piccole conferenze
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Un viaggio
nell’universo
Dalla Via Lattea
alle galassie più lontane
piccola conferenza con
Francesca Matteucci
© dicembre 2011 Scuola Bertolini Portogruaro
Area della ricerca metodologico/didattica
Trascrizione della conferenza
e pubblicazione a cura di Daniele Dazzan
Revisione scientifica:
Edoardo Colavitti
Scelta dei materiali di approfondimento:
Daniele Dazzan
Piccole conferenze
per grandi incontri
Non un “festival della filosofia” o della matematica in piccolo
(e tuttavia non sono estranee le recenti sollecitazioni della Philosophy for children), ma un “festival” della scuola che incontra
Grandi Maestri, disponibili a far circolare dentro la scuola stessa
le loro idee e capaci di rivolgersi a un pubblico di ragazzi.
Una proposta culturale nata dentro la scuola, non preconfezionata all’esterno di essa: gli insegnanti restano i proponenti, i coordinatori, gli artefici dell’iniziativa, e mettono in circolo le loro
competenze disciplinari e il loro impegno transdisciplinare per la
ricostruzione della rete di relazioni che coinvolge il mondo della
conoscenza.
La collocazione delle “Piccole conferenze” nel Teatro Comunale Luigi Russolo, reso disponibile dall’Amministrazione di
Portogruaro, sottolinea la partecipazione convinta dell’istituzione pubblica a un progetto di rivisitazione critica dei saperi tradizionali e di approfondimento dei nuovi saperi emergenti: il teatro
della città si conferma teatro delle idee e luogo di incontro tra
scuola e società civile.
La compartecipazione di una grande realtà produttiva del territorio al progetto si configura, infine, come ulteriore presenza significativa nella positiva, sinergica “triangolazione” delle forze
vive messe in gioco, tutte interessate alla crescita culturale e alla
costruzione del benessere collettivo: il mondo della scuola, l’amministrazione pubblica, il mondo del lavoro e della produzione.
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Saluto dell’assessore alla cultura
prof.ssa Anna Maria Foschi
Buongiorno a tutti, buongiorno ai ragazzi, ai docenti e a tutti i
cittadini che sono venuti ad assistere a questa conferenza.
Mi viene da fare una domanda ai ragazzi: “Quanti sono già
stati in questo teatro?”
Ah, benissimo! Quindi sapete già cos’è un teatro, sapete che il
teatro è di tutti ed è per tutti, ed è un luogo in cui si partecipa a
quello che accade sul palcoscenico.
Io, come assessore alla cultura, vi ringrazio di essere qui e mi
auguro di vedervi anche agli spettacoli che il teatro programma.
Naturalmente vi auguro un buon lavoro, a voi e ai vostri docenti... e, mi raccomando, studiate, perché non è affatto vero, come
oggi si tende a dire - o a far credere - che la cultura sia uno spreco.
Al contrario: è l’ignoranza che ha un costo molto elevato.
Quindi, ragazzi, lavorate e studiate.!
Ringrazio di questa iniziativa e di tutto quanto fanno in particolare i vostri docenti: sono stata insegnante tanti anni e so quanto impegnativo e faticoso sia il loro lavoro.
Ma... basta! Non vi faccio perdere altro tempo. Buona conferenza a tutti!
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Presentazione
di Sandro Supino, dirigente scolastico
A me non piace molto parlare, mi trovo a disagio in questa
posizione, quindi sarò brevissimo.
Sono contento di essere qui: finalmente partecipo direttamente ad una attività di scuola. Il mio mestiere, sempre preso con
RSU, consigli di classe e quant’altro, mi fa perdere molte volte
l’opportunità di seguire la didattica: che è quello che mi piacerebbe fare ma che, ahimé, posso permettermi sempre di meno.
Sono contento anche perché oggi voi, ragazzi di terza media
(classe millenovecentonovantotto, vero? - Beh, in media! Qualcuno sarà in anticipo, qualcun altro in ritardo..., ma siamo lì...),
avete la possibilità di allargare le vostre conoscenze.
Allargare sia nel senso proprio del termine, sia in un senso più
generale: parliamo infatti di stelle, di cose molto grandi, molto
lontane, molto affascinanti, molto “in là”, dunque!
Questa piccola conferenza (è un “piccolo” che mi suona come il
“Piccolo” di Milano, una cosa piccola che è in realtà molto grande) si intitola: Un viaggio nell’Universo, dalla Via Lattea alle galassie
lontane.
La nostra graditissima ospite è Francesca, Maria Francesca:
umbra, di Orvieto, provincia di Terni, laureata in fisica con il
massimo dei voti a soli ventitré anni, alla Sapienza di Roma.
Visto che parliamo di stelle diciamo anche che è nata sotto il
segno dell’acquario..., come Galileo Galilei!
La sua attività scientifica si è sviluppata principalmente nel
campo dell’evoluzione chimica delle galassie e dell’evoluzione
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stellare. Ha collaborato attivamente con ricercatori americani
e giapponesi; è autrice di numerosissime pubblicazioni scientifiche. Attualmente è vice direttore del dipartimento di Fisica
dell’Università di Trieste.
Mi è piacevole ricordare due cose che mi accomunano, seppur
lontanamente, alla professoressa Matteucci: l’anno di laurea, che
non dirò, ed il legame forte con Trieste, città dove la professoressa lavora e dove anch’io ho studiato e mi sono laureato.
Infine i ringraziamenti: non posso non ringraziare il professor
Dazzan, che è un po’ l’anima di questo progetto; il Comune di
Portogruaro; gli sponsor: l’Ipermercato Carrefour, L’Antico Albergo Spessotto e il Centro Commerciale Adriatico.
In più, un ringraziamento particolare a colei che mi ha preceduto in questo incarico di direzione della Scuola Media Bertolini,
ormai felicemente libera dal lavoro: la collega Daniela Villotta,
con la quale ho condiviso molta parte della carriera sia di insegnante (moltissimi anni fa!) sia di dirigente, fino a ieri.
La ringrazio, perché io sono qui a parlare, ma il merito non è
mio, quanto di chi mi ha preceduto, di chi ha fatto questo lavoro negli anni passati: la invito pertanto a dare un saluto a tutti
quanti.
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Saluto
di Daniela Giovanna Villotta, dirigente scolastico
Troppo merito! Sono contenta di aver ricevuto l’invito. La cosa
mi ha fatto veramente piacere: non mi sono sentita dimenticata.
Sono contenta prima di tutto perché ho avuto modo di salutare i ragazzi - che conosco bene: l’anno scorso erano in seconda - e
i loro insegnanti, che ho rivisto con molto piacere;
Ma sono contenta perché mi trovo a continuare insieme a voi
l’esperienza delle Piccole Conferenze. È stata un’esperienza per
tutti molto importante, per cui ci tengo che essa, assieme ad altre
attività della scuola ugualmente significative, possa continuare.
Il fatto che le iniziative non muoiano, e anzi ne facciano nascere altre, mi fa molto piacere. Per le Piccole Conferenze dobbiamo ringraziare indubbiamente la volontà, la grinta, la passione
e la determinazione del professor Dazzan, ma anche l’impegno
di tutti gli insegnanti che preparano i ragazzi a questi appuntamenti, e che poi si fanno carico di rielaborarne i lavori: dopo
ogni conferenza esce infatti un volumetto che contiene non solo
il testo del relatore, ma anche le domande dei ragazzi e le relative
risposte, assieme alle letture e ai materiali utilizzati per preparare l’incontro e approfondirne la tematica. Questa è una parte
davvero importante del progetto, assieme alla conferenza stessa.
Abbiamo così avuto modo di conoscere diversi personaggi
della cultura contemporanea: che è forse la cosa fondamentale,
visto che l’obiettivo che ci guida in questo impegno non da poco,
è proprio quello di fare in modo che i ragazzi, fin da piccoli, si
confrontino con i grandi maestri della cultura per diventare (e
questo a me piace ricordarlo ogni volta) degli adulti dal “palato
raffinato”. Grazie.
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Francesca Matteucci
Laureata in Fisica presso l’Università di Roma “La Sapienza”
nel 1976 (relatore Prof. F. Pacini), con la tesi Un modello numerico per l’evoluzione di un resto di supernova, ha ottenuto una borsa di studio post-laurea del Consiglio Nazionale delle
Ricerche (CNR) sul tema Evoluzione chimica e dinamica delle galassie presso il Dipartimento di Astronomia dell’Università
di Padova (relatore Prof. C. Chiosi).
Assistant Professor nel 1982 presso l’Istituto di Astrofisica
Spaziale (CNR) di Frascati, dal 1983 al 1993 ha avuto incarichi di
ricerca presso l’ESO (European Southern Observatory - Garching) ed è stata Visiting Astronomer presso il Max-Planck
Institut fuer Astrophysik (Garching). Nel 1994 è diventata
Professore Associato presso l’Università di Trieste e dal novembre 2000 è Professore Ordinario presso la stessa Università. Dal
novembre 2003 è membro dell’Accademia Nazionale Italiana dei
Lincei per il settore delle Scienze (Matematiche, Fisiche e Naturali). La sua attività scientifica si è sviluppata principalmente
nel campo dell’evoluzione chimica delle galassie e dell’evoluzione
stellare.
In particolare ha sviluppato modelli numerici per calcolare in
dettaglio l’evoluzione delle abbondanze degli elementi chimici nel
gas nelle galassie.
Ha collaborato attivamente con gruppi di ricerca in USA e
Giappone. Autrice di numerosi articoli scientifici, è presente nei
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Piccole conferenze per grandi incontri
maggiori congressi internazionali. Ha pubblicato per l’editore
Kluwer Academic una monografia dal titolo L’evoluzione chimica della Galassia.
Dal novembre 2003 all’ottobre 2006 è stata Direttore del Dipartimento di Astronomia dell’Università di Trieste. Attualmente è vice direttore del Dipartimento di Fisica della stessa città.
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Avvio
a cura di Daniele Dazzan
La professoressa Francesca Matteucci, astrofisica dell’Università di Trieste, ha accettato il nostro invito a farci da
guida, oggi, in un viaggio attraverso l’universo.
Una delle scienze della natura più antiche, l’astronomia
ha da sempre intrigato gli uomini e sollecitato la loro intelligenza. Non a caso Eratostene, grazie alle sue osservazioni astronomiche – quasi duemilatrecento anni fa – riuscì a
fornire una misura della circonferenza terrestre incredibilmente vicina a quella reale: 40.000 chilometri contro i quarantamilanove effettivi!
Dapprima fonte di divinazioni, quindi di previsioni,
l’Astronomia si slega finalmente dall’astrologia e diventa scienza: contribuisce alla formulazione dei calendari, è
fondamentale per la conoscenza dei cicli stagionali e per
lo sviluppo di un’agricoltura razionale, permette sempre
più all’uomo di capire come sia regolato l’Universo, quanto
esso sia “kosmos”, ordine...
Tuttavia, nonostante le grandi conquiste della conoscenza scientifica, permane in tutti noi l’irresistibile tendenza a
prefigurarci con l’immaginazione e la fantasia mondi lontani, viaggi interstellari o “ritorni al futuro”: questo, del resto, sembrano averci suggerito ultimamente i giornali con
la notizia dei neutrini che viaggiano oltre la velocità della
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Piccole conferenze per grandi incontri
luce (senza parlare dei tunnel di settecento e cinquanta chilometri tra la Svizzera e il Gran Sasso che deve aver affascinato menti dotate di particolare potenza immaginativa).
Ma, proprio a questo proposito, dobbiamo ricordare
che il regista Stanley Kubrick – sulla scia di innumerevoli
predecessori - nel 1968 realizzò un film eccezionale: 2001:
Odissea nello spazio.
Eccezionale non tanto perché vinse l’Oscar, ma proprio
per la fantastica capacità di prefigurare con la mente orizzonti futuri e, soprattutto, per la grande potenza di sintesi
che attraverso il film ci dimostra: Kubrick riesce a condensare milioni di anni di vita nei primi venticinque minuti di
cinema.
Lo spettatore che entra in sala per assistere alla proiezione si trova immerso nel buio totale per quasi un minuto, avvolto da una sorta di totale cuscino sonoro. Poi il silenzio, e
poi ancora il grande “bang”.
A questo punto diciassette lunghi minuti raccontano l’alba dell’uomo: la colonna sonora sono i suoni di una natura
che incomincia la sua storia. Una storia nella quale si stabiliscono progressivamente regole di rapporti e gerarchia tra
gli esseri che si dividono il pianeta, finché un nostro progenitore non scopre che gli è possibile estendere a dismisura
il suo potere attraverso l’uso di un osso: l’osso cessa di essere quello che è e diventa un’arma.
Qui per Kubrick inizia un altro capitolo della storia.
E con una sorprendente intuizione cinematografica, che
riesce a riassumere nel breve momento di una dissolvenza
incrociata le centinaia di migliaia di anni che ci separano da
questo nostro antico progenitore, l’osso/arma lanciato in aria
si trasforma in una navicella che si libra nello spazio.
Penso che dentro queste poche immagini di 2001: Odissea
nello spazio siano condensate almeno due idee importanti:
- la prima idea riguarda la capacità umana di immaginare cose che possono esistere anche solo nel suo pensiero:
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Un viaggio nell’Universo
l’uomo è capace di porsi delle domande e prefigurarsi delle
risposte;
- la seconda è legata all’impressione che, quasi sempre,
quelle domande e quelle risposte abbiano a che fare con la
volontà di potenza dell’uomo, con il suo desiderio di possesso e la conseguente necessità di esercitare il controllo su
quegli strumenti, sempre più sofisticati, che gli hanno permesso di estendere la sua posizione di dominio.
E lasciano aperta una domanda alla relatrice di questa
piccola conferenza, alla professoressa Matteucci: quanta
parte di desiderio di conoscenza pura e quanta parte di
desiderio di dominio sono oggi impliciti nello studio dello
spazio, dei pianeti e delle stelle, che hanno da sempre affascinato l’uomo? Dobbiamo rassegnarci al fatto che le due
cose non possano essere separate?
Una scena tratta da 2001: Odissea nello spazio
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Un viaggio nell’universo
Dalla Via Lattea alle galassie più lontane
Da parte mia il saluto più cordiale a tutti, ragazzi e ragazze, insegnanti, pubblico presente in sala. E soprattutto grazie, per avermi invitata qui: è un onore e un’emozione per
me essere davanti a questo pubblico così giovane, nel quale
sicuramente vi saranno alcuni degli scienziati del futuro.
Quello che vi racconterò verrà fatto nel buio, perché ci tengo molto a parlarvi in compagnia di queste immagini molto
belle: se volete potete anche dormire, ma spero di no, perché
intendo portarvi in un viaggio attraverso la nostra galassia,
cioè il sistema di stelle di cui il nostro sistema solare fa parte
- sono cento miliardi, pensate - e inoltrarvi poi nell’universo
più lontano, fino ad arrivare vicini al big bang (l’evento che
pensiamo abbia dato origine all’universo stesso).
Non ci saranno formule, non ci saranno cose complicate,
anche se cercherò di accennare in qualche modo a quelle
che sono le ultime scoperte della scienza.
So che con le persone giovani si può parlare di tutto, non
c’è mai un limite (difficilmente ci si trova bloccati da pensieri del tipo; “questo è troppo complesso...”, “quest’altro ha
bisogno di spiegazioni troppo lunghe...” ): caso mai è con le
persone più anziane che le cose si possono complicare.
Per cominciare dirò che attualmente sono professore di
Astrofisica all’Università di Trieste, insegno alla laurea spe19
Piccole conferenze per grandi incontri
cialistica in Astrofisica e Cosmologia; se qualcuno fosse interessato, anche in futuro, a queste scienze, potrà cogliere
l’occasione anche per cominciare a farsi un’idea del lavoro
che facciamo.
Allora: che cos’è la Via Lattea?
La Via Lattea è la nostra galassia, dal greco gala, che vuol
dire latte.
Se qualcuno di voi, anche se così giovane e nato in un’era
altamente tecnologica e piena di luci, in una notte particolarmente buia e nitida, magari al mare o in montagna, riesce ancora a vedere una striscia biancastra che solca il cielo,
deve sapere che quella è la Via Lattea. L’immagine che vedete è una fotografia della Via Lattea ripresa dall’Australia,
cioè dall’emisfero Sud, che guarda un cielo completamente
diverso dal nostro, molto più bello e ricco di stelle.
La Via Lattea vista dall’australia
Se Galileo avesse guardato col suo telescopio da laggiù,
sarebbe stato molto più soddisfatto, probabilmente.
La Via Lattea è fatta di stelle: lo sappiamo grazie a Galileo, che nel 1610 riuscì a distinguerle. Ma prima era qual20
Un viaggio nell’Universo
che altra cosa, o meglio: la gente credeva che fosse un’altra
cosa. Le nubi scure che vedete sono proprio nebulose di
polvere che assorbono la radiazione ottica e la riemettono
in una radiazione che il nostro occhio non vede, e che è
l’infrarosso.
Puntando verso la costellazione del Sagittario ci inoltriamo verso il centro della nostra galassia: un posto estremamente interessante, anche se è pieno di eventi violenti.
La Via Lattea prima di Galileo era tante cose: era il latte
perso da Giunone mentre allattava Ercole, nell’antica Grecia; era la strada per Roma, per i primi Cristiani; o, ancora, il
grano seminato da Iside, per gli Egiziani; oppure un grande
fiume, per gli Arabi e, pensate, polvere di stelle fatta d’oro
per gli Incas (questo è molto bello...); e tante altre cose.
Jacopo Tintoretto,
L’origine della Via Lattea,
cm. 148 x 165,
Londra, National Gallery.
In questa immagine vediamo raffigurato per esempio il
mito greco di Giunone. Ve lo racconto in due parole: Giove
aveva avuto Ercole da una ninfa, quindi non da sua moglie;
però ebbe la sfacciataggine di portarlo a Giunone perché
lo allattasse. Allora Giunone, giustamente, disse: “E chi lo
vuole?!” Vedete: con la mano lo allontana da sé; ma facendo questo il latte esce dalla bocca e crea il firmamento.
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Piccole conferenze per grandi incontri
Questo è un bel quadro di Tintoretto, che si trova alla
National Gallery di Londra, ed è la rappresentazione dell’idea che si aveva della galassia fino al 1600.
Nel 1610 Galileo scoprì che la galassia era fatta di stelle e
non di datteri e nel Sidereus Nuncius scrisse questa frase in
latino che saprete certamente tradurre: “Nihil aliud quam
innumerarum stellarum coecervatim consitarum congeries” che, facendo un riassunto, vuol dire “fatta da miliardi
di stelle”.
Quindi con Galileo si è aperta un’era completamente diversa; è stato lì che l’astronomia si è distaccata dall’astrologia, anche se Galileo stesso era astrologo: fino ad allora,
infatti, come ha detto il professor Dazzan, le due cose non
erano distinte.
Poi abbiamo avuto due personaggi illustri, due filosofi
come Wright e Kant, che ebbero un’intuizione incredibile,
quella degli universi-isola: e questo avveniva nel 18° secolo.
Alcuni oggetti che si vedevano nel cielo, delle nebulose,
non si capiva se facessero parte del nostro sistema o meno.
Dovete pensare che uno dei problemi fondamentali in
astronomia è la misura delle distanze. Se io non so a che distanza si trova un oggetto, non riesco a ricostruire la mappa:
magari lo credo vicino perché è molto brillante, mentre in realtà è più lontano di un altro che invece è solo meno brillante.
Wright e Kant, dunque, pensarono che questi oggetti fossero Universi-isola, cioè quasi un’altra galassia: e infatti era
vero, come vedremo. Poi Herschel, e poi Kaptyn, aprirono
delle strade maestre perché osservando la Via Lattea capirono che noi ci troviamo in un disco di stelle e ne diedero
anche le dimensioni. Solo che all’inizio credevano che il sistema solare stesse al centro di questo disco, perché l’uomo
ha sempre avuto questa presunzione di essere al centro di
tutto: della galassia, dell’universo... In realtà sappiamo che
non siamo al centro di nulla! Per fortuna, anzi, siamo alla
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Un viaggio nell’Universo
periferia della nostra galassia, e se così non fosse saremmo
distrutti istantaneamente dai fenomeni violenti che ci sono
nelle parti centrali. Poi bisogna arrivare agli inizi del novecento, con Sharpley e Hubble (Hubble è lo scienziato che
ha scoperto la legge per cui le galassie si allontanano e che
ha dato origine alla teoria del Big Bang, come vedremo tra
un attimo): all’inizio del ventesimo secolo, finalmente, con
la misura corretta delle distanze delle stelle, si è capito che
la nostra galassia era un sistema ben preciso, e che gli altri
oggetti che si vedevano in cielo, come le nebulose, erano
altre galassie.
Se noi riuscissimo a vederla di faccia - cosa che non possiamo fare perché ci stiamo dentro -, la Via Lattea ci apparirebbe più o meno come questa (lo sappiamo perché l’abbiamo “ricostruita”):
Come vedete c’è un nucleo centrale, fatto di stelle dal
colore bianco. Sapete che le stelle hanno temperature diverse nella loro atmosfera: a seconda della temperatura si
passa dal bianco al blu, al giallo e al rosso, come un pezzo
di ferro che venga scaldato. Quindi nel centro ci sono delle
stelle particolari con quella luce, e ce ne sono tante! Poi
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Piccole conferenze per grandi incontri
vedete che dal centro si dipartono delle braccia di spirale
che si avvolgono intorno. Noi stiamo un po’ in disparte..., e
su queste braccia ci sono stelle giovani che danno luce blu,
gas e polveri.
Ecco, la nostra galassia vista di taglio è come due cappelli da prete disposti l’uno sull’altro.
Il nostro sole è a venticinquemila anni luce dal centro. Un
anno luce è lo spazio percorso dalla luce in un anno, la luce
viaggia a trecentomila chilometri al secondo...: sono numeri
con tantissimi zero, dietro. Pensate, un parsec1 è 3 x 10 alla 16
metri. Vi parlo di anni luce perché è più semplice da immaginare: ma sono distanze incredibili per noi qui sulla terra.
Il parsec (abbreviato in pc) è un’unità di lunghezza usata in astronomia. È definito come la distanza alla quale la parallasse annua è esattamente di un secondo d’arco, ed equivale a 3,26 anni luce. Misurando
l’angolo della parallasse e la distanza tra i due punti di osservazione
è possibile calcolare la distanza dell’oggetto per mezzo della trigonometria. Questo è un caso particolare della triangolazione, in cui dato
un lato e due angoli oppure un angolo e due lati è possibile calcolare
l’intero triangolo.
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Un viaggio nell’Universo
Noi stiamo alla periferia della Via Lattea, come si può ben
vedere nell’immagine riportata nelle due pagine seguenti.
Quella qui in basso è invece l‘immagine vera della nostra
galassia presa nelle microonde; noi a occhio nudo non la
vediamo, ma nelle microonde è possibile ricavarne l’immagine. Quello centrale è il disco, il cosiddetto “bulge”2, o
“bulbo”, in italiano (o nucleo): la distanza totale del disco,
la larghezza, è ottantamila anni luce. Intorno a questo disco
ci sono degli oggetti che fanno parte dell’alone: sono stelle
molto molto vecchie, le prime che si sono formate, che stanno in ammassi chiamati ammassi globulari. Ci sono circa un
milione di stelle, in ammassi globulari molto compatti: gli
oggetti più vecchi della galassia (hanno l’età dell’universo:
circa quattordici miliardi di anni).
In astronomia, un bulge (rigonfiamento, detto anche Core) è un
gruppo di notevoli dimensioni formato da un gran numero di stelle.
Il termine comunemente si riferisce al gruppo centrale di stelle che si
trova nella maggior parte delle galassie a spirale. Il bulge nelle galassie a
spirale è solitamente composto da stelle di Popolazione II, piccole, rosse
e vecchie che nacquero assieme alla galassia circa un miliardo di anni
dopo il Big Bang. Si pensa che la maggior parte dei bulge ospiti al suo
interno un buco nero supermassiccio. Tali buchi neri non sono mai stati
osservati direttamente, ma esistono molte prove indirette, soprattutto
dei loro effetti gravitazionali sulle stelle e sul gas interstellare, che permettono peraltro di stimarne la massa. Alcune galassie hanno bulge con
stelle di Popolazione I (giovani stelle blu), o una combinazione delle due
popolazioni. Anche se questo caso non è ancora chiaro, è solitamente
portato come prova di interazioni con un’altra galassia (es.: fusione di
galassie), che invia nuovo gas al centro e favorisce la formazione stellare. (fonte: Wikipedia)
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Piccole conferenze per grandi incontri
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Un viaggio nell’Universo
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Piccole conferenze per grandi incontri
Abbiamo potuto realizzare l’immagine della nostra galassia grazie al satellite Cobe, che è quello che ha misurato
anche la variazione di fondo a microonde, il fossile del Big
Bang. Questa radiazione sta qui con noi adesso, ci passa tra
i capelli. Non ce ne accorgiamo, ma c’è! Essa è appunto il
residuo della grande esplosione che ha dato origine all’universo. La si misura in questa banda delle microonde, nella
quale la nostra galassia appare come nella riproduzione fotografica, dove vedete il bulbo centrale e il disco.
Dove siamo noi nell’universo? Lo possiamo agevolmente vedere nell’illustrazione della doppia pagina precedente.
Noi ci troviamo sulla Terra, che a sua volta sta nel sistema
solare, coi suoi pianeti: Giove, Saturno... Il sistema solare è
nato quattro miliardi e mezzo di anni fa e noi, con il nostro sistema solare, stiamo dentro la galassia. La galassia, a
sua volta, fa parte di un gruppo di circa cinquanta galassie,
che si chiama gruppo locale; il gruppo locale, a sua volta, fa
parte di un ammasso di galassie, un “super ammasso”. Gli
ammassi di galassie hanno molto più di cinquanta galassie,
e i super cluster, come si dice in inglese, contengono più di
un ammasso. Il nostro sistema solare è nato solo quattro
miliardi e mezzo di anni fa, l’universo invece è nato quattordici miliardi di anni fa.
Edwin Hubble, che si vede
nella foto a lato al telescopio di
Mount Wilson, in California, è
stato l’uomo che ha aperto, diciamo, uno squarcio nelle nostre conoscenze: egli ha misurato le distanze di queste nebulose esterne
degli universi isola attraverso delle
stelle, che si chiamano cefeidi, variabili in luminosità. C’è infatti
una precisa relazione fra la variazione di luminosità e distanza: è
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Un viaggio nell’Universo
in base a questo principio che negli anni trenta siamo riusciti a misurare le distanze tra le galassie. Hubble ha fatto una scoperta fondamentale e cioè che le galassie hanno
velocità proporzionali alla loro distanza: più sono lontane
e più sono veloci. Questa teoria è stata alla base della teoria
del Big Bang, assieme a quella della radiazione di fondo di
cui vi ho parlato prima. Il nostro universo ha avuto origine
da questa esplosione, da questa singolarità - come diciamo
in termini scientifici - che non è avvenuta in un punto preciso, ma ovunque: è in quel momento che si sono creati la
materia e lo spazio, e da allora lo spazio si sta espandendo.
Ne sono passati di anni, da Galileo e da Hubble! Adesso
abbiamo dei telescopi super moderni, stiamo vivendo il rinascimento dell’astronomia: è una fase incredibile, questa!
Nel deserto di Hatacama. è stato segato un cucuzzolo di
montagna per collocarvi il telescopio più grande del mondo, il VLT, Very Large Thelescope. Questo telescopio appartiene anche a noi italiani, lo paghiamo anche con le nostre
tasse. Esso è stato costruito dall’European Southern Observatory, un’associazione di dodici Paesi europei che cooperano
per poter disporre di telescopi nell’emisfero sud del pianeta: come v’ho detto, il cielo dell’emisfero sud è diverso da
quello nord.
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Piccole conferenze per grandi incontri
Ci sono quattro telescopi, con i nomi molto romantici
delle divinità incas: Antu (il Sole), Kueyen (la Luna), Melipal
(la Croce del Sud) e Yepun (Venere). I telescopi sono fatti da
uno specchio (proprio uno specchio: ci si riflette, se ci si va
vicino), e hanno un certo diametro: più grande è il diametro
e maggiori sono i fotoni - la luce - che riusciamo ad accogliere e a mandare nel centro del telescopio (dove ci sono
lo spettrografo, gli strumenti che fotografano, gli spettri e
tutto il resto...). Questi specchi hanno ciascuno un diametro di otto metri: con essi siamo riusciti a vedere galassie
che hanno undici, dodici, tredici miliardi di anni (ovvero:
galassie la cui luce ha impiegato questo tempo per arrivare
a noi). Se sono usati tutti insieme, come diciamo: “in interferometria”, corrispondono ad un unico telescopio con un
diametro di 16 metri. Più il diametro è grande e più riusciamo a vedere indietro nel tempo.
Chi fa l’astronomo prima o poi va in Cile a fare osservazioni con questi telescopi. Sono telescopi ottici, ovviamente, a banda ottica. Devo dirvi, infatti, che l’atmosfera terrestre fa passare solo certe frequenze di luce, tra cui quella
che noi appunto chiamiamo “ottica”, “visibile” (quella che
vediamo). Altre frequenze, per fortuna nostra, come gran
parte dell’ultravioletto, degli x e dei gamma, non passano:
altrimenti saremmo morti. Per poter osservare nelle altre
bande dobbiamo dunque uscire dall’atmosfera.
Qui vediamo il telescopio spaziale Hubble, che fa proprio
questo: si vede la Terra, e si vede Hubble coi suoi pannelli
solari. Hubble è stato lanciato nel 1990, non ricordo se dal
Challenger, e sono stati ventun anni gloriosi, veramente
gloriosi, perché le maggiori scoperte sono state fatte proprio con questo telescopio. Esso orbita a 550 km sopra di
noi, compie il giro della Terra in 90 minuti, e ci permette di
osservare cose spettacolari: con Hubble abbiamo superato
l’immaginazione, perché vedere al di fuori dell’atmosfera
vuol dire in un certo senso vedere oltre la nebbia. Tuttavia
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Un viaggio nell’Universo
ci si accorse subito che lo specchio del telescopio Hubble,
che pur misurando solo 4 metri e mezzo riesce comunque
a vedere lontanissimo poiché si colloca fuori dell’atmosfera, aveva un’aberrazione: come uno miope, vedeva le cose
sfocate.
Pur permettendo di ottenere immagini molto più belle di
quelle prese da terra, in un primo momento Hubble fu piuttosto deludente. Degli astronauti eorici, tra cui anche una
donna, furono allora mandati a “mettere gli occhiali” ad
Hubble. Gli “occhiali” sono lo strumento (si chiama Costa)
che, una volta collocato, ha permesso ad Hubble di fornire
immagini davvero spettacolari
Allora, cominciamo a dare qualche informazione: la nostra galassia, come tutte le galassie è fatta ovviamente di
stelle: una stella è il nostro sole, e ce ne sono circa 100 miliardi. Le stelle sono come noi: nascono, vivono e muoiono. Durante la loro vita brillano perché innescano reazioni
nucleari nel loro centro, in particolare reazioni di fusione:
prima trasformano l’idrogeno in elio, poi l’elio in elementi
più pesanti. Poiché durante il Big Bang si sono formati solo
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Piccole conferenze per grandi incontri
elementi leggeri (come idrogeno e deuterio), tutti gli altri
elementi, come vedremo tra un attimo, li hanno fatti le stelle.
Non so se voi avete delle nozioni di fisica, ma qualcosa
penso sappiate: gli atomi sono fatti da un nucleo e una nuvola di elettroni; l’atomo che ha la massa più piccola di tutti
è l’idrogeno, ed è fatto di un protone e di un elettrone, che
si trovano nel nucleo.
Bene: gli elementi che si sono formati durante il Big Bang,
la grande esplosione, sono solamente l’idrogeno, il deuterio
(che ha un nucleo fatto da un protone e da un neutrone),
l’elio (con nucleo fatto da due protoni e due neutroni) e un
po’ di litio. Il litio ha un nucleo un po’ più massiccio, ma ne
viene fatto molto molto poco.
Tutti gli altri elementi, dal carbonio 12 che ha dato origine alla vita fino agli uranici e ai transuranici, sono stati fatti
dalle stelle, e noi stessi possiamo dunque stare qui a parlare proprio perché le stelle hanno originato questi elementi.
Siamo proprio “figli delle stelle”: la vita è nata infatti dalla
chimica del carbonio, e il carbonio si è costituito solo dentro
le stelle quando, data la forte espansione dell’universo, le
temperature hanno subito un forte calo, come le densità: le
reazioni nucleari hanno bisogno invece di alta densità e di
alta temperatura.
Quindi pensate: la concentrazione di elementi quali il
carbonio, l’ossigeno e il ferro è aumentata di mille volte ne32
Un viaggio nell’Universo
gli ultimi dodici miliardi di anni. Questo processo costituisce l’evoluzione chimica del cosmo e noi siamo come degli
archeologi quando misuriamo gli spettri delle stelle e l’abbondanza di questi elementi: solo da questo ricostruiamo
tutta la storia delle galassie e dell’universo.
Molto rapidamente, quando si parla di fusione dell’idrogeno ci si riferisce, in pratica, a questo: quattro protoni si
devono unire per costituire un nucleo, due di essi si trasformano in neutroni e nasce il nucleo di elio.
Poi dall’elio nasce il carbonio:
Tre particelle alfa (tre nuclei di elio, gli elioni) fanno un
nucleo di carbonio, che ha dodici particelle (3x4=12). Il tutto
avviene sempre con emissione di energia, anche la fusione
dell’Idrogeno: è questo che fa brillare le stelle; il nostro sole
brilla perchè sta applicando quella reazione che ho fatto vedere prima. Quando le stelle sono molto massicce riescono
ad innescare una serie di reazioni nucleari che portano anche ad elementi molto più pesanti: dal carbonio si arriva
all’ossigeno, al neon e al magnesio, sempre per ulteriore
cattura di particelle alfa, cioè di nuclei di elio.
33
Piccole conferenze per grandi incontri
Ma vediamo ora dove nascono le stelle. Quella riportata
nell’illustrazione seguente è la nebulosa di Orione:
La Nebulosa di Orione vista dal Telescopio Spaziale Hubble
È un’immagine di Hubble, guardate che meraviglia! I colori dell’originale sono un pochino falsati, ma le differenze e i colori rispecchiano la realtà. Diciamo che i vari colori
sono dati dagli elementi chimici e dominano in alcune parti.
Questa è una nebulosa di gas, che può essere neutro o molecolare. Generalmente le stelle nascono dal gas molecolare,
molto freddo; si tratta di una nursery stellare...
Come la prossima, la nebulosa dell’Aquila (l’avete mai
vista questa immagine? E’ famosissima). Vedete i cumuli
di gas, quelle specie di torri? Le stelle si formano lì dentro.
Ci sono anche alcune immagini in cui si vede addirittura la
stella col proprio sistema planetario che si sta formando.
34
Un viaggio nell’Universo
I “Pilastri della creazione”.
Una piccola zona della grande nebulosa dell’Aquila. È un’immagine del
1995, ottenuta dal telescopio spaziale Hubble, HST, che ha fatto epoca
La morte delle stelle è impressionante, se sono delle supernove; se sono stelle come il nostro sole, finiscono come
nane bianche, che sono oggetti molto compatti. Ma prima
di fare la nana bianca, espellono il loro mantello esterno, in
una fase denominata nebulosa planetaria.
35
Piccole conferenze per grandi incontri
Nella prima delle due immagini appaiate della pagina
precedente si può distinguere una stellina centrale piccola
piccola, caldissima, tipo duecentomila gradi; l’altra, sembra
che sia una specie un occhio... Ce ne sono di forme svariatissime: il nostro sole finirà così. Dopo questa fase la stella
comincia a raffreddare, diventa estremamente compatta,
la materia assume uno stato che non è quello normale, ma
viene definito degenere: e si forma la nana bianca. La nana
bianca è così densa che è come se avessimo nella dimensione di un fagiolo il peso di un camion.
L’immagine che segue mostra i resti della supernova di
Tycho: l’esplosione finale di questa stella, a settemilacinquecento anni luce dalla Terra, fu studiata nel 1572 dall’astronomo danese Tycho Brahe. Questa immagine è stata ottenuta
dal satellite a raggi X Chandra il 29 aprile 2003. Si tratta di gas
a temperatura elevatissima espulsi dall’esplosione e circondati da una “conchiglia” di elettroni ad alta energia.
Se le stelle sono molto massicce e hanno più di dieci volte la massa del sole, esplodono. Quella che si vede nell’immagine che segue è la nebulosa del granchio, esplosa nella
costellazione del Toro nel 1050, osservata anche dagli astronomi cinesi.
36
Un viaggio nell’Universo
Immagine della Nebulosa Granchio ripresa dal telescopio spaziale Hubble.
Nel centro esatto della nebulosa si trova una pulsar, una stella di neutroni
che ruota alla velocità di 30 giri al secondo.
Quando la stella esplode butta fuori il suo mantello esterno; in questo caso lascia pure all’interno una cosa compattissima, in questo caso una Pulsar. La Pulsar è una stella di
neutroni, ancora più compatta della nana bianca. Pensate: è
paragonabile a una goccia di pioggia che contenga tutta la
popolazione del mondo. Pensate quanto pesa una cosa di
questo genere, e quanto è densa!
Questa qui che vedete, questa cosa strana con gli anelli, è
esplosa recentemente, non eravate nati, era il 1987. Io me lo
ricordo, quel 23 febbraio...
37
Piccole conferenze per grandi incontri
Supernova 1987/A nella “Grande nube di Magellano”; dista ca. 170.000 a.l.
Un astronomo, anzi un astrofilo canadese - ché poi sono
sempre gli astrofili che fanno le scoperte migliori, non gli
scienziati (non si sa perché..., è la fortuna) - stava guardando la grande nube di Magellano, (una galassia molto vicina a noi, “solo” centosettantamila anni luce). Ad un certo
punto vede una patacca su questa lastra fotografica: era una
cosa luminosissima! Esce a guardare - all’emisfero sud si
vede la grande nube, qua no -: era brillante come Venere!
Pensate, era una supernova (questo nome glielo hanno dato
gli antichi, vuol dire nuovissima).
Quando una stella esplode, la sua luminosità diventa
centinaia, migliaia di volte maggiore di quella del sole! Però
lì per lì l’astrofilo non capiva di cosa si trattasse. Ha aspettato, il disgraziato, due giorni, prima di dare la notizia. Come
38
Un viaggio nell’Universo
la notizia è partita, tutti i grandi telescopi del mondo si sono
puntati istantaneamente lì, ed essendo la supernova esplosa
in un oggetto di cui si conosce la distanza, siamo riusciti a
misurare tutte la quantità fisiche, inclusi i neutrini, che ci
aspettiamo escano fuori immediatamente prima dell’esplosione, quando si forma la stella di neutroni.
Gli scienziati non hanno ancora capito bene come si siano formati gli anelli che si vedono, e perché si siano formati
esattamente in questo modo. Abbiamo però capito che si
tratta di materia espulsa dalla stella (un oggetto pari a venti
masse solari) durante la sua vita, prima di esplodere.
Ora voi mi chiederete: “c’è la Pulsar pure lì?” No, lì non è
stata vista: forse si formerà più in là, perché è giovane, mentre nella nebula del Granchio c’è. In molti resti di Supernova di
tipo II (quelle che vengono dalle stelle massicce) si trovano
delle Pulsar, che sono come degli orologi cosmici, con stelle i cui neutroni ruotano molto rapidamente a causa di un
fortissimo campo magnetico: sono oggetti molto peculiari.
Questa è invece una Supernova di tipo Ia:
Le supernove di
tipo Ia sono tra i
fenomeni cosmici più luminosi e
possono emettere
un raggio di luce
anche più intenso
di quello di un’intera galassia.
39
Piccole conferenze per grandi incontri
Ci sono anche le nane bianche: se si trovano da sole, muoiono tranquillamente, si raffreddano e diventano materia
oscura; ma se si trovano vicine ad un compagno più giovane, ringiovaniscono anch’esse perché, quando il compagno
getta loro addosso della materia, queste possono esplodere,
raggiungendo una massa limite oltre la quale non sono più
stabili. Sono delle supernove potentissime, che distruggono
tutto e non lasciano niente dentro. Quella che abbiamo visto così luminosa è una supernova Ia in una galassia.
L’immagine che segue, invece, è un disegno artistico di
ciò che pensiamo succeda: c’è un un oggetto compatto, la
nana bianca, la stella compagna, che quando diventa gigante (la fase in cui la stella diventa molto grande: interesserà
anche il nostro sole,) getta materia sull’altra stella e crea un
disco di accrescimento, la materia va a cadere sulla nana
bianca, che esplode. Questi oggetti crediamo che siano quelli che producono nell’Universo la maggior parte del ferro:
La nostra galassia non è l’unica, ovviamente. E’ una galassia normalissima, ce ne sono tantissime come la nostra:
non siamo speciali per niente! Anche le altre galassie contengono da alcuni miliardi a centinaia di miliardi di stelle,
40
Un viaggio nell’Universo
soprattutto stelle come il sole. Le stelle molto massicce sono
poche e, come abbiamo visto, attraverso le stelle gli atomi
sono diventati sempre più complessi: un fenomeno che vi
ho descritto prima e che avviene non soltanto nella nostra
galassia, ma anche nelle altre.
Abbiamo visto le galassie a spirale, come la nostra. Questa invece è M87, la galassia centrale dell’ammasso della
Vergine, (è l’ammasso di galassie più vicino al nostro gruppo). Essa è molto diversa: è uno sferoide, fatto di stelle tutte
bianche, e ciò significa che è costituita di stelle vecchie, senza più gas: non c’è formazione stellare recente.
Questi oggetti sono molto massicci e, soprattutto, si troviamo dentro gli ammassi di galassie, infatti le galassie possono trovarsi sia in ammassi, sia sparpagliate nel cosiddetto field (”campo”).
41
Piccole conferenze per grandi incontri
Poi esistono le galassie irregolari: Hubble le ha catalogate tutte, e questa è la grande nube di Magellano, dove
è esplosa la supernova del 1987, che da noi è arrivata il 23
febbraio, ma la cui luce era partita centosettantamila anni
prima. Capite già dal nome che non hanno una forma precisa, non hanno bracci di spirale, né sono sferoidi: sono irregolari e sono costituite da tanto gas e da stelle giovani.
Questo ci dice molto su come evolvono le galassie. Non
ve lo sto a dire oggi, ma misurando appunto la quantità di
gas, - la composizione chimica - e costruendo dei modelli,
riusciamo a capire facendo un percorso a ritroso: come gli
archeologi, andiamo indietro nel tempo e ricostruiamo la
storia di questi oggetti.
Sebbene sia piccola e irregolare, la Grande Nube è piena di oggetti interessanti tra cui nebulose diffuse (specialmente la nebulosa Tarantola, NGC 2070,
una regione gigante H II), ammassi globulari e aperti, nebulose planetarie e
altro. Il 24 Febbraio 1987 si verificò una supernova, la più vicina osservata
dai tempi di Keplero, prima dell’invenzione del telescopio. Questa Supernova
1987A, particolare e di tipo II, è stata uno dei più interessanti oggetti degli
anni ottanta e c’è chi dice di tutto il secolo.
42
Un viaggio nell’Universo
Le galassie poi si uniscono in ammassi. La foto che segue è stata scattata dal telescopio di Hubble e fa vedere,
appunto, un ammasso di galassie; si possono distinguere
spirali, nuclei, spiraline, ellittiche...Ve ne sono tante, in un
ammasso: cento, duecento galassie legate in qualche modo
gravitazionalmente tra di loro.
Noi sappiamo che gli ammassi di galassie sono circondati da una grande quantità di materia oscura. Questo lo
capiamo perché quando misuriamo la loro gravità e la confrontiamo con quella delle singole galassie, scopriamo che
ce n’è molta di più: ciò vuol dire che questa gravità è dovuta ad una materia che noi non vediamo. La cosa avviene anche nella nostra galassia. Tutte le galassie sono circondate
da aloni di materia oscura. E non sappiamo di cosa sia fatta questa materia oscura: in parte sono “cadaveri” di stelle
(abbiamo visto la nana bianca, la stella di neutroni); poi c’è
anche il buco nero. Se una stella è molto molto massiccia,
43
Piccole conferenze per grandi incontri
quando esplode, invece di lasciare la nana bianca al centro
come supernova, lascia un buco nero. Però questi “cadaveri“
non sono sufficienti, questi a spiegare la gravità che vi misuriamo. Ci deve essere quindi una materia oscura, che noi
chiamiamo non-barionica3, e che deve esser fatta di qualche
altra cosa che ancora non sappiamo.
Com’è composto l’Universo?
Dalla legge di Hubble, che afferma che le galassie si
espandono con una velocità proporzionale alla distanza,
e dallo studio di tutte le caratteristiche della radiazione di
fondo a microonde, che è il relitto del Big Bang4, attraverso
confronti con modelli cosmologici, si è stabilito che l’Universo non è tanto dominato dalla materia, ma soprattutto
da un’energia. Voi mi prenderete per matta, un po’, ma in
realtà è così: l’universo è composto per la maggior parte
da quell’energia che noi abbiamo chiamato “dark energy”
(“energia oscura”, sembra proprio di stare in 2001: Odissea nello spazio). Essa costituisce il 70% dell’Universo; l’altro 30% è fatto di materia, che per la maggior parte è però
anch’essa materia oscura, della quale cioè non conosciamo
la natura. Ciò che vediamo è una frazione piccolissima di
quanto esiste nella realtà.
Questo lascia spazio alla fantasia, come diceva all’inizio il professor Dazzan. Voi andrete a casa e direte: ”oggi
una matta ci ha parlato di energia oscura...!”. In realtà i
nostri studi, gli studi di tutti gli scienziati del mondo, fatti con grande dettaglio5 confermano l’ignoranza rispetto
Cioè: non costituita da protoni e neutroni, che vengono chiamati
barioni (dal greco, che vuol dire “[materia] pesante”).
4
La radiazione di fondo è quello che resta dell’energia del Big Bang,
della luce prodotta dal Big Bang, che si è raffreddata passando - pensate - da 1013 gradi Kelvin a 2 gradi e 7, vicino allo zero assoluto.
5
Qualche giorno fa è stato dato il Nobel a tre astrofisici che hanno
derivato, appunto, l’energia oscura tenendo conto della legge di Hubble misurata con le Supernove Ia: si tratta di Perlmutter, Riess e Schmidt.
3
44
Un viaggio nell’Universo
alla materia della quale è fatta la gran parte dell’Universo.
Anche le percentuali non sono state stabilite con esattezza.
Tuttavia si può affermare che l’intera torta sia fatta per
almeno per il 73% di energia oscura e per il 23% di materia
oscura: il resto è quello che conosciamo, che vediamo e
che abitiamo.
Questo ci dà anche la misura di quanto siamo piccoli in
questo Universo, e di quanto ci sia ancora da scoprire!
Proprio per questo stiamo progettando grandissimi telescopi, li ho chiamati “mastodonti del futuro”: essi ci permetteranno di capire sempre di più e meglio, e di osservare
sempre più indietro nel tempo. Uno di questi telescopi è
l’ALMA Array6 (Atacama Large Millimeter Array).
Si tratta di un progetto europeo, americano e giapponese
che partirà l’anno prossimo e consiste di sessantasei radio
telescopi che misurano la luce radio, ognuno con un diametro di dodici metri, e cattureranno le informazioni sulle stelle e sulle galassie fin dai primissimi tempi dopo il Big Bang.
Con il suo costo stimato in 1,3 miliardi di dollari USA, è attualmente il più costoso progetto astronomico basato a terra.
6
45
Piccole conferenze per grandi incontri
Le galassie più lontane sono state già viste dallo Hubble
Space Telescope e si trovano a tredici miliardi di anni luce,
ovvero sono nate seicento-settecento milioni di anni dopo
il Big Bang e hanno viaggiato (la loro luce ha viaggiato...)
per tredici miliardi di anni. Qui nella figura sono indicate
dai cerchietti: vedete, sono debolissime, però sono galassie,
probabilmente le prime che si sono formate.
Le galassie più lontane si trovano a
13 miliardi di anni luce e sono state
osservate da HST: sono nate 600700 milioni di anni dopo il Big Bang
(sono quelle indicate dai cerchietti
nell’immagine).
46
Un viaggio nell’Universo
Il mastodonte più mastodonte di tutti è E-ELT (European Extremely Large Telescope), è stato progettato da un mio
compagno di Università che lavora all’Eso (originariamente aveva progettato uno specchio da cento metri, dai costi
proibitivi): questo è un telescopio che va messo a terra, ovviamente; ci si è risolti a realizzare uno specchio da 42 metri
di diametro. Vi ho spiegato che più grande è il diametro,
più indietro nel tempo possiamo andare: qui andremo veramente a catturare la luce dei primi istanti, di quando si
sono formate le galassie. Meglio dell’Hubble Space Telescope,
che pure viaggia al di fuori dell’atmosfera.
Detto questo, voglio finire la mia carrellata facendovi
vedere un bellissimo “film”, che avrebbe bisogno di una
colonna sonora, ma che purtroppo non ho: si tratta di un
viaggio che parte dal sistema solare, dentro la galassia, per
47
Piccole conferenze per grandi incontri
proseguire oltre la galassia stessa, nel Gruppo Locale, fino
all’Ammasso della Vergine7.
Eccoci qua: il filmato è stato fatto da alcuni astrofisici,
alle Haway, e le posizioni sono tutte quelle vere. Vedremo
la Via Lattea, dietro il disco della nostra galassia; ci alzeremo dal sistema solare e incontreremo Orione, che vi ho fatto
vedere prima, dove nascono le stelle; quindi la Testa di Cavallo, e Rosetta... Naturalmente si viaggerà a velocità molto
maggiore della luce!
Quindi ci solleveremo dal piano della galassia e incontreremo la luce abbagliante del centro del “bulge”. Ad un
certo punto ci staccheremo dalla nostra galassia e imboccheremo lo spazio siderale, quasi vuoto. Sarà la volta di Andromeda, una delle galassie più vicine, e della grande nube
di Magellano. Ci muoveremo dentro il Gruppo Locale: enormi
spazi incredibilmente vuoti, con piccole galassie che ci verranno incontro, e galassie a spirale... Quindi ci sposteremo
verso l’ammasso di galassie più vicino alla nostra, quello
della Virgo, la “Vergine”, fino a quella galassia ellittica che
già abbiamo visto, l’M87...
Qui il nostro viaggio avrà termine..., e io vi ringrazio fin
d’ora per l’attenzione e l’interesse che avete manifestato.
Francesca Matteucci
Portogruaro, 19 ottobre 2011
Un altro viaggio nell’universo è proposto in you tube, all’indirizzo
http://www.youtube.com/watch?v=JAXz3x-nqTU
7
48
DOMANDE
Domande
Buongiorno a tutti, complimenti alla dottoressa perché,
effettivamente, oggi abbiamo sognato; volevo chiedere
una cosa, una curiosità più che altro personale, anche
se di uscita recente: ho letto da qualche parte che viene
messo in discussione Einstein e la sua teoria della relatività. Se questo fosse vero, cosa cambierebbe nell’astrofisica?
Bella domanda… Lei l’ha letto perché effettivamente è
stato dato l’annuncio che la velocità dei neutrini sarebbe
superiore a quella della luce...
Ora, noi scienziati veniamo addestrati, fin da piccoli, ad
essere molto cauti: quindi questa cosa deve essere verificata. Prima di dire che la cosa è vera, o che la teoria di Einstein
non funziona, devono passare tantissimi test.
L’intercettore di neutrini dell’osservatorio Super-Kamiokande, costruito in
una ex miniera a Kamioka (Giappone), a 1.000 metri di profondità. Il rivelatore è composto da oltre 3.000 cilindri (dei quali nella foto si vede la base)
contenenti complessivamente circa 50.000 tonnellate d’acqua
Io non mi sento di dire se sia vera o no, però le posso
51
Piccole conferenze per grandi incontri
dire che se fosse vera comporterebbe delle grosse modifiche. Per esempio, io e mio marito (fa anche lui l’astronomo)
abbiamo fatto un calcolo: se i neutrini emessi un istante prima (come riteniamo) dell’esplosione della supernova 1987a
-misurati anche dal Gran Sasso- viaggiassero alla velocità
che dicono loro, sarebbero stati in realtà emessi ben quattro mesi e mezzo dopo l’esplosione. Le posso dire sinceramente che con le teorie che abbiamo adesso, la cosa risulta inspiegabile. Quindi, chiaramente, se questo fosse vero,
dovremmo rivedere moltissime cose, come per esempio il
marchingegno con cui le supernove esplodono.
Tuttavia io vorrei ricordare a tutti una cosa: che le scoperte ci sono, ce ne sono state tantissime in questi ultimi
quattrocento anni, ma nessuna scoperta ha mai negato le
scoperte precedenti; Einstein non ha negato Newton, lo ha
inglobato... E questo sarà ancora. Se i neutrini fossero super
luminali (già qualcuno sta mettendo a punto delle teorie che
tengono conto di questo) la teoria di Einstein diventerebbe
un caso particolare... Però aspetterei ancora prima di dire
che questo è effettivamente vero.
Infine, per rispondere chiaramente alla sua domanda: sì,
cambierebbero molte cose nell’Astrofisica.
Beatrice
Secondo lei esistono altri universi dove magari ci sono
altre forme di vita complesse?
Bravissima, grazie della domanda, perché avrei voluto
anche dirlo nel corso della piccola conferenza.
Sì. Diciamo che noi abbiamo scoperto finora qualcosa
come sette-ottocento sistemi solari al di fuori del nostro, che
le stelle come il sole sono comunissime e che ci sono anche
sistemi con pianeti. I grandi telescopi che vi ho mostrato
sono stati progettati e costruiti proprio per vedere questi si52
Domande
stemi oltre il nostro, e anche al di fuori della nostra galassia,
e per studiarli in dettaglio. Quello che si sta cercando sono
pianeti simili alla terra, perché noi abbiamo poca fantasia e
cerchiamo tipi di vita come la nostra.
Il pianeta HD 189733b
Parlando di probabilità, c’è una probabilità altissima che
ci siano altri mondi popolati da altri esseri. Come ho detto, infatti, ogni galassia possiede cento miliardi di stelle, e
ci sono un centinaio di miliardi di galassie nell’universo,
quindi fatevi il conto…
Il punto è che le distanze sono così grandi che per comunicare con eventuali altre civiltà ci metteremmo come
minimo mille - duemila anni a mandare un segnale e altri mille - duemila a riceverne di eventuali: sono dei tempi
enormi per le scale temporali di noi umani. Ma sicuramente
ci sarà qualche altra cosa...; perlomeno diciamo che l’aspettativa c’è: non vedo perché dobbiamo essere gli unici! Persiste l’idea, forse anche suggerita dalla chiesa, che l’uomo
sia unico... Ma possiamo mantenere ugualmente l’unicità
53
Piccole conferenze per grandi incontri
nel nostro modo di essere: ciò non implica che non ci siano
altre forme di vita. Questo concetto è stato sempre molto
osteggiato, come il darwinismo...
Noi astrofisici, basandoci su quel che vediamo, riteniamo che ci sia un’altissima probabilità di altre forme di vita1.
Eleonora
Ma se la teoria del Big Crunch è vera, può essere che
l’Universo sia già esistito più volte?
No. Abbiamo provato che la teoria del Big Crunch non
è valida: l’Universo si espande per sempre: dalla legge di
Hubble misurata con le supernove e dalla reazione di fondo
a microonde, l’Universo che viene fuori è un universo fatto
in quel modo che ho detto, e in espansione eterna. Quindi
il Big Crunch è eliminato, se abbiamo ragione. Altrimenti sì,
se fosse vera la teoria il Big Crunch si dovrebbe prevedere
un altro probabile Big Bang. Andiamo un po’ sulla fantascienza, però! Ecco, con queste cose che sembrano fantascienza, in realtà… poi c’è gente che ci ha preso il Nobel!
Speriamo di non sbagliarci…
Sul pianeta chiamato HD 189733b, la temperatura molto elevata
non rende possibile nessuna forma di vita. Tuttavia, il pianeta si presta
ad essere osservato in quanto scompare dietro la propria stella ogni 2,2
giorni e, studiando i regolari cambiamenti della luce che raggiunge la
Terra, gli scienziati sono in grado di analizzare l’atmosfera del pianeta.
Sono già stati trovati vapore acqueo e metano. Le nuove osservazioni
di Hubble dimostrano che la chimica di base necessaria per lo sviluppo
della vita può essere misurata anche su pianeti in orbita attorno ad altre
stelle.
1
54
Domande
Giorgia
Come hanno fatto a scoprire il pianeta Gliss, se è così
lontano dalla terra?
Beh, scusa, ti ho detto che abbiamo scoperto delle galassie a tredici miliardi di anni luce! Il pianeta non sta certo
a tredici miliardi di anni luce! La potenza dei telescopi è
tale che viene catturata la luce anche di oggetti molto flebili. C’è un telescopio in orbita, che si chiama Kepler, che
serve proprio per scoprire se ci sono altri pianeti: e li scopre
guardando i sistemi binari e vedendo se c’è una variazione
di luminosità nelle stelle... (se c’è vuol dire che può essere
prodotta da un pianeta).
E’ chiaro che non possiamo vedere un pianeta a tredici
miliardi di anni: possiamo tuttavia vedere l’intera nostra
galassia, che è enorme, e di cui noi occupiamo un microscopico posto in periferia.
Il nostro Sistema Solare confrontato con quello di 55 Cancri
55
Piccole conferenze per grandi incontri
Jacopo
Se è vero che l’universo era concentrato in un attimo
primordiale, è possibile che intorno all’attimo primordiale ci fosse qualcosa di corrispondente allo spazio e
al tempo?
No, la teoria dice che…
Non sappiamo cosa c’era prima: c’è la teoria delle stringhe che cerca di dirlo, ma non è provata. Quello che pensiamo è che l’universo sia nato insieme allo spazio e al tempo,
cioè che il Big Bang abbia creato lo spazio e il tempo e la
materia... Nei primissimi istanti vi era quello che definiamo il brodo primordiale, primordial soup: un misto di particelle
elementari, perché ogni protone e neutrone è fatto da particelle più piccole; le temperature erano enormi (1013 gradi Kelvin). Poi, mano a mano, questa temperatura è calata
contestualmente all’espansione dell’universo. Quando è arrivata a un miliardo di gradi si sono cominciati a formare
gli elementi leggeri (ovvero non c’erano più solo particelle
elementari), ma questi si sono uniti per formare nuclei: però
la materia era ancora allo stato ionizzato, cioè gli elettroni
non erano attaccati ai nuclei. Poi son dovute passare alcune
altre centinaia di milioni di anni prima di avere la cosiddetta ricombinazione (quando gli atomi diventano neutri, cioè si
“acchiappano” i loro elettroni) e quindi la formazione della
materia che conosciamo.
Valentina
E’ vero che l’Universo ha un’eco? Un suono di fondo:
l’eco fossile...
Beh, penso che tu intenda proprio la radiazione di fondo
a microonde; se riesci a trasformarla in un suono, probabilmente è quello!
56
Domande
Agnese
Come hanno calcolato la velocità della luce?
Ci sono stati degli esperimenti fondamentali, fatti da Michelson e Morley, che trovate sui libri di fisica... Ci sono
un sacco di esperimenti che l’hanno misurata, e la teoria di
Einstein è stata verificata, soprattutto quella della relatività generale, al millesimo: per esempio lo spostamento del
perielio di Mercurio era stato previsto da Einstein nella sua
teoria, e le misure l‘hanno esattamente confermato, e così la
velocità della luce.
Poi ti indirizzerò alla lettura di qualche libro, perché occorrono parecchi dettagli per spiegare gli esperimenti che
hanno portato a misurare la velocità della luce. Comunque
ci sono degli esperimenti fondamentali (vai sul web: Michelson and Morley) in cui è stato verificato che la luce si muove
a quella velocità. La teoria della relatività speciale dice che
nulla può andare al di sopra della luce. Però, come spesso
abbiamo visto nella storia secolare della fisica, affermazioni
apodittiche di solito vengono poi contestate e quindi, ritornando alla domanda precedente, può anche essere che la
velocità della luce sia superabile...
Tuttavia, per entrare nel dettaglio dovrei spendere troppo tempo: il dettaglio richiede anche conoscenze di meccanica quantistica...
Mattia
Che cosa c’era prima della materia?
Niente... non lo so, non lo sappiamo...
Noi possiamo dirti quello che c’era dal momento in cui
la materia si è formata. Questa è una domanda fondamentale: ce la facciamo tutti, me la facevo anch’io quand’ero
bambina: “ma oltre il mondo che c’è?” Questa cosa ce la
57
Piccole conferenze per grandi incontri
chiediamo come uomini, come tutto...
Dal punto di vista scientifico la teoria del Big Bang ti dice
che c’è stato un istante in cui l’Universo si è formato e si è
creata istantaneamente la materia, e lo spazio insieme; è la
materia che ha creato lo spazio, in qualche modo; prima...
non lo so. Ci sono anche della teorie che cercano di spiegare
cosa c’era prima, ma sono teorie non ancora provate.
Caterina
- La Terra potrà essere un giorno risucchiata da un buco
nero?
La terra, fra cinque miliardi di anni sarà inglobata nel
sole, perché quando il sole diventerà una gigante rossa aumenterà il suo raggio di cinquanta volte e la Terra verrà
inglobata insieme a tutti i pianeti fino a Giove, quindi distrutta… Ma tu non ci sarai, perché… tra cinque miliardi
di anni...
Jasmina
I buchi neri equilibrano la posizione di tutte le costellazioni o no?
No, anche perché le costellazioni sono una nomenclatura che è stata data dagli antichi a stelle che sembrano stare
insieme, ma che in realtà insieme non stanno per niente e
magari sono situate a grande distanza l’una dall’altra.
Di buchi neri nella nostra galassia ne sono stati “visti” un
paio. In realtà non si vedono, ma se ne deduce l’esistenza
dal fatto che ci sono dei sistemi di stelle che mostrano che
c’è un compagno invisibile (il sistema binario) con una grande gravità, e che nella realtà può essere un buco nero. Buchi
neri, appunto, ne abbiamo identificati un paio nella nostra
58
Domande
galassia e uno nella nube di Magellano: chiaramente hanno
un effetto devastante sulle stelle che stanno loro vicine. Ma
per fortuna noi nel sistema solare non ne abbiamo nessuno
vicino; poi i buchi neri esistono anche nel centro delle galassie: sono di grandi masse, perché prodotti dall’accumulo
di tanti buchi neri più piccoli. Proprio per questo non sarebbe entusiasmante vivere nel centro della galassia: saremmo
mangiati dal buco nero rapidissimamente; il buco nero ingloba qualunque cosa gli passi vicino. È come un grande
immondezzaio cosmico!
Riccardo
Cosa si trova al centro di un buco nero?
Fate delle domande difficilissime!
Qualcuno dice che si passi in un altro universo!
[Persona del pubblico]
Volevo chiederle, visto che la nostra vita di uomini è
breve, se per gli astrofisici non sia frustrante avere così
poco tempo per studiare delle cose che esistono da…
non mi ricordo neanche più da quanto?
Da quattordici miliardi di anni.
Sì, diciamo che la brevità della vita è un problema un po’
per tutti gli umani. Chi ama questo mestiere cerca di lasciare
un piccolo ricordo di sé nel campo della ricerca scientifica:
almeno che il proprio nome possa venir ricordato per aver
portato un piccolo apporto alla conoscenza. Chiaramente
a tutti noi piacerebbe vivere in eterno, per poter scoprire
sempre di più. La sua è una domanda molto bella, sicuramente la frustrazione di non avere tempo a sufficienza è
una sensazione, un sentimento che molti di noi hanno; per
59
Piccole conferenze per grandi incontri
esempio io non so se avrò tempo a sufficienza per vedere
ciò che l’Extreme Large Telescope produrrà, perché ci vorranno anni ed anni, ed io sarò una vecchia bacucca quando
verrà fuori qualcosa.
[Persona del pubblico]
Ma come si conciliano teorie come quella del Big Bang
con gli insegnamenti della religione?
Questo è un altro discorso.
Credere in Dio è un fatto personale, è un fatto di fede. La
fede e la scienza non vanno
mescolate, chi le mescola sbaglia. Io posso essere scienziato
e credere anche in Dio, come
posso anche non crederci. Le
due cose non vanno unite: quel ragazzo mi ha chiesto prima cosa c’era prima del Big Bang, se lei crede può anche
pensare che il Big Bang l’abbia acceso il Padreterno... Però
queste sono due cose, due dimensioni completamente diverse. Noi fisici spieghiamo come sono successi i fatti, non
i loro primi perché. I perché li chiediamo alla religione, alla
filosofia, non è compito nostro.
Comunque molti scienziati non credono, ha ragione, e
quindi non hanno una grande aspettativa su quello che
sarà l’aldilà. Probabilmente è un problema molto comune...
Marco
Quanto grande deve essere un asteroide per distruggere la terra?
Più o meno come la terra, suppongo.
60
Domande
Francesca
Nella foresta di Tungusta, in Siberia, l’asteroide come
ha fatto a entrarci?
Beh, l’asteroide è caduto, semplicemente! Ha attraversato l’atmosfera ed è caduto. Quando le fasce di asteroidi
orbitano intorno alla terra, qualcuno entra nell’atmosfera,
e quando entra nell’atmosfera, a causa dello sfregamento e
dell’impatto, lo vedi come una stella. Come quando si vedono le “stelle cadenti”: in realtà non sono stelle ma meteoriti che, entrando nell’atmosfera, per la frizione si vedono
luminosi.
Purtroppo, il rischio che ogni tanto ci caschi in testa qualcosa ce l’abbiamo, ma non è un rischio molto alto...
Mattia
Quali sono le prove dell’espansione dell’Universo?
Le due prove principali sono la legge di Hubble e la radiazione di fondo a microonde. Questi sono i due pilastri
della teoria del Big Bang. Il primo perché è come la storia
solita del palloncino: se immaginate il palloncino con dei
puntini disegnati, oppure il panettone con l’uvetta, quando
il panettone lievita le uvette più lontane si allontanano più
velocemente di quelle più vicine. E questo a prova che lo
spazio si sta espandendo: non sono le galassie che si allontanano, ma lo spazio che si espande. La radiazione di fondo
inoltre, che è isotropa (cioè ci arriva uguale dappertutto),
permea tutto: la spiegazione più logica è che questa sia il
relitto della radiazione del Big Bang, che da temperature
mostruose, ha raggiunyo quasi lo zero assoluto.
Questi sono i due pilastri di base sui quali poggia tutta la
cosmologia del Big Bang.
61
Piccole conferenze per grandi incontri
Alen
Mi piacerebbe sapere cos’è l’antimateria...
L’antimateria esiste, ce n’è una quantità molto piccola
perché durante il Big Bang si è distrutta, ma esiste. Essa è
praticamente l’opposto della materia dal punto di vista delle cariche: così come nella materia c’è il protone, nell’antimateria c’è l’anti-protone: se il protone è positivo l’anti-protone è negativo; poi c’è l’elettrone: l’elettrone è negativo, il
positrone positivo... Gli atomi sono fatti con delle cariche
elettriche opposte, per cui se la materia e l’antimateria si incontrano sono destinate ad annichilarsi. Noi non abbiamo
ancora capito benissimo perché, durante il Big Bang, la materia abbia largamente predominato sull’antimateria, però
è così.
L’antimateria esiste, la troviamo nei raggi cosmici, ed è
fatta di particelle ad altissima velocità che vengono espulse
durante le radiazioni di supernova. Sono raggi molto fastidiosi per i piloti d’aerei.
Docce di raggi cosmici. Rappresentazione artistica dell’arrivo di particelle
ad alta energia sulla Terra (Credits: Simon Swordy -U. Chicago-, NASA)
62
Domande
Umberto
Plutone è considerato un pianeta?
Plutone? Ma non lo so! Ci sono alcune cose che vengono decise dall’Unione Astronomica Internazionale, e sono cose
decise a tavolino! Plutone è certamente un oggetto planetario: non mi ricordo se abbiano deciso che è un pianeta o che
non lo è, probabilmente no...
Io non so tutto, perciò abbiate pietà!
Ludovica
Possono esistere altri stati della materia, oltre a quelli
solido, liquido e gassoso, in altre galassie?
Non credo. Non lo so. Noi non li abbiamo certamente notati. La materia barionica, quella che vi ho fatto vedere nello
spicchietto riportato a pagina 41, è quella che conosciamo.
Altri stati, oltre a questi tre, non ne conosciamo. Tuttavia c’è
un altro tipo di materia, diversa di cui abbiamo parlato, ed
è appunto l’antimateria, che non sappiamo di cosa sia fatta!
Amira
Perché Venere ruota in senso orario e altri pianeti ruotano in senso anti- orario?
Dipende dalla dinamica del sistema planetario, da come
si è formato: alcuni ruotano in un senso, altri in un altro.
C’è tutta una modellistica, sotto, che consente di spiegare
queste realtà. Ed è così anche per le galassie. Per poter rispondere a queste domande nel dettaglio bisogna avere a
disposizione tutta una serie di informazioni, di modelli: in
generale possiamo affermare che il moto del pianeta dipende dalle condizioni iniziali in cui si è formato il sistema.
63
Piccole conferenze per grandi incontri
Beatrice
Potrebbero esistere forme di vita fatte di materia oscura?
Forme di vita composte di materia oscura? E chi lo sa?
Non lo so! La vita che conosciamo noi è fatta dalla chimica del carbonio. La materia oscura non barionica non ha il
carbonio, quindi io non posso riuscire a immaginare se ci
possa essere una forma di vita in una forma di materia che
non conosco. Purtroppo però noi conosciamo solo ciò che
abbiamo intorno. Quello che stiamo cercando nello spazio è
una forma di vita simile alla nostra: uno si può immaginare
quello che vuole, ma bisogna partire da cose concrete...
Leonardo
Mi ricordo che la settimana scorsa, il sabato 9, sono cadute tante stelle cadenti. Come mai?
Erano asteroidi. Quelle che chiamiamo “stelle cadenti”,
sono sempre asteroidi. Il fatto che le vedete luccicare è perché quando entrano in atmosfera sfregano, l’impatto crea
questo (luccichio); sembrano stelle ma non lo sono.
Astronomo
Astronomo, in J. Hevelius, Selenographia sive lunae descriptio, Gedani, sec. XVII, fig. F
64
Domande
Marcello
Cosa succede se una galassia esplode?
“Esplode” è una parola particolare, che vuol dire qualcosa di particolare. Una galassia è fatta da tante stelle e le
stelle fra di loro sono lontanissime, quindi per esplosione di
una galassia si può intendere l’incontro tra galassie, lo sfaldamento che ne consegue e lo sparpagliamento di tutte le
stelle contenute.
Gli incontri tra galassie ci sono, e li vediamo: sono degli
scontri molto violenti che a volte comportano fenomeni dinamici altrettanto violenti. La galassia di Andromeda si sta
avvicinando alla nostra più o meno a 200 km al secondo
e prima o poi ci verrà addosso: ecco, in questo senso vedo
l’esplosione. Ma che una galassia esploda di per sé, questo
no: le stelle sono molto distanti l’una dall’altra e sono legate
gravitazionalmente, quindi ci vuole un evento esterno per
poter creare dello scompiglio.
Ciascuna galassia si evolve per conto suo. L’evoluzione
di una galassia dipende da come evolvono le stelle che la
compongono. Alla fine, al limite, quando tutte le stelle saranno morte, la galassia potrebbe anch’essa migrare nella
materia oscura...
Le stelle fino a quando c’è gas continuano a formarsi,
quando tutto il gas sarà consumato ci si possono immaginare diversi scenari...
Caterina
Perché il cielo è azzurro se l’Universo è nero?
L’azzurro del cielo è dovuto all’atmosfera, alla luce che
filtra nell’atmosfera: avvengono fenomeni di interazione tra
la luce e la materia che determinano questo colore. Fuori è
buio perché gli spazi tra le stelle e fra le galassie sono così
65
Piccole conferenze per grandi incontri
enormi e vuoti... Ricordàtelo: non c’è atmosfera, per cui c’è
il buio più assoluto. E’ l’atmosfera che, diffondendo la luce,
crea questo colore.
Elisa
Quando è nato in lei questo interesse per l’astrofisica?
Credo che sia nato durante il tempo in cui facevo fisica...
Io sono partita con l’idea di fare fisica, poi l’astrofisica mi
sembrava la fisica del futuro, perché della Terra abbiamo
studiato parecchio e sappiamo molte cose... Quello che mi
stimolava era scoprire l’Universo, scoprire quello che c’era
fuori di noi. Era una cosa che mi affascinava anche da bambina, quando mi chiedevo, come il vostro compagno, cosa
ci fosse prima del Big Bang, o cosa ci fosse oltre il mondo…
Domande così...
E durante gli anni dell’Università ho deciso che proprio
questo avrei fatto: cercare risposte a queste domande!
Tommaso
Dopo che il nostro sole sarà morto, ce ne sarà un altro?
No, no. Lì dov’è lui, no. Diventerà una nana bianca, cioè
un oggetto molto compatto (come un fagiolo che pesa quanto un camion) che continuerà per un miliardo d’anni ad essere luminoso, raffreddandosi progressivamente. Una volta
che si sarà raffreddato la luminosità cesserà completamente
e diventerà materia oscura barionica, cioè quella che conosciamo. In quel punto lì probabilmente non nascerà un altro
sole, ma potrebbe darsi che un altro si formi po’ più in là, in
ogni caso parecchio distante da noi.
Nel momento in cui il sole diventerà una nana bianca noi
non ci saremo più da un bel pezzo, perché saremo morti già
66
Domande
molto prima, quando il sole passa la fase di gigante rossa.
Poiché le stelle si formano dove c’è gas, e noi ci troviamo in
una zona del braccio della spirale galattica dove c’è anche
gas, lì vicino (vicino per modo di dire, perché si tratta di
distanze... astronomiche!) altre stelle si formeranno dopo il
sole. Ma in posti diversi, non necessariamente in prossimità
di dove siamo noi ora.
Valentina
I buchi neri esplodono?
No. I buchi neri non esplodono.
Il buco nero è un oggetto che ha una densità ancora maggiore della stella di neutroni. In esso la gravità è così forte
che non lascia uscire neanche i fotoni di luce: quindi il buco
nero non è una cosa che esplode, ma è ciò che rimane dell’esplosione di una stella molto, molto grande.
Non so se avete mai sentito parlare dei lampi gamma (ce
n’è uno al giorno nell’universo): sono delle emissioni enormi di raggi gamma che avvengono dappertutto, e che si
pensa siano in collegamento con l’esplosione di una stella
molto, molto massiccia che lascia un buco nero al suo interno. Se questo è vero, ognuno di questi raggi gamma ci dice
che si sta formando un buco nero...
Comunque il buco nero non esplode: è quello che resta
dell’esplosione.
Sig.ra Di Dario
Due brevissime domande, anche se non chiedo di una
risposta esaustiva, ma breve per entrambe. La prima
riguarda i cerchi, i cerchi nel grano scoperti in America Latina. Gli scienziati, i ragazzi, i giovani, gli adulti,
che si occupano degli Ufo, hanno mai chiesto aiuto agli
67
Piccole conferenze per grandi incontri
astrofisici, ai cosmologi, per verificare se questi disegni
rappresentano un’immagine di qualche galassia?
La seconda domanda si riallaccia invece all’introduzione formulata dal prof. Dazzan, alla nascita di questa
disciplina, molto “romanticamente” legata anche alla
mitologia greca, ma anche ai racconti dei nostri nonni,
e poi alle questioni del clima, alla misurazione della
superficie terrestre, all’avvicendamento delle stagioni...
Quanto la climatologia italiana o internazionale si
preoccupa di entrare in contatto con la comunità degli
astrofisici per verificare quali possono essere le modificazioni legate al clima?
Per la prima domanda: no! cosmologi e ufologi sono comunità completamente opposte. Noi astrofisici non abbiamo mai visto degli Ufo: e saremmo stati i primi, con tutti i
telescopi che abbiamo…
Ciò non Significa ovviamente che non ci possano essercene stati prima, non so... Ma riguardo a questa particolare
cosa dei cerchi sul grano non sono stati chiesti suggerimenti, che io sappia: gli scienziati sono a volte piuttosto saccenti
e dicono: “non esiste niente di tutto questo!”; gli altri invece
sono fermamente convinti del contrario…
Quindi che io sappia...
Che i cerchi abbiano poi la forma di qualche galassia…
non so, è una domanda interessante, bisognerebbe vedere...
Per quanto riguarda invece la seconda questione, noi
astrofisici studiamo tutto ciò che è al di fuori della Terra. Ci
sono dei fisici che studiano proprio il clima e la Terra: sono i
geofisici. Certamente vi sono dei legami fra la climatologia e
l’astrofisica, e ci sono gruppi di studiosi che collaborano su
questo, anche se la climatologia è oramai una scienza a sé.
Per esempio c’è l’influenza delle macchie solari sul clima, o per lo meno sembra che ci sia una correlazione tra
68
Domande
le due cose: quindi sicuramente c’è gente che studia questi
problemi in collaborazione.
Prof. Dazzan
Gentilissima professoressa, a conclusione del nostro
viaggio le vorrei riproporre la domanda iniziale: quanto di ricerca pura e di pura sete di conoscenza e quanto
di interesse economico e politico c’è oggi nella ricerca
astronomica, astrofisica o cosmica?
Mah, io direi che l’astrofisica è proprio una di quelle cose
in cui l’interesse politico è piuttosto scarso: per questo ce la
finanziano male! Non è un settore di ricerca che possa servire a costruire armi o cose di questo genere, oppure essere
immediatamente applicabile all’industria. Si tratta di qualche cosa che essenzialmente ci porta a valori conoscitivi.
Di cose che studiamo nel cosmo, e che potremmo “portare” sulla terra, mi viene in mente solo la fusione nucleare,
che avviene dentro le stelle. Hanno provato a riprodurla in
laboratorio, ma le condizioni di plasma stellare sono difficilissime da mantenere, ed ha costi enormi, quindi chiaramente…
L’astrofisica può dare lavoro alle industrie dei satelliti
o a chi costruisce i telescopi: qualcosa di politico c’è sempre, ovviamente. Ma fra tutte le branche della fisica è forse
una di quelle meno compromessa in questo. Chiaramente
ci vuole una decisione politica, da parte degli stati, per investire in queste cose o meno. Purtroppo in Italia, come saprete tutti, l’investimento nella scienza, non solo nell’astrofisica, è minore che in tutto il resto d’ Europa e in parecchie
altre parti del mondo. Anche in America adesso sono un
po’ in crisi, infatti l’Hubble Space Telescope sta per morire: ha
fatto 21 anni gloriosi e dovrebbe essere sostituito con suo
figlio, James Webb Space Telescope, ma pare che Obama abbia
69
Piccole conferenze per grandi incontri
comunicato alla Nasa che forse non si fa, e sarebbe una gravissima cosa per la scienza.
Questa è certamente una scelta politica!
70
Per concludere
Bene, direi che a questo punto non ci resta che ringraziare la
professoressa Matteucci per averci accompagnati in questo viaggio affascinante attraverso gli spazi interstellari, ma volevo ringraziare anche Carrefour e Centro Commerciale Adriatico, nella
persona del dottor Di Dario qui presente, che ci permettono di
offrire ai ragazzi della scuola questo stimolo alla curiosità e alla
conoscenza.
Daniele Dazzan
Io invece ringrazio innanzitutto per l’invito, perché credo e
continuo a sostenere che questa sia un’opportunità per tutti, persone adulte e studenti.
Ringrazio naturalmente anche la professoressa Matteucci, che
è stata davvero brillante: non ci ha fatto per nulla appisolare... e
questo non mi pare poco.
Fernando Di Dario
71
MATERIALI
di approfondimento
testi scelti e proposti da
Daniele Dazzan
I martiani
di Emilio Salgari
Emilio Salgari con questo romanzo, pubblicato per la prima volta nel 1907
con lo pseudonimo di Guido Altieri, si può considerare il precursore della letteratura fantascientifica italiana.
Le meraviglie del 2000 narra la storia del dottor Toby Holker e del suo
amico James Brandok i quali grazie alle virtù miracolose di una pianta esotica egiziana che blocca le funzioni vitali riescono ad andare avanti nel tempo,
dormendo per ben cento anni e passando dal 1903 al 2003. E quando si sveglieranno dal loro lungo sonno si ritroveranno in un mondo pieno di macchine
volanti, di treni velocissimi, di città sottomarine…
Il futuro immaginato da Emilio Salgari in queste pagine talvolta appare
sorprendentemente simile alla realtà dei nostri giorni.
E la narrazione riesce ad essere appassionante, avventurosa, fantasiosa, avvincente e ricca di colpi di scena secondo il migliore stile narrativo salgariano.
Emilio Salgari si dice che si sia ispirato per questo romanzo al libro dell’americano Edward Bellamy, «Uno sguardo dal 2000», uscito un paio d’anni
prima del suo, comunque con questa opera lo scrittore segue “l’onda” di una
narrazione rivolta al futuro che inseguivano contemporaneamente anche Jules
Verne in Francia o George Herbert Wells in Gran Bretagna.
Nel brano che segue l’uomo non è più solo nella Galassia: il sogno di comunicare con altri pianeti è divenuto realtà
.
Un uomo sulla sessantina, che aveva una testa ancor più
grossa del signor Holker ed il viso completamente rasato,
era uscito dall'immensa torre che s'innalzava nel centro della cinta e si era affrettato ad andare incontro ai visitatori,
75
Piccole conferenze per grandi incontri
dicendo:
«Buon giorno, dottore; è un po' di tempo che non vi si
vede qui».
«Buon giorno, signor Hibert» aveva risposto Holker. «Vi
conduco due miei amici giunti ieri dall'Inghilterra e che
sono curiosi di visitare la vostra stazione e di avere notizie
dei martiani.»
«Siano i benvenuti» rispose il signor Hibert, stringendo
la mano agli ospiti. «Sono a loro disposizione.»
«Il più grande astronomo d'America» disse Holker, dopo
la presentazione. «La gloria di aver messa in comunicazione la terra con Marte la dobbiamo a lui.»
«Credevo che fossero stati gli scienziati europei» disse
Toby. «So che se ne occupavano molto, un tempo.»
«L'America li ha preceduti» disse Holker.
«Sarei curioso di sapere come siete riuscito a dare a quei
lontani abitanti notizie della terra. Dovete aver superate
delle difficoltà immense.»
«Eppure, che cosa direste se io vi raccontassi che l'idea di
fare dei segnali a noi, nacque prima nel cervello dei martiani?» disse l'astronomo.
«Mi pare impossibile!» esclamò Brandok.
«Eppure è precisamente così, mio caro signore. Già da
molti lustri, anzi fin dal 1900 e anche prima, i nostri vecchi
astronomi e anche quelli europei, specialmente l'italiano
Schiaparelli1, avevano notato che su quel pianeta apparivano di quando in quando, specialmente dopo il ritiro
delle acque che ogni anno invadono quelle terre, delle immense linee di fuoco che si estendevano per migliaia di
chilometri.»
«Me ne ricordo» disse il dottor Toby. «L'ho già letto su
Schiaparelli: Giovanni Virginio Schiaparelli (1835-1910) fu uno dei
maggiori astronomi del XIX secolo. Particolarmente interessanti i suoi
studi su Marte per i quali si può considerare il fondatore dell’aerografia
scientifica (studio e descrizione del pianeta Marte).
1
76
Materiali
una vecchia collezione di giornali del 1900 che conservo in
casa mia. Si credeva allora che quei fuochi fossero segnali
fattici dagli abitanti di Marte.»
«In questo secolo i nostri astronomi, vedendo che quelle
linee di fuoco si ripetevano con maggior frequenza e che
descrivevano per lo più una forma rassomigliante ad una
"J" mostruosa, supposero che fossero veramente segnali e
decisero di provare a rispondere. Fu nel 1940 che si fece
il primo esperimento nelle immense pianure del Far-West.
Duecentomila uomini furono disseminati in modo da formare pure una "J" e duecentomila fuochi furono accesi durante una notte scurissima. Ventiquattr'ore dopo lo stesso
segnale appariva pure su uno degli immensi canali del pianeta marziano. Si pensò allora, per meglio accertare che si
rispondeva a noi, di ripetere l'esperimento cambiando però
la forma del segnale e fu scelta la lettera "Z". Venti notti
dopo, i martiani rispondevano con una lingua di fuoco della stessa forma. Il dubbio ormai non poteva più sussistere. I
martiani, chissà da quanto tempo, cercavano di mettersi in
relazione con noi. Per un mese furono continuate le prove,
cambiando sempre lettera e con crescente successo.»
«Non potevate però comprendervi» disse Toby.
«Sarebbe stato necessario che avessero avuto un alfabeto eguale al nostro, e poi quel mezzo sarebbe stato molto
costoso. Nacque allora nella mente degli scienziati l'idea di
mandare lassù un'onda herziana2, nella speranza che anche
i martiani avessero uno strumento ricevitore. A spese dei
vari governi americani fu innalzata questa torre d'acciaio,
che fu spinta fino a quattrocento metri e piantata sulla cima
una stazione ultrapotente di telegrafia senza fili.»
«Una invenzione non moderna la telegrafia aerea» disse
Onda herziana (hertziana): radioonda, dal nome del fisico tedesco
Walter Hertz, che per primo la ottenne nel 1888. Sulla propagazione
delle onde hertziane si fondano le trasmissioni radiotelegrafiche, radiofoniche, televisive.
2
77
“L’ultima guerra combattuta fra le nazioni americane ed europee è stata terribile, spaventevole, è costata milioni di vite umane. Oggi noi possediamo degli
esplosivi capaci di far saltare una città di qualche milione di abitanti; delle
macchine che sollevano delle montagne; possiamo sprigionare colla semplice
pressione del dito una scintilla elettrica trasmissibile a centinaia di miglia e
far scoppiare qualsiasi deposito di polvere. Una guerra, al giorno d’oggi, segnerebbe la fine dell’umanità. La scienza ha vinto ormai su tutto e su tutti”.
(Citazione da: Le meraviglie del Duemila.
Materiali
Brandok.
«È vero che si conosceva fin dai primi anni dello scorso secolo, e che fu perfezionata dalle scoperte di un bravo
scienziato italiano, il signor Marconi3; ma allora non aveva
la potenza d'oggi. I nostri strumenti, perfezionati da molti
scienziati, hanno raggiunto una tale forza che noi potremmo corrispondere anche col sole, se lassù vi fossero degli
abitanti e dei ricevitori elettrici. Per molti mesi lanciammo
onde elettriche senza alcun risultato; un giorno, con nostra
grande meraviglia, udimmo i segnalatori suonare, erano i
martiani che finalmente ci rispondevano.»
«Quel popolo ha fatto anche da parte sua delle meravigliose scoperte!» esclamò Toby.
«Noi abbiamo i nostri motivi per credere che siano molto
più avanti di noi. Dapprima i segnali furono confusi e ci
riuscì impossibile intenderci. A poco a poco però fu combinato un cifrario4 speciale che i martiani dopo un paio d'anni
riuscirono a comprendere ed ora corrispondiamo perfettamente bene e ci comunichiamo le notizie che avvengono sia
quaggiù che lassù.»
«Stupefacente!» esclamarono ad una voce Brandok e
Toby.
«Ve lo avevo detto» disse Holker.
«Ditemi, signor Hibert: Marte assomiglia alla nostra
terra?...»
Il signor Marconi: Guglielmo Marconi (1874-1937) concepì l’idea
di usare onde elettromagnetiche per stabilire comunicazioni a distanza
senza collegamenti con fili. La geniale invenzione del sistema “antenna-terra” gli permise, nella primavera del 1895, di ricevere messaggi
intelligibili fino a 2400 metri di distanza. Il 12 dicembre 1901 stabilì il
primo collegamento telegrafico transatlantico senza fili da Poldhu in
Cornovaglia a San Giovanni di Terranova. Collaborò a lungo con la
Marina Italiana e, dalla nave Carlo Alberto, inaugurò il 20 dicembre
1902 il servizio radiotelegrafico regolare Europa-America.
4
Cifrario: scritto contenente la chiave per comprendere una scrittura
cifrata.
3
79
Piccole conferenze per grandi incontri
«Un po', avendo terra e acqua al pari del nostro globo. Le
sue condizioni fisiche sono invece molto differenti. I mari
di quel pianeta non occupano nemmeno la metà dell'estensione totale di quel globo; il calore che riceve dal sole è mediocre, essendo la distanza da esso maggiore di quella della
terra. L'anno è due volte più lungo ossia conta 687 giorni.»
«E l'aria è uguale alla nostra?»
«È più leggera, cosicché l'atmosfera lassù è più pura, non
si formano nubi, non si scatenano tempeste, i venti mancano quasi del tutto e le piogge sono sconosciute.»
«E l'acqua?...»
«È analoga a quella della terra e ciò si sapeva anche prima, somigliando le nevi accumulate ai due poli di Marte
alle nostre. Però l'acqua non dà luogo a evaporazione sensibile, quindi niente piogge.»
«Allora mancherà la vegetazione su Marte?»
«Niente affatto, mio caro signore: vi sono piantagioni e
foreste5 splendide che nulla hanno da invidiare al nostro
globo.»
«E chi le innaffia se non piove?» chiese Brandok.
«La natura ha provveduto egualmente» disse l'astronomo. «Non circolando l'acqua con un sistema di nubi, di
piogge e di sorgenti come da noi, vi hanno riparato le nevi
condensate nelle regioni polari. Ogni sei mesi6, verso l'epoca dell'equinozio, si fondono e producono delle inondazioni sopra immense estensioni di centinaia di migliaia di
chilometri. Le acque regolate da una serie di canali, costruiti da quegli abitanti, scorrono e s'inoltrano attraverso i conPiantagioni e foreste tropicali: in questo caso la fantasia prende il
sopravvento sulle informazioni scientifiche di Salgari e lo porta a descrivere un Marte fortemente idealizzato.
6
Ogni sei Mesi...piante: è interessante notare come la fantasia di Salgari usi le informazioni sulle periodiche inondazioni del Nilo, che rendevano fertile l’Egitto, per immaginare un sistema adatto all’irrigazione di piantagioni e foreste marziane.
5
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Materiali
tinenti, fertilizzando le terre e bagnando le pianure. Cessata
la fusione, le acque si ritirano fuggendo per gli stessi canali
e lasciando nuovamente allo scoperto le terre.»
«I grandi canali dunque che gli scienziati dello scorso secolo avevano già segnalato, sono opera dei martiani?» disse
Toby.
«Sì» rispose l'astronomo. «Sono lavori imponenti, colossali, avendo taluni una larghezza di cento e più chilometri.»
«E noi andavamo orgogliosi delle opere degli antichi egiziani!»
«Signor Hibert,» disse Holker «conduceteci sulla torre.
Devo mandare un saluto al mio amico Onix.»
«È il tuo marziano?» chiese Toby.
«Che cosa fa quell'uomo, o meglio quell'anfibio?» chiese
Brandok.
«È un mercante di pesce che si duole sempre di non potermi fare assaggiare le gigantesche anguille che i suoi pescatori prendono nel canale d'Eg.»
«Dunque lassù vi sono padroni e lavoratori?»
«Come sul nostro globo.»
«Anche dei re?»
«Dei capi che governano le diverse tribù disperse sui
continenti.»
«Tutto il mondo è paese.»
«Pare di sì» disse Holker, ridendo.
«Venite, signori» disse l'astronomo. «La macchina è
pronta a portarci lassù, fino alla piattaforma.»
Girarono attorno alla colossale torre guardandola con
profonda ammirazione. Che meschina figura avrebbe fatto
la torre Eiffel7 costruita venticinque lustri prima a Parigi,
e che pure, in quella lontana epoca, aveva meravigliato il
mondo intero per la sua altezza!
Torre Eiffel: torre in acciaio, alta 300 metri, eretta a Parigi nel 1889,
in occasione dell’Esposizione Mondiale, su progetto dell’ingegner Alexandre-Gustave Eiffel.
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Piccole conferenze per grandi incontri
Questa era un tubo mostruoso, di quattrocento metri
d'altezza con un diametro di centocinquanta alla base, costruito parte in acciaio e parte in vetro, munito all'esterno
d'una cornice che saliva a spirale, larga tanto da permettere
il passaggio ad un vagoncino contenente otto persone.
Era di forma rotonda, come quella dei fari, e certo d'una
resistenza tale da sfidare i più poderosi cicloni dell'Atlantico.
Toby, Brandok, l'astronomo e Holker presero posto nel
vagoncino, il quale cominciò a salire con velocità vertiginosa, girando intorno alla torre, mentre i vetri, che pareva si
agitassero meccanicamente, davano ai viaggiatori l'illusione di salire intorno ad un colossale tubo di cristallo.
Due minuti dopo il vagoncino si fermava automaticamente sulla piattaforma della torre, dinanzi all'immensa
antenna d'acciaio che doveva sostenere gli apparecchi della
telegrafia aerea.
«Rassomiglia questa stazione, più in grande, a quella che
il signor Marconi cent'anni fa aveva piantata al Capo Bretone» mormorò Toby agli orecchi di Brandok. «Ti ricordi che
l'avevamo visitata insieme?»
«Sì, ma quale potenza sono riusciti a dare ora alle onde
elettriche» rispose il giovine. «Ah! quante meraviglie! quante... Toby! mi riprende il fremito dei muscoli.»
«È l'elettricità.»
«Che non soffrano di quest'agitazione gli uomini di
oggi?»
«Essi son nati e cresciuti in mezzo alla grande tensione
elettrica, mentre noi siamo persone di un'altra epoca. Ciò
mi preoccupa, amico James, non te lo nascondo.»
«Perché?»
«Non so se potremo farci l'abitudine.»
«Che cosa temi?»
«Nulla per ora, tuttavia... provi lo spleen?»
«Finora no» rispose Brandok. «Come sarebbe possibile
annoiarsi con tante meraviglie da vedere? Questa è una se82
Materiali
conda esistenza per noi.»
«Meglio così.»
Mentre si scambiavano queste parole, il direttore aveva
lanciato già parecchie onde elettriche agli abitanti di Marte.
Ci vollero ben quindici minuti prima che la suoneria
elettrica annunciasse la prima risposta, che era un saluto
dell'amico di Holker.
«Si vede che quel brav'uomo si trovava alla stazione telegrafica» disse il nipote di Toby. «Certo aspettava mie notizie.»
«Signor Hibert, riuscirete un giorno a dare la scalata a
Marte?»
«Io credo che ormai non vi sia più nulla d'impossibile»
rispose con grande serietà l'astronomo. «Da due anni gli
scienziati dei due mondi si occupano di questa grande questione per dare uno sfogo alla crescente popolazione della
terra. Abbiamo oggi degli esplosivi mille volte più formidabili della polvere e della dinamite che si usava anticamente.»
«Anticamente!» esclamò Brandok, quasi scandalizzato.
«Per modo di dire» disse l'astronomo. «Può darsi che un
giorno si riesca a lanciare fra i martiani qualche bomba mostruosa piena di abitanti terrestri8. Non si sa cosa ci riserba
l'avvenire. Scendiamo e venite a vedere il mio telescopio
che è il più grande che sia stato finora costruito.»
Risalirono sul vagoncino ed in mezzo minuto si trovarono alla base della torre. Lì vicino si ergeva il mostruoso
cannocchiale.
Consisteva in un enorme tubo di lamiera d'acciaio, lungo
centocinquanta metri con un diametro di cinque, pesante
ottantamila chilogrammi e fissato su due enormi pilastri di
pietra.
«Un cannone colossale!» esclamò Brandok. «Come fate a
Bomba... terrestri: come non pensare ai missili e alle navicelle spaziali dei giorni nostri? Ancora una volta il sogno salgariano è diventato
realtà.
8
83
Piccole conferenze per grandi incontri
muovere questo mostro?»
«Non ve n'è bisogno,» rispose l'astronomo «anzi è fisso.»
«Allora non potete osservare che una sola porzione del
cielo» osservò Toby.
«V'ingannate, caro signore. Guardate attentamente lassù
e vedrete dinanzi all'obbiettivo, nel prolungamento dell'asse, uno specchio che è mobile ed è destinato a rinviare le
immagini degli astri nell'asse del telescopio. Quello specchio è mosso da un movimento d'orologeria regolato in
modo da procedere in senso contrario al moto della Terra,
così che l'astro che si vuole osservare resta costantemente
nel campo del cannocchiale come se il nostro pianeta fosse
completamente immobile.»
«Che meravigliose invenzioni!» mormorò il dottore.
«Che cosa sono in confronto quelle di cui si vantavano tanto gli scienziati francesi nel secolo scorso?» disse Brandok.
«Volete parlare del grande telescopio di Parigi? Sì, per
molti anni fu ritenuto una meraviglia,» disse l'astronomo
«quello però non avvicinava la luna che a soli centoventotto chilometri, ed era già molto per quei tempi. Non poteva
avvicinarla di più, essendo la luna distante da noi 384.000
chilometri. Ora noi l'avviciniamo ad un metro.»
«Amici,» disse Holker «partiamo o faremo colazione
troppo tardi. Le cascate sono un po' lontane.»
«Andate a visitare quelle del Niagara?» chiese l'astronomo.
«Sì» rispose Holker.
Strinsero la mano allo scienziato, salirono sul Condor e
pochi istanti dopo sfilavano sopra Brooklyn, dirigendosi
verso il nord-est.
EMILIO SALGARI,
Le meraviglie del Duemila,
Milano, Il Formichiere, 1976.
84
Materiali
Emilio Salgari nacque a Verona il 21 agosto del 1862 da una famiglia di modesti commercianti. Come “uomo di mare” compì solo alcuni
viaggi di addestramento a bordo di una nave scuola e successivamente
un viaggio sul mercantile “Italia Una”, che per tre mesi navigò su e giù
per l’Adriatico, toccando la costa dalmata e spingendosi fino al porto di
Brindisi; ma il Capitano Salgari non smise mai di credere e narrare le sue
avventure.
Nel 1883 inizia a collaborare con il giornale «La Nuova Arena» della
sua città Verona, sulle cui pagine apparve a puntate il suo primo romanzo, Tay-See, stampato successivamente con il titolo La Rosa del DongGiang; nell’ottobre dello stesso anno escono le prime puntate di La Tigre
della Malesia.
Inizia così la sua fortunata e tormentata carriera di scrittore che annovera
al suo attivo circa ottanta romanzi e un numero ancora imprecisato di
avventure e racconti.
85
L’astronomo deluso
di Giovanni Papini
Monte Wilson, 11 luglio
Ero salito a questo osservatorio - che possiede il piú potente telescopio del mondo - per chiedere le ultime notizie
sull'Universo da un astronomo che, in altri tempi, fece a mie
spese i suoi studi. Non l'avevo avvertito e non l'ho trovato. Ho potuto parlare, però, col suo assistente, il dottore Alf
Wilkovitz, un giovane di origine polacca che m'è sembrato
anche troppo intelligente per il posto subalterno che occupa.
Ieri sera, ad esempio, mentre si fumava e si beveva sopra
una delle terrazze dell'Osservatorio, sotto un cielo gremito
e fitto di stelle come di rado si vede, Alf Wilkovitz, improvvisamente, con mutata voce, mi ha detto:
- Mr. Gog, sento il bisogno di confessare a voi quel che
non ho confessato, fino ad oggi, ai miei maestri. Penso che
mi potrete comprendere meglio di loro.
- L'astronomia, anni fa, mi sembrava la piú divina delle
scienze ed è stata il mio primo amore intellettuale, appassionato e forte. Oggi, dopo aver conosciuto piú davvicino il
cielo, sono perplesso, turbato, dubbioso, talora impaurito.
L'astronomia mi ha deluso. Comprendetemi bene: l'astronomia, come scienza esatta, è uno dei piú meravigliosi edifici innalzati dalla mente umana negli ultimi secoli. Mi ha
deluso, invece, il suo oggetto: l'universo siderale.
87
Piccole conferenze per grandi incontri
- Provengo da una famiglia religiosa e fin da bambino
mi ha risuonato nell'anima il famoso versetto: i cieli narrano la gloria di Dio. Ma ora che conosco meglio il cielo, che
conosco davvicino i suoi occupanti e i suoi recessi, mi pare
d’esser tradito. Il firmamento l’avevo immaginato come
un’architettura immutabile e razionale, tutta diversa dal
caos terrestre: come una sfera quasi divina al di sopra del
troppo umano pianeta. E invece...
All Wilkovitz buttò con rabbia la sigaretta accesa e alzò
una mano verso la volta scintillante.
- Ecco quel che accade lassù. Innumerevoli immensi fuochi che fuggono e si consumano. Perché fuggono? E dove?
Noi siamo abituati alle rotazioni regolari dei nostri pianetucoli intorno a quella mediocre stella ch’è il sole. Ma la
maggior parte degli astri fuggono vertiginosamente - tanto
le nebulose che le stelle adulte - non sappiamo dove, non
sappiamo perché. Le nostre misurazioni sono ridicolmente
misere: i nostri telescopi più potenti son come occhi d’insetto che fissano l’eccelse vette dell’Himalaya. Il cielo che
noi vediamo non è quello d’oggi, di questo momento: in
alcune parti è quello di secoli fa, in altri quello di millenni
Copertina della prima edizione (Vallecchi, 195) de Il libro nero di Giovanni
Papini, da cui è tratto il racconto L’astronomo deluso
88
Materiali
or sono. Sembra che le nebulose più lontane si sforzino di
allontanarsi sempre più dalla Via Lattea, ma perché fuggono e dove vanno non sapremo mai.
- Fuggono come disperati e inseguiti, gli astri, e fuggendo
fiammeggiano, cioè si distruggono. I loro atomi si disgregano a milioni per volta, generando luce e calore. Ma chi è
rischiarato da quella luce ? Chi è riscaldato da quel calore?
Forse si dissolvono con quella pazza prodigalità perché siano illuminate le nostre notti da qualche pallido palpito?
Sarebbe sciocca superbia pensarlo e la spesa gigantesca per
così piccolo effetto sarebbe inconcepibile pazzia. Gli abissi
siderali sono così sterminati che neppure quello spreco immane di calore può alzare molto la loro temperatura.
- Eppure milioni di nebulose, miliardi di stelle, altro non
fanno, da secoli di secoli, che fuggire e distruggersi, senza
un’immaginabile ragione. Lo sciupio di luce e di calore che
avviene ogni istante negli incommensurabili golfi del cielo
supera ogni potere di calcolo e di fantasia.
- È mai possibile che un’intelligenza suprema e perfetta
abbia voluto questa dilapidazione enorme, perenne e ciononostante inutile ? A che servono questi innumeri e paurosamente grandi fuochi fuggiaschi, che di continuo nascono e
bruciano, destinati a consumarsi invano, sia pure in milioni
di anni? La mente umana, a questo pensiero, si confonde,
atterrita da quello spettacolo assurdo. Sarebbe come se gli
uomini illuminassero tutte le notti, con milioni di lampade
e di riflettori, il deserto di Sahara o gli oceani artici, che nessun vivente abita o percorre.
- Ma non basta ancora: vi sono in cielo altri misteri che
nessun intelletto terrestre potrà svelare. S’era abituati, un
tempo, a immaginare il cielo come la sede e lo specchio
dell’eternità. Altra illusione e altra delusione. Le indagini
dell’astronomia moderna hanno dimostrato che anche la
città stellare è fatta di uteri e di cadaveri, d’infanti e di moribondi. Le gigantesche nebulose a spirale sono le matrici
89
Piccole conferenze per grandi incontri
o le placente di nuove stelle, di milioni di nuove stelle. Ma
questi fuochi suicidi non sono eterni: crescono, si dilatano,
splendono di luce azzurra e chiara nel tripudio della giovinezza eppoi, a poco a poco, s’impoveriscono, diventano
colore dell’oro, colore della brace e finalmente corpi neri
e invisibili, spettri tenebrosi di morti nei baratri tenebrosi
dell’infinito. Il cielo è una sterminata incubatrice di fanciulli
ma anche uno sterminato cimitero di trapassati. La legge
della nascita, della crescenza e della decadenza, che si credeva propria dell’effimera vita terrestre, è anche la legge
che regna nell’alto dei cieli. Quel che fu detto degli uomini,
simili a foglie che spuntano fresche a primavera e cadono
marcite in autunno, è vero anche delle stelle. Quegli inutili
fuggenti fuochi sono anch’essi, come gli uomini, mortali.
- V’è una sola differenza; che gli uomini vivono per milioni di secondi e gli astri per milioni di anni. Ma è poi, rispetto all’eternità, una vera differenza?
- Voi capirete, ora, il mio smarrimento e la mia angoscia.
Là dove credevo di trovare la perfezione sublime della razionalità, non ho trovato che sperpero inutile, prodigalità
pazza, moto e dissolvimento senza scopo e ragione. Là dove
credevo di trovare, finalmente, la maestà dell’immutabile e
dell’incorruttibile, ho trovato la solita vicenda del passeggero e del transitorio, della nascita faticosa, della gioventù
sciupata, della decadenza senile, della fine inevitabile. Non
appena torni il mio maestro, lascerò l’osservatorio e l’astronomia. Mi contenterò, come gli altri uomini, di essere un
povero insetto affamato che s’aggira tra i fili d’erba delle
praterie della terra.
Così mi ha parlato il giovane Alf Wilkovitz e c’era nella
sua voce il tremore dell’ira e v’era nei suoi occhi un umido
brillio che somigliava al pianto.
GIOVANNI PAPINI,
Il libro nero,
Vallecchi, Firenze, 1951.
90
Materiali
GIOVANNI PAPINI fu poeta, narratore e saggista (Firenze 1881-1956).
Giovanissimo, diede vita ad alcuni periodici con E. Allodoli (La Rivista,
Sapientia, Il Giglio), in cui appare evidente la sua abilità critica. Risale a
quei primi anni l’amicizia di Papini con G. Prezzolini, col quale nel 1903
fondò Il Leonardo, con lo scopo di combattere l’accademismo e l’immobilismo della cultura ufficiale. La prima prova di narratore Papini la diede coi
due volumi di “racconti metafisici” Tragico quotidiano (1906) e Il pilota
cieco (1907). Del 1912 è Un uomo finito, forse il suo capolavoro, in cui è
racchiusa tutta una tematica di ribellioni e di dissidi “fra la grandezza dei
propositi e la misura sempre più ridotta dei risultati”. In quel periodo, la
produzione di Giovanni Papini divenne ricchissima: oltre a saggi sul pragmatismo, scrisse i racconti di Parole e sangue (1912) e di L’altra metà
(1912); fondò con G. Amendola L’Anima, lasciò La Voce e fondò con Soffici
Lacerba (1913), che divenne l’organo del futurismo italiano; pubblicò Cento pagine di poesia (1915) e le Stroncature (1916).
Dopo la guerra, dalla quale fu esonerato a causa della forte miopia, si accostò al cattolicesimo e manifestò clamorosamente la sua conversione con la
Storia di Cristo (1921), un libro di violenta polemica contro il materialismo
contemporaneo, che ebbe grande successo in tutto il mondo. Seguirono il
Dizionario dell’omo salvatico (1923) in collaborazione con D. Giuliotti, i
versi di Pane e vino (1926), Sant’Agostino (1929), le prose di Gog (1931),
Dante vivo (1933). Dal 1935 Papini mostrò chiaramente di accettare gli
ideali del fascismo, un ritorno all’ordine che gli procurò la cattedra di letteratura italiana all’Università di Bologna, la nomina ad accademico d’Italia e
la possibilità di creare l’Istituto di studi sul Rinascimento. Per queste e altre
più compromettenti manifestazioni, alla fine del conflitto la fortuna di Papini sembrò definitivamente tramontata, se non che nel 1946 con le Lettere
di Celestino VI, nel 1949 con la Vita di Michelangiolo nella vita del
suo tempo e poi con Il diavolo (1953) Papini tornò improvvisamente alla
ribalta, destando scalpore e interesse. Colpito da paralisi progressiva, continuò a lavorare, dettando alla nipote Anna forse le pagine migliori di tutta
la sua vastissima produzione: le “schegge” apparse sul Corriere della Sera,
poi riunite in La spia del mondo (1955) e La felicità dell’infelice (1956),
e nel volume Le schegge (1971); pubblicati sempre postumi, Il giudizio
universale (1957), La seconda nascita (1958), Diario (1962), Rapporto
sugli uomini (1977).
91
Tutto in un punto
di Italo Calvino
Il racconto, come tutti quelli della raccolta Le cosmicomiche, prende il via
da un enunciato scientifico che viene sviluppato in modo molto personale da
Qfwfq, il protagonista-voce narrante.
Attraverso i calcoli iniziati da Edwin P. Hubble1 sulla velocità d’allontanamento delle galassie, si può stabilire il momento in cui tutta la materia dell’universo era concentrata in un punto solo, prima di cominciare a espandersi
nello spazio...
«Si capisce che si stava tutti lì», fece il vecchio Qfwfq, «e
dove, altrimenti? Che ci potesse essere lo spazio, nessuno
ancora lo sapeva. E il tempo, idem2: cosa volete che ce ne
facessimo, del tempo, stando lì pigiati come acciughe?»
Ho detto “pigiati come acciughe” tanto per usare una immagine letteraria: in realtà non c’era spazio nemmeno per
pigiarci. Ogni punto d’ognuno di noi coincideva con ogni
punto di ognuno degli altri in un punto unico che era quello
in cui stavamo tutti. Insomma, non ci davamo nemmeno
Edwin P. Hubble: (1889-1953) astrofisico statunitense, autore di
studi fondamentali sulle galassie (ammassi stellari) e l’espansione del
l’universo dopo il big bang, la grande esplosione primordiale da cui
avrebbe avuto origine l’universo stesso.
2
idem: nello stesso modo, in latino.
1
93
Piccole conferenze per grandi incontri
fastidio, se non sotto l’aspetto del carattere, perché quando
non c’è spazio, avere sempre tra i piedi un antipatico come
il signor Pbert Pberd è la cosa più seccante.
Quanti eravamo? Eh, non ho mai potuto rendermene conto nemmeno approssimativamente. Per contarsi, ci
si deve staccare almeno un pochino uno dall’altro, invece
occupavamo tutti quello stesso punto. Al contrario di quel
che può sembrare, non era una situazione che favorisse la
socievolezza; so che per esempio in altre epoche tra vicini ci
si frequenta; lì invece, per il fatto che vicini si era tutti, non
ci si diceva neppure buongiorno o buonasera.
Ognuno finiva per avere rapporti solo con un ristretto
numero di conoscenti. Quelli che ricordo io sono soprattutto
la signora Ph(i)Nko, il suo amico De XuaeauX, una famiglia
di immigrati, certi Z’zu, e il signor Pbert Pberd che ho già
nominato. C’era anche una donna delle pulizie – “addetta
alla manutenzione”, veniva chiamata –, una sola per tutto
l’universo, dato l’ambiente così piccolo. A dire il vero, non
aveva niente da fare tutto il giorno, nemmeno spolverare
– dentro un punto non può entrarci neanche un granello di
polvere –, e si sfogava in continui pettegolezzi e piagnistei.
Già con questi che vi ho detto si sarebbe stati in soprannumero; aggiungi poi la roba che dovevamo tenere
lì ammucchiata: tutto il materiale che sarebbe servito a
formare l’universo, smontato e concentrato in maniera
che non riuscivi a riconoscere quel che in seguito sarebbe andato a far parte dell’astronomia (come la nebulosa3
d’Andromeda) da quel che era destinato alla geografia
(per esempio i Vosgi4) o alla chimica (come certi isotopi5
nebulosa: massa gassosa di idrogeno, elio e tracce di altri elementi
e polveri, interna a una galassia.
4
Vosgi: Catena montuosa della Francia orientale.
5
isotopi: atomi che hanno lo stesso numero atomico e le stesse proprietà chimiche, ma massa atomica leggermente diversa dovuta a un
diverso numero di neutroni.
3
94
Materiali
del berillo6). In più si urtava sempre nelle masserizie della famiglia Z’zu, brande, materassi, ceste; questi Z’zu,
se non si stava attenti, con la scusa che erano una famiglia
numerosa, facevano come se al mondo ci fossero solo loro:
pretendevano perfino di appendere delle corde attraverso
il punto per stendere la biancheria.
Anche gli altri però avevano i loro torti verso gli Z’zu,
a cominciare da quella definizione di “immigrati”, basata
sulla pretesa che, mentre gli altri erano lì da prima, loro
fossero venuti dopo. Che questo fosse un pregiudizio senza fondamento, mi par chiaro, dato che non esisteva né un
prima né un dopo né un altrove da cui immigrare, ma c’era
chi sosteneva che il concetto di “immigrato” poteva esser
inteso allo stato puro, cioè indipendentemente dallo spazio
e dal tempo.
Era una mentalità, diciamolo, ristretta, quella che avevamo allora, meschina.. Colpa dell’ambiente in cui ci eravamo
formati. Una mentalità che è rimasta in fondo a tutti noi, badate: continua a saltar fuori ancor oggi, se per caso due di
noi s’incontrano – alla fermata d’un autobus, in un cinema,
in un congresso internazionale di dentisti –, e si mettono a
ricordare di allora. Ci salutiamo – alle volte è qualcuno che
riconosce me, alle volte sono io a riconoscere qualcuno –, e
subito prendiamo a domandarci dell’uno e dell’altro (anche
se ognuno ricorda solo qualcuno di quelli ricordati dagli
altri), e così si riattacca con le beghe di un tempo, le malignità, le denigrazioni. Finché non si nomina la signora Ph(i)
Nko, – tutti i discorsi vanno sempre a finir lì –, e allora di
colpo le meschinità vengono lasciate da parte, e ci si sente
sollevati come in una commozione beata e generosa. La signora Ph(i)Nko, la sola che nessuno di noi ha dimenticato e
che tutti rimpiangiamo. Dove è finita? Da tempo ho smesso
berillo: silicato di alluminio e berillio, che forma cristalli limpidi
e trasparenti che costituiscono le pietre preziose come gli smeraldi e le
acquamarine.
6
95
Piccole conferenze per grandi incontri
di cercarla: la signora Ph(i)Nko, il suo seno, i suoi fianchi,
la sua vestaglia arancione, non la incontreremo più, né in
questo sistema di galassie né in un altro.
Sia ben chiaro, a me la teoria che l’universo, dopo aver
raggiunto un estremo di rarefazione, tornerà a condensarsi,
e che quindi ci toccherà di ritrovarci in quel punto per poi
ricominciare, non mi ha mai persuaso. Eppure tanti di noi
non fan conto che su quello, continuano a far progetti per
quando si sarà di nuovo tutti lì. Il mese scorso, entro al caffè
qui all’angolo e chi vedo? Il signor Pbert Pberd. «Che fa di
Le Cosmicomiche dell’edizione 1965 recavano in
sopracoperta la celebre xilografia di Murits Cornelis
Escher: Autre monde
bello? Come mai da queste parti?» Apprendo che ha una
rappresentanza di materie plastiche, a Pavia. È rimasto tal
quale, col suo dente d’argento, e le bretelle a fiori. «Quando
si tornerà là», mi dice, sottovoce, «la cosa cui bisogna stare
attenti è che stavolta certa gente rimanga fuori... Ci siamo
capiti: quegli Z’zu...»
Avrei voluto rispondergli che questo discorso l’ho sentito già fare a più d’uno di noi, che aggiungeva: «ci siamo
capiti... il signor Pbert Pberd...»
96
Materiali
Per non lasciarmi portare su questa china, m’affrettai a
dire: «E la signora Ph(i)Nko, crede che la ritroveremo?»
«Ah, sì... Lei sì...» fece lui, imporporandosi.
Per tutti noi la speranza di ritornare nel punto è soprattutto
quella di trovarci ancora insieme alla signora Ph(i)Nko. (È così
anche per me che non ci credo). E in quel caffè, come succede
sempre, ci mettemmo a rievocare lei, commossi, e anche l’antipatia del signor Pbert Pberd sbiadiva, davanti a quel ricordo.
Il gran segreto della signora Ph(i)Nko è che non ha mai provocato gelosie tra noi. E neppure pettegolezzi. Che andasse a letto
con il suo amico, il signor De XuaeauX, era noto. Ma in un punto,
se c’è un letto, occupa tutto il punto, quindi non si tratta di andare
a letto ma di esserci, perché chiunque è nel punto è anche nel letto. Di conseguenza, era inevitabile che lei fosse a letto anche con
ognuno di noi. Fosse stata un’altra persona, chissà quante cose le
si sarebbero dette dietro. La donna delle pulizie era sempre lei a
dare la stura7 alle maldicenze, e gli altri non si facevano pregare
a imitarla. Degli Z’zu, tanto per cambiare, le cose orribili che ci
toccava sentire: padre figlie fratelli sorelle madre zie, non ci si
fermava davanti a nessuna losca insinuazione. Con lei invece era
diverso: la felicità che mi veniva da lei era insieme quella di celarmi io puntiforme in lei, quella di proteggere lei puntiforme in me,
era contemplazione viziosa (data la promiscuità del convergere
puntiforme di tutti in lei) e insieme casta (data l’impenetrabilità
puntiforme di lei). Insomma, cosa potevo chiedere di più?
E tutto questo, così come era vero per me valeva pure per ciascuno degli altri. E per lei: conteneva ed era contenuta con pari
gioia, e ci accoglieva e amava e abitava tutti ugualmente.
Si stava così bene tutti insieme, così bene, che qualcosa di straordinario doveva pur accadere. Bastò che a un certo momento lei
dicesse: «Ragazzi, avessi un po’ di spazio, come mi piacerebbe
farvi le tagliatelle!» E in quel momento tutti pensammo allo spazio che avrebbero occupato le tonde braccia di lei muovendosi
7
dare la stura: dare libero sfogo.
97
Piccole conferenze per grandi incontri
avanti e indietro con il mattarello sulla sfoglia di pasta, il petto
di lei calando sul gran mucchio di farina e uova che ingombrava
il largo tagliere mentre le sue braccia impastavano impastavano,
bianche e unte d’olio fin sopra al gomito; pensammo allo spazio
che avrebbero occupato la farina, e il grano per fare la farina, e i
campi per coltivare il grano, e le montagne da cui scendeva l’acqua per irrigare i campi, e i pascoli per le mandrie di vitelli che
avrebbero dato la carne per il sugo; allo spazio che ci sarebbe voluto perché il Sole arrivasse con i suoi raggi a maturare il grano;
allo spazio perché dalle nubi di gas stellari il Sole si condensasse
e bruciasse; alle quantità di stelle e galassie e ammassi galattici in fuga nello spazio che ci sarebbero volute per tener sospesa
ogni galassia ogni nebula8 ogni sole ogni pianeta, e nello stesso
tempo del pensarlo questo spazio inarrestabilmente si formava,
nello stesso tempo in cui la signora Ph(i)Nko pronunciava quelle
parole: «... le tagliatelle, ve’, ragazzi!» il punto che conteneva
lei e noi tutti s’espandeva in una raggiera di distanze d’anni-luce
e secoli-luce e miliardi di millenni-luce, e noi sbattuti ai quattro angoli dell’universo (il signor Pbert Pberd fino a Pavia), e lei
dissolta in non so quale specie d’energia luce calore, lei signora
Ph(i)Nko, quella che in mezzo al chiuso nostro mondo meschino
era stata capace d’uno slancio generoso, il primo «Ragazzi, che
tagliatelle vi farei mangiare!», un vero slancio d’amore generale,
dando inizio nello stesso momento al concetto di spazio, e allo
spazio propriamente detto, e al tempo, e alla gravitazione universale, e all’universo gravitante, rendendo possibili miliardi di
miliardi di soli, e di pianeti, e di campi di grano, e di signore
Ph(i)Nko, sparse per i Continenti dei pianeti che impastano con le
braccia unte e generose infarinate, e lei da quel momento perduta,
e noi a rimpiangerla.
I. CALVINO,
Le cosmicomiche,
Milano, Mondadori, 1993
8
nebula: nebulosa, v. nota 3.
98
Materiali
Italo Calvino, nacque nel 1923 a Santiago de
Las Vegas, nell’isola di Cuba, dove il padre, agronomo, si trovava per motivi di lavoro. Ancora bambino tornò in Italia e si stabilì con la famiglia a Sanremo, città a cui rimase sempre molto legato, come
alla terra ligure che fece da cornice a molte fra le sue prime opere. Nel 1941
si iscrisse all’Università di Torino, ma nel corso della guerra lasciò gli studi
per partecipare alla Resistenza come partigiano nella divisione Garibaldi,
combattendo in duri scontri sulle Alpi Marittime. Nell’immediato dopoguerra abbandonò definitivamente gli studi scientifici e si laureò in Lettere.
Assunto alla casa editrice torinese Einaudi, conobbe Cesare Pavese, Elio
Vittorini, Beppe Fenoglio, Natalia Ginzburg e molti altri giovani scrittori e
intellettuali, impegnati come lui nel dibattito politico e culturale del dopoguerra. Si stabilì in seguito a Roma e tra gli anni Cinquanta e Ottanta viaggiò molto, in Europa e negli Stati Uniti, dove tenne numerose conferenze.
Nel 1964 sposò l’argentina Esther Judith Singer, interprete di professione, e
si trasferì a Parigi, dove rimase per quasi vent’anni. Tornò definitivamente
in Italia nel 1980, proseguendo la sua attività di studioso, scrittore e collaboratore dei più importanti quotidiani nazionali. Morì improvvisamente a
Siena, nel 1985, all’età di sessantadue anni.
A ventiquattro anni pubblicò il suo primo romanzo, Il sentiero dei
nidi di ragno, in cui la Resistenza è vista attraverso gli occhi di un ragazzino, così come nella raccolta di racconti Ultimo viene il corvo, pubblicata nel 1949. Negli anni Cinquanta scrisse Il visconte dimezzato (1952),
Il barone rampante (1957) e Il cavaliere inesistente (1959), riuniti poi
sotto il titolo I nostri antenati. In seguito affrontò importanti aspetti della
vita sociale del tempo con sguardo attento e una prospettiva analitica molto
originale; nacquero così La speculazione edilizia (1957), La giornata
di uno scrutatore (1963) e Marcovaldo ovvero Le stagioni in città
(1963), una raccolta di racconti dal tono più leggero e umoristico. Le opere successive, che comprendono i racconti Le cosmicomiche (1965) e Ti
con zero (1968) e i romanzi Il castello dei destini incrociati (1969), Le
città invisibili (1972), Se una notte d’inverno un viaggiatore (1979),
Palomar (1983), sono caratterizzate da una scrittura sempre limpida ed
elegante e dalla ricerca di strutture narrative innovative e ardite. Gli anni
Ottanta furono anche quelli della produzione saggistica, fra cui Una pietra sopra (1980), raccolta di scritti sulla letteratura.
99
Il Copernico: dialogo
di Giacomo Leopardi
Leopardi non è solo il poeta dell’Infinito: a soli quattordici anni, con il fratello Carlo, scrisse un Saggio di chimica e di storia naturale, e a quindici
una Storia dell’Astronomia, prodotto del vivace dibattito con il padre Monaldo, fiero avversario delle teorie copernicane che Leopardi invece abbracciò
prontamente. Queste teorie erano condannate dall’Indice e tali rimarranno fino
al 1835, anno in cui Gregorio XVI renderà lecita la pubblicazione del De Revolutionibus Orbium Coelestium di Copernico.
Una parte cospicua della vasta biblioteca paterna, situata nel palazzo di famiglia presso il comune marchigiano di Recanati, era del resto composta da testi
di filosofia, scienze naturali, medicina e matematica.
Il dialogo che segue, Il Copernico, è tratto dalle Operette morali, che per
stile, ironia, e capacità di anticipare i tempi costituiscono un unicum nella
storia della letteratura italiana.
SCENA PRIMA
L’Ora prima e il Sole
ORA PRIMA Buon giorno, Eccellenza.
SOLE Sì: anzi buona notte.
ORA PRIMA I cavalli sono in ordine.
SOLE Bene.
ORA PRIMA La diana è venuta fuori da un pezzo.
SOLE Bene: venga o vada a suo agio.
ORA PRIMA Che intende di dire vostra Eccellenza?
SOLE Intendo che tu mi lasci stare.
101
Piccole conferenze per grandi incontri
ORA PRIMA Ma, Eccellenza, la notte già è durata tanto,
che non può durare più; e se noi c’indugiassimo, vegga, Eccellenza, che poi non nascesse qualche disordine.
SOLE Nasca quello che vuole, che io non mi muovo.
ORA PRIMA Oh, Eccellenza, che è cotesto? si sentirebbe
ella male?
SOLE No no, io non mi sento nulla; se non che io non mi
voglio muovere: e però tu te ne andrai per le tue faccende.
ORA PRIMA Come debbo io andare se non viene ella, ché
io sono la prima Ora del giorno? e il giorno come può essere, se vostra Eccellenza non si degna, come è solita, di uscir
fuori?
SOLE Se non sarai del giorno, sarai della notte; ovvero le
Ore della notte faranno l’uffizio doppio, e tu e le tue compagne starete in ozio. Perché, sai che è? io sono stanco di
questo continuo andare attorno per far lume a quattro animaluzzi, che vivono in su un pugno di fango, tanto piccino,
che io, che ho buona vista, non lo arrivo a vedere: e questa
notte ho fermato di non volere altra fatica per questo; e che
se gli uomini vogliono veder lume, che tengano i loro fuochi
accesi, o proveggano in altro modo.
ORA PRIMA E che modo, Eccellenza, vuole ella che ci trovino i poverini? E a dover poi mantenere le loro lucerne,
o provvedere tante candele che ardano tutto lo spazio del
giorno, sarà una spesa eccessiva. Che se fosse già ritrovato
di fare quella certa aria da servire per ardere, e per illuminare le strade, le camere, le botteghe, le cantine e ogni cosa, e il
tutto con poco dispendio; allora direi che il caso fosse manco
male. Ma il fatto è che ci avranno a passare ancora trecento
anni, poco più o meno, prima che gli uomini ritrovino quel
rimedio: e intanto verrà loro manco l’olio e la cera e la pece
e il sego; e non avranno più che ardere.
SOLE Andranno a caccia delle lucciole, e di quei vermicciuoli che splendono.
102
Materiali
ORA PRIMA E al freddo come provvederanno? che senza
quell’aiuto che avevano da vostra Eccellenza, non basterà
il fuoco di tutte le selve a riscaldarli. Oltre che si morranno
anco dalla fame: perché la terra non porterà più i suoi frutti.
E così, in capo a pochi anni, si perderà il seme di quei poveri
animali: che quando saranno andati un pezzo qua e là per
la Terra, a tastone, cercando di che vivere e di che riscaldarsi; finalmente, consumata ogni cosa che si possa ingoiare,
e spenta l’ultima scintilla di fuoco, se ne morranno tutti al
buio, ghiacciati come pezzi di cristallo di roccia.
SOLE Che importa cotesto a me? che, sono io la balia del
genere umano; o forse il cuoco, che gli abbia da stagionare e
da apprestare i cibi? e che mi debbo io curare se certa poca
quantità di creaturine invisibili, lontane da me i milioni delle miglia, non veggono, e non possono reggere al freddo,
senza la luce mia? E poi, se io debbo anco servir, come dire,
di stufa o di focolare a questa famiglia umana, è ragionevole, che volendo la famiglia scaldarsi, venga essa intorno del
focolare, e non che il focolare vada dintorno alla casa. Per
questo, se alla Terra fa di bisogno della presenza mia, cammini ella e adoprisi per averla: che io per me non ho bisogno
di cosa alcuna dalla Terra, perché io cerchi di lei.
ORA PRIMA Vostra Eccellenza vuol dire, se io intendo
bene, che quello che per lo passato ha fatto ella, ora faccia
la Terra.
SOLE Sì: ora, e per l’innanzi sempre.
ORA PRIMA Certo che vostra Eccellenza ha buona ragione
in questo: oltre che ella può fare di sé a suo modo. Ma pure
contuttociò, si degni, Eccellenza, di considerare quante cose
belle è necessario che sieno mandate a male, volendo stabilire questo nuovo ordine. Il giorno non avrà più il suo bel
carro dorato, co’ suoi bei cavalli, che si lavavano alla marina:
e per lasciare le altre particolarità, noi altre povere Ore non
avremo più luogo in cielo, e di fanciulle celesti diventeremo
103
Nicolaus Copernicus - Il sistema eliocentrico
Il Copernico è una lontana anticipazione della Ginestra:
nella teoria copernicana il poeta ravvisa la demolizione definitiva della vecchia metafisica e l’inizio del pensiero moderno
che elimina il dualismo fra cielo e terra; tanto che è possibile
prospettare l’ipotesi della abitabilità di infiniti altri pianeti.
Dalla teoria copernicana scaturisce l’esigenza di una nuova
visione dell’universo, che Leopardi ritiene inconciliabile con
la vecchia credenza antropocentrica che voleva l’uomo signore dell’intero creato; alla quale credenza però l’uomo rimane
inevitabilmente legato finché crede d’essere l’unica creatura
razionale e che Dio in persona sia sceso su questo infimo pianeta per amore degli uomini.
Materiali
terrene; se però, come io aspetto, non ci risolveremo piuttosto in fumo. Ma sia di questa parte come si voglia: il punto
sarà persuadere alla Terra di andare attorno; che ha da esser
difficile pure assai: perch’ella non ci è usata; e le dee parere
strano di aver poi sempre a correre e affaticarsi tanto, non
avendo mai dato un crollo da quel suo luogo insino a ora.
E se vostra Eccellenza adesso, per quel che pare, comincia a
porgere un poco di orecchio alla pigrizia; io odo che la Terra
non sia mica più inclinata alla fatica oggi che in altri tempi.
SOLE Il bisogno, in questa cosa, la pungerà, e la farà balzare e correre quanto convenga. Ma in ogni modo, qui la via
più spedita e la più sicura è di trovare un poeta ovvero un
filosofo che persuada alla Terra di muoversi, o che quando
altrimenti non la possa indurre, la faccia andar via per forza.
Perché finalmente il più di questa faccenda è in mano dei
filosofi e dei poeti; anzi essi ci possono quasi il tutto. I poeti
sono stati quelli che per l’addietro (perch’io era più giovane,
e dava loro orecchio), con quelle belle canzoni, mi hanno fatto fare di buona voglia, come per un diporto, o per un esercizio onorevole, quella sciocchissima fatica di correre alla
disperata, così grande e grosso come io sono, intorno a un
granellino di sabbia. Ma ora che io sono maturo di tempo, e
che mi sono voltato alla filosofia, cerco in ogni cosa l’utilità,
e non il bello; e i sentimenti dei poeti, se non mi muovono lo
stomaco, mi fanno ridere. Voglio, per fare una cosa, averne
buone ragioni, e che sieno di sostanza: e perché io non trovo
nessuna ragione di anteporre alla vita oziosa e agiata la vita
attiva; la quale non ti potria dar frutto che pagasse il travaglio, anzi solamente il pensiero (non essendoci al mondo un
frutto che vaglia due soldi); perciò sono deliberato di lasciare le fatiche e i disagi agli altri, e io per la parte mia vivere in
casa quieto e senza faccende. Questa mutazione in me, come
ti ho detto, oltre a quel che ci ha cooperato l’età, l’hanno fatta
i filosofi; gente che in questi tempi è cominciata a montare in
potenza, e monta ogni giorno più. Sicché, volendo fare ades105
Piccole conferenze per grandi incontri
so che la Terra si muova, e che diasi a correre attorno in vece
mia; per una parte veramente sarebbe a proposito un poeta
più che un filosofo: perché i poeti, ora con una fola, ora con
un’altra, dando ad intendere che le cose del mondo sieno
di valuta e di peso, e che sieno piacevoli e belle molto, e
creando mille speranze allegre, spesso invogliano gli altri di
faticare; e i filosofi gli svogliano. Ma dall’altra parte, perché
i filosofi sono cominciati a stare al di sopra, io dubito che un
poeta non sarebbe ascoltato oggi dalla Terra, più di quello
che fossi per ascoltarlo io; o che, quando fosse ascoltato, non
farebbe effetto. E però sarà il meglio che noi ricorriamo a un
filosofo: che se bene i filosofi ordinariamente sono poco atti,
e meno inclinati, a muovere altri ad operare; tuttavia può
essere che in questo caso così estremo, venga loro fatta cosa
contraria al loro usato. Eccetto se la Terra non giudicherà
che le sia più espediente di andarsene a perdizione, che avere a travagliarsi tanto: che io non direi però che ella avesse
il torto: basta, noi vedremo quello che succederà. Dunque
tu farai una cosa: tu te n’andrai là in Terra; o pure vi manderai l’una delle tue compagne, quella che tu vorrai: e se
ella troverà qualcuno di quei filosofi che stia fuori di casa al
fresco, speculando il cielo e le stelle; come ragionevolmente
ne dovrà trovare, per la novità di questa notte così lunga;
ella senza più, levatolo su di peso, se lo gitterà in sul dosso;
e così torni, e me lo rechi insin qua: che io vedrò di disporlo
a fare quello che occorre. Hai tu inteso bene?
ORA PRIMA Eccellenza sì. Sarà servita.
SCENA SECONDA
Copernico in sul terrazzo di casa sua, guardando in cielo a levante, per mezzo d’un cannoncello di carta; perché non erano ancora inventati i cannocchiali.
Gran cosa è questa. O che tutti gli oriuoli fallano, o il sole
dovrebbe esser levato già è più di un’ora: e qui non si vede
106
Materiali
né pure un barlume in oriente; con tutto che il cielo sia chiaro
e terso come uno specchio. Tutte le stelle risplendono come
fosse la mezza notte. Vattene ora all’Almagesto o al Sacrobosco, e dì che ti assegnino la cagione di questo caso. Io ho
udito dire più volte della notte che Giove passò colla moglie
d’Anfitrione: e così mi ricordo aver letto poco fa in un libro
moderno di uno Spagnuolo, che i Peruviani raccontano che
una volta, in antico, fu nel paese loro una notte lunghissima,
anzi sterminata; e che alla fine il sole uscì fuori da un certo
lago, che chiamano di Titicaca. Ma insino a qui ho pensato
che queste tali, non fossero se non ciance; e io l’ho tenuto
per fermo; come fanno tutti gli uomini ragionevoli. Ora che
io m’avveggo che la ragione e la scienza non rilevano, a dir
proprio, un’acca; mi risolvo a credere che queste e simili
cose possano esser vere verissime: anzi io sono per andare
a tutti i laghi e a tutti i pantani che io potrò, e vedere se io
m’abbattessi a pescare il Sole: Ma che è questo rombo che io
sento, che par come delle ali di uno uccello grande?
SCENA TERZA
L’Ora ultima e Copernico
ORA ULTIMA Copernico, io sono l’Ora ultima:
COPERNICO L’ora ultima? Bene: qui bisogna adattarsi.
Solo, se si può, dammi tanto di spazio, che io possa far testamento, e dare ordine a’ fatti miei, prima di morire.
ORA ULTIMA Che morire? io non sono già l’ora ultima
della vita.
COPERNICO Oh, che sei tu dunque? l’ultima ora dell’ufficio del breviario?
ORA ULTIMA Credo bene io, che cotesta ti sia più cara che
l’altre, quando tu ti ritrovi in coro.
COPERNICO Ma come sai tu cotesto, che io sono canonico? E come mi conosci tu? che anche mi hai chiamato dianzi
107
Piccole conferenze per grandi incontri
per nome.
ORA ULTIMA Io ho preso informazione dell’esser tuo da
certi ch’erano qua sotto, nella strada. In breve, io sono l’ultima ora del giorno.
COPERNICO Ah, io ho inteso: la prima Ora è malata; e da
questo e che il giorno non si vede ancora.
ORA ULTIMA Lasciami dire. Il giorno non è per aver luogo
più, né oggi né domani né poi, se tu non provvedi.
COPERNICO Buono sarebbe cotesto; che toccasse a me il
carico di fare il giorno.
ORA ULTIMA Io ti dirò il come. Ma la prima cosa, è di necessità che tu venga meco senza indugio a casa del Sole, mio
padrone. Tu intenderai ora il resto per via; e parte ti sarà
detto da sua Eccellenza, quando noi saremo arrivati.
COPERNICO Bene sta ogni cosa. Ma il cammino, se però io
non m’inganno, dovrebbe esser lungo assai. E come potrò io
portare tanta provvisione che mi basti a non morire affamato qualche anno prima di arrivare? Aggiungi che le terre di
sua Eccellenza non credo io che producano di che apparecchiarmi solamente una colazione.
ORA ULTIMA Lascia andare cotesti dubbi. Tu non avrai a
star molto in casa del Sole; e il viaggio si farà in un attimo;
perché io sono uno spirito, se tu non sai.
COPERNICO Ma io sono un corpo.
ORA ULTIMA Ben bene: tu non ti hai da impacciare di cotesti discorsi, che tu non sei già un filosofo metafisico. Vien
qua: montami in sulle spalle; e lascia fare a me il resto.
COPERNICO Orsù: ecco fatto. Vediamo a che sa riuscire
questa novità.
SCENA QUARTA
Copernico e il Sole
COPERNICO Illustrissimo Signore.
108
Materiali
SOLE Perdona, Copernico, se io non ti fo sedere; perché
qua non si usano sedie. Ma noi ci spacceremo tosto. Tu hai
già inteso il negozio dalla mia fante. Io dalla parte mia, per
quel che la fanciulla mi riferisce della tua qualità, trovo che
tu sei molto a proposito per l’effetto che si ricerca.
COPERNICO Signore, io veggo in questo negozio molte
difficoltà.
SOLE Le difficoltà non debbono spaventare un uomo
della tua sorte. Anzi si dice che elle accrescono animo all’animoso. Ma quali sono poi, alla fine, coteste difficoltà?
COPERNICO Primieramente, per grande che sia la potenza della filosofia, non mi assicuro che ella sia grande tanto,
da persuadere alla Terra di darsi a correre, in cambio di stare a sedere agiatamente; e darsi ad affaticare, in vece di stare
in ozio: massime a questi tempi; che non sono già i tempi
eroici.
SOLE E se tu non la potrai persuadere, tu la sforzerai.
COPERNICO Volentieri, illustrissimo, se io fossi un Ercole,
o pure almanco un Orlando; e non un canonico di Varmia.
SOLE Che fa cotesto al caso? Non si racconta egli di un
vostro matematico antico, il quale diceva che se gli fosse
dato un luogo fuori del mondo, che stando egli in quello, si
fidava di smuovere il cielo e la terra? Or tu non hai a smuovere il cielo; ed ecco che ti ritrovi in un luogo che è fuor della
Terra. Dunque, se tu non sei da meno di quell’antico, non
dee mancare che tu non la possa muovere, voglia essa o non
voglia.
COPERNICO Signor mio, cotesto si potrebbe fare: ma ci si
richiederebbe una leva; la quale vorrebbe essere tanto lunga, che non solo io, ma vostra signoria illustrissima, quantunque ella sia ricca, non ha però tanto che bastasse a mezza la spesa della materia per farla, e della fattura. Un’altra
difficoltà più grave è questa che io vi dirò adesso; anzi egli
è come un groppo di difficoltà. La Terra insino a oggi ha
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Piccole conferenze per grandi incontri
tenuto la prima sede del mondo, che è a dire il mezzo; e
(come voi sapete) stando ella immobile, e senza altro affare
che guardarsi all’intorno, tutti gli altri globi dell’universo,
non meno i più grandi che i più piccoli, e così gli splendenti
come gli oscuri, le sono iti rotolandosi di sopra e di sotto e ai
lati continuamente; con una fretta, una faccenda, una furia
da sbalordirsi a pensarla. E così, dimostrando tutte le cose di
essere occupate in servizio suo, pareva che l’universo fosse a
somiglianza di una corte; nella quale la Terra sedesse come
in un trono; e gli altri globi dintorno, in modo di cortigiani,
di guardie, di servitori, attendessero chi ad un ministero e
chi a un altro. Sicché, in effetto, la Terra si è creduta sempre
di essere imperatrice del mondo: e per verità, stando così
le cose come sono state per l’addietro, non si può mica dire
che ella discorresse male; anzi io non negherei che quel suo
concetto non fosse molto fondato. Che vi dirò poi degli uomini? che riputandoci (come ci riputeremo sempre) più che
primi e più che principalissimi tra le creature terrestri; ciascheduno di noi se ben fosse un vestito di cenci e che non
avesse un cantuccio di pan duro da rodere, si è tenuto per
certo di essere uno imperatore; non mica di Costantinopoli
o di Germania, ovvero della metà della Terra, come erano
gl’imperatori romani, ma un imperatore dell’universo; un
imperatore del sole, dei pianeti, di tutte le stelle visibili e
non visibili; e causa finale delle stelle, dei pianeti, di vostra
signoria illustrissima, e di tutte le cose. Ma ora se noi vogliamo che la Terra si parta da quel suo luogo di mezzo; se facciamo che ella corra, che ella si voltoli, che ella si affanni di
continuo, che eseguisca quel tanto, né più né meno, che si è
fatto di qui addietro dagli altri globi; in fine, che ella divenga
del numero dei pianeti; questo porterà seco che sua maestà
terrestre, e le loro maestà umane, dovranno sgomberare il
trono, e lasciar l’impero; restandosene però tuttavia co’ loro
cenci, e colle loro miserie, che non sono poche.
SOLE Che vuol conchiudere in somma con cotesto di110
Materiali
scorso il mio don Niccola? Forse ha scrupolo di coscienza,
che il fatto non sia un crimenlese?
COPERNICO No, illustrissimo; perché né i codici, né il digesto, né i libri che trattano del diritto pubblico, né del diritto dell’Imperio, né di quel delle genti, o di quello della
natura, non fanno menzione di questo crimenlese, che io mi
ricordi. Ma voglio dire in sostanza, che il fatto nostro non
sarà così semplicemente materiale, come pare a prima vista
che debba essere; e che gli effetti suoi non apparterranno
alla fisica solamente: perché esso sconvolgerà i gradi delle
dignità delle cose, e l’ordine degli enti; scambierà i fini delle
creature; e per tanto farà un grandissimo rivolgimento anche nella metafisica, anzi in tutto quello che tocca alla parte
speculativa del sapere. E ne risulterà che gli uomini, se pur
sapranno o vorranno discorrere sanamente, si troveranno
essere tutt’altra roba da quello che sono stati fin qui, o che si
hanno immaginato di essere.
SOLE Figliuol mio, coteste cose non mi fanno punto paura: ché tanto rispetto io porto alla metafisica, quanto alla
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Piccole conferenze per grandi incontri
fisica, e quanto anche all’alchimia, o alla negromantica, se
tu vuoi. E gli uomini si contenteranno di essere quello che
sono: e se questo non piacerà loro, andranno raziocinando
a rovescio, e argomentando in dispetto della evidenza delle cose; come facilissimamente potranno fare; e in questo
modo continueranno a tenersi per quel che vorranno, o baroni o duchi o imperatori o altro di più che si vogliano: che
essi ne staranno più consolati, e a me con questi loro giudizi
non daranno un dispiacere al mondo.
COPERNICO Orsù, lasciamo degli uomini e della Terra.
Considerate, illustrissimo, quel ch’è ragionevole che avvenga degli altri pianeti. Che quando vedranno la Terra fare
ogni cosa che fanno essi, e divenuta uno di loro, non vorranno più restarsene così lisci, semplici e disadorni, così deserti e tristi, come sono stati sempre; e che la Terra sola abbia
quei tanti ornamenti: ma vorranno ancora essi i lor fiumi, i
lor mari, le loro montagne, le piante, e fra le altre cose i loro
animali e abitatori; non vedendo ragione alcuna di dovere
essere da meno della Terra in nessuna parte. Ed eccovi un
altro rivolgimento grandissimo nel mondo; e una infinità di
famiglie e di popolazioni nuove, che in un momento si vedranno venir su da tutte le bande, come funghi.
SOLE E tu le lascerai che vengano; e sieno quante sapranno essere: ché la mia luce e il calore basterà per tutte, senza
che io cresca la spesa però; e il mondo avrà di che cibarle,
vestirle, alloggiarle, trattarle largamente, senza far debito.
COPERNICO Ma pensi vostra signoria illustrissima un
poco più oltre, e vedrà nascere ancora un altro scompiglio.
Che le stelle, vedendo che voi vi siete posto a sedere, e non
già su uno sgabello, ma in trono; e che avete dintorno questa bella corte e questo popolo di pianeti; non solo vorranno
sedere ancor esse e riposarsi, ma vorranno altresì regnare: e
chi ha da regnare, ci hanno a essere i sudditi: però vorranno
avere i loro pianeti, come avrete voi; ciascuna i suoi propri. I quali pianeti nuovi, converrà che sieno anche abitati e
112
Materiali
adorni come è la Terra. E qui non vi starò a dire del povero
genere umano, divenuto poco più che nulla già innanzi, in
rispetto a questo mondo solo; a che si ridurrà egli quando
scoppieranno fuori tante migliaia di altri mondi, in maniera
che non ci sarà una minutissima stelluzza della Via Lattea,
che non abbia il suo. Ma considerando solamente l’interesse vostro, dico che per insino a ora voi siete stato, se non
primo nell’universo, certamente secondo, cioè a dire dopo
la Terra, e non avete avuto nessuno uguale; atteso che le
stelle non si sono ardite di pareggiarvisi: ma in questo nuovo stato dell’universo avrete tanti uguali, quante saranno le
stelle coi loro mondi. Sicché guardate che questa mutazione
che noi vogliamo fare, non sia con pregiudizio della dignità
vostra.
SOLE Non hai tu a memoria quello che disse il vostro
Cesare quando egli, andando per le Alpi, si abbatté a passare vicino a quella borgatella di certi poveri Barbari: che
gli sarebbe piaciuto più se egli fosse stato il primo in quella
borgatella, che di essere il secondo in Roma? E a me similmente dovrebbe piacer più di esser primo in questo mondo
nostro, che secondo nell’universo. Ma non è l’ambizione
quella che mi muove a voler mutare lo stato presente delle
cose: solo è l’amor della quiete, o per dir più proprio, la pigrizia. In maniera che dell’avere uguali o non averne, e di
essere nel primo luogo o nell’ultimo, io non mi curo molto:
perché, diversamente da Cicerone, ho riguardo più all’ozio
che alla dignità.
COPERNICO Cotesto ozio, illustrissimo, io per la parte
mia, il meglio che io possa, m’ingegnerò di acquistarvelo.
Ma dubito, anche riuscendo la intenzione, che esso non vi
durerà gran tempo. E prima, io sono quasi certo che non
passeranno molti anni, che voi sarete costretto di andarvi
aggirando come una carrucola da pozzo, o come una macina; senza mutar luogo però. Poi, sto con qualche sospetto
che pure alla fine, in termine di più o men tempo, vi conven113
Piccole conferenze per grandi incontri
ga anco tornare a correre: io non dico, intorno alla Terra; ma
che monta a voi questo? e forse che quello stesso aggirarvi
che voi farete, servirà di argomento per farvi anco andare.
Basta, sia quello che si voglia; non ostante ogni malagevolezza e ogni altra considerazione, se voi perseverate nel proposito vostro, io proverò di servirvi; acciocché, se la cosa
non mi verrà fatta, voi pensiate ch’io non ho potuto, e non
diciate che io sono di poco animo.
SOLE Bene sta, Copernico mio: prova.
COPERNICO Ci resterebbe una certa difficoltà solamente.
SOLE Via, qual è?
COPERNICO Che io non vorrei, per questo fatto, essere
abbruciato vivo, a uso della fenice: perché accadendo questo, io sono sicuro di non avere a risuscitare dalle mie ceneri
come fa quell’uccello, e di non vedere mai più, da quell’ora
innanzi, la faccia della signoria vostra.
SOLE Senti, Copernico: tu sai che un tempo, quando voi
altri filosofi non eravate appena nati, dico al tempo che la
poesia teneva il campo, io sono stato profeta. Voglio che
adesso tu mi lasci profetare per l’ultima volta, e che per la
memoria di quella mia virtù antica, tu mi presti fede. Ti dico
io dunque che forse, dopo te ad alcuni i quali approveranno quello che tu avrai fatto, potrà essere che tocchi qualche
scottatura, o altra cosa simile; ma che tu per conto di questa
impresa, a quel ch’io posso conoscere, non patirai nulla. E se
tu vuoi essere più sicuro, prendi questo partito: il libro che
tu scriverai a questo proposito, dedicarlo al papa.1 In questo
modo, ti prometto che né anche hai da perdere il canonicato.
GIACOMO LEOPARDI,
Operette morali. Il Copernico - Dialogo,
Sansoni, Firenze 1969
1
Copernico in effetto lo dedicò al pontefice Paolo III.
114
Materiali
GIACOMO LEOPARDI nasce a Recanati il 29 giugno del 1798, primogenito del conte Monaldo, che fu il suo primo educatore insieme a vari precettori ecclesiastici.
La chiusura e la bigotteria dell’ambiente parentale portano il giovane
ad appassionarsi sempre di più e in modo estremamente solitario ai suoi
studi. Impara da solo diverse lingue, tra cui l’ebraico, e si esercita in traduzioni scolastiche dai classici ma anche in piccoli saggi come La storia
dell’astronomia e Saggio sopra gli errori popolari degli antichi, che
già mostrano l’assorbimento della cultura illuministica. Nel 1816 avviene
la «conversione letteraria»: Leopardi si dedica alla poesia, diventa amico
di Pietro Giordani e progetta una fuga da Recanati, dove ormai non riesce
più a vivere. In questi anni annota pensieri di ogni tipo nello Zibaldone
(che raccoglierà scritti dal 1817 al 1832); scrive canzoni patriottiche come
All’Italia; un saggio di poetica, Discorso di un italiano intorno alla
poesia romantica, e tra il 1819 e il 1821 i primi idilli (tra cui L’infinito,
La sera del dì di festa, Alla luna) e varie canzoni. Il suo fisico è ormai
minato e ha anche una grave malattia agli occhi che lo costringe a un
riposo forzato.
Nel 1822 finalmente esce da Recanati per recarsi a Roma, ma rimarrà
deluso e annoiato dal clima di corruzione e di cultura reliquiaria che vi
domina. Tornato a Recanati scrive quasi tutte le Operette morali (tra i
più grandi esempi di prosa filosofica italiana). Tra il 1825 e il 1828 compie
diversi viaggi tra Milano, Bologna e Firenze (dove conosce il Viesseux)
nel tentativo di rendersi autonomo con la propria attività di traduttore,
ma senza successo. Dal ‘21 al ‘27 c’è un quasi totale «silenzio poetico» che
verrà rotto con la composizione de Il risorgimento e A Silvia e poi dei
grandi idilli.
Torna diverse volte a Recanati e infine nel ‘33 si reca a Napoli con
Ranieri dove morirà il 14 giugno del 1837.
115
Pagine da “Vita di Galileo”
di Bertolt Brecht
Frutto di diverse stesure nate dalle vicende personali e politiche di Brecht,
la commedia nasce negli anni che precedono immediatamente la Seconda Guerra Mondiale. Vita di Galileo è la drammatizzazione della carriera del grande
scienziato toscano a partire dall’invenzione del cannocchiale, alla scoperta dei
pianeti di Giove, alla prima condanna del Sant’Uffizio, fi no all’ultima vecchiaia che trascorse nel suo domicilio in conseguenza della seconda e definitiva
condanna.
La figura di Galileo, lo scienziato che con le sue rivoluzionarie intuizioni rischia di mettere a repentaglio gli equilibri teologici e sociali del suo tempo e che
si piega alla ritrattazione per timore della tortura e per mancanza di vocazione
eroica, è la metafora dello scienziato moderno, dell’intellettuale perseguitato
dall’inesorabile binomio scienza-fanatismo.
Questo è quanto ci racconta Brecht col suo “Galileo”. Non tanto la storia
di un uomo che lotta tra eroismo e debolezze contro il potere, ma la storia di
un problema, delle sue origini materiali e delle ragioni umane e sociali che lo
hanno consegnato così nelle nostre mani attraverso i secoli.
Dal testo di Bertolt Brecht vengono di seguito riportate le scene XII e XIII.
XII.
Il Papa.
Una stanza del Vaticano.
Papa Urbano VIII - l’ex Cardinale Barberini - durante la vestizione sta
dando udienza al Cardinale Inquisitore.
Dall’esterno si ode un forte scalpiccio e trepestio.
117
Piccole conferenze per grandi incontri
PAPA
(a voce altissima)
No, no e no!
INQUISITORE
Dunque, Vostra Santità si prepara davvero a dire ai suoi
dottori di ogni facoltà, ai rappresentanti degli ordini ecclesiastici e del clero tutto, qui convenuti con la loro ingenua
fede nella parola di Dio tramandata dalla Scrittura, per udire
dalla Santità Vostra la conferma di quella loro fede: si prepara dunque a dir loro che non si deve più credere alla Bibbia?
PAPA
NON voglio
poi no!
mettermi contro la tavola pitagorica. Questo
INQUISITORE
Contro la tavola pitagorica o contro lo spirito del dubbio e
dell’insubordinazione? Sono costoro che invocano la tavola
pitagorica; ma è ben altro, noi lo sappiamo. Il mondo è percorso da un’inquietudine nefanda; e l’inquietudine dei loro
cervelli, costoro la trasferiscono alla terra, alla terra immobile. «Le cifre parlano chiaro»: questo, il loro grido di battaglia! Ma donde provengono quelle cifre? È presto detto: dal
dubbio. Loro mettono in dubbio ogni cosa; e possiamo noi
fondare la compagine umana sul dubbio anziché sulla fede?
«Tu sei il mio Signore, ma dubito che ciò sia giusto». «Questa
è la casa del mio vicino, questa è la moglie del mio vicino, ma
dubito che non possano essere mie». Ed ecco, d’altro canto,
l’amore di Vostra Santità per le arti fitto oggetto di frizzi ingiuriosi, come quello che si legge sui muri delle case romane: «Ciò che non fecero i barbari, fecero i Barberini»! E fuori
d’Italia? Dio ha creduto di sottoporre a dure prove il Sacro
Soglio. V’è gente di corte vedute che non capisce la politica
condotta da Vostra Santità in Spagna, che deplora il dissidio
con l’Imperatore. Da tre lustri la Germania è un banco da
macello, dove ci si scanna a suon di citazioni della Bibbia. E
118
Materiali
ora che la peste, laguerra e la Riforma hanno ridotto il gregge
cristiano a piccoli frantumi sparuti, per tutta l’Europa corre
la voce che voi, in segreta combutta con i luterani svedesi,
vi proponete d’indebolire l’Imperatore cattolico. E proprio
adesso cotesti vermi di matematici volgono i loro cannocchiali al cielo e annunciano al mondo che anche qui, anche
in quest’unico spazio che ancora non vi si contestava, Vostra
Santità si trova a mal partito. È lecito chiedersi: come mai
tanto improvviso interesse per una scienza remota come l’astronomia? Che importanza può avere il modo in cui quelle
sfere girano? Ma in Italia, in questo paese dove tutti, fi no
all’ultimo degli stallieri, vanno ciarlando delle fasi di Venere
sul funesto esempio di quel fi orentino, non v’è nessuno che
non pensi in pari tempo anche a tutto quello che si dichiara incontestabile nelle scuole e in altri luoghi, e che riesce
così sgradito! Che succederebbe se tutti costoro, deboli nella
carne, inclini ad ogni eccesso, tenessero per valida istanza
solo la loro ragione, come va predicando quel forsennato?
Una volta che dubitassero se il sole si sia davvero fermato
in Gabaòn, i loro sporchi dubbi potrebbero estendersi anche
alle questue! Da quando si avventurano sugli oceani - e a
questo non vi è nulla da obiettare - tutta la loro fi ducia va ad
una pallina d’ottone che chiamano bussola, non più all’onnipotenza di Dio! Questo Galilei fi n da giovane si occupò di
macchine. Con le macchine pensano di far miracoli: ma quali? Di Dio non sentono più bisogno; ma che sortii di miracoli
saranno? Per esempio, non si deve più par lare di alto e di
basso: a loro non serve più. Aristotele, che per tutto il resto
considerano alla stregua di una vecchia ciabatta, ha detto (e
questo lo citano): «Se la spola del telaio girasse da sola, se il
plettro della cetra suonasse da sé, i maestri non avrebbero
più bisogno di aiutanti, né i padroni di servi». Ed è quello
che sta avverandosi, pensano. Quel malvagio sa ciò che fa,
quando scrive le sue opere d’astronomia non più in latino,
ma nell’idioma volgare delle pescivendole e dei lanaioli!
119
Piccole conferenze per grandi incontri
PAPA
Sì, non è stata una prova di buon gusto. Glielo dirò.
INQUISITORE
È un sobillatore, un corruttore. I porti d’Italia sempre più
insistentemente chiedono, per le loro navi, le carte astronomiche del signor Galilei. Bisognerà acconsentire: si tratta
d’interessi materiali.
PAPA
MA quelle carte precisamente poggiano sulle sue affermazioni eretiche! Si tratta proprio dei moti di quelle stelle
che, se non si ammette la sua dottrina, non possono esistere.
Se si condanna la teoria, è impossibile accettarle per buone!
INQUISITORE
E perché no? Non si può fare altrimenti.
PAPA
Tutto questo scalpiccio mi dà ai nervi. Perdonate, è più
forte di me.
INQUISITORE
Possa questo scalpiccio esser più eloquente delle mie
povere parole, Santità. Pensate: se tutti costoro dovessero
tornarsene a casa col dubbio nel cuore!
PAPA
Ma insomma, quell’uomo è il più grande fisico dei nostri tempi, è il luminare d’Italia, non un arruffone qualunque! Ha degli amici potenti. Che diranno a Versailles? E
alla Corte di Vienna? Che la Chiesa è diventata un ricettacolo di marci pregiudizi! Non lo toccate!
INQUISITORE
In pratica, non occorrerà andar molto lontano. È un
uomo della carne. Capitolerà subito.
PAPA
Non ne ho mai visto un altro così capace di godimento.
120
Materiali
Il pensiero stesso, in lui, è una manifestazione di sensualità.
Davanti a un vino vecchio come a un pensiero nuovo, non
sa dir di no. E poi, non voglio condanne di fatti materiali.
Non voglio che si senta gridare da una parte «viva la Chiesa!» e dall’altra «viva la ragione!» Ho dato il beneplacito al
suo libro, a patto che concludesse col riconoscimento che
l’ultima parola non spetta alla scienza, ma alla fede. E lui
ha tenuto il patto.
INQUISITORE
Sì, ma come? Nel suo libro discutono un uomo sciocco,
che naturalmente sostiene le teorie di Aristotele, e un uomo
intelligente che, non meno naturalmente, sostiene quelle
del signor Galilei; e chi è dei due, Santità, che pronuncia
l’ultima parola?
PAPA
Che volete ancora? Insomma, chi esprime il nostro pensiero?
INQUISITORE
Non è l’intelligente.
PAPA
Davvero? Che sfacciato! Insomma, questo scalpiccio nei
corridoi è insopportabile. Tutto il mondo è convenuto qui?
INQUISITORE
Non tutto il mondo, Santità: la sua parte migliore.
Pausa. Il Papa è ormai adorno di tutto punto.
PAPA
Al massimo al massimo, lo si porti davanti agli strumenti.
INQUISITORE
Non occorrerà altro, Santità. Galilei di strumenti, se ne
intende.
121
Piccole conferenze per grandi incontri
XIII.
22 giugno 1633: Galileo Galilei rinnega davanti all’Inquisizione la sua dottrina della rotazione della terra.
E fu un giorno di giugno, che presto passò / e fu un giorno importante per
me e per te. / La ragione usci fuori dalle tenebre / e tutto un giorno stette
dinanzi alla porta.
Palazzo dell’ambasciata fiorentina a Roma.
I discepoli di Galileo sono in attesa di notizie. Frate Fulgenzio e Federzoni
giocano a scacchi secondo il nuovo metodo, con grandi spostamenti dei pezzi.
Virginia, inginocchiata in un angolo, recita avemarie.
FULGENZIO
Il Papa non ha voluto concedergli udienza: niente più
discussioni scientifiche!
FEDERZONI
Era la sua ultima speranza... Glielo aveva ben detto,
tanti anni fa, a Roma, quando era ancora il Cardinale Barberini: tu ci sei necessario! Adesso lo hanno, e se lo tengono stretto.
ANDREA
Lo uccideranno. Non terminerà i «Discorsi delle nuove
scienze».
FEDERZONI
(lanciandogli un’occhiata di straforo)
Lo credi davvero?
ANDREA
Non abiurerà mai.
Pausa.
FULGENZIO
Quando la notte non si riesce a dormire, succede che il
cervello continua a mulinare dei pensieri senza importanza. Stanotte, per esempio, non ho fatto che pensare: non
avrebbe mai dovuto lasciare la Repubblica Veneta.
122
Materiali
ANDREA
Ma là non poteva scrivere il suo libro.
FEDERZONI
E a Firenze non poteva pubblicarlo.
Pausa.
FULGENZIO
E pensavo anche: se almeno gli permettessero di tenere
con sé il suo sassolino, il «richiamo alla ragione», quello che
porta sempre in tasca!
FEDERZONI
Eh! Di tasche, là dentro, non se ne parla.
ANDREA
(con un grido)
No, non oseranno farlo! E anche se glielo faranno, lui
non abiurerà. «Chi non conosce la verità è uno sciocco, ma
chi, conoscendola, la chiama bugia, è un delinquente!»
FEDERZONI
Non lo credo neanch’io, e preferirei non vivere più, se lui
abiurasse. Ma quelli hanno la forza.
ANDREA
La forza non può tutto.
FEDERZONI
Forse.
FULGENZIO
(sottovoce)
Da ventitré giorni è carcerato. Ieri c’è stato il grande interrogatorio. E oggi c’è il consiglio.
(Avvedendosi che Andrea lo sta ascoltando, alza la voce)
Quando venni qua a trovarlo, due giorni dopo il decreto,
eravamo seduti li fuori, ed egli mi mostrò il piccolo Priapo
presso la meridiana del giardino - lo vedete là? - e paragonò
la sua opera ad una poesia di Orazio, perché anche in essa
non c’era nulla da cambiare. Mi parlò del suo senso della
123
Piccole conferenze per grandi incontri
bellezza, che lo spingeva alla ricerca della verità. E mi citò
il motto: «Hieme et aestate, et prope et procul, usque dum
vivam et ultra»: e pensava alla verità.
ANDREA
(a Fulgenzio)
Gli hai detto che aria di sfida aveva al Collegio Romano,
mentre quelli esaminavano il suo cannocchiale?
(Fulgenzio scuote il capo).
Si comportava come se nulla fosse. Si teneva le mani sul
didietro, sporgeva in fuori la pancia e ripeteva: «Vi prego,
signori, ragionate un poco!»
(Ridendo, imita Galileo).
Pausa.
ANDREA
(alludendo a Virginia)
Prega perché abiuri.
FEDERZONI
Lasciala stare. Da quando quelli là l’han fatta parlare,
non sa più dove ha la testa e dove i piedi.
Entra l’individuo losco di Palazzo Medici.
INDIVIDUO
Il signor Galilei sarà qui tra poco. Forse avrà bisogno di
un letto.
FEDERZONI
Lo hanno rilasciato?
INDIVIDUO
È previsto che il signor Galilei abiuri alle cinque, in una
seduta dell’Inquisizione. Nello stesso istante suonerà la
grande campana di San Marco e verrà grillato in pubblico il
testo dell’abiura.
ANDREA
Non ci credo.
124
Materiali
INDIVIDUO
Il signor Galilei sarà portato qui, all’uscita del giardino
dietro il palazzo, per evitare assembramenti nelle strade.
(Via).
Pausa.
ANDREA
(improvvisamente, a voce alta)
La luna è una terra ed è priva di luce propria. E Venere
pure è priva di luce propria ed è simile alla terra e si muove intorno al sole. E quattro lune girano intorno al pianeta
Giove, che si trova all’altezza delle stelle fisse e non è fissato
su una calotta. E il sole è il centro del mondo e sta immobile
nel suo luogo, e la terra non è il centro e non è immobile. E
tutto questo, egli ce lo ha mostrato.
FULGENZIO
E la forza non può fare che un uomo non veda ciò che
ha visto.
Silenzio.
FEDERZONI
Sono le cinque.
Virginia prega più forte.
Non riesco più a star fermo, no! Stanno uccidendo la
verità.
(Si tappa gli orecchi con le dita. Frate Fulgenzio lo imita).
Ma la campana non suona. Dopo una pausa, riempita dal mormorio delle
preghiere di Virginia, Federzoni scuote la testa, in legno di diniego. Gli altri
due abbassano le mani.
FEDERZONI
(rauco)
Niente! Le cinque e tre minuti.
ANDREA
Non cede.
125
Piccole conferenze per grandi incontri
FULGENZIO
Non abiura
FEDERZONI
No. Dio sia lodato!
Si abbracciano, deliranti di gioia.
ANDREA
Dunque, la forza non basta! Non può arrivare dove vuole! Dunque, la stupidità è vinta e non invincibile! E l’uomo
non teme la morte!
FEDERZONI
Oggi ha davvero inizio l’era della scienza: questo è il momento della sua nascita. Pensa, se avesse abiurato!
FULGENZIO
Io non parlavo, ma ero all’agonia. O uomo di poca fede!
ANDREA
Io invece lo sapevo.
Bozzetto per Vita di Galileo di Bertolt Brecht
regia Giorgio Strehler 1963-1964
126
Materiali
FEDERZONI
Sarebbe stato come se dall’aurora fossimo ripiombati
nella notte.
ANDREA
Come se la montagna avesse detto: io sono acqua.
FULGENZIO
(s’inginocchia piangendo)
Dio, ti ringrazio!
ANDREA
Ma oggi è tutto cambiato! L’umanità umiliata solleva la
testa e dice: finalmente posso vivere! Questo è quel che si
ottiene, quando un uomo si alza in piedi e dice di no! In
questo istante si odono i rintocchi della campana di San
Marco, Tutti restano impietriti.
VIRGINIA
(balzando in piedi)
La campana di San Marco! Non è dannato!
Dalla via si ode un banditore leggere l’abiura di Galileo.
VOCE DEL BANDITORE
«Io, Galileo Galilei, lettore di matematiche nell’Università di Firenze, pubblicamente abiuro la mia dottrina che
il sole è il centro del mondo e non si muove, e che la terra
non è il centro del mondo e si muove. Con cuor sincero e
fede non finta abiuro, maledico e detesto i suddetti errori
ed eresie, e qualunque altro errore, eresia e setta contraria
alla Santa Chiesa».
La scena si oscura. Quando torna la luce, si odono ancora i rintocchi della
campana, che però cessano subito.
Virginia è uscita; i tre discepoli di Galileo sono sempre in scena.
FEDERZONI
Non t’ha mai pagato decentemente per il tuo lavoro!
Non sei mai riuscito a pubblicare un libro tuo, e neanche a
comprarti un paio di calzoni. Ecco il bel guadagno che hai
127
Piccole conferenze per grandi incontri
fatto a «lavorare per la scienza»!
ANDREA
(forte)
Sventurata la terra che non ha eroi!
Galileo è entrato. Il processo lo ha trasformato radicalmente, fin quasi a renderlo irriconoscibile. Ha udito le parole di Andrea. Per alcuni istanti si ferma
sulla soglia, aspettando un saluto. Ma poiché nessuno lo saluta, anzi i discepoli
si allontanano da lui, egli avanza lentamente, col passo incerto di chi ci vede
male, fi no al proscenio; qui trova uno sgabello e si siede.
ANDREA
Non posso guardarlo. Fatelo andar via.
FEDERZONI
Sta’ calmo.
ANDREA
(grida a Galileo)
Otre da vino! Mangialumache! Ti sei salvata la pellaccia, eh? (Si siede) Mi sento male.
GALILEO
(calmo)
Dategli un bicchier d’acqua.
Frate Fulgenzio esce e rientra portando un bicchier d’acqua ad Andrea.
Nessuno mostra di accorgersi della presenza di Galileo, che siede in silenzio,
nell’atto di ascoltare. Giunge di nuovo, da più lontano, il grido del banditore.
ANDREA
Adesso riesco a camminare, se mi aiutate un po’.
Gli altri due lo sorreggono fi no all’uscita. In questo momento Galileo incomincia a parlare.
GALILEO
No. Sventurata la terra che ha bisogno di eroi.
[...]
BERTOLT BRECHT,
Vita di Galileo,
Einaudi, Torino 1997.
128
Materiali
Bertolt Brecht nasce il 10 febbraio 1898, ad Augsburg
in Germania. Compie studi di medicina in Bavaria. Nel
1918, nella Prima guerra mondiale, èassistente di campo.
Data lo stesso anno la composizione del suo primo lavoro
teatrale, Baal, mentre è del 1920 il suo primo, clamoroso
successo, ottenuto con la rappresentazione di Trommeln
in der Nacht (Tamburi nella notte). Brecht è anche poeta: nel 1927 esce il libro di versi Die Hauspostille.
Brecht, che ha conosciuto gli ambienti Dada ed è diventato un impegnato intellettuale comunista, si trasferisce a Berlino, dove
compone, nel 1928, Die Dreigroschenoper (L’opera da tre soldi) insieme a
Kurt Weil: è un successo clamoroso, che determina il passaggio del drammaturgo tedesco sul fronte antagonista e profondamente antiborghese.
Per questo motivo, nel ‘33 Brecht viene esiliato e dapprima eipara in
Scandinavia, dove rimane fino al 1941, quindi emigra negli Stati Uniti, lavorando per produzioni minori a Hollywood.
Dal ‘41, anno di uscita di Mutter Courage und ihre Kinder (Madre
Courage e i suoi figli), al 1948, quando viene pubblicato Der kaukasische
Kreidekreis (Il cerchio di gesso del Caucaso), Brecht produce i suoi drammi
migliori tra i quali Vita di Galileo e La resistibile ascesa di Arturo Ui.
Al ritorno in Germania, Brecht ha definito la propria teoria sul teatro:
un teatro al tempo stesso epico e marxista, capace di rapprasentare qui e ora
i cambiamenti sociali, e di coinvolgere gli spettatori nel processo scientifico
di analisi e mutamento della società, sottraendoli violentemente al processo
di alienazione che subiscono in quanto “pubblico” (gli attori che scendono
dalla scena o si rivolgono personalmente agli spettatori sono uno soltanto
tra gli espedienti tecnici del teatro brechtiano, che si differenzia in maniera
radicale, quanto a intenti, dalle trovate avanguardiste).
“Vita di Galileo” è una delle opere fondamentali della cultura del nostro secolo, contrassegnata dalle guerre mondiali, dalle lotte dei popoli contro il fascismo, il colonialismo e il neocapitalismo. Frutto di diverse stesure
nate dalle vicende personali e politiche di Brecht, il dramma nasce negli anni
che precedono immediatamente la Seconda Guerra Mondiale e narra la carriera del grande scienziato toscano a partire dall’invenzione del cannocchiale, alla scoperta dei pianeti di Giove, alla prima condanna del Sant’Uffizio,
fino all’ultima vecchiaia trascorsa nel suo domicilio in conseguenza della
seconda e definitiva condanna.
La figura di Galileo, lo scienziato che con le sue rivoluzionarie intuizioni, rischia di mettere a repentaglio gli equilibri teologici e sociali del suo tempo e che si piega alla ritrattazione per timore della tortura e per mancanza
di vocazione eroica, è la metafora dello scienziato moderno, dell’intellettuale
perseguitato dall’inesorabile binomio scienza-fanatismo. Non tanto la storia
di un uomo che lotta tra eroismo e debolezze contro il potere, ma la storia di
un problema, delle sue origini materiali e delle ragioni umane e sociali che lo
hanno consegnato così nelle nostre mani attraverso i secoli.
129
Seguendo le comete alla ricerca della vita
di Arnaldo D’Amico
Da trentacinque anni l’uomo invia sonde a perlustrare il sistema
solare. Alcune hanno ormai attraversato le colonne d’Ercolee, e il messaggio che trasmettono alla Terra è sempre più chiaro: “La risposta è
vicina”
Gli astrobiologi delle maggiori agenzie spaziali, l’americana Nasa e l’europea Esa, tra pochi giorni si riuniranno
nel prestigioso Scripp Institute di Oceanografia a San Diego, California. Tre giorni di summit dal 13 al 15 febbraio
per mettere a punto i protocolli di “protezione planetaria”,
la disciplina scientifica che ha lo scopo di evitare la contaminazione della Terra da parte di forme di vita aliene.
Un “manuale di istruzioni” per maneggiare le sonde interplanetarie rientrate dalle loro missioni, aprirle, recuperare
i carichi di suolo extraterrestre, trasportarli in laboratorio e
infine analizzarli per trovare acqua, composti organici precursori della vita e eventuali microrganismi alieni. Dal 2004
sono già tornate sonde cariche dei “pezzi” di due comete
e di un asteroide. Nei prossimi anni sono attesi campioni
di altri asteroidi mentre per quelli di suolo, sottosuolo e
acqua marziani, fallita la missione russa Phobos (la sonda
è precipitata nell’oceano un mese fa), bisognerà attendere
il 2027, quando una sonda Esa riporterà rocce, terreno e
131
Piccole conferenze per grandi incontri
ghiaccio del Pianeta rosso. Ma questa prudenza da parte
degli esperti è nuova ed è segno che le missioni spaziali
sono a una svolta.
Da trentacinque anni decine di robot carichi di sensori
vagano tra i pianeti del nostro sistema solare. Quattro hanno anche superato le colonne d’Ercole dell’ultimo pianeta,
Plutone, e due di queste mandano ancora i loro segnali radio che, viaggiando alla velocità della luce, arrivano sulla
Terra quattro giorni dopo. L’obiettivo delle missioni è capire come sono nati il Sole, i corpi che gli ruotano intorno e
la vita. Milioni di fotografie, analisi chimiche e spettrografiche cumulate danno sempre più forza a un’unica ipotesi:
la culla della vita è al di fuori della Terra e più le missioni
spaziali si evolvono o si spingono oltre più la risposta si
avvicina. E la risposta è racchiusa in un semplice elemento,
l’acqua.
«Abbiamo trovato acqua in quasi tutti i corpi celesti
esplorati — spiega da Parigi il responsabile dell’ufficio di
coordinamento scientifico dell’European Space Agency
(Esa), Fabio Favata —sulla Luna, su Marte, sugli asteroidi,
nelle comete e su Encelado, satellite di Saturno. Una sonda Nasa, attraversando e analizzando i geyser che si sprigionano dalla sua coltre di ghiaccio, ha scoperto che sotto
vi è un oceano riscaldato dall’energia delle potenti maree
scatenate dal secondo gigante del sistema solare. Oceani
nascosti sotto spesse croste di ghiaccio sembrano esistere
anche su alcuni dei satelliti di Giove, in particolare Europa
e Ganimede». Non solo: questi mari ricordano molto, per
composizione chimica, quel “brodo primordiale” fatto di
acqua, metano e altre molecole organiche semplici con cui
Miller ed Urey, già nel 1953, generarono aminoacidi, nucleotidi e altri “semi” della vita bombardandolo con scariche
elettriche. Non a caso una delle tre missioni interplanetarie
in corso dell’Esa è stata battezzata Rosetta, come la pietra
che permise di decifrare i geroglifici. Gli addetti ai lavori la
132
Materiali
chiamano l’Acchiappacomete, perché anche questi residui
fossili che attraversano il sistema solare sono un osservatorio importante visto che vengono dallo spazio esterno.
Per la prima volta Rosetta, con una sonda-figlia, atterrerà
su una cometa e ne analizzerà la superficie. Le precedenti
missioni hanno svelato che le comete sono acqua “sporcata” da molecole organiche, una specie di “brodo primordiale” congelato. E che ribolle a ogni transito vicino al Sole
lasciando la famosa coda.
«Da Rosetta ci si aspetta di capire il ruolo che le comete
hanno avuto nell’evoluzione della vita sulla Terra e se sono
coinvolte anche nell’origine dei nostri oceani, come fanno supporre i recenti dati di uno degli osservatori spaziali
dell’Esa, il telescopio Herschel — dice Favata — Rosetta sta
cercando di capire se sono state proprio loro a portare l’a
qua e i “semi” della vita sulla Terra. Sarebbe la soluzione di
un grande interrogativo che però ne porrebbe subito dopo
uno ancora più grande: possibile che sia nata solo sul nostro pianeta?».
Dietro Rosetta (in viaggio, ibernata, verso una cometa,
dove si sveglierà nel gennaio 2014) e un’altra decina di so
de interplanetarie americane, europee, cinesi e giapponesi
oggi in missione vi è un lavoro costante dalla Terra. «Ogni
giorno vanno controllati decine di migliaia di parametri
tecnici che rivelano tutto sul funzionamento dei sistemi di
bordo», spiega Paolo Ferri, il “mastercommander” dell’Esa,
che dalla sala controllo di Darmstadt in Germania, gestisce Rosetta e le altre due sonde interplanetarie europee attualmente operative su Marte e su Venere. In plancia di comando, settanta persone impegnate nella gestione più altre
trenta occupate a tracciare le rotte. «E ogni giorno — continua Ferri — le sonde vanno anche rifornite di istruzioni per
eseguire tutte le operazioni necessarie alla sopravvivenza
nello spazio profondo, per far funzionare gli strumenti di
bordo e produrre le immagini e le misure scientifiche che
133
Piccole conferenze per grandi incontri
sono lo scopo della missione».
Ogni tanto è allarme rosso. «Se a bordo qualcosa non
va, la sonda si spegne e punta la parabola verso Terra —
conclude Ferri — Poi l’attesa: viaggiando alla velocità della
luce, i messaggi da o per Rosetta impiegano oggi quaranta minuti. Cinque ore per la nostra sonda su Titano. Sono
tempi incompatibili con correzioni di rotta estemporanee
di navicelle che viaggiano a decine di migliaia di chilometri
l’ora. Per questo i “colpi di fionda”, gli sfioramenti dei pianeti per guadagnare velocità, richiedono rotte calcolate con
precisione anni prima e continuamente verificate. Basta un
errore di cento metri o di un secondo e la sonda si schianta
sul pianeta. O si perde nello spazio».
ARNALDO D’AMICO,
in: La Repubblica, 5 febbraio 2012
Arnaldo D’Amico è caposervizio del quotidiano “La Repubblica”.
134
Astronomia, astrofisica e astrologia
di Margherita Hack
Del recente libro di Margherita Hack, Vi racconto l’astronomia, nelle pagine che seguono sono riportate una scheda riassuntiva sugli astronomi dell’antica Grecia e il testo del primo paragrafo, dove si fa il punto sulle antiche origini
di questa scienza e sul suo primitivo legame con l’astrologia.
A proposito di quest’ultima, l’eminente astrofisica non perde l’occasione di
ricordare che essa, lungi dall’essere una scienza, ha la prerogativa di costituire
ancor oggi un ottimo metodo per spillar quattrini agli ingenui che vi si affidano.
Anche perché, come ebbe modo di sottolineare in una intervista al Salone del Libro di Torino del 2011, “Le costellazioni [che pure rappresentano il fondamento
dell’oroscopo] non hanno nessun significato fisico. Noi vediamo dei raggruppamenti di stelle, in cui gli antichi, con molta fantasia, ci vedevano uomini, donne, animali. Le costellazioni sono formate da stelle apparentemente vicine sulla
volta celeste, che però possono essere enormemente distanti da noi [e tra loro!]...
Sin dalla più remota antichità l’uomo ha cercato di comprendere l’universo che lo circonda, d’interpretare i movimenti degli astri, i disegni delle costellazioni, la ciclicità di
alcuni eventi come il succedersi del giorno e della notte e
quello delle stagioni. L’astronomia è la scienza che studia i
corpi celesti, cioè le stelle e i pianeti; oggi, con questo nome,
s’intende in particolare l’astronomia classica, le cui origini
risalgono agli albori della civiltà.
In particolare gli antichi greci e poi gli arabi si erano
135
Piccole conferenze per grandi incontri
accorti che la posizione degli astri cambiava col tempo, e
distinsero le stelle dai pianeti, osservando che le stelle conservano la stessa posizione relativa l’una rispetto all’altra,
mentre i pianeti si muovono tra di esse: «pianeta», infatti, è
una parola che deriva dal greco e significa «Stella errante».
I greci consideravano pianeti il Sole, la Luna e i cinque visibili ad occhio nudo, ossia Mercurio, Venere, Marte, Giove e
Saturno. Oggi la parola pianeta indica i corpi celesti, Terra
inclusa, che ruotano intorno al Sole. Il Sole è una stella. I
corpi minori che orbitano attorno ai pianeti- e con essi intorno al Sole- si chiamano «satelliti». La Luna è il satellite
della Terra.
L’astronomia comprende la branca dell’astrofisica, cioè
lo studio della fisica dei corpi celesti, che si è sviluppata nel
corso degli ultimi due secoli. Studiare la fisica di un corpo celeste vuol dire misurarne la temperatura, la densità,
la composizione chimica; capire perché le stelle brillano,
qual è la loro fonte d’energia. Le risposte a queste domande
sono cominciate ad arrivare soprattutto a partire dall’inizio
del Novecento, grazie ad una tecnica - la spettroscopia - che
consiste nel disperdere la luce bianca delle stelle nei vari
colori di cui essa è composta.
Osserviamo per esempio la luce bianca emessa da una
lampadina: se la facciamo passare attraverso un blocco di
vetro a forma di prisma, noteremo che la luce della lampadina in uscita dal prisma non è più bianca ma iridata, cioè è
scomposta dal rosso al violetto. La spettroscopia è la fonte
più ricca di informazioni sulla struttura fisica dei corpi celesti.
La spettroscopia è importante soprattutto per studiare le
stelle, che emettono luce propria; i pianeti, al contrario, si
limitano a riflettere quella che ricevono dal Sole, di cui, se
dotati di un’atmosfera, ne assorbono una parte. Analizzando la luce delle stelle si possono trarre informazioni dirette
su di esse, mentre esaminando quella dei pianeti otteniamo
136
Materiali
informazioni molto limitate sulla loro struttura fisica. Per
questo, prima dell’era spaziale si conosceva molto meglio
la natura fisica delle lontane stelle che non quella dei pianeti, tanto più vicini a noi. Sono state le sonde spaziali - i
Pioneer, i Voyager, le Venera, e ora la recente sonda Galileo - a
farci vedere in dettaglio la superficie dei pianeti.
L’astrologia è un modo completamente diverso con cui
l’uomo si rapporta alle stelle e ai corpi celesti, che è pure
antichissimo, anzi in un certo qual modo ha dato la prima spinta all’osservazione degli astri e quindi alla nascita
dell’astronomia: trae origine dalla superstizione primitiva
che attribuiva alle stelle il carattere di divinità che guidavano con il loro potere i destini dei popoli e dei singoli individui. La volta celeste era dunque la sede degli dei, cui
la mitologia delle varie civiltà antiche attribuiva nomi vari:
Giove era il re, Saturno suo padre, Mercurio il dio dei ladri
e dei commercianti, Venere la dea dell’amore, Marte il dio
della guerra. La mitologia greca racconta gli amori, le lotte,
le gelosie degli dei fra di loro e verso gli uomini.
Oggi si sa che in tutto questo non c’è nulla di vero, ed è
impresa assurda voler leggere nelle posizioni e nei movimenti di stelle e pianeti la sorte di ciascuno di noi, anche
se qualche astrologo fonda la propria attività su queste credenze. Qualcuno impara a fare gli oroscopi e fa l’astrologo
per divertimento, talvolta credendoci davvero, ma con una
completa incompetenza scientifica: se fosse a conoscenza di
come sono fatte le stelle, di quanta luce e quante particelle
ci arrivano da esse, qual è l’intensità dei loro campi magnetici e quale l’attrazione gravitazionale che un pianeta esercita sulla Terra, capirebbe che l’influenza che una stella o
un pianeta può avere sulla vita umana è praticamente zero.
Per fare un esempio, è come se pensassimo che, riempiendo
un bicchiere d’acqua e versandolo nel Pacifico, il livello del
mare Adriatico si possa alzare in modo apprezzabile.
L’astrologia è pura fantasia, un retaggio di antiche cre137
Piccole conferenze per grandi incontri
denze, quando non si sapeva niente delle stelle, della loro
distanza e composizione chimica, di che cosa le differenzi
dai pianeti. Pertanto l’astrologia non ha nulla a che vedere
con la scienza, neanche nel caso in cui gli oroscopi siano
fatti al computer; dice un detto inglese «garbage in, garbage out»: se nel computer metti spazzatura, spazzatura esce.
Chi si fa guidare dall’oroscopo perde la propria autonomia;
ci sono addirittura aziende che selezionano il personale in
base all’oroscopo: è un danno grave per i lavoratori e un’offesa alla ragione e al buon senso.
Astronomi dell’antica Grecia
Eudosso (408-355 a.C.) pensava che i corpi celesti fossero fissati a varie sfere trasparenti ruotanti su assi distinti; la
Terra era immaginata immobile al centro di queste sfere. Solo
Aristarco, vissuto all’inizio del terzo secolo a.C., intuì che era
invece la Terra a ruotare su se stessa e intorno al Sole; un’idea
che sembrava assurda ed ebbe moltissimi oppositori fino ad
essere quasi dimenticata e che fu ripresa nel secolo XVI da
Copernico. Aristarco ideò anche un metodo ingegnoso per
determinare il rapporto delle distanze della Luna e del Sole e
per misurare la distanza Terra-Luna, poi messo in pratica da
lpparco. Anche se sottostimò grandemente la distanza TerraSole, Aristarco si rese conto che il Sole era di gran lunga più
grande e luminoso della Luna e forse fu proprio per questo
che lo pose al centro del sistema solare. Eratostene (276-195
a.C.) misurò la circonferenza della Terra.
Lo scrittore latino Plinio il Vecchio (23-79 d.C.) ci tramanda
che in una notte di luglio del 134 a.C. apparve nel cielo una
nuova stella che, dopo aver brillato d’uno splendore vivissimo per qualche tempo, andò poi gradualmente affievolendosi. La constatazione della comparsa di nuove stelle aveva
indotto l’astronomo greco lpparco (nato verso il 180 a.C.) a
compilare un catalogo di tutte le stelle “affinché i posteri potessero conoscere se realmente si producevano cambiamenti
138
Materiali
nel cielo”. In effetti. nel corso dei secoli si è registrata l’apparizione di molte stelle, alle quali è rimasto il nome di “novae”
dato dagli antichi. In realtà non si tratta di stelle nuove - cioè
non nascono nel momento in cui appaiono ai nostri occhi - ma
di stelle che aumentano improvvisamente di splendore a causa di fenomeni esplosivi.
Ipparco misurò per la prima volta la distanza della Luna
ottenendo un valore molto vicino a quello misurato oggi (circa 60 volte il raggio terrestre) e determinò anche la distanza
Terra-Sole, che risultò fortemente sottostimata - circa 21 volte
più piccola del suo vero valore - non perché il metodo fosse
sbagliato ma a causa di errori di misura.
Ipparco arrivò alla conclusione che i corpi celesti si muovono percorrendo traiettorie che chiamò “epicicli” e “deferenti”,
e fornì a Tolomeo (100 - 178 d.C.) una serie di osservazioni
sistematiche che quest’ultimo raccolse nell’Almagesto, il più
grande libro di astronomia dei tempi antichi, nel quale viene
descritto un sistema geocentrico con il Sole, la Luna e i pianeti
che ruotano attorno alla Terra, sistema che dominò fino al XVI
secolo, cioè finché Copernico introdusse l’ipotesi eliocentrica.
MARGHERITA HACK,
Vi racconto l’astronomia,
Laterza, Bari 2011, pagg. 3-6
Margherita Hack è l’astrofisico italiano più conosciuto dal pubblico. La
sua popolarità è dovuta a una carriera prestigiosa ma soprattutto all’impegno laico contro i pregiudizi, a tutela della diffusione della cultura scientifica.
È stata premiata con le più alte onorificenze italiane c straniere ed è
socio nazionale dell’Accademia dei Lincei. Ha pubblicato oltre 250 lavori
su riviste internazionali ed è autrice di una ventina di volumi scientifici
e di divulgazione.
139
L’uomo e la pulce
di Corrado Lamberti
Il libro di Corrado Lamberti, di cui riportiamo parte del “Prologo”, come
afferma Margherita Hack, “racconta la storia completa dei passi compiuti verso
una sempre più completa comprensione dell’Universo, degli errori fatti, delle
trappole contenute in quello che Galileo chiamava il grande libro della Natura,
come l’illusione dei nostri sensi che sia la volta celeste a ruotare attorno a noi,
o il Sole a ruotare attorno alla Terra, come l’invisibile presenza delle polveri
interstellari, che ci faceva credere di essere al centro della Galassia [...]”.
Nelle pagine che seguono Lamberti offre la... misura delle smisurate grandezze di cui siamo solo una infinitesima parte
C’è una pulce annidata tra i peli del mio gatto, una pulce
curiosa e megalomane, che si è messa in testa l’idea di indagare su chi, quando, come e perché edificò le maestose rovine del Machu Picchu. Tanta stolida arroganza mi fa solo
sorridere.
Eppure, a ben pensarci, avrebbe più motivi lei, la fastidiosa Ctenocephalides, di sghignazzare beffarda di me e
della mia arroganza. Non ho forse io, uomo, la goffa pretesa
di raccontare in questo libro l’origine e l’evoluzione dell’Universo? In fondo, il Machu Picchu dista dalla pulce solo 6
miliardi di volte la lunghezza del suo corpo, mentre se io
provassi ad allineare 6 miliardi di corpi come il mio, messi
in fila uno dietro l’altro come i grani di un rosario – e dovrei
141
Piccole conferenze per grandi incontri
impegnare nell’operazione tutti gli abitanti del mondo –,
non giungerei neppure a Venere o a Marte, che sono i pianeti più vicini. E, pensate un po’, noi uomini abbiamo la
presunzione di indagare l’intero Universo!
Occorrerebbe una catena di novemila miliardi di corpi
umani per spingerci fino al confine esterno dei pianeti che
circondano il Sole, e ci troveremmo ancora sull’uscio di
casa. Perché il Sistema Solare è sconsolatamente piccolo al
cospetto non dico dell’Universo, ma anche solo della nostra
Galassia. Per arrivare alla stella più vicina, dovremmo sistemare in fila la bellezza di 220 mila miliardi di corpi umani
e ce ne servirebbero 150 miliardi di miliardi per approdare
al centro della Via Lattea.
Né, qui giunti, saremmo andati molto lontano. Abbiamo appena mosso qualche passo fuori casa; ci siamo lasciati alle spalle il nostro quartiere e ora ci troviamo nel centro della nostra città, o meglio della nostra “isola”, che è
l’immagine solitamente usata per indicare le galassie che
popolano l’Universo: di galassie se ne contano a miliardi,
distanti l’una dall’altra milioni di anni luce. Una sterminata
distesa di isolotti sparsi alla rinfusa in quel vasto oceano
che è il Cosmo.
Per raggiungere la galassia vicina più simile alla nostra,
quella che gli astronomi chiamano M31 e che possiamo
scorgere anche a occhio nudo nella costellazione d’Andromeda, dobbiamo percorrere un tragitto che è quasi cento
volte più lungo di quello che ci ha portati nel centro della
Via Lattea. E quando finalmente fossimo su M31 avremmo
compiuto solo il primo timido passo d’avvicinamento al
mondo delle galassie: per attraversare l’intero Universo osservabile dovremmo infatti affrontare un cammino ancora
migliaia e migliaia di volte maggiore.
La malefica sifonattera ha dunque le sue buone ragioni
per deridere gli uomini. Se il mio micio decidesse di trasferirsi in Perú, con una giornata di volo aereo e un’altra di
142
Materiali
trasferimento in quota sulle Ande attorno a Cuzco porterebbe la sua ospite a visitare i siti che tanto l’appassionano. Due giorni soltanto. Noi umani, invece, con il veicolo
spaziale più veloce che abbiamo mai costruito, in due giorni saremmo in grado di percorrere non più di 3 milioni di
chilometri, la distanza che la luce copre in 10 secondi. Allo
stato delle cose, le nostre speranze di andare a visitare personalmente Proxima Centauri, la stella più vicina al Sole,
distante solo 4 anni luce, sono praticamente nulle. Se anche
potessimo moltiplicare per 100 la velocità di crociera delle
nostre astronavi ci occorrerebbero 7 secoli per giungere alla
meta. Non facciamoci illusioni: siamo prigionieri di uno
spazio angusto, al di fuori del quale non abbiamo speranza
di mettere piede.
Almeno per il momento. Su Proxima Centauri, se partissimo adesso, potrebbero semmai approdare i nostri pronipoti della trentesima generazione.
A proposito di generazioni, il Machu Picchu venne edificato seimila generazioni di pulci fa. E le pulci c’erano già allora. L’homo sapiens sapiens, l’uomo moderno, è comparso
circa seimila generazioni umane fa. L’Universo ha un’età
centomila volte maggiore, eppure noi abbiamo la presunzione di raccontarne tutta l’evoluzione passata, risalendo
fino a epoche tanto lontane che non erano stati ancora generati neppure gli elementi chimici che ci costituiscono e che
sono essenziali per la nostra sopravvivenza.
Insomma, anche il confronto temporale con l’insetto parassita sembrerebbe giocare a nostro sfavore.
Eppure, noi, piccole pulci cosmiche, annidate su un minuscolo pianeta, un giorno riusciremo a vincere la scommessa di raccontare per intero e nel dettaglio la storia
dell’Universo sconfinato che ci ospita.
La nostra forza è l’intelligenza, quella strana e prodigiosa facoltà che solo noi abbiamo, qui sulla Terra, di incuriosirci di tutto ciò che ci circonda, di voler conoscere e capire,
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Piccole conferenze per grandi incontri
di entrare nei complessi meccanismi che plasmano il mondo per ricostruirne la storia passata e prevederne quella
futura, con l’intenzione di intervenire attivamente nei processi naturali per piegarli ai nostri fini. L’intelligenza ci ha
reso abili, pratici, efficienti, anche se l’abilità non sempre è
illuminata dall’intelligenza. Molto spesso operiamo male,
sollecitati da impellenze che mal governiamo, da egoismi
di classe sociale, o nazionali, che non tengono nel dovuto
conto l’interesse generale della specie.
Ma un giorno riusciremo a darci forme politiche di controllo e di comando che supereranno gli orizzonti spaziali e temporali angusti entro cui ancora oggi ragioniamo e
operiamo. Solo allora potremo dire d’aver dispiegato tutto
il potenziale della nostra mente. Ce la faremo? Sì, perché
siamo esseri intelligenti.
Studiare l’Universo, sforzarsi di capirlo, stimola a muoversi in quella direzione. Quando ci si confronta con le smisurate dimensioni spazio-temporali della scena cosmica in
cui siamo attori, da un lato si coglie la nostra piccolezza
materiale, dall’altro si può pienamente apprezzare il valore
grandioso di quel dono che la Natura ci ha fatto, l’intelligenza.
Per quel che ne sappiamo, non esistono altri esseri intelligenti nella Galassia. Nulla vieta che esistano, anche molto più intelligenti di noi, e personalmente sono propenso a
pensare che sia così. Ma finché non ne avremo una prova
certa, dobbiamo pensare che solo a noi uomini del pianeta
Terra sia stata concessa questa formidabile prerogativa e allora guai a non farne tesoro, anzitutto per riflettere sull’Universo, che poi significa riflettere su noi stessi, sul nostro
valore, sul senso da dare alla storia della nostra specie. Non
si può essere uomini, degni di questo nome, senza essere
anche un po’ cosmologi.
Del resto, non c’è cultura umana che, nel passato, non abbia avvertito lo stretto legame che c’è tra l’uomo e il cielo e
144
Materiali
che, attraverso i suoi filosofi, non si sia sforzata di attribuire
una dimensione cosmica al nostro essere uomini. Il cosmologo è il filosofo della natura dei giorni nostri, dell’epoca in
cui il cielo può essere non solo cantato dai poeti, invocato
dai sacerdoti, contemplato con stupore o scrutato con inquietudine, ma anche, finalmente, indagato con razionalità,
misurato e oggettivamente compreso dalla scienza.
Corrado Lamberti,
Capire l’Universo. L’appassionante avventura della cosmologia,
Springer, Milano 2011.
Corrado Lamberti (Lenno, 6 maggio 1947) è un
astrofisico e divulgatore scientifico italiano, noto per
aver diretto con Margherita Hack le rivista astronomica L’Astronomia e Le Stelle, nonché per essere
uno dei divulgatori astronomici più apprezzati nel
panorama nazionale
Si è laureato in fisica nel 1972 all’Università degli Studi di Milano con una tesi di fisica cosmica. Insegnante di fisica in molte scuole superiori del comasco, nel 1979 è fondatore con Margherita Hack della rivista L’astronomia,
di cui è stato redattore, vice-direttore e infine direttore responsabile fino al
giugno 2002. Nel novembre 2002 fonda, sempre con Margherita Hack, una
nuova rivista di divulgazione astronomica, Le Stelle, di cui è stato direttore fino a marzo 2008. Attualmente sta contribuendo all’edizione italiana di
numerosi libri scientifici per case editrici italiane ed internazionali.
Giornalista, membro dell’UGIS, è autore di oltre mille articoli (e oltre
tremila note brevi) riguardanti l’astrofisica, la fisica delle particelle, l’astronautica, la storia e gli aspetti epistemologici dell’astronomia pubblicati su
periodici e quotidiani. Ha diretto il Corso di Astronomia (ERI-Fabbri,
1984). Ha collaborato all’edizione italiana della Enciclopedia di Cambridge: Astronomia (Laterza), scrivendo gli aggiornamenti delle due edizioni del 1981 e del 1989. È autore di un Dizionario Enciclopedico di
Astronomia (G.E. Jackson, 1987). Ha diretto l’opera Astronomia, dalla
Terra ai confini dell’Universo (Fabbri Ed., 1991 e 1995), tradotta anche
in spagnolo, in francese e in portoghese.
Ha diretto l’opera Viaggio nell’Universo (33 monografie, RCS, 2001).
Dirige dal 2006 la collana di libri Le Stelle edita da Springer Verlag ItaliaGruppo B Edit. Per Springer Italia ha pubblicato nel 2011 il volume Capire l’Universo, un testo divulgativo sulla storia e sulle scoperte più recenti
nel campo della cosmologia
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TRE FILM
Le voyage dans la lune
Regia: Georges Méliès
1902
Viaggio sulla luna è in assoluto il primo film di fantascienza della storia. Realizzato dal primo mago degli effetti
speciali (che, oltretutto, era un illusionista di professione), è
basato sui racconti Viaggio sulla luna di J. Verne e Il primo
uomo sulla luna di H. G. Wells.
Trama
Un gruppo di scienziati, dopo aver concepito un cannone talmente potente da poter raggiungere la luna e averlo
fatto costruire, si fanno letteralmente sparare tramite un
proiettile-navicella nel satellite della Terra. Approdati sul
suolo lunare, ammirano il Mondo dal quale erano partiti e
dopo un breve riposo, in cui fanno capolino le stelle e i sette
astri, iniziano l’esplorazione; tra grossi macigni irregolari e
funghi giganti, vengono a contatto con gli abitanti del luogo, i seleniti (esseri metà umani metà crostacei). I Seleniti li
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Piccole conferenze per grandi incontri
fanno prigionieri e li conducono dal loro re, ma questi viene ucciso dal capo della spedizione, Barbenfoullis, per cui i
terrestri scappano dalla reggia e fuggono verso la navicella
che li ricondurrà sulla Terra, con un selenito clandestino.
Gli esploratori dello spazio atterrano nell’Oceano e hanno
un’avventura nel mondo sottomarino.
Tornati a casa, sono festeggiati da una folla entusiasta e il
viaggio verrà ricordato con una statua in onore di Barbenfoullis sulla quale viene inciso il motto “Il lavoro conquista
tutto”.
Il passato teatrale di Méliès è fortemente presente in questo film, come negli altri del resto (caratteristica dei primi
anni del cinema), infatti si può notare la scenografia dipinta
fortemente onirica, i balletti, gli sketch e i trucchi pesanti
ed esagerati per divertire il pubblico. Gli attori entrano in
scena e ne escono come se fossero su un palco, anche a causa della telecamera fissa (quella mobile arriverà solo nel
1914).
A tutto ciò, il regista francese implementa gli effetti speciali, futuristici, impensabili e fantasiosi oltre ogni limite
per l’epoca in cui sono stati concepiti. Nel film, inoltre, si
nota l’assenza di didascalie, sostituite dal vivo da una voce
fuori campo e per questo tutto ciò che diceva è andato perso, come anche le musiche che una piccola orchestra eseguiva mentre il film veniva proiettato.
Méliès non usa esclusivamente effetti scenografi e speciali, ma anche quelli nel montaggio, come la dissolvenza
incrociata, che consiste nel sovrapporre gli ultimi fotogrammi della scena che si sta per concludere con quella che sta
iniziando. Da vedere e rivedere per la bellezza, per capire
l’importanza di Méliès nella cinematografia mondiale e per
notare i passi da gigante che ha fatto fare al cinema.
150
Tre film
Recensioni
Al Club degli Astronomi il prof. Barbenfouillis (G. Méliès) illustra il progetto del suo viaggio sulla Luna. Sei scienziati entrano con
lui in un obice che, sparato da un cannone, si conficca nell’occhio destro del satellite. I viaggiatori sono catturati dai seleniti, metà insetti
e metà uccelli. Fuggono, rientrano nell’obice che precipita verso la
Terra, sprofonda nel mare e viene recuperato da un battello. Trionfo finale. Frutto di una lunga tradizione letteraria (Ariosto, Cyrano
de Bergerac, Poe, Verne, H.G. Wells), il tema del viaggio fantastico
sulla Luna era diffuso nel teatro di féerie e negli spettacoli di fiera
dell’ultimo Ottocento (è del 1875 Le Voyage dans la Lune, operetta di J. Offenbach) e già affrontato da Méliès a teatro e al cinema
(La Lune à un mètre, 1898). Realizzato nel laboratorio di Montreuilsous-Bois, vicino a Parigi, è il frutto di un’impresa produttiva senza
precedenti per lunghezza (260 m, circa 15 minuti), quantità di trucchi, cura degli effetti scenografici, numero e qualità degli attori (tra
cui artisti di café-concert, danzatrici del Théâtre du Châtelet, acrobati delle Folies Bergère), costo (10.000 franchi), prezzi di vendita
(560 franchi per copia in bianconero, 1.000 per il colore). Per Méliès
qualsiasi storia è un pretesto per esibire la magia dei suoi trucchi,
tramite una messinscena paradossale e burlesca che qui risulta di
segno opposto a quello che anima le pagine di Verne e Wells. Pur
essendo uno dei suoi film narrativamente più strutturati, “la logica
che presiede alla sua organizzazione è quella del meraviglioso piuttosto che quella del fantastico.” (Antonio Costa). Ogni cambio di
scena è realizzato con dissolvenze incrociate, tecnica già impiegata
in Cendrillon (1899). Questa forma primitiva di montaggio accresce
il clima d’incanto e di stupore in un’ardita miscela di arcaismi teatrali e innovazioni filmiche. Presentato a Parigi nel settembre 1902 e
in Italia in dicembre. (Fonte MYmovies.it)
151
2001: odissea nello spazio
Regia: Stanley Kubrick
1968
Trama
Un gruppo di scimmie antropoidi, che segnano il principio della civiltà umana, trova un monolite. Gli umanoidi vi
si accostano diffidenti, poi lo toccano con singolare rispetto
e qualcosa accade in loro: si accorgono per la prima volta
che un osso abbandonato può diventare una clava, uno strumento utile. Si è accesa la scintilla dell’intelligenza. Nell’anno 2001, sulla Luna, un gruppo di esploratori trova un identico monolite, che denuncia un’anzianità di quattro milioni
di anni e che genera attorno a sé un forte campo magnetico.
Lo scienziato Heywood Floyd è incaricato di più approfondite ricerche: si pensa che il monolite racchiuda in sé il segreto del mondo, il rigenerarsi della vita stessa.
Qualche tempo dopo viene inviata verso Giove un’astronave con a bordo due uomini in attività e altri tre in stato
di ibernazione, oltre ad un esemplare del più perfezionato
153
Piccole conferenze per grandi incontri
calcolatore elettronico, l’Hal 9000. Durante il viaggio solo
Bowman, uno dei due astronauti, riesce a sopravvivere, poichè il computer ha causato la morte di tutti gli altri componenti l’equipaggio, volendosi sostituire all’uomo.
Bowman, riuscito a penetrare nel cuore di Hal 9000, riesce
a localizzare le sue funzioni cerebrali superiori e a bloccarle, venendo inoltre a conoscenza, indagando nella sua memoria, del vero scopo della missione: il monolite scoperto
sulla Luna inviava un potente segnale radio verso Giove;
qui forse si troverà la spiegazione dell’origine della vita. Infatti Bowman, nelle immediate vicinanze del pianeta, perde
il controllo di se stesso, cadendo in un sonno vivificatore: è
così che l’astronauta, superando Giove, affronta lo spazio
infinito, attraversando mondi e galassie, vivendo una esaltante esperienza conoscitiva. Successivamente Bowman, in
una trasposizione di immagini, si vede nella sua casa, prima
in veste di astronauta, poi di maturo signore, e infine disteso
sul letto in punto di morte, dove subentra il monolite, che lo
fa rivivere, sotto forma di feto, in un informe bambino dagli
occhi sgranati su un mondo tutto da scoprire.
La musica
Per comporre la musica di 2001: Odissea Nello Spazio
Stanley Kubrick ha richiesto l’intervento di Alex North, che
aveva composto le colonne sonore di Spartacus (il film che
aveva dato credibilità a Kubrick, dopo Orizzonti di Gloria gli
guadagnò il merito di film d’essai). North era principalmente un compositore di musica jazz per film “di minore importanza”: Un tram che si chiama desiderio, Gli spostati, Morte di
un commesso viaggiatore, Unchained, The Raimnaker, La lunga
estate calda, Quelle due, Chi ha paura di Virginia Woolf?
Comporre la musica per il film epico Spartacus lo condusse verso colonne sonore più “spettacolari”, quali Cleopatra,
Il tormento e l’estasi e L’uomo venuto dal Kremlino /Nei panni di
Pietro).
154
Tre film
Ma sin dall’inizio del progetto di 2001 qualcosa andò
storto. ”Kubrick fu onesto con me nell’esprimere il desiderio di mantenere nel film delle tracce musicali che aveva inserito come “temporanee”, North ricordò successivamente.
“Avevo l’impressione – aggiunse – che qualsiasi cosa avessi scritto per sostituire Così parlò Zarathustra di Strauss non
avrebbe soddisfatto Kubrick”.
North aveva ragione. Né il regista né il compositore alla
fine riuscirono ad accettare una colonna sonora costituita in
parte dall’opera originale di North e in parte da brani tratti
dal repertorio classico. Le tracce considerate “temporanee”
furono quelle utilizzate da Kubrick nella versione definitiva
del film.
Qualsiasi fosse la motivazione che si celava dietro la decisione di Kubrick di utilizzare musica classica preesistente
– come tutto il resto in 2001 – andava contro la natura stessa
del film di science-fiction. La maggior parte dei film che venivano considerati come appartenenti a questo filone, prima dell’arrivo di 2001: Odissea nello spazio, utilizzavano un
tipo di musica alquanto convenzionale, sebbene i migliori
tra questi si distinguessero spesso per una maggiore sperimentazione, come nel caso dell’incredibile colonna sonora
di Bernard Herrmann per il film Ultimatum alla Terra, dove
le ‘tonalità elettroniche’ create da Luis e Bebe Barron per Il
Pianeta Proibito e la ‘musica spaziale’ divennero subito dei
cliché...
Sul Bel Danubio Blu, ha sottolineato Kubrick in un’intervista, “si allontana quanto più possibile dalla stereotipo di
musica spaziale”. Il valzer più amato, e al tempo stesso più
satireggiato, di Johann Strauss Jr., acquisì una nuova identità quando Kubrick lo associò alla danza leggera data dall’assenza di peso nello spazio. Così incredibilmente perfetto era
il sua uso del valzer di Strauss per accompagnare l’armoniosa discesa della navicelle nello spazio silenzioso, che oggi
sono poche le persone che riescono a pensare a uno senza
155
Piccole conferenze per grandi incontri
associarlo all’altro. Forse avvertendo la perfezione di questo
connubio tra musica e immagini, Kubrick ripropose il valzer per i titoli di coda del film, mandando a casa il pubblico
con qualcosa da canticchiare e rimpiazzando abilmente, con
un ritmo e una melodia confortevoli e familiari, quella sensazione fastidiosa lasciata dal finale aperto.
C’è una certa ironia nella decisione di Kubrick di utilizzare in 2001: Odissea nello spazio una composizione di Aram
Khachaturian al posto della musica di North: North aveva
composto la musica di Spartacus, il film epico di Kubrick sulla storia della ribellione del gladiatore/schiavo il cui balletto era stato musicato dallo stesso Khachaturian.
Khachaturian cominciò a lavorare alla musica di Spartacus nel 1950, producendo tre diverse versioni: quella definitiva debuttò nel 1968, lo stesso anno in cui apparve 2001
Odissea Nello Spazio.
Molto prima, Khachaturian aveva composto la famosa
Gayane, un solenne balletto in quattro atti sulla crisi e la ricostruzione di un’azienda agraria collettiva sovietica, pregna
di vivaci danze russe, tra cui il famoso pezzo per concerto
Sabre Dance. L’utilizzo da parte di Kubrick dell’Adagio languido e malinconico di Gayane per accompagnare il volo della
Discovery alla volta di Giove, può essere definito un colpo
di genio: esso infatti amplifica la monotonia dell’esistenza
dell’astronauta a bordo della navicella, alludendo a un sottile senso di desolazione. Dopotutto l’equipaggio non solo
si trova in un ambiante vuoto e sterile, ma anche a milioni
di chilometri da casa (e, secondo quanto si viene a scoprire
in seguito, condannato a non tornare mai più).
L’atmosfera creata dall’Adagio di Khachaturian trova una
eco più recente nel film Platoon di Oliver Stone (1986): il malinconico Adagio For Strings dì Samuel Barber inonda il film
di sensazioni di presagio e disperazione, quando il portellone dell’aereo che trasporta le reclute si spalanca riversando
il suo carico umano sul bitume rovente e luccicante della
156
Tre film
base delle forze aeree di Tan Son Nhut in Vietnam.
La musica più sperimentale in 2001: Odissea nello spazio
è quella del compositore contemporaneo Gyorgy Ligeti, la
cui impetuosa atonalità del coro combina, secondo Kubrick,
il senso di disagio derivante dal verificarsi di avvenimenti
inspiegabili con l’avventuroso mistero del nuovo. Le frasi
del coro del Requìem creano una sovrapposizione di lamenti
che emergono come il suono di un duello tra venti. La musica accompagna la prima comparsa del monolito e riflette il conseguente furore che s’impadronisce del gruppo di
uomini-scimmia.
Una parte del pezzo è riproposta quando la Discovery viene guidata da un monolito fluttuante nello spazio di Giove.
Il meno turbolento ma portentoso Lux Aeterna accompagna il volo a bassa quota del bus lunare che trasporta il Dr.
Floyd nel luogo in cui fu ritrovato il monolito e la reazione
del suo equipaggio di fronte al misterioso reperto.
Atmospheres, disorientante ed avventuroso, esprime il pericolo e il dramma del vertiginoso volo di Bowman, accompagnato da uno ‘spettacolo di luci’ attraverso l’atmosfera di
Giove e incontro al suo destino.
Un altro impiego della musica di Ligeti è rappresentato
dalla sequenza che si svolge nella sala del 18° secolo nella
quale Bowman rinasce sotto forma di feto: la presenza dei
“guardiani dello zoo” extraterrestri è suggerita da suoni
surreali simili a risate, create alterando un brano tratto dalla
composizione del musicista (sembra che Ligeti abbia vinto
una causa contro il regista, accusato di aver modificato la
sua musica senza autorizzazione).
In 2001: Odissea nello spazio la scelta musicale che senza
dubbio si rivelò più popolare e indicata per ragioni d’empatia, fu la maestosa introduzione di Così Parlò Zarathustra
(Also Sprach Zarathustra) di Richard Strauss, come accompagnamento dei momenti salienti del film, quali l’allineamento dei pianeti e la propulsione intellettuale. Mentre Sul Bel
157
Piccole conferenze per grandi incontri
Danubio Blu di Johann Strauss era già un pezzo molto famoso prima dell’uscita del film, Cosi Parlò Zarathustra e il suo
compositore Richard Strauss, rivestivano entrambi un’importanza secondaria persino nei ristretti circoli di musica
classica e lirica. L’apertura con Cosi Parlò Zarathustra non è
altro che una breve introduzione a un travolgente poema
sinfonico per orchestra che celebra l’ambiziosa parabola filosofica di Nietzsche incentrata sul superuomo. Tuttavia, al
termine del lavoro di Kubrick, nell’immaginario collettivo
quella fanfara fu interamente e irrevocabilmente associata a
un maestoso spettacolo astrale.
I media e la NASA espressero la propria critica, così come
la pubblicità in televisione e la satira dei produttori cinematografici. Sebbene ampiamente citata e spesso oggetto di parodie, niente ha potuto minare la forza e la perfezione della
scelta di Kubrick, e non solo dal punto di vista filosofico e
musicale, ma anche per il merito di aver diffuso la musica
di Richard Strauss presso un pubblico molto più ampio di
quello precedente.
Divenendo nel film una sorta di emblema musicale del
tema filosofico di Nietzsche sul quale si basava il poema sinfonico di Strauss, la fanfara di Così Parlò Zarathustra accompagna l’allineamento dei corpi astrali all’inizio del film, il
trionfo dell’uomo-scimmia alla scoperta del potere dell’osso
sia come strumento che come arma, e l’indimenticabile finale, quando il figlio delle stelle sotto forma di feto si unisce a
una nuova confluenza astrale e, volteggiando in assenza di
gravità, fluttua verso la storia del film. (Robert C. Cumbow)
158
Tre film
Recensioni
Film risolutamente inclassificabile, 2001: Odissea nello spazio è
una scommessa folle - vinta, stravinta - di Stanley Kubrick.
Alla fine degli anni 60, quando tanti si affannavano a distruggere
le strutture tradizionali del cinema, il regista sorpassa le avanguardie senza neppure il bisogno di dichiararlo e apre una nuova era del
cinema (...). Con ogni probabilità si tratta del film più ambizioso mai
realizzato, non solo per tutto ciò che mette in scena ma anche per
quel che vi resta consapevolmente aperto, irrisolto. (Roberto Nepoti,
la Repubblica, 7 marzo 2001)
Le immagini fantascientifiche non erano mai state così suggestive e perfette prima di '2001: Odissea nello spazio', né lo sarebbero
mai più state dopo. L'arte di Kubrick ha poi saputo condensare l'ignoto e il sacro in un simbolo potente divenuto popolarissimo: il
monolite nero emblema di Dio, o di una forza cosmica, o degli extraterrestri. L'avventura spaziale diventa scoperta di se stessi, si nutre
del classico schema dell'apprendista stregone. (Lietta Tornabuoni,
La Stampa, 9 marzo 2001)
Capolavoro in assoluto, non della storia del cinema di fantascienza ma di quella del cinema tout court, 2001 rappresenta una
delle riflessioni più articolate giunte sul grande schermo sul rapporto civiltà - tecnologia nonché sul destino dell’umanità. Kubrick, che
ha sempre amato poco l’ipertecnicismo (pur avvalendosene sempre
e ai massimi livelli sul piano delle sue produzioni ), riesce a sviluppare il suo discorso a partire da un romanzo di Arthur Clarke.
Ciò che nel testo letterario è precisa descrizione, nel film diventa
suggestione. A partire dalla scelta di una colonna sonora che ha fatto epoca con le note del Danubio blu ad accompagnare il volo delle
astronavi. L’abbiamo ritrovata in mille versioni pubblicitarie o di
accompagnamento a servizi televisivi, ma qui aveva una precisa
funzione: commentare le immagini in un futuro ipertecnologico mediante la musica composta nel periodo in cui la temperie culturale
era permeata della convinzione della bontà assoluta della Scienza e
delle sorti progressive dell’umanità guidata dalla sua Luce. Il protagonista del film è un non - attore, è Hal 9000 o, meglio, il suo occhio
e la sua voce. Gli umani sono a sua disposizione mentre lui sembra
al loro servizio. Ma non si tratta della solita macchina ‘ cattiva ‘.
L’uomo di Kubrick (come in Dottor Stranamore e, successivamente,
in Arancia meccanica) si prepara da solo la propria distruzione. Hal
159
Piccole conferenze per grandi incontri
non impazzisce, Hal, molto più drammaticamente, va in crisi perché il suo sistema binario SI-NO, viene stravolto dalla presenza di
un segreto da conservare, di una menzogna da dire. Lo scopo della
missione non va rivelato e il computer non può resistere a questa
intrusione dell’umana doppiezza nei suoi delicati apparati. Quando David lo disattiva, progressivamente Hal (che ha ucciso quattro
uomini) ritorna allo stadio infantile, preludio al percorso che l’astronauta dovrà fare procedendo fino alla propria morte per poi risorgere come feto delle stelle, in gestazione per una nuova umanità.
Riascoltare il respiro profondo dell’astronave a contrasto con il
silenzio del nero dello spazio in cui la morte muta trova una sua
ancor più tragica contestualizzazione; riaffrontare quell’occhio che
scava (come quello della macchina da presa) all’interno di milioni
di anni di storia, consente di comprendere come questo film - al pari
molti altri, ma più di molti altri - fosse un’opera completa in se stessa e non necessitasse di un proseguimento.
Che invece c’è stato. Si intitola 2010 - L’anno del contatto ed è da
evitare con la massima cura. (Il Farinotti. Dizionario di tutti i film,
Newton Compton, Milano 2011)
160
Deep inpact
Regia: Mimi Leder
1998
Deep Impact è un film del 1998 diretto da Mimi Leder e
prodotto da Steven Spielberg.
Narra delle vicende che precedono lo schianto di una cometa sul pianeta Terra. È uscito quattro anni dopo la caduta
della cometa Shoemaker-Levy 9 su Giove, quasi contemporaneamente ad un altro film di fantascienza che tratta un
argomento identico, Armageddon - Giudizio finale.
Trama
Leo Beiderman (Elijah Wood), un quattordicenne con
l’hobby dell’astronomia, una sera scopre uno strano corpo
celeste col telescopio. Inviate le informazioni all’osservatorio astronomico un anno dopo viene a sapere, insieme
all’intera umanità, l’incredibile verità: il corpo celeste è una
cometa che si sta dirigendo verso la Terra e che la colpirà
con conseguenze devastanti per l’intera biosfera.
161
Piccole conferenze per grandi incontri
I governi di tutto il mondo uniscono subito i loro sforzi
per realizzare una missione spaziale allo scopo di neutralizzare la meteora: un vettore spaziale, il Messia, atterrerà sulla
cometa e la farà esplodere con delle testate nucleari.
Nel frattempo le esistenze di vari personaggi si incrociano nell’attesa dell’imminente catastrofe: Jenny Lerner (Téa
Leoni) giornalista della MSNBC, la quale è in rotta col padre (Maximilian Schell), Leo e la sua ragazza Sarah (Leelee
Sobieski), l’anziano astronauta Spurgeon ‘Fish’ Tanner (Robert Duvall) alla guida del Messia e il Presidente degli Stati
Uniti d’America Tom Beck (Morgan Freeman), testimone
dolente dell’intera vicenda, il quale annuncia che nel Missouri il governo ha fatto costruire delle caverne sotterranee
nell’eventualità della collisione con un asteroide che possono ospitare fino a un milione di persone, che verranno
selezionate da un computer. Fra queste vi sono Leo e Jenny:
Leo, giunto alle grotte con la sua famiglia, all’ultimo momento decide di tornare indietro perché Sarah (con la quale
si era sposato in modo di farla includere in questa “lista”)
decide di rimanere con i suoi genitori che, al contrario di lei,
non sono inclusi; Jenny, invece, decide di lasciare il proprio
posto ad una collega di lavoro e alla sua bambina, dopodiché (già scossa per la morte della madre) decide di riconciliarsi con suo padre, prima che sia troppo tardi.
Alla fine i tentativi di fermare la cometa falliscono e la
missione del Messia serve solo a spaccarla in due parti ma la
Terra ha ancora una possibilità di salvarsi: vengono lanciati numerosi missili Titan, per deviare le comete, ma anche
questo tentativo fallisce e gli impatti, oramai, sono inevitabili. L’equipaggio del Messia nota però qualcosa: l’esplosione precedente ha creato nella cometa più grande una
cavità: se riuscissero a portare le ultime bombe in quella
cavità la cometa più grande si disintegrerebbe, mentre per
l’altra non possono fare niente, ma cosi la Terra avrà una
speranza. C’è però un problema: possono portare le bombe
162
Tre film
nella cavità, ma non avrebbero abbastanza carburante per
ripartire, cosi decidono di sacrificarsi. Intanto, il frammento più piccolo della cometa impatta nell’Oceano Atlantico,
nei pressi delle Bermuda, creando un enorme megatsunami
che distrugge ogni cosa sul suo cammino. Leo, Sarah e il
suo fratellino sopravvivono, ma Jenny, suo padre, i genitori
di Sarah, e milioni di persone lungo le coste atlantiche di
tutta America, dell’Europa e dell’Africa muoiono. L’altra
parte della cometa, più grossa, che provocherebbe la fine
della vita vegetale e animale (quindi dello stesso Genere
Umano), sta per colpire la Terra: è adesso che l’equipaggio
del Messia (dopo aver dato il drammatico addio alle famiglie) compie l’eroico sacrificio andando a schiantarsi contro
di essa facendola esplodere. Dopo qualche tempo, quando
le acque dell’Oceano Atlantico si sono ormai ritirate, nonostante l’incalcolabile numero di vittime, il Presidente, lancia
un commovente messaggio di speranza a tutto il mondo,
che esorta a ricominciare una nuova vita.
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Piccole conferenze per grandi incontri
Recensioni
Nel medesimo anno abbiamo evitato due enormi collisioni terrestri che avrebbero potuto distruggere completamente la razza umana. Si tratta di fiction, ovviamente. Da una parte Bruce Willis in un
film d’azione delirante: Armageddon. Dall’altra una storia già un
po’ più intimista, o realista...
Contrariamente da Armageddon, il film di Mimi Leder non è
centrato su degli eroi senza paura. Qui si tengono insieme diverse
storie, tutte in qualche modo legate al fatto che una cometa sta per
raggiungere il nsotro pianeta.
Una giornalista i genitori della quale sono divorziati, un adolescente che per primo scopre la cometa, la sua famiglia, il presidente degli Stati Uniti (inevitabile...) e l’equipaggio della missione di
salvataggio. Tanti personaggi, altrettante possibilità di raccontare, a
diversi livelli. Anche se, pur essendo lodevole l’iniziativa, i risultati
non sono proprio adeguati. [...]
Se la storia della giornalista che si imbatte in cose che non conosce è interessante, una volta che tutto si chiarisce il suo personaggio perde ogni sapore. Ingenua arrivista, ella diventa il personaggio
drammatico che può anche regalare qualche lacrima - grazie alle sue
relazioni con la madre, il padre e la nonna - ma nulla di davvero
appassionante.
Da parte sua, l’adolescente si difende con maggior onore, anche
se in un clima sempre estremamente sentimentale. Aggiungiamo il
vecchio ufficiale nel gruppo dei giovani ma impacciati astronauti e
un presidente che sa solo giurare su Dio per rassicurare i suoi concittadini, e otteniamo una storia che si dipana fra numerosi cliché.
Deep Impact non è tuttavia un cattivo film. Si lascia vedere, e ha
anche qualche bel momento. Sarebbe bello, semplicemente, vivere
in un mondo come quello descritto qui, così carino e simpatico. Ma il
fatto stesso che il presidente degli Stati Uniti sia un afro-americano1
non è già un segno che si tratta di pura fantascienza, oltre e al di là
della cometa?
Ma, allora, chi vince: Deep Impact o Armageddon?
Nessuno dei due. Ciascuno ha le sue virtù ma si porta appresso
i propri vizi. I due film si equivalgono nel trattare il medesimo soggetto (a volte perfino le stesse scene) in modo sia pure diverso. [...]
(Christophe “Arioch” Lemonnier,
in: http://www.devildead.com/indexfilm.php3?FilmID=93)
La critica è evidentemente precedente alla elezione di Obama: dove
si dimostra che spesso la fiction anticipa la realtà...
1
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SOMMARIO
Sommario
Piccole conferenze per grandi incontri
Saluto dell’assessore alla cultura
Presentazione del dirigente, Prof. Sandro Supino
Saluto della dirigente Prof.ssa Daniela Giovanna Villotta
5
7
9
11
Francesca Matteucci: nota biografica
Avvio
13
15
Un viaggio nell’universo.
Dalla Via Lattea alle galassie più lontane
19
Domande
49
Per concludere...
71
Materiali di approfondimento
73
I Martiani
77
di Emilio Salgari
L’astronomo deluso
87
di Giovanni Papini
Tutto in un punto
93
di Italo Calvino
Il Copernico: dialogo
di Giacomo Leopardi
101
Pagine da “Vita di Galileo”
117
di Bertolt Brecht
Seguendo le comete alla ricerca della vita
131
di Arnaldo D’Amico
Astronomia, astrofisica e astrologia
135
di Margherita Hack
L’uomo e la pulce
141
di Corrado Lamberti
Tre film
Le voyage dans la lune
2001: Odissea nello spazio
Deep Impact
149
153
161