MAURIZIO POLLINI
CHOPIN - LATE WORKS
opp. 59-64
Release Date: 27 gennaio 2017
CD 4796127 / DIGITALE
TRACKLIST
Barcarolle in F-sharp major op. 60
3 Mazurkas op. 59 (1845)
Polonaise-Fantaisie in A flat major op. 61 (1846)
2 Nocturnes op. 62 (1846)
3 Mazurkas op. 63 (1846)
3 Valses op. 64 (1847)
Mazurka in F minor op. posth. 68 no. 4. Andantino (1848/49)
MAURIZIO POLLINI – CAPOLAVORI DELL’ULTIMO CHOPIN
Deutsche Grammophon è lieta di annunciare il nuovo cd di Maurizio Pollini, Chopin – Late Works, opp.
59–64, che esce in occasione del settantacinquesimo compleanno del pianista, nato il 5 gennaio 1942.
L’album è interamente costituito da nuove registrazioni.
“Sono innamorato di Chopin: la sua musica non smette mai di stupirmi”, ha dichiarato Pollini. Una
monografia chopiniana è quindi il modo ideale per festeggiare il pianista milanese: Chopin è stato una
costante nel suo percorso artistico. A soli diciotto anni, nel 1960, Pollini vinse il Concorso “Chopin” di
Varsavia. Il suo pianismo folgorante fece dire ad Arthur Rubinstein, rivolto agli altri membri della giuria:
“Questo giovane suona già meglio tecnicamente di tutti noi”. Ma, al di là dell’assoluto dominio tecnico,
Pollini già dimostrava ciò che lo avrebbe in seguito reso speciale rispetto a un qualsiasi virtuoso: la
maturità interpretativa, il pensiero sotteso alle scelte musicali. E, sempre di più, negli anni Pollini ha
ricercato quel nucleo tragico e quella profondità abissale che è celata dietro il carattere apparentemente
ornamentale della scrittura chopiniana.
Dopo l’integrale degli Studi del 1972, entrata immediatamente nella storia della discografia pianistica e
ben presto nel mito, Pollini ha affrontato per Deutsche Grammophon molti dei cicli chopiniani: i Preludi,
le Polacche, le Ballate, i Notturni. E una selezione di Mazurche, Valzer, Scherzi. Conservando sempre
un’essenzialità lontana dalle deformazioni tardo-ottocentesche, Pollini, con il passare degli anni, ha reso
tuttavia la sua interpretazione sempre più libera e ardita, soprattutto nella concezione del rubato e nel
pathos espressivo.
Chopin – Late Works è un album che si concentra sull’estrema produzione chopiniana: l’ultimo Chopin è
anche quello più sperimentale. Il compositore apre squarci visionari verso il futuro, soprattutto dal punto
di vista armonico. La scrittura si fa spesso molto densa e polifonica. Per la prima volta, Pollini incide le
Mazurche op. 59 e op. 63, i Valzer op. 64 e la Mazurka op. 68 n. 4. Inoltre, il pianista milanese incide
nuovamente la Polonaise-Fantaisie op. 61, la Barcarolle op. 60, i Nocturnes op. 62.
La Barcarolle op. 60, che apre l’album, è caratterizzata da un’armonia sofisticata e da un lirismo di
stampo italiano. Bellini e Rossini furono, del resto, modelli dichiarati per Chopin. Le Mazurche op. 59
sono sature di ricordi della terra natia; ma i ritmi marcati del folklore polacco sono affrontati sempre con
l’eleganza che contraddistingue Chopin, come avviene nel tema grazioso e dolce dell’op. 59 n. 2 o nel
pittoresco motivo che apre l’op. 59 n. 3. La Polonaise-fantaisie op. 61 è lavoro sublime fra quelli
dell’ultimo Chopin: trascendendo la struttura e il ritmo del genere della Polacca, il compositore crea una
forma libera, all’interno della quale esprime sfumature emozionali che vanno dalla cupezza
all’esaltazione, avendo come fulcro una misteriosa malinconia.
Melodie elegiache e inquietudini armoniche dominano anche nei Nocturnes op. 62. Chopin ritorna a una
freschezza pressoché giovanile nelle Mazurche op. 63, le ultime pubblicate mentre era ancora in vita: la
prima e la seconda sono piene di vitalità, mentre la terza si avvicina per carattere a un notturno.
Virtuosistico e pieno di slancio è il Valzer che apre l’opera 64, noto anche come Valzer “del minuto”,
mentre il secondo, di carattere più introspettivo, si distingue per la volubilità data dal rubato e dai cambi
di tempo. L’ultimo brano, vicino allo stile della mazurca, ha qualcosa di imprevedibile e tormentato. A
chiudere l’album, l’enigmatica e sensuale Mazurca op. 68 n. 4, tracciata su carta poco tempo prima della
sua morte. Secondo Julian Fontana, il compositore “era già troppo malato per provarne l’effetto sul
pianoforte”.