02/11/2015 di LUIGI MANNINI L’urlo dei cassintegrati Fiat nell’album della toga mancata Arriva <<Populaj Kantoj>>, il quarto disco di Massimo Ferrante Tra le canzoni c’è anche quella scritta dalle mogli degli operai Da Joggi, piccolo paese della provincia di Cosenza, a Napoli dove avrebbe dovuto compiere il regolare percorso di studi prendendosi la benedetta laurea alla Facoltà di Giurisprudenza per ritornare in Calabria con un destino forse già scritto, da Azzeccagarbugli, tra codici, regolamenti e altre scartoffie. E invece la musica ci ha messo lo zampino. Quando si cresce ascoltando i grandi della musica popolare, Rosa Balistreri, Ciccio Busacca, Otello Profazio, o i cantautori che hanno fatto la storia della musica italiana, non è difficile immaginare che più che il diritto sarebbero state chitarra, concerti e note i suoi compagni di vita. Un percorso che si arricchisce di un’altra tappa, “Populaj Kantoj” il quarto disco della sua splenida carriera, pubblicato con Felmay. Massimo Ferrante ha partorito un disco abbondante, generoso in grado di saziare anche i consumatori di musica più ingordi. Un viaggio nella musica popolare del Sud in diciotto brani suddivisi in quattro sezioni geografiche: Calabria, Sicilia, Puglia e Campania. Un disco elegante dalla grafica ai contenuti. Oltre ai testi nei dialetti originali e in italiano, anche presentazioni dei brani, tradotte in inglese e in esperanto. “Perché noi continuiamo a sostenere che il popolo deve parlare con una sola lingua in modo da non creare prevaricazioni. Il disco è venuto alla luce grazie al contributo di tanti amici che hanno sostenuto il progetto attraverso il crowfunding. Devo ringraziare l’avvocato, ex musicista e mio amico Giovanni Maria Ricci per il suggerimento che si è rivelato un successo”. Il 13 novembre all’ex Asilo Filangieri di Napoli è prevista la presentazione ufficiale. Un evento nel quale sarai accompagnato da tanti musicisti, tra i più bravi nel panorama italiano, che hanno partecipato alla registrazione del disco. “Si, penso a Daniele Sepe, a Franco Sansalone, a Francesco Manna, a Lutte Berg, a Myriam Lattanzio che sono solo alcuni dei tanti amici che hanno impreziosito anche questo disco. Dentro troverete brani che invitano alla riflessione ed ad altri più leggeri. Melissa di Oreste Profazio racconta ad esempio l’occupazione delle terre nell’omonimo paese in Calabria nel 1949. Oppure Non lavoro più… in Fiat, il cui testo è stato scritto dal “Comitato Mogli degli operai Fiat di Pomigliano insieme ad Angelo De Falco de “E Zezi” parla invece della drammatica situazione degli operai cassintegrati della Fiat di Pomigliano confinati a Nola. Arrivaru i Cammisi di Vincenzo Lo Iacono ricorda i fatti di Bronte risalenti al 1860. È stato lo stesso Vincenzo conosciuto durante un concerto ad Avignone con la Mescla a chiedermi di realizzarne una mia versione”. La sua carriera non inizia sotto la stella della musica popolare. “Quando nei locali in estate impazzava la moda del pianobar e i pezzi di Fred Bongusto, Peppino di Capri io mi cimentavo con la canzone d’autore interpretando De Andrè, Gaber, Vecchioni, Tenco, Jannacci, De Gregori”. Poi il sodalizio con Franesco Sansalone, Bluesman di Villammare che sancisce la virata verso il popolare. “I primi passi a Napoli, a metà degli anni ’80, li abbiamo mossi suonando alla Taverna del Cavaliere nei pressi di Piazza Dante. Anni nei quali tra i musicisti c’era più dialogo e voglia di sperimentare rispetto a quanto si vede oggi”. E più fermento. Lo dimostra la nascita a inizio anni ‘90, di un quartetto, I Quattro Quarti. “Ed è stato durante uno dei concerti di quella band che ci fu l’incontro con Daniele Sepe. Iniziò una collaborazione artistica molto importante per me. Ho esordito in “Vite Perdite” con due brani “Epitaffio di Cicilo” e ‘A Manu ‘Mpettu” presente anche in Populaj Kantoj". Arrivano i riconoscimenti e le esperienze in televisione. “Tenera è la notte in Rai, ma soprattutto la collaborazione con Alessandro Baricco nel 1998, con “Totem”, uno spettacolo concepito su alcune letture di Baricco musicate da Sepe. Oltre alla tournee nei teatri venne anche registrato al Piccolo Teatro Studio di Milano e trasmesso dalla Rai. E poi “I Dieci Comandamenti” di Mario Martone. Noi musicisti eravamo i gregari di Sepe. In quegli anni suonammo tantissimo. Anche all’estero, a Bonn, allo Sziget Festival in Ungheria, in Portogallo. Anni fantastici che hanno contribuito in maniera decisiva alla mia crescita artistica. Gande merito per questo va dato ovviamente a Daniele Sepe”. Nel 2005 la decisione di metterti in proprio e l’uscita del primo cd “‘U Ciucciu” con la Felmay. Poi Ricuordi (2006) e Jamu (2009) nel quale la musica popolare diventa un pretesto. “In quel lavoro decidemmo di suonare la musica popolare con una band elettrica: Lutte Berg alle chitarre, Lello Petrarca al basso ed Enrico Del Gaudio alla batteria. Un esperimento riuscito”. E Zezi” con cui hai festeggiato i quarant’anni pochi mesi fa, i “Rua Port’Alba”, Vinicio Capossela con il quale hai interpretato “Il Galeone”. Collaborazioni prestigiose. “E mi piace ricordare anche lo spettacolo teatrale “Donne e Sud” del 2012 con Myriam Lattanzio e il gruppo teatrale al femminile “I teatri di seta” al Teatro Instabile di Napoli. Adesso vorrei suonare all’estero”.