Francesco Panvini Rosati to religioso. Ma molte altre figurazioni (lo

Francesco Panvini Rosati
to religioso. Ma molte altre figurazioni (lo scudo sulle monete della Beozia, la spiga a Metaponto, il cinghiale alato a Clazomene, la tartaruga a Egina) (Fig. 1), in genere i cosiddetti ‘tipi parlanti’ e spesso le
figurazioni che riproducono divinità o loro simboli o eroi mitici e nelle quali il valore emblematico si sia
sovrapposto al valore religioso (il Pegaso a Corinto, la civetta ad Atene, la testa di Aretusa circondata da
delfini a Siracusa, Taras sul delfino a Taranto) (Fig. 1) rappresentano lo stemma della città o il simbolo
dello stato. Tale valore emblematico, in molti casi documentato anche dalle fonti letterarie ed epigrafiche, hanno quasi tutti i principali tipi della moneta greca, specialmente nel periodo più arcaico, fino agli
inizi del V secolo a. C., qualunque sia la loro origine, religiosa o commerciale.
L’evoluzione iconografica avviene progressivamente. Da questo punto di vista possiamo suddividere la monetazione greca fino al dominio romano in tre grandi periodi: dalle origini fino alle guerre persiane; dalle guerre persiane ad Alessandro Magno; da Alessandro Magno alla fine delle monetazioni
autonome.
Nel primo periodo predominano immagini di animali, di cui per lo più è riprodotta solo la testa o la
parte anteriore del corpo; raramente la figura intera. Numerose anche piante od oggetti; frequenti gli
esseri mostruosi o fantastici, che in seguito avranno minor fortuna. Rara invece la figura umana, soprattutto completa, che appare inginocchiata o stante. Motivi come il satiro che rapisce una ninfa o il centauro e la ninfa (in Tracia e a Thasos) o come Herakles e le Esperidi (Cirene) o Enea e Anchise (Eneia)
sono del tutto eccezionali. Le teste di divinità si incontrano solo a partire dalla metà del VI secolo a. C.;
poi i tipi umani diventano più frequenti dalla fine del VI secolo. A prescindere dal loro valore emblematico, altre raffigurazioni fanno riferimento al nome della città (i cosiddetti ‘tipi parlanti’) o ai prodotti
del suolo (la spiga a Metaponto o il silfio a Cirene) o a eroi mitici di fama locale (Taras a Taranto, il
Minotauro a Knossos) o a divinità protettrici (Dionysos a Naxos, Athena ad Atene).
Nel secondo periodo le figure di divinità diventano numerosissime, tanto da costituire la maggior
parte delle rappresentazioni monetali. La testa umana, apparsa tardi, si diffuse rapidamente, regolarmente rappresentata sul dritto, mentre la figura intera appare per lo più nel rovescio. L’abbandono progressivo della tecnica a quadrato incuso porta ad una maggiore varietà di figurazioni. Nelle serie emesse dalle
principali zecche (Atene, Corinto, Siracusa, ecc.), le figurazioni restano però, per ragioni di carattere
commerciale, identiche per secoli sull’argento o nei nominali maggiori, mentre si hanno variazioni nella
iconografia dei nominali minori e sul bronzo. Si estende l’uso di rappresentare figure umane per intero;
però sono più diffuse, anche per ragioni di eleganza compositiva, le figure stanti e sedute. Sul finire del
V secolo si diffondono le teste frontali, i cui primi esempi sono forse da ricercare nell’Athena di Eukleidas e nell’Aretusa di Kimon, sui tetradrammi di Siracusa.
Nel terzo periodo si nota un’ulteriore varietà di raffigurazioni, soprattutto nei nominali minori e
nelle monete di bronzo ora coniate in quantità da quasi tutte le zecche. La maggior novità è la rappresentazione, sul dritto della moneta, del ritratto dei sovrani delle varie monarchie sorte dopo la morte di
Alessandro Magno. Il diffondersi, per i tetradrammi, dell’uso di caratteristici tondelli piatti ed espansi,
permette la creazione di tipi più elaborati con figurazioni accompagnate anche da simboli, da monogrammi o da lunghe leggende. Spesso l’immagine principale, anche se costituita da una figura, è circondata a fini puramente decorativi da una corona di lauro di edera o di quercia.
Durante l’impero, le monete delle città greche che conservano o acquistano per la prima volta il
diritto di coniazione recano, come nella moneta romana imperiale, al dritto quasi sempre il ritratto
dell’imperatore o di un membro della sua famiglia; rare eccezioni sono l’effigie idealizzata di Alessan-
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