Lezione Statica dei fluidi 1 Fluidi Risulta che in natura, e in condizioni ambientali non troppo lontane da quelle dell’esperienza umana, una sostanza macroscopica (per esempio, nei casi più semplici, un elemento chimico, o un composto caratterizzato da una precisa formula molecolare) può, a seconda del grado di aggregazione tra le particelle che lo compongono, trovarsi in tre stati di aggregazione: solido, liquido, gassoso. • Lo stato solido è caratterizzato dal fatto che una data porzione di sostanza ha una forma propria ed è assimilabile, in prima approssimazione, a un corpo rigido (naturalmente si tratta di una descrizione molto semplificata: un pezzo di materiale elastico come la gomma non è certo classificabile come rigido) in cui le distanze tra le varie parti (molecole) sono fissate. • Lo stato liquido è caratterizzato dall’avere volume proprio ma non forma propria (un litro d’acqua – a parità di condizioni ambientali come la temperatura, di cui parleremo in seguito – occupa sempre un volume di circa 1.0 × 10−3 m3 , indipendentemente dal fatto che sia contenuto in una bottiglia, in una pentola o in una vasca). In una descrizione microscopica semplificata, possiamo pensarlo formato da molecole “compattate”, cioè ciascuna a distanza fissata rispetto alle proprie immediate vicine, ma libere di “scorrere” le une sulle altre, come tante palline rigide contenute in un recipiente di lato molto più grande del loro raggio. • lo stato gassoso è caratterizzato dal fatto che una data porzione di sostanza non solo non ha forma propria, ma in generale occupa tutto il volume a sua disposizione. I fluidi comprendono sia i liquidi, sia i gas. I primi sono identificati in genere con i fluidi incomprimibili, ossia con fluidi la cui densità (massa per unità di volume) non solo è uniforme, ma non dipende o dipende solo debolmente dalle condizioni esterne (ad esempio dalla temperatura, come vedremo). I gas sono invece fluidi comprimibili : se infatti, come abbiamo visto, la stessa quantità di sostanza occupa volumi diversi a seconda del recipiente, la densità di un gas non può essere costante. Dal punto di vista microscopico, possiamo pensare al gas come formato da molecole “quasi libere” di muoversi nello spazio, pur urtandosi tra loro di tanto in tanto. La statica dei fluidi si occupa di sostanze allo stato fluido che dal punto di vista macroscopico sono in uno stato di quiete. Questo significa che ogni porzione (finita o infitesima dal punto di vista macroscopico, ma sempre molto grande 1 rispetto alle dimensioni dei costituenti microscipici) in cui si può idealmente suddividere il fluido risulta avere quantità di moto nulla e momento angolare nullo rispetto a qualunque polo. Figura 1: In un fluido in equilibrio statico gni piccola porzione del fluido (per esempio il cubetto in figura) risulta in quiete dal punto di vista macroscopico. Si può pensare a ciascuna piccola porzione di fluido considerata come delimitata da una superficie chiusa ideale, e dunque matematica, oppure fisica, per esempio costituita da una pellicola di materiale molto leggero. Il fluido è in equilibrio statico se ogni porzione cosı̀ individuata risulta in equilibrio statico, cioè nello stato di quiete, dal punto di vista macroscopico. Dal punto di vista microscopico, se non ci sono pareti divisorie, ci saranno scambi di molecole attraverso la superficie ideale che delimita ciascun volumetto, ma in ogni istante si avrà che la quantità di moto totale e il momento angolare totale del volumetto sono nulli (microscopicamente potranno variare, ma in maniera non apprezzabile per gli strumenti di misura macroscopici). 2 Pressione Dal fatto che, per definizione, il fluido prende la forma del recipiente in cui è contenuto deduciamo che le pareti del recipiente esercitano una forza sul fluido stesso. In particolare, consideriamo una porzioncina infinitesima di parete, talmente piccola da poter essere considerata piana. Questa esercita sul fluido una forza (di reazione) che risulta perpendicolare alla parete stessa, e opposta alla forza che il fluido esercita su di essa, per la terza legge di Newton. La perpendicolarità esprime l’ipotesi di assenza di forze di taglio tra fluido e pareti (condizione che in genere non si verifica nella statica dei solidi o nella dinamica dei fluidi). Definiamo pressione esercitata da un fluido su una parete in un dato punto come il limite del rapporto tra la forza (perpendicolare) che il fluido esercita su una porzione infinitesima di parete attorno al punto dato e l’area della parete stessa, nel limite di area tendente a zero: p = lim dS→0 dF⊥ dS La pressione è in generale una funzione del punto (varia da un punto all’altro), e la forza totale agente su una superficie finita piana è data da 2 Z F⊥ = p dS dove l’integrale (bidimensionale) è la somma estesa su tutte le porzioncine in cui viene suddivisa la superficie, nel limite in cui il loro numero tende a infinito e l’area di ciascuna tende a zero. Se la pressione è uniforme, ossia non dipende dal punto, e la superficie è piana si ha naturalmente F⊥ = pS Si noti che se la superficie non è piana la relazione non vale più, in quanto i contributi alla forza totale hanno direzioni diverse. La forza su ciascun elementino di superficie è data da dF~ = p n̂dS dove n̂ è il versore perpendicolare all’elemento di superficie dS, e varia da punto a punto in caso di superficie curva. Sommando su tutti gli elementini della superficie considerata si ha Z F~ = p n̂dS In un fluido ha senso parlare di pressione in tutti i punti del volume occupato, non solo quelli a contatto con la parete. Considerando una porzione (per esempio cilindrica) di fluido con una base adiacente alla parete, abbiamo che la forza esercitata da quest’ultima deve essere equilibrata da una forza uguale e opposta, necessariamente dovuta all’azione del fluido sull’altra base del cilindro. S F = pS Figura 2: La forza di pressione esercitata dalla parete su una porzione cilindrica di fluido deve essere equilibrata da una forza esercitata dal fluido stesso sull’altra base del cilindro. L’unità di misura della pressione nel Sistema Internazionale è il pascal: (1Pa = 1N/m2 ) 2.1 Isotropia della pressione Dunque in un qualunque punto all’interno del volume occupato da un fluido esiste una pressione: il fluido esercita una forza su un qualunque elementino di 3 superficie idealmente o fisicamente presente in quel punto. La pressione è isotropa: l’intensità della forza esercitata sull’elementino di superficie non dipende cioè dall’orientazione di quest’ultimo. Questo permette di definire univocamente la pressione come grandezza scalare, in generale funzione del punto. Per dimostrare l’isotropia consideriamo l’equilibrio di un volumetto infinitesimo di fluido a forma di prisma avente come base un triangolo rettangolo, in modo da avere un elemento di superficie rettangolare – quello corrispondente all’ipotenusa – con orientazione qualunque, e le due facce corrispondenti ai cateti dirette lungo il piano orizzontale e verticale. Chiamiamo dx, dy le dimensioni della faccia orizzontale e dz l’altezza di quella verticale, come mostrato in figura, e α l’angolo tra la faccia obliqua e il piano orizzontale. ! F3 ! F2 dz dy dx ! F1 Figura 3: Equilibrio delle forze di pressione agenti su una porzione di fluido a forma di prisma triangolare. Se l’elementino è in equilibrio la forza esterna totale deve essere nulla, in particolare nel piano (x, z): se non ci sono forze esterne e sulle facce laterali del prisma i tre vettori F~1 , F~2 , F~3 perpendicolari alle tre facce laterali del prisma devono avere somma nulla, come mostrato in figura. In particolare, scomponendo lungo x e lungo z |F~2 | = |F~1 | = |F~3 | sin α |F~3 | cos α (1) (2) Le aree delle tre facce laterali del prisma valgono rispettivamente S1 = dy dz (3) S2 = dx dy dy dz dx dy S3 = = sin α cos α Dividendo la 1 per dy dz e la 2 per dx dy otteniamo |F~2 | S2 |F~1 | S1 = = 4 |F~3 | S3 |F~3 | S3 (4) (5) (6) (7) cioè p1 = p2 = p3 La pressione, definita come forza perpendicolare per unità di superficie, agente sulle facce orizzontale e verticale è uguale a quella agente sulla faccia obliqua, indipendentemente dalla sua orientazione. Pressione atmosferica Anche l’atmosfera terrestre ha una pressione, che varia a seconda dell’altitudine e delle condizioni meteorologiche. A livello del mare vale in media circa 105 Pa. Per questo si introduce l’unità di misura atmosfera, utile in molti casi pratici (1 atm ≈ 1.013 × 105 Pa). 2.2 Pressione di un fluido soggetto a forze esterne Consideriamo una porzione di fluido in equilibrio, individuata dal parallelepipedo infinitesimo di lati dx, dy, dz e centrato in un punto dato di coordinate (x0 , y0 , z0 ). L’equilibrio del cubetto implica che la forza totale agente su di esso è nulla. ! dz F3 = p(z + )dxdy 2 dz dz ! (dm)g dy dy dx dx ! dz F1 = p(z − )dxdy 2 Figura 4: Equilibrio delle forze verticali agenti su una porzione di fluido a forma di parallelepipedo in presenza di gravità. Se l’unica forza esterna agente sul fluido è (come nella maggior parte dei casi considerati) la gravità, l’equilibrio lungo l’asse verticale z coinvolge la forza peso e le forze di pressione sulla faccia superiore e inferiore del parallelepipedo: pinf dS − (dm)g − psup dS = 0 dove pinf e psup sono i valori della pressione calcolata al centro della faccia inferiore e superiore del parallelepipedo, dS = dx dy è la superficie infinitesima delle facce e dm = ρdx dy dz è la massa del volumetto di liquido se ρ (che in 5 generale può variare da un punto all’altro e quindi essere essa stessa una funzione di x, y, z) è la densità. Sostituendo i valori di dS e dm troviamo pinf dx dy − psup dx dy = gρ dx dy dz (8) cioè, semplificando dx dy, pinf − psup = gρ dz (9) Le pressioni sulle due facce orizzontali del volumetto non possono essere rigorosamente uguali, anche se lo diventano nel limite dz → 0. La pressione in presenza di gravità sarà quindi una funzione della coordinata z: una funzione continua ma diversa dalla funzione costante. Notiamo che, come si deduce sempre da questo procedimento, la pressione è una funzione continua anche se si è in presenza di un volume occupato da due fluidi non miscibili (acqua e olio, olio e mercurio, acqua e aria). Nel caso liquido/gas, poiché la densità dei gas è normalmente molto inferiore a quella dei liquidi (un fattore circa 1000 nel caso aria-acqua), la forza di gravità non ha effetti apprezzabili sulla pressione del gas date le differenze di quota in considerate nel problema, e quindi si può in generale considerare costante. Questo implica che la superficie di separazione gas-liquido deve trovarsi tutta alla pressione p0 del gas (per esempio la pressione atmosferica), e quindi, per continuità, la pressione all’interno del liquido deve essere una funzione che sulla superficie assume il valore P0 : la superficie di separazione deve essere in altre parole una superficie isobarica (a pressione costante). Tornando all’equilibrio del cubetto di fluido, se indichiamo la funzione cercata come p(z), la pressione sulla faccia inferiore sarà espressa come pinf = dz p(z0 − dz 2 ), mentre quella sulla faccia superiore è psup = p(z0 + 2 ) Per dz → 0 possiamo scrivere (per la definizione di derivata, o se si preferisce facendo uno sviluppo di Taylor al primo ordine) p(z0 + dz dp dz ) ≈ p(z0 ) + 2 dz 2 p(z0 − dz dp dz ) ≈ p(z0 ) − 2 dz 2 dove la derivata dp dz è calcolata nel punto z0 . Sostituendo troviamo − dp dz dp dz − = ρg dz dz 2 dz 2 (10) cioè dp = −ρg dz (11) Nel caso di un fluido incomprimibile a densità costante otteniamo immediatamente come corollario la 6 Legge di Stevino p(z1 ) − p(z2 ) = ρg(z2 − z1 ) (12) La differenza di pressione in un fluido incomprimibile in presenza di gravità è proporzionale alla differenza di quota (coordinata z). Talvolta la legge è espressa come ∆p = ρg∆h dove h misura la profondità anziché la quota (e quindi ∆h = −∆z). Un secondo corollario è il Principio dei vasi comunicanti : Una porzione di liquido in equilibrio statico in presenza di gravità e di pressione esterna costante (per esempio atmosferica) si sistema in modo che la superficie libera del liquido sia una superficie a pressione costante (quella atmosferica nel caso considerato). Poiché la pressione del liquido dipende linearmente da z, la superficie libera sarà un piano a z costante, indipendentemente dalla forma del recipiente (che deve essere aperto, per garantire che all’esterno la pressione sia quella atmosferica): è il principio dei vasi comunicanti. • Esempio: Barometro di Torricelli Il barometro di Torricelli è un tubo di vetro chiuso a un’estremità riempito di mercurio liquido e quindi rovesciato in una bacinella contenente altro mercurio, a contatto con l’aria. Si osserva che il mercurio contenuto nel tubo scende fino a un’altezza hatm rispetto alla superficie esposta all’aria indipendente dalla sezione del tubo stesso (circa 760 mm in condizioni normali al livello del mare). Dalla legge di Stevino sappiamo che la pressione deve essere la stessa in tutti i punti del mercurio che si trovano alla stessa altezza z dal suolo. All’altezza della superficie esterna del liquido la pressione è quella atmosferica. Alla stessa altezza, all’interno del tubo, la 7 pressione del liquido è data da gρHg hatm (dato che al di sopra del mercurio nel tubo c’è in prima approssimazione il vuoto, a p = 0. Dunque patm = gρHg hatm Il valore di hatm è qundi una misura della pressione atmosferica e, in effetti il mmHg può essere usato come unità di misura della pressione (per esempio in medicina, nelle misurazioni della pressione arteriosa – in realtà la differenza tra la pressione del sangue nelle arterie e quella atmosferica). • Esempio: Variazione della pressione in funzione della quota in un gas perfetto a temperatura costante. In un gas perfetto, come vedremo in seguito, a temperatura fissata la densità è proporzionale alla pressione: ρ= mp mn = V RT dove m è la massa molare, n il numero di moli, T la temperatura, R la costante universale dei gas. Se il gas è in presenza di gravità e a temperatura definita, la 11 si scrive dp mg =− p dz RT che ha come soluzione mg p(z) = p(0)e− RT z ossia una dipendenza esponenziale decrescente della pressione in funzione dell’altitudine. Notiamo che per z RT mg l’esponente è piccolo rispetto a 1, e possiamo sviluppare l’esponenziale al prim’ordine (ex ≈ 1 + x): p(z) ≈ p(0)(1 − mg mgp(0) z) = p(0) − z = p(0) − gρ(0)z RT RT e ritroviamo la legge di Stevino. Nel caso dell’atmosfera al livello del mare in condizioni standard la densità vale ρ(0) ≈ 1, 2kg/m3 , e dunque gρ(0) ≈ 12Pa/m, mentre p0 ≈ 105 Pa: per avere variazioni di pressione ∆p/p(0) ≈ 1% si deve avere ∆z ≈ 80m. Approfondimento* 1 1 I paragrafi o gli esempi contrassegnati da uno o più asterischi (in base al grado di difficoltà) sono approfondimenti destinati a chi ha già una certa familiarità con la matematica 8 In un caso più generale, applicando il procedimento dell’equilibrio del volumetto alle tre coppie di facce parallele, si ottiene ∂p ∂x ∂p ∂y ∂p ∂z = fx (13) = fy (14) = fz (15) dove il vettore f~ è la forza per unità di volume, tale cioè che la forza agente sul volumetto sia dF~ = f~dV = f~ dx dy dz. Se la forza è conservativa, la si può scrivere come gradiente di un’energia potenziale (sempre per unità di volume) ~ f~ = −∇u da cui ~ = −∇u ~ ∇p ossia ∂p ∂x ∂p ∂y ∂p ∂z ∂u ∂x ∂u = − ∂y ∂u = − ∂z = − (16) (17) (18) ∂p dove, ricordiamo, il simbolo ∂x indica la derivata parziale di una funzione di più variabili rispetto alla coordinata x, ottenuta come limite del rapporto incrementale variando solo la coordinata in questione e lasciando fisse le altre: p(x + ∆x, y, z) − p(x, y, z) ∂p ≡ lim ∂x δx→0 ∆x Le funzioni p(x, y, z) e −u(x, y, z) hanno le stesse derivate parziali rispetto a tutte le coordinate, e dunque differiscono al più per una costante (è un’affermazione vera per le funzioni di una variabile, e facilmente estendibile al caso di più variabili). Questo implica che i luoghi di punti (superfici) a pressione costante sono anche i luoghi di punti a u (energia potenziale per unità di volume) costante: si tratta di un risultato interessante perché permette di trovare l’equazione della superficie esterna di un fluido in presenza di forze esterne. • Esempio*: Come si dispone la superficie di un liquido in equilibrio in un ~ = Ax̂? vagone accelerato con accelerazione orizzontale costante A Soluzione: Nel sistema accelerato ogni elemento di fluido di massa ρdV è soggetto alla forza di gravità −ρdV g ẑ e alla forza apparente F~a = ~ = −ρdV Ax̂. La forza è conservativa e deriva da un’energia po−dmA tenziale U = ρdV (gz + Ax) 9 come si può verificare calcolando le derivate (parziali) di U rispetto alle coordinate z e x, che danno rispettivamente le componenti (cambiate di segno) della forza lungo z e lungo x. L’energia potenziale per unità di volume del fluido è u = ρ(gz + Ax) La superficie libera del liquido, quella a contatto con l’aria, sarà una superficie a u costante, tale che gz + Ax = C ! A ! −A ! g ! g ~ la superficie Figura 5: In un sistema accelerato con accelerazione uniforme A libera del fluido si dispone perpendicolarmente alla “gravità efficace” che tiene conto della forza apparente. Si tratta di un piano inclinato la cui proiezione nel piano (x, z) è la retta di equazione A C z =− x+ g g Il liquido si dispone insomma perpendicolarmente al vettore di “gravità efficace” ~geff ≡ −gẑ − Ax̂. • Esempio**: Come si dispone la superficie di un liquido in equilibrio in un recipiente cilindrico rotante con velocità angolare costante ω? Soluzione: Nel sistema rotente ogni elemento di fluido di massa ρdV è soggetto alla forza di gravità −ρdV g ẑ e alla forza apparente centrifuga F~C = ρdV ω 2~r, dove ~r è la proiezione del vettore posizione sul piano (x, y). In componenti Fz = −ρdV gz 10 Fx = ρdV ω 2 x Fy = ρdV ω 2 y La forza è conservativa e deriva da un’energia potenziale 1 U = ρdV gz − ρdV ω 2 (x2 + y 2 ) 2 come si può verificare calcolando le derivate (parziali) di U rispetto alle coordinate z, x e y. L’energia potenziale per unità di volume del fluido è 1 u = ρgz − ρ ω 2 (x2 + y 2 ) 2 La superficie libera del liquido, quella a contatto con l’aria, sarà una superficie a u costante, tale che 1 gz − ω 2 (x2 + y 2 ) = C 2 Si tratta di un paraboloide di rotazione la cui sezione nel piano y = 0 è la parabola di equazione z= ω2 2 C x + 2g g Principio di Pascal Un corollario dell’equazione 11 (e più in generale delle 13–15), che fissano le derivate della funzione p(x, y, z) in base alle forze esterne è il cosiddetto principio di Pascal: Una variazione della pressione di un fluido in un punto si trasmentte invariata a tutti i gli altri punti. Questo perché, fissate le forze esterne (per esempio la gravità) agenti sui punti interni al fluido, le funzioni possibili p(x, y, z) possono differire l’una dall’altra al più per una costante. • Esempio: Leva idraulica Supponiamo di avere due cilindri di sezione diversa S1 e S2 , riempiti con lo stesso fluido incomprimibile, collegati tra loro da un tubicino orizzontale, e chiusi all’estremità superiore da pistoni mobili di massa m1 e m2 . Su ciascuno dei due pistoni agisce la forza peso, la pressione atmosferica e la pressione del liquido a contatto col pistone. Imponendo l’equilibrio statico abbiamo m1 g + patm S1 = p1 S1 m2 g + patm S2 = p2 S2 11 S1 cioè h1 h2 S2 m1 g + patm S1 m2 g p2 = + patm S2 p1 = Se il tubicino di raccordo è orizzontale la pressione del fluido (che dipende solo dalla quota z in presenza di gravità) deve essere la stessa ai due lati del tubicino. Chiamandola p0 , abbiamo, per la legge di Stevino p1 = p0 − ρgh1 p2 = p0 − ρgh2 dove h1 e h2 sono le differenze di quota tra i pistoni e il tubicino nei due casi. Sostituendo nelle equazioni dell’equilibrio dei pistoni otteniamo m2 g m1 g + ρgh1 = + ρgh2 S1 S2 (19) (Notiamo che se le masse dei pistoni sono trascurabili, otteniamo che il liquido deve trovarsi alla stessa altezza nei due cilindri e ritroviamo il principio dei vasi comunicanti.) Se ora appoggiamo un mattone di massa M sul pistone S2 , quale forza aggiuntiva F dobbiamo applicare perpendicolarmente al pistone S1 per mantenere l’equilibrio? Le nuove equazioni di equilibrio sono m1 g + patm S1 + F = p01 S1 m2 g + M g + patm S2 = p02 S2 cioè p01 = m1 g F + patm + S1 S1 p02 = Mg m2 g + patm + S2 S2 12 Imponendo di nuovo l’uguaglianza della pressione ai lati del tubicino di raccordo otteniamo m1 g F m2 g Mg + ρgh1 + = + ρgh2 + S1 S1 S2 S2 da cui, sfruttando la 19 otteniamo ∆p1 ≡ p01 − p1 = Mg F = = p02 − p2 ≡ ∆p2 S1 S2 La variazione di pressione in corrispondenza dei due pistoni è uguale (principio di Pascal). Inoltre F = Mg S1 S2 Per equilibrare il peso sul pistone grande basta una forza piccola, e il fattore di scala è dato dal rapporto tra le superfici dei pistoni (è il principio della leva idraulica). L’apparente controintuitività del risultato (per sollevare un grande peso basta una piccola forza applicata a un piccolo pistone) è mitigata se si prende in considerazione il punto di vista energetico: Supponiamo infatti che il pistone S2 sollevi la massa M di un tratto infinitesimo dz: il lavoro compiuto dal pistone contro la forza di gravità sarà pari a dW1 = M g dz2 . Il lavoro compiuto dalla forza F vale invece dW2 = F |∆z1 |. Poiché il fluido è incomprimibile le variazioni di volume nei due cilindri devono essere uguali in valore assoluto. Dunque S1 |dz1 | = S2 |dz2 |, da cui otteniamo W1 = W2 : la forza per sollevare la massa pesante può essere resa piccola, ma deve agire per un tratto più lungo, in maniera da mantenere costante il prodotto forza×spostamento. 2.3 Principio di Archimede Il principio di Archimede afferma notoriamente che Un corpo immerso in un fluido riceve una spinta verso l’alto uguale al peso del volume di fluido spostato. La forza che il fluido esercita su un corpo completamente immerso è data dalla somma (= integrale) delle forze di pressione su tutta la superficie del corpo, che è una superficie chiusa (ricordiamo che su ogni elemento di superficie il fluido esercita una forza perpendicolare alla superficie stessa). Il risultato si può ottenere integrando le equazioni derivanti dall’equilibrio sull’elementino di volume del fluido, ma anche con un ragionamento molto più immediato, che non necessita di calcoli formali. Consideriamo infatti il volume di fluido racchiuso idealmente da una superficie chiusa uguale a quella che delimita il corpo immerso. Tale porzione di fluido sarà in equilibrio (siamo nell’ipotesi di condizioni di fluido statico), e dunque il 13 suo peso sarà equilibrato dalle forze di pressione, indicate schematicamente in figura dalle frecce dirette perpendicolarmente alla superficie. La somma di tali forze darà quindi una risultante opposta al peso del volume di fluido contenuto nella superficie considerata. Se ora sostituiamo il fluido con un altro corpo avente la stessa superficie, le forze di pressione rimarranno le stesse di prima, e continueranno a dare come risultante l’opposto del peso del fluido “spostato”. La dimostrazione, che è rigorosa, vale anche se il corpo è solo parzialmente immerso (basta dividerlo idealmente in due parti: una immersa e una emersa e ripetere il ragionamento su ciascuna delle due porzioni). Se il corpo immerso ha una densità inferiore a quella del liquido in cui è immerso la spinta di Archimede sarà maggiore del suo peso, e il corpo totalmente immerso non sarà in equilibrio: il corpo subisce una forza netta verso l’alto (un tappo di sughero nell’acqua, o un palloncino pieno di elio nell’aria) fino a quando una porzione emerge (galleggiamento) o fino a quando la densità del fluido e quella del corpo sono uguali (nel caso del palloncino). Nel caso del galleggiamento la porzione di corpo immersa sarà tale che forza di Archimede e peso totale del corpo si equilibrino: gρcorpo Vcorpo = gρH2 O Vimm da cui si ricava la frazione volumica immersa Vimm ρcorpo = Vcorpo ρH2 O 14