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Mastandrea e Aprea all'Auditorium
Lattuada
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Un pomeriggio con Valerio Mastandrea e Valerio Aprea, attualmente
in scena al Franco Parenti con "Qui e ora": un'occasione per
discutere su dove sta andando il cinema di oggi
Incontro importante ieri all'Auditorium Lattuada, sede della Scuola di Cinema e Televisione Milano, con
Valerio Mastandrea e Valerio Aprea, attualmente in scena al teatro Franco Parenti fino al 3 febbraio con lo
spettacolo Qui e ora, scritto da Mattia Torre, sceneggiatore di culto della serie televisiva rivoluzionaria Boris
(in cui Mastandrea fa una comparsata e Aprea è invece personaggio fisso nei panni di uno dei tre
sceneggiatori scansafatiche).
Valerio Mastandrea da venti anni si dedica con passione al suo mestiere di attore sia nel cinema
indipendente che a teatro. Nel 1997 ha la sua consacrazione con "Tutti giù per terra" (Davide Ferrario); nel
2005 è a teatro con "Migliore", monologo comico, anch'esso come "Qui e ora" scritto e diretto da Torre. Da
novembre 2011 fa parte del comitato tecnico scientifico della Scuola provinciale d'arte cinematografica "Gian
Maria Volontè", a Roma.
Per il pubblico sarà sempre lo sceneggiatore n.1 di "Boris", quello che assieme ai suoi due soci scrive i
copioni usando i tasti F4 per "chiude su lui basito" e F7 per "fondu a nero". Ma prima di questo, Valerio Aprea
rimane un grande attore di teatro, monologhista, diplomato in recitazione presso il Conservatorio Teatrale di
G.B. Diotajuti.
Durante l'incontro all'Auditorium Lattuada, i due attori hanno parlato dei tanti aspetti del mondo dello
spettacolo. Mastandrea ha affermato più volte: "Il talento e la spontaneità non bastano. Ho smesso di studiare
perchè ho iniziato a lavorare prestissimo, ma sento questa mancanza, anche se ho imparato molto facendo.
Alcune scelte vanno fatte per essere sbagliate: ho sbagliato dei film e ne sono contento perchè ora so in che
direzione devo andare. Quando hai venti anni vai addosso alle cose, a quaranta hai paura di farti male. Dissi
di no all'offerta per la prima serie di <> perchè un anno e mezzo a Cinecittà con orari fissi mi sembrava un
lavoro d'ufficio".
E rispetto al cinema americano dichiara: "E' un sistema crudele, ma dà a tutti la possibilità di dimostrare il
proprio valore. Se vali vai avanti, altrimenti no. Ho avuto la fortuna di lavorare con Daniel Day-Lewis (in "Nine"
di Rob Marshall), e mi disse che ammirava molto gli attori come me perchè secondo lui hanno una marcia in
più, vivendo in un circo continuo che è il mondo dello spettacolo italiano. Io invece invidiavo molto la sua
capacità di calarsi in qualsiasi personaggio, ma soprattutto il tempo che a lui veniva concesso. Mi disse che
faceva un film ogni cinque anni, tanto era l'impegno profuso nella creazione del personaggio; io avevo la
tabella opposta, cinque film in un anno. Ho impiegato venti anni per farmi rispettare, per chiedere, e ottenere,
un mio momento sul set."
"Mantengo un percorso dettato da quello che è giusto fare, seguendo le mie inclinazioni attorali e umane" afferma Aprea - "Per me la scelta di fare, o di non fare, è un atto politico. La televisione da fare è poca, da
cambiare è tanta". Anche Mastandrea osserva con lucidità la situazione odierna: "Questo è un momento di
decadenza pura, in tutti i settori. Chi inizia adesso si trova in una sorta di dopoguerra: è un periodo devastato
e devastante, ma anche prezioso perchè può costituire una rinascita del cinema e può far capire che le
chances non vanno aspettate, ma provocate. Aspetto un cambiamento del pubblico: la televisione non può
essere un elettrodomestico che si tiene acceso per abitudine, va scelta. Io in quanto attore non posso
cambiare il pubblico da dentro se il copione che devo recitare è di un autore che ne ha già scritti mille uguali.
E' l'autore che può iniziare il cambiamento, che spesso invece è demandato all'attore".
Riguardo alla collaborazione con le altre figure dello spettacolo, dall'autore al produttore allo sceneggiatore,
Aprea considera fondamentale il confronto: "La figura dell'autore in Italia è quella attorno a cui può ruotare
tutto, e ora se ne sente molto la mancanza. Gli autori di <> si sono rivelati assolutamente geniali, ma non
crediate che dopo il loro successo ci fosse la fila di produttori alla loro porta: proprio a causa di esso sono
diventati invece scomodi, malvisti, difficilmente collocabili."Sul regista ideale, Mastandrea ha le idee chiare:
"Ho fatto molte opere prime, a scatola chiusa quindi. Un regista per me non è quello che fa delle belle
inquadrature, ma colui che si pone domande. La sacralità di una scena non va messa in discussione
dall'ego registico, è quando non mi accorgo della regia che questa funziona. Il nostro è un lavoro collettivo,
con alcuni registi discuto parecchio: se non serve il carrello, o la panoramica, o un accorgimento tecnico di
qualsiasi tipo, perchè usarlo? Serve un motivo per fare del cinema." E sul regionalismo tipicamente italiano
ribatte: "Io, come molti altri attori romani, detesto girare a Roma, non è più possibile. Conosco Milano perchè
ci ho lavorato, si dovrebbe lavorare perchè i film si facciano dappertutto, qui abbiamo differenze culturali
abissali che in Francia non ci sono, lì hanno una coscienza unitaria da cui noi dovremmo prendere esempio."
Legandosi al loro spettacolo al Franco Parenti, Aprea sottolinea: "Gli umani che ritraiamo nello spettacolo non
sono attribuibili a una regione; io sono partito da me stesso, il personaggio di Mastandrea forse è più
connotato". Mastandrea aggiunge: "Sono due facce della stessa medaglia, capaci di sputarsi in faccia a ogni
momento, è una situazione che rappresenta molto l'italianità degli ultimi venticinque anni."
Il web può essere una nuova strada verso la rinascita? Secondo Mastandrea sì: "Da un punto di vista artistico
potrebbe funzionare, ma il nostro è uno dei Paesi con meno pc a livello europeo. Tra qualche anno forse
questo meccanismo funzionerà meglio, anche perchè la gente sta cominciando a sapere che esiste il
crowfunding (il finanziamento di un'idea tramite la ricerca di contatti in rete)." Torre stesso, sottolinea Aprea,
ha all'attivo uno spettacolo teatrale, "4 5 6" (con Massimo de Lorenzo, Cristina Pellegrino, Carlo de Ruggieri e
Michele Nani), da cui è stato tratto un sequel televisivo disponibile ora sul web.
Perchè tornare al teatro? Scherzando, Aprea afferma: "Questo spettacolo è un vero calvario, ma ci divertiamo,
ci conosciamo bene ed è un'improvvisazione continua. C'è almeno una fesseria al giorno". Per Mastandrea il
ritorno in scena rappresenta un'occasione per tirare il fiato dopo i ritmi del cinema: "Mi ha fatto piacere che sia
successo con un attore che conosco, con il testo di un autore che conosco".
I punti cardine della rivoluzione? Lasciando da parte la risposta istintiva e un po' anarchica di Aprea, che
suggerisce ironicamente l'uso di molotov, i due consigliano sicuramente la collaborazione (le cose da soli
non si cambiano), pensare a quello che si fa in maniera concreta e terrena ("Non siamo in missione per
conto di Dio") e stimolare dei ragionamenti prima in noi addetti ai lavori e poi nel pubblico.
(Fabiana Maria Lavezzi)
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