Elena Agazzi Aleida Assmann ha dedicato alla memoria culturale il suo principale studio, Erinnerungsräume. Formen und Wandlungen des kulturellen Gedächtnisses (1999) che, nell’edizione italiana, con una modifica del titolo, ha perso la connotazione spaziale a vantaggio della più generale funzione del ricordare: Ricordare. Forme e mutamenti della memoria culturale (2002). Questa scelta espunge tuttavia un importante fattore della concezione della Assmann, che intende la memoria culturale come il principio m o n u m e n t a l e della cultura, la quale abbisogna di una interazione tra condizioni spaziali e temporali per potersi sedimentare e diventare patrimonio collettivo. A questa prima fondazione concettuale, che è nata da una più antica analisi della Assmann, sviluppata in collaborazione con Dietrich Harth nello studio Kultur als Lebenswelt und Monument (1991) – includendo la dicotomia tra una Lebenswelt che si riferisce all’effimero e al quotidiano e un Monument, che indica una permanenza di messaggi eterni, in quanto legati a valori che si consolidano nel tempo – si sono aggiunte le rielaborazioni dei principi fondativi della memoria, che implicano un’ulteriore distinzione tra memoria individuale , memoria generazionale , memoria collettiva e memoria culturale. Tra queste, la memoria culturale si presenta come specificamente semantica e si riferisce all’apprendimento di nozioni e conoscenze che l’individuo interiorizza per assorbimento di esperienze esterne. Si può osservare che l’interesse della Assmann per la sedimentazione e la trasformazione delle esperienze culturali nel tempo sia nata come risposta a una serie di provocazioni teoriche. Una tra queste proviene dalla nota analisi di Maurice Halbwachs, sviluppata in Les cadres sociaux de la mémoire (1925), secondo il quale i quadri sociali o 1 collettivi avrebbero lo scopo di trattenere quella parte di memoria che sarebbe destinata a scomparire in assenza di una costante pratica del ricordo. In altre parole, un individuo completamente isolato non sarebbe in grado, secondo Halbwachs, di farsi garante nel tempo della permanenza di forme di memoria. La labilità di questa teoria può essere misurata sul fatto – secondo la Assmann – che i quadri sociali, ai quali Halbwachs rivolge la propria attenzione, sono legati unicamente alla trasmissione orale delle informazioni, mentre è necessario considerare la presenza di archivi della memoria come depositi di documenti scritti che nel corso del tempo possono assumere una nuova funzionalità. In questo senso si rivela senz’altro utile la lettura della postfazione scritta a quattro mani da Aleida e Jan Assmann per volume miscellaneo Schrift und Gedächtnis. Archäologie der literarischen Kommunikation (1993), in cui si puntualizza l’importanza di un supporto complementare di archivio e memoria allo scopo di ricostruire il profilo di una civilità scomparsa: “la memoria configura, quale compresenza ‘viva’ di ciò che viene ricordato come importante, uno spazio di coscienza (Besinnungsraum ) che si estende ampiamente nel passato. La scrittura, al contrario, se comparata con la prima, serve da ‘morto’ principio della conservazione e dell’accumulo di dati, la cui importanza scompare, e semmai può essere ricostruita da caso a caso. D’altra parte, la scrittura rende possibile una compresenza archiviaria, che normalmente non è conseguibile dalla memoria” (Assmann, Assmann 1993, pp. 267-268). Tra gli impegni dello studioso della memoria culturale si trova anche quello di osservare i fenomeni di trasformazione dei ricordi individuali lungo l’asse della storia, come riflesso del mutamento generazionale. In altre parole, le Erinnerungen personali “non esistono solo in un particolare milieu sociale, bensì anche in uno specifico orizzonte di tempo. Questo orizzonte temporale viene definito attraverso il ricambio delle generazioni” (Assmann, Frevert, 1999, p. 37). Se il ricambio generazionale ha mediamente luogo ogni quarant’anni, particolari periodi storici, che implicano un avvenimento traumatico – come è stato quello della Seconda Guerra Mondiale – vedono una compressione dell’esperienza di tre generazioni nel torno di 2 anni in cui di solito se ne esaurisce solo una. Questa considerazione induce a valutare diversamente il lavoro dello storico – cui è richiesto un criterio di massima oggettività – da quello dello scrittore, che spesso rivendica la libertà di poter intervenire sul processo di recupero del passato con l’aiuto della finzione narrativa (operando, cioè, nell’ambito della rekonstruierte Geschichte) e della Erinnerung personale. Una seconda provocazione a cui la Assmann risponde in vari suoi saggi, è rappresentata dalla minaccia dell’ oblio, perché, come ha lucidamente ricordato Paolo Rossi nel suo studio Il passato, la memoria, l’oblio , “cancellare ha anche a che fare con nascondere, occultare, depistare, confondere le tracce, allontanare dalla verità, distruggere la verità. Si è voluto spesso impedire che le idee circolino e si affermino, si è voluto (e si vuole) limitare, far tacere, consegnare al silenzio e all’oblio. Qui l’invito o la costrizione alla dimenticanza hanno a che fare con le ortodossie, con il tentativo di costringere ogni possibile pensiero entro un’immagine irrigidita e paranoicale del mondo” (Rossi 1991, p. 25). Un ampio studio, che integra necessariamente quello sulla memoria culturale, è quindi l’opera di Harald Weinrich, Lethe. Kunst und Kritik des Vergessens (1997) che coniuga un’attenta analisi diacronica dello sviluppo dell’attenzione per l’ ars oblivionis, da Simonide fino a Elie Wiesel, con una ricognizione per ambiti tematici e metodologici, valorizzando l’applicabilità di questo concetto in un contesto poetico e filosofico. In linea generale, l’oblio concerne un processo passivo, mentre la memoria uno attivo, sebbene il ricordo contestualizzato in una cornice letteraria possa, non di rado, assumere carattere passivo relativamente a una dimensione altamente contemplativa, lasciando che il passato riemerga, cioè, spontaneamente dalle pieghe del vissuto autobiografico, in particolare di quello infantile (Proust). Secondo la Assmann, è possibile ammettere, come fa Pierre Nora nella notevole impresa culturale dedicata ai luoghi della memoria, che ricordo e distruzione siano altrettanto interdipendenti e che perciò, nonostante l’inclinazione all’oblio, la psiche conservi traccia delle ferite del passato che continuamente riemergono generando conflittualità interiore. Freud viene perciò costantemente coinvolto negli studi sulla 3 memoria culturale che implicano l’elemento traumatico, perché il momento terapeutico – come concepito nelle sue teorie – si colloca tra l’esser stato (Gewesenheit) del paziente e un passato (Vergangenheit) che egli si è costruito ad hoc per rimuovere i ricordi dolorosi. Alle considerazioni della Assmann, di Nora e di Halbwachs vanno senz’altro aggiunte quelle di Paul Ricoeur, che nel recente La mémoire, l’histoire, l’oubli (2000) torna ad affermare che i problemi legati alla memoria, alla storia e all’oblio debbono essere prioritariamente considerati nell’ottica della coscienza storica prodotta dalla dialettica tra Erfahrungsraum (spazio di esperienza) ed Erwartungshorizont (orizzonte di attesa), come Reinhart Koselleck chiama le coordinate del contesto concettuale del suo più noto studio, Vergangene Zukunft (1979). Ricoeur osserva che la dimensione della coscienza storica, distinta da quella che concerne la storiografia in senso scientifico, permette all’individuo di rapportare l’episodicità del suo trascorso storico al continuum temporale che si produce tra passato e presente e di trascegliere da questo continuum gli avvenimenti esperiti in modo personale. I ricordi (Erinnerungen) si suddividerebbero e strutturerebbero così su livelli di senso che sono divisi gli uni dagli altri da abissi, come se fossero isole, mentre il Gedächtnis (memoria) avrebbe la funzione di farci sorvolare il passato, permettendoci di coglierlo nella sua articolata complessità. Mentre le narrazioni della memoria messe in campo da uno scrittore o da un artista si riferiscono al quotidiano e nondimeno hanno un rapporto dialettico con la memoria collettiva, le narrazioni della storia non consistono nel rivivere il passato, ma si esplicitano come documentazione del passato e r a p p r e s e n t a z i o n e degli eventi in riferimento al Gedächtnis collettivo. In questo senso, al ricordo tipico della narrazione non può essere imputata alcuna lacuna qualora gli eventi non siano raccontati nella loro complessità storica, perché non è implicito in essa l’obbligo di una fedele documentazione. Proprio a partire da questo punto delle riflessioni di Ricoeur, che culminano propositivamente in suggerimenti rivolti agli storici perché il loro lavoro non si riduca ad una illusione fatalistica di tipo retrospettivo, si coglie un riferimento al discorso patologico analizzato da Freud ed 4 elaborato dal critico francese nei concetti di deficit di memoria e di eccesso di oblio. Entrambi i comportamenti, riferiti all’oblio, possono essere considerati come risultati di una fuga dalla realtà, che reca con sé un processo di rimozione. Nella finzione del narrare letterario questo comportamento non assume tratti patologici, mentre l’anomalia della rimemorazione si mostra evidente in pazienti affetti da disturbi psichici, ai quali Freud assegna il compito di ricordare, ripetere ed elaborare; ciò non crea la premessa di una riconciliazione del paziente con i contenuti del rimosso, ma consente di contrastare la coazione a ripetere riferita a ricordi di copertura con un vero e proprio lavoro di memoria. Nel dizionario interdisciplinare di Nicolas Perthes e Jens Ruchatz dedicato alla memoria e al ricordo (2001), Dietz Bering osserva che la memoria culturale è strutturata secondo i seguenti elementi distintivi: tra l’altro ha una concretezza identitaria, vale a dire, non è universale, ma si riferisce al concetto identitario di specifiche collettività (popoli, Stati, comunità, famiglie, partiti) ed è ricostruttiva, perché non compie una ricognizione del passato alla ricerca di una verità generica o in modo disinteressato, bensì parte dal bisogno di identità del presente per trovare criteri stabilizzanti. Se, come afferma la Assmann, esistono due principali forme di memoria, la memoria funzionale e la memoria-archivio, sono tre i momenti che ne definiscono la permanenza e perciò l’utilità: le funzioni, i mediatori e il deposito. La parte più creativa del lavoro della Assmann si esplicita in questo terzo momento, perché esso implica un discorso etico-politico riferito al controllo degli archivi come espressione del potere dello Stato. L’inaccessibilità dei dati, la dispersione delle informazioni o l’occultamento di documenti preziosi per recuperare il ricordo di porzioni della nostra storia passata sono le forme di resistenza contro le quali si scontrano i principi democratici del difensore della memoria culturale, che nella fase più recente del suo lavoro deve chiedersi se la scrittura digitale sia un mediatore di memoria o di oblio e se la struttura del sistema informatico non costituisca un formidabile sistema di sorveglianza che, promettendo memoria, cancella contemporaneamente l’identità. Ecco, perciò, che si rende indispensabile 5 studiare le possibili forme di una ecologia della cultura e confidare anche nell’opera di grandi artisti contemporanei, come Anselm Kiefer e Christan Boltanski, che sono riusciti a rendere visibile l’assenza insistendo su metafore dell’oblio, laddove la presenza di libri o archivi nelle loro installazioni diventa una forma di propiziazione della memoria ritrovata. (Cfr. anche Archeologia della comunicazione, Archeologia del sapere, Ecologia della cultura, Nuova storia culturale, Psicoanalisi della cultura, Storia della cultura, Storia delle mentalità) Alltagsferne , Amnesia, Archeologia, Archetipo, Archivio, Archivi della memoria, Ars oblivionis, Ars memorativa , Cadres sociaux, Canone, Censura, Dimenticanza, Ecologia della cultura, Gruppenbezogenheit, Lethe , Luoghi della memoria, Identità collettiva, Memoria colletiva, Mémoire involontaire , Mnemosyne , Mnemotopo, Nostalgia, Oblio, Rekonstruktivität , Reminescenza, Ricordo, Riflessività, Rimozione, Schriftlichkeit, Verbindlichkeit. http://www.asf-ev.de/zeichen/00/1 http://www.uni-giessen.de/erinnerungskulturen/index.htm http://www.unikonstanz.de/FuF/Philo/Geschichte/Tutorium/Themenkomplexe/Grundlag en/Forschungsrichtungen/forschungsrichtungen.html Agazzi, E., 2003, “Letteratura e memoria. Raccontare la Storia in letteratura”, in A. Locatelli, a cura, La conoscenza della letteratura, vol. 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