L’EFFETTIVITA’ DEL DIRITTO ALLA SALUTE FRA COSTITUZIONE E DIRITTO EUROPEO di Angela Scerbo* Sommario: 1. Costituzionalismo e diritti sociali - 2. La tutela del diritto alla salute nella Costituzione italiana … - 3. … segue … alla luce della Riforma del Titolo V - 4. Unione europea e tutela della salute 1. Costituzionalismo e diritti sociali Il costituzionalismo – quale è venuto a configurarsi nel XX secolo negli ordinamenti statali democratici con la generalizzazione delle Costituzioni rigide e, in prospettiva, nel diritto internazionale con la soggezione degli Stati alle Convenzioni sui diritti umani – può essere concepito come un nuovo paradigma, frutto di un profondo mutamento interno del paradigma paleogiuspositivistico1. Con il passaggio dallo Stato liberale di diritto allo Stato costituzionale, al principio di mera legalità (o di legalità formale) quale norma di riconoscimento dell’esistenza delle norme, si sostituisce quello di stretta legalità (o di legalità sostanziale): ossia con la sottomissione anche della legge ai vincoli non più solo formali ma sostanziali imposti dai principi e dai diritti fondamentali espressi dalle Costituzioni2. Le Carte costituzionali del secondo dopoguerra3, ispirate ai principi di giustizia sociale, dilatano il catalogo liberale dei diritti inserendovi una “libertà dal bisogno” 4, materializzando il diritto del singolo ad esigere dallo Stato delle prestazioni atte ad assicuragli almeno un minimo di * Dottore di ricerca in Diritto Pubblico Comparato (Università di Siena) e collaboratrice presso la cattedra di Diritto Costituzionale Italiano e Comparato della Facoltà di Scienze Politiche dell’Università della Calabria. 1 Cfr. L. FERRAJOLI, Diritti fondamentali, Roma-Bari, 2001, p. 34. 2 Così L. FERRAJOLI, Diritti fondamentali, cit., p. 35. 3 V. la Costituzione italiana (1 gennaio 1948), che sancisce alla Parte Prima i “Diritti e doveri dei cittadini”; la Legge Fondamentale tedesca (23 maggio 1949), che al Capitolo I, rubricato “Grundrechte” (artt. 1-19) discorre dei diritti dell’uomo come di diritti “inviolabili” ed “inalienabili”; la Costituzione irlandese (1937), che disciplina al Capitolo XII i “Diritti fondamentali”, (artt. 40-44); la Costituzione francese (3 giugno 1958), che al Preambolo richiama la Dichiarazione dei diritti dell’uomo e del cittadino del 1789, nonché il Preambolo della Costituzione del 1946; la Costituzione greca (11 giugno 1975), che disciplina all’art. 25 la “Protezione dei diritti fondamentali”; la Costituzione del Portogallo (2 aprile 1976), che contiene nel Preambolo un riferimento ai “Diritti e libertà fondamentali dei cittadini” (art. 2; art. 9 b) e che alla Parte Prima disciplina i “Diritti e libertà fondamentali”; la Costituzione spagnola (31 ottobre 1978), il cui Titolo primo è dedicato per intero ai diritti e alle libertà; la Costituzione olandese (17 febbraio 1983), che disciplina al Capitolo I i “Diritti fondamentali”, (artt. 1-23); la Costituzione belga (17 febbraio 1994), il cui Titolo II è rubricato “Dei belgi e dei loro diritti”, (artt. 8-32). 4 Cfr. N. BOBBIO, Eguaglianza e libertà, Torino, 1995. 1 giustizia sociale, al fine di creare quelle perequazioni materiali in grado di rendere gli uomini “liberi ed eguali in dignità e diritti”5. Le Carte costituzionali contemporanee mostrano, infatti, la propensione ad un’ampia codificazione dei diritti che si manifesta soprattutto in quelle Costituzioni nate in risposta a periodi di assolutismo statale, in seguito ad una vera e propria rottura politico-istituzionale. È il caso delle Costituzioni europee approvate al termine del secondo conflitto mondiale che ha sanzionato la fine del fascismo e del nazismo (Germania e Italia), delle Costituzioni spagnola, greca e portoghese, nate sulla crisi dei regimi autoritari6. Il nesso inscindibile tra costituzionalismo e garanzia dei diritti fondamentali è, altresì, rinvenibile nei documenti solenni espressi dalle più recenti transizioni costituzionali, che si caratterizzano per una particolare attenzione manifestata nei confronti di tale garanzia, fino al punto di introdurre una sorta di identificazione tra Costituzione rigida e Bill of Rigths7. I diritti fondamentali, garantiti e riconosciuti nelle Carte costituzionali delle democrazie contemporanee, possono essere dunque considerati quali elementi caratterizzanti una particolare forma di Stato. Proprio in virtù della connessione esistente tra principi generali dell’organizzazione costituzionale di uno Stato e garanzie dei diritti fondamentali della persone si può affermare che il superamento dello Stato liberale di diritto e l’affermazione dello Stato sociale influisce sia sulla struttura delle garanzie, sia sul catalogo delle situazioni soggettive annoverate tra i diritti fondamentali8. Da qui, la duplice natura dei diritti sociali, i quali rappresentano la specificazione delle posizioni soggettive della persona e l’articolazione delle politiche che caratterizzano lo Stato sociale e democratico9. Il fine principale dello Stato sociale è quello di redistribuire il prodotto sociale per finalità egualitarie, di solidarietà e di giustizia sociale, mediante l’imposizione fiscale e 5 Cfr. S. GAMBINO, Diritto costituzionale comparato ed europeo, Milano, 2004, p. 54. Cfr. G. ROLLA, I diritti fondamentali nel costituzionalismo contemporaneo: spunti critici, in G. ROLLA (a cura di), Tecniche di garanzia dei diritti fondamentali, Torino, 2001, p.22. 7 Si tratta delle Costituzioni che si sono dati i nuovi ordinamenti di ispirazione democratica in seguito al crollo dei regimi comunisti (Polonia, Ungheria, Slovenia, Slovacchia). Così G. ROLLA, I diritti fondamentali nel costituzionalismo contemporaneo: spunti critici, cit., p. 5. Sul punto si v. S. BARTOLE, P. GRILLI DI CORTONA, Transizione e cambiamento democratico nell’Europa centro-orientale, Torino, 1997; L. PEGORARO, La nuova Costituzione della Repubblica del Sud Africa, in Riv. trim. Dir. Pubbl., 1997, pp. 517 e ss.; P. C. SCHMITTER, T. L. KARL, The types of Democracy emerging in Southern and Eastern Europe and South and Central America, in VOLTEN, Bound to change, New York, 1992. 8 In tal senso v. G. ROLLA, I diritti fondamentali nel costituzionalismo contemporaneo, cit., p. 16. 9 Cfr. M. MAZZIOTTI, Diritti sociali, in Enc. dir., XII, p. 804. L’intreccio indissolubile tra forma di Stato democratico e garanzia dei diritti della persona viene ad essere, in molti casi, espressamente codificato ed inserito tra i principi supremi della Costituzione, come ad esempio l’art. 2 della Costituzione italiana, cui vengono ricondotti i diritti sociali e l’art. 1, Cost. it., che qualifica il carattere repubblicano dello Stato; l’art. 10 della Costituzione spagnola, che considera la dignità della persona e il suo libero sviluppo a fondamento dell’ordine politico e della pace sociale e l’art. 1 della Cost. spagnola che qualifica lo Stato come “sociale, democratico e di diritto”; l’art. 1 della costituzione del Portogallo, che stabilisce “il Portogallo è una repubblica sovrana impegnata nella costruzione di una società libera, giusta e solidale”; l’art. 20 della Legge Fondamentale di Bonn”: “La Repubblica federale tedesca è uno stato federale, democratico e sociale”; L’art. 2 della Costituzione francese: “La Francia è una Repubblica democratica e sociale”. Cfr. sul punto G . ROLLA, I diritti fondamentali nel costituzionalismo contemporaneo, cit., p. 17. 6 2 la “redistribuzione perequativa” di una parte della ricchezza prodotta10. Tuttavia, i diritti sociali, principio e fine del Welfare State, pur qualificandosi come “diritti costituzionalmente protetti” non sono azionabili per via giurisdizionale alla stregua dei diritti soggettivi ma conoscono la sola tutela accordata agli interessi legittimi, dal momento che fra il relativo esercizio e la previsione legale opera un facere amministrativo, che coinvolge la pubblica amministrazione con la relativa supremazia speciale11. Nonostante molti Autori abbiano messo in dubbio la stessa efficacia redistributiva dei diritti sociali, evidenziando i latenti rischi assistenzialistici e paternalistici del Welfare State, parte della dottrina ha evidenziato la necessità di un più corretto inquadramento teorico di tale categoria di diritti che deve portare a prendere atto come solo “un ‘reddito di cittadinanza’ corrisposto a tutti i cittadini indipendentemente dalle condizioni economiche e dall’occupazione potrebbe avvicinarsi alla figura del diritto sociale in senso più rigoroso”12. Partendo da tale fondamentale assunto, e con precipuo riferimento all’ordinamento costituzionale italiano, non si può non tenere conto, nell’analisi della effettività dei diritti sociali, in generale, e del diritto alla salute, in particolare, delle recenti evoluzioni scaturite a seguito della Riforma del Titolo V della Carta del ’48, che ha introdotto notevoli cambiamenti all’assetto istituzionale dello Stato, con una diretta ricaduta in termini di attuazione delle politiche di Welfare. 2. La tutela del diritto alla salute nella Costituzione italiana … Come accennato in precedenza, la Costituzione italiana del 1948 rappresenta una delle Costituzioni più avanzate, nel panorama comparato, in materia di tutela dei diritti sociali. Per quanto riguarda, in particolare, la salvaguardia del diritto alla salute, sono rinvenibili una molteplicità di disposizioni che incidono sulla sfera soggettiva dei singoli, sia con riferimento al contenuto materiale del diritto in questione, sia riguardo all’allocazione delle competenze statali e regionali in tale delicata materia. In tale ottica è opportuno segnalare, in primis, gli obblighi gravanti nei confronti dello Stato (e i corrispettivi diritti riconosciuti ai singoli) derivanti dal combinato disposto degli artt. 32 e 38 Cost. che sanciscono, rispettivamente, il riconoscimento della tutela della salute come diritto fondamentale dell’individuo assicurando, al contempo, la gratuità delle cure mediche agli indigenti (art. 32), il riconoscimento del diritto all’assistenza sociale per i cittadini inabili e del diritto dei lavoratori ad essere assicurati contro i rischi derivanti dall’esercizio della loro attività lavorativa (art. 38). 10 Cfr. sul punto S. GAMBINO, Diritto costituzionale comparato ed europeo, cit., pp. 66 e ss.; S. GAMBINO, Stato e diritti sociali, Napoli, 2009. 11 Cfr. S. GAMBINO, Diritto costituzionale comparato ed europeo, cit., p. 73; S. GAMBINO, Stato, diritti sociali e devolution: verso un nuovo modello di welfare, in associazionedeicostituzionalisti.it, 2006, pp. 1-38. 12 Cfr. D. ZOLO, citato da S. GAMBINO, Diritto costituzionale comparato ed europeo, cit., p. 78. 3 Va da sé che, il riconoscimento e la garanzia del diritto soggettivo alla tutela della salute, da un lato, e l’obbligo di garantire i lavoratori in tutte quelle ipotesi di deficit salutare sopravvenute a seguito di infortuni contratti sul luogo di lavoro, dall’altro, costituiscono delle estrinsecazioni del diritto all’eguaglianza sostanziale ex art. 3 § 2, secondo il quale “È compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la libertà e l'eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l’effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all'organizzazione politica, economica e sociale del Paese”. Da ciò deriva, altresì, una lettura estensiva del contenuto materiale del diritto alla salute che, come evidenziato da parte della dottrina, può addirittura includere le garanzie relative alla salvaguardia della integrità psico-fisica del soggetto – nonché il corrispondente divieto di trattamenti sanitari obbligatori, non previsti legislativamente – sino a poter essere considerato alla stregua di un vero e proprio interesse collettivo, oltre che in qualità di diritto inviolabile rientrante nella più generale tutela sancita dall’art. 2 Cost.13. 3. … segue … alla luce della Riforma del Titolo V A fronte del breve quadro sin qui delineato, in ordine alla natura e al contenuto materiale del diritto alla salute, appare chiaro come l’effettività della tutela del richiamato diritto possa essere misurata rispetto alle potestà riconosciute ai pubblici poteri in tale delicata materia, con particolare riferimento alla ripartizione delle competenze tra Stato e Regioni a seguito della Riforma del Titolo V della Costituzione. Com’è noto, con la modifica degli articoli 114 e 118, il legislatore di revisione ha reso pienamente operante quanto era stato già materialmente introdotto nell’ordinamento dalle cc.dd. riforme Bassanini (leggi nn. 59/1997, 127/1997, 191/1998, 50/1999)14. Più in particolare, con l’introduzione del principio di sussidiarietà orizzontale accanto a quello di sussidiarietà verticale (art. 118 § 4), si è tentato di rispondere più propriamente ai bisogni espressi dalla società in sede sociale, non solo mediante un maggior coinvolgimento degli enti locali nel settore sanitario ma anche attraverso il riconoscimento dell’importante ruolo svolto dai singoli cittadini e dalle associazioni di volontariato nell’ambito della tutela dei diritti sociali, all’insegna di un’auspicata concorrenzialità fra il settore pubblico e quello sociale15. Sull’interpretazione dell’art. 2 Cost. si v. su tutti MODUGNO F., I nuovi diritti nella giurisprudenza costituzionale, Torino, 1995. 14 Cfr. sul punto, S. GAMBINO, La riforma regionale e locale fra sussidiarietà, autonomia e federalismo, in Guida normativa per gli enti locali 2008, Torriana (RN): EDK, 2008, Vol. Vol. I, pp. 1-36. p. 4. 15 In argomento si v. S. BOCCALATTE, Il miraggio della concorrenza nel settore sanitario. Brevi spunti per una riforma (quasi) liberale a Costituzione invariata, IBL Briefing Paper n. 94, 4/3/2010. 13 4 Non solo. Nel delineare la nuova allocazione delle competenze fra Stato e Regioni, la Riforma ha inserito la “tutela della salute” fra le materie di competenza concorrente, affidando a queste ultime competenza esclusiva (ovvero residuale) in ordine alla regolamentazione ed alla organizzazione dei servizi sanitari e dei criteri di finanziamento delle Unità sanitarie locali e delle aziende ospedaliere. Tuttavia, tale attribuzione non è stata accompagnata da una vera e propria riforma in senso federale del sistema tributario capace di conferire alle Regioni una reale autonomia impositiva, in grado di valorizzare la responsabilità di tali enti nel quadro di un’effettiva attuazione del nuovo assetto competenziale. La conseguenza più immediata è rappresentata dallo sviluppo di un “mosaico di servizi sanitari regionali”16, alcuni dei quali in gravi situazioni di dissesto finanziario, e dalla contestuale svalorizzazione dell’impianto assistenzialistico basato, sin dal 1978, sul Sistema Sanitario Nazionale17, nell’ottica di un regionalismo fortemente asimmetrico18. Da ciò discende, inoltre, l’inaccettabile rischio di una differenziazione delle prestazioni assistenziali erogate a favore dei cittadini, direttamente riconducibile alle diversità socio- economiche e culturali proprie di ciascuna realtà regionale19. È proprio al fine di contenere, per quanto possibile, le ricadute in termini di violazione del principio di eguaglianza dei cittadini nell’effettivo godimento del diritto alla salute che il legislatore di revisione ha riconosciuto allo Stato competenza esclusiva nella disciplina dei “principi fondamentali” in materia, e nella determinazione dei “livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali che devono essere garantiti su tutto il territorio nazionale” (art. 117 § 2, lett. m)20. Detto in altri termini, compete in via esclusiva alla legge dello Stato la disciplina dei livelli essenziali delle prestazioni (LEP) in materia di diritti civili e sociali, al fine di conferire piena Cfr. R. FERRARA, L’ordinamento della sanità, Torino, Giappichelli, 2007, p. 130. Istituito con legge 883/78. Per un approfondimento si v. E. JORIO, Diritto Sanitario, Milano, 2005. 18 Sul punto cfr. S. GAMBINO, Asimmetrie regionali, principio di eguaglianza e diritti sociali: l’esperienza italiana nell’ottica comparatistica, in AA.VV. (a cura di L. Chieffi), Evoluzione dello Stato delle autonomie e tutela dei diritti sociali, Napoli, Jovene, 2001, pp. 127-149; S. GAMBINO, Regionalismo, federalismo e diritti sociali, in Truini A. (a cura di), Federalismo e regionalismo in Italia e in Europa, Padova, CEDAM, 2001, pp. 37-61. 19 Cfr. Cfr. G. Rossi, “I miei dubbi sul federalismo”, in Europa (21.01.2009). 20 Sul punto si v. i contributi di E. BALBONI, P.G. RINALDI, Livelli essenziali, standard e leale collaborazione, in Le Regioni, 2006, pp. 1014 ss.; S. GAMBINO, Diritti sociali, Carta dei diritti fondamentali e integrazione europea, in La cittadinanza europea, 2008, Vol. 1, pp. 1-62; S. GAMBINO, I diritti sociali e la riforma federale, in Quaderni costituzionali, 2001, n. 3, pp. 39-41; R. BALDUZZI, Livelli essenziali di assistenza versus livelli minimi, in G. BARBERIS, I. LAVANDA, G. RAMPA, B. SORO (a cura di), La politica economica tra mercati e regole. Scritti in ricordo di Luciano Stella, Soveria Mannelli, 2005, pp. 49 ss.; C. Pinelli, Sui ‘livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali (art. 117, co. 2, lett. m, Cost.)”, in Diritto Pubblico, 2002; E. FERIOLI, Sui livelli essenziali delle prestazioni: le fragilità di una clausola destinata a contemperare autonomia e uguaglianza, in Le Regioni, 2006, pp. 564 ss. Per una ricostruzione della giurisprudenza della Corte costituzionale sul tema si v. M. BELLETTI, I criteri seguiti dalla Consulta nella definizione delle competenze di Stato e Regioni e il superamento del riparto per materie, in Le Regioni, 2006, pp. 903 ss. 16 17 5 efficacia ai princìpi di unitarietà ed indivisibilità della Repubblica mediante il riconoscimento di un trattamento giuridico eguale per tutti i cittadini, nel quadro della valorizzazione di una cittadinanza unitaria e sociale21. Per quanto concerne, invece, i “livelli essenziali di assistenza” (LEA), con sentenza n. 371/2008, la Corte costituzionale ha sancito che questi consistono nella “determinazione degli standard strutturali e qualitativi delle prestazioni, da garantire agli aventi diritto su tutto il territorio nazionale”. Tanto il legislatore statale quanto quello regionale, nel rinnovato assetto istituzionale della c.d. “Repubblica delle autonomie”22, sono dunque chiamati ad assicurare la tutela dei livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali, nell’esercizio dei relativi poteri normativi, nel rispetto del principio di sussidiarietà e di leale collaborazione, al fine di salvaguardare la tutela dell’unità giuridica e dell’unità economica, prescindendo dai confini territoriali dei governi locali (art. 120, ult. co., Cost.). Allo Stato viene inoltre riconosciuta la facoltà (che alla luce delle disposizioni costituzionali summenzionate si configura alla stregua di un vero e proprio obbligo) di esercitare il potere sostitutivo a fronte di eventuali inadempimenti delle Regioni, delle Città metropolitane, delle Province e dei comuni nelle ipotesi normative fissate in Costituzione (art. 120, II co., Cost.)23. Tuttavia, in assenza di una chiara definizione dei LEA, si è sviluppato un forte contenzioso fra Regioni e Governo centrale, con una notevole ricaduta in termini di effettivo godimento del fondamentale diritto alla salute per i cittadini italiani residenti nelle Regioni meno sviluppate da un punto di vista economico. Basti citare, a titolo di esempio, la decisione contenuta nel Decreto n. 18 del 22 ottobre 2010 del Commissario ad acta del PDR della Regione Calabria, che ha per oggetto la riorganizzazione delle tre reti assistenziali (ospedaliera/emergenza-urgenza/rete territoriale) e prevede, tra le altre cose, mediante la riconversione di due presidi ospedalieri per acuti in ospedali distrettuali (piattaforme territoriali senza posti letto ospedalieri “PL” con Punto di Primo Intervento per le urgenze minori), una notevole riduzione del numero dei PL per 1000 ab., nell’area della Sibaritide, non garantendo, in tale territorio, i livelli essenziali di assistenza (LEA) che prevedono una percentuale più alta di posti letto ospedalieri in rapporto alla popolazione. 21 Sul punto si v. S. GAMBINO, Cittadinanza e diritti sociali fra neoregionalismo e integrazione comunitaria, in Quaderni costituzionali, 2003, n. 1, pp. 67-90. 22 Cfr. T. GROPPI, M. OLIVETTI (a cura di), La Repubblica delle autonomie: regioni ed enti locali nel nuovo titolo V, Torino, 2003. 23 In tale quadro, come previsto dalla stessa l. n. 131/2003 di attuazione della riforma del tit. V Cost, il Governo potrà adottare i provvedimenti necessari, anche normativi, ovvero nominare un apposito commissario. 6 Per completare, senza pretese di esaustività, il quadro della tutela effettiva del diritto alla salute, risulta doveroso evidenziare, con particolare riferimento ai limiti incontrati dal legislatore, come unitamente al ‘rispetto della Costituzione’, nell’ordinamento italiano si registrino i soli limiti posti dal rispetto dei vincoli derivanti dall’ordinamento europeo e dagli obblighi internazionali (ex art. 117, I co., Cost.). 4. Unione europea e tutela della salute L’entrata in vigore del Trattato di Lisbona, che ha formalmente sancito il carattere vincolante della Carta dei diritti fondamentali, ci invita oggi a riflettere su quella che sembra rivelarsi la nuova vocazione dei diritti fondamentali nell’ordinamento europeo (non più soltanto la vocazione originale strumentale e difensiva), che si orienta dunque, anche verso un riferimento a concetti ugualmente centrali nel processo di costruzione europea, come il principio della reciproca fiducia tra gli Stati in uno spazio comune di libertà, di sicurezza e di giustizia. In tale ottica, i diritti fondamentali non costituiscono più unicamente un limite, imposto dall’esterno, all’azione delle istituzioni o degli Stati membri nel campo d’applicazione del diritto europeo, gli strumenti che l’Unione ha a sua disposizione servono infatti a realizzare i diritti fondamentali in modo affermativo. All’obbligo di non violare i diritti fondamentali, viene ad aggiungersi, così, conformemente a ciò che è previsto dalla stessa Carta, l’obbligo di promuoverne l’applicazione. Per quanto non sia possibile rinvenire, nell’ordinamento europeo, una forte valorizzazione dei diritti sociali, al pari di quanto avviene in alcuni ordinamenti costituzionali nazionali, quali l’Italia o la Spagna, nello specifico settore della salvaguardia del diritto alla salute, le istituzioni europee hanno da tempo mostrato un forte impegno per la salvaguardia delle situazioni soggettive dei cittadini dell’Unione, mediante un rafforzamento della tutela accordata a tale diritto e una implementazione dei mezzi che risultano necessari a tale scopo. La stessa Corte di giustizia, anche nel periodo antecedente all’entrata in vigore del Trattato di Lisbona e al conferimento di efficacia giuridica vincolante alla Carta di Nizza, ha interpretato estensivamente24 il dettame di cui all’art. 3525 che, nel garantire la protezione della salute dei 24 Si pensi, ad esempio, alla sent. CGCE, causa C-49/2000, del 15.11.2001, con cui il giudice europeo ha constatato la violazione degli obblighi comunitari da parte dell’Italia, derivante dalla non corretta attuazione della direttiva CEE 89/391, nella parte in cui il d.lgs. n. 626/94 restringeva ad alcune specifiche fattispecie il più generale obbligo dei datori di lavoro di valutare i rischi esistenti, sui luoghi di lavoro, per la sicurezza e la salute dei lavoratori. 25 Per un commento all’art. 35 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione si v. A. COSTANZO, Art. 35 (Protezione della salute), in G. BISOGNI, G. BRONZINI, V. PICCONE (a cura di), La Carta dei diritti dell’Unione europea. Casi e materiali, pp. 425-432. 7 cittadini europei prevede, al pari di altre disposizioni della Carta26, una esplicita clausola di salvaguardia delle specificità e delle prassi dei singoli Stati in tale ambito27. Per quanto riguarda, invece, la legislazione europea, sono rinvenibili tutta una serie di regolamenti e direttive che ampliano la tutela del diritto alla salute, imponendo una serie di obblighi agli Stati membri dell’Unione in svariati settori, quale quelli del controllo nella produzione di sostanze chimiche28 e della prevenzione delle malattie, anche (e soprattutto) attraverso la destinazione di ingenti finanziamenti a favore della ricerca scientifica, come previsto dal “settimo programma quadro di ricerca e di sviluppo tecnologico”. Pertanto, sembra possibile affermare come l’odierna strategia europea in materia sanitaria rappresenti l’evoluzione della politica nel settore della sanità pubblica sviluppata a seguito del dibattito scaturito a partire dal 1998, volta a creare un programma d’azione comunitario in tale delicato settore29 per garantire un elevato standard di tutela dei cittadini europei attraverso l’inserimento di specifiche azioni dirette a tutelare la salute in tutte le politiche delle istituzioni europee. Si v. ad esempio, al’art. 14 § 3 che sancisce la libertà di creare istituti di insegnamento (…) e il diritto dei genitori di provvedere all’istruzione dei propri figli secondo le loro convinzioni religiose, filosofiche e pedagogiche (…) nel rispetto delle leggi nazionali che ne disciplinano l’esercizio. 27 L’art. 35 della Carta di Nizza recita: “Ogni individuo ha il diritto di accedere alla prevenzione sanitaria e di ottenere cure mediche alle condizioni stabilite dalle legislazioni e prassi nazionali. Nella definizione e nell'attuazione di tutte le politiche ed attività dell'Unione è garantito un livello elevato di protezione della salute umana” (corsivo nostro). 28 Si v. il Regolamento CE/1907/2006. 29 Il primo è stato quello 2001-2006; cui è seguito il programma d’azione predisposto per il quinquennio 2008-2013. 26 8