LECTURAE NOVAE
TESTI E STUDI DI LETTERATURA LATINA

Direttore
Giuseppe S
Università degli Studi di Foggia
Comitato scientifico
Salvatore C
Università degli Studi di Napoli “Federico II”
Paola Carmela Luisa R C
Università degli Studi di Messina
Maria Stefania M
Università degli Studi di Foggia
Niklas H
LECTURAE NOVAE
TESTI E STUDI DI LETTERATURA LATINA
La collana ospita edizioni, edizioni critiche e commenti riguardanti la letteratura latina nel suo sviluppo storico dall’antichità
al mondo moderno; ospita altresì saggi e studi di ambito analogo; particolare attenzione essa rivolge alla fortuna degli autori
antichi.
Le fotografie n.  e  del capitolo I sono state pubblicate su concessione del Ministero dei Beni e delle Attività Culturali e del Turismo – Soprintendenza speciale
per Pompei, Ercolano e Stabia. Le fotografie n. , , , ,  del capitolo IV sono
state pubblicate su concessione del MiBACT — Polo Museale del Lazio — Museo
Archeologico Nazionale di Palestrina. Le fotografie n.  del capitolo I e n. , , , ,
 del capitolo IV sono state pubblicate su concessione del MiBACT — Soprintendenza Archeologia del Lazio e dell’Etruria Meridionale. È vietata la riproduzione
o la duplicazione con qualsiasi mezzo. Si fa presente che i disegni inseriti nel testo
non hanno evidentemente carattere tecnico, ma hanno il solo scopo di mostrare il
percorso dei pellegrini in alcuni santuari del mondo antico.
L’editore e l’autore restano a disposizione di quanti vantassero diritti nei confronti del materiale qui riprodotto.
Chiara Soldani
Il pellegrinaggio di Egeria
Saggi e ricerche
Copyright © MMXV
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www.aracneeditrice.it
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via Quarto Negroni, 
 Ariccia (RM)
() 
 ----
I diritti di traduzione, di memorizzazione elettronica,
di riproduzione e di adattamento anche parziale,
con qualsiasi mezzo, sono riservati per tutti i Paesi.
Non sono assolutamente consentite le fotocopie
senza il permesso scritto dell’Editore.
I edizione: settembre 
Indice

Introduzione

Questioni preliminari

Capitolo I
Il viaggio nel mondo antico
. Le vie dell’impero romano,  – . L’abbigliamento del viandante e del pellegrino,  – . I mezzi di trasporto,  – . Viaggiare su una nave romana,  – . Mappe e Itineraria,  – . L’ospitalità,  – . I punti di sosta e di ristoro,  – .. Nel mondo
greco,  – .. Nel mondo romano,  – .. In Oriente e nel mondo
cristiano,  – . Gli xenodochia,  – . L’ospitalità riservata a
Egeria, .

Capitolo II
Il viaggio come percorso di purificazione e di formazione
. Il viaggio nella letteratura greca: l’Odissea omerica,  – . Il
romanzo greco e il tema della peripezia,  – . Virgilio e l’Eneide:
i viaggi di Enea e la fondazione di Roma,  – . Petronio e il
Satyricon: il tema del labirinto e il viaggio per mare fino a Crotone,  – . Apuleio e le Metamorfosi: il viaggio come percorso di
purificazione,  – . La letteratura cristiana,  – .. Il viaggio
diventa pellegrinaggio: Gerolamo, Epistulae , : Paola in Terra Santa; Geronzio: Vita latina di Santa Melania,  – .. L’Itinerarium
Antonini Placentini, .

Capitolo III
La infirmitas sexus e il suo superamento
. La condizione femminile nel mondo greco,  – . La condizione femminile nel mondo romano,  – . La donna nel mondo
cristiano, .

Indice


Capitolo IV
I santuari precristiani. Il pellegrinaggio nel mondo pagano e in
quello cristiano
. Premessa,  – . Delfi,  – . Delo,  – . Epidauro, 
– . Praeneste: il santuario della dea Fortuna Primigenia,  –
. Il santuario di Ercole Vincitore a Tivoli,  – . Il santuario di
Iuppiter Anxur a Terracina,  – . Cotilia: il santuario federale
dei Sabini,  – . Il pellegrinaggio nel mondo pagano e in quello
cristiano,  – . La Liturgia di Gerusalemme, .

Capitolo V
Aspetti grammaticali della Peregrinatio Egeriae
. Le fasi del latino,  – . Il latino cristiano,  – . Casi e
preposizioni,  – .. A/ab,  – .. Ad,  – .. Ante,  –
.. Apud,  – .. Circa,  – .. Cum,  – .. De e de inter, 
– .. E/ex,  – .. Extra,  – .. Foras,  – .. In,  –
.. Intra,  – .. Iuxta,  – .. Per,  – .. Post,  –
.. Pr(a)e,  – .. Pr(a)eter,  – .. Pro,  – .. Propter,  – .. Sine,  – .. Sub,  – .. Supra,  – .. Ultra,  – .. Usque ad,  – . Le strutture grammaticali classiche nella Peregrinatio Egeriae,  – .. Proposizione temporale, 
– .. Proposizione finale,  – .. Proposizione consecutiva,  –
.. Proposizione concessiva,  – .. Proposizione ipotetica,  –
.. Proposizione causale,  – .. Proposizione comparativa,  –
.. Proposizione interrogativa,  – .. Proposizione modale,  –
.. Proposizioni completive volitive e dichiarative,  – .. Proposizione dichiarativa,  – .. Infinito e proposizione infinitiva, 
– .. Participio,  – .. Ablativo assoluto,  – .. Gerundio e
gerundivo, .

Capitolo VI
Aspetti semantici nella Peregrinatio Egeriae
. La Peregrinatio Egeriae e la formazione dell’articolo italiano, 
– . I diminutivi,  – . I grecismi,  – . Termini tecnici ed
espressioni formulari, .

Conclusioni

Bibliografia
Introduzione
Con il presente lavoro, si è voluto non solo analizzare a livello
grammaticale e linguistico il testo della Peregrinatio Egeriae, ma
anche inserirlo nel quadro storico–culturale dell’epoca (IV sec.
d.C.), soffermandosi in particolare sul tema del viaggio, che
diventa, con il diffondersi del Cristianesimo, pellegrinaggio ai
luoghi santi.
Per l’analisi si è fatto riferimento soprattutto agli studi di
Celestina Milani, Innocenzo Mazzini e Alberto Nocentini: essendo essi molto puntuali e approfonditi, se ne è realizzata una
sintesi, riunendo in un unico scritto le loro osservazioni. Sono stati aggiunti, tuttavia, un paragrafo dedicato all’uso delle
preposizioni e qualche osservazione sui diminutivi e sulle loro
ricorrenze, sia nei testi classici, sia in quelli più tardi e successivi
all’opera in esame: è il caso, per esempio, del termine pisinnus,
preso in considerazione, nonostante non si tratti di un diminutivo a tutti gli effetti. L’edizione a cui si è fatto riferimento
per il testo e la traduzione della Peregrinatio è quella curata
da Nicoletta Natalucci (Pellegrinaggio in Terra Santa, Edizioni
Dehoniane Bologna, ).
Per quanto riguarda il quadro storico–culturale e il tema
del viaggio, ci si è chiesti quali fossero le principali reti viarie dell’Impero, quali i mezzi di trasporto più comuni e quali
quelli utilizzati da Egeria; quali difficoltà era probabile incontrare durante gli spostamenti; in che cosa consisteva l’ospitalità
nel mondo antico. Ci si è domandati inoltre se nella letteratura pagana e cristiana esistano altri casi, nei quali il viaggio
diventa percorso di formazione e la curiosità assume un ruolo di primo piano. Si è inoltre cercato di capire se possano
esistere elementi comuni tra il pellegrinaggio di Egeria e quel

Introduzione
lo compiuto dai viaggiatori ai santuari precristiani. Le parole e il comportamento dell’autrice hanno suscitato ulteriori
interrogativi.
Come è possibile che una donna sia stata capace di affrontare
tragitti così lunghi, spesso in condizioni climatiche avverse?
Che cosa rappresentava per lei il viaggio? Lo considerava forse
un cammino di purificazione interiore? Che cosa la spingeva
a superare la tradizionale debolezza del sesso femminile, una
fede incrollabile o solo la curiosità?
Il presente lavoro cerca di dare risposte a tutte queste domande, partendo spesso dalla letteratura prodotta dal mondo
pagano e arrivando a quella cristiana.
Questioni preliminari
Il testo della Peregrinatio Egeriae, oggi nella Biblioteca della città
di Arezzo (codex Aretinus ), fu rinvenuto nel  da Gianfrancesco Gamurrini nella Biblioteca aretina della Confraternita dei
Laici, in un codice redatto a Montecassino nell’XI secolo (in
scrittura beneventana) e contenente altre due opere, I Misteri e
due Inni di S. Ilario. La parte iniziale e quella finale non ci sono
pervenute, nemmeno in seguito al ritrovamento del codice di
Toledo del IX secolo, che contiene riferimenti di carattere topografico ripresi dall’opera in esame. Il Gamurrini, pubblicando il
testo, gli aveva attribuito il titolo di S. Silviae Peregrinatio, individuandone l’autrice in Silvia d’Aquitania. Lo studioso era giunto
all’identificazione, poi rivelatasi errata, leggendo un passo della
Storia Lausiaca dello storico Palladio, che prende il nome dal
committente Lauso, un funzionario dell’imperatore Teodosio
II. Nel testo viene citata Silvania, cognata dell’ex prefetto Rufino
in visita ad alcuni luoghi santi, personaggio che avrebbe certamente potuto comporre un personale “diario” di viaggio. Nel
, tuttavia, il Férotin collegò con la Peregrinatio una lettera
del monaco galiziano Valerio (VI secolo), che viveva in una comunità a Bierzo e che indirizzò la missiva ai confratelli di quella
località. Nella epistola si allude al viaggio in Oriente compiuto
da una donna di nome Egeria. Nei codici che tramandano la
lettera, però, questo nome presenta grafie diverse, tra le quali
Egeria e la sua variante Eitheria. Inizialmente questa venne
scartata, in quanto richiamava la Ninfa con la quale, secondo
la tradizione, il re Numa Pompilio si incontrava, per ricevere
. Si vedano M. F, Le véritable auteur de la “Peregrinatio Silviae”, la vierge
espagnole Éthérie, in “RQH”,  () e N. N, Egeria. Pellegrinaggio in Terra
Santa, Edizioni Dehoniane, Bologna , p. , nota .


Questioni preliminari
consigli: essa rimandava dunque a un ambito pagano, poco consono a una donna cristiana e devota come l’autrice . In seguito
all’analisi dei codici, la grafia scartata venne però recuperata e
considerata la più probabile. Una volta individuata l’autrice del
testo, si trattava di stabilire quale fosse la sua terra d’origine.
Due furono le ipotesi più probabili: la Gallia e la Galizia. Dal
momento che il manoscritto che ha tramandato l’opera è acefalo, non è possibile ricostruire le tappe iniziali del viaggio di
Egeria, dalla patria fino in Terra Santa. Tuttavia, in , , –,
l’autrice, parlando dell’Eufrate, lo paragona al Rodano, fiume
particolarmente impetuoso e vorticoso, che dunque, secondo
alcuni studiosi, ella doveva conoscere bene: se ne deduce che
fosse originaria proprio di quella zona . Inoltre la parte riservata
alla descrizione è piuttosto limitata: se le sorores destinatarie
dell’opera non lo avessero conosciuto, Egeria vi si sarebbe probabilmente soffermata di più, come accade per molti luoghi,
visitati durante il pellegrinaggio . È vero però che Egeria avrebbe potuto vedere il Rodano durante il suo viaggio verso la
Terra Santa: in quell’occasione ne avrebbe sperimentato la pericolosità, dovendolo attraversare. Scrivendo alle sorores rimaste
in patria, ella avrebbe quindi accostato due fiumi di notevole
portata, per darne una descrizione che risultasse comunque
efficace. I sostenitori dell’ipotesi galiziana si basano invece sulla
lettera di Valerio, nella quale si riferisce che l’autrice proviene
. Parlano della ninfa italica Egeria, identificandola con la consigliera di Numa
Pompilio, Ennio (Annales, ), Virgilio (Eneide, VII, ), Livio (Ab Urbe condita,
I, , ) e Ovidio (Fasti, III, ). Si veda in proposito anche il sito tdtc.bytenet.it/
comunicati/lezione%di%grammatica%latina.pdf.
. Tra i sostenitori di questa ipotesi, oltre al Gamurrini, si ricordano K. M,
P. D e H. S. Cfr. N. N, op. cit., p. , nota . Il Gamurrini propose
subito di individuare nella Gallia la regione di origine dell’autrice: del resto, ritenendo che l’opera fosse attribuibile a Silvia di Aquitania, non poteva che giungere
a tale conclusione. Tuttavia lo studioso, leggendo la Storia Lausiaca nella versione
latina e non nell’originale greco, ritenne che Silvia fosse sorella del prefetto Rufino e
che quindi come lui dovesse essere nata in Aquitania. In realtà nel testo greco Silvia
è definita cognata di Rufino e di conseguenza non doveva necessariamente essere
originaria della regione né sua conterranea.
. Si veda N. N, op. cit., p. , nota .
Questioni preliminari

«extremo occidui maris oceani litore» (, –) . Inoltre il monaco usa il dimostrativo hic (in genitivo nel testo, I, –) per
indicare la sua terra di origine ma anche il luogo di provenienza
di Egeria: egli cioè vuole sottolineare, con intento edificante,
che una donna così devota e coraggiosa era conterranea sua
e dei confratelli a cui si rivolgeva. Sono inoltre presenti nella
Peregrinatio sia iberismi sia gallicismi: i primi, come plicare, tam
magnus, consuetudinem tenere e feria sarebbero una prova ulteriore dell’origine galiziana; i secondi invece (manducare, pullus)
potrebbero derivare da un influsso del latino usato nelle Sacre
Scritture o dal fatto che Egeria potrebbe aver trascorso parecchi
anni in un convento in Aquitania .
Un altro dibattito ha riguardato lo status dell’autrice, ritenuta
da alcuni studiosi una monaca, da altri una dama appartenente
a un «circolo con interessi religiosi» . La prima ipotesi sarebbe
confermata da alcuni elementi in particolare: Egeria si rivolge
alle destinatarie del testo chiamandole sorores (“sorelle”); in ,
, – la donna incontra a Seleucia la diaconissa Martana, di
cui si dice amica; Valerio nella sua lettera (I, –) la definisce sanctimonialis (“consacrata a Dio”, “monaca”); i Cataloghi
di Limoges la citano come abbatissa (“badessa”) ; l’autrice si
dimostra particolarmente interessata al monachesimo. In realtà
il termine sorores non indicherebbe l’appartenenza a un ordine
religioso, ma significherebbe più semplicemente “sorelle nella
fede”, come accade anche per frater. Il fatto che Egeria fosse
. Tra loro si ricordano M. F e alcuni studiosi spagnoli. Si veda N. N, op. cit., p. , nota . A proposito dei passi dell’Epistola di Valerio, citati a
sostegno dell’ipotesi galiziana, si vedano anche le pp. –.
. Tra gli studiosi che si sono occupati della questione, si ricordano V. Väänänen
ed E. Löfstedt. Il primo ha sottolineato la presenza di ispanismi, ancor oggi utilizzati
in Portogallo e nei dialetti della Galizia e sostiene che i gallicismi potrebbero derivare
da una lunga permanenza di Egeria in un convento in Aquitania. Il secondo ritiene
che Egeria abbia usato gallicismi per «un influsso del latino delle Scritture»: si veda N.
N, op. cit., pp. –, nota , che offre una ricca bibliografia in proposito.
. Si veda N. N, op. cit., p. , note  e .
. Si tratta di tre Cataloghi rinvenuti nella biblioteca di S. Marziale a Limoges.
Per la questione dello status dell’autrice, si veda N. N, op. cit., p. .

Questioni preliminari
amica di Martana non può provare che anch’ella fosse una religiosa, soprattutto perché la pellegrina e i suoi compagni di
viaggio vengono spesso ospitati da personaggi di rilievo, come
alcuni vescovi. La testimonianza di Valerio deriverebbe ancora
una volta dall’errata interpretazione del termine sorores, mentre
l’espressione abbatissa del codice di Limoges sarebbe, come
rileva Nicoletta Natalucci, «un’aggiunta tardiva, in quanto il
termine non è attestato che a partire dal VI secolo» . Anche il
fatto che Egeria sia particolarmente interessata al monachesimo non costituisce una prova sufficiente, dato che un interesse
simile era molto diffuso all’epoca. È probabile quindi che l’autrice fosse una donna di livello sociale abbastanza elevato e
con una buona istruzione: lo dimostrerebbe l’uso del latino,
generalmente corretto a livello sintattico, che Egeria imparò
frequentando la scuola .
Per quanto riguarda il genere letterario di appartenenza, l’opera sembra richiamare il diario di viaggio, ma ricorda anche la
lettera  di S. Gerolamo, dedicata a Paola. Il testo si presenta
distinto in due parti: la prima, fino al capitolo , descrive il viaggio di Egeria sul Sinai e sul Nebo, a Carneas, in Mesopotamia
e al martyrium di Santa Tecla; la seconda (capitoli –) spiega
la liturgia della Pasqua a Gerusalemme. Alla fine del capitolo
, la pellegrina si congeda dalle sorores con una formula che
ricorda quelle usate alla fine delle epistole e promette loro che
scriverà di nuovo, per informarle sui luoghi che visiterà:
[. . . ] si Deus fuerit prestare dignatus, vestrae affectioni referam aut
certe, si aliud animo sederit, scriptis nuntiabo. Vos tantum, dominae,
lumen meum, memores mei esse dignamini, sive in corpore, sive
iam extra corpus fuero.
. Si veda N. N, op. cit., pp. – e in particolare p. .
. Si veda C. M, Studi sull’ “Iteinerarium Egeriae”. L’aspetto classico della
lingua di Egeria, in Aevum , , pp. – ( = C. M  B): alcuni costrutti
ricalcano l’uso classico, come l’ablativo assoluto, la proposizione infinitiva, la perifrastica attiva e passiva, l’utilizzo del gerundivo nella proposizione finale, l’uso dei
tempi e dei modi verbali in base alle regole della consecutio temporum.
Questioni preliminari

Per questo, la Natalucci ha avanzato l’ipotesi che in realtà la
Peregrinatio sia costituita da due o più lettere e appartenga dunque al genere epistolare: la seconda parte potrebbe essere stata
composta su richiesta delle sorores e potrebbe essere dunque un
lungo «post–scriptum» della prima .
Infine, per quanto riguarda la datazione, l’ipotesi più accreditata fa risalire la Peregrinatio al IV secolo d.C. Grazie ad alcuni
riferimenti interni, è stato possibile collocare cronologicamente
il testo in un periodo compreso tra il  e il . Egeria infatti
riferisce dell’incontro con i vescovi confessori di Batanis, Edessa
e Charris, che vissero contemporaneamente nelle loro sedi
solo tra il  e il . P. Devos ha circoscritto con maggiore
precisione la datazione: in , ,  l’autrice dice di essere arrivata a Charris da Gerusalemme il nono giorno prima delle
calende di maggio ( aprile) e di aver viaggiato per  giorni
fino a Edessa, fermandosi un giorno a Gerapoli e tre nella stessa città di Edessa (, , –). Egeria partì da Gerusalemme
dopo la Pasqua, quindi alla fine di marzo. L’anno deve essere
necessariamente il , perché nel periodo compreso tra il  e
il , solo allora la festività cadeva in quel mese e non in aprile.
Il soggiorno di Egeria in Terra Santa si protrasse dunque dal
 fino alla fine di marzo del  .
. Si veda N. N, op. cit., pp. –.
. Si veda N. N, op. cit., pp. –.
Capitolo I
Il viaggio nel mondo antico
. Le vie dell’impero romano
Il sistema viario romano raggiunse la massima espansione in
età imperiale: alla vie più antiche, come la Appia ( a.C.), la
Latina, che attraversava Casinum (IV–III sec. a.C.), la Flaminia
(– a.C.), l’Emilia ( a.C.), la Postumia ( a.C.) e la
Popilia meridionale e settentrionale ( a.C.), se ne aggiunsero
altre che collegavano Roma con le Gallie e con la penisola Iberica, con l’Europa del nord e dell’est, con i territori orientali e con
l’Africa. Come si sa, i nomi delle strade derivavano da quelli dei
consoli, che ne avevano ordinato la costruzione o dalle merci
che vi venivano trasportate: famosissima è la via Salaria, nel
territorio dei Sabini, lungo la quale fioriva il commercio del
sale. Questo accadeva in genere anche nelle diverse province:
l’Argentea si snodava in Spagna ed era così denominata dal commercio dell’argento, estratto dalle miniere nelle sue vicinanze.
Le vie che collegavano tutto il mondo allora conosciuto e di
cui viaggiatori, commercianti e pellegrini potevano servirsi
erano numerosissime: la via Argentea appena citata collegava
Mèrida con Salamanca; la via Herculia, in seguito ribattezzata
Augusta, arrivava fino a Saragozza. L’Italia era collegata alla
Gallia e alla Spagna dalla via Aurelia, che, raggiunta la penisola
Iberica, prendeva il nome di Domitia Augusta. Alcune arterie
arrivavano fino a Colonia, da cui il viaggiatore poteva dirigersi,
seguendo un’altra rete viaria, a Leida, attraverso August, in
Svizzera, Strasburgo e Magonza; un altro tracciato gli avrebbe
invece consentito di arrivare fino a Bordeaux, passando per


Il pellegrinaggio di Egeria
Tolosa. Era anche possibile spingersi fino al canale della Manica, dopo aver fatto tappa a Lutetia Parisorum, l’odierna Parigi.
Molte strade, soprattutto in Europa centrale, seguivano il limes,
cioè la linea di confine: da Strasburgo, quella lungo il fiume
Danubio arrivava a Sirmium e poi a Drubetae; qui, attraverso
un ponte di circa un chilometro, realizzato dal famoso architetto Apollodoro di Damasco (che progettò anche il foro di
Traiano e i relativi mercati), raggiungeva le coste del Mar Nero, dalla cui riva meridionale era possibile raggiungere il Mar
Caspio. I territori orientali dell’Europa erano in collegamento
con l’Italia settentrionale tramite vie che partivano rispettivamente da Aquileia e da Trieste, per raggiungere nel primo caso
Vienna, nel secondo Atene, snodandosi lungo la costa adriatica.
Da Brindisi, dove terminava la via Appia, per mare si poteva
proseguire per Durazzo, da cui partiva l’ideale prolungamento
dell’Appia, la via Egnatia, e da dove si potevano raggiungere
Salonicco e Costantinopoli.
In Asia, i Romani trovarono una rete viaria già esistente,
che tuttavia ampliarono e ristrutturarono: i Persiani, infatti,
avevano già aperto molte strade, realizzate in terra battuta, che
collegavano tutto il loro vasto dominio, partendo da Efeso e
da Sardi e arrivando fino al territorio della Battriana. In epoca romana, passando per Pergamo, si poteva arrivare fino ad
Antiochia, da cui si partiva alla volta dell’Egitto. Qui, lungo la
costa, una lunghissima strada (circa  km) toccava Cirene
e si snodava per varie località fino a Rabat; attraverso piste e
vie carovaniere, si raggiungeva inoltre il Sinai . È probabile che
Egeria abbia viaggiato lungo queste strade: non conosciamo le
tappe del suo percorso dal luogo di origine fino in Terra Santa,
ma sappiamo che attraversò probabilmente il Rodano e visitò
il Sinai, sfruttando le piste sopra ricordate.
. Per tutte le strade sopra indicate, si è fatto riferimento a R. A. S,
Le grandi strade dell’impero, in Archeo, n.  (Maggio), anno , pp. – e R. A.
S, Tutte le strade dell’Impero, Archeo Speciale, n. , anno .