Cass. pen. Sez. II Sent., 16/10/2007, n. 45993 CONCUSSIONE In relazione al delitto di concussione, l'abuso dei poteri da parte del soggetto agente e la conseguente costrizione od induzione del soggetto passivo a dare od a promettere denaro od altra utilità prescinde totalmente dalla legittimità o meno dell'attività compiuta, atteso che il requisito oggettivo del reato in questione può essere integrato anche attraverso un atto di ufficio doveroso compiuto in maniera antidoverosa, il che si verifica allorché tale atto sia posto in essere quale mezzo per conseguire fini illeciti, ossia in violazione dei principi di buon andamento ed imparzialità della pubblica amministrazione. (Fattispecie nella quale il ricorrente, custode giudiziario, recatosi sul posto ove si trovavano alcuni beni pignorati per procedere alla loro rimozione, aveva accordato una proroga al debitore, acconsentendo a lasciare i predetti beni presso il domicilio di quest'ultimo, previa corresponsione di un modesto compenso quale contropartita del favore). (Rigetta, App. Palermo, 8 Luglio 2005) Per distinguere il reato di concussione da quello di corruzione non deve aversi riguardo né al soggetto che prende l'iniziativa né alla composizione dei contrapposti interessi in un "accordo", bensì unicamente alla sussistenza o meno di uno stato di soggezione in cui venga a trovarsi il privato, che vizia a monte l'assetto dei reciproci interessi raggiunto nel c.d. "accordo"; per integrare il suddetto stato di soggezione è sufficiente che il privato si sia determinato alla dazione ovvero all'accordo per evitare un maggior danno, anche in difetto di uno stato di timore psicologico verso il pubblico ufficiale. (Rigetta, App. Palermo, 8 Luglio 2005) PARTI IN CAUSA Procuratore Generale della repubblica presso Corte d'Appello di Palermo c. C.F. FONTI CED Cassazione, 2007 Cass. pen. Sez. VI, 21/01/2005, n. 12175 CONCUSSIONE Ai fini della configurabilità del delitto di concussione, le minacce da parte del pubblico ufficiale ed il conseguente stato di timore del soggetto passivo non sono un elemento determinante del discrimine con la fattispecie della corruzione, atteso che la condotta induttiva può estrinsecarsi semplicemente in una pressione psicologica sulla vittima a sottostare ad un'ingiusta richiesta, dovendosi ritenere rilevante l'oggettivo condizionamento della libertà morale della persona offesa, e non l'effetto psicologico che eventualmente da esso consegue; da ciò si ricava che non è di per sé decisivo l'eventuale vantaggio derivante al privato dall'accettazione dell'illiceità proposta dal pubblico ufficiale, potendo il concusso determinarsi al comportamento richiesto per mero calcolo economico, attuale o futuro, o per altra valutazione utilitaristica (nella specie, l'imputato, nella sua qualità di componente della commissione medica periferica per le pensioni di guerra e di invalidità civile, induceva soggetti, che da anni avevano presentato domanda d'indennità di accompagnamento, a versargli ingenti somme di denaro per "una rapida definizione della pratica"). PARTI IN CAUSA T. e altri FONTI Foro It., 2006, 1, 2, 23 Cass. pen. Sez. VI, 03/11/2003, n. 4898 CONCUSSIONE CORRUZIONE DI PUBBLICO UFFICIALE Il criterio distintivo tra corruzione e concussione non può essere rinvenuto né in base al criterio dell'iniziativa, né a quello dell'atto conforme o contrario ai doveri d'ufficio, né a quello del vantaggio giusto o ingiusto cui il privato tende, criteri tutti di valore indiziario e non di essenza. Il vero elemento discriminante tra le figure criminose si delinea solo considerando la posizione psicologica del privato a fronte del pubblico ufficiale. Se tale posizione risulta viziata da vis compulsiva per prevaricazione di quest'ultimo si ha concussione, a nulla rilevando il vantaggio che il privato può indirettamente trarre. PARTI IN CAUSA D. G. Cass. pen. Sez. VI Sent., 15/11/2007, n. 8906 CONCUSSIONE In tema di concussione, l'utilità, che il pubblico ufficiale "indebitamente" si fa promettere o dare, può anche identificarsi in una pretesa di per sé non illecita, ma la cui realizzazione venga ottenuta non con gli strumenti legali apprestati dall'ordinamento, bensì col mezzo dell'induzione o della costrizione posta in essere mediante l'abuso funzionale. (Fattispecie in cui l'agente, maresciallo dei carabinieri, aveva costretto il responsabile di un sinistro stradale commesso ai suoi danni a risarcirgli il danno subito, prospettandogli nel caso contrario la possibilità di ritiro della patente). (Rigetta, App. Brescia, 10 Marzo 2006) PARTI IN CAUSA L.V. FONTI CED Cassazione, 2008 Cass. pen. Sez. VI, 01/02/2006, n. 21991 CONCUSSIONE Ai fini della configurabilità del delitto di concussione, nell'espressione "altra utilità" di cui all'art. 317 cod. pen. va ricompreso anche il vantaggio di natura politica, da non identificarsi con il vantaggio di natura istituzionale, che in quanto giova esclusivamente alla P.A., esclude la sussistenza del reato. (Fattispecie nella quale la Corte ha ravvisato il delitto di concussione nella condotta del Sindaco che aveva esercitato indebite pressioni su di un consigliere comunale, provocandone le dimissioni, così da liberarsi di un avversario politico). (Annulla in parte con rinvio, App. Bari, 6 aprile 2004) PARTI IN CAUSA P. FONTI CED Cassazione, 2006 Cass. pen. Sez. VI, 18/11/2004, n. 700 CONCUSSIONE Tra le utilità rilevanti ai fini della configurabilità della concussione rientrano anche le prestazioni sessuali. Cass. pen. Sez. V, 10/11/2000, n. 13142 CONCUSSIONE CORRUZIONE DI PUBBLICO UFFICIALE In tema di corruzione e di concussione, le prestazioni sessuali vanno ascritte alla categoria della "utilità" penalmente rilevanti, poiché rappresentano un vantaggio per il funzionario che non ottenga la promessa o l'effettivo godimento. PARTI IN CAUSA B. e altri Cass. pen. Sez. Unite, 11/05/1993 CONCUSSIONE Nel concetto di utilità quale estremo della fattispecie di concussione - usato con ampiezza dal legislatore per fornire all'interprete un vasto metro di applicazione nell'intento di assicurare meglio il conseguimento della tutela a cui è diretta l'incriminazione de qua - rientrano anche i favori sessuali (non limitati alle prestazioni sessuali delle prostitute), in quanto rappresentano un vantaggio per il funzionario che ottenga la promessa o la effettiva prestazione; trattasi di un comportamento rilevante, certamente condannato dalla consuetudine e dalla opinione collettiva, pregiudizievole per l'immagine della p.a., del tutto estraneo, anzi contrario, ai compiti ed alle finalità dell'amministrazione medesima. Cass. pen. Sez. VI, 16/12/2005, n. 2677 CONCUSSIONE TRUFFA La distinzione tra concussione e truffa, che si pone solamente in riferimento alla concussione per induzione, va individuata nel fatto che nella concussione il privato mantiene la consapevolezza di dare o promettere qualcosa di non dovuto, mentre nella truffa la vittima viene indotta in errore dal soggetto qualificato circa la doverosità oggettiva delle somme o delle utilità date o promesse. (In applicazione di tale principio, la Corte ha ritenuto corretta la qualificazione come tentativo di concussione della condotta del medico ospedaliero che aveva tentato di indurre una paziente a sottoporsi, dietro pagamento, ad un intervento di interruzione volontaria della gravidanza presso il proprio studio privato, rappresentandole falsamente l'impossibilità di effettuarlo presso la pubblica struttura). (Rigetta, App. Messina, 2 Febbraio 2004) FONTI CED Cassazione, 2006 Riv. Pen., 2007, 1, 92 Cass. pen. Sez. VI, 26/09/2006, n. 38698 CORRUZIONE DI PUBBLICO UFFICIALE In tema di delitti contro la P.A., la nozione di "atto di ufficio" comprende una vasta gamma di comportamenti umani, effettivamente o potenzialmente riconducibili all'incarico del pubblico ufficiale, e quindi non solo il compimento di atti di amministrazione attiva, la formulazione di richieste o di proposte, l'emissione di pareri, ma anche la tenuta di una condotta meramente materiale o il compimento di atti di diritto privato. (Rigetta, App. Roma, 30 Giugno 2004) FONTI CED Cassazione, 2006 Cass. pen. Sez. VI, 23/01/2004, n. 12237 CORRUZIONE DI PUBBLICO UFFICIALE A fronte dell'esercizio di un potere discrezionale del pubblico ufficiale, ricorrono gli estremi della corruzione propria (art. 319 c.p.) nelle ipotesi in cui il soggetto abbia accettato, dietro compenso, di non esercitare la discrezionalità che gli è stata attribuita dall'ordinamento o di usarla in modo distorto, alterandone consapevolmente i canoni di esercizio e ponendo pertanto in essere una attività contraria ai suoi doveri di ufficio. Né può assumere rilievo scriminante ai fini della qualificazione dell'esercizio del potere discrezionale come "atto contrario ai doveri di ufficio" la circostanza che gli atti amministrativi posti in essere dal pubblico ufficiale abbiano superato il vaglio di legittimità del giudice amministrativo, trattandosi di risultato contingente e particolare, connesso alle concrete modalità di impostazione e di svolgimento del giudizio amministrativo (in applicazione di tale principio, la Corte ha valutato come "atti contrari ai doveri di ufficio" le modifiche apportate, sulla base di intese corruttive, dai soggetti investiti del potere decisionale alla delibera consiliare relativa alla privatizzazione del servizio di raccolta dei rifiuti solidi urbani, in modo da modellare le determinazioni amministrative alle esigenze di determinate imprese, ancorché la legittimità di tali modifiche risultasse da una pronuncia del T.A.R.). FONTI CED Cassazione, 2004 Cass. pen. Sez. V Sent., 03/12/2007, n. 153 CORRUZIONE DI PUBBLICO UFFICIALE Integra il reato di cui all'art. 319 cod. pen. (corruzione per un atto contrario ai doveri d'ufficio) la condotta del pubblico amministratore che, investito di potere decisionale apporti, sulla base di intese corruttive, modifiche ad un assetto normativo, così da modellare le determinazioni amministrative che ne derivano in modo utile alle esigenze di determinate imprese, considerato che anche nell'ambito delle scelte discrezionali del pubblico ufficiale sussiste la contrarietà ai doveri d'ufficio quando egli ponga in essere atti formalmente regolari ma prescindendo volutamente - in presenza di un accordo corruttivo - dall'osservanza dei suoi doveri, quantomeno quelli di imparzialità e buon andamento dell'amministrazione. (In applicazione di questo principio la S.C. ha ritenuto immune da censure la decisione con cui il giudice di appello ha ravvisato gli estremi del reato de quo nella emissione di un decreto dell'assessore ai lavori pubblici della Regione Sicilia, costituente la base normativa per la successiva attribuzione di lavori pubblici ad un consorzio, in regime di convenzione, precluso dalla normativa preesistente, anziché con bando di gara). (Annulla in parte con rinvio, App. Palermo, 8 gennaio 2007) PARTI IN CAUSA P.G. C.A. Palermo c. D.B.A. FONTI CED Cassazione, 2008 Cass. pen. Sez. VI Sent., 09/07/2007, n. 35118 CORRUZIONE DI PUBBLICO UFFICIALE Il delitto di corruzione si configura come reato a duplice schema, principale e sussidiario. Secondo quello principale, il reato viene commesso con due essenziali attività, strettamente legate tra loro e l'una funzionale all'altra: l'accettazione della promessa e il ricevimento dell'utilità, con il quale finisce per coincidere il momento consumativo, versandosi in un'ipotesi assimilabile a quella del reato progressivo. Secondo lo schema sussidiario, che si realizza quando la promessa non viene mantenuta, il reato si perfeziona con la sola accettazione della promessa che identifica il momento di consumazione del reato. (Fattispecie relativa a corruzione in atti giudiziari, nella quale, essendo stati corrisposti compensi in tempi diversi, il momento di consumazione del reato è stato individuato nella corresponsione dell'ultimo di essi). Conf. sez. VI, 9 luglio 2007 n. 35119, Figini, e n. 35220, Linguiti, non massimate. (Rigetta, Trib. lib. Genova, 19 Aprile 2007) Anche la corruzione in atti giudiziari impropria può integrare il delitto previsto dall'art. 319-ter cod.pen., giusta il richiamo in esso contenuto agli artt. 318 e 319 stesso codice, là dove le utilità economiche costituiscano il prezzo della compravendita della funzione giudiziaria, considerata nel suo complessivo svolgimento, sia trascorso sia futuro. (Rigetta, Trib. lib. Genova, 19 Aprile 2007) PARTI IN CAUSA F.G. FONTI CED Cassazione, 2007 Cass. pen. Sez. VI, 04/05/2006, n. 33435 CORRUZIONE DI PUBBLICO UFFICIALE Il delitto di corruzione appartiene alla categoria dei reati "propri funzionali" perché elemento necessario di tipicità del fatto è che l'atto o il comportamento oggetto del mercimonio rientrino nelle competenze o nella sfera di influenza dell'ufficio al quale appartiene il soggetto corrotto, nel senso che occorre che siano espressione, diretta o indiretta, della pubblica funzione esercitata da quest'ultimo, con la conseguenza che non ricorre il delitto di corruzione passiva se l'intervento del pubblico ufficiale in esecuzione dell'accordo illecito non comporti l'attivazione di poteri istituzionali propri del suo ufficio o non sia in qualche maniera a questi ricollegabile, e invece sia destinato a incidere nella sfera di attribuzioni di pubblici ufficiali terzi rispetto ai quali il soggetto agente è assolutamente carente di potere funzionale. (Annulla in parte senza rinvio, App. Milano, 23 maggio 2005) Nel delitto di corruzione, che è a concorso necessario ed ha una struttura bilaterale, è ben possibile il concorso eventuale di terzi, sia nel caso in cui il contributo si realizzi nella forma della determinazione o del suggerimento fornito all'uno o all'altro dei concorrenti necessari, sia nell'ipotesi in cui si risolva in un'attività di intermediazione finalizzata a realizzare il collegamento tra gli autori necessari. (Annulla in parte senza rinvio, App. Milano, 23 Maggio 2005) Nel delitto di corruzione in atti giudiziari, per stabilire se la decisione giurisdizionale sia conforme o contraria ai doveri di ufficio deve aversi riguardo non al suo contenuto ma al metodo con cui a essa si perviene, nel senso che il giudice, che riceve da una parte in causa denaro o altra utilità o ne accetta la promessa, rimane inevitabilmente condizionato nei suoi orientamenti valutativi, e la soluzione del caso portato al suo esame, pur accettabile sul piano della formale correttezza giuridica, soffre comunque dell'inquinamento metodologico a monte. (Conforme sez. VI, n. 33519/06, non massimata sul punto). (Annulla in parte senza rinvio, App. Milano, 23 maggio 2005) FONTI CED Cassazione, 2006 Cass. pen. Sez. VI Sent., 27/03/2008, n. 17616 PECULATO Integra il delitto di peculato per appropriazione la condotta del concessionario della riscossione delle imposte che omette di versare le somme di denaro ricevute nell'adempimento della funzione pubblica di riscossione, atteso che quel denaro entra nella disponibilità della P.A. nel momento stesso della consegna al pubblico ufficiale incaricato dell'esazione. (Fattispecie relativa alla diversa imputazione di un obbligo di riversamento di somme incassate dai contribuenti e destinate alla copertura di tributi, o carichi di altra natura, diversi da quelli per i quali erano state ricevute). (Rigetta in parte, App. Salerno, 10 Maggio 2007) PARTI IN CAUSA P.F. Cass. pen. Sez. VI, 15/04/2008, n. 20326 PECULATO Perfeziona la fattispecie di peculato navigare in internet dal computer dell'ufficio indipendentemente da un incremento dei costi a carico dell'ente pubblico, poiché oggetto giuridico del reato, oltre al patrimonio, è il buon andamento della P.A.. PARTI IN CAUSA D.M.M. Cass. pen. Sez. VI, 22/01/2007, n. 11633 PECULATO In tema di peculato, la nozione di possesso di danaro deve intendersi non solo come comprensiva della detenzione materiale della cosa, ma anche della sua disponibilità giuridica, nel senso che il soggetto agente deve essere in grado, mediante un atto dispositivo di sua competenza o connesso a prassi e consuetudini invalse nell'ufficio, di inserirsi nel maneggio o nella disponibilità del danaro e di conseguire quanto poi oggetto di appropriazione. Ne consegue che l'inversione del titolo del possesso da parte del pubblico ufficiale che si comporti "uti dominus" nei confronti di danaro del quale ha il possesso in ragione del suo ufficio e la sua conseguente appropriazione possono realizzarsi anche nelle forme della disposizione giuridica, del tutto autonoma e libera da vincoli, del danaro stesso, indisponibile in ragione di norme giuridiche o di atti amministrativi. (Fattispecie relativa a misura cautelare personale disposta nei confronti del segretario di una fondazione che aveva sottoscritto quote di un fondo di investimento utilizzando danaro dell'ente di cui aveva la disponibilità per ragioni di ufficio, peraltro in violazione di una delibera del c.d.a. che vietava espressamente l'assunzione di rischi). (Annulla in parte con rinvio, Trib. lib. Cagliari, 3 luglio 2006) FONTI CED Cassazione, 2007 Cass. pen. Sez. VI Sent., 26/02/2007, n. 21335 PECULATO PUBBLICO UFFICIALE Integra gli estremi del peculato, e non del peculato d'uso, la condotta del soggetto incaricato di pubblico servizio che utilizzi il telefono d'ufficio per chiamate a linee telefoniche a contenuto erotico, a nulla rilevando che egli abbia successivamente rimborsato l'ente di appartenenza delle relative spese. (Rigetta, App. Palermo, 22 Febbraio 2006) FONTI CED Cassazione, 2007 Cass. pen. Sez. VI, 10/01/2007, n. 10233 PECULATO PUBBLICO UFFICIALE Non è configurabile il reato di peculato nell'uso momentaneo di un'autovettura di ufficio, quando la condotta abusiva non abbia leso la funzionalità della P.A. e non abbia arrecato un danno patrimoniale apprezzabile. (In applicazione di tale principio, la Corte ha ritenuto non configurabile il reato di peculato d'uso nell'occasionale utilizzazione per scopi personali da parte di un carabiniere dell'autovettura di ufficio). (Annulla senza rinvio, App. Roma, 14 novembre 2005) PARTI IN CAUSA S.B. FONTI CED Cassazione, 2007 Cass. pen. Sez. VI, 09/05/2006, n. 25273 PECULATO L'indebito uso, per scopi personali, dell'utenza telefonica di cui il pubblico ufficiale abbia la disponibilità per ragioni d'ufficio, comportando l'appropriazione, da parte dell'agente, senza possibilità di immediata restituzione, di energie costituite da impulsi elettronici entrati a far parte del patrimonio della P.A., è suscettibile di dar luogo alla configurabilità non del peculato d'uso, ma del peculato ordinario, sempre che possa riconoscersi un apprezzabile valore economico agli impulsi utilizzati per ogni singola telefonata, ovvero anche per l'insieme di più telefonate, quando queste siano talmente ravvicinate nel tempo da poter essere considerate come costituenti un'unica condotta. (Annulla senza rinvio, App. Palermo, 10 Novembre 2004) FONTI CED Cassazione, 2006 Cass. pen. Sez. VI, 01/02/2005, n. 9216 PECULATO Ai fini della configurabilità del reato di cui all'art. 314, secondo comma, c.p., per "uso momentaneo" della cosa deve intendersi un uso non meramente istantaneo, ma temporaneo e tale, quindi, pur se di carattere episodico ed occasionale, da realizzare una "appropriazione" e da compromettere, in ogni caso, la destinazione istituzionale della cosa arrecando un pregiudizio, sia pure modesto, ma comunque apprezzabile, alla funzionalità della pubblica amministrazione. (Nella specie, in applicazione di tale principio, la Corte ha ritenuto che esulasse il reato de quo in un caso in cui esso era stato configurato a carico di un soggetto visto circolare alla guida di un'autovettura di servizio con a bordo persone non legittimate ad avvalersene, senza che fosse stato poi accertato né quali fossero state le ragioni del sospettato uso improprio del veicolo né la effettiva durata e consistenza di tale uso). PARTI IN CAUSA T. FONTI Riv. Pen., 2005, 834 Cass. pen. Sez. VI, 12/12/2000, n. 381 PECULATO A seguito della l. n. 86 del 1990 l'elemento oggettivo del reato di peculato è, in ogni caso, costituito esclusivamente dall'appropriazione, la quale si realizza con una condotta del tutto incompatibile con il titolo per cui si possiede, da cui deriva una estromissione totale del bene dal patrimonio dell'avente diritto con il conseguente incameramento dello stesso da parte dell'agente. Sul piano dell'elemento soggettivo si realizza il mutamento dell'atteggiamento psichico dell'agente nel senso che alla rappresentazione di essere possessore della cosa per conto di altri succede quella di possedere per conto proprio. Detti elementi debbono, quindi, sussistere anche nell'ipotesi del peculato d'uso pur se, in tale ipotesi, l'appropriazione è finalizzata ad un uso esclusivamente momentaneo della cosa. Esula, invece, la figura del peculato, sussistendo quella dell'abuso d'ufficio, quando si sia in presenza di una distrazione a profitto proprio la quale si concretizzi semplicemente in un indebito uso del bene che non comporti la perdita dello stesso e la conseguente lesione patrimoniale a danno dell'avente diritto. (In applicazione di tali principi la S.C. ha escluso la sussistenza del reato di peculato nella condotta di utilizzazione, da parte di alcuni docenti universitari, di strumentazioni e strutture dell'Università per l'esecuzione di libera attività professionale, ravvisandosi, invece, il reato di cui all'art. 323 c.p.). PARTI IN CAUSA G. e altri FONTI CED Cassazione, 2001 Cass. pen. Sez. VI Sent., 09/04/2008, n. 31688 ABUSO DI UFFICIO Abuso di ufficio, in genere Integra il delitto di abuso d'ufficio la condotta del pubblico dipendente di indebito uso del bene che non comporti la perdita dello stesso e la conseguente lesione patrimoniale a danno dell'avente diritto. (Nella fattispecie, la Corte ha escluso la configurabilità del peculato, posto che il delitto era stato consumato da un pubblico dipendente che, a fini privati, usava il collegamento "a forfait" della P.A. a Internet cosiddetta tariffa "flat" -, senza causare all'amministrazione un maggior costo e dunque senza che potesse configurarsi una condotta appropriativa). (Annulla senza rinvio, App. Taranto, 5 Luglio 2007) Cass. pen. Sez. VI, 11/10/2005, n. 12769 ABUSO DI UFFICIO Abuso di ufficio, in genere Non è idonea a rendere configurabile la violazione di legge rilevante ai fini dell'integrazione del delitto di abuso d'ufficio la sola inosservanza di norme di principio o di quelle genericamente strumentali alla regolarità dell'azione amministrativa. (Nella specie, in applicazione di tale principio, la Corte, in un caso in cui all'imputato erano stati contestati i reati di falso e di abuso d'ufficio per avere alterato la copia di una circolare al fine di danneggiare un dipendente, ha escluso che, una volta ritenuta l'insussistenza del primo di detti reati, potesse affermarsi la sussistenza del secondo, con riferimento alla dedotta violazione, in particolare, dell'art. 97 Cost.). (Rigetta, App. Cagliari, 18 Febbraio 2004) PARTI IN CAUSA Procuratore Generale presso la Corte d'Appello di Cagliari c. F.D. FONTI CED Cassazione, 2006 Cass. pen. Sez. VI, 10/04/2007, n. 22702 ABUSO DI UFFICIO Abuso di ufficio, in genere Perchè una violazione di legge sia in grado di integrare la fattispecie di abuso d'ufficio occorre che siano soddisfatti due presupposti: che la norma violata non sia genericamente strumentale alla regolarità dell'attività amministrativa ma vieti puntualmente il comportamento sostanziale del pubblico ufficiale; che l'agente abbia violato leggi e regolamenti che di questi abbiano i caratteri formali e il regime giuridico, non essendo sufficiente un qualunque contenuto materialmente normativo della disposizione trasgredita. L'art. 97, Cost. non ha carattere precettivo ma ha valore meramente programmatico, sicchè i principi ivi contenuti, per il carattere generale che li distingue, non sono idonei a costituire oggetto della violazione che può dar luogo all'integrazione del reato previsto dall'art. 323, c.p. PARTI IN CAUSA G. M. FONTI Massima redazionale, 2007 Cass. pen. Sez. VI, 18/10/2006, n. 38965 ABUSO DI UFFICIO Abuso di ufficio, in genere Il reato di abuso di ufficio, connotato da violazione di norme di legge o di regolamento, è configurabile non solo quando la condotta tenuta dall'agente sia in contrasto con il significato letterale, logico o sistematico della disposizione di riferimento, ma anche quando la stessa contraddica lo specifico fine perseguito dalla norma, concretandosi in uno "svolgimento della funzione o del servizio" che oltrepassa ogni possibile opzione attribuita al pubblico ufficiale o all'incaricato di pubblico servizio per realizzare tale fine. (In applicazione di tale principio, la Corte ha ritenuto configurabile il suddetto reato in capo ai pubblici amministratori addetti al controllo di una fondazione ex art. 25 cod. civ., allorquando il potere loro affidato per assicurare l'aderenza dell'operato dell'ente alle finalità previste dall'atto costitutivo sia esercitato in modo da ignorare tali obiettivi e al solo fine di procacciare vantaggi patrimoniali agli amministratori). (Annulla senza rinvio, App. Milano, 21 Settembre 2004) PARTI IN CAUSA F. e altri FONTI CED Cassazione, 2006 Cass. pen. Sez. VI, 25/01/2007, n. 11620 Abuso di ufficio, in genere La violazione degli strumenti urbanistici, pur non potendosi questi configurare come norme di legge o di regolamento, integra, nei congrui casi, il reato di abuso di ufficio, in quanto rappresenta solo il presupposto di fatto della violazione della normativa legale in materia urbanistica, alla quale deve farsi riferimento quale dato strutturale della fattispecie delittuosa prevista dall'art. 323 cod. pen. (Fattispecie nella quale il capo dell'ufficio tecnico di un Comune aveva dato, in spregio degli strumenti urbanistici, parere favorevole al progetto, presentato dal segretario dello stesso Comune, di ricostruzione di un fabbricato demolito nel centro storico). (Rigetta, App. Reggio Calabria, 24 aprile 2006) FONTI CED Cassazione, 2007 Cass. pen. Sez. VI Sent., 14/06/2007, n. 37531 ABUSO DI UFFICIO Abuso di ufficio, in genere In tema di abuso d'ufficio, il requisito del vantaggio patrimoniale va riferito al complesso dei rapporti giuridici a carattere patrimoniale e sussiste, pertanto, non solo quando l'abuso sia volto a procurare beni materiali o altro, ma anche quando sia volto a creare un accrescimento della situazione giuridica soggettiva a favore di colui nel cui interesse l'atto è stato posto in essere. (Fattispecie relativa al rilascio di un'autorizzazione edilizia che ha consentito al beneficiario di costruire "ex novo" alcuni manufatti, sulla base di una falsa rappresentazione dello stato dei luoghi). (Rigetta, App. Salerno, 5 dicembre 2006) PARTI IN CAUSA D.L.F. FONTI CED Cassazione, 2007 Cass. pen. Sez. VI Sent., 10/04/2008, n. 17642 ABUSO DI UFFICIO Abuso di ufficio, in genere INDAGINI PRELIMINARI Archiviazione (opposizione) Il reato di abuso di ufficio finalizzato ad arrecare ad altri un danno ingiusto ha natura plurioffensiva, in quanto è idoneo a ledere, oltre all'interesse pubblico al buon andamento e alla trasparenza della P.A., il concorrente interesse del privato a non essere turbato nei suoi diritti dal comportamento illegittimo e ingiusto del pubblico ufficiale. Ne consegue che il privato danneggiato riveste la qualità di persona offesa dal reato ed è legittimato a proporre opposizione avverso la richiesta di archiviazione del P.M.. (Annulla senza rinvio, Gip Trib. Lecce, 13 Novembre 2007) PARTI IN CAUSA C.G. c. M.G. FONTI CED Cassazione, 2008 Cass. pen. Sez. VI Sent., 24/01/2008, n. 10390 ABUSO DI UFFICIO Abuso di ufficio, in genere In tema di abuso d'ufficio, ai fini della configurabilità dell'elemento soggettivo è richiesto il dolo intenzionale, ossia la rappresentazione e la volizione dell'evento come conseguenza diretta e immediata della condotta dell'agente e obiettivo primario da costui perseguito. Ne discende che se l'evento tipico è una semplice conseguenza accessoria della condotta omissiva dell'agente, rimanendo incompleta la prova della sua deliberata intenzionalità, il fatto illecito deve essere diversamente qualificato ai sensi dell'art. 328, comma primo, cod. pen.. (Fattispecie in cui una dirigente scolastica aveva omesso di inoltrare al competente ministero il ricorso gerarchico avverso una sanzione disciplinare da lei stessa irrogata nei confronti di una insegnante). (Rigetta, App. Bari, 5 marzo 2007) PARTI IN CAUSA M.L. FONTI CED Cassazione, 2008 Cass. pen. Sez. VI, 17/10/2007, n. 40891 ABUSO DI UFFICIO Abuso di ufficio, in genere L’avverbio intenzionalmente che figura nel testo dell’art. 323 c.p. esclude la configurabilità del dolo sotto il profilo indiretto od eventuale; pertanto l’evento, costituito dall’ingiusto vantaggio patrimoniale o dal danno ingiusto, deve essere voluto dall’agente e non semplicemente previsto e accettato come possibile conseguenza della propria condotta. Per escludere il dolo sotto il profilo dell’intenzionalità occorre ritenere con ragionevole certezza che l’agente si proponga il raggiungimento di un fine pubblico, proprio del suo ufficio. (Nel caso concreto un Sindaco aveva adottato a carico di una dipendente comunale di VI livello, una serie di provvedimenti lesivi della sua dignità professionale, esautorandola gradualmente dalle sue originarie funzioni di economa presso l’asilo nido comunale inviandola a svolgere le mansioni di ausiliario del traffico). PARTI IN CAUSA C. FONTI Giur. It., 2008, 8-9, 2018 Cass. pen. Sez. VI Sent., 27/06/2007, n. 35814 ABUSO DI UFFICIO In tema di abuso d'ufficio, la prova dell'intenzionalità del dolo esige il raggiungimento della certezza che la volontà dell'imputato sia stata orientata proprio a procurare il vantaggio patrimoniale o il danno ingiusto. Tale certezza non può provenire esclusivamente dal comportamento "non iure" osservato dall'agente, ma deve trovare conferma anche in altri elementi sintomatici, quali la specifica competenza professionale dell'agente, l'apparato motivazionale su cui riposa il provvedimento ed i rapporti personali tra l'agente e il soggetto o i soggetti che dal provvedimento ricevono vantaggio patrimoniale o subiscono danno. (Fattispecie relativa all'adozione di una delibera di collocamento in disponibilità di dipendenti comunali, senza la preventiva adozione del regolamento degli uffici e dei servizi). (Annulla con rinvio, App. Napoli, 30 Ottobre 2006) PARTI IN CAUSA P.P. c. P.A.R. FONTI CED Cassazione, 2007 Cass. pen. Sez. VI, 05/06/2007, n. 31670 ABUSO DI UFFICIO Omissione o rifiuto di atti d'ufficio Risponde del delitto di omissione di atti d'ufficio il sanitario comandato del servizio di guardia medica che, richiesto di una visita domiciliare urgente, non intervenga, pur presentando la richiesta di soccorso in equivoci connotati di gravità. Il medico in servizio di guardia medica è tenuto infatti ad effettuare al più presto tutti gli interventi che siano richiesti direttamente dall'utente; e se è pur vero che non può negarsi al sanitario il compito di valutare la necessità di visitare il paziente sulla base del quadro clinico prospettatogli (considerando che il rifiuto rilevante, a norma dell'art. 328 c.p., deve riguardare un atto indifferibile dal cui mancato compimento può derivare un pregiudizio) è anche vero che una tale discrezionalità può ben essere sindacata dal giudice di merito sulla base degli elementi di prova sottoposte al suo esame. Cass. pen. Sez. IV Sent., 06/03/2007, n. 19358 ABUSO DI UFFICIO Omissione o rifiuto di atti d'ufficio Ai fini della configurabilità del reato di rifiuto di atti di ufficio, non basta che l'atto rientri in una delle categorie tipiche indicate dalla norma né che sussistano le previste condizioni di urgenza, ma occorre che l'atto sia dovuto, e dunque non rientri nell'ambito della discrezionalità del pubblico ufficiale. (Nella fattispecie, concernente gli interventi che gli amministratori di un ospedale avrebbero dovuto eseguire per evitare il diffondersi di un'infezione, la Corte ha escluso la configurabilità del reato di rifiuto di atti di ufficio sul presupposto del carattere intrinsecamente discrezionale dell'attività tecnica rifiutata). (Annulla in parte con rinvio, App. Trento, 11 gennaio 2006) PARTI IN CAUSA P.G. presso la Corte di Appello di Trento c. M.M. FONTI CED Cassazione, 2007 Cass. pen. Sez. VI, 04/07/2006, n. 34066 ABUSO DI UFFICIO Omissione o rifiuto di atti d'ufficio Integra il reato di rifiuto di atti d'ufficio (art. 328, comma primo, cod. pen.) il pubblico ufficiale (nella specie agente di polizia giudiziaria) che rifiuti di compiere atti che per ragioni di giustizia devono essere compiuti senza ritardo, omettendo di espletare le indagini delegate su specifici procedimenti; né, a tal fine, ha rilievo la circostanza che non si sia verificato alcun danno al buon andamento della P.A., considerato che il reato di cui all'art. 328, comma primo, è un reato di pericolo che si perfeziona con la semplice omissione del provvedimento di cui si sollecita la tempestiva adozione, incidente su beni di valore primario tutelati dall'ordinamento, nella specie da compiere per ragioni di giustizia e senza ritardo, indipendentemente dallo specifico atto e dal nocumento che può derivarne. Nemmeno ha rilievo il fatto che si tratti di attività delegata e surrogabile da altro funzionario, in quanto anche per l'attività delegata l'art. 348, comma terzo, cod. proc. pen., impone all'ufficiale o agente di polizia giudiziaria di informare prontamente il Pubblico Ministero dell'esito dell'attività delegata. (Annulla con rinvio, Gip Trib. Caltagirone, 15 marzo 2006) FONTI CED Cassazione, 2006 Cass. pen. Sez. VI (Ord.), 26/10/2005, n. 41225 Omissione o rifiuto di atti d'ufficio In tema di omissione o rifiuto di atti d'ufficio, la richiesta di cui all'art. 328, secondo comma, cod. pen. assume la natura e la funzione tipica della diffida ad adempiere: essa deve quindi, con percepibile immediatezza, essere rivolta a sollecitare il compimento dell'atto o l'esposizione delle ragioni che lo impediscono ed il reato si consuma quando, in presenza di tale presupposto, sia decorso il termine di trenta giorni senza che l'atto richiesto sia stato compiuto o senza che il mancato compimento sia stato giustificato. PARTI IN CAUSA P.M. in proc. G. e altri FONTI CED Cassazione, 2005 Cass. pen., 19/11/2003, n. 4907 ABUSO DI UFFICIO Omissione o rifiuto di atti d'ufficio La fattispecie di cui al secondo comma dell'art. 328 c.p. è integrata nel momento in cui decorsi i 30 giorni il pubblico ufficiale non emette il provvedimento o non risponde per iscritto sulle ragione del ritardo, costituendo una non scusabile ignoranza della legge penale la non consapevolezza della necessità di una risposta scritta o l'eventuale oggettiva complessità della pratica. FONTI CED Cassazione, 2004 Cass. pen. Sez. VI, 02/10/2003, n. 43492 ABUSO DI UFFICIO Omissione o rifiuto di atti d'ufficio In tema di omissione di atti d'ufficio, la norma di cui all'art. 328 comma secondo cod. pen. prevede che la richiesta del privato, cui corrisponde un dovere di rispondere o di attivarsi da parte del pubblico ufficiale o dell'incaricato di un pubblico servizio, deve riflettere un interesse personale e diretto alla emanazione di un atto o di un provvedimento identificabile in una posizione giuridica soggettiva di diritto soggettivo o di interesse legittimo, con esclusione di qualsiasi situazione che attenga ad interessi di mero fatto (nella specie la Corte ha ritenuto che l'interesse all'acquisizione di un atto, per fini di mera documentazione necessaria all'attività politica di un consigliere comunale, rientrasse fra gli interessi di mero fatto non tutelati a norma dell'art. 328, secondo comma, cod. pen.). In terna di omissione di atti di ufficio, la richiesta di cui all'art. 328, secondo comma, c.p. è collegata, da un lato, ad un apprezzabile interesse del richiedente e, dall'altro, ad uno dei tre possibili sbocchi ipotizzati dalla norma medesima: definizione della pratica, spiegazione del ritardo, sanzione penale in mancanza dell'una o dell'altra nel termine legale di trenta giorni. Ne consegue che la richiesta di chi vi abbia interesse assume nella previsione di legge natura e funzione di «diffida ad adempiere»: essa, pertanto, con percepibile immediatezza, deve essere rivolta a sollecitare la definizione della pratica o a chiedere spiegazione del ritardo. La diffida deve essere «ricevuta» dal pubblico funzionario: in altri termini, la circostanza che di essa il funzionario sia a conoscenza rientra nell'elemento aggettivo del reato, con la conseguenza che è onere probatorio del Pubblico Ministero anche quello di dimostrare la sussistenza di una richiesta conosciuta e non soltanto conoscibile da parte dell'imputato. PARTI IN CAUSA B. Cass. pen. Sez. VI, 20/01/2003, n. 11877 ABUSO DI UFFICIO Omissione o rifiuto di atti d'ufficio L'art. 328 c.p. disciplina due distinte ipotesi di reato: nella prima il delitto si perfeziona con la semplice omissione del provvedimento di cui si sollecita la tempestiva adozione, incidente su beni di valore primario (giustizia, sicurezza pubblica, ordine pubblico, igiene, sanità); nella seconda, invece, ai fini della consumazione, è necessario il concorso di due condotte omissive, la mancata adozione dell'atto entro trenta giorni dalla richiesta scritta della parte interessata e la mancata risposta sulle ragioni del ritardo. PARTI IN CAUSA PM in proc. Carletti