“COME USARE MALE LA FARMACOVIGILANZA” Sono le 11 del mattino di un mercoledì qualunque. Sono nel mio ambulatorio di Medicina Generale dalle ore 8 e 30 ed ho già visto una quindicina di persone, ma altrettante aspettano fuori. Mi telefona mia nipote da Aosta: è in ospedale da stamani alle 7 con la bambina di 5 anni, che ha iniziato a vomitare dall’ora di cena ed ha vomitato ininterrottamente per tutta la notte (a suo dire circa 30 volte), fino ad avere vomito ematico … Lei, il marito e i due bambini, di 5 e 3 anni, sono ad Aosta per una “settimana bianca” che si sono concessi a prezzi modici per staccare un po’ da un quotidiano che si era fatto pesante per loro negli ultimi tempi…. In Ospedale le hanno spiegato che non possono fare molto se non reidratare la bambina (ma, allo stato, non lo ritengono neppure necessario), dal momento che farmaci come la metoclopramide e il domperidone sono sconsigliati al di sotto dei 12 anni per il rischio di gravi effetti collaterali. Mia nipote mi interroga, sapendo della mia “passione” per la Farmacovigilanza ed insiste:”Ma zia, ci hai cresciuto a botta di fiale di Plasil e non ci è mai successo nulla!” Ha ragione, ma non so cosa dire. Non posso neppure negare le evidenze… La storia continuerà… la bambina vomiterà ancora dieci volte e dopo una piccola flebo la dimetteranno. Continuerà a vomitare lungo la strada di montagna e sull’aereo e tornerà a casa con tre chili di meno ed in uno stato di semi collasso … Mentre parlo con lei al telefono entra la signora Luisa, ottantanni splendidi e in ottima forma, nonostante quella frattura vertebrale che due anni fa la costrinse a letto per qualche mese. E’ furibonda! Dice che il dentista non vuole tirarle un dente marcio che la tiene sveglia dal dolore, neanche dopo gli antibiotici, perché ha saputo che da due anni assume bifosfonati per os e non si è rassicurato neppure della rx grafia mandibolare che gli ha portato in visione … Sono avvilita! Ormai i dentisti sono la mia rovina! Non curano neppure una carie senza antibiotici, neppure se gli mandi plichi di evidenze contrarie, se prendi l’aspirinetta te la fanno sospendere sette giorni prima di tirarti un dente, ed ora hanno imparato anche l’osteonecrosi mascellare! Prendo tempo per elaborare il da farsi, ma squilla di nuovo il telefono :“Dottoressa, mi scusi, ma qui non vogliono più farmi la Tac con il mezzo di contrasto, perché ho detto loro che sono “allergica” alla cipolla, che non digerisco proprio e dicono che avrei dovuto fare la preparazione antiallergica!”… (il famoso cocktail antistaminici-ranitidina-cortisone, la cui evidenza è molto molto dubbia, e i farmaci quasi tutti a carico intero del paziente, per non parlare dei loro possibili effetti collaterali!) Sono alla frutta. Impotente, rischio di affogare in un mare di imprecisioni, timori, paure, che non mi riguardano, ma che pur non riesco ad arginare. E allora mi fermo. Devo riflettere. Ho amato ed amo la Farmacovigilanza, perché credo che sia un compito importante del medico sorvegliare ogni regime terapeutico, seguire nel tempo i farmaci nuovi immessi in commercio; perché credo che nella medicina di realtà vengono ad essere sperimentati in maniera diversa da quella usata nei trias; perché credo che si debbano valutare continuamente rischi e benefici di ogni terapia, soprattutto nella polifarmacia di molti anziani, nella insufficienza renale e in quella epatica; perché sono convinta che conosciamo ancora poco delle interazioni farmacologiche;ma poi, quando mi accorgo che anche la Farmacovigilanza viene strumentalizzata per scoop giornalistici o, peggio, per “screditare” i farmaci e ottenere risparmio o, ancor peggio, per la paura di fare danno sì, ma soprattutto di pagarne le conseguenze, allora soffro e mi chiedo: “Perché far vomitare una bambina di 5 anni 45 volte senza provare neppure a somministrarle uno dei nuovi farmaci antivomito o basse dosi di quelli incriminati? Di contro, perché far eseguire indiscriminatamente una premedicazione di dubbia efficacia a chiunque senza valutare di questa rischi e benefici? Perché rifiutare le cure odontoiatriche ad un anziano che soffre per un presunto effetto collaterale?” …. “E’ mai possibile che sia rimasta io l’unica a prendermi una responsabilità? E a quale prezzo? E’ mai possibile che la Medicina oggi sia finita così miseramente ad affogare in una Difensiva che annulla la Responsabilità?” Allora mi chiedo dove si possa trovare una via per non soccombere… ma brancolo nel buio… anche il paziente spesso è contro di me… Patrizia Iaccarino (Un misero medico di medicina generale che più sa, più naviga contro corrente, più si sente costretta a vivere solitudine e isolamento) Reazioni avverse a farmaci antiemetici nei bambini, particolare a domperidone e metoclopramide. AIFA novembre 2007 in 28 Il Gruppo di esperti sui farmaci pediatrici dell’AIFA ha effettuato una revisione dei dati di efficacia e sicurezza dei farmaci antivomito nei bambini, al fine di fornire raccomandazioni per la pratica clinica. Il vomito è un evento comune in età pediatrica determinato da molte condizioni, le più frequenti delle quali, la gastroenterite acuta e il reflusso gastroesofageo fisiologico, non richiedono necessariamente un trattamento farmacologico. Ciononostante i farmaci contro il vomito sono largamente prescritti dai pediatri italiani. Attraverso la Rete Nazionale di Farmacovigilanza sono pervenute diverse segnalazioni di reazioni avverse a farmaci antiemetici nei bambini, in particolare a domperidone e metoclopramide. Lo scopo di questa revisione è stato quello di analizzare le cause del vomito nei bambini e le terapie farmacologiche utilizzate. Sono state valutate le evidenze di efficacia e sicurezza presenti in letteratura per i farmaci utilizzati nel trattamento della gastroenterite acuta e del reflusso gastroesofageo al fine di fornire raccomandazioni per la pratica clinica. Le evidenze riguardo l’efficacia della metoclopramide e domperidone nella terapia del vomito da gastroenterite e reflusso gastroesofageo nei bambini sono poche e scarsamente documentate da clinical trials, mentre il rischio di reazioni avverse ai farmaci antivomito è conosciuto e ben documentato. I pediatri dovrebbero valutare attentamente il profilo rischio-beneficio in ciascun paziente prima dell’inizio della terapia con farmaci antiemetici, in modo tale da evitare ai bambini esposizioni a farmaci non necessarie. Link: AIFA BIF Metoclopramide: sintomi extrapiramidali nei bambini Metoclopramide: aumento del rischio di effetti avversi neurologici come conseguenza di un sovradosaggio nel bambino. (Comunicato Stampa Afssaps e Dear Doctor Letter 16 luglio 2007) Organizzazione Mondiale della Sanità. Metoclopramide nei bambini e sintomi extrapiramidali. Segnalazioni di reazioni avverse a Peridon supposte nei bambini. AIFA 11 settembre 2007 FDA raccomanda di non utilizzare il domperidone per aumentare la produzione del latte (7 giugno 2004) CADRN. Perché segnalare le reazioni avverse nei bambini? Mandibola a rischio per chi usa i bifosfonati? Fonte Bilezikian JP. N Engl J Med 2006; 355: 2278 Woo SB et al. Ann Intern Med 2006; 144: 753 Osteonecrosi mandibolare, così si chiama la malattia che da alcuni anni è stata osservata da medici odontoiatri e medici oncologi soprattutto in persone ammalate di tumore che assumono alte dosi di bifosfonati per lungo periodo. L’osteonecrosi è una condizione clinica grave che si verifica a carico di una zona ossea per la mancata diffusione di sangue nell’area interessata. Nel caso della mandibola, può svilupparsi spontaneamente o in seguito a procedure chirurgiche invasive, soprattutto piccoli interventi di chirurgia maxillo facciale, quali gli impianti dentali, oppure estrazioni dentali. Il risultato è un’esposizione e un’erosione dell’osso, con conseguente danneggiamento dei tessuti vicini e dei bordi della lingua, su cui possono comparire ulcere molto dolorose. Se le zone vicine sono infiammate o malate, c’è il rischio che il processo di infiammazione e degenerativo si estenda a queste aree causando una mobilità dei denti che può rendere necessarie altre estrazioni. Fino ad oggi l’associazione tra questa malattia e l’assunzione dei bifosfonati è stata osservata soprattutto per alcuni prodotti di nuova generazione di questa classe di farmaci, in particolare pamidronato e acido zoledronico, in persone ammalate di tumore del seno o di mieloma multiplo che li assumono per via endovenosa in quantità elevate e per lunghi periodi, per combattere le metastasi ossee. «I pazienti osservati che hanno sviluppato osteonecrosi mandibolare hanno assunto questi tipi di farmaci per endovena per un periodo che va da un anno e mezzo ai tre anni», chiarisce John Bilezikian, medico farmacologo, dalle pagine del New England Journal of Medicine (Bilezikian 2006). Se questo effetto collaterale è oggi riconosciuto per i farmaci sopra indicati usati in alcuni tipi di tumore e con modalità di somministrazione per iniezione, l’allarme nasce – soprattutto da parte di alcuni medici odontoiatri – a seguito di alcune segnalazioni di osteonecrosi mandibolare in donne che usano questi farmaci per via orale e in dosi molto minori, per prevenire l’osteoporosi. Quanto la situazione sia a rischio viene chiarito da una revisione di casi pubblicata nel 2006 sulla rivista scientifica Annals of internal medicine, dove è specificato che su 368 casi di osteonecrosi mandibolare associati all’assunzione di bifosfonati, il 4 per cento riguardava donne che assumevano tali farmaci per via orale per il trattamento dell’osteoporosi (Woo 2006). Questo significa che, su milioni di donne che assumono bifosfonati per via orale, finora l’incidenza osservata di questa malattia è davvero molto bassa. «Si può ragionevolmente stimare», dichiara Bilezikian, «che il numero di nuovi casi di osteonecrosi mandibolare in donne che assumono bifosfonati per il trattamento dell’osteoporosi sia 1 su 100.000 pazienti/anno» (Bilezikian 2006), una stima statistica che quantifica il rischio di incorrere in una malattia di un certo numero di persone esposte a un fattore di rischio per un determinato periodo di tempo. Si può dire cioè che, su 10.000 donne che assumono tali farmaci per 10 anni (10.000 paz x 10 anni = 100.000 paz/anno), una sola si ammala di osteonecrosi mandibolare. E’ un rischio molto basso dunque, che va comunque tenuto sotto osservazione, così come vanno raccolti dati su tutti i casi di osteonecrosi mandibolare associati all’assunzione di bifosfonati. La necessità di approfondire lo studio di questo legame è ribadita da Bilezikian: «In mancanza di dati completi, è importante che questo rischio venga indagato attraverso studi di coorte con rigorosi criteri di accertamento dei casi di osteonecrosi, così come è necessaria una documentazione puntuale dei fattori di rischio di questa malattia», (Bilezikian 2006) tra cui si possono comprendere malattie dentali, interventi chirurgici, estrazione di denti, traumi al cavo orale, infiammazione dei tessuti che circondano il dente, scarsa igiene orale. Si apre uno spazio di ricerca per studi che siano indipendenti dalle industrie produttrici dei farmaci in questione, per raccogliere dati che permettano di definire in modo più preciso e completo il profilo rischi-benefici dei bifosfonati. Potrà fornire dati interessanti in questa direzione lo studio di coorte retrospettivo appena approvato dall’Agenzia italiana per il farmaco nell’ambito dei bandi di ricerca indipendente del 2006. Si tratta di uno studio sulla valutazione del profilo rischi-benefici dell’uso di bifosfonati nella prevenzione secondaria delle fratture legate all’osteoporosi, che potrà aiutare a completare il quadro sull’uso di tali farmaci per questa condizione. Date le informazioni disponibili finora comunque, le considerazioni che si possono trarre si differenziano tra le persone ammalate di tumore che utilizzano bifosfonati contro le metastasi ossee e le donne che li assumono per disturbi legati all’osteoporosi. Per i primi, si può affermare che i benefici documentati dell’uso dei bifosfonati per le indicazioni stabilite superino i rischi dovuti all’osteonecrosi mandibolare; in ogni caso i pazienti vanno informati dal medico che prescrive il farmaco dei rischi a cui vanno incontro. Da parte loro i pazienti sottoposti a terapie oncologiche devono avvisare il proprio dentista del fatto che assumono bifosfonati, in modo che le loro cure dentali siano rese il più possibile sicure. Per quanto riguarda le donne che assumono bifosfonati per l’osteoporosi, i dati disponibili a oggi non sono sufficienti per consigliare la sospensione del trattamento. Resta il fatto che le donne vanno informate dal medico di questo rischio, seppur minimo, e che da parte loro le donne devono far sapere al dentista che utilizzano questi farmaci e devono curare con attenzione la propria igiene orale. In ogni caso, quando non si hanno dati sufficienti per definire il rapporto tra rischi e benefici di un intervento o di un farmaco, vanno limitati al minimo necessario i casi in cui si ricorre a tale intervento o farmaco, e vanno preferite le alternative disponibili, meno invasive e traumatiche o con meno rischi. Il paziente da parte sua deve segnalare al proprio medico quando un farmaco non dia gli effetti desiderati e soprattutto ogni eventuale effetto non desiderato che si verifica, in modo che il medico metta in atto il sistema di sorveglianza previsto per legge. Che prevede che il medico comunichi gli effetti avversi del farmaco alla Azienda sanitaria locale o all’Azienda ospedaliera di riferimento, che a sua volta li comunica alla Regione e al Ministero della sanità, il quale provvede a darne comunicazione alla Agenzia europea per la valutazione dei medicinali (EMEA), alla Organizzazione mondiale della sanità (OMS) e alle aziende farmaceutiche interessate. Per approfondire Le note AIFA 2006-2007 per l’uso appropriato dei farmaci Si vedano la nota 42 a pagina 40, e la nota 79 a pagina 64.