www.ildirittoamministrativo.it Nota a Consiglio di Stato, Adunanza Plenaria del 25 febbraio 2013 n.5 A cura di Venere Merendino Sul termine per la costituzione in giudizio delle parti resistenti e sulla possibilità di gara pubblica per la concessione di spazi pubblicitari. MASSIMA n°1 “Il termine per la costituzione in giudizio delle parti intimate previsto dall’art. 46, comma 1, del codice del processo amministrativo ha natura ordinatoria; esse possono perciò costituirsi in giudizio anche nell’udienza di merito ma svolgendo solo difese orali senza possibilità di produrre scritti difensivi e documenti”. MASSIMA n°2 “E’ legittima la previsione di una procedura competitiva ad evidenza pubblica per la concessione degli spazi pubblici da utilizzare per la collocazione di impianti pubblicitari per affissione commerciale da parte di operatori economici privati”. Sommario: 1. Premessa - 2. Il fatto - 3. Le principali questioni affrontate dalla Plenaria n.5/2013. 3.1 Segue. La possibilità di costituirsi all’udienza di merito per le parti intimate e la natura del relativo termine – 3.2. Segue. La legittimità della messa a gara di spazi pubblici per l’installazione di impianti pubblicitari 1. Premessa Con la pronuncia in esame, l’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato è chiamata a pronunciarsi in ordine a due importanti questioni che, ormai da tempo, costituiscono oggetto di dibattito giurisprudenziale: a) la natura del termine per la costituzione in giudizio delle parti intimate, nonché la possibilità di costituzione tardiva delle stesse e b) la legittimità o meno della previsione di una procedura ad evidenza pubblica per la concessione di spazi di suolo pubblico da utilizzare per l’installazione di impianti pubblicitari per affissione commerciale da parte di operatori privati. Il Supremo Consesso, come si vedrà meglio di seguito, da una parte – recependo l’orientamento maggioritario in materia - permette la costituzione delle parti resistenti all’udienza di merito limitandola, però, alle solo difese orali; dall’altra, afferma la legittimità della gara pubblica per la 1 www.ildirittoamministrativo.it collocazione degli impianti pubblicitari commerciali, ritenendo che, solo in tal modo, è possibile garantire l’accesso a questa tipologia di mercato ai nuovi operatori, preservandone al tempo stesso la piena e libera iniziativa economica. 2. Il fatto La ditta X S.p.A., operante nel settore della diffusione pubblicitaria in Sicilia ed un’associazione regionale di categoria impugnavano dinanzi al TAR SICILIA sia la delibera con la quale il comune di Caltanissetta aveva approvato il Piano generale degli impianti pubblicitari sia, con motivi aggiunti, il bando di gara per la concessione delle superfici individuate dal Piano stesso. Il Tar siciliano ( sede Palermo) respingeva il ricorso. Entrambe le ricorrenti proponevano, pertanto, appello dinanzi al Consiglio di Giustizia Amministrativa per la Regione Sicilia al fine di ottenere l’integrale riforma della sentenza di primo grado. Quest’ultimo, vagliata la questione ( oggetto, tra l’altro, anche di ulteriori appelli allo stesso proposti separatamente da altre società intervenienti nel giudizio di primo grado), rimetteva ( con due distinte ordinanze) all’esame dell’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato due quesiti: il primo (di rito) riguardava - attraverso l’applicazione analogica dell’art. 99, comma 5 del c.p.a. - la possibilità o meno per l’appellato di costituirsi all’udienza di discussione; il secondo ( di merito) diretta a valutare la legittimità della messa gara degli spazi pubblici disponibili per la pubblicità commerciale. 3. Le principali questioni affrontate dalla Plenaria n. 5/2013 Nella pronuncia de qua, il Supremo Consesso da una chiara e ben argomentata risposta ad entrambi i quesiti che, con due distinte ordinanze, il Consiglio di Giustizia Amministrativa per la Regione Sicilia rimette al suo esame. 3.1. Segue. La possibilità di costituirsi all’udienza di merito per le parti intimate e la natura del relativo termine Relativamente alla prima questione (di rito) affrontata dalla Plenaria nella pronuncia in commento, quest’ultima, ricordando l’ampio dibattito esistente in materia ( tra l’altro già rilevato dal Consiglio di Giustizia nell’ordinanza di remissione) e recependo l’orientamento maggioritario 1, enuncia il 1 Tale orientamento riteneva “possibile la costituzione fino all’udienza di discussione con svolgimento però soltanto di difese orali, restando ferma la preclusione alla produzione di documenti e memorie oltre i termini di cui all’art.73, 2 www.ildirittoamministrativo.it seguente principio: “ Il termine per la costituzione in giudizio delle parti intimate previsto dall’art.46, comma 1, del codice del processo amministrativo ha natura ordinatoria; esse possono perciò costituirsi in giudizio anche nell’udienza di merito ma svolgendo solo difese orali senza possibilità di produrre scritti difensivi e documenti”. I Giudici di Palazzo Spada hanno, dunque, ritenuto possibile la costituzione delle parti resistenti nell’udienza di discussione , limitandola unicamente alle difese orali. Nello specifico, la Plenaria - dopo aver analizzato l’impianto normativo di riferimento - ha specificato che, se da un lato l’art.46, comma 1, c.p.a. sancisce che le parti intimate “possono” e non “ devono” costituirsi entro il termine, dall’altro, invece, la norma non prevede la decadenza dal potere di costituirsi nell’ipotesi in cui sia decorso il termine. Quanto appena detto trova ulteriore conferma se si considera che all’interno della norma ( che sancisce la decadenza ovvero la perentorietà dei termini), lo stesso è stato chiarito esplicitamente nel dettato del testo normativo. Del resto, da un punto di vista sostanziale - spiega l’Adunanza Plenaria - il giudice potrebbe porre rimedio all’eventuale rischio di una lesione del diritto di difesa della controparte, rinviando l’udienza a data fissa e ciò, nel termine che riterrà più idoneo alle problematiche obiettate in udienza, al fine di consentire la valutazione “ a garanzia del contraddittorio sostanziale”. A ciò si aggiunga che “l’eventuale privilegio difensivo” in capo alle parti resistenti (che si costituiscono in udienza) è mitigato “dalla perdita delle facoltà processuali nel frattempo decadute per il decorso dei relativi termini, anzitutto con riguardo alla presentazione di scritti e documenti ai sensi dell’art.73, comma 1”. Diversamente, per il Supremo Consesso, verrebbero meno le prerogative difensive delle parti intimate qualora non venisse loro concessa la possibilità di costituirsi in giudizio per il solo decorso di un termine che non ha natura decadenziale2. comma 1, del codice del processo amministrativo, così come alla formulazione di domande che soggiacciono a termini perentori”. Quanto espresso trovava il proprio fondamento sulla “natura non decadenziale ma meramente ordinatoria del termine per la costituzione in giudizio delle parti intimate, stabilito in sessanta giorni dal perfezionamento della notificazione del ricorso dell’art.46,comma1, del codice”. Tale giurisprudenza attribuisce al termine per la costituzione in giudizio “funzione dilatoria poiché a garanzia delle parti intimate, affinchè, prima del suo decorso, non siano compiuti atti per esse pregiudizievoli”. Contrariamente, l’orientamento minoritario riteneva che non fosse consentita tale costituzione nell’udienza di merito. 2 A questo punto, la Plenaria esamina altresì un orientamento, sia pur minoritario, adottato talvolta in giurisprudenza e per il quale la costituzione in giudizio non può verificarsi oltre il trentesimo giorno previsto dall’art.73,comma1, c.p.a. per il deposito di scritti difensivi e illustrativi, termine questo a carattere perentorio “ in quanto espressivo di un precetto di ordine pubblico processuale posto a presidio del contradditorio e dell’ordinato lavoro del giudice”. Al riguardo si veda Consiglio di Stato, Sez. V, n.1058/2012. 3 www.ildirittoamministrativo.it Palazzo Spada conclude la propria argomentazione sul primo quesito sollevatogli, mettendo in risalto l’oggettività, la chiarezza e l’inequivocità del dettato normativo, caratteristiche per le quali la disciplina ivi contenuta (riguardante la produzione di documenti e memorie) non può essere correttamente estesa all’esercizio di una diversa facoltà finalizzata alla mera costituzione in giudizio. 3.2. Segue. La legittimità della messa a gara di spazi pubblici per l’installazione di impianti pubblicitari In merito al secondo quesito (di merito) rimesso al suo esame, l’Adunanza Plenaria assume la legittimità della messa a gara di spazi pubblici per la collocazione degli impianti pubblicitari commerciali3. Anche a tal proposito, il Consiglio di Giustizia, nella propria ordinanza di rimessione, aveva rilevato l’esistenza di due orientamenti contrastanti, che lo stesso Collegio non manca di richiamare nella pronuncia de qua. Secondo un primo orientamento4, gli imprenditori godono di un diritto alla libera attività di affissione diretta, sottoposto ad una autorizzazione onerosa allo scopo di salvaguardare valori estetici, ambientali e viabilistici5. Da qui ne deriverebbe l’illegittimità del provvedimento comunale che subordina l’accesso alla pubblicità stradale anche a concessione, con gara per l’attribuzione dell’area. Al contrario, per altro orientamento6, l’accesso alla pubblicità stradale sarebbe contingentato, stante la limitatezza degli spazi disponibili, ragion per cui deve ritenersi legittima la concessione degli spazi pubblicitari tramite gara. Il Supremo Consesso, recependo tale ultimo orientamento, enuncia il seguente principio di diritto: “E’ legittima la previsione di una procedura competitiva ad evidenza pubblica per la concessione degli spazi pubblici da utilizzare per la collocazione di impianti pubblicitari per affissione commerciale da parte di operatori economici privati”. Nella pronuncia viene, infatti, chiarito che la normativa sulla viabilità, sulla tutela dei beni culturali e paesaggistici, nonché quella tributaria, contribuiscono alla definizione della disciplina in materia 3 Tale previsione era contenuta, come ricordato in fatto, nel caso de quo, nel Piano generale degli impianti pubblicitari approvato dal Consiglio comunale del Comune di Caltanissetta impugnato nei giudizi davanti al Tar Sicilia. 4 Al riguardo di veda Consiglio di Stato , Sez. V, n.44/2007; Consiglio di Giustizia n.762 e .n.976 del 2009. 5 E’ previsto, infatti, un “prezzo” pagato dall’autorizzato anche per compensare l’occupazione del suolo pubblico e l’inglobamento della relativa tassa nell’imposta comunale sulla pubblicità. Al riguardo si veda Cfr. Cass.Civ., Sez Trib., n.17614/2004 e n. 105/2010. 6 In proposito, Consiglio di Stato, Sez. V, 2 febbraio 2009 n. 529. 4 www.ildirittoamministrativo.it di collocazione di impianti pubblicitari. Sulla base del panorama normativo di riferimento la collocazione su spazi pubblici urbani degli impianti pubblicitari commerciali dipende dalla naturale limitatezza degli spazi disponibili all’interno del territorio comunale, ulteriormente limitata da vincoli di viabilità e di tutela dei beni culturali che incombono sul territorio. Quanto appena detto prosegue la Plenaria - giustificherebbe il precetto contenuto nell’art. 3, comma 3, del d.lgs. n. 507 del 1993 ( secondo cui “ciascun Comune deve determinare, oltre la tipologia, anche la quantità degli impianti pubblicitari e approvare un piano generale degli impianti, con la delimitazione della superficie espositiva massima dedicata della superficie espositiva massima dei diversi tipi di impianti , definendosi con ciò un mercato contingentato”)7. Viene così a configurarsi, per i Giudici di Palazzo Spada, un rapporto tra l’ente locale e il privato, il cui modello di riferimento, stante la sua qualificazione sostanziale, è quello concessorio8. A questo punto, il Collegio ritiene corretta la scelta di allocare l’uso degli spazi pubblici contingentati mediante gara, poiché quest’ultima rappresenta un criterio di selezione più idoneo ( rispetto a quello cronologico di presentazione delle domande accoglibili) ad assicurare tanto l’interesse pubblico all’utilizzo efficiente dello spazio pubblico quanto quello privato al confronto concorrenziale. Così opinando si ricava che il procedimento di gara non osta alla libera espressione dell’attività imprenditoriale, trattandosi di una procedura volta ad assicurare la concorrenza anche nell’esercizio dell’attività economica privata incidente sull’uso di risorse pubbliche. Occorre aggiungere altresì che “ in particolare, la concessione tramite gara dell’uso di beni pubblici per l’esercizio di attività economiche è istituto previsto nell’ordinamento, essendo perciò fondata la qualificazione della gara come strumento per assicurare il principio costituzionale della libera iniziativa economica anche nell’accesso al mercato degli spazi per la pubblicità”9. Si tratta, tra l’altro, di una procedura coerente con i principi ( derivanti dal diritto comunitario) di non discriminazione, di parità di trattamento e di trasparenza . E’ proprio sulla base di ciò che, il Supremo Consesso, richiamando un pregresso e ormai consolidato orientamento, chiarisce che, poiché la concessione di un’area pubblica procura è fonte di guadagno per i soggetti che operano sul mercato, risulta necessario prescrivere una procedura competitiva per il rilascio di tale 7 Il Supremo Consesso sottolinea altresì come “la normativa sulla installazione degli impianti a tutela della sicurezza stradale, e dei valori culturali, si raccorda così a quella ulteriore basata sul presupposto, necessitato e condizionante, del contingentamento dell’attività in questione poiché comportante l’uso di una risorsa pubblica scarsa qual è il suolo pubblico”. 8 In senso conforme anche Consiglio di Stato, Sez. V, 2 febbraio 2009, n. 529. 9 Consiglio di Stato, Sez.V, n.529/2009 e Coniglio di Stato, Sez. VI, 9 febbraio 2011 n.894. 5 www.ildirittoamministrativo.it concessione , in quanto essenziale per il rispetto di tutti quei principi posti a tutela della piena concorrenza10. L’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato conclude la propria pronuncia condividendo, sotto il profilo impositivo, quella parte di giurisprudenza amministrativa per la quale il titolo giuridico di cui godono gli operatori privati per poter accedere agli spazi pubblici per la pubblicità commerciale non subordina le sorti dell’impianto pubblicitario al pagamento di un canone ( imposto per la fruizione del bene pubblico) né di una tassa per l’occupazione dell’area pubblica, “oltre naturalmente al pagamento dell’imposta sulla pubblicità”. Alla luce delle appena argomentate motivazioni addotte dalla Plenaria, quest’ultima, con la sentenza in commento - respinti gli appelli e rinviate al Consiglio di Giustizia per la regione Sicilia (remittente) le rimanenti questioni controverse tra le parti in causa – ordina l’esecuzione della sentenza da parte dell’autorità amministrativa. 10 Cfr. Consiglio di Stato, Sez. VI, 25 gennaio 2005, n.168. 6