coordinate cartografiche sono in
proiezione Gauss-Boaga, quindi l’ascissa nei grafici è misurata in metri. Si noti che il
trend sud-nord appare molto marcato, mentre non sembra esserci un chiaro
andamento verso una direzione per quanto riguarda la longitudine.
78
Un’analisi statistica che è stata effettuata, è la stima delle percentuali di unità
immobiliari che superano un determinato livello di riferimento. La metodologia
utilizzata è presente in letteratura ed è stata utilizzata sia a livello nazionale 5,6, sia
internazionale (ad esempio in Irlanda7). L’ipotesi di base – nel nostro caso soddisfatta
- che dà validità a tale metodo di indagine è che la distribuzione di frequenza (a) (b)
(c) (a) (b) delle concentrazioni di radon indoor sia log normale. Per costruire la
distribuzione di frequenza dei dati è necessario pertanto far riferimento alla media
geometrica e alla deviazione standard geometrica per ciascuna maglia. Si è esteso poi il
risultato ottenuto in ciascuna maglia ai comuni presenti all’interno della stessa.
Da queste elaborazioni risulterebbe che, in Lombardia, sono presenti in totale
119 Comuni nei quali il 10% delle unità immobiliari site al piano terra può superare la
soglia di 400 Bq/m3(corrispondenti al 8% dei Comuni totali), e 616 Comuni nei quali
il 10% delle unità immobiliari site al piano terra supererebbe la soglia di 200
Bq/m3(corrispondenti al 40% dei Comuni totali).
79
APPROCCIO GEOSTATISTICO
L’approccio utilizzato nel presente lavoro è descritto in dettaglio nel caso di
dati relativi alla provincia di Bergamo in un altro lavoro. Si riporta di seguito solo una
breve descrizione della metodologia utilizzata rimandando a tale lavoro per maggiori
dettagli. I momenti di ciascuna distribuzione condizionata sono ottenuti tramite un
kriging ordinario locale che include oltre ai punti campionati anche i punti della griglia
su cui il processo è stato simulato fino a quel punto. Il variogramma utilizzato è
isotropico e di tipo esponenziale. Tale variogramma fornisce un buon fit dei dati ed è
rappresentato in figura 6 (a). Al fine di valutare la variabilità addizionale aggiunta dal
processo di simulazione è stato calcolato un intervallo di confidenza al 95% della
proporzione utilizzando la distribuzione asintotica di questa statistica. Le soglie s di
riferimento utilizzate in questo lavoro sono pari a 200 Bq/m3 e 400 Bq/m3, cioè pari
ai valori suggeriti dalla raccomandazione 90/143/Euratom. Un comune è stato
identificato “ ad alta concentrazione” (riferimento livello dei 400 Bq/m3 ) se
l’intervallo di confidenza si colloca interamente al di sopra dello 0.1. Un comune è
invece classificato come “ a media concentrazione” (riferimento livello di 200 Bq/m3)
se il corrispondente intervallo di confidenza della proporzione si colloca interamente
al di sopra dello 0.1. In caso contrario il comune è stato classificato “ a bassa
concentrazione” . Il risultato ottenuto, riportato nella figura 6 (b), fornisce una
possibile mappatura delle aree ad elevata probabilità di alte concentrazioni di radon in
Lombardia.
80
In numerose nazioni dell’Europa occidentale12,13,14 sono state pianificate
campagne di misura di radon indoor per l’individuazione delle Radon Prone Areas. Le
misure forniscono valori di concentrazione di radon indoor nelle unità abitative
monitorate mentre spesso è necessario disporre di misure aggregate a livello di
sottoaree della regione in studio. Ciò richiede un’integrazione del dato spaziale dal
livello a cui viene misurato (punti) al livello desiderato (aree). Nel presente lavoro è
stata proposta una metodologia basata su simulazioni geostatistiche con un approccio
multigaussiano per risolvere tale problema ed è stato fornito un possibile metodo di
identificazione delle Radon Prone Areas. I Comuni con maggior probabilità di elevate
concentrazioni di radon indoor ovvero, scelto il livello di riferimento di 400 Bq/m3,
comuni per i quali l’intervallo di confidenza si colloca interamente al di sopra dello 0.1
(denominati per semplicità ad “alta concentrazione”), sono stati riscontrati nelle
province di Bergamo e Sondrio, mentre comuni a “media concentrazione
“(riferimento 200 Bq/m3 per i quali l’intervallo di confidenza si colloca interamente al
di sopra dello 0.1) sono stati valutati nelle province di Varese, Como, Lecco e Brescia.
Più precisamente sono stati trovati 5 comuni ad “alta concentrazione” e 335 a “media
concentrazione”.
81
CONCLUSIONI
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Il benessere ambientale, all’interno di un involucro edilizio, dipende dalla
presenza o meno di fenomeni di alterazione: emissioni di natura chimica, fisica e
radioattiva, implicazioni termo-igrometriche ecc..
In Italia si costruisce molto, si è sempre costruito e spesso lo si è fatto molto
bene. Prima di tutto nella scelta dei siti dove fondare le città, e poi per l’uso di materiali
quasi sempre locali, robusti e leggeri che possedevano anche caratteristiche di isolamento
termico e acustico. Prendiamo Napoli, edificata fino dai tempi delle colonie greche con
mattoni leggerissimi e resistenti di tufo giallo napoletano, abbondantemente presente in
quella regione. Oppure Roma, dove la struttura portante dei monumenti è ancora di tufo
dei Colli Albani o dei Sabatini e l’uso estensivo del mattone cotto e dei rivestimenti in
travertino e in marmo.
Con l’avvento della chimica e dei derivati petroliferi nei materiali da costruzione
questa sapienza e salubrità sembrava persa.
Oggi la situazione sta cambiando e concetti come quello della “salubrità”
“sostenibilità” “confort”, sono entrati nel pensiero comune.
Nel Rinascimento si sapeva bene che le case dovevano essere orientate in un
certo modo rispetto al Sole e che dovevano avere finestre piccole a nord e più grandi a
sud e che i muri dovevano essere spessi, che la luminosità e gli spazi ampi degli ambienti
creavano benessere nella persona che li visitava o li abitava e ancora che i materiali da
costruzione presi dalla natura ci restituiscono la stessa salubrità col quale la natura li ha
creati.
Oggi si parla sempre più spesso di case passive, cioè abitazioni in cui la tecnica
costruttiva accoppiata al buon senso permettono di trascorrere confortevolmente estati
calde o inverni rigidi senza sistemi di condizionamento o riscaldamento.
Un’ottima coibentazione dei muri, dei solai e delle finestre non era forse la
prerogativa delle costruzioni dei nostri antenati?
Non ci meravigliamo sempre piacevolmente del fresco che mantiene la casa di
campagna dei nonni? E non sono calde anche d’inverno quelle case i cui muri sono stati
riempiti appositamente di laterizi e cocci che immagazzinano calore per poi cederlo
quando la temperatura esterna scende?
Loro non sapevano che molte zone dove hanno edificato erano a rischio “gas
Radon” o che addirittura i materiali da costruzione impiegati potevano essere
potenzialmente “radioattivi”, mentre noi abbiamo un grande e indiscusso vantaggio: la
conoscenza di queste situazioni ormai critiche non più sostenibili.
Oggi si può fare di più, il calore emanato dalle persone, dalle lampadine e dagli
elettrodomestici per riscaldarsi sufficientemente a far passare l’inverno senza bisogno di
attivare sistemi di riscaldamento.
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La conoscenza dei fattori ambientali biologici, fisico-chimici e termo-igrometrici
consentono di costruire case libere dal gas radon, dall’umidità e da tutte quelle sostanze
che attentano alla salute dell’uomo.
Il nostro obbiettivo è “costruire per abitare secondo natura”
“Lo sapevamo già, solo che lo avevamo dimenticato.”
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BIBLIOGRAFIA
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indoor”_Regione Lombardia D. n. 12.678 del 21/12/2011;
 “Linee guida microclima”_Ministero della sanità;
 “Tutela e promozione della salute negli ambienti confinati”_Dipartimento della
prevenzione;
 “Radon in Italia, linee giuda per il cittadino”_Ispesl;
 Enciclopedia Treccani;
 Storia dei materiali da costruzione;
 Costruire in bioedilizia;
 Le abitazioni igieniche ed economiche per le classi meno abbienti nel secolo X
IX- Prof. Luigi Pagliani;
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 Sviluppo sostenibile. Tutela dell’ambiente e della salute umana. Atti del 10°
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Pallagorio (kr), Caraffa(cz), Roggiano Gravina (cs) e Catanzaro”. M. Fòlino
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ARPA EMILIA ROMAGNA;
ARPA LOMBARDIA;
Esperto Edificio Salubre – Associazione Nazionale Donne Geometra;
Gazzetta Ufficiale dell’Unione Europea - L.13 del 17.01.2014;
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