Progetto e realizzazione di sonde di campo elettrico a

CONSIGLIO NAZIONALE DELLE RICERCHE
ISTITUTO DI RICERCA SULLE ONDE ELETTROMAGNETICHE
FIRENZE - ITALY
PROGETTO E REALIZZAZIONE DI SONDE
DI CAMPO ELETTRICO A RADIOFREQUENZA
IROE TECHNICAL REPORT N.TR/POE/92.1
Autori:
D.Andreuccetti
A.Ignesti
L.Pieri
S.Priori
ISSN 1120-2823
Marzo 1992
PROGETTO E REALIZZAZIONE DI SONDE
DI CAMPO ELETTRICO A RADIOFREQUENZA
D.Andreuccetti, A.Ignesti, L.Pieri(*) e S.Priori
I.R.O.E. - C.N.R. - Firenze
(*) Borsista Regione Toscana
INTRODUZIONE
Vengono presentate alcune linee guida per la progettazione di sonde di campo
elettrico a rivelazione diretta adatte a funzionare nella banda da 1 a 200 MHz circa.
Esse consentono di dimensionare e realizzare questi dispositivi in laboratori dotati
di normali competenze e attrezzature elettroniche. L’obbiettivo è quello di fornire
un metodo per la progettazione di massima della sonda, poiché i molti parametri
che influiscono sull’intero sistema rendono impossibile la progettazione del
cosiddetto "campione primario".
L’accuratezza raggiungibile (intesa come errore nella valutazione dell’intensità
di campo imputabile ad imperfetta determinazione delle caratteristiche della sonda)
è migliore di ±3 dB, un valore sufficiente per molte applicazioni; se è necessaria
una accuratezza maggiore occorre misurare le caratteristiche della sonda realizzata
con un apposito sistema di calibrazione.
Come mostrato in figura, una sonda di campo elettrico a radiofrequenza a
rivelazione diretta è costituita dalle seguenti parti:
- sensore di campo elettrico
- equalizzatore della risposta in frequenza
- rivelatore
- filtro di disaccoppiamento
- connessioni
- subassieme di misura e visualizzazione.
Il sensore di campo elettrico è un dispositivo che produce alla sua uscita una
differenza di potenziale direttamente proporzionale all’ampiezza del campo elettrico
in cui è immerso. In base al teorema di Thevenin, esso è rappresentabile
circuitalmente con un generatore di tensione in serie ad una impedenza; il parametro
caratteristico del generatore di tensione equivalente è la lunghezza elettrica del
sensore, definita dal rapporto tra la tensione ai morsetti del sensore a circuito aperto
e l’ampiezza del campo elettrico in cui esso è immerso.
L’equalizzatore ha lo scopo di compensare la riposta in frequenza del sensore
2
(quasi sempre di tipo passa-alto) per renderla più uniforme possibile nella banda di
interesse; il suo impiego determina però una riduzione della sensibilità complessiva
della sonda.
Di fondamentale importanza per l’affidabilità del sistema è l’isolamento del
gruppo sensore-rivelatore da tutto il resto della sonda, in modo che al rivelatore
giunga esclusivamente il segnale proveniente dal sensore e non da tutte le altre
masse metalliche che costituiscono la sonda e si trovano immerse nel campo da
misurare; questa funzione viene svolta dal filtro di disaccoppiamento, che ha anche
lo scopo di eliminare i residui di radiofrequenza dal segnale rivelato, prima di
inviarlo al gruppo misuratore-visualizzatore.
Quest’ultimo misura la tensione continua generata dal rivelatore e ne ricava un
dato da mostrare all’utilizzatore della sonda. Non ci occuperemo in questa sede di
questo dispositivo; varie sono le soluzioni che possono essere adottate in relazione
a molti fattori di utilizzo, quali l’ambiente in cui la sonda dovrà operare o il tipo
di utenza a cui è destinata.
A questo proposito si può citare ad esempio il progetto dell’"RF HAZARD
MONITOR" realizzato presso l’IROE nel 1980 (brevetto 9397A/80). Esso
impiegava la tecnologia che ci accingiamo a descrivere e utilizzava una presentazione di tipo "semaforico" dell’intensità del campo elettrico secondo tre soglie
(normalità, attenzione e pericolo), fissate sulla base di uno standard ragionato che
teneva conto dalle diverse normative internazionali allora esistenti.
1 - IL SENSORE
Il sensore di campo elettrico adottato è il dipolo corto realizzato su vetronite
ramata; questa soluzione è risultata la più valida da un punto di vista della
robustezza meccanica e della facilità di costruzione.
3
Più in dettaglio, come mostrato in figura 1.1, si fa uso di un supporto di
vetronite ramata da un solo lato sul quale si ricavano due piste di rame che
costituiscono i due bracci del dipolo.
Figura 1.1
Il funzionamento del dipolo corto può essere descritto circuitalmente dallo
schema di figura 1.2, in cui le capacità C∞ rappresentano l’accoppiamento del
sensore al campo elettrico da misurare E (rappresentato dal generatore VE), la
capacità CAB è quella tra i bracci del dipolo e A e B sono i morsetti di uscita
dell’antenna1. Utilizzando il teorema di Thevenin, il circuito di figura 1.2 si
trasforma in quello di figura 1.3.
Per quanto detto, il segnale prodotto dal generatore equivalente Vs è legato al
campo elettrico E dalla relazione:
(1.1)
dove Lel è la lunghezza elettrica del dipolo.
La lunghezza elettrica non è in pratica suscettibile di misura diretta; l’analisi
teorica mostra che, nei dipoli cilindrici infinitamente sottili, essa è pari alla metà
di quella fisica:
(1.2)
In mancanza di alternative, considereremo questa relazione valida anche per i
1.
Si noti che, siccome C∞<<CAB, la corrente totale indotta sul dipolo è pressoché indipendente dal
carico collegato ai suoi morsetti; se questi vengono lasciati aperti, questa corrente scorre
attraverso la capacità CAB e produce la tensione a vuoto Vs; se vengono cortocircuitati, la
tensione di uscita si annulla e tutta la corrente indotta passa per il cortocircuito esterno.
4
dipoli realizzati come in figura 1.1; ciò equivale ad attribuire alla determinazione
della capacità di antenna Ca tutta l’incertezza insita nella caratterizzazione del
dipolo; d’altra parte, come vedremo (cfr. l’espressione finale (4.8) del K della sonda
e l’Appendice C), non è possibile separare di fatto l’incertezza sulla lunghezza
elettrica da quella sulla capacità.
In figura 1.3, Ca rappresenta la capacità complessiva misurabile tra i morsetti
del dipolo; essa è evidentemente legata alle capacità della figura 1.2 dalla relazione
Ca=CAB+C∞/2; poiché in tutte le situazioni reali risulta C∞<<CAB, si ha con buona
approssimazione Ca=CAB.
Il valore della capacità Ca dipende dalle dimensioni fisiche (lunghezza, spessore
e larghezza) delle piste che costituiscono i bracci del dipolo e dalla costante
dielettrica del substrato utilizzato; la capacità Ca può essere misurata con vari
metodi a cui si accenna in Appendice D; le misure sono però affette da errore
piuttosto elevato, soprattutto perché i valori da misurare sono in genere dello stesso
ordine di grandezza dei parassiti della sonda dello strumento con cui si esegue la
misura. Per questo motivo abbiamo preferito adottare un approccio diverso,
consistente nel valutare la capacità d’antenna a partire dalla misura del K
complessivo della sonda e dalla caratterizzazione preventiva del gruppo rivelatoreequalizzatore-filtro (si veda l’Appendice C). Ripetendo questa valutazione per varie
lunghezze si trova che la capacità di antenna Ca dipende (con buona
approssimazione) in modo lineare dalla lunghezza secondo la seguente espressione,
valida per una lunghezza L compresa tra 50 e 100 mm, una larghezza di 1.52 mm
(nastrino standard da 0.06" per circuiti stampati) e un substrato in vetronite standard
per circuiti stampati con spessore ramatura di 35 µm:
(1.3)
Figura 1.2
Figura 1.3
5
Una verifica a posteriori su diversi esemplari di sonda ha evidenziato che
l’adozione di questo metodo empirico permette di raggiungere una accuratezza
migliore di ±10% sulla predeterminazione del coefficiente K della sonda, qualora
ne siano stati accuratamente caratterizzati i componenti circuitali.
2 - IL RIVELATORE
Il modo più semplice e conveniente per misurare l’intensità del segnale a radiofrequenza disponibile ai morsetti del dipolo consiste nell’utilizzare un dispositivo
rivelatore per ricavare una tensione continua legata in qualche modo all’ampiezza
del segnale a RF. Nelle sonde a rivelazione diretta il rivelatore è connesso
direttamente ai terminali del sensore (di qui il nome) e funziona in legge
quadratica: la tensione continua in uscita dal rivelatore è direttamente proporzionale
al quadrato del segnale a RF applicato all’ingresso.
Nel caso presente faremo uso di rivelatori a diodo semiconduttore (al germanio,
ma le considerazioni sviluppate si applicano altrettanto bene a diodi al silicio a
barriera Schottky) che funzionano in legge quadratica per valori sufficientemente
bassi della tensione a RF applicata.
Come è noto, la caratteristica statica tensione-corrente di un diodo
semiconduttore può essere espressa dalla relazione seguente:
(2.1)
dove V è la tensione ai capi del diodo, I la corrente che lo attraversa, Is la sua
corrente di saturazione inversa, n il cosiddetto fattore di idealità e:
(2.2)
(con "k" costante di Boltzmann, "T" temperatura assoluta della giunzione ed "e"
carica dell’elettrone; a T=300°K, VT ≈ 25.9 mV). Nell’equazione sopra riportata si
trascura la resistenza ohmica del semiconduttore (resistenza serie) poiché, come sarà
mostrato più avanti, il suo valore è molto piccolo rispetto alla resistenza dinamica
della giunzione nelle condizioni di impiego adottate.
Sviluppando in serie di Taylor fino alla quarta potenza l’espressione della
caratteristica statica per piccole tensioni V attorno al punto V=0 (polarizzazione
nulla) otteniamo:
(2.3)
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per il valore medio temporale Idc della corrente, indicando con Veff il valore efficace
del segnale a RF ai capi del diodo, è facile trovare:
(2.4)
il secondo termine in parentesi quadra costituisce una misura dell’errore di
troncamento nello sviluppo in serie; esso è trascurabile se Veff è sufficientemente
piccolo rispetto a nVT: ad esempio, esso è inferiore al 5% per Veff < 0.63 nVT;
questo limita a circa 20 mVeff l’ampiezza del segnale applicabile al diodo per
rimanere in legge quadratica.
La tensione continua Vdc ai capi del diodo può essere calcolata moltiplicando
la corrente Idc per la resistenza statica della giunzione che, a polarizzazione nulla,
coincide con la resistenza dinamica o resistenza video Rv data da:
(2.5)
per la sensibilità β del diodo rivelatore si ottiene perciò:
(2.6)
con questa relazione l’espressione sopra trovata per il limite della rivelazione
quadratica diviene facilmente Vdc < 0.2 nVT.
Figura 2.1
Figura 2.2
Nelle figure 2.1 e 2.2 sono mostrati i circuiti equivalenti del diodo rivelatore
rispettivamente per la parte a RF e in continua. La caratterizzazione completa del
diodo richiede come si vede che siano determinati i parametri "n" ed "Is" per la
parte statica, e la capacità della giunzione Cj per il modello a RF. Questi
componenti possono essere misurati in modo semplice e senza particolare
strumentazione, come descritto in Appendice A.
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Ricordiamo che la caratteristica di rivelazione quadratica è utile sia per la
corretta valutazione della sovrapposizione di più segnali incoerenti, che deve
avvenire come somma dei quadrati delle singole intensità (cioè come somma delle
rispettive potenze), sia per la realizzazione di sonde isotrope. Queste ultime fanno
uso di tre sensori ortogonali, ognuno sensibile ad una componente del campo e
dotato del suo rivelatore; la tensione che si ottiene collegando in serie le uscite dei
tre rivelatori è evidentemente proporzionale all’intensità del campo elettrico
risultante.
Tra i componenti più adatti all’impiego come rivelatore vanno segnalati i diodi
a barriera Schottky; a frequenze non troppo elevate risultano validi i più economici
diodi al germanio "a baffo di gatto": i prototipi realizzati nel corso della stesura di
queste note fanno uso di diodi OA90 in contenitore di vetro. Abbiamo caratterizzato
un grande numero di questi diodi e dalle misure effettuate è emersa una discreta
riproducibilità dei parametri caratteristici, almeno in relazione alla precisione
necessaria alla nostra applicazione. I valori medi riscontrati sono:
Corrente di saturazione inversa
Fattore di idealità
quindi:
Sensibilità
Resistenza video
inoltre:
Capacità di giunzione
Resistenza serie (Rs)
Is = 2.3 µA
n = 1.36
β = 14.2 V-1
Rv = 15.3 kΩ
Cj = 4.5 pF
trascurabile
3 - IL FILTRO DI DISACCOPPIAMENTO
Il filtro di disaccoppiamento, come già spiegato, serve principalmente per far
giungere al rivelatore solo il segnale generato dal dipolo, eliminando i segnali spuri
che si possono indurre sulle altre masse metalliche del sistema di misura e in
particolare sui cavi di collegamento e sul misuratore, che rappresentano i più estesi
corpi immersi nel campo da misurare; in secondo luogo, il filtro di
disaccoppiamento elimina il segnale a RF presente ai capi del rivelatore facendo
giungere al misuratore solo la componente continua.
Le figure 3.1a e 3.1b illustrano questa situazione rispettivamente con e senza
filtro. In figura 3.2 si può vedere lo schema del filtro a resistenze e capacità che si
è rivelato funzionale e di semplice realizzazione; quest’ultima deve essere effettuata
in maniera compatta al fine di evitare che si formino spire estese in cui si possono
indurre tensioni a causa del campo magnetico spesso presente insieme al campo
elettrico da misurare.
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Figura 3.1
L’efficacia del filtro è misurata dall’attenuazione subita dal segnale di disturbo
passando dai morsetti indicati con OUT (dove è collegato il misuratore) verso quelli
indicati con IN (dove è collegato il diodo); l’attenuazione elevata (circa 60 dB)
rende difficile misurare direttamente questo parametro alle frequenze più alte (100
MHz o più) a causa degli accoppiamenti parassiti fra ingresso e uscita. Una
valutazione indiretta ma ugualmente valida è costituita dalla misura del rapporto fra
il segnale a RF Vrf ai morsetti OUT e la tensione Vr rivelata dal diodo:
(3.1)
9
Il parametro così misurato, pur non costituendo il vero e proprio coefficiente di
attenuazione del filtro, rappresenta comunque un’indicazione significativa della
qualità del filtro in relazione alla presente applicazione.
I problemi che si devono affrontare, nella misura del parametro sopra definito,
risiedono nella realizzazione di un sistema capace di immettere nel filtro un segnale
di disturbo a RF mantenendo condizioni di impedenza di ingresso e di uscita, a RF
e in continua, simili a quelle operative; in pratica queste condizioni possono essere
riassunte in:
- alimentazione bilanciata del filtro;
- sorgente del segnale ad alta impedenza (avendo a disposizione comuni
generatori a 50 ohm);
- misura ad alta impedenza del segnale rivelato ai capi del diodo (dove
normalmente è collegato il dipolo);
- misura ad alta impedenza del segnale a radiofrequenza sui terminali OUT
(dove normalmente è collegato il misuratore).
Figura 3.2
La figura 3.3 illustra il sistema adottato per la misura cercando di rispettare le
necessità sopra illustrate, ovvero ricreando la situazione circuitale intorno al filtro
quanto più simile a quella in cui si trova realmente ad operare.
Figura 3.3
Il grafico in figura 3.4 riporta i risultati della misure effettuate col metodo sopra
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descritto; per una descrizione più dettagliata di questa misura si veda l’Appendice
B. Possiamo concludere che il filtro di figura 3.2 presenta un coefficiente di
attenuazione medio di circa 60 dB. Ciò significa che, a parità di segnale rivelato,
l’intensità del disturbo presente sui terminali OUT del filtro deve essere 1000 volte
superiore al segnale a RF sui morsetti del dipolo.
Figura 3.4
L’influenza del filtro sul resto del sistema di misura può infine essere riassunta
nelle indicazioni fornite dalla figura 3.5, dove si suppone che il misuratore abbia
una impedenza interna di 1 MΩ.
Figura 3.5
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4 - LA FUNZIONE DI TRASFERIMENTO DEL SISTEMA
In figura 4.1 è riportato lo schema completo della sonda di campo elettrico,
costruito sulla base delle considerazioni svolte nei paragrafi precedenti.
Figura 4.1
Per l’analisi di questo circuito è conveniente separare la parte a radiofrequenza
da quella in continua, sfruttando l’analoga separazione già esaminata per il modello
del diodo (cfr. figure 2.1 e 2.2); si ottengono così i due circuiti riportati nelle figure
4.2 (RF) e 4.3 (continua). Tutti i componenti che compaiono in queste figure sono
stati discussi nei paragrafi precedenti, ad esclusione della capacità di equalizzazione
C.
Figura 4.2
Questa capacità ha lo scopo di abbassare l’impedenza capacitiva di uscita del
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generatore equivalente (a RF) che pilota il diodo rivelatore, diminuendo così la
frequenza di taglio della cella passa-alto costituita da questa impedenza e dalla
resistenza video del diodo. Questa considerazione può essere resa quantitativa
risolvendo il circuito di figura 4.2.
Figura 4.3
Se poniamo:
(4.1)
Si ottiene facilmente:
(4.2)
come si può notare, la tensione ai capi del diodo dipende dalla frequenza a causa
del termine Xeq; si tratta di una riposta di tipo passa-alto a singolo polo con
frequenza di taglio:
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(4.3)
per f>>f0 il termine Xeq può essere trascurato e si ottiene un comportamento
indipendente dalla frequenza, come voluto:
(4.4)
se invece ci si trova notevolmente al di sotto della f0 la risposta dipende dalla
frequenza con V direttamente proporzionale a Vs*f, ma l’uso della sonda in questa
situazione, benché possibile, è in pratica sconsigliato e non viene qui trattato. Dalle
relazioni sopra riportate è evidente che se aumentiamo il valore di C si sposta verso
il basso la frequenza di taglio f0 e si estende quindi la risposta della sonda, ma si
riduce contemporaneamente la sua sensibilità.
La banda passante della sonda ha anche una limitazione superiore a causa delle
dimensioni fisiche del dipolo che deve risultare sempre "corto" rispetto alla
lunghezza d’onda; anche qui è possibile estendere la risposta in frequenza
accorciando il dipolo e riducendo di conseguenza la sensibilità del sistema.
Siamo in grado a questo punto di calcolare il quadrato del valore efficace della
tensione a RF ai capi del diodo, dalla quale dipende la tensione continua rivelata:
(4.5)
Possiamo adesso passare al circuito equivalente per la componente continua di
figura 4.3, nella quale si è posto:
(4.6)
dall’analisi di questo circuito si ottiene direttamente la relazione:
(4.7)
che lega la tensione continua Vr fornita al misuratore al valore efficace Eeff del
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campo elettrico incidente sul sensore e permette di ricavare la costante K della
sonda, definita da (si è usata l’espressione (1.2) per Lel):
(4.8)
Occorre osservare che, considerata l’accuratezza tipica con cui si conoscono i
parametri del sistema, con questa relazione si può prevedere il fattore K con una
incertezza massima di circa ±50%; in realtà l’errore è dovuto in buona parte
all’incapacità di determinare con precisione i parametri del dipolo, come mostrato
in Appendice C, dove si fa vedere che la parte equalizzatore + rivelatore + filtro
può essere progettata con una incertezza a priori di pochi punti percentuali.
5 - PROGETTAZIONE DI UNA SONDA
In questo paragrafo viene presentato un esempio concreto di progettazione di
una sonda del tipo descritto. Le caratteristiche che possono costituire specifiche di
progetto sono1:
-
l’intensità efficace massima Eeff,max del campo elettrico da misurare,
l’intervallo [fmin,fmax] di frequenze in cui la sonda dovrà lavorare;
mentre i parametri su cui si può agire sono:
-
la lunghezza del dipolo L,
la capacità di equalizzazione C.
Occorre premettere una breve analisi di come questi due parametri influiscano
sulle suddette caratteristiche. Supponiamo per semplicità di collegare in uscita alla
sonda un misuratore DC ad altissima resistenza di ingresso (Ri>>Rv+Rf), in modo
da poter porre approssimativamente uguale ad 1 il rapporto di resistenze che
compare nell’espressione (4.8) del K della sonda, che così diviene (si è usata anche
l’espressione (4.1) per CTOT):
Se indichiamo con Veff,max la massima tensione a RF ai capi del diodo per
1.
Si intende che si tratta di specifiche minime, nel senso che la sonda che deve essere realizzata
dovrà avere una banda passante ed una dinamica almeno pari ai limiti indicati.
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(5.1)
rimanere in legge quadratica, deve evidentemente risultare (cfr. relazioni (1.1), (4.1)
e (4.4)):
(5.2)
Facendo comparire il K in questa espressione per mezzo della (5.1) otteniamo:
(5.3)
Converrà evidentemente cercare di ottenere un valore di K più vicino possibile a
questo limite massimo, in modo da ottimizzare la gamma dinamica della sonda (cfr.
nota della pagina precedente).
Come si vede dalla (5.1), il valore di K dipende sia dalla lunghezza fisica L del
sensore (attraverso la lunghezza elettrica Lel e la capacità Ca) sia dal valore della
capacità di equalizzazione C. La lunghezza L del sensore deve essere mantenuta
piccola rispetto alla lunghezza d’onda minima alla quale si vogliono effettuare le
misure, ma contemporaneamente grande rispetto alla lunghezza del diodo. La
capacità di equalizzazione C determina infine, attraverso Ceq, la frequenza di taglio
inferiore f0 della sonda, secondo l’espressione (4.3).
Si deve individuare una procedura di progettazione che tenga conto di questi
vincoli per giungere a dimensionare una sonda con le specifiche desiderate. Un
possibile modo di procedere consiste nel determinare la lunghezza del dipolo L in
funzione della frequenza massima fmax e la capacità di equalizzazione C in base al
valore (massimo) di K, a sua volta determinato dalla (5.3) in funzione della
dinamica desiderata; più in dettaglio la procedura è la seguente.
1. Scegliere il diodo rivelatore che si intende usare e determinarne i parametri
"n", Rv e Cj (vedere il paragrafo 2 e l’Appendice A);
2. Determinare il valore efficace massimo Veff,max della tensione a RF ai capi
del diodo oltre il quale il rivelatore cessa di funzionare con sufficiente
approssimazione in legge quadratica. Questo limite può essere calcolato
facilmente a partire dalla (2.4); accettando una deviazione del 5% dalla
legge quadratica si trova:
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(5.4)
3. Calcolare con la (5.3) il valore di K in funzione della dinamica Eeff,max
richiesta.
4. Calcolare la lunghezza d’onda corrispondente alla massima frequenza di
lavoro richiesta fmax.
5. Determinare la lunghezza fisica (massima) L del sensore, pari a 1/30 della
minima lunghezza d’onda; verificare che risulti sufficientemente più grande
(almeno 5 volte) della lunghezza del diodo rivelatore (se questa condizione
non è verificata, il progetto non è realizzabile con le specifiche date ed il
diodo scelto); calcolare quindi la lunghezza elettrica corrispondente, data
come si è visto da Lel = L/2.
6. Ricavare la capacità di antenna per la lunghezza determinata al punto 5)
mediante la formula semiempirica (1.3) che ripetiamo qui per comodità:
(1.3)
7. Ricavare il valore di C in corrispondenza dei valori calcolati ai punti
precedenti, utilizzando la formula seguente (ricavata dalla (5.1)):
(5.5)
8. Verificare che la frequenza di taglio f0 (calcolata con la (4.3)), cada ben al
di sotto (almeno un fattore 10) del limite inferiore fmin della banda di
frequenza in cui deve lavorare la sonda. Se questa condizione non è
verificata, aumentare conseguentemente il valore di C.
9. Ricavare infine il valore di K con la (4.8). Come più volte ripetuto, questo
valore non costituisce la caratterizzazione del sistema ma solo una
indicazione per il dimensionamento del progetto. Pertanto, una volta
realizzata la sonda, sarà opportuno calibrarla in una apposita cella per
rilevarne le reali caratteristiche ed evidenziare eventuali errori di
progettazione e/o realizzazione; qualora ciò non sia possibile dovremo
aspettarci una incertezza sul parametro K compresa tra il 10 ed il 50% a
seconda di quanto accuratamente sono stati caratterizzati i componenti
circuitali della sonda.
Esempio:
Si vuole realizzare una sonda isotropa per campi elettrici che copra la banda di
frequenza da 2 a 120 MHz e possa essere usata con intensità fino a 300 V/m.
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Applicando la procedura sopra delineata si procede come segue.
1. Si decide di utilizzare un diodo tipo OA90 per il quale n=1.36, Rv=15.3 kΩ
e Cj=4.5 pF.
2. Per questo diodo troviamo con la (5.4) Veff,max≈22 mV.
3. Dalla (5.3) ricaviamo allora K=7.8*10-8 m2/V.
4. La lunghezza d’onda corrispondente alla frequenza massima è di 2.5 m.
5. La conseguente lunghezza del sensore è di circa 83 mm (accettabile perché
il diodo è lungo circa 8 mm), a cui corrisponde una Lel di circa 42 mm.
6. Dalla formula (1.3), valida per dipoli larghi 1.52 mm, otteniamo Ca=0.40 pF.
7. Dalla (5.5) abbiamo C=220 pF, che per coincidenza è un valore disponibile
commercialmente (altrimenti avremmo scelto il valore commerciale
immediatamente superiore).
8. Con la (4.3) troviamo f0=46 kHz, un valore abbondantemente al di sotto
della frequenza minima fmin.
9. Dalla (4.8) abbiamo infine K=7.6*10-8 m2/V.
Si realizzeranno allora 3 antennine lunghe 83 mm con un nastrino da 0.06" di
larghezza sulle quali andranno montati altrettanti diodi, condensatori da 220 pF e
filtri come in figura 3.2; le uscite di questi filtri saranno connesse in serie e
collegate al misuratore.
Le misure effettuate su un esemplare singolo di questa sonda in cella di
calibrazione a 5 MHz hanno dato un risultato medio di K=7.72*10-8 m2/V; in questo
caso perciò, prendendo per K il valore calcolato anziché quello reale, si commette
un errore dell’1.6% circa, che produce una indeterminazione nella misura
dell’intensità di campo minore di 0.1 dB.
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APPENDICE A - Rilievo delle caratteristiche del diodo
I parametri del diodo che interessano per l’uso come rivelatore quadratico sono
rappresentati dai componenti dei circuiti equivalenti delle figure 2.1 e 2.2, ovvero:
- la capacità di giunzione Cj;
- il fattore di idealità "n";
- la resistenza video Rv (uguale, come si è fatto notare nel paragrafo 2, alla
resistenza di giunzione in assenza di polarizzazione).
Si è visto che, anche in diodi di modesta qualità (come l’OA90), la resistenza
serie Rs ha un valore trascurabile rispetto alla resistenza di giunzione.
A1 - Misura della capacità di giunzione
Questa misura, che richiede una attrezzatura abbastanza sofisticata, riveste
un’importanza limitata poiché in parallelo al diodo viene di solito collegato un
condensatore di valore ben più alto (si veda il paragrafo 4); nella maggior parte dei
casi si può tranquillamente accettare per Cj il valore dichiarato dai costruttori.
Una misura di precisione, per realizzare ad esempio sonde per frequenze più
alte, dove si omette la capacità di livellamento e si scelgono diodi a bassa capacità,
richiede un impedenzometro sul quale sia stato condotto uno studio abbastanza
raffinato sulle componenti parassite introdotte dallo strumento stesso; si tenga
presente che la misura deve essere fatta rispettando le condizioni di reale
funzionamento del diodo (assenza di polarizzazione in continua, segnale applicato
inferiore a 20 mVeff).
A2 - Misura del fattore di idealità
Il fattore di idealità "n" è un parametro adimensionale che compare
nell’espressione della caratteristica statica di un diodo reale come moltiplicatore
dell’"equivalente elettronico della temperatura" VT e indica quanto si discosta il
diodo in esame dal caso ideale (per il quale è n=1).
E‘ spesso necessario misurare questo parametro, poiché raramente i costruttori
lo riportano sui cataloghi (è più facile trovarlo per quei diodi espressamente
progettati per l’impiego come rivelatori).
Il valore del coefficiente "n" viene ricavato dalla caratteristica I-V, che deve
essere rilevata in regime dinamico con basso ciclo di utilizzo per evitare di
riscaldare il diodo e quindi farne derivare le caratteristiche.
Come mostrato in figura A.1, lo schema da adottare per questa misura consiste
in un generatore ad impulsi di bassa frequenza (nelle misure qui riportate è stata
usata un’onda quadra alla frequenza di circa 100 Hz con un ciclo di utilizzo del 510%) che pilota il diodo con una opportuna resistenza in serie Rd mediante la quale
possiamo misurare con un voltmetro la corrente che scorre nel diodo.
Sebbene per effettuare queste misure si possa usare un normale voltmetro, è
consigliabile utilizzare un oscilloscopio che permette sia di effettuare le misure di
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tensione sia di controllare che la lunghezza degli impulsi sia sufficiente. Infatti, a
causa della capacità parassita del diodo, la tensione V2 segue i fronti dell’onda
rettangolare in ingresso con legge esponenziale; ogni impulso deve durare almeno
il tempo che impiega la tensione V2 a raggiungere il valore di picco. L’impedenza
di ingresso dell’oscilloscopio è sufficientemente alta da non introdurre errori anche
senza l’uso di sonde x10; è però importante che l’oscilloscopio (a due tracce) sia
piuttosto sensibile. Un’ultima raccomandazione riguarda la banda passante che, viste
le basse frequenze in gioco e i segnali anche dell’ordine di pochi millivolt, deve
essere la più piccola possibile, riducendola quindi con l’apposito comando negli
oscilloscopi più veloci. In sintesi lo strumento più adatto per questo scopo avrà due
tracce, una banda passante di 10-20 MHz ed una sensibilità di 2-5 mV/div.
Figura A.1
Si eseguirà la misura stabilendo un certo numero di valori di V2, più fitti dove
si prevede un comportamento esponenziale e più diradati nella zona lineare. Per
ognuno di essi si misurerà la tensione V1 dalla quale sarà possibile ricavare il valore
di I.
La scelta del valore della resistenza Rd si basa sulla minimizzazione degli errori
di misura; si può dimostrare che questo accade quando la tensione V1 è doppia di
V2; perciò sarà sufficiente scegliere alcune resistenze con valori scalati di una
decade da sostituirsi durante la misura fino a soddisfare la condizione detta.
Da questi dati si ricava prima di tutto la corrente I come rapporto tra la caduta
di tensione (V1-V2) ed il valore della resistenza Rd. Dal circuito equivalente
completo del diodo si vede che la tensione che cade sulla giunzione non
corrisponde a quella applicata ai terminali, a causa della resistenza Rs che in questa
parte dello studio non può essere trascurata. Nella zona lineare della caratteristica
la maggior parte della tensione V2 cade sulla Rs, perciò dalla pendenza della
caratteristica I-V si può ricavare il valore di questa resistenza. E‘ utile a questo fine
far uso di un algoritmo di regressione lineare da applicarsi a valori molto più alti
della tensione di soglia e quindi in zona di alta dissipazione (di qui l’opportunità
di adottare la tecnica ad impulsi).
20
Tramite la conoscenza della Rs è possibile "depurare" il valore di V2 ed ottenere
il vero valore della tensione sulla giunzione (Vj = V2-Rs*I).
A questo punto l’analisi può essere condotta sulla zona esponenziale della
caratteristica, che fornisce informazioni sul comportamento della giunzione vera e
propria; effettuando una regressione lineare fra la tensione Vj ed il logaritmo della
corrente I (all’incirca nella zona compresa fra la tensione di soglia nVT e l’inizio
dell’influenza della Rs) è possibile ricavare la corrente di saturazione inversa Is ed
il fattore di idealità "n".
A3 - Misura della resistenza video
Sebbene questo valore possa essere ricavato dalla caratteristica I-V valutando
il valore della resistenza di giunzione per Vj →0 o calcolando il rapporto nVT/Is, è
facile vedere che si introduce in questo modo un errore piuttosto elevato. E‘
pertanto preferibile usare lo schema riportato in figura A.2, che si basa sul circuito
equivalente del diodo in continua presentato nel testo in figura 2.2.
Un generatore sinusoidale pilota il diodo in prova richiuso a massa per la
radiofrequenza dal condensatore di filtro C1; attraverso l’interruttore S1 la tensione
rivelata dal diodo viene applicata al carico, rappresentato dalla resistenza variabile
R3.
Figura A.2
In questo modo il millivoltmetro DC connesso all’uscita può misurare o tutta
la tensione rivelata dal diodo (con R3 scollegata) oppure la tensione ridotta dal
partitore Rv-R3. Attraverso queste due misure si può ricavare il valore di Rv
conoscendo quello di R3.
Le operazioni di misura consistono in:
1. fornire al diodo un segnale a RF tale da ricavare una tensione rivelata di circa
5 mV con R3 esclusa (S1 aperto);
2. leggere l’indicazione sul millivoltmetro in questa situazione;
3. collegare R3 (chiudendo S1);
4. regolare R3 per ottenere in uscita metà della tensione misurata al punto 2);
durante questa operazione il valore letto al punto 2) può variare, perciò la
21
misura richiede una serie di iterazioni alla fine delle quali inserendo il trimmer
la tensione rivelata si dimezza esattamente;
A questo punto evidentemente il valore di Rv è uguale a quello di R3 e per
conoscerlo basta misurare con un ohmetro questa resistenza, dopo averla scollegata
dal circuito tramite l’apertura di S1.
Le condizioni per questa misura non sono critiche, si usa un segnale sinusoidale
a 1 MHz, un millivoltmetro in DC che abbia un fondo scala di 10 mV e un comune
multimetro come ohmetro. La scelta della frequenza per la misura dipende dalle
capacità parassite, per il limite superiore, e dalla costante di tempo del filtro
rivelatore, per quello inferiore.
L’errore introdotto nella misura della tensione rivelata con un millivoltmetro
(che nella maggior parte dei casi ha impedenza di ingresso di almeno 1 MΩ) è
trascurabile per i diodi considerati, che hanno una Rv dell’ordine della decina di kΩ;
questo potrebbe non essere vero con diodi a bassissima corrente di saturazione
inversa.
22
APPENDICE B - Precisazioni sulla misura dell’attenuazione del filtro
Vogliamo illustrare i problemi riscontrati nella misura dell’attenuazione del filtro
di disaccoppiamento, che ha richiesto la messa a punto di una procedura specifica,
facente uso tra l’altro di strumentazione non comune e piuttosto costosa.
Lo schema del circuito di misura è riportato nel testo, in figura 3.3. I
componenti del filtro sono montati sul supporto di misura con la stessa disposizione
spaziale adottata per il montaggio della sonda, insieme al diodo rivelatore ed al
condensatore di equalizzazione. All’uscita il filtro deve essere pilotato dal segnale
che simula il disturbo; il partitore capacitivo serve a rispettare le necessità di
alimentare il filtro in maniera bilanciata, di simulare l’alta impedenza del
millivoltmetro e di far vedere alla tensione continua rivelata dal diodo
un’impedenza ugualmente alta. Il diverso valore dei due condensatori è risultato
necessario nella fase di messa a punto del circuito al fine di compensare gli effetti
parassiti di quella particolare realizzazione (durante la messa a punto è stato notato
che la corrente che scorre nei due rami differisce per effetti parassiti di richiusura
verso la massa del generatore).
Il prezzo da pagare per l’adattamento di impedenza è la forte attenuazione del
segnale del generatore; a ciò si supplisce usando un amplificatore di potenza (PA),
che deve essere in grado di lavorare con ROS infinito (il circuito che pilota è
praticamente aperto).
Per misurare il segnale a RF iniettato nel filtro non è possibile utilizzare sonde
di tensione, a meno che queste non siano a bassissima capacità d’ingresso (non più
di 0.5 pF), ma il loro costo non ne giustifica l’acquisto in relazione a questa
applicazione; la soluzione adottata per queste misure prevede invece l’uso di sonde
di corrente.
Nel montaggio realizzato per questa misura sono state previste due "spire
amperometriche" in serie ai due rami di alimentazione del filtro, su cui è possibile
effettuare la misura di corrente (le spire sono state realizzate con filo da 2 mm per
minimizzare gli effetti induttivi). Dopo aver rilevato la diversità di corrente fra i
due rami per gli effetti parassiti ed averla minimizzata come più sopra descritto, una
delle due spire è stata rimossa per giungere al circuito definitivo di figura 3.3.
Poiché il coefficiente di attenuazione che abbiamo definito nel testo consiste in
un rapporto di tensione, mentre il segnale misurato in ingresso è costituito da una
corrente, è necessario conoscere l’impedenza presentata dal filtro alle varie
frequenze. Questa può essere ottenuta mediante una misura normalizzata alle
terminazioni del filtro, realizzata cioè collegandosi al posto delle spire
amperometriche, dopo averle rimosse dal circuito. In tabella B.1 riportiamo i valori
dell’impedenza in questione, misurata con un Network Analyzer HP 8537A che
permette di normalizzare la misura con una procedura semplice e veloce; in
alternativa può essere usato un qualsiasi altro misuratore di impedenza eseguendo
la normalizzazione manualmente.
F [MHz]
Z [ohm]
|Z| [ohm]
23
2
12-j101
102
5
2.7-j41
41
10
0.8-j20.5
21
30
0.1-j6
6
50
0.1-j2.4
2.5
100
0.4+j1.5
1.5
Tabella B.1
Tornando al circuito di figura 3.3, le induttanze di blocco collegate ai capi del
diodo hanno lo scopo di simulare il circuito aperto dell’antenna e allo stesso tempo
lasciar passare la tensione continua rivelata.
Bisogna tenere presente che le induttanze di grosso valore necessarie per questo
scopo presentano risonanze proprie a frequenze piuttosto basse, sia che si tratti di
solenoidi avvolti in aria sia, e ancor peggio, che siano costituite da induttanze
miniaturizzate con nucleo ferromagnetico. Infatti le spire che compongono le
induttanze hanno una capacità non trascurabile e ciò comporta una risonanza propria
(di tipo parallelo) del componente; con i valori usati per queste misure si ottengono
risonanze di questo tipo proprio nella banda a cui siamo interessati. Bisogna invece
operare ben lontani da queste risonanze che producono effetti molto complessi e
misure errate. Una soluzione alternativa a questo problema consiste nel mettere in
parallelo all’induttanza una resistenza di valore abbastanza elevato da lasciare il
circuito verso il diodo aperto, ma abbastanza basso da ridurre notevolmente il
fattore di merito e quindi l’influenza della risonanza.
Per queste misure si è preferito comunque operare lontani dalla risonanza
tenendo conto del fatto che:
1. al di sotto della frequenza di risonanza propria dell’induttanza, il comportamento
è largamente induttivo e assicura un buon isolamento del filtro dal resto del
circuito di misura;
2. al di sopra della stessa frequenza di risonanza il comportamento è capacitivo,
ma la capacità è dell’ordine del picofarad e il filtro si trova nelle stesse
condizioni di isolamento.
La risonanza che si forma invece con il condensatore di blocco da 1 nF è in
genere a frequenza tanto bassa da non perturbare le misure; in ogni caso è
sufficiente aumentare il valore della capacità fino a portare questa risonanza a valori
sufficientemente bassi.
La misura del segnale rivelato dal diodo viene eseguita con un millivoltmetro
connesso a valle delle bobine di blocco, in modo differenziale con lo strumento
riferito alla massa del circuito.
Dalle misure eseguite si è rilevato che un collegamento fra il mobile dello
24
strumento e la massa dell’amplificatore riduce l’influenza dei conduttori circostanti
al circuito di misura (tra i quali l’operatore stesso).
Il millivoltmetro usato (Keithley mod. 155 Null Detector Microvoltmeter)
presenta appunto un ingresso differenziale, un morsetto riferito alla massa dello
strumento e uno al contenitore metallico dello stesso; l’alimentazione è a batterie
per essere svincolati dalla rete. Questo sembra essere il sistema più adatto, visti i
campi a radiofrequenza piuttosto elevati e le deboli tensioni rivelate (ovvero vista
la grossa attenuazione del filtro).
f [MHz]
Atten. [dB]
std err [%]
2
59
8
5
69
8
10
64
7
30
71
6
50
73
8
100
73
8
Tabella B.2
La tabella B.2 riporta i risultati delle misure effettuate su tutta la banda di
interesse attraverso pochi punti di misura, poiché la precisione di queste misure è
intrinsecamente bassa (alcuni dB) a causa di molteplici fattori perturbanti.
Con i valori di questa tabella si è ottenuto il grafico riportato nel testo, in figura
3.4.
25
APPENDICE C - Caratterizzazione complesso diodo-equalizzatore-filtro
Come accennato nel testo l’errore che si commette nella progettazione della
sonda è dovuto principalmente all’incapacità di determinare con precisione i
parametri caratteristici del sensore.
Per convalidare questa affermazione si è proceduto ad una misura di
caratterizzazione dell’intera sonda escluso il dipolo, simulando quest’ultimo con un
generatore a RF opportunamente adattato e collegato. Il circuito di misura è
riportato in figura C.1.
Figura C.1
Dato che il generatore RF ha un’impedenza di uscita di 50 Ω, mentre il diodo
deve lavorare con una sorgente quanto più simile a quella del dipolo, sono stati
inseriti nel circuito i due condensatori da 1 pF; essi devono essere misurati
accuratamente, in modo da conoscere con precisione il valore della capacità
corrispondente alla Ca. Alla frequenza di 5 MHz i due condensatori presentano una
reattanza di circa 30 kΩ, che consente di trascurare la resistenza interna del
generatore; inoltre, sempre grazie all’alto valore di questa reattanza, si può ritenere
che il diodo si trovi bilanciato rispetto a massa pur non essendolo il generatore.
Definiamo il coefficiente di trasferimento K’ con la relazione:
(C.1)
combinando la (1.1) e la (4.8) otteniamo:
26
(C.2)
che, con i valori del diodo impiegato, diviene:
(C.3)
Avendo utilizzato per simulare la Ca due condensatori (nominalmente da 1 pF) che,
misurati in serie, hanno fornito Ca=0.42 pF e avendo misurato inoltre CTOT=14.3 pF,
si ottiene:
(C.4)
Per la misura della CTOT è stato usato un impedenzometro vettoriale connesso
ai capi del diodo; il valore misurato, opportunamente depurato dai parassiti
introdotti dall’impedenzometro stesso, deve essere trasformato in un bipolo
parallelo: la parte reattiva rappresenta la reattanza del condensatore CTOT; nella
misura bisogna fare attenzione che l’intensità del segnale dello strumento misuratore
sia simile a quello che in realtà viene fornito dall’antenna.
La misura di caratterizzazione consiste nel rilevare la tensione a RF Vs ai capi
del generatore e quella rivelata Vr, letta con lo stesso misuratore DC usato nella
sonda.
Le misure così effettuate (con i componenti indicati in figura C.1) hanno fornito
i risultati riportati in tabella C.1.
Vr
[mV]
Vs
[mVeff]
K’
[V-1]
0.3
161
11.57*10-3
1
288
12.06*10-3
3
516
11.27*10-3
101
956
10.94*10-3
Tabella C.1
1.
Questa misura cade al di fuori della zona quadratica del diodo rivelatore impiegato.
27
Dalle prime tre misure si ricava un valore medio K’ = 11.63*10-3 V-1.
Lo scarto relativo tra il valore di K’ misurato e quello calcolato è pari allo
0.4%; al di là di questo risultato, evidentemente fortunato, l’errore tipico che si può
commettere nel prevedere il valore di K’ è dell’ordine di qualche unità percentuale.
Il grosso dell’errore insito nella valutazione a priori del K complessivo della
sonda deriva quindi dall’incertezza sui parametri Lel e Ca del sensore. Non siamo
in grado di stabilire esattamente quale di questi due parametri sia maggiormente
responsabile di questa incertezza, poiché la lunghezza elettrica Lel non è misurabile
direttamente, mentre la capacità Ca lo è solo con un grosso margine di errore (si
veda l’Appendice D). D’altra parte, dalla misura a posteriori (cioè dalla misura del
K) non si possono ricavare in pratica informazioni su questi due parametri
singolarmente, ma solo sul loro prodotto. Questo appare chiaro se ricaviamo dalla
(4.8) una espressione approssimata per K, tenendo conto che, nei casi tipici, la
resistenza Ri del misuratore è molto maggiore delle resistenze Rv del diodo e Rf del
filtro, e la capacità di equalizzazione C è molto maggiore della capacità di antenna
Ca; sotto queste ipotesi la (4.8) diviene:
(C.5)
Risulta pertanto giustificato il nostro approccio del paragrafo 1, consistente nel
ritenere esatto per definizione il valore teorico (1.2) della lunghezza elettrica e nel
ricavare il valore di Ca da misure di K eseguite su sonde complete di cui sia stato
preventivamente caratterizzato il gruppo rivelatore-equalizzatore-filtro.
28
APPENDICE D - Misura della capacità di antenna
Discutiamo brevemente alcuni problemi relativi alla misura della capacità di
antenna Ca definita nel paragrafo 1. Il modello di sensore a cui faremo riferimento
è schematizzato in figura D.1 per l’aspetto geometrico-fisico, in figura D.2 per
quello circuitale.
Figura D.1
Figura D.2
La capacità vista "guardando dentro" i morsetti AB del dipolo è evidentemente
data da:
(D.1)
essa potrebbe essere misurata direttamente solo mediante un capacimetro differenziale; disponendo invece di un impedenzometro vettoriale con ingresso riferito
a massa occorre risalire alla Ca da misure indirette. Abbiamo preso in
considerazione tre possibilità.
1. Collegare la sonda dell’impedenzometro tra A e B, con B connesso al lato di
massa della sonda; in questo modo si misura evidentemente:
(D.2)
2. Cortocircuitare A e B e collegare la sonda dell’impedenzometro tra AB e la
massa; in questo modo si misura:
(D.3)
3. Tagliare in due il dipolo lungo il piano di simmetria (indicato con (GND) in
figura D.1) ed appoggiare uno dei semidipoli così ottenuti su un piano
29
metallico, in posizione perpendicolare al piano stesso; misurare quindi la
capacità tra il semidipolo ed il piano; rileveremo anche in questo caso il valore
C1 della (D.2) col vantaggio di una migliore affidabilità e riproducibilità grazie
alla presenza del piano metallico, che viene a costituire un riferimento di massa
ben determinato.
Il valore di Ca sarà dedotto da C1 o C2 con la relazione:
(D.4)
In entrambi i casi la misura Cm letta sullo strumento deve essere depurata del
valore della capacità parassita Cp della sonda dell’impedenzometro:
(D.5)
Questo rappresenta una notevole fonte di errore a causa del fatto che Cm e Cp sono
all’incirca dello stesso ordine di grandezza; se infatti ε è l’errore relativo su Cm e
Cp (presumibilmente uguale), l’errore sul valore depurato risulta:
(D.6)
per cui quanto più i valori di Cm e Cp sono simili, tanto più risulta inficiata la
precisione della misura.
Per completezza riportiamo in figura D.3 alcune misure effettuate col metodo
2) su sensori di varie lunghezze e larghezze.
Figura D.3
30
BIBLIOGRAFIA
Per maggiori dettagli o approfondimenti sulle questioni trattate il lettore può
consultare:
Polytechnic Institute of Brooklyn - Microwave Research Institute: "Handbook
of Electronic Measurements" - Vol.II.
F.E.Terman and J.M.Pettit: "Electronic measurements"; McGraw-Hill Book
Company, 1952.
Hewlett & Packard Application Note 907: "The hot carrier diode: theory,
design, and application"; May 1967.
F.M.Greene: "NBS Field-Strength Standards and Measurements (30 Hz to 1000
MHz)"; Proceedings of the IEEE, Vol.55, No.6, June 1967.
H.I.Bassen and G.S.Smith: "Electric field probes - A review"; IEEE
Transactions on Antennas and Propagation, Vol.AP-31, No.5, September 1983.
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