D programma americano di denazificazione e i film sui lager Camilla

annuncio pubblicitario
D programma americano di denazificazione e i film sui lager
Camilla Castiglioni
Denazificazione e regime d’occupazione
Il program ma cinematografico americano
nella Germania occupata del 1945 e 1946 fu
messo a punto seguendo le direttive del piano
Morgenthau, o meglio di una sua elaborazio­
ne nota come Joint Chief of Staff (Jcs) 1067.
II piano, ideato dalfallora segretario del te­
soro americano, Henry Morgenthau, sottoscritto da Roosevelt e Churchill alla seconda
conferenza di Quebec (11-16 settembre 1944),
prevedeva la cosiddetta “pastoralizzazione”
della Germania, cioè la sua trasformazione
in una nazione a carattere fondamentalmente
agricolo. Ma di fronte ad attacchi severi da
parte della stampa e dell’opposizione politi­
ca1, Roosevelt indietreggiò e autorizzò la ste­
sura di un piano alternativo che copriva le
varie fasi dell’occupazione. Così venne deli­
neato il cosiddetto Jcs 1067, che si proponeva
cinque obiettivi specifici, nessuno dei quali fu
tuttavia integralmente raggiunto.
La prima finalità era quella della demilita­
rizzazione, che implicava il divieto ai tedeschi
di detenere armi. Uniformi militari e parate
furono bandite. Un secondo obiettivo era co­
stituito dalla denazificazione: gli animi dei te­
deschi dovevano essere purgati dal nazismo
con un piano elaborato per rimuovere dal po­
tere e punire quelli che avevano sostenuto Hi­
tler. Le istituzioni governative sarebbero sta­
te affidate a chi aveva lasciato la Germania
durante la dittatura, o a chi potesse dimo­
strare “ purezza” politica. La Germania
avrebbe dovuto assimilare le virtù della de­
mocrazia e lo stile americano. Tuttavia tro­
vare leader di un certo calibro che non aves­
sero aderito all’ideologia nazista si dimostrò
più difficile del previsto. Come ricorda Forrest Pogue2, a parte Konrad Adenauer, non
fu semplice trovare uomini adatti in grado
di aiutare la Germania a risollevarsi da quel­
lo stato di prostrazione materiale e morale in
cui l’avevano ridotta dodici anni di regime
nazionalsocialista e una guerra che aveva ra­
so al suolo molte città tedesche. Persino Wil­
ly Brandt aveva dato ai tedeschi la sensazione
di essere fuggito per tornare solo quando la
situazione si era normalizzata.
Coloro che si erano opposti al nazismo
nella maggior parte dei casi erano usciti dai
campi di concentramento privi di forza di vo-
1 L’obiezione principale era che se la Germania fosse stata ridotta all’impotenza non sarebbe riuscita a pagare le ripa­
razioni di guerra; inoltre se l’industria tedesca fosse stata smantellata, tutta l’Europa avrebbe subito un profondo ab­
bassamento di livello.
2 Cfr. James Tent, Mission on thè Rhine: Re-education and Denazification in American-Occupied Germany, Chicago,
University of Chicago, 1982, p. 51 (intervista a Forrest Pogue, 31 agosto 1982, Airlington, Virginia). Pogue, biografo
ufficiale di Marshall, rimase in Germania con le forze di occupazione americane dal novembre del 1945 al giugno del
1946, e vi ritornò nel novembre del 1946. In seguito fu assegnato all’Amerika Haus di Heidelberg (dal 1952 al 1954).
Ita lia c o n te m p o ra n e a ” , m a rz o 1996, n. 202
86
Camilla Castiglioni
lontà e in pessime condizioni di salute. Dun­
que non potevano essere coinvolti nel proces­
so di rinascita della nazione. Inoltre non si
deve pensare che nei campi di concentramen­
to venissero rinchiusi solo gli oppositori del
regime e che quindi la liberazione dei lager
avrebbe ridato linfa vitale alla Germania re­
stituendole una guida intellettuale e morale
mancatale per anni. Hans Habe nota come
fosse sufficiente ben poco per essere interna­
ti. Bastava per esempio essere scoperti a ven­
dere letteratura pornografica ai soldati della
Wehrmacht per essere deportati nei lager3.
Gli americani rinunciarono alla denazifica­
zione quando fu palese l’impossibilità di in­
vestigare sul passato di milioni di persone.
L’insegnamento delle “virtù” della democra­
zia continuò a un livello più modesto, in par­
ticolare offrendo la possibilità ad alcuni tede­
schi di vivere e studiare negli Stati Uniti.
II terzo obiettivo, la deindustrializzazio­
ne, prevedeva di privare la Germania dei
suoi impianti industriali; esso non prese
mai avvio perché già nel 1946 molti capiro­
no che una forte economia tedesca avrebbe
fatto da cuscinetto nei confronti dell’Unione
Sovietica. Quindi la decisione nel 1948 di re­
stituire i complessi della Ruhr ai loro prece­
denti proprietari suscitò l’opposizione di
quelli che continuavano a giudicare in termi­
ni del tutto negativi i tedeschi, ma in linea
con il Piano Marshall consentì la ricostru­
zione di una forte economia della Germania
occidentale, che non venne quindi penalizza­
ta per il suo passato.
Vi era poi la questione della “colpa collet­
tiva” : la realtà dei campi di sterminio, la cui
esistenza diventò di dominio pubblico nel
1945, incoraggiò un cambiamento significati­
vo nella politica verso il nemico. Durante tut­
ta la guerra uno sforzo propagandistico —
non sempre coronato da successo — era stato
fatto per limitare la condanna alla sola lea­
3
dership nazista. La rivelazione di ciò che
era accaduto nei campi di sterminio cambiò
le cose; ora tutti i tedeschi dovevano essere
accusati per tali atrocità. Quando le forze di
occupazione americane entrarono in Germa­
nia divenne tuttavia chiara la difficoltà di at­
tuare un simile programma. La distruzione di
una così larga parte del paese implicava che
le questioni pratiche, relative in primo luogo
ai problemi della sussistenza, avrebbero do­
vuto avere la precedenza. Ufficialmente la
politica della colpa collettiva fu abbandonata
nel gennaio del 1946.
II quinto obiettivo, la non fraternizzazione, doveva essere raggiunto attraverso il ri­
spetto di un regolamento totalmente inappli­
cabile. Le forze di occupazione non avrebbe­
ro dovuto rivolgere la parola ai tedeschi —
un ordine facile da impartire, ma difficile
da mettere in pratica. Questa politica venne
abbandonata ufficialmente nell’agosto del
1945.
Ciò che si è detto finora è importante per
capire, prima ancora di evidenziare le carat­
teristiche della campagna cinematografica,
come i presupposti sui quali essa si basava
fossero deboli, dal momento che il piano
M orgenthau era stato abbandonato e il Jcs
1067 si rivelava praticamente inattuabile. II
programma cinematografico — come si ve­
drà — era dunque già anacronistico al mo­
mento della distribuzione dei film, che venne­
ro proiettati nelle sale cinematografiche pro­
prio quando la politica che essi propugnava­
no veniva abbandonata ufficialmente.
Una seconda premessa necessaria riguarda
la situazione legislativa alla quale tutte le
agenzie di propaganda non poterono fare a
meno di conformarsi. All’epoca lo scopo
principale delle strutture di propaganda era
quello di distruggere la macchina di propa­
ganda nazista e sostituirla con il sistema in­
formativo alleato. Durante la prima fase di
Cfr. Hans Habe, O ff Limits: a Novel o f Occupied Germany, London, George G. Harrap & Co., 1956, p. 285.
Il programma americano di denazificazione e i film sui lager
occupazione militare venne redatta la legge
n. 191 del governo militare. Essa venne
emanata dallo Supreme Headquarters Al­
lied Expeditionary Force (Shaef) il 24 no­
vembre 19444. Tale regolamentazione ri­
guardava il controllo alleato su pubblicazio­
ni, trasmissioni radio, teatro, musica e cine­
ma nella Germania occupata5. L’obiettivo
principale della legge era di garantire la si­
curezza dell’Allied Expeditionary Force
(Aef)6, e il raggiungimento degli obiettivi
del Comando supremo.
La legge proibiva sostanzialmente tutte le
attività ricreative o informative, comprese in
un elenco che andava dalla stampa dei gior­
nali, alla produzione di opere teatrali, all’or­
ganizzazione di spettacoli di qualsiasi gene­
re. Si decretò che da quel momento tutte
queste attività sarebbero state organizzate
secondo le m odalità previste dal governo
militare. In secondo luogo, la legge proibiva
l’esercizio di tutte le funzioni dell’ex Mini­
stero della propaganda tedesco. Le disposi­
zioni in essa contenute erano applicabili a
tutte le organizzazioni sussidiarie, affiliate
e controllate dal Ministero della propagan­
da, come per esempio la Camera della cultu­
ra del Reich.
87
Tuttavia questa legge prevedeva che le at­
tività proibite potessero essere permesse se
chi voleva svolgerle si era assicurato una li­
cenza, o era registrato presso l’Ufficio del go­
verno militare. Si richiedeva la licenza per le
attività chiave di controllo della produzione:
la pubblicazione di giornali, riviste, periodici,
libri, poster, testi musicali; l’apertura di
agenzie stampa o fotografiche, di stazioni ra­
dio e cosi via; la produzione cinematografica
e teatrale; la promozione di concerti e dell’o­
pera lirica, l’allestimento di fiere, di circhi e di
luna-park e simili7. La registrazione era ri­
chiesta a coloro i quali distribuivano, vende­
vano o noleggiavano programmi. Da questa
autorizzazione erano esenti soltanto le musi­
che per funzioni religiose e per intrattenimen­
to nei ristoranti. In sostanza si stabiliva un
completo controllo su stampa, radio e intrat­
tenimenti vari destinati ad una popolazione
di più di sessanta milioni di abitanti, con un
patrimonio culturale e tradizionale profon­
damente radicato, specialmente nel campo
musicale.
Mentre lo Shaef si riservava il diritto di
emanare ulteriori direttive di base, esso inca­
ricò la Psychological W arfare Division8 di
controllare il rispetto della legge. Nel mo-
4 Per le leggi e i regolamenti nelle aree di controllo americane si veda Germany 1947-1949. The Story in Documents,
Washington, Department of State Pubblication, 1950, pp. 594-607. Si veda anche Henry P. Pilgert, Press Radio and Film
in West Germany, 1945-1953, Bonn, Historical Division Office of the Executive Secretary, Office of the U.S. High Commisioner for Germany (d’ora in poi Hicog). II volume riporta interessanti documenti (cfr. per es., i “ Reports of the Mi­
litary Governor” nn. 13, 24, 36, 48, 1946-1949, che affrontano il problema del controllo delle informazioni; di partico­
lare valore è “The German Press in the U.S. Occupied Area, 1945-1948, Special Report of the Military Governor” ,
novembre 1948, che raccoglie i testi di importanti direttive e regole. Per un riassunto della situazione di stampa radio
e cinema dal 1945 al 1952 si veda “U.S. High Commissioner for Germany”, Report on Germany, 21 settembre 1949-31
luglio 1952, pp. 61-82).
5 Per quanto riguarda il cinema essa sostanzialmente vietava l’attività dei tedeschi nella produzione e distribuzione ci­
nematografica.
6 Vedi Joseph Dünner, Information Control in thè American Zone o f Germany 1945-1946, in Carl J. Friedrich et al.,
American Experiences in Military Government in World Far II, New York, Rinehart & Co., 1948, p. 276.
7 Per esempio alla fine del gennaio 1946, [’Information Control Division (d’ora in poi led) riportava che erano state
date 164 licenze per il teatro e la musica. Ciò aveva permesso di portare in scena due opere americane, Thunder Rock
e Our Town, le più celebri commedie e tragedie di Shakespeare, e di organizzare spettacoli nei centri maggiori che in­
cludevano concerti sinfonici di quasi tutti i compositori e opere liriche, da Madame Butterfly, a Tosca, da Spiel im
Schloss di Molnar, a Oberfahrt di Sutton Vane.
8 La Psychological Warfare Division fu organizzata all’inizio del 1944, ricorrendo a militari e civili nordamericani e
britannici. Dopo la dissoluzione dello Shaef nelle sue due componenti britannica e americana a metà del luglio 1945
88
Camilla Castiglioni
mento in cui si incaricò di fornire le licenze e
di controllare la censura cinematografica, la
Pwd mise a punto alcune modalità di control­
lo9. La maggiore preoccupazione degli uffi­
ciali che lavoravano al controllo delle infor­
mazioni era trovare personale tedesco ade­
guato da coinvolgere nelle iniziative del go­
verno militare, e che potesse un giorno sosti­
tuirlo in tutti i suoi compiti. Considerando
l’enorme influenza esercitata sul pubblico
dai mezzi di informazione, bisognava con­
durre un’attenta verifica dei potenziali pos­
sessori di licenze. A questo scopo erano state
formate tre liste, una bianca, una grigia e una
nera, a seconda maggiore o minore vicinanza
degli interessati al partito nazista. Solo le
persone comprese nella lista bianca potevano
ottenere le licenze. II questionario al quale i
candidati dovevano rispondere conteneva
131 domande riguardanti il retroterra cultu­
rale, il reddito e il credo religioso e politico.
Dal momento che si riteneva che la maggior
parte degli antinazisti perseguitati e internati
nelle prigioni e nei campi di concentramento
non avesse stabilità emotiva sufficiente per
svolgere i compiti prospettati, gli uffici as­
sunsero degli psichiatri per valutare più at­
tentamente i candidati. Questi ultimi doveva­
no rimanere nel centro militare due giorni e
sostenere sette test (compreso quello di Rorschach10). Dalle analisi dei test si era giunti
alla conclusione che un uomo dalle reazioni
normali, che non dava segni di particolare in­
stabilità emotiva, probabilmente non era sta­
to antinazista militante, ma aveva invece cer­
cato di adattarsi in qualche modo al regime.
Per quanto riguarda la scelta dei funziona­
ri del ramo cinematografico, venivano assun­
ti di preferenza emigrati tedeschi o austriaci,
che possibilmente avessero avuto precedenti
esperienze in quel campo. La figura di mag­
gior spicco fu probabilmente Erich Pommer,
che tornò per la prima volta in Germania alla
fine del 1945 e poi, in qualità di funzionario
per il controllo della produzione cinemato­
grafica, a partire dall’estate 1946, cercò di ri­
mettere in moto la produzione cinematogra­
fica tedesca a Berlino e a Monaco.
L’abbandono del controllo sulle attività dei
tedeschi avvenne attraverso le cosiddette Ge­
neral Licences nn. 1,2 e 3, applicabili nei quat­
tro Lander sotto il controllo degli Stati Uniti.
In particolare, la Licence n. 2, entrata in vigo­
re il l s maggio 1949, permetteva attività tea­
trali cinematografiche e musicali proibite in
precedenza. La n. 3 fu emanata il 2 maggio
1949 e riguardava la pubblicazione di giornali,
riviste, periodici, libri, opuscoli, poster, testi
musicali e altre pubblicazioni stampate o ri­
prodotte meccanicamente. Rimaneva per tutti
l’obbligo di conformarsi alla VI sezione dell’information Control Regulation n. 3, che
proibiva attività sovversive, attività legate al
nazismo, contro il governo militare alleato o
contro la democrazia. Per quanto riguarda il
settore cinematografico, le disposizioni preve­
devano una forte censura. Potevano venir
proiettati solo film in possesso di un regolare
e la creazione di zone separate di occupazione, la Pwd cambiò il suo nome in Information Control Division of the U.S.
Forces, European Theater (Icd-Usfet).
9 Quando nel giugno del 1945 la Pwd si scisse e il governo americano la sostituì con la Information Control Di­
vision, le questioni cinematografiche diventarono di competenza di una sezione chiamata Film Control Branch. Nel
1948 il nome della led divenne Isd e la sezione cinematografica assunse il nome di Motion Picture Branch. In Gran
Bretagna invece fu istituita la Film Section all’interno dellTnformation Services Division del governo militare bri­
tannico (Control Commission for Germany-British Element = Ccg-Be); cfr. H.P. Pilgert, The History o f the Deve­
lopment of Information Services through Information Centers and Documentary Films, Bonn, Historical Division, Of­
fice of the Executive Secretary, Office of the U.S. Hicog, 1951 e Id., Press, Radio and Film in West Germany 19451953, cit.
10 II test di Rorschach comprende una serie di dieci macchie standard di inchiostro di varie forme e colori. Le risposte
del candidato riguardo a ciò che vede su ciascuna figura costituiscono una forma di libera associazione di idee consi­
derata come un indice del suo stato mentale ed emotivo, della sua personalità e del suo carattere.
Il programma americano di denazificazione e i film sui lager
certificato redatto nei seguenti termini: “Atte­
stato di proiezione cinematografica. Con il
presente documento viene attestato che il film
dal titolo... è autorizzato ad essere rappresen­
tato pubblicamente. Attestato emesso per or­
dine delle autorità alleate11” .
A differenza della censura cinematografica
tedesca prima del 1945, che si era limitata a
vietare un certo numero di pellicole, la censu­
ra alleata era estesa a tutti i film, salvo quelli
muniti di speciale autorizzazione. Per ottene­
re tali autorizzazioni le produzioni tedesche
dovevano superare un esame preliminare
dei copioni e dei trattamenti e i film di impor­
tazione dovevano essere sottoposti a un con­
trollo prima di essere inseriti sul circuito te­
desco. Secondo l’analisi di Alfred Bauer12,
gli alleati avevano redatto una lista di 230
film all’indice, realizzati durante la Repub­
blica di Weimar e il regime nazista. Per il re­
sto, la censura nelle tre zone di occupazione
lavorò indipendentemente in ciascuna area.
La mancanza di autorizzazione da parte di
un governo non era vincolante per gli altri.
Come per gli altri strumenti informativi, que­
sta regolamentazione prevedeva la punizione
a discrezione del governo militare.
Alla fine del gennaio 1946, erano stati
aperti 347 cinema, 130 dei quali erano nell’a­
rea del 6870 District Inform ation Services
89
Control Command (Discc), 168 nell’area di
6871 Discc e 49 nel distretto di Berlino13. Alle
misure di controllo descritte seguì da parte
alleata lo sforzo per sviluppare una propria
produzione cinematografica informativa. In
un primo momento si decise di realizzare ver­
sioni tedesche di documentari realizzati du­
rante la guerra per uso interno. Nazis schlagen los [I nazisti colpiscono] è un esempio:
si tratta della versione tedesca della serie
The Nazis Strike [I nazisti colpiscono], pro­
dotta nel 1942-1943. A sua volta essa era par­
te di Why We Fighi [Perché combattiamo],
una serie in sette parti, realizzata dal regista
Frank Capra. Ai soldati americani in missio­
ne sul fronte si spiegava in questo modo l’a­
scesa del partito nazista dal 1933 fino all’in­
vasione della Polonia. Le numerose semplifi­
cazioni contenute in questa versione rivedu­
ta, non ultime le parti a cartoni animati, fini­
rono per irritare molti spettatori1415.
Le nuove produzioni avevano maggiore
introspezione psicologica, per esempio la se­
rie dell’Omgus Zeit im Film1? [Il tempo al ci­
nema], Dopo la sconfitta della Germania, le
autorità alleate bloccarono tutte le proprietà
cinematografiche16 appartenenti al Reich o
da esso controllate17 e un comitato tedesco
fu incaricato della sua amministrazione. In
questo stesso periodo gli studi cinematografi-
11 “ Filmvorführungsschein. Es wird hiermit bescheinigt, daß [Filmtitel] zur öffentlichen Vorführung zugelassen ist. Be­
scheinigung ausgestellt im Auftrag der allierten Behörden”, cfr. Helmut Regel, Klaus Jaeger, Der Film als Instrument
allierter Besatzungspolitik in Westdeutschland, in Deutschland in Trümmern. Filmdokumente der Jahre 1945-1949, Ober­
hausen, Karl Maria Laufen, 1976.
12 Cfr. Alfred Bauer, Deutscher Spielfilm-Almanach 1929-1950, Berlin-Zehlendorf, Filmblätter Verlag, 1950.
13 C’erano infatti tre unità dell’lcd per il controllo delle informazioni. Esse erano annesse ai due distretti militari ame­
ricani e al settore americano di Berlino: 6870 Discc, con i Comandi generali a Monaco; 6871 Discc, con i Comandi ge­
nerali a Wiesbaden e la sezione di controllo delle informazioni dell’Office of Military Government United States (Omgus) a Berlino.
14 Cfr. H. Regel, K. Jaeger, Der Film als Instrument alliierter Besatzungspolitik in Westdeutschland, cit.
15 L’esempio più celebre di questa serie è Die Todesmühlen. Zeit im Film fu un progetto che si protrasse per molti anni.
Dopo lo scioglimento dell’Omgus fu distribuito per anni dall’Office of thè U.S. Hicog attraverso la Allgemeiner Film­
verleih. L’Hicog, che succedette all’Omgus nel settembre del 1949, portò avanti le stesse politiche relative all’informa­
zione, ma con uno staff ridotto del 50 per cento.
16 Cfr. i seguenti Reports of thè Military Governor che trattano del controllo delle informazioni: nn. 13, 24, 36, 48, in
Germany 1947-1949, cit.
17 Essendo del Reich, le proprietà della Ufa-Film GmbH (produttori), Deutsche Film Theater GmbH (teatri e cinema) e
della Deutscher Film Verleih (distributori) passarono sotto il controllo del governo militare con la Military Government
90
Camilla Castiglioni
ci di Berlino furono parzialmente smantellati
e la parte restante si ritrovò ad essere com­
presa nella zona sovietica e quindi utilizzata
dalla Deutsche Film Aktiengesellschaft (De­
fa) comunista18. Se si considera che anche il
materiale grezzo e le pellicole a colori fatte
dalla IG Farben si trovavano nella zona so­
vietica, risulta evidente che la nuova indu­
stria cinematografica nasceva già fortemente
ostacolata nel suo sviluppo. Gli studi di Mo­
naco Geiselgasteig divennero i più importan­
ti della Germania occidentale, accanto in or­
dine di importanza a quelli di Amburgo,
Gottingen, Berlin-Tempelhof, Düsseldorf e
Wiesbaden (questi ultimi costruiti ed equi­
paggiati dopo il 1945).
Trovare personale per tali strutture fu un
compito lungo e difficile, dal momento che
l’industria era stata completamente controlla­
ta dal terzo Reich e quasi tutti gli attori, i pro­
duttori e gli scrittori avevano preso parte al
movimento nazista. Bisogna comunque tenere
presente che il governo militare non mirava ad
affrettare la ripresa della produzione cinema­
tografica. Infatti la sua politica era quasi
esclusivamente interessata a porre le basi per
un’industria cinematografica nuova e diversa,
“ democratica” appunto. Inoltre la priorità
venne data ad altri settori, come la stampa19.
La riforma valutaria nel giugno 1948 e la
cessazione dell’obbligo per i cinematografi
di procurarsi le licenze di proiezione nel mag­
gio del 1949 furono gli eventi principali che
riguardarono l’industria cinematografica.
Prima del giugno 1948 solo otto film erano
stati distribuiti daH’industria cinematografi­
ca tedesca e le compagnie britanniche e ame­
ricane non avevano m andato molti film in
Germania.
Per una maggiore comprensione del pro­
gramma cinematografico americano è tutta­
via necessario ritornare alle sue origini. Se­
condo le direttive emanate nella primavera
del 1945, infatti, la politica cinematografica
doveva svilupparsi su tre canali: un cinegior­
nale — dal titolo Welt im Film20 [Il mondo al
cinema] — che aveva lo scopo di informare i
tedeschi su quello che avveniva all’estero, da­
to che la propaganda nazista aveva manipo­
lato per anni le informazioni; alcuni film di
finzione di produzione americana, che dove­
vano mostrare ai tedeschi come fosse la vita
in una nazione veramente democratica e che
dovevano fornire nuovi modelli ai quali con­
formarsi21; alcuni documentari sulla libera­
zione dei lager nazisti. Quest’ultimo punto è
di particolare interesse. Infatti i documentari
sulla liberazione dei lager avevano, in linea
Law n. 52 del 14 luglio 1945 (si veda “Military Government Gazette Issue A, 1° giugno 1946” , in H.P. Pilgert, Press,
Radio and Film in West Germany 1945-1953, cit., p.31, nota 57).
18 La Defa fu autorizzata dal governo militare sovietico il 17 maggio 1946 per essere operativa nella zona sovietica e a
Berlino. Si veda Walter Busse, Die Defa. Gelenkte Kunst auf Leinwand, “Der Monat”, ottobre 1952, n. 49, pp.75-88.
19 Hicog, “Isd Motion Picture Reports”, settembre-dicembre 1949, in Germany 1947-1949, cit.
20 Si trattava del cinegiornale ufficiale delle forze di occupazione britanniche e americane. II primo numero venne di­
stribuito il 18 maggio 1945 e seguirono più di 200 edizioni settimanali, finché la creazione della Repubblica federale, nel
settembre del 1949, non decretò la fine del suo monopolio delle sale cinematografiche tedesche. In seguito Welt im Film
continuò ad essere prodotto e distribuito su una normale base commerciale sotto gli auspici delle potenze angloameri­
cane. Gli inglesi si ritirarono dalla produzione nel giugno 1950 e gli americani il 27 giugno 1952, data di uscita del nu­
mero 369. Per informazioni più dettagliate su Welt im Film si veda Roger Smither, Welt im Film 1945-46. A Microfiche
Catalogne o f the Imperial War Museum's Holding o f Material from the Anglo-American Newsreel Screen in Occupied Ger­
many, 1945-50, London, The Museum, 1981; Stephan Dolezel "Welt im Film" 1945: Ausgewählte Stories zu “.Reeduca­
tion", Göttingen, Institut für den wissenshaftlichen Film, 1982, p. 2.
21 L’elenco dei film è il seguente (quando il titolo è accompagnato da questo segno * significa che fu ritirato perché era trop­
po militarista o per bilanciare il numero di pellicole acquistate da ciascuno studio): The Maltese Falcon (Warner Bros.,
1941); Remember the Day (20th Century Fox, 1942); * Action in the North Atlantic (Warner Bros., 1943; ritirato, rimontato
e reintrodotto); It Happened Tomorrow (United Artists, 1944); Pride and Prejudice (Metro Goldwyn Meyer, 1940); All that
Money Can Buy (RKO, 1941): Madam Curie (Metro Goldwyn Meyer, 1944); One Hundred Men and a Girl (Universal, 1937);
Il programma americano di denazificazione e i film sui lager
con il piano Morgenthau, due obiettivi stret­
tamente connessi: in primo luogo mostrare ai
tedeschi i crimini specifici commessi in loro
nome dai nazisti, per muoverli contro il par­
tito nazionalsocialista in modo che si oppo­
nessero ai suoi tentativi di organizzare attivi­
tà terroristiche e di guerriglia durante l’occu­
pazione alleata. In secondo luogo si voleva ri­
cordare ai tedeschi il loro tacito assenso alla
perpetrazione di tali crimini e quindi l’inevi­
tabile necessità di condividerne la responsa­
bilità, mentre li si persuadeva ad accettare
le misure prese dall’occupazione alleata22.
Quando fu chiaro che non vi sarebbero state
azioni terroristiche e di guerriglia contro i vin­
citori, il primo obbiettivo perse di importanza;
il secondo invece, ossia il tentativo di far nasce­
re un sentimento di colpa collettiva per rendere
accettabile l’occupazione, rimase la ragione
trainante del progetto dei film. Tra i film rea­
lizzati in quegli anni ricordiamo ad esempio
Nazi Concentration Camps, KZ, Welt im Film
n. 5, The True Glory, Memory o f thè Camps23,
ma sicuramente il più significativo fu Die Todesmiihlen [I mulini della morte].
91
Le direttive citate evidenziano una forte
preoccupazione per la salvaguardia dei sol­
dati che operavano nella Germania occupa­
ta, rafforzata dal desiderio diffuso negli Stati
Uniti di un rapido rientro delle truppe. Per
ovviare a queste difficoltà, di fronte alle insi­
stenze dell’opinione pubblica americana per­
ché i soldati americani facessero rapidamente
ritorno in patria, si decise di realizzare delle
versioni in inglese dei film sui lager, perché
anche il pubblico angloamericano compren­
desse l’importanza e la necessità di un’occu­
pazione prolungata della Germania (fu a
questo proposito che venne realizzata la ver­
sione in inglese di Die Todesmiihlen, Death
Mills). A questi film era quindi affidata una
missione importante: occorreva che fossero
aderenti ai fatti, in modo che le immagini
non potessero essere confutate e potessero es­
sere utilizzate come prove al processo di No­
rimberga, apertosi il 20 novembre 1945, con­
clusosi il 1QOttobre 194624. Ecco perché tra
le direttive venne presto inserita quella di rea­
lizzare film aderenti ai fatti e documentati fi­
no all’ultimo dettaglio per non permettere
Thirty Seconds Over Tokio (Metro Goldwyn Meyer, 1945); * Air Force (Warner Bros., 1943); * The More the Merrier (Co­
lumbia, 1943); Across the Pacific (Warner Bros., 1942); The Human Comedy (Metro Goldwyn Meyer, 1943); Abe Lincoln in
Illinois (Rko,1940); Dr. Ehrlich's Magic Bullet (1st Nat, 1940); Young Tom Edison (Metro Goldwyn Meyer, 1940); The Gold
Rush (United Artists, 1942); It started with Eve (Universal, 1941); You Were Never Lovelier (Columbia, 1942); Appointment
for Love (Universal, 1941); * The Navy Comes Through (Rko, 1942); Hold Back the Dawn (Paramount, 1941); I Married a
Witch (United Artists, 1942); Christmas In July (Paramount, 1940); * Corvette K-255 (Universal, 1943); Tales o f Manhattan
(20th Century Fox, 1944); Shadow o f a Doubt (Universal, 1943); * The Sullivans (20th Century Fox, 1944); My Sister Eileen
(Columbia, 1942); * Tom, Dick, and Harry (Rko, 1941); Going My Way (Paramount, 1944).
22 Cfr. “Material Needed for Proposed Motion Picture on German Atrocities”, 5 maggio 1945, in National Archives of
Washington (d’ora in poi NAW), RG 260, Omgus, 17-3/10, F 4.
23 Memory o f the Camps è il titolo dato dall’lmperial War Museum di Londra a un documentario sulla liberazione dei
lager nazisti montato a Londra nel 1945. Si tratta di un film mai portato a termine; la ricostruzione della sua storia è
estremamente interessante, perchè permette di mettere a fuoco i problemi logistici e politici che in quel periodo impe­
dirono il buon funzionamento delle agenzie di propaganda. Vedi Elisabeth Sussex, The Fate o f 3080, “Sight and Sound
British Film Institute”, aprile 1984, n.2, pp. 92-98; si veda inoltre “Films for Liberated Territories. Investigation of War
Atrocities. Factual Film Report on German Concentration Camps” , in British Public Record Office di Kew, file INF/
636 (F3080).
24 Stuart Schulberg, membro della Documentary Evidence Section a Norimberga, fece una straordinaria analisi dell’im­
patto di questo materiale quando venne proiettato nel corso dei processi ai capi nazisti davanti alla corte di Norimber­
ga. Fece installare delle luci in modo che gli fosse possibile osservare la reazione immediata dei nazisti più noti. Hjalmar
Schlacht si girò e fissò la cinepresa per le intere sei bobine. Julius Streicher guardò — diabolicamente affascinato —
l’intero film. Schulberg sostiene che il più visibilmente toccato fu Wilhelm Keitel, che pianse apertamente durante la
maggior parte della proiezione, asciugandosi le lacrime distrutto. Cfr. Stuart Schulberg, An Eyewitness Report, “Hol­
lywood Quarterly II” , luglio 1947, pp. 412-414.
92
Camilla Castiglioni
che i nazisti potessero in futuro confutare le
prove presentate o affermare che soltanto
una minoranza era stata responsabile di
quanto era accaduto25. Questo pensiero in­
forma tutte le considerazioni che riguardano
il progetto e si riflette anche in molte disposi­
zioni rivolte ai cineoperatori.
La Pwd richiese che le riprese che mostra­
vano i lager fossero girate collegandole alle
zone circostanti. Venne ordinato di scegliere
immagini che consentissero di identificare le
località nelle quali sorgevano i campi di con­
centramento. Venne inoltre richiesto di stabi­
lire quali erano le fonti di energia utilizzate
per l’illuminazione del lager e chi metteva le
recinzioni sotto tensione. Nel caso l’energia
elettrica provenisse da una città nelle vicinan­
ze, bisognava sottolineare il collegamento tra
città e lager26.1 collaboratori della Pwd sape­
vano che un giorno si sarebbero trovati da­
vanti al tentativo di provare che le immagini
erano state m anipolate27 e misero a punto
strategie per impedire che ciò avvenisse con
successo. Per esempio alcune personalità del­
l’esercito alleato e tedesco furono filmate du­
rante la loro visita ai lager28.
I risultati del programma americano
Per quanto riguarda l’effetto del film sugli
spettatori tedeschi, l’analisi deve tener conto
di diversi elementi. Un interessante rapporto
provvisorio sulle reazioni alle rappresenta­
zioni in Baviera, contenuto in un telegramma
della fine di gennaio, contiene le seguenti in­
formazioni:
tutti erano abbattuti, alcune donne piangevano, si
commiseravano le condizioni rappresentate, tu tta­
via c’era poco sentimento di responsabilità, molti
com m enti sulle atro cità commesse nei confronti
dei bam bini, gli spettatori eccezionalmente tesi e
seri, di tanto in tanto si sentivano m orm orare pa­
role come “ impossibile” , “ che bestie” , “ m aiali” .
Nessun dubbio circa l’autenticità29.
Nel febbraio del 1946 la led pubblicò un’a­
nalisi conclusiva dei risultati delle proiezioni
in Baviera, che confermò in parte il rapporto
provvisorio, ma che risulta comunque a tratti
contraddittoria, mentre i rapporti provenien­
ti dalle altre zone occupate dagli americani
non esprimevano la stessa soddisfazione ri­
guardo agli effetti del film. La led mise in evi­
denza due tipologie di reazione in Baviera.
Prima di tutto, come già emergeva dal rap­
porto provvisorio, praticamente non sussi­
stevano dubbi circa l’autenticità delle imma­
gini, e gli spettatori si vergognavano che tali
atti avessero avuto luogo in Germania. De­
terminate scene, come le cataste di occhiali,
denti e capelli delle vittime, o la visita dei cit­
tadini di Weimar a Buchenwald, ebbero un
impatto particolarmente forte sugli spettato-
25 Cfr. “Material Needed For Proposed Motion Picture on German Atrocities” , 5 maggio 1945, in NAW, RG 260 Omgus, 17-3/10, F4.
26 “General Directive for Cameramen in the Field”, in NAW, RG 260 Omgus, 17-3/10, F4.
27 “General Directive for Cameramen in the Field”, loc. cit.
28 Particolarmente efficaci sono le inquadrature che mostrano Eisenhower durante la visita di un campo: dolore mo­
rale, sdegno, turbamento, impotenza davanti a tale mostruosa inumanità sono le reazioni espresse chiaramente e in
modo convincente dal volto e dall’atteggiamento del generale. Dopo questa visita Eisenhower ordinò di portare asso­
lutamente nel lager tutti gli abitanti della città vicina: era un tentativo individuale e spontaneo di fare quello che il
film avrebbe cercato di fare con le masse. Presumibilmente questa scena venne filmata in un lager 80 km ad est di
Kassel, a Ohrdruf. Anche il generale George Patton visitò il lager nello stesso periodo e si sentì male (dovette vomi­
tare). La reazione del sindaco di Ohrdruf e della moglie fu estrema: poco dopo si impiccarono. Cfr. Charles B. McDo­
nald, The Mighty Endeavor, American Armed Forces in the European Theater in World War II, New York, Oxford
University Press, 1969, p. 476 sg.; Earl F. Ziemke, The US Army in the Occupation o f Germany 1944-46, Washington
D.C., Usgpo, 1975, p. 236 sg.
29 Cfr. Dillard-Hart a McClure, 29 gennaio 1946, in NAW, RG 260 Omgus, 17-3/10,f4.
Il programma americano di denazificazione e i film sui lager
ri. Dopo una proiezione, un impiegato della
Icd opportunamente istruito osservò ad alta
voce che il film era pura propaganda. Subito
gli si raccolsero intorno delle persone, lo assi­
curarono che era tutto vero e un uomo lo mi­
nacciò. Durante una delle rappresentazioni
una ragazza rise provocando quasi una rissa.
Molti spettatori si dichiararono pentiti per
non aver capito prima il significato dell’ade­
sione al nazionalsocialismo.
D ’altro canto molti reagirono osservando
che il film mostrava soltanto una parte della
verità, senza considerare la sofferenza dei
prigionieri di guerra tedeschi nei campi allea­
ti30, il bombardamento delle città tedesche o
le condizioni della regione dei Sudeti o delle
terre a est dell’Oder. Alcuni affermarono di
essere disgustati dalla propaganda su stampa
e radio, altri temevano che il film avrebbe
scatenato troppo odio contro i tedeschi. Pian
piano si venne articolando un’espressione,
che nel dopoguerra diventò un luogo comune
nella autodifesa dei tedeschi: “io non ne sape­
vo nulla, e pertanto non posso essere ritenuto
responsabile” .
Alcune persone intervistate raccomanda­
rono di porre in maggiore risalto la spiega­
zione delle motivazioni degli orrori nazisti
piuttosto che le atrocità stesse. Per quanto
riguardava la composizione del pubblico,
I’Icd rilevò che il gruppo che più riteneva il
film vero e necessaria la sua visione com­
prendeva operai, intellettuali e quei soldati
che avevano assistito alle atrocità compiute
sul fronte orientale dalle SS e dall’esercito.
Il gruppo che non era invece disposto ad ac­
cettare il film ed esprimeva forti critiche e ri­
serve mentali era costituito da appartenenti
al ceto mediobasso, giovani ed ex prigionieri
di guerra maltrattati nei campi di prigionia.
Nel complesso il pubblico era costituito per
la maggior parte da appartenenti alla catego­
93
ria degli operai e del ceto medio basso (non­
ché da ex deportati nei lager), mentre il ceto
medio alto era vistosamente assente. Si trat­
ta di un elemento interessante, perché dopo
la presa del potere dei nazionalsocialisti, i
grossi industriali, i proprietari terrieri e la
borghesia tedesca, che avevano sostenuto
Hitler, erano affluiti in massa nel partito. Al­
cuni attenti osservatori espressero già all’e­
poca il timore che gli ex appartenenti al par­
tito non avrebbero visto il film, il che proba­
bilmente avvenne.
L’analisi finale della Icd relativa all’ acco­
glienza del film in Baviera, che venne confer­
mata nelle restanti zone di occupazione ame­
ricana, rivela sia la contradditorietà che il fal­
limento degli esperimenti di rieducazione.
Nonostante il fatto che molte persone rifiu­
tassero di assumersi qualsiasi responsabilità
per le atrocità mostrate, quasi nessuno ne mi­
se in dubbio l’autenticità. Ma considerando
che il film non voleva convincere semplicemente gli spettatori dell’esistenza dei campi
di sterminio nazisti, ma aveva uno scopo
più complesso, esso può essere ritenuto un
fallimento. La Icd stessa confermò questo
giudizio con due frasi contradditorie alla fine
del rapporto: “la maggioranza degli spettato­
ri al cinema mostra chiaramente che i tede­
schi non evitano nel complesso di considerare
le accuse alla nazione tedesca. Sembra che il
film sia stato il mezzo che è meglio riuscito
a far nascere nei tedeschi la consapevolezza
della grossa colpa del regime hitleriano31” .
Vi è infatti una grossa differenza tra l’af­
fermare che i tedeschi non rifiutavano di
muovere accuse alla loro nazione e l’affer­
mare che il film risvegliava nei tedeschi la
consapevolezza della colpa del regime. Gli
staff della Pwd/Icd avevano prodotto il film
per risvegliare nei tedeschi la consapevolezza
della propria colpa individuale e collettiva,
30 Per una descrizione delle condizioni nei lager per prigionieri di guerra negli Usa vedi Judith M. Gansberg, The Re­
markable Story o f German POW's in America, New York, Stalag Usa, 1977.
31 Intelligence Summary n. 30, febbraio 1946, p. 4, in NAW, RG 260, Omgus, Information Control.
94
Camilla Castiglioni
ma anche secondo i rapporti dell’lcd, questo
tentativo non ebbe successo. U n’afferm a­
zione fatta da un ufficiale del governo mili­
tare a Eichstatt (in Baviera, tra Norimberga
e Monaco), come prefazione a una ricerca
specifica dell’Istituto tedesco per la ricerca
psicologica e la psicoterapia, consente di
dubitare sul fatto che l’affluenza fosse note­
vole: “ La popolazione del luogo evita il film
in massa, come del resto sembra essere la re­
gola in Baviera32” .
Per riparare a ciò, l’ufficiale organizzò al­
cune proiezioni del film per gli impiegati del
governo militare e della giunta regionale te­
desca. Il Deutsche Institut (il cui organico a
quanto pare consisteva in una persona sola)
intervistò poi queste persone, per registrare
l’effetto del film. Su 3.462 persone che lo vi­
dero, 1.500 ricevettero un questionario e
214 lo riempirono. Sebbene i risultati della ri­
cerca non sarebbero considerati validi secon­
do gli odierni criteri dei sondaggi di opinione
pubblica (solo il 14 per cento degli esaminati
rispose alle domande), essi sono tuttavia inte­
ressanti, perché ci forniscono pur sempre ele­
menti per comprendere la reazione del pub­
blico. Agli spettatori fu assicurato l’anonimato, precisando: “Non temete: se non avete
la macchina per scrivere e avete paura che la
vostra calligrafia possa essere riconosciuta
scrivete in stampatello!33”
I commenti furono in generale poco lusin­
ghieri. Una ragazza di sedici anni scrisse:
“Per la prossima campagna di propaganda
prendete Goebbels come consulente34.”
Un’altra persona chiese perché in una socie­
tà democratica si fosse obbligati a vedere il
film. Molti sostennero che le conseguenze
degli attacchi aerei alleati erano peggiori di
quello che si vedeva nel film; altri affermaro­
no che l’Unione Sovietica stava compiendo
più gravi atrocità nei confronti dei prigionie­
ri di guerra in Slesia. Un ragazzo di 14 anni
aveva amici che erano stati ad Auschwitz e
Belsen che gli avevano detto che la realtà
non era atroce come nel film. Un ragazzo
di 22 anni definì il film “truffa e ipocrisia”35.
Probabilmente queste 214 risposte riflettono
il sentimento generale e sono la riprova che
pochi in Germania sposarono l’idea della
colpa collettiva.
Nel complesso i risultati possono essere
riassunti come segue (anche se le cifre, come
nota il rapporto, sono discutibili): il 74 per
cento degli spettatori prese spontaneamente
parte alle proiezioni (la maggior parte di co­
loro che non lo fecero disse che alcune auto­
rità locali, il governo militare o uffici tedeschi
li avevano obbligati alla visione); il 62 per
cento spiegò che il film aveva avuto su di loro
una grossa influenza, il resto dichiarò che
l’impressione era stata scarsa o nulla; l’8,4
per cento ammise di essersi annoiato, mentre
la maggioranza registrò effetti negativi (in­
credulità, disgusto, terrore, indignazione).
L’87,9 per cento dichiarò che dopo il film
non provava nessun senso di responsabilità;
il 56,3 per cento era dell’opinione che il film
fosse fedele ai fatti, tuttavia il 65,5 per cento
pensava che si trattasse di mera propaganda;
infine il 69,8 per cento ammise che il film con­
tinuava ad ossessionarlo e che avrebbe conti­
nuato a farlo nel tempo — con variazioni da
un’ora a “tutto il resto della mia vita” 36.
Il dato che nuovamente emerge è la man­
canza di senso di responsabilità. L’83 per
cento di quelli che non si sentivano responsa­
bili basò la propria affermazione sul fatto di
32 Felix Scherke “A Psychological Survey of the Effects of the Film TodesmCihlen”, febbraio 1946, in NAW, Bavaria
Intelligence Division, 111-1/10, RG 260, Omgus, WNRC-Suitland.
33 F. Scherke,“A Psychological Survey of the Effects of the Film Todesmuhlen" , loc. cit.
34 F. Scherke,“A Psychological Survey of the Effects of the Film Todesmuhlen", loc. cit.
35 F. Scherke,“A Psychological Survey of the Effects of the Film Todesmuhlen” , loc. cit.
36 F. Scherke,“A Psychological Survey of the Effects of the Film Todesmuhlen” , loc. cit.
Il programma americano di denazificazione e i film sui lager
non aver saputo delle atrocità, di non averle
desiderate, e di non aver votato per il partito
nazionalsocialista (o di essersi opposti al re­
gime); alcuni affermarono anche che nessuno
avrebbe potuto fare niente contro il sistema
terroristico allora operante37. È interessante
notare come il 2,1 per cento sostenne che
concetti come quello di colpa collettiva non
esistevano. Qualcuno affermò che “ colpa
collettiva è uno slogan della democrazia” ,
uasato alla fine di “ metterla in condizione
di operare a proprio piacimento38” .
Va precisato che con democrazia si inten­
devano gli alleati o i vincitori, secondo una
interpretazione realistica anche se cinica,
con cui molti funzionari del governo militare
non sarebbero stati d’accordo nei primi tem­
pi dell’occupazione39.
Anche nel settore americano di Berlino,
l’altra area per cui sono disponibili statisti­
che su Die Todesmuhlen, i funzionari dell’lcd
non avevano particolari motivi di soddisfa­
zione. Peter van Eyck, allora Film Control
Officer dell’Omgus a Berlino, e in seguito
noto attore, scrisse nel suo rapporto del 28
marzo 1946:
95
Sebbene i mulini della m orte macinino lentam en­
te, essi non hanno tuttavia alcuna clientela. Come
pronosticato da questo dipartim ento, 52 proiezio­
ni di Die Todesmuhlen sono troppe. D opo un ini­
zio m olto prom ettente con circa il 50 per cento
di frequenza il prim o giorno, il num ero è sceso
quasi a zero. Per la prim a volta questo reparto è
am aram ente deluso dai berlinesi40.
nario, riempito un pomeriggio in dieci cine­
ma di Berlino da poco più della metà degli
spettatori (su circa duemila persone risposero
in 1040). Anche questi risultati non possono
essere accettati come validi in senso scientifi­
co (come van Eyck spiegò), pur essendo inte­
ressanti, perché confermano le reazioni rile­
vate precedentemente nel resto del settore
americano. In media l’affluenza settimanale
al cinema nel settore americano di Berlino
ammontava al 26 per cento della popolazione
ritenuta idonea alla visione; quella di Die Todesmìihlen ammontava però al 16 per cento
(su 944.000 persone solo 157.120 videro il
film). II 91 per cento di quelli che risposero
erano dell’opinione che il film dovesse essere
mostrato all’intera popolazione. II 16,5 per
cento ammise di aver già saputo delle atrocità
commesse nei lager. L’82 per cento negò in­
vece di essere a conoscenza della loro esisten­
za. L’87 per cento pensava che tutto quello
che veniva mostrato nel film fosse vero, però
il 70 per cento era dell’opinione che non tutto
il popolo tedesco fosse responsabile per le
atrocità41.
A causa della reazione deludente registrata
dalla proiezione del film a Berlino, la Icd or­
dinò la pubblicazione di un duro articolo dal
titolo Angst vor der Wahrhreit [Paura della
verità] sul giornale tedesco autorizzato dagli
americani “ Der Tagesspiegel” . L’articolo
stabiliva che il 25 per cento della popolazione
sana e adulta del settore americano aveva vi­
sto il film.
In aprile van Eyck mandò alla Film Theatre
Music i risultati statistici di un breve questio­
II 75 per cento non ha dunque alcun interesse a ve­
dere un film che ci m ostra quanto abbiam o devia-
37 F. Scherke, “A Psychological Survey of the Effects of the Film Todesmuhlen”, loc. cit.
38 F. Scherke, “A Psychological Survey of the Effects of the Film Todesmuhlen”, loc. cit.
39 Nel Baden-Wurtemberg durante la settimana di programmazione il pubblico che andò a vedere il film era pari al 50,6
per cento degli abitanti; gli ufficiali dell’lcd del luogo lo ritennero un “normale grosso pubblico” nei loro cinema (cfr.,
Semi-Monthly Report of Office of the Director of Information Control (Odic), Period 1-15/03/1946, p. 8, in NAW, Omgus, 242-3/5, FI).
40 Sub-Section Report n. 27, 28 marzo 1946, in NAW, Omgus, Ftm 8-1/4, F 7.
41 Cfr. Statistics on “Die Todesmuhlen”, con Intelligence Sub-Section Report a “Todesmuhlen”, 9 aprile 1946, in
NAW, Omgus, 16-2/10, F 21.
96
Camilla Castiglioni
to dalla via del pensiero e dell’agire um ano. II
punto al quale siamo arrivati supera qualsiasi con­
cetto di comprensione e ragione, così che in sala ci
si guarda intorno timidamente e si lascia il cinema
con profonda vergogna. II 75 per cento però non
si è voluto vergognare. Esso è ancora spiritualmente a Wilhelmplatz, all’asse est-ovest, allo sta­
dio, e adora Hitler e altri eroi del passato. [...] Que­
sto film fin dalla nascita avrebbe potuto aiutare ad
una confessione, la confessione che ci rende um a­
ni. II 75 per cento ha avuto paura della verità e il
25 per cento si è vergognato.
L’amara delusione che emerge dall’articolo
rispecchia ancora una volta la sensazione de­
gli americani di aver fallito. Un modo forse
più obiettivo di considerare l’effetto del film
si trova in un rapporto del Foreign Office bri­
tannico dell’inizio del maggio 1946. II rap­
porto ammetteva le difficoltà di valutare
quale valore esso avrebbe avuto sui tempi
lunghi e in che misura esso sarebbe stato con­
vincente per quei tedeschi che probabilmente
in futuro avrebbero avuto una certa influen­
za sull’opinione pubblica.
Gli eventi successivi e i gravi problemi da
risolvere, come la carestia, indebolirono pro­
babilmente l’impatto del film. Inoltre nessu­
no poteva con certezza dimostrare che quanti
manifestavano disapprovazione, provassero
in realtà sentimenti di colpa e fossero quindi
capaci di mostrare in seguito una buone reat­
tività. II rapporto fu cauto nel sostenere che
il numero di queste persone era elevato42. Si
può sicuramente supporre che la locuzione
“future reazioni utili” facesse riferimento al
sostegno della politica di occupazione degli
alleati.
Nel complesso dunque i documentari sui
lager nazisti non riuscirono a far nascere
una sensazione di colpa collettiva nei tedeschi
e il progetto può essere considerato un falli­
mento. Ma più in generale è importante evi­
denziare che tutto il programma cinemato­
grafico non raggiunse gli obiettivi che si era
prefissato. Diversi studi sono stati fatti sul
rapporto dei tedeschi con il cinema all’epoca
dell’occupazione. Dalle analisi condotte
emerge che il pubblico rimase essenzialmente
limitato ai normali frequentatori dei cinema­
tografi, perché i governi militari organizzaro­
no una propria distribuzione per i cinegior­
nali e i documentari, ma rinunciarono a pro­
prie iniziative cinematografiche non com­
merciali per i tedeschi. Solo dal febbraio
1948 la Icd americana iniziò un programma
non commerciale a 16 mm. Le troupe dotate
di attrezzature mobili cercavano di mostrare
i film del governo soprattutto in aree praticamente prive di cinema, nelle scuole o nelle sa­
le della comunità, ma anche a cielo aperto.
Più tardi arrivarono le Amerikahàuser43 in
centri più grandi, che divennero sedi fisse
per le rappresentazioni. Il numero dei cinema
commerciali in funzione nella zona occiden­
tale e a Berlino ovest salì da 1.150 alla fine
del 1945 a 2125 alla fine del 1946; in questo
stesso periodo i posti aumentarono da 9 a
17 per ogni mille abitanti e nel complesso la
frequenza salì da 150 milioni a 300 milioni.
Tre, quattro visite al cinema prò capite al­
l’anno nel 1945 corrispondevano a cinque,
sei nel 1946. Nel periodo qui considerato,
dunque, l’abitante medio aveva visto circa
10 spettacoli cinematografici. Di certo non
molto, se si considera che il cinema, con il
prezzo medio di un biglietto di ingresso di
1,10 RM44 nel 1946 era fra i mezzi di distra-
42 Foreign Office Research Department, Confidential Reports, “The Film Situation in all thè Zones of Germany”, 5
maggio 1946, p. 6, in NAW, Omgus, 16-2/10, F 21.
43 Le Amerikahäuser erano centri culturali americani, finalizzati a diffondere informazioni sugli Stati Uniti, i suoi idea­
li, le sue tradizioni, la sua cultura e sulla sua struttura governativa e istituzionale.
44 Cfr. Götz von Pestalozza (a cura di), Filmstatistishes Jahrbuch 1954-1955, Wiesbaden-Biebrich, Schloß, Spitzenorga­
nisation der Filmwirtschatt, 1954, pp. 89 sg; Id. (a cura di), Film-Statistisches Material, Wiesbaden-Biebrich, Schloß,
Spitzenorganisation, 1952, p. 13.
Il programma americano di denazificazione e i film sui lager
zione più accessibili — in un’epoca in cui le si­
garette tedesche Bosco costavano 2,50 RM e
le Lucky Strike 5,00 RM. Se dunque nel
1945-46 il cittadino medio fu esposto all’influenza dei film rieducativi solo 10 volte, è im­
possibile parlare di un effetto particolarmente
notevole del cinema, per lo meno non se esso
viene confrontato con la stampa e la radio. Ri­
guardo alle reazioni degli utenti, le informa­
zioni non sono esaustive45, inoltre è probabile
che i rapporti ufficiali non sottolineassero
l’avversione dei tedeschi nei confronti della
rieducazione. In mancanza di prove più atten­
dibili, come indizio del risentimento dei tede­
schi si possono riportare le strofe che gli scola­
ri distrattamente cantavano al cinema come
sigla di entrata di Welt im Film, mentre con i
titoli si vedeva girare un mappamondo: “But­
tatelo fuori l’inglese, buttatelo fuori l’americano, buttatelo fuori il russo, buttate fuori tutti
quanti gli alleati!46”
E vero che alcuni svantaggi derivarono
dalla natura stessa del mezzo, come ad esem­
pio il fatto di non poter riportare gli avveni­
menti in tempo reale, o di non essere in grado
di creare un rapporto veramente intimo con il
pubblico. Ma il problema vero è da ricondur­
re al fatto che durante gli anni della dittatura
hitleriana, i nazisti avevano dato vita a un si­
stema propagandistico estremamente elabo­
rato, assumendo il controllo totale dei servizi
informativi. Le attività del Ministero della
propaganda di Goebbels e delle altre agenzie
avevano abbracciato praticamente tutti gli
aspetti della vita tedesca, dall’istruzione, al­
l’organizzazione di fiere, al controllo del traf­
fico turistico.
97
Se fossero stati più consapevoli della situa­
zione che si era delineata, i politici americani
avrebbero potuto formulare un programma
più liberale, che si distinguesse nettamente
da quello del regime nazista. Al contrario, le
diverse agenzie propagandistiche presero il
posto della disciolta Camera di cultura del
Reich, con suoi sette dipartimenti di stampa,
letteratura, radio, cinema, teatro, musica e ar­
te. Per diversi mesi dopo il collasso del regime
nazista, i tedeschi antinazisti sperarono arden­
temente di poter contribuire all’affermazione
dei principi democratici, mentre il loro ruolo
nella maggior parte dei casi fu limitato a ri­
spondere a questionari e a osservare una serie
di formalità. In sostanza i programmi radiofo­
nici e i giornali dell’esercito americano si rive­
larono indifferenti nei confronti dei bisogni
psicologici delle masse tedesche. Ignari della
forza dell’antinazismo all’interno della Ger­
mania, i politici americani imposero ai tede­
schi un sistema sicuramente più benevolo del
nazismo, ma che teneva in scarsa considera­
zione i reali desideri di coloro che non aveva­
no accettato i metodi totalitari.
Le misure di denazificazione, di punizione
dei leader del partito nazista e di rimozione
dei suoi membri dalle cariche furono un sup­
porto insufficiente per quei tedeschi che lotta­
vano per la democrazia. Il non aver capito che
il nazionalsocialismo come tutti i fenomeni di
massa politici e psicologici era stato il prodot­
to di condizioni sociali economiche e psicolo­
giche estremamente insoddisfacenti, significò
non riconoscere che la rieducazione non pote­
va essere organizzata ricorrendo a iniziative
meramente propagandistiche ma implicava la
45 Per quanto riguarda il primo periodo dell’occupazione esiste un solo rapporto ufficiale del 27 agosto 1946 dal titolo
“Preliminary Story of Motion Picture Attendance and Attitudes (series 1, n. 20)”. Rapporti successivi sono: “The Mo­
ving Picture Audience” del 28 aprile 1948; 21 settembre 1948, “The Munich Movie Audience”; 23 maggio 1949 “Cha­
racteristics and Attitudes of the German Movie Audience, I. Impact of Currency Reform on Attendance”; 23 maggio
1949 “Characteristics and Attitudes of the German movie Audience, II. Most Popular Type of Movie”; 18 maggio 1949
“Characteristics and Attitudes of the German Movie Audience - III. German Versus American Films” (tutti pubblicati
nell’appendice documentaria di H.P. Pilgert, Press, Radio and Film in West Germany 1945-53, cit., pp. 106-108).
46 “Haut sic raus, don Tommy, haut sic raus, don Ami, haut sie raus den Russki, haut sie raus, das allierte Pack!” (ci­
tato in H. Regel, K. Jaeger, Der Film als Instrument allierter Besatzungspolitik in Westdeutschland, cit., p. 50).
98
Camilla Castiglioni
necessità di ristabilire il funzionamento del si­
stema economico e di aiutare i tedeschi a rag­
giungere una condizione sociale tale da con­
sentire alla maggioranza della popolazione di
resistere alle suggestioni totalitarie. Inoltre la
troppo netta distinzione tra nazisti e antinazi­
sti ebbe l’effetto di compromettere l’immagine
dei secondi il cui operato era controllato dagli
americani agli occhi dei primi. Allo stesso
tempo a questi antinazisti, come si è ricordato,
era negata la possibilità di esercitare una loro
piena e libera influenza sulla comunità.
Gli americani cercarono, con scarso succes­
so, di diffondere il proprio modello di vita, ma
non riuscirono nell’impresa. Le oscillazioni
della politica generale americana resero la
Pwd inefficiente. Inoltre, sfortunatamente, la
maggior parte dei funzionari preposti al con­
trollo delle informazioni aveva una limitata
formazione e pochi conoscevano bene la lin­
gua tedesca, un’esigenza ovviamente basilare
nei servizi per il controllo delle informazioni;
pochissimi, infine, avevano qualche nozione
della storia tedesca e della sua politica.
Anche se dai sondaggi dell’epoca risulta,
nonostante tutto, un notevole impatto emoti­
vo dei filmati e molti spettatori affermarono
che non avrebbero mai più dimenticato le im­
magini che avevano visto, non si può fare a
meno di giudicare sbagliato il momento in
cui furono distribuiti. Se fosse trascorso un
più ampio lasso di tempo forse l’impatto sul­
la popolazione sarebbe stato diverso e la resi­
stenza minore. I produttori dei film pensaro­
no che il loro messaggio propagandistico sa­
rebbe stato accolto con favore e rapidamen­
te, ma non avevano calcolato che occorrono
tempi lunghi per trasform are la mentalità.
II cinema avrebbe potuto essere uno stru­
mento utilissimo se usato diversamente, ma
gli sforzi erano concentrati altrove e quindi
nessuno riuscì a prevedere che programmi
di denazificazione, quali furono quelli intra­
presi tra il 1945 e il 1946, non solo ottennero
scarsi successi ma avrebbero in seguito espo­
sto il fianco a numerose critiche.
Camilla Castiglioni
ISTITUTO NAZIONALE PER LA STORIA DEL MOVIMENTO
DI LIBERAZIONE
Gianni Perona (a cura di), Formazioni autonome nella Resistenza. Documenti, Milano, Angeli,
1996, pp. 563, lire 72.000.
Le quattro serie di documenti raccolte in questo volume sono la continuazione del lavoro di
edizione di fonti promosso dall’lnsmli che ha già visto la pubblicazione degli Atti del Comando
generale del Corpo volontari della libertà (Angeli, 1972), de Le brigate Garibaldi nella Resistenza
(Feltrinelli, 1979) e de Le formazioni Gl nella Resistenza (Angeli, 1985). Con questo volume - che
analizza l’universo variegato delle formazioni partigiane nelle quali si raccolsero patrioti che
ritenevano preminenti, su quelli partitici, interessi definibili genericamente come nazionali o di
importanza regionale - si arricchisce così un corpus fondamentale per lo studio della Resistenza
armata.
Indice
Gianni Perona, Una lettura dei documenti partigiani; 1. I militari nel Comando generale, a cura di
Gaetano Grassi e Gabriella Solaro; Documenti-, 2. Le formazioni Osoppo Friuli, a cura di Alberto
Buvoli; Documenti-, 3. Il primo gruppo di divisioni alpine in Piemonte, a cura di Luciano
Boccalatte; Documenti-, 4. Militari e Resistenza in Toscana, a cura di Maria Giovanna Bencistà e
Giovanni Verni; Documenti. Indice dei nomi; Indice dei nomi geografici; Indice degli enti e degli
organismi.
Scarica