Un po' di teoria in sintesi Atomo : è la più piccola particella costitutiva di un elemento ed è caratterizzato da specifiche proprietà chimiche Molecola : generalmente, corrisponde ad un agglomerato definito e strutturato di atomi che può esistere in modo indipendente; è caratterizzata da specifiche proprietà chimiche dovute agli atomi presenti nel loro insieme. La decomposizione della molecola negli atomi che la costituiscono fa venir meno le sue proprietà chimiche Ione : particella dotata di carica. Elemento: può esistere sotto forma di diversi isotopi, è caratterizzato da un simbolo e da un numero d’ordine (il numero atomico), che ne determina la posizione nella Tavola Periodica; gli atomi di un certo elemento hanno tutti lo stesso numero atomico.Gli isotopi sono specie atomiche caratterizzate da uno stesso numero atomico (Z), ma da diverso numero di massa (A = neutroni + protoni), dovuto ad un diverso numero di neutroni nel nucleo; essendo l’elemento definito dal proprio numero atomico, di uno stesso elemento possono esistere diversi isotopi. Ad ogni isotopo (livello microscopico) corrisponde una sostanza semplice (livello macroscopico), caratterizzata da alcune proprietà specifiche. L’unità di massa atomica (indicata con il simbolo uma) è quindi rappresentata da 1/12 della massa atomica del 12C, corrispondente a 1,66059x10-24 g Massa atomica relativa (comunemente, massa atomica) il rapporto tra la massa assoluta di un atomo e la massa della dodicesima parte dell'atomo di 12C. Massa molecolare relativa (comunemente, massa molecolare) la somma delle masse atomiche relative degli atomi che compongono una molecola La Mole è la quantità di sostanza che contiene un numero di particelle uguale a quello presente in 12 g di carbonio 12. Possiamo calcolare quanti atomi sono contenuti 12 g di 12C; essendo la massa di un atomo di 12C uguale a 1,99252x10-23 g, il numero di atomi sarà dato da: 12 g mol-1/1,99252x10-23 g = 6,02252x1023 mol-1 (NA= 6,022x1023 costante di AVOGADRO) Massa molare (M) è la massa per quantità unitaria di sostanza, cioè la massa di una mole di sostanza è generalmente espressa in grammi per mole (g mol1). Così, ad esempio il 12C ha M = 12 g mol-1, mentre l’uranio (massa atomica relativa = 238 uma) ha M = 238 g mol-1. La massa in grammi corrispondente alla massa atomica o molecolare relativa esprime, quindi, la massa di una mole, cioè di 6,022*1023 atomi o molecole. numero di moli = massa (g) / massa molare (g mol-1); numero di particelle = numero di moli x NA La formula minima (detta anche formula empirica) indica il numero relativo di atomi dei diversi elementi contenuti in una sostanza composta. Per una sostanza contenente soltanto C, H ed O sarà del tipo CxHyOz, dove x, y e z sono i più piccoli numeri interi che esprimono il rapporto di combinazione degli atomi presenti nel composto. Ad esempio, il glucosio ha formula minima CH2O (cui corrisponde una massa di 30,02 g mol-1) La formula molecolare, oltre alle informazioni fornite dalla formula minima, indica anche il numero effettivo di atomi di ogni elemento presente in una molecola della sostanza. Ad esempio, nella formula molecolare Cx’Hy’Oz’, gli indici x’,y’ e z’ sono numeri interi proporzionali ad x, y e z ed indicano il numero di atomi di C, H ed O effettivamente presenti nel composto considerato. Riconsiderando l’esempio precedente, se la massa molare del glucosio anziché essere 30,02 g mol-1 è 180,15 g mol-1, confrontando questo valore con la massa corrispondente alla formula minima, si trova che la formula molecolare del glucosio sarà C6H12O6 (perché 180.15/30.02 6 quindi C*6 H2*6O*6) La formula di struttura (che verrà trattata a proposito dei tipi di composti), oltre ad indicare gli atomi presenti ed il loro numero, mostra il modo con cui gli atomi sono legati tra loro ed i tipi di legami presenti La composizione percentuale indica le quantità in grammi dei diversi elementi presenti in 100 grammi di sostanza; può essere determinata sperimentalmente con metodi di analisi elementare, oppure calcolata a partire dalla formula molecolare del composto. i diversi atomi sono combinati. Partendo dalla formula chimica, è possibile ricavare le percentuali in peso di ciascun componente (cioè i grammi di ogni elemento in 100 g di sostanza) Numero di ossidazione N.O. (detto anche stato di ossidazione): è un numero che può essere messo in relazione con il numero di elettroni che un atomo utilizza per formare legami. Un elemento viene considerato tanto più ossidato quanto più elevato è il suo N.O. Il N.O di un atomo in una specie chimica è uguale alla carica che l’atomo avrebbe se tutti gli elettroni che prendono parte ai legami venissero attribuiti all’elemento più elettronegativo di tale specie secondo i due criteri seguenti: l) gli elettroni di legame tra atomi di diversa elettronegatività , cioè aventi diversa tendenza ad attrarre gli elettroni di legame, vengono attribuiti all’atomo più elettronegativo; 2) gli elettroni di legame tra atomi di uguale elettronegatività (tendenza ad attrarre gli elettroni di legame uguale o simile) vengono ripartiti equamente tra due atomi. Nomenclatura I composti chimici si dividono in quattro categorie principali: ossidi (ossidi basici se formati da metallo + ossigeno o ossidi acidi detti anche anidridi se formati da non metallo + ossigeno) idrossidi o basi (ossido basico + acqua) acidi (ossiacidi se formati da un non metallo più idrogeno e ossigeno o idracidi se formati da un metallo più idrogeno) Gli idracidi si ottengono per combinazione diretta; gli ossiacidi si ottengono per reazione di un ossido acido con acqua. Sali vedi tabella metodi di salificazione Ossidi e anidridi possono essere definiti anche specificando il numero di atomi presenti con opportuni prefissi. Esempi: MnO2 biossido di manganese; N2O5 pentossido di biazoto CO monossido di carbonio Ossidi anfoteri derivano da elementi posti al confine tra metalli e non metalli; per questo il loro comportamento può essere acido o basico a seconda dei casi Alogeni potendo assumere diversi N.O integrano la nomenclatura ordinaria nel modo seguente: N.O. +1 ipo………oso esempio Cl2O anidride ipoclorosa; HClO acido ipocloroso N.O. +3 ……….oso esempio Cl2O3 anidride clorosa; HClO2 acido cloroso N.O. +5 ……….ico esempio Cl2O5 anidride clorica; HClO3 acido clorico N.O. +7 iper……….ico esempio Cl2O7 anidride perclorica; HClO4 acido perclorico Perossidi caratterizzati dal gruppo -O-O- in cui l’ossigeno ha S.O. -1; esempi: H2O2 (perossido di idrogeno o acqua ossigenata), Na2O2 (perossido di sodio) Perossoacidi acidi che contengono il gruppo -O-O-; Esempio: HOONO2 (acido perossonitrico) Tioacidi acidi in cui un O viene sostituito da S; Esempio: H2S2O3 derivante da H2SO4 (acido monotiosolforico) Sali ottenuti sostituendo con metalli tutto l’idrogeno degli acidi si definiscono SALI NEUTRI se nella molecola compaiono ancora degli atomi di H, si hanno i cosiddetti SALI ACIDI, se nella molecola compaiono uno o più gruppi ossidrile, si hanno i cosiddetti SALI BASICI si possono considerare derivati da una base per sostituzione parziale di ossidrili con residui acidi, es.: Bi(OH) 2Cl, cloruro bibasico di bismuto.Nella costruzione del nome, è necessario indicare quanti H sono rimasti con il termine idrogeno o acido preceduto da un opportuno prefisso. Se derivano dagli idracidi si usa la desinenza -uro, se derivano dagli ossiacidi si usano le desinenze -ato, per sali di acidi il cui nome termina con -ico, diventa -ito, Esempi: Na2HPO4 monoidrogeno fosfato di sodio, oppure fosfato monoacido di sodio NaHCO3 monoidrogenocarbonato di sodio, oppure bicarbonato di sodio; analogamente, Ca(HSO3)2 bisolfito di calcio Ossoacidi Meta-Piro-Orto le anidridi di alcuni Non Metalli (P, As, Sb, B, Si) possono reagire con acqua in diverse proporzioni, formando acidi diversi Anidride + 1H2O >acido meta do orto* Anidride + 2H2O >acido piro Anidride + 3H2O >aci- * il Si rappresenta una eccezione e forma l’acido (orto)silicico con 2H2O Reazione chimiche Essenzialmente, possono essere individuati tre tipi di reazioni chimiche: 1. Associazione/dissociazione 2. Sostituzione e scambio 3. Ossidoriduzione (in cui si ha variazione del N.O.) Bilanciamento delle reazioni non di ossido riduzione Il bilanciamento di una reazione si effettua introducendo davanti alle formule dei composti coefficienti opportuni (i coefficienti stechiometrici), mentre non è consentito introdurre altre formule o cambiare quelle già presenti.E’ importante non confondere INDICI e COEFFICIENTI. Operativamente, si bilanciano una ad una le specie presenti, considerando per ultimi l’idrogeno el’ossigeno. Se nella reazione compaiono delle cariche, anche queste dovranno essere bilanciate. Bilanciamento delle reazioni di ossido riduzione (redox)Poiché gli elettroni vengono trasferiti dall’elemento che si ossida a quello che si riduce, le variazioni complessive dei N.O. relative ai due processi di ossidazione e riduzione dovranno essere uguali in valore assoluto, e quindi la loro somma algebrica sarà uguale a zero. Di questo aspetto è necessario tenere conto in fase di bilanciamento, introducendo opportuni coefficienti.Una reazione di ossidoriduzione viene bilanciata mediante una serie di operazioni successive:1) Si determinano i N.O. di tutti gli elementi presenti secondo le regole convenzionali; 2) si individuano gli elementi per i quali il N.O varia, si valuta tale variazione sia per l’elemento che si ossida, sia per quello che si riduce, e la si moltiplica per il numero di atomi di quell’ elemento presenti nella molecola (se questo è diverso da 1); 3) invertendo i valori trovati per rendere uguali le variazioni in valore assoluto, si determinano i coefficienti stechiometrici per le specie che contengono gli elementi che si ossidano e si riducono (NB: nel corso del bilanciamento il rapporto individuato NON PUO’ ESSERE MODIFICATO); 4) si determinano i coefficienti di tutti gli altri elementi secondo il principio di conservazione della massa, considerando per ultimo l’ossigeno. Legame ionico legame adirezionale di natura elettrostatica, che si forma tra atomi con elevata differenza di elettronegatività e che comporta l’acquisto/cessione di uno o più elettroni. Legame covalente (omeopolare o dipolare) legame che si forma tra atomi di elettronegatività non troppo diversa, attraverso la condivisione di due elettroni, ciascuno fornito da uno dei due atomi che partecipano al legame; è fortemente direzionale e la zona di massima densità corrisponde al segmento che unisce i nuclei degli atomi legati. Legame covalente dativo (o coordinativo) legame in cui uno solo dei due atomi fornisce entrambi gli elettroni di legame, ad esempio mettendo a disposizione un doppietto solitario. Le forze intermolecolari Schematicamente, si hanno:- interazioni dipolodipolo- interazioni dipolo-dipolo indotto- interazioni dipolo-indotto-dipolo indotto. Queste interazioni in molecole sia polari che non polari vengono spesso indicate genericamente come forze di Van der Waals. Fenomeni di natura fisica osservati, ad esempio, su molecole di gas nobili, hanno confermato l’esistenza di forze di coesione tra le molecole anche in specie non polari; sono le cosiddette forze di dispersione (o forze di London) e si presentano come deboli forze di attrazione tra dipoli temporanei (o indotti). Legame a idrogeno particolare tipo di interazione dipolo-dipolo, caratterizzato da un’intensità elevata e da un parziale carattere direzionale, che può formarsi quando un atomo di H è legato ad un atomo fortemente elettronegativo. Può essere intramolecolare (all’interno di una stessa molecola) oppure intermoleco- lare (tra molecole diverse); la sua importanza è legata al fatto che le proprietà fisiche e chimiche delle sostanze interessate si modificano in misura rilevante. Legame metallico modello in cui il metallo viene rappresentato da un reticolo di ioni positivi immersi in un mare elettroni delocalizzati, liberi di muoversi all’interno del reticolo; pur nella sua semplicità, permette di spiegare le principali proprietà dei metalli (conducibilità elettrica, lucentezza, malleabilità e duttilità). Ibridazione metodo per cui un certo numero di orbitali atomici viene combinato attraverso un procedimento matematico, per dare luogo allo stesso numero di orbitali ibridi equivalenti, caratterizzati da una specifica geometria molecolare; la particolare forma degli orbitali ibridi consente una sovrapposizione più efficace e permette quindi la formazione di legami più forti. Ibridazione sp3 (1 orbitale s + 3 orbitali p): geometria tetraedrica, con angoli di circa 109° Ibridazione sp2 (1 orbitale s + 2 orbitali p): geometria trigonale piana, con angoli di 120° Ibridazione sp (1 orbitale s + 1 orbitale p): geometria lineare, con angoli di 180° Cella elementare unità che si ripete per dare luogo al reticolo cristallino e che rappresenta la più piccola porzione del reticolo stesso; ogni cella elementare è definita da tre parametri lineari (lunghezza degli spigoli) e da tre parametri angolari (angoli tra gli spigoli). La cella più semplice è quella cubica, caratterizzata da spigoli della stessa lunghezza e perpendicolari tra loro angoli di 90°). Numero di coordinazione in un solido, esprime il numero di particelle (o sferette) con le quali una particella a contatto in una determinata struttura. Ad esempio, le strutture esagonale compatta e cubica compatta hanno numero di coordinazione 12 Solidi covalenti macrostrutture che possono essere considerate come un’unica molecola di grandi dimensioni, tenuta insieme da legami covalenti; essendo i legami forti, questi solidi possono essere deformati con difficoltà sono molto duri, hanno punti di ebollizione e di fusione molto alti e sono cattivi conduttori. Esempi: diamante, carburo di silicio, silice. Il carbonio, si può cristallizzare in due forme diverse (diamante e grafite), dando luogo al fenomeno dell’allotropia. La grafite rappresenta la forma stabile a temperatura e pressione ordinaria, ma in realtà anche il diamante è stabile, in quanto la velocità della trasformazione diamante > grafite è molto bassa a T ambiente (si parla, in questo caso, di stabilità cinetica). Solidi ionici macrostrutture formate da atomi con forte differenza di elettronegatività, tenute insieme da legami ionici, di natura elettrostatica; hanno elevata durezza e punti di fusione elevati, sono solubili nei solventi polari, sono cattivi conduttori allo stato solido e buoni conduttori allo stato fuso. Esempi: NaCl, CsCl. Il numero di coordinazione è dato dal numero di ioni di carica opposta che circondano uno ione Solidi molecolari solidi dei non metalli e di composti dei non metalli, formati da molecole in cui gli atomi sono legati tra loro tramite forti legami covalenti, mentre le singole molecole sono tenute insieme da deboli forze di Van der Waals; i cristalli non conducono, sono teneri, hanno bassi punti di ebollizione e fusione e si dispongono spesso in impaccamenti compatti. Esempi: iodio, saccarosio, ghiaccio, CO2 (ghiaccio secco). Tensione superficiale l’energia richiesta per aumentare l’area superficiale di un liquido, portando molecole interne alla superficie, cioè ad un livello di energia più elevato; il liquido tende a mantenere una superficie esterna minore possibile (ad esempio, nella goccia), assumendo lo stato a minore energia. Tensioattivi sostanze in grado di abbassare la tensione superficiale di un liquido; hanno grande importanza in campo industriale e sono largamente usati nei detersivi. Viscosità rappresenta l’attrito interno di un liquido ed esprime la maggiore o minore facilità di scorrimento rispetto ad una superficie adiacente. Più forti sono le forze intermolecolari, maggiore è la viscosità, che in genere diminuisce al crescere della temperatura, in quanto un aumento di energia cinetica rende meno efficaci le attrazioni intermolecolari. Tensione di vapore è la pressione esercitata da un vapore in equilibrio con il liquido, è costante a temperatura costante e generalmente aumenta al crescere della temperatura; i liquidi con tensioni di vapore elevate vengono definiti volatili, quelli con basse tensioni di vapore non volatili Proprietà colligative proprietà delle soluzioni che dipendono dal numero di particelle presenti e non dalla loro natura, tra cui l’abbassamento relativo della tensione di vapore, l’innalzamento ebullioscopico, l’abbassamento crioscopico e la pressione osmotica. La legge di Raoult e l'abbassamento relativo della tensione di vapore La legge di Raoult riguarda la tensione di vapore delle soluzioni ideali e descrive l’abbassamento della tensione di vapore del solvente quando in esso viene disciolto un soluto. Se consideriamo, dunque, una soluzione ideale di due componenti A e B in un recipiente sotto vuoto e ad una certa temperatura, la tensione di vapore della soluzione (p) comprende i contributi delle pressioni parziali di A e di B. Raoult dimostrò che per una soluzione ideale la tensione di vapore di ogni componente è data dal prodotto della tensione di vapore di quella sostanza allo stato puro per il valore della sua frazione molare La legge di Raoult può essere applicata alla separazione di due liquidi A e B per distillazione frazionata, considerando la relazione esistente all’equilibrio tra composizione della soluzione e composizione del suo vapore saturo. Nel caso particolare in cui i due liquidi abbiano valori uguali di tensione di vapore, la composizione della fase vapore è uguale a quella della fase liquida; in tutti gli altri casi, la fase vapore è più ricca del componente più volatile. Attraverso una serie successiva di evaporazioni-condensazioni, il vapore diventa progressivamente più ricco del componente più volatile ed i due liquidi vengono cosÏ separati. Innalzamento ebulliscoppico ed abbassamento crioscopico Considerato che: l’aggiunta di un soluto provoca un abbassamento della tensione di vapore del solvente; la temperatura di ebollizione di un liquido è la temperatura alla quale la tensione di vapore del liquido è uguale alla pressione esterna; la temperatura di solidificazione è la temperatura a cui la tensione di vapore della fase liquida e della fase solida sono uguali. La TEMPERATURA DI EBOLLIZIONE di una soluzione è SUPERIORE a quella del solvente puro; la TEMPERATURA DI SOLIDIFICAZIONE di una soluzione è INFERIORE a quella del solvente puro. La variazione nella temperatura di ebollizione, chiamata INNALZAMENTO EBULLIOSCOPICO, è proporzionale alla molalità della soluzione: Dte = kem (ke = costante ebullioscopica che dipende dal solvente) Una espressione analoga si ha per la variazione della temperatura di congelamento o ABBASSAMENTO CRIOSCOPICO: Dtc = kcm (kc = costante crioscopica che dipende dal solvente). Pressione osmotica Quando una soluzione ed il suo solvente sono separati da una membrana che permette unicamente il passaggio delle molecole del solvente (non di quelle del soluto), queste tendono a passare nella soluzione per equilibrare la differenza di concentrazione ai due lati della membrana. Questo fenomeno si chiama OSMOSI. La PRESSIONE OSMOTICA è la pressione che deve essere esercitata sulla soluzione per impedire che il solvente passi nella soluzione. Le relazioni viste finora sono valide per soluti non dissociati e devono essere opportunamente modificate quando si considerano soluti che danno dissociazione. Principio di indeterminazione di Heisenberg : Non è possibile determinare esattamente e contemporaneamente posizione e quantità di moto di un corpuscolo ( teoria ondulatoria ) Principio di esclusione di Paoli : Non è possibile che due elettroni abbiano i quattro valori quantici uguali… Principio della massima molteplicità : Se più elettroni occupano orbitali degeneri, essi si distribuiscono sul numero massimo possibile di questi, se alcuni orbitali sono occupati da un solo elettrone, gli spin di questi sono paralleli fra lori Legge di Lavoisier- Laplace: il calore richiesto per decomporre una sostanza è uguale al calore sviluppato nella sua formazione. Quindi, invertendo il senso della reazione, va invertito anche il segno del ∆H Legge di Hess : Il ∆H di una reazione dipende soltanto dalla natura e quantità delle specie di partenza e di quelle formate, e non dalla via seguita dalla reazione L’entalpia di una reazione è data dalla differenza fra la somma delle entalpie molari di formazione delle specie ottenute nella reazione e la somma delle entalpie molari di formazione delle specie entrate in reazione (ciascun valore di entalpia moltiplicato per il coefficiente stechiometrico ) ∆H0 (reazione) =∑i ∆H0f 0 (specie prodotte) - ∑i ∆H f (specie reagenti) Effetto Joule-thomson : Un gas reale espandendosi adiabaticamente attraverso un setto poroso varia la propria temperatura (questo è dovuto alle interazioni tra le molecole del gas che contribuiscono all’energia potenziale e quindi all’energia interna del gas) La variazione di temperatura può essere positiva o negativa, dipende se prevalgono le forze attrattive o repulsive tra le molecole Coeff. Joule µ (∆T/∆P)H = 1/Cp (2a/RT- b) Se µ >0 diminuzione di tempertura Se µ <0 aumento di tempertura Se µ =0 tempertura di versione Legge di Dalton : La pressione totale di una miscela di un gas è data dalla somma delle pressioni parziali di ciascun gas. La pressione parziale di ciascuno dei componenti di una miscela gassosa è data dal prodotto della pressione totale per la frazione molare di quel componente Pi = Ptot X( ni/n ) Definizione di gas e vapore Si definisce gas se è al di sopra della temperatura critica altrimenti si dice che è un vapore Velocità di una reazione chimica è la velocità con cui varia la concentrazione di un certo reagente o prodotto nel tempo Superficie di contatto tra i reagenti La velocità aumenta al crescere dell’area superficiale disponibile per la reazione; generalmente, la reazione è più rapida se i reagenti sono costituiti da particelle più piccole. Nel caso di reazioni eterogenee, che comprendono più fasi. Questo fattore non influisce, invece, nei sistemi omogenei, in cui i reagenti sono già più suddivisi possibile, sotto forma di singole particelle. Influenza della concentrazione dei reagenti sulla velocità di reazione Come espresso dall’equazione della velocità, la velocità di reazione dipende dalla concentrazione di uno o più reagenti, per cui un aumento di concentrazione provoca sovente (ma non sempre) un aumento di velocità. L’effetto dell’aumento di concentrazione dei vari reagenti può avere effetti diversi sulla velocità di reazione. Influenza della temperatura e luce sulla velocità di reazione In generale, un aumento di temperatura provoca un aumento della velocità di reazione, questo può essere messo in relazione con gli urti tra le particelle e con la loro energia cinetica. Alcune reazioni avvengono soltanto in presenza di radiazioni luminose: ad esempio, la fotosintesi clorofilliana . I catalizzatori sono sostanze in grado di modificare la velocità di reazione senza subire trasformazioni nel corso di essa. Essi non vengono consumati e si recuperano tali e quali alla fine della reazione. Effetto della temperatura sugli urti delle particelle secondo la teoria cinetica dei gas, le particelle in movimento si urtano continuamente tra loro ed è possibile calcolare il numero di collisioni che interessa le molecole in determinate condizioni. Confrontando l’elevato numero di collisioni calcolato con la velocità realmente osservata in molte reazioni dei gas, si conclude che non tutti gli urti sono efficaci per far avvenire la reazione chimica. Se pensiamo che l’urto tra particelle comprende spesso una rottura dei legami, si comprende come le particelle dovranno possedere un’energia sufficientemente elevata per dare luogo ad urti efficaci. Si definisce ENERGIA DI ATTIVAZIONE (EA) di una certa reazione chimica la minima energia che le particelle devono possedere quando si urtano affinchè la reazione avvenga. In base alla distribuzione dell’energia delle particelle prevista dalla teoria cinetica, si individua una frazione di molecole con energia sufficiente, che potranno dare luogo ad urti efficaci; se l’energia di attivazione di una reazione è elevata, la frazione di molecole con energia sufficiente sarà piccola, e la reazione sarà probabilmente molto lenta. Si comprende, quindi, perché la velocità di reazione aumenti generalmente con la temperatura: ad una temperatura più elevata, sarà maggiore l’energia cinetica media delle particelle, e quindi la frazione di particelle con energia sufficientemente elevata; di conseguenza, si avranno un numero maggiore di urti efficaci ed una velocità di reazione più elevata. Un altro fattore che condiziona l’efficacia degli urti è l’orientamento delle molecole: se in una reazione si ha rottura e formazione di legami, le molecole devono urtarsi secondo un’orientazione favorevole perché la reazione avvenga. Il principio di Le Chatelier ogni sistema in equilibrio reagisce ad una certa perturbazione esterna con uno spostamento dell'equilibrio che si oppone alla perturbazione Elettroliti tutte le sostanze che in soluzione che si scindono totalmente o parzialmente in ioni, cioè in particelle cariche (CATIONI con carica + e ANIONI con carica -). Quindi, l’elettrolita in soluzione dà luogo al fenomeno della DISSOCIAZIONE si distinguono: · elettroliti FORTI, completamente dissociati in ioni, rappresentati dai sali, da alcuni acidi e alcune basi; · elettroliti DEBOLI, parzialmente dissociati in ioni e parzialmente presenti sotto forma di molecole non dissociate, rappresentati soltanto da acidi e basi. Definizione di acido secondo Arthenius gli acidi sono sostanze che in acqua si dissociano per dare ioni H+ Definizione di acido e base secondo Bronsted-Lowry un acido è un donatore di protoni, una base è un accettore di protoni Definizione di acido e base secondo Lewis un acido è un accettore di una coppia di elettroni, una base è un donatore di una coppia di elettroni Formule Quantizzazione del momento angolare secondo Bohr : m v r = n h/2π dove m = massa dell’elettrone, v = velocità dell’elettrone n = num. quantico principale e può assumere solo valori interi, h/2π = costante di Plance Quantizzazione dei raggi delle orbite r = n2 x ( h2/ 4 π2 mc2 ) Quantizzazione dell’energia dell’elettrone dell’atomo di H E = - ( e2/r ) + ( e2/ 2r ) = e2 / 2r dove- ( e2/r ) = energia potenziale, ( e2/ 2r ) = energia cinetica da cui En = - ( 1/ n2 ) ( 2 π2 me4 / h2 ) Carica formale: elettroni di valenza dell’atomo isolato – (elettroni dei lone pairs + (elettroni di legame/2)) Entalpia ∆U = Q+L = Qp- P(V2-V1) se V2=V1 ∆U = Qv da cui Qp = (U2+PV2) – (U1+PV1) il termine U+PV è l’entalpia H quindi (U2+PV2) – (U1+PV1) = ∆U di conseguenza ∆U = ∆H = Qp pertanto la variazione di entalpia corrisponde al calore scambiato dal sistema a pressione costante per le reazioni a volume costante ∆V =0 ∆H = Qv- ∆PV , dall’equazione di stato PV= nRT a T e V cost ∆P = ( ∆nRT ) / V di conseguenza ∆H = Qv + (∆nRT / V )* V semplificando ∆H = Qv + ∆nRT Entropia ∆S = Qrev / T La variazione di entropia di una reazione è data dalla differenza fra la somma delle entropie molari delle specie ottenute nella reazione e la somma delle entropie molari delle specie entrate in reazione (ciascun valore di moltiplicato per il coefficiente stechiometrico ) ∆S0 (reazione) =∑i ∆S0f (specie prodotte) - ∑i ∆S0f (specie reagenti) S= k lnW dove k costante di Boltzmann = 1.38066x10-23 e W probabilità termodinamica, numero di microstati possibili Energia libera G= H -TS ∆H- T∆S a P e T cost. ∆G = P ∆V – (P ∆V) rev a P e T cost ∆G = Il valore della variazione dell’enegia libera di una reazione è data dalla differenza fra la somma delle energie libere delle specie ottenute nella reazione e la somma delle energie liber delle specie entrate in reazione (ciascun valore moltiplicato per il coefficiente stechiometrico ) ∆G0 (reazione) =∑i ∆G0f (specie prodotte) - ∑i ∆G0f (specie reagenti) Equazione di Boyle PxV = cost a T cost P1V1=P2V2 Equazione di Charles P/T= cost a V= cost Pt=P0+ ( P0/273,15 ) x t (1/273,15 è l’aumento di pressione per ogni grado centigrado) P1/T1 =P2T2 Equazione di Gay Lussac Equazione dei gas ideali V/T= cost a P=cost V1/T1=V2/T2 PV= nRT Equazione di van der walls per i gas reali ( P+a (n2/V2)) ( V-nb) = nRT che per una mole diventa ( P+ (a/V2)) ( V-b) = RT dove a= valore costante per ciascun gas b= volume occupato dalle particelle Equazione di Clapeyron ca) dP/dT =∆H/T ∆V (equilibrio fra due fasi della stessa specie chimi- Concentrazioni di soluzioni Rapporto peso/peso - Percentuale in peso (%) g soluto : g soluzione = x : 100 - Frazione molare (x) te) n moli soluto / n moli totali (soluto + solven- - Molalità (m) n moli soluto / kg solvente = x : 1 Rapporto peso/volume - Molarità o formalità (M oppure F) n moli soluto : litri soluzione = x : 1 (con la temp. si ha variazione di volume e quindi di molarità, ma tali variazioni sono nell’ordine dello 0.1 % per operazioni a temp. ambiente) Relazione tra molarità e molalità cm-3 ) e F il peso formula m = M/(d-(MxF/1000)) dove d è la densità (g Normalità definizione di grammo equivalente ( equivalente) : è il peso in grammi di una specie chimica che a seconda della natura di questa , può fornire, combinarsi, sostituire, ossidare o ridurre un grammo di H o un grammo di ione H+, H- si può ricavare in diversi modi: equivalente di acidi e di basi rapporto fra peso formula della specie ed il numero di H+ ceduti o accettati; equivalente di elettroliti rapporto fra peso formula della specie ed il numero di moli di cariche dello stesso segno che si hanno nella dissociazione; equivalente di specie ioniche rapporto fra peso formula della specie ed il numero delle sue cariche; equivalenti di ossidanti e riducenti rapporto fra peso formula della specie e il numero di moli di elettroni da essa messi in giuoco nella reazione redox Numero di moli totali dopo dissociazione ntot = n [1+ά ( v-1)] dove v = numero di particelle che provengono dalla dissociazione ά = grado di dissociazione il termine [1+ά ( v-1)] prende il nome di fattore di dissociazione. L’equazione dei gas perfetti PV=nRT considerando la dissociazione diventa PV= n [1+ά ( v1)]RT , dalla quale noti i valori di P,V e T, e possibile ricavare il valore di ά Numero di moli totali dopo associazione ntot = n [1+β ((1/v) -1)] dove β = grado di associazione [1+β ((1/v) -1)] = fattore di associazione Velocità di reazione concentrazione di… v= k [x] dove k= costante di velocità di reazione [x] = Costante di dissociazione K=([A- ] [H+ ])/ [HA ] · alti valori di Ka - acido molto dissociato - acido FORTE · bassi valori di Ka - acido poco dissociato - acido DEBOLE Analogamente alle Ka degli acidi, le costanti di dissociazione delle basi (Kb) possono essere usate per confrontare la forza delle diverse basi pH pH= - log [H+ ] da cui [H+ ]= 10-pH Prodotto ionico dell’acqua [H+ ] [OH- ] = K[H2O ] = Kw in alternativa pH+pOH= 14 dove pH = - log [H+ ] e pOH=- log [OH- ] Torna su Alcune annotazioni Annotazione 1 : perché un metallo ed un acido possano produrre per reazione idrogeno gassoso occorre che il metallo abbia un potenziale di riduzione negativo, minore cioè di quello nullo, per convenzione, dell’idrogeno e che l’acido non presenti proprietà ossidanti, come invece accade per soluzioni di HNO3 o di HCl + HNO3 Annotazione 2 : perché un metallo ed un acido con proprietà non ossidanti possano reagire per produrre un sale e idrogeno gassoso è necessario che il metallo presenti un potenziale di riduzione negativo ad esempio Fe + HCl ( vedi anche annotazione 1 ) Per contro se il metallo possiede un potenziale di ridu- zione positivo esso darà origine ad un sale solamente per reazione con un acido con proprietà ossidanti Annotazione 3 : si definisce ∆H di formazione di un composto chimico la variazione finita di calore, misurata a pressione costante, associata ad una reazione nel corso della quale si ottiene una mole di prodotto a partire dagli elementi O2 e H2 il cui ∆H di formazione è nullo Annotazione 4 : le proprietà colligative delle soluzioni diluite di elettroliti, funzione della quantità ma non della natura chimica del soluto disciolto Annotazione 5 : il grado di dissociazione di un elettrolità è funzione della tempertatura della concentrazione della soluzione e della natura chimica del soluto