ELETTROSTATICA Studia le interazioni tra cariche elettriche ferme rispetto all’osservatore. Deriva dal nome greco dell’ambra (elektron) che, una volta strofinata, acquista la proprietà di attrarre corpi leggeri. L’interazione implica l’esistenza di forze, esiste una stretta analogia tra l’interazione tra cariche e l’interazione tra masse: l’interazione massa Massa è governata dalla legge di Newton: F = −G Quella tra cariche q mM u 2 R Q è governata invece dalla legge di Coulomb: qQ F = ± k0 2 u R 1) Entrambe dipendono da 1 ; R2 2) Sono entrambe forze fondamentali; 3) Hanno raggio d’azione infinito; 4) Dipendono da una proprietà intrinseca, rispettivamente massa e carica; 5) Una è solo attrattiva, l’altra anche repulsiva. Della carica elettrica non esiste una definizione ben precisa, è una caratteristica intrinseca dei corpi e gode di alcune proprietà: a) È additiva (gli effetti si sommano); b) In un sistema isolato si conserva; c) È quantizzata (varia per multipli interi di una quantità minima pari alla carica dell’elettrone o del protone ~1,6·10-19 coulomb) d) Genera un campo elettrico (analogia con il campo gravitazionale) e) Si presenta sotto due aspetti (positiva e negativa) Per il punto e) l’interazione tra cariche è diversa da quella tra masse: esistono due tipi di carica ma esiste un solo tipo di massa. Se le cariche hanno segno opposto si attraggono, se hanno segno concorde si respingono. 1 COME SI PUÒ OTTENERE UN’INTERAZIONE TRA CARICHE? Occorre avere a disposizione dei corpi “elettrizzati” oppure due o più cariche singole. Praticamente è più agevole elettrizzare i corpi che isolare cariche singole. I corpi in natura sono classificati in base alle proprietà elettriche in due grandi categorie: CONDUTTORI La struttura della materia è tale da consentire ad alcune cariche una certa mobilità (elettroni). ISOLANTI La struttura della materia costringe gli elettroni ad essere più o meno vincolati ai nuclei. I corpi in condizioni normali sono neutri cioè il numero di cariche positive è uguale al numero delle cariche negative. Possono essere generati degli scompensi di carica elettrizzando i corpi: a) per strofinio (triboelettricità) b) per contatto c) per induzione d) per pressione (piezoelettricità) L’elettrizzazione può essere rivelata da: - pendolino elettrico - elettroscopio Ricorda ! Un corpo è elettrizzato se possiede un eccesso di elettroni (carico negativamente) o un difetto di elettroni (carico positivamente). 2 ELETTRIZZAZIONE L’elettrizzazione è tipica di tutti i corpi: conduttori e isolanti. Per i conduttori è necessario un supporto isolante. Negli isolanti è localizzata mentre nei materiali conduttori è estesa. È localizzata perché interessa solo la regione dello strofinio o del contatto (a causa del tipo di legame); estesa perché interessa tutto il corpo conduttore, anche se solo superficialmente. Negli isolanti la carica è distribuita in un certo volume (densità di volume carica/volume), nei conduttori sulla superficie (densità superficiale carica/superficie). In ogni caso tali densità possono variare in relazione al numero di corpi interagenti o alla geometria del corpo elettrizzato. È interessante il caso dei conduttori isolati ed elettrizzati: la carica si addensa in corrispondenza delle regioni a curvatura maggiore (potere dispersivo delle punte) producendo il cosiddetto vento elettrico. Parallelamente alla scoperta della proprietà dell’ambra strofinata si è notato che un materiale ferroso (magnetite) era in grado di produrre attrazione o repulsione su porzioni dello stesso materiale. Il fenomeno fu denominato magnetismo. L’elettricità e il magnetismo furono studiati separatamente e solo qualitativamente anche se sfruttati differentemente (si pensi all’uso della bussola). Solamente nei secoli XVII e XVIII furono studiati quantitativamente, grazie ai contributi di diversi studiosi, culminando nella formulazione delle leggi di Coulomb per l’elettrostatica e per la magnetostatica. Quest’ultima non viene più accettata col significato assegnatole al tempo di Coulomb. 3 IL LAVORO DELLA FORZA ELETTRICA Poiché il campo elettrico è associato ad un campo di forze, quando una carica q0 viene spostata all’interno del campo, la forza elettrica compie lavoro. Esaminiamo il caso più semplice di campo generato nel vuoto da + q una sorgente e immaginiamo di spostare in esso una carica sonda q0 da un punto B q0 rA A rB +q A ad un punto B. Supponiamo che la carica q0 venga spostata lungo una linea di forza da rA ad rB . È evidente che il lavoro delle forze del campo non è calcolabile semplicemente come: LAB = F ⋅ S (forza per spostamento) in quanto la forza non è costante ma dipende da 1 . r2 Si può comunque dimostrare che il valore medio della forza elettrica, quando la carica si sposta da A a B, è data da: Fmedia = k 0 qq0 rA rB Ora essendo forza e spostamento concordi: LAB = Fmedia ⋅ s = k 0 4 qq0 1 1 (rB − rA ) = k 0 qq0 ( − ) rA rB rA rB Si può notare che nell’espressione del lavoro LAB figurano solo dei termini dipendenti dalle cariche e dalle posizioni iniziale e finale. In effetti il risultato è generale: Il lavoro della forza elettrica fatto per spostare una carica, da un punto ad un altro, non dipende dal cammino seguito ma unicamente dalle posizioni iniziale e finale. Una situazione analoga si ottenne nel caso del campo gravitazionale. Il lavoro compiuto dalle forze del campo gravitazionale, quando una massa m viene spostata da un punto A ad un punto B, dipende dalla posizione iniziale e finale ma non dal cammino seguito. Ricordiamo che questa proprietà dei campi di forza è nota come conservatività. Il campo elettrostatico, come il campo gravitazionale, è un campo conservativo. IL lavoro compiuto da una forza elettrica per portare la carica q0 da A a B è esprimibile come: rB 1 1 = k 0 qq0 ( − ) = U A − U B rA rB LAB B A rA Dove UA quindi: se 5 è l’energia potenziale in A, LAB = − ∆ U invece LAB < 0 se UB LAB > 0 ∆U > 0 . quella in B. Scriviamo ∆U < 0 Se rB → ∞ allora LA∞ = k 0 qq0 = UA rA in quanto 1 → 0 rB Quindi l’energia potenziale in un punto a distanza r dalla sorgente q , di una carica q0 è data dal lavoro compiuto dalle forze del campo per trasportare la carica q 0 da quel punto a distanza infinita, oppure è il lavoro compiuto da un agente esterno per portare la carica q0 dall’infinito fino a quel punto. Quindi: qq0 U (r ) = k0 r (1) se la rappresentiamo nel piano cartesiano otteniamo un ramo di iperbole equilatera. L’energia potenziale espressa precedentemente nella (1) è un’energia mutua e risulta proporzionale sia q (sorgente) che a q0 (sonda). Ora se dividiamo entrambi i membri della (1) per q0 si ha: U (r ) q = k0 q0 r cioè otteniamo che il secondo membro dipende unicamente dalla carica sorgente e non dalla carica sonda. La quantità: 6 U (r ) = V (r ) q0 viene definita potenziale elettrostatico associato alla carica q , e vediamo che esso risulta essere funzione della carica q e della distanza r ( ma non della carica sonda q0 !). Ricordiamo che anche il campo elettrostatico E godeva della stessa proprietà. C’è tuttavia una notevole differenza: E (r ) descrive un campo vettoriale ( è necessario definire modulo, direzione e verso), V (r ) è invece una grandezza scalare, cioè basta solo un numero per definirlo. L’equazione V (r ) = k0 q r cosa rappresenta ? Definisce il lavoro compiuto dalle forze del campo per trasportare la carica q0 da quel punto all’infinito fratto la carica q0 , ossia: LA∞ = V (r ) q0 Perché introdurre una nuova funzione, non era sufficiente l’energia potenziale? In effetti che U ( r ) = q0 ⋅ V ( r ) V (r ) cioè sono proporzionali, il fatto risulti indipendente dalla carica sonda permette di utilizzare il potenziale (scalare) invece del campo elettrico (vettore), se ci interessano solo gli effetti prodotti dalle cariche. Allora utilizzando 7 V ( r ) = k0 q r posso definire, punto per punto dello spazio, l’effetto prodotto dalla carica q . È evidente che se q > 0 allora anche allora V > 0; se invece q < 0 V > 0. Anche nel caso V = V (r ) il grafico è un ramo di iperbole equilatera. V se q >0 r O se q<0 Osservando il grafico si può notare che il potenziale associato ad una carica positiva decresce al crescere della distanza, mentre per una carica negativa il potenziale cresce al crescere della distanza.Il potenziale elettrico fornisce il collegamento fra elettrostatica ed elettrodinamica. Analizziamo il grafico 8 V = V (r ) . Supponiamo di introdurre una carica q0 > 0 in una regione in q0 < 0 q> 0 q0 > 0 cui è presente una carica . Se q0 > 0 q >0 è libera di muoversi è chiaro che verrà respinta, cioè tenderà a muoversi verso i punti a potenziale minore. Se q0 < 0 sarà invece attratta e quindi si sposterà V verso i punti r O q0 < 0 q<0 q0 > 0 a potenziale maggiore. Analogo discorso se la carica sonda trova in presenza di una carica q0 si q < 0 . In ogni caso si verifica la stessa situazione e cioè: le cariche positive si spostano da punti a potenziale maggiore a punti a potenziale minore; le cariche negative si spostano da punti a potenziale minore a punti a potenziale maggiore, qualunque sia la sorgente ( o pozzo ). 9 RELAZIONE TRA CAMPO E POTENZIALE ELETTROSTATICO Per trasportare la carica q0 da A a B le B forze del campo compiono un lavoro: LAB = N ∑ E Fi ⋅ ∆ Si q0 i= 1 ∆S A (poiché la forza non è costante si suddivide il percorso AB in tanti cammini elementari in modo tale che in ciascuno di essi possa essere considerata costante…). N Quindi L AB = q0 ∑ E i ⋅ ∆ S i . i=1 Sappiamo che LAB = VA − VB = − ∆ V ⇒ − ∆ V = q0 N ∑ Ei ⋅ ∆ S i i= 1 (differenza di potenziale tra i punti A e B). Ora se concentriamo la nostra attenzione su un particolare elemento ∆ S di cammino possiamo scrivere che: ES ⋅ ∆ S = − ∆ V dove ES è la componente di E nella direzione di ∆ S ( cioè ∆V . (2) ∆S dV . Se ∆ S → 0 la (2) si scrive E S = − dS E S = E cos α ), quindi : E S = − 10 In generale poiché la carica produce i suoi effetti in tutto lo spazio, punto per punto si potrà valutare il potenziale. Ma quanto vale il campo? Con riferimento ad una terna di assi cartesiani si potrà determinare ciascuna delle componenti del campo lungo i tre assi x, y, z e precisamente Ex = − dV dx Il modulo di E sarà e infine dove Ey = − E= dV dy Ez = − dV dz Ex2 + E y2 + Ez2 E = Ex i + E y j + Ez k i , j , k sono i tre versori associati rispettivamente agli assi x, y, z . (In termini matematici si dice che il campo si ottiene derivando il potenziale, mentre il potenziale si ottiene integrando il campo). 11