La "Meteorite Renazzo" - Associazione Pordenonese di Astronomia

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1
MONTEREALE VALCELLINA
PORDENONE
LO SCOPO DEL NOSTRO NOTIZIARIO
IN QUESTO NUMERO
 Parliamo un…po’ di fisica (4a parte) ...........................................................pag. 1
 Prova del binocolo «GENERAL HI T23-41x100» ......................................pag. 6
 La “Precessione” ..........................................................................................pag. 8
 La nostra strumentazione- MEADE SCHMIDT NEWTON 8” ...................pag. 10
 La cometa 17/P HOLMES ............................................................................pag. 12
 Notizie in breve.............................................................................................pag. 13
Notiziario stampato in proprio e distribuito a soci e simpatizzanti
Per questo numero hanno collaborato: Carrozzi Giampaolo – Abate Dino – Salamon Franco – Luigi De Giusti
Andrea Berzuini - Stampa curata da Luigi De Giusti
IL DIRETTIVO DELL’ASSOCIAZIONE PER IL BIENNIO 2008 –
2009
1.
2.
3.
4.
5.
PRESIDENTE: Giampaolo Carrozzi
VICE PRESIDENTE: Zanut Stefano
DIRETTORE OSSERVATORIO: Salamon Franco
SEGRETARIO: Abate Dino
MEMBRI:
- Berzuini Andrea
- Cauz Omar
- De Giusti Luigi
- Degli Innocenti Dante
- Gasparotto Mauro
- Vanzella Piermilo
2
PARLIAMO UN…PO’ DI FISICA - 4
Giampaolo Carrozzi
LA FORZA CENTRIFUGA
Il moto di un corpo lungo una circonferenza è dovuto alla risultante di due forze:
- centripeta diretta verso un punto fisso (centro)
- tangenziale o lineare che imprimerebbe al corpo un moto rettilineo uniforme, la cui direzione è data dalla tangente alla circonferenza descritta dal punto mobile.
Per il 3° principio della dinamica, alla forza centripeta si oppone una forza che tende ad allontanare il corpo dal
centro di rotazione. Questa forza viene definita come forza centrifuga.
Leggi della forza centrifuga
La forza centrifuga è:
1° direttamente proporzionale alla massa rotante;
2° direttamente proporzionale al quadrato della velocità con il quale il mobile si muove;
3° inversamente proporzionale al raggio della circonferenza su cui si muove il mobile.
mv2
Queste leggi si possono esprimere con la seguente formula: F
, dove F è la forza centrifuga, m la massa del
R
corpo rotante, R la resistenza dal centro di rotazione e v la velocità tangenziale.
v2
Questa formula è derivata dalla formula base dell’accelerazione centripeta: a
per cui essendo F = ma si aR
v2
vrà: F m
R
Chiamando con ω la velocità angolare e T il periodo di rotazione sarà: v = ωR e perciò F = mω2R
2
mR
Ma
e perciò F 4 2
.
T
T
PENDOLO
Applicando la 2° legge della dinamica f = ma si perviene alla
definizione del moto del pendolo semplice, sistema schematizzato da un punto materiale di massa m sospeso per mezzo di un
filo inestensibile e di massa trascurabile e di lunghezza l ad un
punto fisso O detto centro di sospensione. La massa m posta
ferma in A, rimane immobile in quanto il suo peso è equilibrato
dalla tensione del filo.
Se la massa si sposta da A in B e viene abbandonata, senza alcuna velocità iniziale: inizia allora ad oscillare lungo l’arco
BB’.
Le forze agenti sulla massa sono :

la cui risultante è la forza responsabile del moto.


-
forza peso P
mg
-
tensione del filo T

Per la 2° legge della dinamica si può scrivere: P T ma
Uguagliando le componenti dei vettori di ambo i membri della precedente secondo la tangente alla traiettoria si ha:
F = mat (1)
Dove F è la componente della forza peso ed at l’accelerazione tangenziale.

La tensione T essendo diretta secondo la direzione del filo, non ha alcuna componete tangenziale.
Risulta pertanto che la forza F che fa muovere la massa m su un arco di circonferenza di raggio l è costantemente
rivolta verso il punto A, sia che si trovi a destra di A sia che si trovi a sinistra. Qui però la forza F cambia verso e
rallenta il moto fino ad annullarne la velocità in B’. Da questo istante il moto prosegue da B’ a B con le stesse modalità. Risulta evidente il carattere oscillatorio del moto del pendolo con centro di oscillazione il punto A. Quantitativamente il problema viene di seguito definito.
Dalla similitudine dei triangoli OPQ ed MPL si ha:
3
PL : PQ
poiché PL
F
PM
mg
OP l
F
PM : OP
e posto PQ
d la precedente diventa F : d = mg : l da cui
dmg
l
Sostituendo questo valore nella (1) e risolvendo rispetto ad at si ha at
g
d
l
(2)
Introducendo un sistema di ascisse curvilinee sulla traiettoria con origine nel centro di oscillazione A e con il verso
positivo diretta da A a B, risulta che la misura dell’arco AP è positiva, mentre quella dell’arco AP’ è negativa. Ponendo s = AP si osserva che per piccole oscillazioni (qualche grado) o, in forma equivalente, per archi piccoli rispetto alla lunghezza l del raggio si può, con buon approssimazione porre d
s .
Per piccole oscillazioni la (2) diventa: at
g
s (3) F e at sono state considerate in modulo. Ma ora s ha un sel
gno che può essere positivo o negativo: quando s è positivo la componente at dell’accelerazione è negativa, viceversa quando s è negativo at sarà positiva.
at
La (3) si scriverà:
g
s (4)
l
Vi è perfetta analogia tra questa formula e quella dell’accelerazione nel moto armonico: a
K
x (5), in entramm
be l’accelerazione è direttamente proporzionale e di segno contrario allo spostamento del centro di oscillazione. Per
cui anche il moto del pendolo - nel caso di piccole oscillazione - è moto armonico.
La differenza è che il moto del pendolo avviene su un arco di cerchio, mentre il moto armonico avviene lungo una
retta. Qui il moto armonico è determinato dalla forza elastica, mentre nel pendolo è determinato dalla componete
della forza peso lungo la tangente alla traiettoria che, come la forza elastica, è direttamente proporzionale allo spostamento s ed ha segno contrario.
Per questo motivo si dice che la componete della forza peso secondo la tangente alla traiettoria è una forza di tipo
elastico: un moto armonico è sempre determinato o da una forza elastica oppure da una forza di tipo elastico.
Il moto da B a B’ con ritorno in B rappresenta una oscillazione completa, la cui durata è il periodo T del pendolo.
Dal confronto tra la (4) e la (5) si ricava T
2
m
che si può scrivere: T
K
2
l
(6)
g
La formula si riferisce alle piccole oscillazioni. Per oscillazioni non piccole il moto del pendolo è ancora oscillatorio, ma non di tipo armonico.
PROPRIETA’ DEL MOTO DEL PENDOLO SEMPLICE
a) Legge dell’isocronismo delle piccole oscillazioni (di Galileo)
Il periodo T è indipendente dall’ampiezza delle oscillazioni in quanto nella (6) non c’è traccia dell’arco AB che
rappresenta l’ampiezza del moto. Facendo oscillare un pendolo e misurando i tempi necessari per compiere un
certo numero di oscillazioni complete, per esempio le prime 20, nonostante l’ampiezza diminuisca progressivamente, si trova che i due tempi sono uguali.
b) Il periodo è indipendente dalla massa del pendolo
Deriva dal fatto che nell’espressione del periodo non figura la massa.
c) Il periodo è direttamente proporzionale alla radice quadrata della lunghezza.
Segue dalla formula del periodo. Sperimentalmente si possono fare oscillare alcuni pendoli le cui lunghezze
stanno fra loro come 1 : 4 : 9 (es. lunghezze di 10 cm, 40cm, 90cm), il periodo del secondo sarà il doppio di
quello del primo, mentre quello del terzo è il triplo.
d) Il periodo è inversamente proporzionale alla radice quadrata dell’accelerazione di gravità.
Anche questa deriva dalla formula del periodo. Per esempio, a parità di lunghezza, un pendolo sulla Luna,
ove l’accelerazione di gravità è circa 1/6 di quella della Terra, ha un periodo di circa 2,5 volte quello di
un pendolo di uguale lunghezza sulla Terra; sulla Luna cioè le oscillazioni sono più lente. Se sulla Terra
un pendolo ha un periodo di 1s, sulla Luna un pendolo della stessa lunghezza ha un periodo di circa 2,5s.
Pendolo composto
Si definisce pendolo composto qualunque corpo pesante che oscilli attorno ad un asse orizzontale.
Si chiama centro di oscillazione quel punto che si trova sulla retta che congiunge il centro di gravità con l’asse che
oscilla come fosse libero.
LAVORO – POTENZA - ENERGIA
1- Lavoro
4
«Compiere un lavoro» significa realizzare un processo che, indipendentemente dal suo carattere specifico, si svolge necessariamente nel tempo ed implica un moto. Il lavoro è descrivibile come una quantità fisica proporzionale
alla forza impiegata e alla distanza percorsa e che ha le proprietà di uno scalare, quindi si dice che si compie un
lavoro ogni volta che si sposta una massa per una distanza x = xi.
Il lavoro è quindi una quantità derivata e la sua misura è data dal prodotto dell’unità di forza per quella di lunghezza. Si presentano due casi:
1° - Lo spostamento avviene nella direzione della forza. Il lavoro è uguale al prodotto della forza per lo spostamento: L = F  s( x).
2° - Se forza e spostamento hanno direzioni diverse (immagine al centro), il lavoro è compiuto solo dalla componente della forza nella direzione dello spostamento.
Se è l’angolo che la direzione della forza forma con quella dello spostamento si ha:
s’ = s cos perciò L = F s cos
Nel «Sistema Internazionale di unità di misura (SI)» l’unità di misura è il Joule (J) uguale a newton(N) per metro.
Un joule equivale al lavoro compiuto da una forza costante di 1 N che sposta un oggetto di 1 m nella direzione della
forza.
Nel sistema CGS l’unità di misura del lavoro è la dina per centimetro e si chiama erg. 1 erg = 10-7 J.
2 – Lavoro delle macchine
Quando il lavoro è compiuto da una macchina si chiama lavoro motore quello compiuto dalla potenza, e lavoro
resistente quello compiuto dalla resistenza. Si dimostra che il lavoro motore è uguale al lavoro resistente. Questo
principio detto principio delle velocità virtuali si esprime anche nel seguente modo: ciò che si guadagna in forza si
perde in velocità.
Attrito. Si definisce attrito la resistenza che un corpo solido oppone al movimento di un altro corpo su di esso.
L’attrito può essere :
- attrito radente se il corpo mobile striscia;
- attrito volvente se il corpo mobile ruota;
- attrito misto se è in parte radente e in parte volvente. L’attrito volvente è sempre minore di quello radente.
Resistenza del mezzo. Si definisce resistenza del mezzo quella che un fluido oppone al movimento di un corpo solido entro di esso.
La resistenza del mezzo per le superfici piane segue le seguenti leggi:
1° - È direttamente proporzionale alla superficie del solido che si muove;
2° - È direttamente proporzionale al quadrato della sua velocità;
3° - È direttamente proporzionale alla densità del fluido.
Equilibrio dinamico delle macchine. Si chiama lavoro utile (Lu) di una macchina quello che serve a vincere la resistenza e lavoro passivo (Lp) quello che serve a vincere gli attriti, per cui se Lm è il lavoro motore si ha: Lm = Lu +
Lp, che è la condizione di equilibrio dinamico delle macchine.
Lu
Si definisce rendimento di una macchina il rapporto tra il lavoro utile e il lavoro motore: R
.
Lm
3 – Potenza
La necessità di una quantità che permetta di descrivere la rapidità con cui il lavoro viene erogato è strettamente
connessa al rapido sviluppo delle macchine avutosi verso la fine del diciottesimo secolo. James Watt, inventore della macchina a vapore, per poter confrontare l’utilità pratica della sua macchina rispetto a quella di un cavallo da tiro
mise a punto una serie di esperimenti che lo portarono alla conclusione che la potenza media, cioè il lavoro compiuto in secondo, di un cavallo poteva essere considerata pari a 745,7 W. Su questa base Watt definì l’unità di misura ancora oggi nota come cavallo-vapore.
5
In fisica con la parola potenza si definisce unicamente il lavoro nell’unità di tempo. La potenza media è quindi
L
una quantità derivata definita dal rapporto tra lavoro e il tempo impiegato per compierlo: P
.
t
In unità SI la potenza si misura in Joule al secondo (J/s), cioè in Watt (W), in CGS in erg al secondo. Quando si ha
a che fare con grandi quantità di potenza conviene ricorre al chilowatt (1kW = 103W), al megawatt (1mW = 106W).
Dall’unità pratica di misura del lavoro il Kilogrammetro, indicato con Kgpm e definito come il lavoro compiuto
dalla forza costante di 1 Kgp, quando il punto di applicazione viene spostato di 1 metro nella stessa direzione della
forza, deriva anche un’unità pratica di misura della potenza, il cavallo vapore, simbolo CV o HP (dall’inglese
horse-power), definito come potenza corrispondente al lavoro di 75 Kgpm al secondo.
Kg p m
Essendo 1 Kgpm = 9,8 Nm = 9,8 joule, risulta anche: 1HP 75
735watt
s
4 – Energia
Sebbene nel linguaggio comune venga usata una pluralità di termini riferiti a diverse forme di energia (combustibile, elettrica, nucleare, esplosiva, ecc.) in realtà esistono solo due forme di energia:
cinetica e potenziale.
La prima tratta dell’energia legata al moto, mentre la seconda corrisponde all’energia immagazzinata ad esempio da
una molla tesa o compressa.
Energia cinetica
L’energia è una quantità scalare come il lavoro e viene misurata dalle stesse unità di misura. Richiamando quanto
illustrato sul lavoro si ribadisce che il lavoro è solo una forma particolare di trasferimento di energia da un sistema
ad un altro che avviene attraverso un moto ordinato (il calore viceversa è una forma di trasferimento di energia da un sistema ad un altro attraverso un moto caotico).
Un corpo, o un sistema di copri, possiede energia ogni volta che è in grado di compiere del lavoro.
Questa capacità di un corpo di compiere lavoro in virtù del suo moto è detta energia cinetica.
La forza compie un lavoro dato da L = Fs poiché lo spostamento e la forza hanno la stessa direzione. Dalla seconda legge della dinamica si ha:
v
v 0
mvs
L = Fs = mas = m
m
s=
t
t
t
s
Ma
non è altro che la velocità media nell’intervallo di tempo t; poiché la forza è costante e quindi il moto è unit
formemente accelerato, la velocità media è data dalla media aritmetica tra la velocità iniziale e quella finale, cioè:
s 1
1
1
(v2 v1 )
(v 0)
v dove v2 = velocità finale e v1 = velocità iniziale.
t 2
2
2
1
1
Sostituendo si ha L mv( v)
mv 2 che diventa la relazione fondamentale dell’energia cinetica:
2
2
1
Ec
mv2
2
Energia potenziale
Un corpo di massa m è appoggiato a terra, la forza gravitazionale che agisce su di esso F = -mg è contrastata dal
terreno. Se però al corpo viene applicata una forza esterna
Fest diretta verso l’alto e gradualmente crescente,
all’aumentare di Fest la forza di reazione N diminuisce
proporzionalmente ed appena Fest supera la forza Fg diretta verso il basso il corpo comincia a sollevarsi. Per
mantenerlo fermo all’altezza h in queste condizioni occorre ridurre dapprima la forza applicata fino a renderla leggermente più piccola di Fg e poi dare a Fest un valore esattamente uguale a Fg. Quando la massa è ferma, l’energia
cinetica impartitale dalla forza accelerante Fest si riduce a
zero e quindi, essendo nulla la velocità ed essendo l’unica
forza ad opporre resistenza quella della gravità (trascurando la resistenza dell’aria), il lavoro compiuto sul corpo
non può che essere uguale a quello speso per vincere la
gravità. Si ha pertanto ΔL = mgΔy. A questo punto se si
elimina la forza esterna Fest, il corpo cade e la sua velocità
1 2
nel momento dell’impatto con il terreno è v
2 gh e l’energia cinetica Ec
mv
mgh , cioè è esattamente
2
uguale al lavoro speso dalla forza esterna per sollevare la massa. La capacità «potenziale» di un corpo in condizioni
6
di quiete di compiere del lavoro in virtù della sua posizione indica che l’energia può essere considerata immagazzinata nel corpo stesso. Si può ritenere cioè che il lavoro ΔL speso dalla forza applicata Fest venga immagazzinato
nel corpo sotto forma di energia potenziale U . In sintesi per energia potenziale si intende sempre la capacità di un
sistema di compiere del lavoro in conseguenza di spostamenti di posizione delle parti che lo compongono contrastando le forze che lo tengono unito.
La conservazione dell’energia
Verificata la possibilità di convertire l’energia potenziale in energia cinetica e viceversa si può definire il concetto
di energia totale di un sistema: E = Ec + U.
In assenza di forze esterne che compiono lavoro sul sistema, la somma dell’energia cinetica e di quella potenziale,
cioè l’energia meccanica totale E, in un sistema conservativo è costante.
Dalla figura sopra si evince che:
Quando il corpo è in A possiede solo energia potenziale E = U = Ph (dove P è il peso del corpo); mentre quando il
corpo è in B possiede sia energia cinetica sia energia potenziale.
1 2
2 gS
2 g h h' poiché S = h – h’; allora
E ' Ph'
mv ma v
2
1
E Ph'
m2 g (h h' ) Ph' mgh mgh' e poiché P = mg sarà E = Ph’ + Ph – Ph = Ph; dunque E = E’. Come
2
1 2
detto sopra quando il corpo raggiunge il terreno avrà solo energia cinetica E” = Ec E"
mv
mgh dove
2
1
v
2 gh e perciò E"
m2 gh mgh Ph dunque E” = E
2
L’esperimento di Galileo
In figura è riportato un curioso esperimento, che risale a Galileo. Si consideri un pendolo di massa m appeso nel
punto O di una parete per mezzo di un chiodo che possiamo considerare privo di attrito. Se si solleva il pendolo fino ad un’altezza y’ e poi lo si lascia libero, comincia ad oscillare, ma la sua oscillazione verso il basso viene contrastata da un secondo chiodo conficcato nel
punto P della stessa parete.
Si determina:
1. che altezza raggiunge il pendolo
dopo che la corda che lo sostiene è stata
fermata dal chiodo in P.
2. che altezza raggiungerebbe se il secondo chiodo invece che in P fosse in P’
3. che altezza raggiungerebbe se ci
fossero sia il chiodo in P sia quello in P’
La corda viene considerata in estensibile,
cioè tale che la tensione in essa non compie nessun lavoro.
Essendo l’energia potenziale del pendolo Ug = mgy, l’energia totale del sistema nei tre casi considerati è sempre E
= Ug = mgy’. Dato che, per il principio di conservazione dell’energia, in ogni momento deve essere Ec = E – Ug
0, inoltre il pendolo in tutti tre i casi si fermerà all’altezza y’ in corrispondenza della quale si ha Ec = 0 e E =
mgy’. I punti A, B, C indicati in figura rappresentano le posizioni che il pendolo raggiunge nel corso della sua oscillazione rispettivamente con il chiodo in P, con il chiodo P’ e con i due chiodi sia in P sia in P’. Determinata
l’altezza raggiunta, la parte restante della traiettoria si può determinare per mezzo di una semplice costruzione geometrica con riga e compasso.
PROVA DEL BINOCOLO “GENERAL HI T 23-41X100” CON VISIONE A 45°
di Andrea Berzuini
Ho da poco acquistato un grosso binocolo di produzione cinese che permette l’osservazione a 45°, quindi
abbastanza comodo per le osservazioni astronomiche.
Le caratteristiche tecniche sono di seguito riportate:
7
Ingrandimento
Diametro obiettivo mm
Pupilla d'uscita mm
Estrazione pupillare mm
Tipo di prismi
Messa a fuoco
Waterproof
Shockproof
Campo visivo gradi - mt.
Peso gr
23x - 41x
100
4,3 (a 23x) - 2,4 (a 41x)
20,5 (a 23x) - 14,5 (a 41x)
Bak4
Individuale
Si (con Azoto)
No
2,5° (mt. 44) a 23x - 1,5° (mt 26) a 41x
7800 ca.
Lunghezza max (con paraluce
470 ca.
retratti) mm
Larghezza max mm
250
Altezza mm
Trattamento lenti
Rivestimento esterno
Attacco per cavalletto
Colore
Accessori in dotazione
Fully Multi Coated (FMC)
Lega Verniciata
Si
Grigio
Due coppie di oculari (23x e 41x), Pregevole valigetta rigida in alluminio, Copriobiettivi, Cavalletto, Forcella
Dal 1984 possiedo un altro binocolo astronomico:un Konus 20x80, che mi ha dato molte soddisfazioni
agli inizi della mia attività di astrofilo; tuttavia il progetto ottico e la qualità delle lenti risultano superati
dalle nuove realizzazioni sia giapponesi che cinesi, e così ho deciso di sostituirlo e di rivolgermi ad un
modello con visione a 45° ad obbiettivi intercambiabili. La scelta del modello in questione è stata influenzata anche dalle positive recensioni che ne ha fatto Piergiovanni Salimbeni nel suo sito Binomania.
Lo strumento viene importato dalla General Hi T, ma è simile ad altri modelli proposti con altri marchi (
vedi Geoptik), e viene venduto assieme ad un cavalletto allungabile e ad una forcella in lega di alluminio,
con movimenti altazimutali molto fluidi e precisi. Gli oculari in dotazione
(due coppie) hanno uno schema ottico tipo reversed Kellner ed un diam. di 31.8mm. Possono quindi essere sostituiti con oculari di tipo astronomico di maggior pregio, per migliorare le performance del binocolo. Attualmente il mio set-up è quello di serie e, già così, lo strumento si è dimostrato in grado di dare buone
soddisfazioni. Ho cercato di provarlo anche in compagnia di amici astrofili per avere un giudizio più obiettivo possibile: l’occasione si è presentata sabato 29 dic.
2007 complice un cielo molto terso e pulito. Qualche
telefonata e poi l’appuntamento per le 17.30 nel piazzale dell’Osservatorio di Montereale.
Io sono arrivato abbastanza in anticipo, Dino Abate e
Stefano Zanut mi hanno raggiunto verso le 18.30.
Nell’oretta che ho passato da solo ho cercato di impratichirmi a brandeggiare lo strumento che, nonostante i prismi a
45°, richiede di alzare od abbassare il treppiedi in funzione
dell’altezza dell’osservatore e dell’oggetto inquadrato; successivamente l’utilizzo di uno sgabello con seduta variabile in altezza
permette di osservare in maniera riposante, con la possibilità di
prendere appunti o eseguire tranquillamente schizzi di quello che
si sta osservando.
Quando sono arrivati gli amici, sono stati montati anche altri
strumenti: il pregevole binocolo Miyauchi Exceed 20-30x77 di
Dino, il Vixen Astromarine 20x80di Stefano, ed il mio rifrattore
semiapo TeleVue Pronto 70mm f.6.8 con oculare da 2” da 15 x.
Abbiamo avuto modo di osservare moltissimi oggetti : Albireo
nel Cigno, M57 nella Lira, la cometa Holmes ormai evanescente
(si veda la foto sotto), il Doppio Ammasso di Perseo, M36-M37M38 nell’Auriga, M35 nei Gemelli, M1 nel Toro, M81 e M82 nell’Orsa Maggiore, M31 in Andromeda
8
con le sue galassie satelliti M32 e M110, M33 nel Triangolo , Le Pleiadi (M45), e per ultimo M 42 in Orione.
Le osservazioni con il Binocolo 23-41x100 eseguite sempre con gli oculari da 23x sono state davvero entusiasmanti, e su M42 montando gli oculari da 41x erano perfettamente visibili le 4 stelle del Trapezio.
Con gli altri strumenti utilizzati non è possibile fare un paragone, dal momento che sono troppo diverse le
caratteristiche tecniche fra gli stessi, ed anche la prova in fondo non è stata condotta in maniera maniacale
per sviscerare difetti tipo il coma o il cromatismo residuo, o la percentuale di campo corretto presenti in
ogni strumento: si sa che le prestazioni del 23-41x100 potranno essere migliorate cambiando gli oculari
(per inciso con gli oculari da 23 x le stelle sono piccole e puntiformi anche al bordo). Tra l’altro prove
condotte da Salimbeni con oculari astronomici più performanti, non forniti con il binocolo, pongono il
GENERAL HI T alla pari con il Miyauchi 100mm.
Il breve test è stato comunque positivo, dal momento che si è avuta in tutti e tre la sensazione di utilizzare
uno strumento otticamente molto valido.
E’ stato molto piacevole aver tra le mani questo binocolo di grossa apertura, e dedicarsi alla sola osservazione visuale, dove la conoscenza del cielo rivela la competenza dell’astrofilo.
Tra l’altro lo strumento non dispone ancora di un cercatore e solo con la bravura di Dino e Stefano sono
riuscito ad inquadrare ed osservare tutti gli oggetti elencati.
Riporto a lato la foto della cometa Holmes, ripresa da Dino il 28 dicembre da
Tiezzo, utilizzando la digicam Canon
EOS 300D e il rifrattorino acromatico
MiniBorg 60 con riduttore / spianatore
0.85X (focale circa 270 mm). Questa immagine rende abbastanza bene l’idea di
ciò che siamo riusciti a vedere quella sera,
con il “binocolone” da 100 mm!
Alle 20, 30, un po’ la fame ma soprattutto
il freddo pungente, ci hanno convinti a
terminare le osservazioni e a chiudere in
bellezza (da astrofili visualisti) questo
2007.
Una ultima considerazione personale:
Mi sembra che queste uscite non programmate, ma improvvisate, proposte all’ultimo momento fiutando le condizioni meteo, siano molto appaganti e che svelino l’essenza dell’essere astrofilo: condividere una passione con gli amici…….
LA PRECESSIONE
Giampaolo Carrozzi
Tanto per rinfrescare un po’ le idee richiamiamo alcun nozioni per capire meglio il significato del termine
precessione tanto usato in astronomia.
Sono due i fenomeni ben distinti definiti con il termine precessione e che non debbono essere confusi, in
quanto originati da cause differenti e producenti effetti altrettanto differenti :
1. PRECESSIONE DEGLI EQUINOZI
2. PRECESSIONE DEL PERIELIO
PRECESSIONE DEGLI EQUINOZI
A causa della forma leggermente schiacciata della Terra, l’attrazione del Sole e della Luna imprimono al
globo terrestre un lentissimo moto, simile a quello dell’asse di una trottola, per cui l’asse di rotazione
descrive un cono di 23° 26’ di ampiezza con un periodo di 25.000 anni. In conseguenza di questo moto i
9
poli celesti cambiano di posizione descrivendo nel cielo un cerchio di 23° 26’ attorno ai punti che stanno
a 90° sull’eclittica e che si trovano nella costellazione del Drago nell’emisfero boreale e nella costellazione del Dorado in quello australe. 12.000 anni fa la stella più vicina al polo nord era Vega: la polare di
allora e che tornerà ad esserlo tra 13.000 anni. Un’altra conseguenza di questo moto è che insieme all’asse
di rotazione si sposterà anche l’equatore. Ne segue che si sposteranno pure le intersezioni dell’equatore
celeste con l’eclittica. Si sposterà perciò anche il punto di riferimento fondamentale celeste: il punto di
Ariete, per cui cambierà anche la posizione dell’equinozio di primavera e, naturalmente anche l’altro equinozio ed i solstizi. Tra l’altro, ogni anno, anticipando l’equinozio di primavera (di poco appena 20
minuti) la terra deve compiere un po’ meno di una rivoluzione (anno siderale = 365 giorni, 6 ore, 9 minuti
e 9,5 secondi) per tornare nella posizione equinoziale. Il tempo intercorrente fra due ritorni successivi
all’equinozio di primavera si chiama invece «anno tropico» e vale 365 giorni, 5 ore, 48 minuti e 45,2 secondi: l’anno tropico è 20 minuti e 24 secondi più corto di quello siderale.
Durata delle stagioni
In figura l’eccentricità dell’orbita della Terra è esagerata ma le posizioni dei punti equinoziali e solstiziali
rispetto alla linea degli absidi (la linea che congiunge l’asse maggiore dell’ellisse) sono quelle esatte. In
evidenza è la diversa durata delle stagioni. I quattro punti equinoziali e solstiziali, visti dal Sole, sono necessariamente a 90° uno dall’altro, ma gli archi orbitali che li congiungono sono di diversa lunghezza.
Quello invernale (Si, Ep) è il più corto ed è anche quello percorso con la maggiore velocità: per questo la
stagione invernale è la più corta. L’estate, per opposte circostanze, è la più lunga. Siccome la linea degli
equinozi si sposta «indietro», e cioè in senso opposto al moto della Terra di 50”,3 ogni anno e l’asse
maggiore si sposta in «avanti» di 11”,6 ogni anno, il perielio si sta allontanando ogni anno di 61”,9
dall’equinozio di primavera e cioè di circa 1° ogni 60 anni. La durata delle stagioni col passare dei millenni varia sensibilmente.
PRECESSIONE DEL PERIELIO
In astronomia viene chiamato precessione del perielio il fenomeno per cui, per effetto delle interazioni gravitazionali tra i
pianeti del sistema solare, le loro orbite non sono ellissi fisse e
immutabili, come prevederebbero le leggi di Keplero, ma
cambiano lentamente forma, in particolare l'asse dell'ellisse
ruota lungo il piano dell'orbita così che la posizione del perielio si sposta gradualmente. La precessione del perielio è maggiore per i pianeti più interni, in particolare si osserva per
Mercurio. La precessione del perielio di Venere è difficile da
misurare in quanto l'eccentricità della sua orbita è molto bassa.
Urbain Le Verrier, per primo, scoprì che questo pianeta avanza
più velocemente di quello che prevede la teoria stessa: dalle
osservazioni infatti è risultato che la longitudine del perielio, cioè la somma della longitudine del nodo
ascendente e l'argomento del perielio, aumenta di 574" (secondi d'arco) ogni secolo. Il dato previsto teoricamente tenendo conto dell'interazione con gli altri pianeti è invece di 531"/secolo, con uno scarto di
42”,6. Il fenomeno è previsto dalla teoria della gravitazione universale di Isaac Newton.
Nella meccanica newtoniana, una massa M (es. quella del Sole) crea nello spazio un "campo" che agisce
su un'altra massa m (es. un pianeta). L'espressione quantitativa di questo effetto è molto semplice: si tratta
di una accelerazione diretta verso il Sole e di intensità pari a G
r è la distanza dal Sole (raggio vettore). In formula: a
G
m
, dove G è la costante di gravitazione e
r2
m
(Legge di Gravitazione di Newton)
r2
Nel 1919 Albert Einstein annunciò che la sua teoria della relatività generale prevedeva una precessione
del perielio dei pianeti anche in assenza di interazione tra di essi (mentre la meccanica classica prevede in
tal caso che l'orbita sia un'ellisse fissa e immutabile), e che l'entità di questa precessione per Mercurio
corrispondeva allo scarto osservato.
Nella meccanica relativistica, la massa M distorce lo spazio-tempo, ed è lo spazio-tempo che dice ad
un'altra massa m come muoversi (dicendole di muoversi lungo quello che, nello spazio-tempo, è il percorso più corto, ovvero una "geodetica"). L'espressione quantitativa di questo effetto, se la massa M non è
troppo grossa e le velocità non sono troppo alte rispetto a c (la velocità della luce), essa può ridursi ad una
forma approssimata abbastanza semplice.
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Il valore dell'avanzamento previsto da Einstein è:
R
3n 3a 2
t
2
c2 1 e
ΔπR = valore dell'avanzamento del perielio dato dalla relatività generale, da sommare a quello previsto
dalle perturbazioni newtoniane
n = moto medio del pianeta
a = semiasse della sua orbita
e = eccentricità
t = tempo
c = velocità della luce nel vuoto.
Dunque il termine correttivo viene introdotto per un corpo celeste in movimento; la correzione riguarda il
cubo del rapporto fra velocità del corpo e la velocità della luce, quindi i valori saranno apprezzabili solo
quando la velocità del corpo sarà elevata; ora fra tutti i pianeti Mercurio è quello che ha la velocità maggiore e quindi risulta quello dove è stata riscontrata l'anomalia.
La precessione del perielio di Mercurio viene perciò considerata la prima conferma sperimentale della
teoria della relatività generale.
Quindi in sintesi:
la legge di Newton dell' "inverso del quadrato" implica che nel caso di due corpi (Sole + pianeta), l'orbita
sia una ellisse (quindi una curva chiusa su se stessa) di cui il Sole occupa un fuoco.
Qualsiasi modificazione di questa legge (inclusa quindi quella sopra riportata) ha come conseguenza che
l'orbita sia una curva "aperta", ovvero al termine di un giro non si richiuda su sé stessa ma finisca "un po'
più in là". Ciò si traduce in pratica in una sorta di rotazione (più o meno lenta a seconda dei valori di M e
di r) della ellisse attorno al fuoco, che costituisce appunto la «precessione del perielio» dell'orbita.
Tutti i pianeti la manifestano, ma solo nel caso di Mercurio, che è il più vicino al Sole, essa è apprezzabile
e misurabile anche nell'arco di pochi anni (43"/secolo).
L’orbita newtoniana (in azzurro) è un’ellisse, cioè una linea chiusa.
L’orbita relativistica (in rosso) è invece una linea aperta, che può essere descritta partendo dall’ellisse
newtoniana il cui asse va ruotando mentre il pianeta lo percorre.
Il perielio 2 verrà quindi raggiunto poco dopo un giro completo dell’orbita.
LA NOSTRA STRUMENTAZIONE
A cura di Dino Abate
Strumento:
Produttore:
Diametro:
Focale:
Potere separatore:
Cercatore:
Messa a fuoco:
MEADE SCHMIDT NEWTON 8”
Riflettore catadiottrico Schmidt – Newton
Meade
200 mm
800 mm (F/4)
0.6 arcsec
6x30 mm
dispositivo a cremagliera diametro 2” con riduttore 1 ¼”
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Impressioni d’uso: strumento estremamente luminoso (F/4), espressamente dedicato per la ripresa digitale di oggetti deep sky. Come tutti gli strumenti catadiottrici a fuoco cortissimo, una corretta collimazione
delle ottiche è indispensabile per il suo corretto funzionamento. Si riportano alcune immagini digitali riprese lo scorso anno: dai tempi di posa, ci si rende immediatamente conto che lo strumento è molto “veloce”, complice la grande sensibilità della camera ccd DTA Discovery, e che il campo inquadrato è molto
esteso.
La galassia M 33, in Triangolo, posa di 120 s
La nebulosa M 42, in Orione, posa 60 s
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La cometa P17 Holmes, posa di 120 s, ripresa del 16/11/2007
La nebulosa Helix NGC 7293, in Acquario, posa di 120 s
In generale, il campo inquadrato (in primi d’arco), da un sensore di lato L (mm), collegato ad un’ottica di
focale F (mm), è dato dalla nota relazione
Campo (‘) = L(mm) x 3438 / F(mm)
Nel nostro caso, poiché L = 10.24 mm, F = 800 mm, si ha
Campo = 44’
ovvero praticamente una volta e mezza il diametro apparente della luna piena!
(D.A.)
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LA COMETA 17 P / HOLMES - I parte
di Dino Abate
Le immagini della cometa 17P / Holmes che seguono sono state ottenute con il ccd DTA Discovery 260
collegato al telescopio Meade Schmidt Newton 200 f4, dall’Osservatorio Astronomico “Montereale Valcellina”. Si tratta di una selezione di 7 immagini tra le 15 realizzate, tra il 1° e il 16 novembre 2007.
01/11/2007 ora T.U. 20:41 posa 5”
01/11/2007 ora T.U. 21:58 posa 20”
01/11/2007 ora T.U. 22:05 posa 120”
12/11/2007 ora T.U. 21:37 posa 10”
La cometa ha sorpreso la comunità scientifica mondiale per il suo repentino aumento di luminosità (outburst stimato di oltre un milione di volte!), per la notevole persistenza nel tempo della sua visibilità ad
occhio nudo (più di un mese) e per il suo lento moto apparente.
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12/11/2007 ora T.U. 21:56 posa 15”
16/11/2007 ora T.U. 21:10 posa 30”
16/11/2007 ora T.U. 21:23 posa 120”
A tutte le immagini è stato sottratto il dark frame.
Il campo inquadrato (in primi d’arco) è un quadrato di lato pari a 44’, cioè 2640 arcsec.
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ASSOCIAZIONE PORDENONESE DI ASTRONOMIA
Via della Croce
33086 MONTEREALE VALCELLINA PN
IL NOTIZIARIO VIVE
SOLO SE TUTTI I SOCI
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Direttore Osservatorio: Salamon Franco – Via Amman,14 33170 Pordenone – tel.349 1746003
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