Cass. pen. Sez. II Sent., 16/10/2007, n. 45993
CONCUSSIONE
In relazione al delitto di concussione, l'abuso dei poteri da parte del soggetto agente
e la conseguente costrizione od induzione del soggetto passivo a dare od a
promettere denaro od altra utilità prescinde totalmente dalla legittimità o meno
dell'attività compiuta, atteso che il requisito oggettivo del reato in questione può
essere integrato anche attraverso un atto di ufficio doveroso compiuto in maniera
antidoverosa, il che si verifica allorché tale atto sia posto in essere quale mezzo per
conseguire fini illeciti, ossia in violazione dei principi di buon andamento ed
imparzialità della pubblica amministrazione. (Fattispecie nella quale il ricorrente,
custode giudiziario, recatosi sul posto ove si trovavano alcuni beni pignorati per
procedere alla loro rimozione, aveva accordato una proroga al debitore,
acconsentendo a lasciare i predetti beni presso il domicilio di quest'ultimo, previa
corresponsione di un modesto compenso quale contropartita del favore). (Rigetta,
App. Palermo, 8 Luglio 2005)
Per distinguere il reato di concussione da quello di corruzione non deve aversi
riguardo né al soggetto che prende l'iniziativa né alla composizione dei contrapposti
interessi in un "accordo", bensì unicamente alla sussistenza o meno di uno stato di
soggezione in cui venga a trovarsi il privato, che vizia a monte l'assetto dei reciproci
interessi raggiunto nel c.d. "accordo"; per integrare il suddetto stato di soggezione è
sufficiente che il privato si sia determinato alla dazione ovvero all'accordo per
evitare un maggior danno, anche in difetto di uno stato di timore psicologico verso
il pubblico ufficiale. (Rigetta, App. Palermo, 8 Luglio 2005)
PARTI IN CAUSA
Procuratore Generale della repubblica presso Corte d'Appello di Palermo c. C.F.
FONTI
CED Cassazione, 2007
Cass. pen. Sez. VI, 21/01/2005, n. 12175
CONCUSSIONE
Ai fini della configurabilità del delitto di concussione, le minacce da parte del
pubblico ufficiale ed il conseguente stato di timore del soggetto passivo non sono
un elemento determinante del discrimine con la fattispecie della corruzione, atteso
che la condotta induttiva può estrinsecarsi semplicemente in una pressione
psicologica sulla vittima a sottostare ad un'ingiusta richiesta, dovendosi ritenere
rilevante l'oggettivo condizionamento della libertà morale della persona offesa, e
non l'effetto psicologico che eventualmente da esso consegue; da ciò si ricava che
non è di per sé decisivo l'eventuale vantaggio derivante al privato dall'accettazione
dell'illiceità proposta dal pubblico ufficiale, potendo il concusso determinarsi al
comportamento richiesto per mero calcolo economico, attuale o futuro, o per altra
valutazione utilitaristica (nella specie, l'imputato, nella sua qualità di componente
della commissione medica periferica per le pensioni di guerra e di invalidità civile,
induceva soggetti, che da anni avevano presentato domanda d'indennità di
accompagnamento, a versargli ingenti somme di denaro per "una rapida definizione
della pratica").
PARTI IN CAUSA
T. e altri
FONTI
Foro It., 2006, 1, 2, 23
Cass. pen. Sez. VI, 03/11/2003, n. 4898
CONCUSSIONE
CORRUZIONE DI PUBBLICO UFFICIALE
Il criterio distintivo tra corruzione e concussione non può essere rinvenuto né in
base al criterio dell'iniziativa, né a quello dell'atto conforme o contrario ai doveri
d'ufficio, né a quello del vantaggio giusto o ingiusto cui il privato tende, criteri tutti
di valore indiziario e non di essenza. Il vero elemento discriminante tra le figure
criminose si delinea solo considerando la posizione psicologica del privato a fronte
del pubblico ufficiale. Se tale posizione risulta viziata da vis compulsiva per
prevaricazione di quest'ultimo si ha concussione, a nulla rilevando il vantaggio che il
privato può indirettamente trarre.
PARTI IN CAUSA
D. G.
Cass. pen. Sez. VI Sent., 15/11/2007, n. 8906
CONCUSSIONE
In tema di concussione, l'utilità, che il pubblico ufficiale "indebitamente" si fa
promettere o dare, può anche identificarsi in una pretesa di per sé non illecita, ma la
cui realizzazione venga ottenuta non con gli strumenti legali apprestati
dall'ordinamento, bensì col mezzo dell'induzione o della costrizione posta in essere
mediante l'abuso funzionale. (Fattispecie in cui l'agente, maresciallo dei carabinieri,
aveva costretto il responsabile di un sinistro stradale commesso ai suoi danni a
risarcirgli il danno subito, prospettandogli nel caso contrario la possibilità di ritiro
della patente). (Rigetta, App. Brescia, 10 Marzo 2006)
PARTI IN CAUSA
L.V.
FONTI
CED Cassazione, 2008
Cass. pen. Sez. VI, 01/02/2006, n. 21991
CONCUSSIONE
Ai fini della configurabilità del delitto di concussione, nell'espressione "altra utilità"
di cui all'art. 317 cod. pen. va ricompreso anche il vantaggio di natura politica, da
non identificarsi con il vantaggio di natura istituzionale, che in quanto giova
esclusivamente alla P.A., esclude la sussistenza del reato. (Fattispecie nella quale la
Corte ha ravvisato il delitto di concussione nella condotta del Sindaco che aveva
esercitato indebite pressioni su di un consigliere comunale, provocandone le
dimissioni, così da liberarsi di un avversario politico). (Annulla in parte con rinvio,
App. Bari, 6 aprile 2004)
PARTI IN CAUSA
P.
FONTI
CED Cassazione, 2006
Cass. pen. Sez. VI, 18/11/2004, n. 700
CONCUSSIONE
Tra le utilità rilevanti ai fini della configurabilità della concussione rientrano anche le
prestazioni sessuali.
Cass. pen. Sez. V, 10/11/2000, n. 13142
CONCUSSIONE
CORRUZIONE DI PUBBLICO UFFICIALE
In tema di corruzione e di concussione, le prestazioni sessuali vanno ascritte alla
categoria della "utilità" penalmente rilevanti, poiché rappresentano un vantaggio per
il funzionario che non ottenga la promessa o l'effettivo godimento.
PARTI IN CAUSA
B. e altri
Cass. pen. Sez. Unite, 11/05/1993
CONCUSSIONE
Nel concetto di utilità quale estremo della fattispecie di concussione - usato con
ampiezza dal legislatore per fornire all'interprete un vasto metro di applicazione
nell'intento di assicurare meglio il conseguimento della tutela a cui è diretta
l'incriminazione de qua - rientrano anche i favori sessuali (non limitati alle
prestazioni sessuali delle prostitute), in quanto rappresentano un vantaggio per il
funzionario che ottenga la promessa o la effettiva prestazione; trattasi di un
comportamento rilevante, certamente condannato dalla consuetudine e dalla
opinione collettiva, pregiudizievole per l'immagine della p.a., del tutto estraneo, anzi
contrario, ai compiti ed alle finalità dell'amministrazione medesima.
Cass. pen. Sez. VI, 16/12/2005, n. 2677
CONCUSSIONE
TRUFFA
La distinzione tra concussione e truffa, che si pone solamente in riferimento alla
concussione per induzione, va individuata nel fatto che nella concussione il privato
mantiene la consapevolezza di dare o promettere qualcosa di non dovuto, mentre
nella truffa la vittima viene indotta in errore dal soggetto qualificato circa la
doverosità oggettiva delle somme o delle utilità date o promesse. (In applicazione di
tale principio, la Corte ha ritenuto corretta la qualificazione come tentativo di
concussione della condotta del medico ospedaliero che aveva tentato di indurre una
paziente a sottoporsi, dietro pagamento, ad un intervento di interruzione volontaria
della gravidanza presso il proprio studio privato, rappresentandole falsamente
l'impossibilità di effettuarlo presso la pubblica struttura). (Rigetta, App. Messina, 2
Febbraio 2004)
FONTI
CED Cassazione, 2006
Riv. Pen., 2007, 1, 92
Cass. pen. Sez. VI, 26/09/2006, n. 38698
CORRUZIONE DI PUBBLICO UFFICIALE
In tema di delitti contro la P.A., la nozione di "atto di ufficio" comprende una vasta
gamma di comportamenti umani, effettivamente o potenzialmente riconducibili
all'incarico del pubblico ufficiale, e quindi non solo il compimento di atti di
amministrazione attiva, la formulazione di richieste o di proposte, l'emissione di
pareri, ma anche la tenuta di una condotta meramente materiale o il compimento di
atti di diritto privato. (Rigetta, App. Roma, 30 Giugno 2004)
FONTI
CED Cassazione, 2006
Cass. pen. Sez. VI, 23/01/2004, n. 12237
CORRUZIONE DI PUBBLICO UFFICIALE
A fronte dell'esercizio di un potere discrezionale del pubblico ufficiale, ricorrono gli
estremi della corruzione propria (art. 319 c.p.) nelle ipotesi in cui il soggetto abbia
accettato, dietro compenso, di non esercitare la discrezionalità che gli è stata
attribuita dall'ordinamento o di usarla in modo distorto, alterandone
consapevolmente i canoni di esercizio e ponendo pertanto in essere una attività
contraria ai suoi doveri di ufficio. Né può assumere rilievo scriminante ai fini della
qualificazione dell'esercizio del potere discrezionale come "atto contrario ai doveri di
ufficio" la circostanza che gli atti amministrativi posti in essere dal pubblico ufficiale
abbiano superato il vaglio di legittimità del giudice amministrativo, trattandosi di
risultato contingente e particolare, connesso alle concrete modalità di impostazione
e di svolgimento del giudizio amministrativo (in applicazione di tale principio, la
Corte ha valutato come "atti contrari ai doveri di ufficio" le modifiche apportate,
sulla base di intese corruttive, dai soggetti investiti del potere decisionale alla delibera
consiliare relativa alla privatizzazione del servizio di raccolta dei rifiuti solidi urbani,
in modo da modellare le determinazioni amministrative alle esigenze di determinate
imprese, ancorché la legittimità di tali modifiche risultasse da una pronuncia del
T.A.R.).
FONTI
CED Cassazione, 2004
Cass. pen. Sez. V Sent., 03/12/2007, n. 153
CORRUZIONE DI PUBBLICO UFFICIALE
Integra il reato di cui all'art. 319 cod. pen. (corruzione per un atto contrario ai doveri
d'ufficio) la condotta del pubblico amministratore che, investito di potere
decisionale apporti, sulla base di intese corruttive, modifiche ad un assetto
normativo, così da modellare le determinazioni amministrative che ne derivano in
modo utile alle esigenze di determinate imprese, considerato che anche nell'ambito
delle scelte discrezionali del pubblico ufficiale sussiste la contrarietà ai doveri
d'ufficio quando egli ponga in essere atti formalmente regolari ma prescindendo
volutamente - in presenza di un accordo corruttivo - dall'osservanza dei suoi doveri,
quantomeno quelli di imparzialità e buon andamento dell'amministrazione. (In
applicazione di questo principio la S.C. ha ritenuto immune da censure la decisione
con cui il giudice di appello ha ravvisato gli estremi del reato de quo nella emissione
di un decreto dell'assessore ai lavori pubblici della Regione Sicilia, costituente la base
normativa per la successiva attribuzione di lavori pubblici ad un consorzio, in
regime di convenzione, precluso dalla normativa preesistente, anziché con bando di
gara). (Annulla in parte con rinvio, App. Palermo, 8 gennaio 2007)
PARTI IN CAUSA
P.G. C.A. Palermo c. D.B.A.
FONTI
CED Cassazione, 2008
Cass. pen. Sez. VI Sent., 09/07/2007, n. 35118
CORRUZIONE DI PUBBLICO UFFICIALE
Il delitto di corruzione si configura come reato a duplice schema, principale e
sussidiario. Secondo quello principale, il reato viene commesso con due essenziali
attività, strettamente legate tra loro e l'una funzionale all'altra: l'accettazione della
promessa e il ricevimento dell'utilità, con il quale finisce per coincidere il momento
consumativo, versandosi in un'ipotesi assimilabile a quella del reato progressivo.
Secondo lo schema sussidiario, che si realizza quando la promessa non viene
mantenuta, il reato si perfeziona con la sola accettazione della promessa che
identifica il momento di consumazione del reato. (Fattispecie relativa a corruzione in
atti giudiziari, nella quale, essendo stati corrisposti compensi in tempi diversi, il
momento di consumazione del reato è stato individuato nella corresponsione
dell'ultimo di essi). Conf. sez. VI, 9 luglio 2007 n. 35119, Figini, e n. 35220, Linguiti,
non massimate. (Rigetta, Trib. lib. Genova, 19 Aprile 2007)
Anche la corruzione in atti giudiziari impropria può integrare il delitto previsto
dall'art. 319-ter cod.pen., giusta il richiamo in esso contenuto agli artt. 318 e 319
stesso codice, là dove le utilità economiche costituiscano il prezzo della
compravendita della funzione giudiziaria, considerata nel suo complessivo
svolgimento, sia trascorso sia futuro. (Rigetta, Trib. lib. Genova, 19 Aprile 2007)
PARTI IN CAUSA
F.G.
FONTI
CED Cassazione, 2007
Cass. pen. Sez. VI, 04/05/2006, n. 33435
CORRUZIONE DI PUBBLICO UFFICIALE
Il delitto di corruzione appartiene alla categoria dei reati "propri funzionali" perché
elemento necessario di tipicità del fatto è che l'atto o il comportamento oggetto del
mercimonio rientrino nelle competenze o nella sfera di influenza dell'ufficio al quale
appartiene il soggetto corrotto, nel senso che occorre che siano espressione, diretta
o indiretta, della pubblica funzione esercitata da quest'ultimo, con la conseguenza
che non ricorre il delitto di corruzione passiva se l'intervento del pubblico ufficiale
in esecuzione dell'accordo illecito non comporti l'attivazione di poteri istituzionali
propri del suo ufficio o non sia in qualche maniera a questi ricollegabile, e invece sia
destinato a incidere nella sfera di attribuzioni di pubblici ufficiali terzi rispetto ai
quali il soggetto agente è assolutamente carente di potere funzionale. (Annulla in
parte senza rinvio, App. Milano, 23 maggio 2005)
Nel delitto di corruzione, che è a concorso necessario ed ha una struttura bilaterale,
è ben possibile il concorso eventuale di terzi, sia nel caso in cui il contributo si
realizzi nella forma della determinazione o del suggerimento fornito all'uno o
all'altro dei concorrenti necessari, sia nell'ipotesi in cui si risolva in un'attività di
intermediazione finalizzata a realizzare il collegamento tra gli autori necessari.
(Annulla in parte senza rinvio, App. Milano, 23 Maggio 2005)
Nel delitto di corruzione in atti giudiziari, per stabilire se la decisione giurisdizionale
sia conforme o contraria ai doveri di ufficio deve aversi riguardo non al suo
contenuto ma al metodo con cui a essa si perviene, nel senso che il giudice, che
riceve da una parte in causa denaro o altra utilità o ne accetta la promessa, rimane
inevitabilmente condizionato nei suoi orientamenti valutativi, e la soluzione del caso
portato al suo esame, pur accettabile sul piano della formale correttezza giuridica,
soffre comunque dell'inquinamento metodologico a monte. (Conforme sez. VI, n.
33519/06, non massimata sul punto). (Annulla in parte senza rinvio, App. Milano,
23 maggio 2005)
FONTI
CED Cassazione, 2006
Cass. pen. Sez. VI Sent., 27/03/2008, n. 17616
PECULATO
Integra il delitto di peculato per appropriazione la condotta del concessionario della
riscossione delle imposte che omette di versare le somme di denaro ricevute
nell'adempimento della funzione pubblica di riscossione, atteso che quel denaro
entra nella disponibilità della P.A. nel momento stesso della consegna al pubblico
ufficiale incaricato dell'esazione. (Fattispecie relativa alla diversa imputazione di un
obbligo di riversamento di somme incassate dai contribuenti e destinate alla
copertura di tributi, o carichi di altra natura, diversi da quelli per i quali erano state
ricevute). (Rigetta in parte, App. Salerno, 10 Maggio 2007)
PARTI IN CAUSA
P.F.
Cass. pen. Sez. VI, 15/04/2008, n. 20326
PECULATO
Perfeziona la fattispecie di peculato navigare in internet dal computer dell'ufficio
indipendentemente da un incremento dei costi a carico dell'ente pubblico, poiché
oggetto giuridico del reato, oltre al patrimonio, è il buon andamento della P.A..
PARTI IN CAUSA
D.M.M.
Cass. pen. Sez. VI, 22/01/2007, n. 11633
PECULATO
In tema di peculato, la nozione di possesso di danaro deve intendersi non solo come
comprensiva della detenzione materiale della cosa, ma anche della sua disponibilità
giuridica, nel senso che il soggetto agente deve essere in grado, mediante un atto
dispositivo di sua competenza o connesso a prassi e consuetudini invalse nell'ufficio,
di inserirsi nel maneggio o nella disponibilità del danaro e di conseguire quanto poi
oggetto di appropriazione. Ne consegue che l'inversione del titolo del possesso da
parte del pubblico ufficiale che si comporti "uti dominus" nei confronti di danaro
del quale ha il possesso in ragione del suo ufficio e la sua conseguente
appropriazione possono realizzarsi anche nelle forme della disposizione giuridica,
del tutto autonoma e libera da vincoli, del danaro stesso, indisponibile in ragione di
norme giuridiche o di atti amministrativi. (Fattispecie relativa a misura cautelare
personale disposta nei confronti del segretario di una fondazione che aveva
sottoscritto quote di un fondo di investimento utilizzando danaro dell'ente di cui
aveva la disponibilità per ragioni di ufficio, peraltro in violazione di una delibera del
c.d.a. che vietava espressamente l'assunzione di rischi). (Annulla in parte con rinvio,
Trib. lib. Cagliari, 3 luglio 2006)
FONTI
CED Cassazione, 2007
Cass. pen. Sez. VI Sent., 26/02/2007, n. 21335
PECULATO
PUBBLICO UFFICIALE
Integra gli estremi del peculato, e non del peculato d'uso, la condotta del soggetto
incaricato di pubblico servizio che utilizzi il telefono d'ufficio per chiamate a linee
telefoniche a contenuto erotico, a nulla rilevando che egli abbia successivamente
rimborsato l'ente di appartenenza delle relative spese. (Rigetta, App. Palermo, 22
Febbraio 2006)
FONTI
CED Cassazione, 2007
Cass. pen. Sez. VI, 10/01/2007, n. 10233
PECULATO
PUBBLICO UFFICIALE
Non è configurabile il reato di peculato nell'uso momentaneo di un'autovettura di
ufficio, quando la condotta abusiva non abbia leso la funzionalità della P.A. e non
abbia arrecato un danno patrimoniale apprezzabile. (In applicazione di tale
principio, la Corte ha ritenuto non configurabile il reato di peculato d'uso
nell'occasionale utilizzazione per scopi personali da parte di un carabiniere
dell'autovettura di ufficio). (Annulla senza rinvio, App. Roma, 14 novembre 2005)
PARTI IN CAUSA
S.B.
FONTI
CED Cassazione, 2007
Cass. pen. Sez. VI, 09/05/2006, n. 25273
PECULATO
L'indebito uso, per scopi personali, dell'utenza telefonica di cui il pubblico ufficiale
abbia la disponibilità per ragioni d'ufficio, comportando l'appropriazione, da parte
dell'agente, senza possibilità di immediata restituzione, di energie costituite da
impulsi elettronici entrati a far parte del patrimonio della P.A., è suscettibile di dar
luogo alla configurabilità non del peculato d'uso, ma del peculato ordinario, sempre
che possa riconoscersi un apprezzabile valore economico agli impulsi utilizzati per
ogni singola telefonata, ovvero anche per l'insieme di più telefonate, quando queste
siano talmente ravvicinate nel tempo da poter essere considerate come costituenti
un'unica condotta. (Annulla senza rinvio, App. Palermo, 10 Novembre 2004)
FONTI
CED Cassazione, 2006
Cass. pen. Sez. VI, 01/02/2005, n. 9216
PECULATO
Ai fini della configurabilità del reato di cui all'art. 314, secondo comma, c.p., per
"uso momentaneo" della cosa deve intendersi un uso non meramente istantaneo, ma
temporaneo e tale, quindi, pur se di carattere episodico ed occasionale, da realizzare
una "appropriazione" e da compromettere, in ogni caso, la destinazione istituzionale
della cosa arrecando un pregiudizio, sia pure modesto, ma comunque apprezzabile,
alla funzionalità della pubblica amministrazione. (Nella specie, in applicazione di tale
principio, la Corte ha ritenuto che esulasse il reato de quo in un caso in cui esso era
stato configurato a carico di un soggetto visto circolare alla guida di un'autovettura
di servizio con a bordo persone non legittimate ad avvalersene, senza che fosse stato
poi accertato né quali fossero state le ragioni del sospettato uso improprio del
veicolo né la effettiva durata e consistenza di tale uso).
PARTI IN CAUSA
T.
FONTI
Riv. Pen., 2005, 834
Cass. pen. Sez. VI, 12/12/2000, n. 381
PECULATO
A seguito della l. n. 86 del 1990 l'elemento oggettivo del reato di peculato è, in ogni
caso, costituito esclusivamente dall'appropriazione, la quale si realizza con una
condotta del tutto incompatibile con il titolo per cui si possiede, da cui deriva una
estromissione totale del bene dal patrimonio dell'avente diritto con il conseguente
incameramento dello stesso da parte dell'agente. Sul piano dell'elemento soggettivo
si realizza il mutamento dell'atteggiamento psichico dell'agente nel senso che alla
rappresentazione di essere possessore della cosa per conto di altri succede quella di
possedere per conto proprio. Detti elementi debbono, quindi, sussistere anche
nell'ipotesi del peculato d'uso pur se, in tale ipotesi, l'appropriazione è finalizzata ad
un uso esclusivamente momentaneo della cosa. Esula, invece, la figura del peculato,
sussistendo quella dell'abuso d'ufficio, quando si sia in presenza di una distrazione a
profitto proprio la quale si concretizzi semplicemente in un indebito uso del bene
che non comporti la perdita dello stesso e la conseguente lesione patrimoniale a
danno dell'avente diritto. (In applicazione di tali principi la S.C. ha escluso la
sussistenza del reato di peculato nella condotta di utilizzazione, da parte di alcuni
docenti universitari, di strumentazioni e strutture dell'Università per l'esecuzione di
libera attività professionale, ravvisandosi, invece, il reato di cui all'art. 323 c.p.).
PARTI IN CAUSA
G. e altri
FONTI
CED Cassazione, 2001
Cass. pen. Sez. VI Sent., 09/04/2008, n. 31688
ABUSO DI UFFICIO
Abuso di ufficio, in genere
Integra il delitto di abuso d'ufficio la condotta del pubblico dipendente di indebito
uso del bene che non comporti la perdita dello stesso e la conseguente lesione
patrimoniale a danno dell'avente diritto. (Nella fattispecie, la Corte ha escluso la
configurabilità del peculato, posto che il delitto era stato consumato da un pubblico
dipendente che, a fini privati, usava il collegamento "a forfait" della P.A. a Internet cosiddetta tariffa "flat" -, senza causare all'amministrazione un maggior costo e
dunque senza che potesse configurarsi una condotta appropriativa). (Annulla senza
rinvio, App. Taranto, 5 Luglio 2007)
Cass. pen. Sez. VI, 11/10/2005, n. 12769
ABUSO DI UFFICIO
Abuso di ufficio, in genere
Non è idonea a rendere configurabile la violazione di legge rilevante ai fini
dell'integrazione del delitto di abuso d'ufficio la sola inosservanza di norme di
principio o di quelle genericamente strumentali alla regolarità dell'azione
amministrativa. (Nella specie, in applicazione di tale principio, la Corte, in un caso in
cui all'imputato erano stati contestati i reati di falso e di abuso d'ufficio per avere
alterato la copia di una circolare al fine di danneggiare un dipendente, ha escluso
che, una volta ritenuta l'insussistenza del primo di detti reati, potesse affermarsi la
sussistenza del secondo, con riferimento alla dedotta violazione, in particolare,
dell'art. 97 Cost.). (Rigetta, App. Cagliari, 18 Febbraio 2004)
PARTI IN CAUSA
Procuratore Generale presso la Corte d'Appello di Cagliari c. F.D.
FONTI
CED Cassazione, 2006
Cass. pen. Sez. VI, 10/04/2007, n. 22702
ABUSO DI UFFICIO
Abuso di ufficio, in genere
Perchè una violazione di legge sia in grado di integrare la fattispecie di abuso
d'ufficio occorre che siano soddisfatti due presupposti: che la norma violata non sia
genericamente strumentale alla regolarità dell'attività amministrativa ma vieti
puntualmente il comportamento sostanziale del pubblico ufficiale; che l'agente abbia
violato leggi e regolamenti che di questi abbiano i caratteri formali e il regime
giuridico, non essendo sufficiente un qualunque contenuto materialmente normativo
della disposizione trasgredita.
L'art. 97, Cost. non ha carattere precettivo ma ha valore meramente programmatico,
sicchè i principi ivi contenuti, per il carattere generale che li distingue, non sono
idonei a costituire oggetto della violazione che può dar luogo all'integrazione del
reato previsto dall'art. 323, c.p.
PARTI IN CAUSA
G. M.
FONTI
Massima redazionale, 2007
Cass. pen. Sez. VI, 18/10/2006, n. 38965
ABUSO DI UFFICIO
Abuso di ufficio, in genere
Il reato di abuso di ufficio, connotato da violazione di norme di legge o di
regolamento, è configurabile non solo quando la condotta tenuta dall'agente sia in
contrasto con il significato letterale, logico o sistematico della disposizione di
riferimento, ma anche quando la stessa contraddica lo specifico fine perseguito dalla
norma, concretandosi in uno "svolgimento della funzione o del servizio" che
oltrepassa ogni possibile opzione attribuita al pubblico ufficiale o all'incaricato di
pubblico servizio per realizzare tale fine. (In applicazione di tale principio, la Corte
ha ritenuto configurabile il suddetto reato in capo ai pubblici amministratori addetti
al controllo di una fondazione ex art. 25 cod. civ., allorquando il potere loro affidato
per assicurare l'aderenza dell'operato dell'ente alle finalità previste dall'atto
costitutivo sia esercitato in modo da ignorare tali obiettivi e al solo fine di
procacciare vantaggi patrimoniali agli amministratori). (Annulla senza rinvio, App.
Milano, 21 Settembre 2004)
PARTI IN CAUSA
F. e altri
FONTI
CED Cassazione, 2006
Cass. pen. Sez. VI, 25/01/2007, n. 11620
Abuso di ufficio, in genere
La violazione degli strumenti urbanistici, pur non potendosi questi configurare come
norme di legge o di regolamento, integra, nei congrui casi, il reato di abuso di
ufficio, in quanto rappresenta solo il presupposto di fatto della violazione della
normativa legale in materia urbanistica, alla quale deve farsi riferimento quale dato
strutturale della fattispecie delittuosa prevista dall'art. 323 cod. pen. (Fattispecie nella
quale il capo dell'ufficio tecnico di un Comune aveva dato, in spregio degli strumenti
urbanistici, parere favorevole al progetto, presentato dal segretario dello stesso
Comune, di ricostruzione di un fabbricato demolito nel centro storico). (Rigetta,
App. Reggio Calabria, 24 aprile 2006)
FONTI
CED Cassazione, 2007
Cass. pen. Sez. VI Sent., 14/06/2007, n. 37531
ABUSO DI UFFICIO
Abuso di ufficio, in genere
In tema di abuso d'ufficio, il requisito del vantaggio patrimoniale va riferito al
complesso dei rapporti giuridici a carattere patrimoniale e sussiste, pertanto, non
solo quando l'abuso sia volto a procurare beni materiali o altro, ma anche quando sia
volto a creare un accrescimento della situazione giuridica soggettiva a favore di colui
nel cui interesse l'atto è stato posto in essere. (Fattispecie relativa al rilascio di
un'autorizzazione edilizia che ha consentito al beneficiario di costruire "ex novo"
alcuni manufatti, sulla base di una falsa rappresentazione dello stato dei luoghi).
(Rigetta, App. Salerno, 5 dicembre 2006)
PARTI IN CAUSA
D.L.F.
FONTI
CED Cassazione, 2007
Cass. pen. Sez. VI Sent., 10/04/2008, n. 17642
ABUSO DI UFFICIO
Abuso di ufficio, in genere
INDAGINI PRELIMINARI
Archiviazione
(opposizione)
Il reato di abuso di ufficio finalizzato ad arrecare ad altri un danno ingiusto ha
natura plurioffensiva, in quanto è idoneo a ledere, oltre all'interesse pubblico al buon
andamento e alla trasparenza della P.A., il concorrente interesse del privato a non
essere turbato nei suoi diritti dal comportamento illegittimo e ingiusto del pubblico
ufficiale. Ne consegue che il privato danneggiato riveste la qualità di persona offesa
dal reato ed è legittimato a proporre opposizione avverso la richiesta di
archiviazione del P.M.. (Annulla senza rinvio, Gip Trib. Lecce, 13 Novembre 2007)
PARTI IN CAUSA
C.G. c. M.G.
FONTI
CED Cassazione, 2008
Cass. pen. Sez. VI Sent., 24/01/2008, n. 10390
ABUSO DI UFFICIO
Abuso di ufficio, in genere
In tema di abuso d'ufficio, ai fini della configurabilità dell'elemento soggettivo è
richiesto il dolo intenzionale, ossia la rappresentazione e la volizione dell'evento
come conseguenza diretta e immediata della condotta dell'agente e obiettivo
primario da costui perseguito. Ne discende che se l'evento tipico è una semplice
conseguenza accessoria della condotta omissiva dell'agente, rimanendo incompleta
la prova della sua deliberata intenzionalità, il fatto illecito deve essere diversamente
qualificato ai sensi dell'art. 328, comma primo, cod. pen.. (Fattispecie in cui una
dirigente scolastica aveva omesso di inoltrare al competente ministero il ricorso
gerarchico avverso una sanzione disciplinare da lei stessa irrogata nei confronti di
una insegnante). (Rigetta, App. Bari, 5 marzo 2007)
PARTI IN CAUSA
M.L.
FONTI
CED Cassazione, 2008
Cass. pen. Sez. VI, 17/10/2007, n. 40891
ABUSO DI UFFICIO
Abuso di ufficio, in genere
L’avverbio intenzionalmente che figura nel testo dell’art. 323 c.p. esclude la
configurabilità del dolo sotto il profilo indiretto od eventuale; pertanto l’evento,
costituito dall’ingiusto vantaggio patrimoniale o dal danno ingiusto, deve essere
voluto dall’agente e non semplicemente previsto e accettato come possibile
conseguenza della propria condotta. Per escludere il dolo sotto il profilo
dell’intenzionalità occorre ritenere con ragionevole certezza che l’agente si proponga
il raggiungimento di un fine pubblico, proprio del suo ufficio. (Nel caso concreto un
Sindaco aveva adottato a carico di una dipendente comunale di VI livello, una serie
di provvedimenti lesivi della sua dignità professionale, esautorandola gradualmente
dalle sue originarie funzioni di economa presso l’asilo nido comunale inviandola a
svolgere le mansioni di ausiliario del traffico).
PARTI IN CAUSA
C.
FONTI
Giur. It., 2008, 8-9, 2018
Cass. pen. Sez. VI Sent., 27/06/2007, n. 35814
ABUSO DI UFFICIO
In tema di abuso d'ufficio, la prova dell'intenzionalità del dolo esige il
raggiungimento della certezza che la volontà dell'imputato sia stata orientata proprio
a procurare il vantaggio patrimoniale o il danno ingiusto. Tale certezza non può
provenire esclusivamente dal comportamento "non iure" osservato dall'agente, ma
deve trovare conferma anche in altri elementi sintomatici, quali la specifica
competenza professionale dell'agente, l'apparato motivazionale su cui riposa il
provvedimento ed i rapporti personali tra l'agente e il soggetto o i soggetti che dal
provvedimento ricevono vantaggio patrimoniale o subiscono danno. (Fattispecie
relativa all'adozione di una delibera di collocamento in disponibilità di dipendenti
comunali, senza la preventiva adozione del regolamento degli uffici e dei servizi).
(Annulla con rinvio, App. Napoli, 30 Ottobre 2006)
PARTI IN CAUSA
P.P. c. P.A.R.
FONTI
CED Cassazione, 2007
Cass. pen. Sez. VI, 05/06/2007, n. 31670
ABUSO DI UFFICIO
Omissione o rifiuto di atti d'ufficio
Risponde del delitto di omissione di atti d'ufficio il sanitario comandato del servizio
di guardia medica che, richiesto di una visita domiciliare urgente, non intervenga,
pur presentando la richiesta di soccorso in equivoci connotati di gravità. Il medico in
servizio di guardia medica è tenuto infatti ad effettuare al più presto tutti gli
interventi che siano richiesti direttamente dall'utente; e se è pur vero che non può
negarsi al sanitario il compito di valutare la necessità di visitare il paziente sulla base
del quadro clinico prospettatogli (considerando che il rifiuto rilevante, a norma
dell'art. 328 c.p., deve riguardare un atto indifferibile dal cui mancato compimento
può derivare un pregiudizio) è anche vero che una tale discrezionalità può ben
essere sindacata dal giudice di merito sulla base degli elementi di prova sottoposte al
suo esame.
Cass. pen. Sez. IV Sent., 06/03/2007, n. 19358
ABUSO DI UFFICIO
Omissione o rifiuto di atti d'ufficio
Ai fini della configurabilità del reato di rifiuto di atti di ufficio, non basta che l'atto
rientri in una delle categorie tipiche indicate dalla norma né che sussistano le
previste condizioni di urgenza, ma occorre che l'atto sia dovuto, e dunque non
rientri nell'ambito della discrezionalità del pubblico ufficiale. (Nella fattispecie,
concernente gli interventi che gli amministratori di un ospedale avrebbero dovuto
eseguire per evitare il diffondersi di un'infezione, la Corte ha escluso la
configurabilità del reato di rifiuto di atti di ufficio sul presupposto del carattere
intrinsecamente discrezionale dell'attività tecnica rifiutata). (Annulla in parte con
rinvio, App. Trento, 11 gennaio 2006)
PARTI IN CAUSA
P.G. presso la Corte di Appello di Trento c. M.M.
FONTI
CED Cassazione, 2007
Cass. pen. Sez. VI, 04/07/2006, n. 34066
ABUSO DI UFFICIO
Omissione o rifiuto di atti d'ufficio
Integra il reato di rifiuto di atti d'ufficio (art. 328, comma primo, cod. pen.) il
pubblico ufficiale (nella specie agente di polizia giudiziaria) che rifiuti di compiere
atti che per ragioni di giustizia devono essere compiuti senza ritardo, omettendo di
espletare le indagini delegate su specifici procedimenti; né, a tal fine, ha rilievo la
circostanza che non si sia verificato alcun danno al buon andamento della P.A.,
considerato che il reato di cui all'art. 328, comma primo, è un reato di pericolo che si
perfeziona con la semplice omissione del provvedimento di cui si sollecita la
tempestiva adozione, incidente su beni di valore primario tutelati dall'ordinamento,
nella specie da compiere per ragioni di giustizia e senza ritardo, indipendentemente
dallo specifico atto e dal nocumento che può derivarne. Nemmeno ha rilievo il fatto
che si tratti di attività delegata e surrogabile da altro funzionario, in quanto anche
per l'attività delegata l'art. 348, comma terzo, cod. proc. pen., impone all'ufficiale o
agente di polizia giudiziaria di informare prontamente il Pubblico Ministero
dell'esito dell'attività delegata. (Annulla con rinvio, Gip Trib. Caltagirone, 15 marzo
2006)
FONTI
CED Cassazione, 2006
Cass. pen. Sez. VI (Ord.), 26/10/2005, n. 41225
Omissione o rifiuto di atti d'ufficio
In tema di omissione o rifiuto di atti d'ufficio, la richiesta di cui all'art. 328, secondo
comma, cod. pen. assume la natura e la funzione tipica della diffida ad adempiere:
essa deve quindi, con percepibile immediatezza, essere rivolta a sollecitare il
compimento dell'atto o l'esposizione delle ragioni che lo impediscono ed il reato si
consuma quando, in presenza di tale presupposto, sia decorso il termine di trenta
giorni senza che l'atto richiesto sia stato compiuto o senza che il mancato
compimento sia stato giustificato.
PARTI IN CAUSA
P.M. in proc. G. e altri
FONTI
CED Cassazione, 2005
Cass. pen., 19/11/2003, n. 4907
ABUSO DI UFFICIO
Omissione o rifiuto di atti d'ufficio
La fattispecie di cui al secondo comma dell'art. 328 c.p. è integrata nel momento in
cui decorsi i 30 giorni il pubblico ufficiale non emette il provvedimento o non
risponde per iscritto sulle ragione del ritardo, costituendo una non scusabile
ignoranza della legge penale la non consapevolezza della necessità di una risposta
scritta o l'eventuale oggettiva complessità della pratica.
FONTI
CED Cassazione, 2004
Cass. pen. Sez. VI, 02/10/2003, n. 43492
ABUSO DI UFFICIO
Omissione o rifiuto di atti d'ufficio
In tema di omissione di atti d'ufficio, la norma di cui all'art. 328 comma secondo
cod. pen. prevede che la richiesta del privato, cui corrisponde un dovere di
rispondere o di attivarsi da parte del pubblico ufficiale o dell'incaricato di un
pubblico servizio, deve riflettere un interesse personale e diretto alla emanazione di
un atto o di un provvedimento identificabile in una posizione giuridica soggettiva di
diritto soggettivo o di interesse legittimo, con esclusione di qualsiasi situazione che
attenga ad interessi di mero fatto (nella specie la Corte ha ritenuto che l'interesse
all'acquisizione di un atto, per fini di mera documentazione necessaria all'attività
politica di un consigliere comunale, rientrasse fra gli interessi di mero fatto non
tutelati a norma dell'art. 328, secondo comma, cod. pen.).
In terna di omissione di atti di ufficio, la richiesta di cui all'art. 328, secondo comma,
c.p. è collegata, da un lato, ad un apprezzabile interesse del richiedente e, dall'altro,
ad uno dei tre possibili sbocchi ipotizzati dalla norma medesima: definizione della
pratica, spiegazione del ritardo, sanzione penale in mancanza dell'una o dell'altra nel
termine legale di trenta giorni. Ne consegue che la richiesta di chi vi abbia interesse
assume nella previsione di legge natura e funzione di «diffida ad adempiere»: essa,
pertanto, con percepibile immediatezza, deve essere rivolta a sollecitare la
definizione della pratica o a chiedere spiegazione del ritardo. La diffida deve essere
«ricevuta» dal pubblico funzionario: in altri termini, la circostanza che di essa il
funzionario sia a conoscenza rientra nell'elemento aggettivo del reato, con la
conseguenza che è onere probatorio del Pubblico Ministero anche quello di
dimostrare la sussistenza di una richiesta conosciuta e non soltanto conoscibile da
parte dell'imputato.
PARTI IN CAUSA
B.
Cass. pen. Sez. VI, 20/01/2003, n. 11877
ABUSO DI UFFICIO
Omissione o rifiuto di atti d'ufficio
L'art. 328 c.p. disciplina due distinte ipotesi di reato: nella prima il delitto si
perfeziona con la semplice omissione del provvedimento di cui si sollecita la
tempestiva adozione, incidente su beni di valore primario (giustizia, sicurezza
pubblica, ordine pubblico, igiene, sanità); nella seconda, invece, ai fini della
consumazione, è necessario il concorso di due condotte omissive, la mancata
adozione dell'atto entro trenta giorni dalla richiesta scritta della parte interessata e la
mancata risposta sulle ragioni del ritardo.
PARTI IN CAUSA
PM in proc. Carletti