DB2POM...............07.10.2010.............20:58:34...............FOTOC24 VIE FESTIVAL GAZZETTA Quello che prende il via stasera è un teatro che gioca con le immagini: la loro apparenza e assenza, l’oblio, la negazione, e il tornare sempre presenti in quel luogo di visione privilegiata che è il palcoscenico. Le figure e i suoni di un tempo ormai scomparso scaturiscono da memorie distinte e tentano un ritorno alla vita seppur effimera del teatro. A metterle in gioco, però, sono due artisti, Massimo Furlan e Daniel Linehan, le cui sensibilità sembrano differenziarsi tanto nella formazione personale, quanto nello stile delle opere. Furlan, svizzero nato da genitori Massimo Furlan in “1973” VENERDI’ 8 OTTOBRE 2010 Le immagini giocano sul palcoscenico Furlan e Linehan, tra memoria e “montaggio” italiani nella metà degli anni sessanta, inizia a lavorare sul concetto di memoria appena conclusi gli studi alla Scuola di Belle Arti di Losanna. Parte dai ricordi collettivi di una generazione, la sua, dalla quale trae icone, immagini, su cui lavorare per sottrazione: le rivisita condensando l’evocatività in un’azione emblematica, un gesto semplice il quale, oltre a segnare la distanza dall’originale attraverso il grottesco, lascia allo spettatore la libertà di costruire la sua storia. Così in “1973”, che oggi alle 20 e domani alle 18 aprirà il Teatro Fabbri di Vignola, da poco riedificato e donato dalla famiglia Fabbri alla comunità, il regista svizzero porta in scena personag- gi suscitati dal ricordo del concorso televisivo “Eurovision de la Chanson”: caricature enigmatiche, kitsch, tornano in vita per una notte onirica, irreale. Al contrario, Daniel Linehan, che prima di trasferirsi al P.A.R.T.S. di Bruxelles ha lavorato negli Stati Uniti, riflette soprattutto sull’assenza, sul darsi nella negazione dei significati, Al Teatro Comunale debutta “La vie est un rêve” di Calderòn de la Barca L’uomo tra realtà e illusione Galin Stoev dirige una coproduzione europea per il progetto “Prospero” “La vita è sogno”, l’opera più celebre di Pedro Calderon de la Barca, è il primo dei due titoli presentati a Vie nell’ambito del progetto “Prospero”, rete di produzione e diffusione che unisce sei importanti istituzioni teatrali europee. Lo spettacolo, in francese con sottotitoli in italiano, arriva questa sera al Teatro Comunale Luciano Pavarotti (alle 20) a pochi giorni dal debutto di Liegi, interpretato dagli attori del Théàtre de la Place, uno dei partner del progetto, diretti dal regista bulgaro Galin Stoev. Diplomato all’Accademia Nazionale di Cinema e Teatro di Sofia, fin dal 1991 Stoev ha diretto molti spettacoli per il Teatro Nazionale del suo paese. Dopo periodi di studio in Germania e Inghilterra, dove è stato assistente di Peter Sellars, si è stabilito in Belgio fondando la compagnia Fingerprint, formata da attori belgi, svizzeri e francesi. Rivelatosi alla critica internazionale al fe- Lo spettacolo che aprirà il festival al Teatro Storchi Il legame tra noi e l’altro nel “soggiorno vivo” di Richards Rendere vivo ciò che non lo è. Dare valore a ciò che valore non ha, armonizzando la propria vita in sintonia col mondo e arricchendo la stessa realtà quotidiana. Da qui parte “The Living Room” del Workcenter of Jerzy Grotowski and Thomas Richards, svolto nell’ambito della ricerca sistematica sull’arte performativa del maestro polacco. Arrivato nel 1986 a Pontedera, Grotowski ha fondato il Workcenter e ha chiamato Richards come collaboratore, abbandonando la realizzazione di spettacoli a favore di una ricerca sulla figura stessa dell’attore. A 11 anni dalla morte di Grotowski, Ri- chards, direttore del Focused Research Team in Art, continua questa ricerca insieme a Mario Biagini, responsabile del gruppo Open Program. Il regista statunitense porta in scena “The Living Room” che aprirà questa il festival alle 17 al Teatro Storchi, replica domani alle 14.30 e domenica alle 12 (prenotazione obbligatoria). All’interno di un normale soggiorno che può rivelare mille sfaccettature, l’individuo si pone domande su se stesso e su come relazionarsi con gli altri. Poi Workcenter il prossimo week-end proporrà’’Electric Party Song’’. Ilaria de Lillo Galin Stoev in «La vie est un rève» in scena al Teatro Comunale stival di Avignone del 2007 con lo spettacolo “Genèse n. 2”, tratto da un testo del drammaturgo russo Ivan Vyrypaev, è approdato recentemente alla prestigiosa Comédie Frañaise, per la quale ha diretto tra l’altro “La festa”, del siciliano Spiro Scimone. Continua nel contempo a lavorare anche nel suo Paese, dove collabora regolarmente con la giovane autrice Yana Borissova. Se finora ha privilegiato autori contemporanei, con “La vie est un rêve” Stoev si confronta per la prima volta con uno dei testi più rappresentativi del teatro barocco spagnolo. Come già il testo originale, la messa in scena non ha una caratterizzazione spazio temporale precisa: «Calderòn ha am- bientato la storia in un’epoca fiabesca, in una Polonia che non corrispondeva a un luogo reale ma rappresentava un generico altrove esotico - spiega il regista, che aggiunge - quello che più mi ha interessato di questo testo è il tema della percezione dell’irreale come reale, che mi sembra molto attuale. Penso per esempio alla crisi finanziaria scoppiata nel 2009 e causata dal fatto che gli speculatori hanno fatto delle operazioni con del denaro virtuale, causando però degli effetti reali e purtroppo catastrofici. Mi affascina che un testo classico possa parlare dell’oggi, unendo epoche così diverse». Si replica domani alle 17.30 e lunedì alle 15. Vega Partesotti Identità a confronto sul Molo Ovest Importante prova registica per il giovane Rachid Zanouda da oggi al Teatro delle Passioni con “Quai Ouest” di Koltès Immigrazione. L’argomento scotta sui media e sulla pelle di chi vive il ruolo del migrante. Chi è lo sconosciuto che arriva, lo straniero che porta con sé abitudini e culture così distinte dalle nostre? Può starmi vicino o è bene mantenere le distanze? L’interrogativo è oggi ardente per l’Italia e l’Europa, ma si tratta di una questione che precede di parecchio tempo la nostra cronaca, e che il teatro non si stanca di indagare. Era il 1985 quando Bernard-Marie Koltès, drammaturgo francese prematuramente scomparso, scriveva “Quai Ouest” raccontando l’incontro tra Maurice, uomo d’affari determinato al suicidio, e Abad, un giovane figlio di immigrati africani. Sulle rive di un fiume, Abad ripesca il corpo di Maurice, salvandogli la vita, intrec- ciando la sua biografia di immigrato senza permesso a quella dell’uomo benestante e scontento. Le differenze tra i due saltano agli occhi, insieme alle contraddizioni di una società che si dice accogliente ma respinge, e anche quando apre le porte al nuovo subito gli pone limiti, vincoli, burocrazie punitive. Rachid Zanouda, giovane regista della Scuola di Teatro Bretone, arriva a Vie grazie al progetto “Prospero”, e sul palco del Teatro delle Passioni presenta in prima nazionale da stasera (alle 23) fino a lunedì una personale traduzione del testo di Koltès, collocando i suoi attori al centro di un labirinto di caos, segni stranianti e vicoli ciechi, riflesso di una società sempre più confusa sull’identità del prossimo. Serena Terranova 39 delle immagini passate e attuali. Qui l’assurdo tentativo di sostanziazione trae la sua origine nel “qui e ora” per realizzarsi in un “presente assoluto”: nella dimensione sospesa, nel tempo dilatato del teatro. Stasera, e in replica il 9 e 10 ottobre, Linehan presenta alla Galleria Civica di Modena’’Montage for Three’’ (alle 23), dove due attori donano il corpo a vivificare immagini in proiezione, e “Not About Everything” (alle 23.40), dove la fisicità estenuata dello stesso Linehan cerca di riscattare il senso che la voce narrante nega. Matteo Vallorani Oggi a San Damaso Ariette, racconto della vita di terra Teatro delle Ariette in “Racconto di Terra” a San Damaso Teatro e lavoro in campagna, un ambiente casalingo ricostruito in luoghi extra-teatrali, un privato che si fa pubblico. Sono questi gli ingredienti costitutivi del Teatro delle Ariette, che arriva a Vie con “Racconto di terra”, spettacolo creato per il festival in debutto questa sera alle 21 in un tendone circense a San Damaso. La terra e i suoi frutti si fanno testimoni e compagni di viaggio nelle vite di Paola Berselli e Stefano Pasquini, anime della compagnia. Un racconto di casa, di agricoltura, di vita che si fa arte in una confessione pubblica che punta all’incontro e alla condivisione con gli spettatori. Repliche domani, sabato e domenica. Alice Moro