Forma locale della legge di Gauss (Appunti del Prof. Filippo Esposito) L'espressione ricavata della legge di Gauss è di tipo “non locale” perché mette in relazione i valori del campo elettrico in certi punti dello spazio (quelli di una superficie chiusa) con le cariche che risiedono in altri punti dello spazio (quelli della regione delimitata dalla superficie). Una legge di tipo “locale” deve invece mettere in relazione il campo elettrico in un punto P (o qualche grandezza derivabile da esso) con la carica elettrica (o qualche grandezza derivabile da questa) nello stesso punto dello spazio. L'idea per ricavare una espressione locale della legge di Gauss è essenzialmente quella di scegliere una superficie gaussiana che contiene il punto P e di studiare il limite sia del flusso di E che della carica contenuta nella superficie quando le dimensioni della superficie stessa tendono a zero (in termini più intuitivi diciamo che la superficie si contrae nel punto P). Consideriamo il caso in cui non vi sono cariche concentrate: la distribuzione di carica nelle adiacenze di P viene quindi descritta da una densità di carica per unità di volume, ρ. Si noti che questa ipotesi include anche il caso delle regioni prive di cariche (ρ = 0). Nella Figura 1 le linee sottili sono linee di flusso del campo elettrico, la curva chiusa S rappresenta la Fig.1 superficie gaussiana che contiene P e V è il volume della regione delimitata dalla superficie S. Per V abbastanza piccolo, la carica racchiusa dalla superficie S è data con buona approssimazione dal prodotto della densità di carica in P moltiplicata per il volume V. Per la legge di Gauss si ha quindi: E ⋅ dS ≈ S ρ ( P )∆V . ε0 Dividendo per V risulta: E ⋅ dS S ∆V ≈ ρ ( P) , ε0 (1) e l'eguaglianza risulta tanto meglio verificata quanto più piccola è la superficie che circonda P e cioè quanto più piccolo è V. Si può allora scrivere simbolicamente: E ⋅ dS lim ∆V → 0 S ∆V = ρ ( P) . ε0 (2) Il secondo membro di questa equazione è evidentemente una quantità locale e quindi anche il primo membro deve esserlo: d’altronde è plausibile che, almeno per superfici decentemente regolari, il limite a primo membro della (2) dipenda solo dal punto P e non dalla forma della superficie S. Questo limite prende il nome di divergenza del vettore E e si indica con il simbolo div E ; si pone cioè per definizione: E ⋅ dS div E = lim S . ∆V ∆V →0 (3) Il significato intuitivo di questa definizione è piuttosto trasparente: la divergenza di un vettore1 rappresenta una misura del flusso del vettore che “sgorga” dal punto P. In particolare, nel caso del campo di velocità di un fluido, la divergenza misura la quantità di fluido che viene fuori (per unità di tempo e per unità di volume) da P. Dal punto di vista matematico la definizione di divergenza sembra implicare un calcolo piuttosto complicato, ma in realtà, rappresentando il campo vettoriale mediante le componenti rispetto a un sistema di coordinate, si ottengono espressioni piuttosto semplici. Supponiamo per esempio che E sia Fig. 2 dato attraverso le componenti (Ex, Ey, Ez) rispetto a tre assi cartesiani. Prendiamo come superficie gaussiana un parallelepipedo di spigoli x, y, z, come mostrato in Figura 2. In figura sono ombreggiate le facce perpendicolari all'asse x̂ . Osserviamo che le normali a queste facce sono una concorde e l'altra discorde con il verso dell'asse x̂ . Di conseguenza E ⋅ dS vale E x dS su una faccia e − E x dS sull'altra. Calcolando il campo al centro di ciascuna faccia e tenendo conto che dS = y z, il flusso uscente dalle facce considerate si esprime allora come: Ex (x + ∆x ∆x , y, z) − E x ( x − , y, z ) ∆x∆y . 2 2 Un attimo di riflessione porta subito a concludere che i flussi uscenti dalle altre due coppie di facce, perpendicolari agli assi ŷ e ẑ , ammettono delle espressioni identiche a parte lo scambio di ruoli tra le variabili x, y e z. Poiché il volume del parallelepipedo è x y z si ha: 1 Naturalmente la definizione (3) non si applica solo al campo elettrico ma a qualsiasi campo vettoriale. ∆x ∆x Ex (x + , y, z ) − E x ( x − , y, z ) 2 2 + ∆x div E = lim ∆x , ∆y , ∆z →0 ∆y ∆y , z ) − E y ( x, y − , z) E y ( x, y + 2 2 + ∆y ∆z ∆z E z ( x, y , z + ) − E z ( x, y , z − ) 2 2 ∆z Ricordando la definizione di derivata parziale, il limite si calcola immediatamente e si ottiene in definitiva: div E = ∂E x ∂E y ∂E z + + . ∂x ∂y ∂z (3) Questa espressione della divergenza in coordinate cartesiane induce a introdurre un operatore di derivata vettoriale ∇ definito come: ∂ ∂ ∂ , ∇= , , ∂x ∂y ∂z (4) mediante il quale la divergenza si può indicare simbolicamente come un prodotto scalare: div E = ∇ ⋅ E . Questa notazione, molto usata in letteratura, ha il merito di rendere evidente che la divergenza di un vettore è uno scalare che si esprime per mezzo delle derivate delle componenti del vettore. Anche se la divergenza di un vettore si può esprimere mediante le derivate delle componenti in un sistema di coordinate, essa va pensata come un flusso per unità di volume, del tutto indipendentemente dalla scelta di un sistema di coordinate. Ovviamente per calcolare la divergenza, la (3) è assai utile, ma bisogna sempre tener presente che è applicabile solo quando si conoscano le espressioni delle tre componenti cartesiane del campo. Se il campo, per la simmetria del particolare problema, è espresso più comodamente in altri sistemi di coordinate (ad esempio, in coordinate cilindriche o sferiche), la (4) va sostituita con altre espressioni: coordinate cilindriche (r, ,z): div E = 1 ∂ ∂ 1 ∂ (rE r ) + E z + Eϕ ; r ∂r ∂z r ∂ϕ coordinate sferiche (r, , ): div E = 1 ∂ 2 1 ∂ 1 ∂ (r Er ) + (sin ϑ Eϑ ) + Eϕ . 2 r sin ϑ ∂ϑ r sin ϑ ∂ϕ r ∂r La dimostrazione di queste formule, che si può ottenere con un procedimento del tutto simile a quello esposto per le coordinate cartesiane, non è di particolare interesse nel nostro contesto e verrà omessa. In conclusione, la legge di Gauss, in tutti i punti in cui il campo elettrico è regolare, dà luogo alla seguente relazione locale tra il campo e la carica: div E = ρ . ε0 Questa equazione costituisce la relazione fondamentale tra campo elettrico e carica elettrica e rappresenta il primo passo nella eliminazione dell'azione a distanza nella descrizione delle interazione tra cariche. Il teorema della divergenza La nozione di divergenza interviene in un’importante identità matematica, nota come teorema della divergenza o teorema di Gauss, che avremo occasione di utilizzare in seguito: se V è la regione dello spazio delimitata dalla superficie S, risulta: E ⋅ dS ≡ div E dv . S (5) V La dimostrazione è semplice: l'integrale di volume a secondo membro è la somma dei contributi calcolati per una arbitraria suddivisione in celle “piccole” della regione V. Per definizione di divergenza, il contributo della generica cella vk è uguale alla somma dei flussi uscenti dai setti che sepa-rano la cella k-esima da quelle adiacenti (nella figura schematica in due dimensioni sono mostrate quattro normali uscenti) o da elementi di S (vedi la cella i-esima di frontiera); nella somma su tutte le celle ogni setto di separazione compare due volte con versi opposti e pertanto restano solo i contributi al flusso degli elementi superficiali che costituiscono appunto il flusso uscente da S. Esprimendo la carica totale contenuta in un volume V come integrale della densità di carica ρ ( Qint = ρ dv ) e sfruttando il teorema della divergenza (5), si ottiene immediatamente: V div E = ρ . ε0