Teodora, una donna eccezionale.
L'unica raffigurazione che abbiamo di Teodora è quella del mosaico in San Vitale. Il suo
nome greco significa "dono di Dio".
La sovrana d'Oriente di eccezionale bellezza, affascinante, intelligente, astuta, fu
sottoposta alle maldicenze degli storici, in primo luogo dello storico e generale di Bisanzio
Procopio di Cesarea. (Cesarea di Palestina, 490 circa-Costantinopoli, 565 circa)
Questi, spinto dal livore per l'esclusione da palazzo, più di ogni altro la denigrò
accusandola di nefandezze di ogni genere, soprattutto di natura sessuale. Una donna, e
per di più di umili origini, facilmente offriva il destro.
Il mosaico la restituisce bella e altera, con la pelle chiarissima, gli occhi grandi e profondi,
le labbra rosse, in testa un copricapo riccamente adornato e intorno al collo lungo e sottile,
una preziosa collana.
Lo stesso Procopio dovette definirla "bella, spiritosa, salace, fornita di accesa sensualità".
Dopo cinque secoli continua a rimanere un mistero come l'umile figlia di un guardiano di
orsi, con un oscuro passato di attrice in una compagnia di mimi, e secondo alcuni di
prostituta, sia riuscita ad ascendere al trono imperiale di Costantinopoli.
Teodora nacque nell'anno 500. Suo padre, che svolgeva il povero mestiere nell'Ippodromo
di Costantinopoli, presto morì, e insieme alle due sorelle Teodora rimase con la madre.
Bellissima e irrequieta, nella prima adolescenza intraprese spinta dalla madre la carriera di
attrice mimica, che poi abbandonò intorno ai diciotto anni per un uomo potente, Ecebalo di
Tiro, governatore della Pentapoli.
Quando lui la lasciò, in Teodora iniziò ad attuarsi un cambiamento. La donna seppe
rivelare una forza intellettuale notevole, che le consentì di distinguersi nella cultura
bizantina dell'epoca. Si avvicinò al mondo religioso e teologico dei monofisiti.*
In Egitto entrò in contatto con il vescovo Timoteo e il teologo Severo, con i quali cominciò
a disquisire sui grandi temi culturali dell'epoca, soprattutto sull'incarnazione del Verbo e
sul dilemma riguardante la natura del Cristo: soltanto divina o anche umana.
Seppe dunque suscitare ammirazione e rispetto, conquistandosi una sorta di aura di
santità. Celebrata come "pia", cominciò a viaggiare in compagnia dei prelati del sinodo di
Alessandria, sempre ricoperta di rigorose vesti e copricapo neri.
A ventidue anni tornò a Costantinopoli, e con l'aiuto di Macedonia, un ballerino di
Antiochia, riuscì a conoscere Giustiniano, allora console dell'imperatore Giustino suo zio.
Giustiniano aveva vent'anni di più. La volle sposare pur contro il parere dello zio, e così
fece.
Teodora era monofisita, credeva nella natura esclusivamente divina del verbo, era di
estrazione mediterraneo orientale e di cultura greca; Giustiniano non credeva alla sola
natura divina, parlava latino e il suo sguardo andava a Occidente.
Pur nella diversità, costituirono una coppia unica nella storia. Teodora influenzò
fortemente il marito riuscendo a far emanare leggi che favorirono le donne, come
l'eliminazione delle prostitute dalle strade e il riconoscimento del diritto di entrare nell'asse
ereditario; e leggi a favore dei socialmente più deboli.
La sua morte avvenne nel 548, dopo vent'anni di trono. Su Teodora scese l'oblio, poiché lo
storico Procopio non fu più tradotto fino al XVII secolo. Da allora non si è mai smesso di
indagare sulla donna umile e povera che seppe assurgere al ruolo di sovrana e che, con
la sua intelligenza e la sua energia esercitò positiva influenza sul marito, contribuendo a
regalare all'Impero il periodo più splendido del VI secolo.
* La teoria monofisita venne sviluppata da Eutiche (378 - 454), archimandrìta di un monastero con più di trecento monaci
a Costantinopoli. Nel 448 Eutiche scese in campo nella disputa teologica con Nestorio, il quale affermava la presenza di
due persone distinte (l'una divina e l'altra umana) in Cristo. Eutiche, invece, affermò che prima dell'incarnazione vi erano
due nature, ma dopo una sola, derivata dall'unione delle due nature stesse. Era solito riassumere il concetto affermando
che la Divinità aveva accolto l'Umanità come il mare accoglie una goccia d'acqua.
Diversamente, i cattolici nel IV Concilio di Calcedonia (451) stabilirono che nell'unica persona-ipostasi (sostanza) di
Gesù vi sono le due nature, umana e divina, «senza confusione, immutabili, indivise, inseparabili», con una condanna
implicita dunque del monofisismo di Eutiche.
PERCORSO DI LETTURA PROPOSTO: “ La corte di Bisanzio”, a cura di Giorgio
Ravegnani, Venezia, gennaio 2000, su www.retimedievali.it