S T A G I O N E D ’ O P E R A 2 0 1 2 - 2 0 1 3 Der fliegende Holländer (L’Olandese volante) Opera romantica Libretto di Richard Wagner Musica di Richard Wagner Personaggi L’Olandese baritono Mary, nutrice di Senta mezzosoprano Il timoniere di Daland tenore Interpreti Mark S. Doss Thomas Hall* Adrianne Pieczonka Ann Petersen* Stephen Gould Kor-Jan Dusseljee* Steven Humes Kurt Rydl* Claudia Nicole Bandera Vicente Ombuena Direttore d’orchestra Regia a cura di dall’originale di Scene e costumi Luci riprese da Direttore dell’allestimento Maestro del coro Gianandrea Noseda Stefan Heinrichs Willy Decker Wolfgang Gussmann Hans Tölstede Wolfgang Schünemann Saverio Santoliquido Claudio Fenoglio Senta, figlia di Daland soprano Erik, cacciatore tenore Daland, navigatore norvegese basso Orchestra e Coro del Teatro Regio Coro Maghini Allestimento Opéra national de Paris Ottobre 2012: Venerdì 12 ore 20, Sabato 13* ore 20, Domenica 14 ore 15, Martedì 16 ore 20, Giovedì 18* ore 20, Venerdì 19 ore 20, Sabato 20* ore 15, Domenica 21 ore 15 Der fliegende Holländer Argomento Trascinato da una violenta tempesta, il marinaio norvegese Daland è costretto a cercare riparo in un’insenatura a poche miglia dalla sua costa. Il timoniere, di guardia in coperta, si addormenta; scivolando sulle onde, un misterioso vascello nero con le vele color sangue entra nel porto e ne discende un uomo avvolto in un mantello nero: l’Olandese. Daland si sveglia, rimprovera il timoniere che doveva restare di guardia e si mette a parlare con lo sconosciuto: l’Olandese, dopo avergli parlato delle proprie immense ricchezze, gli dice che gli avrebbe ceduto ogni cosa se solo avesse saputo trovargli una donna che facesse per lui. Il navigatore pensa subito alla propria figlia Senta e offre ospitalità allo straniero; la tempesta è intanto cessata, e i due vascelli ripartono insieme. In casa di Daland le donne filano cantando. Senta contempla invece silenziosamente un ritratto che raffigura l’Olandese volante, protagonista di un’antica leggenda: avendo maledetto Dio per le difficoltà che stava incontrando nel passare il Capo di Buona Speranza durante una tempesta, egli è condannato a errare senza riposo fino al giorno del Giudizio. Solo l’amore di una donna che sappia essergli fedele per l’eternità potrebbe salvarlo, ma gli è concesso scendere a terra per cercarla una volta ogni sette anni. Senta, trasportata dalla ballata che narra della leggenda, dichiara di sentirsi predestinata alla redenzione dell’Olandese. Giunge Erik, fidanzato di Senta, irritato per il fascino che la leggenda ha sulla fanciulla: tanto più perché ha appena fatto un sogno premonitore, nel quale Daland tornava accompagnato da uno straniero deciso a sposare Senta. Poco dopo giunge Daland che, come nel sogno, propone alla figlia di sposare il ricco straniero da cui è accompagnato. Lei, al termine di un colloquio amoroso, dichiara al padre di essere pronta a sposarlo. Nel porto sono ancorate le navi di Daland e dello straniero. Mentre sulla prima si canta e festeggia allegramente, dalla seconda si leva un sinistro e lamentoso canto. Erik, disperato, invoca Senta e la scongiura di non abbandonarlo, ma lei gli risponde di essersi ormai promessa allo straniero. L’Olandese, che ha ascoltato senza essere visto le calde parole di Erik, si convince dell’infedeltà di Senta, e si dirige verso il suo vascello dichiarando la fanciulla libera da ogni legame, e rivelandole anche la propria identità. Mentre la nave sta per salpare, liberandosi dalla stretta di Daland e di Erik, Senta si uccide gridando la propria innocenza e la propria fedeltà all’Olandese. Questa versione dell’opera non prevede intervalli. Prima rappresentazione assoluta: Dresda, Königlich Sächsisches Hoftheater, 2 gennaio 1843. Restate in contatto con il Teatro Regio: facebook.com/teatroregio | @TeatroRegio Nelle anime infuria la tempesta di Willy Decker Il Vascello fantasma racconta alla lettera la storia dell’Olandese volante, condannato a errare per l’eternità nell’immensità del mare. Ma poiché a teatro non si può rappresentare il mare vero, in tutta la sua infinità – e nemmeno una vera nave – l’Olandese deve allora restare immagine, racconto, ballata... Infatti, la tempesta che imperversa nella musica di Wagner non la si può mostrare, in scena, se non negli individui, ovvero proprio là dove si trovano precisamente il senso e il centro della pratica teatrale. Wagner vuole materializzare nel personaggio dell’Olandese la conseguenza ipertrofica della propria rivendicazione: la critica dell’esistenza e dell’amore lo conduce a una pretesa sovrumana e, alla fine, a un assoluto rifiuto di riconoscere frontiere. Egli si discosta volutamente e con disprezzo dalla realtà dell’esistenza e preferisce far morire i propri anarchici, trionfanti personaggi piuttosto che tradire i loro sogni di visionari. Come una pietra che, cadendo nell’acqua cristallina, la agita, affondando sempre di più, così la musica, vorticando nelle anime dei personaggi, smuove il loro io più profondo. Essa risveglia nell’inconscio di Senta (il suo «mare» interiore) un’aspirazione profonda e la sottrae al mondo reale. Sempre di più, Senta si abbandona alla sua immaginazione malata, fino al cedimento della frontiera tra sogno e realtà. Reagendo alla mediocrità di ciò che la circonda e a ciò che immagina sia il proprio futuro, dà corpo all’Olandese di questa leggenda che tanto l’ossessiona, ed è così che lui fa la sua entrata in scena: ancorato alla sua anima, egli è il risultato della sua ricerca smisurata. Ma lei a tal punto ha elevato al rango di idolo questa figura di redentore, che il suo tentativo disperato di far coincidere sogno e realtà, alla fine, non può che fallire. A quel punto, a Senta non resta che una soluzione per non tradire il proprio sogno, restando fedele a se stessa: darsi la morte. Così si mostrano Senta e l’Olandese, la realtà e il sogno, il mondo terreno e l’aldilà: due onde che si inseguono, due opposte correnti, che si ritrovano a tratti, unendosi, ma che non possono mai fondersi veramente. La tragica impossibilità del loro incontro deriva dal fatto che la grandezza dei loro mondi interiori (i loro rispettivi «mari») non può sopravvivere sul suolo meschino e arido della casa di Daland. L’acqua tumultuosa dei loro desideri, le loro smisurate aspettative, non si adatteranno mai ai «se» e ai «ma» della realtà. Gli altri, i sopravvissuti, quelli per i quali la vita è facile e che, di fronte al mare, si rifugiano nelle loro case, quelli che non vengono toccati da nulla, e le cui porte dell’anima nessuna tempesta può aprire, costoro sbarrano la via a Senta, che invece vuole nuotare in mare aperto, nel mare del suo sogno, solidamente aggrappata alla vela rossa del vascello dell’Olandese. Se dunque la storia interiore di Senta e dell’Olandese può essere paragonata a un’onda unica, che raggiunge il suo culmine per poi ricadere nel suo punto più basso – l’immaterialità più assoluta, al contempo l’inizio e la fine – la sola possibilità per Senta di realizzare la propria vita allora sta nella morte volontaria, annegando, alla fine, nel mare delle proprie aspirazioni. In quello che è il punto più basso – la morte di Senta – incomincia, nella risacca, un’onda nuova: il cerchio si chiude, la ballata del Vascello fantasma vive in altri sogni. Per gentile concessione dell’Opéra national de Paris Traduzione dal francese di Antonella Palumbo Un Wagner italiano e un Verdi europeo Intervista a Gianandrea Noseda Maestro Noseda, lei apre la nuova Stagione del Teatro Regio con Der fliegende Holländer. Esegue la versione in un atto unico o opta per la divisione in tre atti? Eseguiamo la versione in un atto unico, come fosse un’unica “colata di ghisa”, anche perché la concezione registica originale di Willy Decker lo prevede. Lei è un direttore italiano dall’attività internazionale. C’è un’italianità in Wagner che un direttore italiano può far risaltare particolarmente? Penso al grande amore di Wagner per Bellini… L’Olandese è, assieme a Tannhäuser e Lohengrin, tra le opere più “italiane” di Wagner. Il monologo dell’Olandese e la ballata di Senta potrebbero essere arie-scena vicine a un certo Verdi. E poi è importante ricordare che l’opera di Wagner è sempre opera da cantare: per quanto l’orchestra risulti centrale, la cantabilità deve sempre essere esaltata; in quanto direttore italiano, se riesco a mettere in luce questo aspetto sono contento. Ma anche un’opera come Tristan può beneficiare dell’esaltazione della cantabilità della frase. Certo, Wagner aveva grande ammirazione per le melodie sospese di Bellini, e pensiamo anche quanto l’Italia sia stata centrale a tanta ispirazione wagneriana: basta ricordare la scena del giardino di Klingsor nel Parsifal, ispirata da Villa Rufolo a Ravello. Ma ritengo anche che una lettura più sinfonica e “tedesca” di Verdi sia altrettanto stimolante, e possa far venire alla luce elementi insoliti. Le influenze esterne sono sempre positive, a patto che non snaturino il contenuto dell’opera. Alle soglie del bicentenario della nascita di Verdi e di Wagner, risponda a una domanda un po’ spregiudicata: l’Olandese sta a Parsifal come Nabucco sta a Otello? Per quanto io consideri Nabucco un grande esempio del Verdi giovanile, nell’Olandese sono già riscontrabili i germi del Parsifal, mentre bisogna arrivare a Macbeth, vero capolavoro del periodo degli anni “di galera”, per sentire certi anticipi di opere come Don Carlos. Del resto, il primo Verdi doveva fare i conti con la gran quantità di opere da produrre, mentre Wagner poteva concentrarsi più sulla qualità dei risultati. Lei pensa che l’Olandese si possa ricollegare alla tradizione dell’opéra de sauvetage (come ad esempio il Fidelio da lei diretto l’anno scorso), vista la centralità del tema di una donna salvatrice? Penso che mentre Fidelio, pur nella sua complessità, appartiene ancora al genere del Singspiel e al proseguimento di una certa tradizione, con l’Olandese Wagner apre le frontiere di un modo nuovo di concepire l’opera. Ci sono alcune grandi interpretazioni del passato alle quali lei guarda nella preparazione di quest’opera? Quando so di dover affrontare la direzione di un’opera, cerco di non ascoltare nessuna registrazione, per arrivare a un approccio autonomo. Ovviamente è impossibile partire da zero, perché tutti noi abbiamo conosciuto le grandi opere del repertorio attraverso qualche interpretazione, ma il mio intento è comunque quello di cercare di arrivare a un rapporto diretto con la partitura. Testo dell’intervista di Francesco Cilluffo, tratta dal mensile Sistema Musica (ottobre 2012) Teatro Regio Walter Vergnano, Sovrintendente Gianandrea Noseda, Direttore musicale Orchestra Complesso in palcoscenico Violini primi Sergey Galaktionov*, Marina Bertolo, Monica Tasinato, Claudia Zanzotto, Edoardo De Angelis, Fation Hoxholli, Soyeon Kim, Elio Lercara, Carmen Lupoli, Enrico Luxardo, Miriam Maltagliati, Alessio Murgia, Daniele Soncin, Giuseppe Tripodi, Francesca Viscito, Roberto Zoppi Corni Fabrizio Dindo, Domenico Figliomeni Tiziana Nano, Eros Tondella Violini secondi Cecilia Bacci*, Tomoka Osakabe, Bartolomeo Angelillo, Silvana Balocco, Paola Bettella, Maurizio Dore, Anna Rita Ercolini, Silvio Gasparella, Ekaterina Gulyagina, Marcello Iaconetti, Roberto Lirelli, Anselma Martellono, Paolo Mulazzi, Ivana Nicoletta Viole Armando Barilli*, Alessandro Cipolletta, Gustavo Fioravanti, Tamara Bairo, Rita Bracci, Maria Elena Eusebietti, Alma Mandolesi, Franco Mori, Roberto Musso, Alessandro Sacco, Claudio Vignetta, Giuseppe Zoppi Violoncelli Umberto Clerici*, Davide Eusebietti, Giulio Arpinati, Augusto Gasbarri, Alfredo Giarbella, Francesca Gosio, Armando Matacena, Luisa Miroglio, Marco Mosca Contrabbassi Davide Botto*, Atos Canestrelli, Alessandro Belli, Fulvio Caccialupi, Damiano D’Amico, Michele Lipani, Stefano Schiavolin Flauti Andrea Manco*, Maria Siracusa, Roberto Baiocco Oboi Luigi Finetto*, Alessandro Cammilli Clarinetti Luigi Picatto*, Luciano Meola Fagotti Andrea Azzi*, Orazio Lodin Corni Natalino Ricciardo*, Fabrizio Dindo, Evandro Merisio, Pierluigi Filagna, Daniele Navone Trombe Sandro Angotti*, Marco Rigoletti Tromboni Vincent Lepape*, Enrico Avico, Marco Tempesta Basso tuba Rudy Colusso Timpani Ranieri Paluselli* Percussioni Lavinio Carminati, Fiorenzo Sordini Arpa Stella Farina* * prime parti Coro Soprani Sabrina Amè, Nicoletta Baù, Anna Beretta, Chiara Bongiovanni, Anna Maria Borri, Sabrina Boscarato, Eugenia Braynova, Serafina Cannillo, Cristina Cogno, Cristiana Cordero, Eugenia Degregori, Alessandra Di Paolo, Manuela Giacomini, Rita La Vecchia, Laura Lanfranchi, Chiara Lazzari, Paola Isabella Lopopolo, Maria de Lourdes Martins, Pierina Trivero, Giovanna Zerilli Mezzosoprani / Contralti Cristiana Arri, Angelica Buzzolan, Shiow-hwa Chang, Ivana Cravero, Corallina Demaria, Maria Di Mauro, Roberta Garelli, Rossana Gariboldi, Elena Induni, Antonella Martin, Raffaella Riello, Myriam Rossignol, Marina Sandberg, Teresa Uda, Daniela Valdenassi, Tiziana Valvo, Barbara Vivian Tenori Pierangelo Aimé, Janos Buhalla, Marino Capettini, Gian Luigi Cara, Antonio Coretti, Diego Cossu, Salvatore De Benedetto, Luis Odilon Dos Santos, Alejandro Escobar, Giancarlo Fabbri, Mauro Ginestrone, Roberto Guenno, Leopoldo Lo Sciuto, Vito Martino, Matteo Mugavero, Matteo Pavlica, Dario Prola, Gualberto Silvestri, Tiziano Tassi, Sandro Tonino, Franco Traverso, Valerio Varetto Baritoni / Bassi Leonardo Baldi, Mauro Barra, Enrico Bava, Massimo Di Stefano, Riccardo Di Stefano, Umberto Ginanni, Vladimir Jurlin, Desaret Lika, Luca Ludovici, Riccardo Mattiotto, Davide Motta Fré, Gheorghe Valentin Nistor, Franco Rizzo, Enrico Speroni, Marco Sportelli, Marco Tognozzi, Filippo Maria Tuccimei, Vincenzo Vigo Coro fuori scena (I fantasmi) Coro Maghini Claudio Chiavazza maestro preparatore Tenori Alessandro Baudino, Pasquale Bottalico, Piergiorgio Chiavazza, Michele Concato, Enzo Grella, Federico Kaftal, Emilio César Leonelli, Massimo Lombardi, Renato Parachinetto Baritoni / Bassi Sergio Alcamo, Riccardo Bertalmio, Luciano Fava, Ermanno Lo Gatto, Diego Arturo Manto, Marco Milanesio, Dario Previato Sergio Merletti pianista collaboratore I professori Sergey Galaktionov e Cecilia Bacci suonano rispettivamente i violini Santo Serafino Venezia 1725 e Giorgio Serafino Venezia 1748 della Fondazione Pro Canale di Milano. Direttori di scena Vittorio Borrelli, Riccardo Fracchia • Maestri collaboratori di sala Giulio Laguzzi, Giannandrea Agnoletto • Maestro rammentatore Andrea Mauri • Maestro alle luci Paolo Chimienti • Maestri collaboratori di palcoscenico Giannandrea Agnoletto, Luca Brancaleon • Assistente del maestro del coro e maestro collaboratore ai sopratitoli Andrea Campora • Archivio musicale Enrico Maria Ferrando • Sopratitoli a cura di Sergio Bestente • Servizi tecnici di palcoscenico Antonio Martellotto • Realizzazione allestimenti Claudia Boasso • Servizi di vestizione Laura Viglione • Luci di scena e fonica Andrea Anfossi • Coordinatore di progetto Enzo Busco Scene, costumi e attrezzeria Opéra national de Paris • Calzature Pompei 2000, Roma • Parrucche e trucco Mario Audello, Torino I bouquet di fiori sono offerti da © Fondazione Teatro Regio di Torino Prezzo: € 0,50 (iva inclusa)