Indice di rifrazione di alcune sostanze

Principi di funzionamento dei metodi ottici
I metodi ottici permettono il rilevamento delle variazioni di densità che avvengono in una
massa fluida, a seguito di variazioni di temperatura, e/o di velocità, e/o di composizione.
Il principio su cui questi metodi si basano è che la variazione della densità  del mezzo
fluido produce una variazione dell'indice di rifrazione n che a sua volta influenza la
traiettoria (rifrazione) e la fase dei raggi luminosi che attraversano il fluido.
Opportuni apparati ottici trasformano l'effetto risultante in variazioni di intensità luminosa
su uno schermo, o su un sistema di ripresa foto, o video.
L'indice di rifrazione di una sostanza trasparente, che è il rapporto tra velocità della luce
nel vuoto e velocità della luce nella sostanza stessa, è correlato alla densità della sostanza
dall'equazione di Lorenz‐Lorentz:
n2  1
 R  
n2  2
dove R() è, per ogni sostanza, una funzione della lunghezza d'onda l della luce incidente.
L’equazione precedente deriva dall’equazione di Clausius‐Mosotti.
n
co
c
Indice di rifrazione di alcune sostanze
SOSTANZA
INDICE DI RIFRAZIONE
(Linea D del sodio)
Quarzo
1.45843
Gelatina
1.516÷1.534
Balsamo del Canada
1.53
Vetro Crown
1.517
Vetro Flint
1.575÷1.89
Acqua (15°C)
1.33377
Aria
(0°C, 760mmHg)
1.0002926
Anidride carbonica
"
"
1.000448÷1.000454
Elio
"
"
1.00036
Azoto
"
"
1.000296÷1.000298
Vapore d'acqua
"
"
1.00249
Quando l'indice di rifrazione n ≈ 1, come nel caso dei gas, si può espandere in serie la
relazione precedente; arrestando la serie ai primi due termini, ottenendo la più semplice
relazione di Gladstone-Dale:
  
n  1  K    1 

s
dove K() ≈ 1.5R() e s è la densità alle condizioni standard (T = 0 °C, p = 760mmHg).
Costante di Gladstone-Dale K() per l'aria
Valori della costante per  = 589.3nm
GAS
*104
Aria
2.92
Anidride carbonica
4.51
Azoto
2.97
Elio
0.36
Ossigeno
2.71
Vapore d'acqua
2.54
n  1  K    1 
  

s
LUNGHEZZA D'ONDA
 nm
262.0
296.0
334.0
436.0
470.0
479.8
489.0
505.0
510.0
521.0
546.0
578.0
579.0
614.7
644.0
COSTANTE DI GLADSTONE-DALE
K*103 (m3/kg)
0.2426
0.2380
0.2348
0.2297
0.2287
0.2284
0.2281
0.2276
0.2276
0.2272
0.2269
0.2265
0.2263
0.2261
0.2258
T
Raggi luminosi
y
, n
c
 = p/RT
c = co/n
n = 1+ K 
y
y
x
P'
A

P
z
Si supponga che il fluido sia confinato in una regione A dello spazio, attraversata da un fascio di raggi paralleli
di luce monocromatica che si propagano lungo l'asse z.
In assenza di disturbi, un generico raggio del fascio, cioè se le proprietà del fluido sono uniformi nella regione
A, raggiunge lo schermo nel punto P al tempo t.
Se le proprietà del fluido non sono uniformi, la traiettoria del raggio devia dalla linea retta per la rifrazione e il
raggio raggiunge lo schermo nel punto P‘, avendo subito la deflessione .
Poiché una variazione di densità è legata ad una variazione di indice di rifrazione, e quindi di velocità di
propagazione della luce nel mezzo, i vari raggi arriveranno sullo schermo in tempi (fasi) diversi (t + t) da P.
Opportuni sistemi ottici permettono di evidenziare separatamente lo spostamento PP' (metodo delle ombre)
o la deflessione  (metodo schlieren), o il ritardo di fase t (metodi interferometrici) mediante variazioni
 2  x 2 e  2  y 2
della luminosità nell'immagine.
 x e  y
Si mostrerà che:
‐ il metodo delle ombre è sensibile ai gradienti dei gradienti della densità
‐ il metodo schlieren e il metodo interferometrico differenziale ai valori dei gradienti di densità
‐ l'interferometria a fasci separati misura la differenza  tra la densità locale ed una densità di riferimento.
E' evidente da quanto detto che un interferogramma ottenuto con un interferometro a fasci separati si presta
ad una analisi quantitativa del campo di densità molto meglio di una immagine ottenuta con il metodo delle
ombre che richiede una doppia integrazione con conseguenti errori di approssimazione.
Deviazione di un fascio luminoso in presenza di un gradiente costante di indice di rifrazione
Si supponga che un fascio luminoso, si propaghi in direzione z e
incontri un campo ove c’è gradiente di indice di rifrazione n/x>0.
Indicando con n l'indice di rifrazione nel punto 0, nei punti A e B
del fascio, che distano di ±x dall'origine degli assi, l'indice di
rifrazione assume rispettivamente i valori:
nA  n 
n
x
x
nB  n 
n
x
x
Poiché esiste un rapporto di proporzionalità inversa tra indice di
rifrazione del mezzo e velocità della luce c in esso, si ha:
n
n  x
c A nB
x  1



cB n A n  n x
x
Il fascio luminoso devia, quindi, verso l'asse positivo delle x (verso l’alto, n/x>0).
Dopo un tempo dt, il fronte d'onda AB si trova in A'B' ruotato dell'angolo x rispetto all'asse x.
n
n  x
c A nB
x  1



cB n A n  n x
I raggi per A e B percorrono nel tempo t le distanze sA e sB
x
proporzionali alle velocità cA e cB.
Indicando con R il raggio di curvatura del raggio luminoso che
passa per l'origine degli assi, si ottiene:
n
s A c A n  x x R  x



sB cB n  n x R  x
x
da cui, trascurando infinitesimi di ordine superiore, si ricava:
1 1 n

R n x
 x 
s
R

1 n
 ln n
s 
s
n x
x
 y 
1 n
s
n y
che rappresentano le relazioni tra deviazione dei raggi luminosi e gradiente dell’indice di rifrazione n.
Le deviazioni totali che il fascio subisce attraversando una camera di prova di larghezza L (in direzione z) sono perciò, rispettivamente:
L
1 n
x  
dz

0 n x
L
e
1 n
 y 
dz

0 n y
in cui si è potuto sostituire s con z poiché, usualmente, le deviazioni sono infinitesime.
Shadowgraph
Se il campo di moto è attraversato da un fascio luminoso, l'immagine che si forma
spontaneamente su di uno schermo, posto perpendicolarmente all'asse di propagazione, si
dice ottenuta con il metodo delle ombre (shadowgraphy nella letteratura anglosassone).
Il nome deriva dal fatto che, in presenza di una piuma termica che sale da un oggetto caldo,
i raggi del sole che la attraversano e si proiettano su un muro mostrano delle ombre che si
muovono.
Se il fascio di luce è reso parallelo da una lente (collimato), si conservano le proporzioni
dell’ombra del modello e del campo di moto.
Le immagini prodotte portano con sé informazioni sullo spostamento dei raggi luminosi in
modo così implicito che è molto difficile, se non impossibile, ricavare tali spostamenti
dall'esame dell'immagine.
A valle della camera di prova si può anche inserire un’altra lente per far formare l’immagine
con dimensioni diverse (ad es., su un CCD).
Per comprendere il principio di funzionamento del metodo delle ombre è necessario considerare
in dettaglio il comportamento dell'indice di rifrazione all'interno del campo in esame.
Siano AB e CD i percorsi non disturbati di due raggi adiacenti.
Se esiste una variazione dell'indice di rifrazione i raggi sono deviati secondo le frecce:
Se il gradiente dell'indice di rifrazione n x è costante, se cioè  2 n x 2  0, i due raggi sono
ugualmente deviati rimanendo paralleli (a); l'illuminazione su uno schermo a valle della camera di
prova è uniforme.
Se  2 n  x 2  0 , i raggi deviati divergono (b) perché il raggio che parte da A incontra zone con
gradiente più forte di quello del raggio che parte da C; sullo schermo si genera pertanto una zona
meno illuminata.
2
2
Se, infine,  n x  0 i raggi convergono (c) e si ottiene sullo schermo una zona più luminosa.
Il metodo delle ombre viene perciò impiegato con successo per la visualizzazione di superfici di
discontinuità nell'indice di rifrazione (di densità) come le onde d'urto, o di strati con fortemente
variabili, gradienti di densità (strato limite termico, compressibile o incompressibile).
Si consideri ad es. il caso di un salto di densità in un'onda
d'urto a monte di una sfera in regime supersonico.
In figura sono riportati l'andamento del gradiente di densità
e del gradiente del gradiente di densità all'interno dell'onda,
vista con il suo spessore, di fatto, finito.
Nella parte anteriore dell'onda  2 n x 2  0 e quindi sullo
schermo si visualizza una riga più scura.
Nella parte posteriore  2 n x 2  0 e sullo schermo appare
una riga luminosa.
Pertanto, lo shadograph di un'onda d'urto appare sullo schermo come in figura, e cioè come una
successione di due bande luminose, la prima scura e la seconda chiara.
Si noti come l’onda d’urto sia simmetrica rispetto all’orizzontale.
Si può dimostrare che il contrasto luminoso C prodotto in ciascun punto di uno schermo
normale a z è dato approssimativamente da:
C x , y  
I  x , y 
I
L
  2
2 
   2  2  ln nx , y dz
0  x y 
Dove I è l'intensità luminosa, è l la distanza del disturbo dallo schermo.
La valutazione quantitativa della densità da questa relazione richiede una doppia
integrazione per poter passare dalla misura del contrasto (da effettuare con opportuni
sistemi capaci di misurare l'intensità luminosa, come fotosensori) alla densità.
Inoltre, la relazione diventa meno affidabile soprattutto nella descrizione dei fenomeni che
sono meglio visualizzati con il metodo delle ombre (cioè rapide discontinuità nel valore
dell'indice di rifrazione).
Infatti, grandi variazioni del gradiente di densità comportano, a partire da una certa
distanza dal fenomeno, una intersezione dei vari raggi che distrugge la corrispondenza
biunivoca tra punti del campo in esame e punti dell'immagine ottenuta sullo schermo, che
è alla base della relazione.
Il metodo delle ombre è molto semplice dal punto di vista dei componenti ottici necessari,
è utile per visualizzare fluidi nei quali sono presenti discontinuità nella densità, ma è un
metodo solo qualitativo in quanto il calcolo della distribuzione dell'indice di rifrazione è
molto difficile, se non impossibile.
Si può dire, in breve, che con questo metodo le piccole variazioni di n non sono
visualizzate, e le grandi variazioni di n non sono valutabili quantitativamente.
Metodo schlieren
Si classifica come schlieren ogni apparato che produce immagini nelle quali la luminosità
locale dipende dalle deviazioni che i raggi luminosi subiscono nell'attraversamento della
zona di prova.
A rigore di termini anche il metodo delle ombre è uno schlieren, ma nell'uso corrente si
attribuisce questo nome esclusivamente al metodo proposto da Toepler nel 1866.
In questo sistema:
• una prima lente produce un fascio di luce collimata che passa attraverso la camera di
prova;
• una seconda lente produce un'immagine della camera di prova su uno schermo (o in un
sistema foto, o video) e un'immagine della sorgente luminosa nel suo piano focale;
fino a questo punto il sistema è uguale a quello delle ombre;
• un coltello (knife edge o cut off) è posto nel fuoco, in modo da tagliare una frazione
dell'immagine della sorgente.
b
a
Per capire il funzionamento del sistema, bisogna considerare
che la sorgente luminosa è, comunque, di dimensioni finite, di
solito di forma rettangolare di 1mmx5÷10mm (figura in basso
a sinistra).
Ogni punto della sorgente produce un pennello di raggi paralleli
che attraversano tutta la camera di prova e si focalizza in punto.
Pertanto il fuoco è costituito dai punti focali di tutti i pennelli
che hanno attraversato tutta la camera di prova provenienti
dalla sorgente.
In assenza di disturbi, tagliando parte del fuoco con il coltello si
riduce perciò solo l'illuminazione dello schermo in proporzione
alla frazione di immagine della sorgente tagliata (b - a)/b, dove
b è l'altezza dell'immagine della sorgente luminosa ed a
l'altezza della parte di essa non intercettata dal coltello.
Di solito il coltello taglia a metà il fuoco (a = b/2).
D'altra parte, ogni raggio che attraversa la camera di prova è
somma dei raggi che provengono da tutti i punti della sorgente
ed è focalizzato in tutti i punti dell’immagine della sorgente.
Per questa ragione l'immagine della sorgente può essere
considerata come la sovrapposizione di tutte le immagini
prodotte da tutti i raggi passanti da ciascun punto del campo.
Con un gradiente di densità nella camera di prova, il raggio che
passa per quel punto è deviato, verso l’alto o verso il basso (a
seconda del verso del gradiente di densità) e la corrispondente
immagine della sorgente si muove di a rispetto al coltello.
Essa è quindi tagliata, o scoperta, rispetto alle altre immagini
della sorgente corrispondenti ai raggi non deviati.
Questo spostamento e il cambiamento di illuminazione del
corrispondente punto dello schermo sono proporzionali alla
deflessione angolare x. Supponendo x piccolo, dalla figura in
alto si ha:
a(x,y) = f2 tg x(x,y) f2 x(x,y)
Quando a(x,y)/a = 1 si raggiungono gli angoli di deviazione
massimi, xmax, oltre i quali non si producono ulteriori
variazioni di luminosità (saturazione dello Schlieren); in tal
caso, le immagini della sorgente deviate, o sono intercettate
completamente dal coltello. o non sono intercettate affatto.
Il contrasto nel punto (x,y) dell'immagine è dato, per le relazioni precedenti, da:
f   ln n  x , y 
 x , y 
C x , y  
dz  x

 2
a
a 0
 x max
x
I
La sensibilità s definita come la deflessione relativa, a(x,y)/a, ottenuta al coltello per deflessione
unitaria del raggio in camera di prova cresce al crescere della distanza focale della seconda lente:
I  x , y 
s
a  x , y 
L
a  x , y  a f 2 C  x , y 
1



x
a  x  x , y   x max
Per aumentare la sensibilità si può diminuire b = 2a ma ciò riduce la luminosità dell'immagine.
Inoltre, si può non desiderare una eccessiva sensibilità perché evidenzia anche piccoli gradienti,
eventualmente presenti nell'ambiente, introducendo quindi un rumore di fondo nell'immagine.
Si noti che il sistema Schlieren evidenzia solo la componente a(x,y) dello spostamento normale al
bordo del coltello.
Poiché questo spostamento è funzione del gradiente dell'indice di rifrazione in questa direzione, il
coltello deve essere orientato opportunamente a seconda del fenomeno che si vuole osservare
(onda d'urto normale, onda d'urto obliqua. strato limite ecc.).
Sebbene la configurazione con sorgente e coltello a bordi rettilinei sia quella comunemente usata,
a volte, per applicazioni particolari, si usano altre forme: per esempio possono essere usati una
sorgente circolare e un coltello anulare, se si richiede una sensibilità uniforme in tutte le direzioni.
Di solito sulle foto ottenute con il sistema Schlieren si indica il tipo e l'orientazione del coltello
adoperato onde rendere più agevole l'interpretazione dell'immagine
Fotografia schlieren di un profilo a diamante in una corrente a M = 1.6 e sua interpretazione.
Si noti come le onde d’urto e di espansione siano anti‐simmetriche rispetto all’orizzontale.
Poiché l'occhio è più sensibile ai cambiamenti di colore che a quelli di luminosità, è preferibile
ricorrere a configurazioni schlieren che permettono di ottenere immagini a colori in cui ogni
sfumatura cromatica corrisponde a un particolare gradiente di densità nel flusso.
Un modo facilmente realizzabile è quello di sostituire la lama del coltello con alcune strisce
parallele trasparenti e colorate, fatte di fogli di acetato di cellulosa, oppure di filtri di gelatina.
Si usano non più di tre colori, con la separazione dei colori parallela alla sorgente luminosa.
LaM
combinazione
rosso/giallo/blu dà il migliore contrasto: il campo indisturbato è di colore
=2
giallo, i gradienti che deviano i raggi in un verso generano zone rosse e quelli che li deviano
 =verso
24° opposto generano zone blu.
nel
Usando la relazione precedente, si potrebbero ottenere risultati quantitativi a partire da
fotografie Schlieren usando un fotodensitometro per l'esame del negativo fotografico, ovvero
facendo una scansione diretta dell’immagine con un fotomoltiplicatore.
In pratica, nascono notevoli difficoltà nell'accurata analisi fotometrica dell'immagine e si
presenta tra l'altro il già citato problema della saturazione.
Questo può essere evitato solo se si sostituisce al coltello un filtro graduale con varie grada‐
zioni di grigio attraverso il quale si fanno passare tutti i raggi che attraversano la zona focale.
Ancora una volta il filtro deve essere disposto in modo che la direzione della variazione di
grigio sia nella stessa direzione del gradiente di densità da misurare.
D
Per i grandi diametri (D > 100mm), le lenti sono di solito sostituite da specchi concavi.
Infatti, uno specchio è più facile da realizzare e meno costoso di una lente poiché:
• la qualità interna del vetro non è importante,
• è necessario lavorare solo una superficie invece che due,
• lo specchio, se ben argentato (alluminato), assorbe meno luce di una lente,
• è eliminata l'aberrazione cromatica.
Poiché sorgente e coltello vanno posti fuori dell'asse ottico, lo specchio dovrebbe avere la forma di
un paraboloide disassato (off axis).
Produrre questi specchi è molto costoso, per cui si usano specchi sferici non disassati.
Ciò si può fare se il rapporto tra distanza focale/diametro dello specchio è superiore a 10.
Per diminuire le aberrazioni che si hanno con specchi sferici , gli angoli  e  devono essere piccoli e
di segno opposto, così che sorgente e coltello sono su lati opposti rispetto all'asse di vista.
Occorre porre il tutto in modo che l'astigmatismo distorca l'immagine solo parallelamente al bordo
del coltello, che si può ottenere con sorgente, coltello e assi ottici del sistema nello stesso piano.
Per evitare doppia riflessione, non si usano specchi argentati dietro come quelli per uso domestico.
La superficie riflettente, esposta all’aria, è di solito ricoperta di alluminio, preferito all'argento
perché a differenza di questo produce un ossido (Al2O3) trasparente.
Interferometria
L'interferometria è basata sul confronto tra i cammini ottici di due raggi luminosi che passano
attraverso un campo di prova nel quale l'indice di rifrazione non è costante.
Il cammino ottico percorso da un raggio luminoso è definito come l'integrale curvilineo:
   n x , y , z ds
ove ds è un elemento della traiettoria ed n(x,y,z) è l'indice di rifrazione nel campo di prova.
(Si noti che, nel vuoto, il cammino ottico coincide con il cammino geometrico poiché n = 1).
Coppie di raggi luminosi con cammini ottici  e    possono interferire.
In particolare, si ha interferenza negativa (un punto oscuro) se la differenza di cammino ottico tra
i due raggi è uguale a un numero dispari di semilunghezze d'onda:

[N = 0, 1, 2......]
  2 N  1
2
Ovvero, interferenza positiva (punto nel quale la luminosità è massima, pari a 4 volte la
luminosità dei singoli raggi), se la differenza di cammino ottico è uguale ad un numero pari di
semilunghezze d'onda, ovvero ad un numero intero di lunghezze d'onda:
  2 N

  N
2
Nell'immagine della camera di prova si forma una configurazione di strisce, illuminate o non, che
sono dette frange di interferenza.
Ciò si ha solo se i due fasci che interferiscono sono generati da sorgenti coerenti (cioè sorgenti che
emettono onde luminose con ugual lunghezza d'onda e con differenza di fase costante).
Poiché non è possibile costruire due sorgenti distinte coerenti tra loro, in genere si usa una
sorgente singola e si sdoppia il fascio in due fasci, che si fanno successivamente ricombinare.
Restringendo il discorso all'interferometria a due
fasci, allo scopo di introdurre una classificazione dei
vari sistemi si può procedere nel seguente modo.
Si può supporre che tutti i raggi luminosi siano
rettilinei e paralleli all'asse z, che le coppie di raggi
coniugati (interferenti) giacciano nel piano x z e che
nel campo di prova siano separati dalla distanza d.
Se le coordinate di ingresso dei due raggi nel campo di prova sono indicate con 1 e 2 e quelle di
uscita con ς1 e ς2 , la differenza nei cammini ottici dei due raggi  è data da:
1
2
  
  
d
d


   n x  , y , z dz   n x  , y , z dz
2
2


 2  
1  
Sfortunatamente questa relazione non permette di determinare n(x) dalla misura di  poiché
contiene due incognite, cioè la distribuzione dell'indice di rifrazione lungo due traiettorie.
Tutti i sistemi ottici usati per l'interferometria permettono di ridurre le incognite ad una sola.
Si possono individuare due tipi di dispositivi diversi a seconda della distanza d tra i due raggi e si
classificheranno pertanto gli interferometri ottici come interferometri a fasci separati, o come
interferometri differenziali.
D’ora in poi, si indichi con D il diametro del campo di prova.
Quando d/D > 1, uno dei due raggi luminosi di ciascuna coppia di raggi coniugati passa all'esterno
del campo di prova, usualmente attraverso un mezzo con un indice di rifrazione costante n = n0.
Questi raggi costituiscono un fascio di riferimento che si fa interferire con il fascio di prova.
La differenza di cammino ottico in questo caso è:
   n  x , y , z   n0 dz
L
0
dove L al solito è la dimensione della camera di prova nella direzione z.
Questi interferometri, detti a fasci separati, sono quindi sensibili alle variazioni assolute di indice
di rifrazione o di densità. Lo strumento tipico di questa classe è l'interferometro di Mach‐Zehnder.
Gli interferometri differenziali sono invece caratterizzati da un rapporto tra separazione dei raggi e
diametro del campo di prova molto piccolo, d/D << 1.
In pratica, i due raggi coniugati passano entrambi nel campo di prova separati da una distanza
piccola d. Questi interferometri sono anche chiamati interferometri schlieren perché l'apparato
ottico è molto simile a quello schlieren.
Sviluppando la relazione precedente in serie di Taylor e arrestandosi ai termini lineari, il che è lecito
L
poiché d è una grandezza piccola, si ha:
 n
  d 
0 x
dz
Sono stati realizzati numerosi interferometri differenziali,
alcuni dei quali funzionano solo con un laser.
Il sistema più comunemente utilizzato è l'interferometro
a prisma di Wollaston.
Molti sono i vantaggi che gli interferometri differenziali offrono rispetto agli interferometri a
fasci separati:
• l'uso di un interferometro a fasci separati diventa impraticabile tutte le volte che la
differenza di cammino ottico tra i due fasci è elevata (ad es., presenza di spesse finestre di
cristallo in uno solo dei due percorsi, come le finestre di accesso ottico nei tunnel del vento);
• negli interferometri differenziali, entrambi i raggi che interferiscono passano nella camera di
prova separati da una piccola distanza d per cui essi risentono in eguale misura di eventuali
vibrazioni;
• gli interferometri differenziali non richiedono gli elaborati aggiustamenti e le sofisticate
procedure di allineamento, necessari in un interferometro a fasci separati;
• negli interferometri differenziali, il campo di osservazione disponibile è molto ampio in
quanto gli specchi adoperati, sono gli stessi degli apparati schlieren;
si raggiungono facilmente dimensioni di 50cm di diametro, con costi decisamente inferiori a
quelli dei componenti ottici dell'interferometro Mach‐Zehnder, che necessariamente devono
essere di qualità molto elevata;
• il costo di un interferometro differenziale risulta estremamente basso perché si possono
utilizzare i componenti ottici degli apparati schlieren, già usualmente presenti in molti
laboratori di fluidodinamica.
Interferometro di Mach‐Zehnder ideale
Il principale vantaggio di questo tipo di interferometro è dato
dal fatto che i due cammini ottici possono essere separati a
piacere così che si possono condurre prove anche su oggetti
molto grandi, come le camere di prova delle gallerie del vento.
Il fascio di raggi paralleli provenienti dalla sorgente LS è diviso in
due fasci dallo specchio (o un doppio prisma) semiriflettente
(beam splitter) BS1, rivestito in TiO2 che riflette circa il 35% della
luce incidente, posto a 45° rispetto all'asse ottico.
Dopo la riflessione sui due specchi totali M1 ed M2, rivestiti in
alluminio, i due fasci sono ricombinati a valle dello specchio
semiriflettente BS2, sia verso l'alto che verso destra.
Poiché le frange di interferenza si generano dopo lo specchio semiriflettente BS2 mentre la camera
di prova (working section, WS) si trova tra M1 e BS2 (ma può stare in qualsiasi lato del rettangolo), si
pone un problema di focalizzazione contemporanea di due oggetti posti a distanze diverse.
Allo scopo, si inserisce a valle di BS2 una lente L2 che produce un'immagine virtuale delle frange al
centro della camera di prova G.
Per avere regolazione fine di messa a fuoco, il semiriflettente BS2 ha un grado di libertà traslatorio.
Se le quattro lastre sono esattamente parallele tra loro, in condizioni indisturbate le onde arrivano in
BS2 perfettamente in fase tra loro, sicchè l'intensità della luce sullo schermo è uniforme.
Il metodo è detto delle frange di larghezza infinita, o delle frange infinite, o delle frange inesistenti.
Interferogramma ottenuto
senza frange preesistenti
Se nel campo di vista si introduce un disturbo, il
cambiamento di fase che si instaura produce frange di
interferenza che sono luoghi di punti a densità costante
(vedi figura).
Tra due frange contigue, c’è una differenza di densità
costante.
Queste frange non esistono in assenza di disturbo e l’illu‐
minazione sullo schermo risulta costante.
La differenza di cammino ottico tra due frange consecutive
è uguale in valore assoluto alla lunghezza d’onda.
Il numero di frange che si generano, rappresenta quindi la
risoluzione che si può ottenere nell'individuare la
distribuzione di densità nel campo.
Esso dipende dall'entità delle variazioni di densità nel
campo di prova e quindi non può essere controllato
dall'operatore.
Se si vuole aumentare la risoluzione della misura, si può disporre
l’interferometro in modo da generare frange uniformi e parallele in
assenza di disturbi (metodo delle frange finite).
Ciò si può ottenere facendo ruotare il semiriflettente BS2 di un
piccolo angolo , intorno ad un asse normale al piano della figura.
In tal modo, si genera una differenza di cammino ottico puramente
geometrica tra la coppia di raggi coniugati che si incontrano nel punto
P data da:
1 
 1

  2b tan   2b
 sen 2 tan 2 
  OP  OC  2b
che è la stessa per tutti i punti appartenenti alla normale al piano in P.
Si producono perciò frange rettilinee parallele all'asse di rotazione del semiriflettente, come si è visto
per l’anemometro laser Doppler a fasci incrociati.
Nel punto O, se l’angolo 2 è piccolo, su tutta la sua bisettrice si incontrano raggi con lo stesso
cammino ottico e quindi nel punto O’ si colloca la frangia di ordine 0.
Supponendo che tra O’ e P si formino N frange luminose si può scrivere che in P:
   N  2 b
pertanto la distanza tra due frange consecutive, per angolo piccolo, è data da:
w

b

N 2
L'introduzione di un disturbo in uno dei due cammini ottici
produce uno spostamento delle frange.
Senza disturbo, le frange apparirebbero diritte come quelle a
monte dell’onda d’urto.
Se una frangia si sposta di uno spessore rispetto alla
posizione corrispondente nella corrente indisturbata ciò vuol
dire che la differenza di cammino ottico è cambiata di una
lunghezza d’onda, in valore assoluto.
Con una semplice misura di spostamenti, come multipli o
sottomultipli della larghezza delle frange, è possibile quindi
calcolare punto per punto le variazioni di densità.
Si possono ottenere frange a densità costante (come quelle
nell’interferometro a fascio di riferimento) anche con il
sistema a frange preesistenti sovrapponendo un'immagine
ottenuta in assenza di corrente all'immagine ottenuta in
presenza di corrente.
Le regioni in cui le frange sono sfasate di N, diventano
visibili come strisce luminose che rappresentano luoghi di
eguale densità.
Interferometro di Mach‐Zehnder reale
Nel precedente paragrafo si è fatta l'ipotesi di sorgente di luce monocromatica e puntiforme.
Affinché due raggi che si intersecano in un punto diano interferenza, è fondamentale che la
differenza di fase dei raggi in quel punto sia costante durante il tempo di osservazione.
Ciò è legato a condizioni relative sia all'ampiezza spettrale della luce emessa (coerenza
temporale), che alla estensione finita della sorgente (coerenza spaziale).
Si consideri il caso limite di due sole sorgenti le cui lunghezze d'onda differiscono di : il
sistema di frange scomparirà quando l'ennesima frangia chiara prodotta dalla lunghezza
d'onda  cade su una frangia scura prodotta dalla lunghezza d'onda .
La differenza di ampiezza delle frange è per la relazione w   e la condizione di
annullamento delle frange si scriverà:
Nw 
w
2
N

2
quindi con un dato  e una data ampiezza di spettro della sorgente la relazione permette di
conoscere il massimo numero di frange che si possono ottenere.
Ad es., per luce rossa (HeNe,  = 632.8nm) e un filtro interferometrico con larghezza di
banda  = 1nm, si possono ottenere circa 300 frange.
Con luce bianca questo fenomeno annulla
tutte le frange tranne la frangia bianca di
ordine zero e poche frange colorate su ciascun
lato di essa (figura in alto).
Questa caratteristica particolare è utilizzata per
seguire le frange attraverso un'onda d'urto:
con la luce bianca è molto facile seguire la
frangia di ordine zero molto più luminosa delle
altre (figura in basso).
Una sorgente finita può essere considerata come costituita da tanti punti sorgente.
Per questo, in ogni punto dello schermo, l'intensità luminosa è il risultato di alcune
coppie interferenti piuttosto che di una singola coppia.
L'interferenza è ottenuta solo se la differenza di cammino ottico tra una coppia di raggi
cambia di non più di /2 sull'intera apertura della sorgente.
Dalla figura, si nota che c'è una serie di fasci di raggi paralleli provenienti da ogni punto
della sorgente che entrano nell'interferometro; tra i fasci estremi vi è un angolo di 2o.
Se il fascio centrale entra nell'interferometro a 45° rispetto alla superficie del primo
specchio e se le frange sono prodotte perpendicolarmente al piano dei centri, semplici
considerazioni geometriche indicano che il numero massimo di frange nel campo è:
1
2N  2
0
Nell'interferometro di Mach‐Zehnder, è difficile ottenere un buon contrasto delle frange in
presenza di dispersione nei vari componenti ottici.
La scarsa coerenza spaziale e temporale delle normali sorgenti luminose, di solito lampade ad
arco in mercurio filtrate con un filtro interferometrico a banda stretta ( = 1nm), comporta la
necessità di realizzare cammini ottici strettamente uguali.
Ciò limita la tolleranza nella messa a punto iniziale dello strumento a poche lunghezze d'onda.
Se la camera di prova ha finestre, queste introducono una differenza di cammino ottico tra fascio
di prova e fascio di riferimento dell'ordine di alcuni centimetri.
E’ necessario perciò rendere i due cammini ottici uguali introducendo nel percorso di riferimento
una coppia di cristalli perfettamente uguali a quelli delle finestre della camera di prova
(compensation chamber, CC nella figura precedente).
Un’alternativa, quando possibile, è far passare il fascio di riferimento attraverso la camera di
prova in una zona in cui la densità è costante e nota.
In pratica, l'interferometro di Mach‐Zehnder richiede cinque aggiustamenti di precisione e
necessita di ottiche di alta qualità.
Tutte le superfici ottiche, incluse le finestre della camera di prova, debbono essere lavorate
con grande precisione, ad esempio lo spessore degli specchi semiriflettenti deve essere
costante con una tolleranza inferiore a /12.
Questo tipo di interferometro richiede una adeguata rigidezza strutturale e termostatazione.
Deve, poi, operare in assenza di vibrazioni che possano alterare la differenza di cammino
ottico tra i due fasci.
Spesso, l'interferometro di Mach‐Zehnder ha fondazione su sabbia e/o supporti antivibranti.
Con l'uso di un laser a gas, che si comporta come una sorgente ideale puntiforme di luce coerente
(con lunghezza di coerenza di qualche decimetro) e monocromatica, la maggior parte di queste
difficoltà scompare. Tranne le ultime in corsivo grassetto.
L'uso del laser comporta i seguenti effetti:
• la tolleranza nell'aggiustamento iniziale dell'interferometro è di alcuni decimetri,
• non c'è necessità di rendere eguali gli spessori dei componenti ottici nei due percorsi,
• si può ottenere con facilità un grandissimo numero di frange ben contrastate,
• tre dei cinque aggiustamenti di precisione dell'interferometro diventano ridondanti; restano
solo i controlli su spaziatura e inclinazione delle frange.
Sfortunatamente, la coerenza della luce laser introduce nuove difficoltà:
• la superficie posteriore degli specchi semiriflettenti e ciascuna superficie delle finestre della
sezione di prova riflettono la luce nella stessa direzione dei fasci principali;
poiché questa luce è coerente con quella dei fasci principali appaiono delle frange spurie che
possono avere anche un alto contrasto;
questo fenomeno può essere eliminato trattando le superfici interessate con un rivestimento
di materiale antiriflettente (ad es. MgFl2 che riflette solo il 4% della luce incidente);
• si ottiene una diffrazione della luce su ciascun oggetto fuori fuoco posto nel fascio, incluse le
particelle di polvere e le impronte digitali su lenti e specchi;
la luce diffratta è coerente e produce altre frange spurie;
è necessaria una estrema e continua pulizia delle superfici ottiche.
Questo problema è fortemente alleviato se si fa passare il fascio laser attraverso un filtro spaziale.
Interferometro a prisma di Wollaston
Uno schema di questo tipo di interferometro differenziale è riportato in figura.
La configurazione è simile a quella di un sistema schlieren nel quale il coltello è sostituito da un
prisma di Wollaston e da due polarizzatori incrociati.
Nella configurazione di base, a frange di spessore infinito, il centro del prisma coincide con il
fuoco della seconda lente dello Schlieren.
Il prisma di Wollaston è costituito da due prismi a
forma di cuneo, di materiale birifrangente, come il
quarzo o la calcite, incollati tra loro in modo che gli
assi ottici dei due prismi siano tra loro perpendicolari.
L'effetto del prisma è di separare un raggio di luce
incidente in due raggi divergenti, linearmente polariz‐
zati secondo direzioni tra loro perpendicolari.
Nel primo cuneo del prisma, il raggio incidente è separato in due raggi che si propagano a differenti
velocità e sono quindi soggetti a differenti indici di rifrazione, no ed ns:
• un raggio ordinario
• uno straordinario.
A causa dell'orientamento dell'asse ottico, il raggio ordinario della prima parte del prisma diventa
straordinario per il secondo prisma e viceversa; di conseguenza queste due componenti vengono
separate di un angolo , che vale, considerando piccolo l'angolo  del prisma,  =2(no - ns).
Il raggio incidente 1 è separato in due raggi 1' e 1°, polarizzati e formanti un angolo  (i simboli ' e °
indicano la direzione di polarizzazione nel piano di figura e perpendicolare a esso rispettivamente).
Nel fascio convergente che incide sul prisma esiste un raggio 2 che forma un angolo  con il raggio 1
e che è separato in 2' e 2°; il raggio 2' si sovrappone pertanto ad 1° ed essi possono interferire solo
se hanno una eguale direzione di polarizzazione.
Questa condizione si ottiene con il polarizzatore P2, ruotato di 45° rispetto alle due direzioni ° e '.
L'asse ottico del polarizzatore P1 è parallelo, o normale, a quello del polarizzatore P2 per rendere i
due raggi interferenti della stessa intensità.
La stessa procedura si applica ai raggi 1 e 3; possono
interferire 1' e 3° e così via.
I raggi che interferiscono provengono da differenti
punti della camera di prova, che hanno attraversato
separati da una distanza d = b f2.
Se questi raggi attraversano regioni di differente
indice di rifrazione essi presentano una differenza di
fase che produce interferenza.
I bordi di corpi opachi, normali alla distanza di separazione d, appariranno con una doppia
immagine, o zona grigia, di spessore d (o dcos dove  è l'angolo tra la normale al bordo e la
distanza di separazione d).
La doppia immagine si deve al fatto che la parete blocca uno dei due raggi interferenti.
Uno spostamento s del prisma lungo l'asse ottico rispetto al fuoco della lente dello Schlieren
comporta la formazione di frange parallele ed equidistanti sullo schermo.
in questo modo di funzionamento con frange di larghezza finita, lo spessore delle frange è inversa‐
mente proporzionale a s:
f
f 2
w
2
s

2
ds
La rotazione di prisma e polarizzatore intorno all'asse ottico provoca la rotazione del sistema di
frange.
La configurazione illustrata prima richiede una sorgente
di luce puntiforme, oppure una sorgente laser.
Se una sorgente del genere non è disponibile, bisogna
usare una configurazione con due prismi di Wollaston.
Qui, i raggi di luce separati nel primo prisma sono riuniti
nel secondo prisma.
Lo scopo del primo prisma è quello di migliorare le
condizioni di coerenza ottica ed è evidente che i due
prismi devono essere identici.
Con un prisma ad alta separazione, si può realizzare un
interferometro ad assi separati.