Se il tempo si prende gioco di noi...noi invece giochiamo con lui... Dal latino Iocu, e dall'etimologia incerta. La stessa origine del termine “gioco” sembra proprio voler alludere alle infinite possibilità: del mettersi in gioco, stare al gioco, entrare in gioco, per poi seguire con concetti come giochi di ruolo, d'azzardo, d'equilibrio... La plurisemanticità intrinseca nella parola rinvia all'ambiguità della stessa, alla sua flessibilità, al suo adattamento ai più svariati contesti... Ed è così che è iniziato il Nostro Gioco, quello della Banca del Tempo: fatto di individui, reti, intrecci di relazionI e di storie che tentano di farsi ascoltare. Calati perennemente in una quotidianeità in cui i giochi, appunto, siano già stati fatti e i ruoli già assegnati, in cui le identità spesso rischiano una misera riduzione di sè e della propria potenzialità ad una semplice professione lavorativa o affettiva, affrontiamo l'idea di poterci mettere in discussione, e rivalutare le nostre definizioni, all'interno di una società dinamica, fermento di vita e di nuove energie. Si tratta di una filosofia, quella dell'avventuriero, di colui che ama il rischio forse, che come un bambino alle prime armi ama sperimentare e sperimentarsi, con la profonda consapevolezza che gli altri possano sconvolgere il suo mondo, e da questo apprendere: imparare ad apprendere, e ad ascoltare. Immagine simbolo, e metafora, di questo atteggiamento, un semplice e banale attrezzo da sarta: un gomitolo di lana, matassa e intreccio pronto ad essere srotolato al progredire della nostra rete. Un gioco nel quale ogni partecipante si racconta agli altri, "passando" ,letteralmente, "gomitolo" al successivo improvvisato menestrello, all'interno di uno sfondo di reciproca attenzione alla storia dell'altro. Un'ottima tecnica nell'apprendimento all'ascolto delle voci "altre" che, a dispetto di una società frastornante e chiacchierona in preda ad una parola smaniosa di prevaricazione, ripropone il senso di quello stare insieme,empatico e sim-patico, base di una cittadinanza civile ed esistenziale. Necessitiamo di narrazioni, definizioni di senso e significati da gettare nel perenne fluire della nostra esistenza, all'interno di quotidianeità che sembrano sfuggire alle nostre domande. Il nostro essere figli, madri,padri, impiegati, ingegneri, artigiani,ottimi docenti universitari...tutto ciò appartiene ad una piccola parte del nostro essere soggetti responsabili delle nostre vite, e detentori di uno status sociale. Ma qui, nella Banca del Tempo, rispolveriamo ciò che la routine ha emarginato nel cassetto degli attrezzi mai utilizzati, delle passioni mai sperimentate, dei saperi mai affrontati. L'incontro sì, l'incrocio di vecchi e nuovi saperi, di anziani e giovane generazioni, alla riscoperta dello spirito invettivo in ognuno di noi. La stessa terminologia vecchi-giovani è fonte di degenerazione dello stessa linfa vitale della bdt: la condivisione di storie tende alla rivalutazione delle stesse conflittualità intergenerazionali, ampliando la nostra visuale al di là di semplici stereotipi o clichè sociali capaci di dividere, più che armonizzare. Banca del tempo come senso condiviso, riproposizione di sè all'interno di un contesto in cui le regole del gioco le creiamo noi, srotolando la nostra matassa e ritrovando, nell'esplicarsi di questo filo sottile, la coscienza di un'interdipendenza reciproca, non obbligata, ma necessaria, per essere cittadini hic et nunc, senza più alcun discontinuum sociale costruito, e trainati dall'energica volontà di agire ed esser-ci Insieme...