III C 2010-2011 Storia LA RESTAURAZIONE (1815 – 1848) Subito dopo la caduta di Napoleone, nel 1815, cominciò l’età della Restaurazione, cioè della ricostituzione dell’Ancien Régime (la situazione precedente alla Rivoluzione francese). In Francia la Restaurazione finisce nel 1830, negli altri stati europei nel 1848. I re, i prìncipi e i ministri di tutta Europa, durante il Congresso di Vienna (1o ottobre 1814 - 9 giugno 1815), stabilirono come andavano divisi i territori d’Europa, ispirandosi ai seguenti princìpi: a. il principio di legittimità: ogni sovrano tornava sul proprio trono in modo “legittimo” b. il principio dell’equilibrio: intorno alla Francia vennero creati “stati cuscinetto”, per impedirne una nuova espansione; c. il principio d’intervento: le potenze vincitrici si riunirono nella Santa Alleanza, una specie di polizia internazionale pronta ad intervenire quando un sovrano fosse minacciato da una rivoluzione. Grazie a tutto ciò, in Europa vi furono quarant’anni di pace: non ci furono guerre tra gli Stati, anche se all’interno di ogni nazione le tensioni prodotte dalla Restaurazione provocarono una serie di rivolte ed insurrezioni. Durante il congresso infatti i sovrani rifiutarono con forza l’idea moderna di nazione, così come l’avevano immaginata e proposta i filosofi illuministi, per i quali la nazione si costituisce a partire dal suolo (= i confini del paese), dal sangue (= i legami tra tutti gli appartenenti ad uno stesso popolo) e dalla lingua (= la parlata comune di un popolo). Fu soprattutto il Principe di Metternich (1773 – 1859), ministro degli esteri austriaco, ad opporsi a questi tre concetti. L’Italia fu così divisa in dieci stati, tutti sotto l’influenza austriaca. Stessa sorte toccò alla Germania. L’Austria, in quel momento, era dunque il più grande nemico di entrambe le nazioni. Nonostante in Francia e nel Regno di Napoli venisse mantenuta la costituzione napoleonica (per evitare rivolte del popolo), i sovrani tornati sul trono di questi regni erano tutt’altro che ben disposti verso i loro sudditi, perché troppo spaventati dal fantasma della Rivoluzione francese. Vennero quindi utilizzati mezzi repressivi (= mezzi che impediscono con la forza e la violenza qualsiasi tentativo - anche minimo - di rivolta) tipici dell’Ancien Régime: i controlli a tappeto della polizia, gli arresti arbitrari, la censura, la tortura, le pubbliche esecuzioni di condannati a morte, le discriminazioni antiebraiche. In campo economico i sovrani assoluti d’Europa tentarono qualche “riforma dall’alto” (= riforma voluta e attuata dal re, anche se non richiesta esplicitamente dal popolo) per cercare di imitare i successi dell’Inghilterra (ad esempio la costruzione di ferrovie), ma il denaro era poco, per colpa delle dispendiose guerre contro Napoleone e dunque vennero ristabiliti (tranne nel Regno Unito) il protezionismo e le barriere doganali interne (= pagamento di dazi anche per il passaggio di merci da una città all’altra di uno stesso regno). Tutto questo andava contro il principio del liberismo (= lasciare la massima libertà negli scambi commerciali no dazi!) applicato in Inghilterra. Un altro problema erano le resistenze al cambiamento di alcune forze sociali: la casta dei cosiddetti “baroni” (i grandi proprietari terrieri che non volevano perdere i loro privilegi e il loro potere), ma anche i contadini (che rifiutavano con forza ogni innovazione tecnologica nel loro faticoso lavoro). Nelle capitali (Torino, Milano, Venezia, Praga, Francoforte, Berlino, Vienna) la situazione era diversa perché qui la borghesia (la classe sociale che aveva guidato la Rivoluzione Francese - era costituita da professionisti, imprenditori, studenti universitari) non tollerava la repressione delle libertà civili ed era pronta a combattere per l’indipendenza e la Costituzione. A questa si aggiungevano i militari ex napoleonici e una parte del proletariato cittadino. Tutti costoro avevano lentamente maturato una coscienza politica (= consapevolezza di sentirsi responsabile del governo della propria nazione, influenzando le leggi e le scelte economiche, esprimendo – per esempio – un voto politico). Alcuni di loro si definirono liberali: credevano nelle libertà politiche e civili del cittadino, nel modello economico del liberismo, auspicavano una monarchia costituzionale sul modello inglese, con un Parlamento eletto col voto dei soli borghesi, e volevano l’indipendenza della propria nazione.Altri si definirono democratici: si ispiravano al modello francese dei giacobini, auspicavano una repubblica e un Parlamento eletto col voto di tutto il popolo. Coloro che sostenevano i governi instaurati con la Restaurazione, invece, furono chiamati conservatori. I liberali tentarono subito di dialogare con i governi assoluti, ma vennero stroncati dalla polizia e dalla censura. Fu il caso del “Conciliatore” diretto da Silvio Pellico, rinchiuso poi in carcere per le sue idee (uscì dal carcere nel 1830 e morì a Torino nel 1854). Nacquero così le società segrete come la massoneria o la carboneria (società italiana, che si distingueva dalla massoneria perché consentiva l’ingresso anche ai ceti più bassi) che tentarono la via della cospirazione. Tutte le iniziative insurrezionali erano preparate con la massima segretezza, ma proprio questo fu un grosso limite, visto che così non veniva coinvolta a sufficienza la popolazione. Nel 1820 e 1821 si svolsero alcuni moti (= rivolte di rivoluzionari) in Spagna, Portogallo, Napoli, Piemonte: la Santa Alleanza intervenne subito con grande energia, e molti cospiratori furono arrestati e condannati a morte. Nel 1830 un’insurrezione più imponente si svolse in Francia, dove Carlo X (divenuto re dopo la morte del fratello Luigi XVIII) stava calpestando la Costituzione ed emanando leggi senza discuterne col Parlamento. Aveva imposto una legge che rimborsava tutti gli aristocratici colpiti durante la Rivoluzione Francese. I borghesi e i grandi finanzieri (i proprietari delle banche) si schierarono contro di lui, e quando Carlo X tentò un colpo di stato cancellando la Costituzione, il popolo di Parigi scese in strada, costruì delle barricate e si scontrò con l’esercito (vedi il dipinto di Delacroix La libertà che guida il popolo, 1830). Dopo tre giorni di combattimenti, Carlo X fu costretto all’esilio, e al suo posto venne incoronato Luigi Filippo d’Orleans, che si impegnò a rispettare la Costituzione. La lotta per la libertà e l’indipendenza si combatté anche in Sud America. Qui le colonie portoghesi e spagnole fornivano prodotti agricoli alla madrepatria, attraverso la coltivazione nelle grandi aziende agricole (fazendas), di proprietà dei crèoli (bianchi discendenti dei primi coloni europei), e in cui lavoravano in condizioni estreme i neri (importati dall’Africa). I crèoli lottarono per la liberazione delle loro terre, che in gran parte ottennero l’indipendenza (tra il 1810 e il 1823). Il Brasile ottenne l’indipendenza dal Portogallo pacificamente (1823) . Gli USA rifiutarono di combattere accanto alle forze della Santa Alleanza, contro i nascenti Stati del Sud America. Inoltre James Monroe (presidente USA dal 1817 al 1825) proclamò il principio che si può riassumere con l’espressione “l’America agli Americani” (principio divenuto noto come Dottrina di Monroe): l’Europa non doveva intervenire nelle questioni americane, così come l’America non sarebbe mai intervenuta nelle questioni europee. Nel frattempo, in Europa, la Grecia ottenne l’indipendenza, combattendo contro l’Impero turco musulmano (1829). Alla guerra partecipò tutto il popolo, ma la vittoria arrivò anche grazie agli aiuti internazionali (le nazioni europee volevano indebolire l’Impero turco) e alla partecipazione di intellettuali, poeti e artisti, tra cui Lord Byron, che morì durante il conflitto. [email protected]