Edulcoranti: quali? quanto? come? La naturale predilezione dell’uomo per il gusto dolce lo ha sempre portato a ricercare alimenti ricchi di zuccheri che oltre a fornire energia immediata danno piacere e senso di gratificazione. Il sapore dolce nei cibi è legato alla presenza di molecole naturali, natural-derivate e artificiali. Gli edulcoranti (dal latino dulcor = “sapore dolce, dolcezza”) sono «sostanze utilizzate per conferire sapore dolce ai cibi e alle bevande o per la loro edulcorazione estemporanea»1 presenti naturalmente o aggiunti agli alimenti oppure utilizzati come “dolcificanti da tavola”, in sostituzione del saccarosio. Gli edulcoranti o dolcificanti “naturali” sono rappresentati dagli oligosaccaridi (mono- e di-saccaridi), meglio conosciuti come “zuccheri semplici” che, insieme agli zuccheri complessi o polisaccaridi (amido e destrine), costituiscono i glucidi o carboidrati, nutrienti principali di un’alimentazione sana ed equilibrata. Tra gli zuccheri semplici, oltre al comune zucchero da tavola ovvero il saccarosio, quelli maggiormente presenti negli alimenti (naturalmente contenuti negli ingredienti o aggiunti durante il processo di fabbricazione) sono glucosio, fruttosio, lattosio, galattosio e maltosio. Nel testo dell’ultima revisione (2012) dei LARN - Livelli di Assunzione di Riferimento di Nutrienti ed energia per la popolazione italiana - viene consigliato di limitare il consumo di zuccheri semplici a valori inferiori al 15% dell’energia totale giornaliera. Inoltre, si sottolinea che un apporto complessivo superiore al 25% delle calorie totali è da considerarsi potenzialmente legato ad eventi avversi sulla salute. Si invita, infine, a limitare sia l’uso del fruttosio come dolcificante, sia il consumo di alimenti e bevande formulati con fruttosio e sciroppi di mais ad alto contenuto di fruttosio. Queste indicazioni si basano sui risultati di numerosi studi che hanno dimostrato come diete ad elevato contenuto di fruttosio e saccarosio inducono effetti negativi sulla tolleranza glucidica, con complicanze metaboliche quali iperinsulinemia, iperglicemia, ipertensione e insulino-resistenza, anche se non esistono prove concrete che il consumo di fruttosio e saccarosio possa influire direttamente sullo sviluppo di patologie come obesità o diabete mellito. Insieme ai suddetti zuccheri, appartengono ai “dolcificanti nutrienti” anche il miele (che contiene fruttosio, glucosio, una piccola percentuale di saccarosio e numerosissimi costituenti minori, che gli conferiscono proprietà e caratteristiche di colore e gusto, diverse in base all’origine) e i polioli (o polialcoli). Questi ultimi possono essere naturalmente presenti in frutta, ortaggi, alghe e bacche, ma sono, comunque, tutti anche prodotti industrialmente per parziale modifica di altre sostanze e per questo sono definiti “natural-derivati”. Appartengono a questa categoria il sorbitolo, lo xilitolo, il mannitolo, il maltitolo, il lactitolo, l’isomalto, l’eritritolo e l’amido idrogenato idrolizzato. I polioli sono agenti edulcoranti “di sostituzione” o “di massa”. Il loro impiego ha, infatti, un duplice scopo tecnologico: oltre a dolcificare, danno consistenza al prodotto finito, motivo per cui vengono diffusamente adoperati nella produzione di gomme e caramelle “senza zucchero”. Un ulteriore motivo che giustifica il loro utilizzo nei prodotti della confetteria è la loro minore fermentescibilità da parte della microflora del cavo orale. È per questo motivo che in etichetta è riportata la dicitura “non favorisce la carie”. Va, tuttavia, sottolineato che il consumo di gomme e caramelle senza zucchero non è sufficiente a prevenire la carie dentale se non è accompagnato da un’adeguata igiene orale e una sensibile riduzione dell’apporto complessivo di alimenti contenenti zuccheri. Escluso l’eritritolo (che è “acalorico”, cioè ha valore energetico pari a 0 kcal/g), il contenuto 1 Definizione di edulcorante, secondo il vigente Regolamento 1331/2008 del Parlamento europeo e del Consiglio del 16 1/5 energetico dei polioli è più basso rispetto a quello degli zuccheri alimentari, ma resta comunque significativo. I prodotti che contengono polioli risultano, pertanto, “ipocalorici”, ovvero con meno calorie rispetto alle preparazioni realizzate con l’uso del saccarosio. In Europa e in tutto il mondo, gli edulcoranti ipocalorici, così come altri additivi alimentari, sono sottoposti a una rigorosa procedura di valutazione. L'Autorità europea per la sicurezza alimentare (EFSA, European Food Safety Authority) stabilisce le dosi giornaliere ammissibili ed esamina costantemente tutti i nuovi dati relativi alle problematiche emergenti. Queste misure permettono di rassicurare i consumatori sulla sicurezza degli edulcoranti ipocalorici approvati. Quando si parla di dolcificanti, è importante rendere chiari due concetti chiave: il potere dolcificante e la dose massima ammissibile (DGA). Si definisce potere edulcorante il “rapporto tra la concentrazione di saccarosio e quello di un dolcificante che ha la stessa intensità di sapore”. Il potere edulcorante degli zuccheri varia in funzione di alcuni parametri, quali la temperatura, la condizione in cui vengono assunti (se a digiuno o nell’ambito di un pasto) e la concentrazione della sostanza. “La quantità di un additivo alimentare, calcolata in funzione del peso corporeo, che può essere assunta quotidianamente attraverso la dieta, nel corso di tutta la vita, senza determinare alcun rischio per la salute” è detta dose giornaliera ammissibile (DGA). Per gli edulcoranti, così come per tutti gli additivi alimentari, in base alla valutazione di una serie di criteri e all'esame dei dati tossicologici disponibili, si stabilisce, inoltre, il livello massimo di additivo che non ha effetti tossici dimostrabili. È il cosiddetto “livello effetto zero” (NOAEL, dall'inglese 'no-observed-adverse-effect level'), che serve per determinare la DGA. Nella tabella 1 sono riportati i principali edulcoranti con rispettivi: valore calorico, potere edulcorante, DGA e avvertenze. 2/5 I dolcificanti sintetici vengono spesso definiti anche “edulcoranti intensivi” per sottolineare il loro elevato potere dolcificante e classificati come “non nutrienti” perché non rientrano tra le sostanze nutritive (proteine, carboidrati, lipidi, vitamine, sali minerali e acqua), a differenza degli zuccheri semplici e dei polioli, che sono compresi, così come la fibra, tra i carboidrati. La saccarina viene assorbita per il 90% circa, ma non è metabolizzata dall'organismo e quindi non fornisce calorie. Essendo chimicamente stabile al calore, potrebbe essere utilizzata nei cibi che vengono sottoposti a cottura, ma nei dolci cotti sviluppa un odore sgradevole, per cui questo suo utilizzo è stato abbandonato. Essa viene, invece, aggiunta nei prodotti alimentari non sottoposti a cottura, sotto forma di sale di sodio, di potassio o di calcio, ma presenta un retrogusto metallico e amaro, difficilmente tollerato. Per ovviare a questo inconveniente, nei prodotti commerciali è spesso associata ad altri dolcificanti, che ne migliorano il sapore. L'aspartame è l'edulcorante artificiale più noto e discusso. Ha un elevato potere dolcificante, circa 200 volte maggiore del saccarosio: in altri termini 1 g di una soluzione a 1/200 di aspartame ha un sapore d’intensità dolce equivalente ad 1 g di saccarosio. Il potere calorico è pari a quello del saccarosio (4 kcal per grammo), ma essendo, di fatto, consumato in quantità bassissime, incide in maniera trascurabile sulla quota energetica giornaliera. Le limitazioni all’uso sono legate alla sua instabilità a temperature elevate e a valori di pH lontani dalla neutralità. In queste condizioni, infatti, la molecola si dissocia in metanolo e dipeptide e quest’ultimo, a sua volta, può ciclizzare a dichetopiperazina, sostanza tossica per l’embrione. L’uso dell’aspartame è vietato, pertanto, oltre che ai fenilchetonurici 2 (poiché rappresenta una fonte di fenilalanina), anche alle donne in gravidanza ed allattamento. L'acesulfame potassico (acesulfame K) è acariogeno e non possiede retrogusto amaro. È, inoltre, stabile in soluzioni acide e ad elevate temperature: può essere quindi utilizzato in cibi con pH basso e/o cotti. I glicosidi steviolici, di recente approvazione da parte dell’EFSA (2010, così come il neotame), devono contenere non meno del 95% di stevioside e/o rebaudioside A, estratti dalla Stevia rebaudiana Bertoni, pianta cui sono attribuite numerose proprietà benefiche. Presentano una buona stabilità nei cibi, eccetto dopo cottura in forno ad elevate temperature. I ciclammati di sodio e di calcio, fra loro equivalenti, sono sostanze stabili al calore e acariogeni. Vengono, generalmente, impiegati in associazione ad altri edulcoranti e, in particolare, con la saccarina, di cui migliorano il gusto. Il ciclammato di sodio è da evitare se si sta seguendo una dieta a basso tenore di sodio e durante l'assunzione di antibiotici, come la lincomicina, perché ne riduce l'assorbimento. È stato appurato che più dolcificanti insieme esplicano azione sinergica per cui sia gli edulcoranti intensi sia i polioli sono spesso utilizzati in combinazione. Le loro miscele hanno un potere edulcorante superiore al valore della media aritmetica dei poteri edulcoranti dei singoli componenti, così le già piccole quantità necessarie a sostituire il saccarosio possono essere ridotte ulteriormente, permettendo di diminuire notevolmente l’apporto calorico dell’alimento dolcificato. I principali prodotti alimentari in cui sono presenti gli edulcoranti sono indicati con le diciture “light” oppure “a ridotto contenuto calorico” o “con ridotto contenuto di zuccheri”. Sono principalmente caramelle e chewing gums, bevande e soft drinks, biscotti e altri prodotti da forno, dessert, cioccolata, yogurt, succhi di frutta e marmellate. La percentuale di edulcoranti sintetici presenti nei prodotti è molto bassa e rientra ampiamente nei limiti indicati dalla FAO, dalla FDA, dall’EFSA e dalle altre organizzazioni internazionali che si occupano di salute pubblica. Inoltre, se l’apporto quotidiano di consumo è mantenuto al di sotto delle rispettive DGA, l’uso di queste sostanze non genera alcun problema di sicurezza. Le DGA, infatti, prevedono un ampio margine di sicurezza e sono, tra l’altro, improbabili da 2 Soggetti affetti da “sindrome fenilchetonurica” o PKU, malattia genetica rara. 3/5 raggiungere con il consumo abituale di prodotti dolcificati. Nell’adulto, il rischio di superare la dose giornaliera ammissibile esiste solo se un soggetto consuma nello stesso giorno diverse categorie di alimenti che contengono lo stesso edulcorante oppure un unico alimento, ma in quantità molto elevate. Il consiglio è allora quello di controllare sull’etichetta il tipo di edulcorante usato e la sua quantità. Il rischio teorico di superare la DGA è più elevato: • nei bambini, per cui la DGA è pari al 50% di quella prevista per gli adulti; • nel caso di consumo di bevande light, che vengono spesso assunte in quantità decisamente elevate; • per il neotame (DGA=2 mg/kg P.C.) e la saccarina (2.5<DGA<5), cui sono state assegnate dosi giornaliere ammissibili inferiori rispetto alle altre. È importante, tuttavia, precisare che raggiungere saltuariamente la DGA di un additivo non costituisce un rischio per la salute. Alla luce di tutto ciò, è necessario, comunque, distinguere prodotti che: - contengono gli edulcoranti di sintesi in quantità maggiori (bevande e soft drinks), - hanno un basso o scarsissimo valore nutrizionale (chewing gums, caramelle, bevande e soft drinks), per i quali è sconsigliata un’assunzione troppo frequente; da quelli che, invece: - contengono anche altri ingredienti, come ad esempio la frutta (marmellate, confetture, succhi…), e che sono certamente da preferire ai primi, poiché, oltre a conferire il gusto dolce, apportano anche principi nutritivi importanti. L’introduzione, soprattutto nelle scelte della prima colazione (oppure negli spuntini tra i pasti principali), di bevande e confetture light può essere particolarmente indicata nelle proposte nutrizionali ipocaloriche, al fine di non privare degli effetti benefici e gratificanti del gusto dolce pazienti in sovrappeso, obesi o diabetici. Difatti, gli alimenti consumati durante il primo pasto della giornata, spesso totalmente ignorato o non adeguato, dovrebbero apportare circa il 20% delle calorie totali ed essere particolarmente ricchi di carboidrati complessi (pane, fette biscottate, cereali…) e di acqua (latte, succhi di frutta, spremute di agrumi…). Figura 1. Per non penalizzare eccessivamente l’esigenza del gusto dolce e allo stesso tempo garantire un giusto apporto di zuccheri semplici, le marmellate ‘light’ possono rappresentare una valida alternativa ai corrispettivi prodotti tradizionali, nell’ambito di una variata e bilanciata prima colazione, come illustrato nell’esempio n°1. 4/5 È, comunque, necessario consigliare a questi soggetti la massima attenzione, perché spesso, l’utilizzo dei prodotti alimentari light induce un falso e illusorio senso di sicurezza, mentre è chiaro che in assenza di un radicale cambiamento delle abitudini alimentari è possibile addirittura ottenere un risultato opposto a quello sperato e cioè aumentare di peso. Figura 1. Per non penalizzare eccessivamente l’esigenza del gusto dolce e allo stesso tempo garantire un giusto apporto di zuccheri semplici, le marmellate ‘light’ possono rappresentare una valida alternativa ai corrispettivi prodotti tradizionali, nell’ambito di una variata e bilanciata prima colazione, come illustrato nell’esempio n°1. L’uso di prodotti dietetici o dolcificati, soprattutto marmellate e succhi di frutta, può essere vantaggioso anche nelle proposte nutrizionali elaborate per gli atleti o sportivi in genere (ancor più se diabetici o in sovrappeso). In questi casi, infatti, è spesso riscontrata l’esigenza di assumere alimenti ricchi di zuccheri naturali prima, durante e subito dopo la prestazione fisica e questi, di frequente, arrivano già a coprire la quota massima di zuccheri semplici (10-15 % dell’E.T.G., energia totale giornaliera). Questo costringerebbe ad una colazione ricca in carboidrati complessi, ma povera di quelli semplici. È, però, possibile ovviare a tale problema tramite l’abbinamento di alimenti ricchi di cereali complessi con alimenti light. Esempi: pane o fette biscottate con marmellata a ridotto tenore di zuccheri: toast e succhi di frutta senza zuccheri aggiunti. Presupposto fondamentale all’utilizzo di prodotti dietetici è quello di aver chiaro che i soli strumenti per raggiungere e mantenere il giusto peso corporeo e ridurre i rischi per la salute sono una dieta equilibrata e variata e una costante e corretta attività fisica. Gli edulcoranti sono, al più, dei complementi, in grado di rendere più dolce, gradita e meno frustrante la dieta corretta per le proprie esigenze. Per approfondire AA. VV., “Zuccheri, dolci e bevande zuccherate: nei giusti limiti” in “Linee Guida per una Sana Alimentazione Italiana”, Istituto Nazionale di Ricerca per gli Alimenti e la Nutrizione – INRAN (oggi CRA-NUT), Roma 2003. www.inran.it Società Italiana di Nutrizione Umana - SINU, “LARN, Livelli di Assunzione di Riferimento di Nutrienti ed energia per la popolazione italiana – Revisione 2012”, in corso di stampa presso SICS, Società Italiana di Comunicazione Scientifica e Sanitaria. www.sinu.it Associazione Italiana di Dietetica e Nutrizione Clinica – ADI, Nutrition Foundation of Italy – NFI, “Dolcificanti intensi non calorici, focus sulla sicurezza d’impiego”, atti del convegno svoltosi l’11 gennaio 2012, presso la sede e con il patrocinio del Ministero della Salute, Pacini Editore Medicina. www.adiitalia.net, www.nutrition-foundation.it, www.pacinieditore.it. European Food Information Council - EUFIC, “Vantaggi e sicurezza degli edulcoranti ipocalorici”, rassegna EUFIC 10/2012. www.eufic.org 5/5