COME EDUCARE AI NUOVI MEDIA: UNO SGUARDO ALLA SITUAZIONE ITALIANA
Introduzione
La realtà sociale e culturale in cui ci troviamo si caratterizza sempre più per il crescente interesse
verso le diverse forme e situazioni comunicative; la loro crescita, in molteplicità e complessità,
sottolinea come, nell’arco dei vari decenni, siano mutate le condizioni materiali della
comunicazione stessa, rendendo la televisione e il computer non più semplici macchine ma dei veri
e propri apparati di conoscenza. L’intero scenario dei saperi e delle abitudini umane si è
drasticamente trasformato, ponendo al centro della società i nuovi media come
mezzi di
espressione e di comunicazione più importanti. Le nuove tecnologie rappresentano così un elemento
cardine del nuovo tessuto sociale poiché contribuiscono a costruire la realtà attraverso la
trasmissione di valori, credenze, stili di vita e modelli di comportamento. Essi offrono, a loro modo,
costanti fonti di informazioni alternative che permettono ai singoli individui di entrare in contatto
fra di loro, modificando le regole della socialità e dello scambio conosciute fino ad adesso.
Il 20° secolo è stato considerato il “secolo dei media” e della “rivoluzione della comunicazione
sociale”, ponendo numerosi interrogativi circa l’impatto che i media e la loro permeabilità possano
avere avuto sull’individuo. Sempre più spesso si richiama la necessità di costruire una cultura che
metta al centro il fattore “educazione”, ovvero la costruzione di una gamma di competenze base che
gli individui devono possedere per diventare consapevoli del potenziale di un determinato
strumento. Queste due discipline hanno in comune numerosi aspetti poiché condividono l’oggetto di
studio e di ricerca, concetti base, progetti e realizzazioni; hanno sempre più bisogno l’una dell’altra
per non rischiare di essere esternalizzate. Tutto questo determina la loro sempre maggiore
integrazione e alla nascita di una nuova disciplina autonoma. Tutto questo ha portato con il tempo a
consolidare un processo, che partendo dalla classica alfabetizzazione ha sviluppato una serie di
modelli cognitivi in relazione allo sviluppo delle nuove tecnologie.
Il modo più diretto e sintetico per esplicitare questa disciplina è prendere come riferimento il
termine inglese media education, il quale indica nel modo migliore la molteplicità degli approcci
che si intendono instaurare tra le due realtà, quella dell’educazione e dei media. In questa
terminologia è racchiusa la distinzione che si tende a sottolineare in lingua italiana, ovvero
l’educazione ai e con i media. Nel primo caso i media vengono presi in considerazione come
oggetto di analisi critica puntando alla comprensione completa dei loro linguaggi, della natura e dei
vari generi esistenti procedendo tramite lo studio della storia, della creatività, dell’uso e del ruolo
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svolto dai media e del loro impatto sulla società moderna. Tale approccio punta alla realizzazione di
un utente autonomo e creativo nel suo rapporto con i media che sia in grado di decifrarne i messaggi
e di creare una propria visione. Secondariamente i media ricoprono il ruolo di strumenti, di mezzi a
supporto dei processi educativi e della didattica, ovvero servirsi di un ambiente multimediale per
favorire l’apprendimento. In questo modo si favorisce un contesto formativo basato sulla creatività,
sull’autonomia e sulle competenze tecniche, portando alla realizzazione di un ambiente nuovo dove
si accentua l’importanza al loro accesso e al lavoro creativo che è possibile svolgere con essi. In
entrambi i casi è fondamentale considerare i media come una risorsa per l’educazione integrale
della persona umana, senza atteggiamenti spaventati o censori nei loro confronti.
La media education affonda le sue radici in due discipline diverse ma complementari quali
quella delle Scienze della Comunicazione e Scienze dell’Educazione. Nel primo caso la
comunicazione rappresenta uno degli elementi che costituisce l’essere umano e che definisce la
dimensione dell’agire finalizzata all’esperienza della condivisione, a stabilire cioè un contatto fra la
sfera soggettiva e oggettiva. Nel secondo caso l’educazione rappresenta quel processo attraverso il
quale si trasmettono le capacità e le pratiche per sviluppare l’intelletto, attraverso il quale è
possibile creare la propria “competenza mediale” intesa come bagaglio culturale e tecnico che deve
essere trasmesso ai giovi. È quindi fondamentale sviluppare delle didattiche adeguate all’interno dei
contesti educativi. Grazie a questa premessa possiamo così denotare come la media education n
svolga un ruolo determinate nella comprensione delle nuove tecnologie di massa e come si inserisca
all’interno delle teorie e delle esperienze educative che mirano ad introdurre all’interno della cultura
moderna l’importanza di una corretta educazione all’uso dei media, già a partire dall’età della
scuola coinvolgendo in modo attivo gli studenti attraverso attività creative.
Il viaggio che si svilupperà all’interno delle prossime pagine ci permetterà di sviluppare una
competenza critica sulla storia e sugli strumenti propri della media education, senza tralasciar un
aspetto fondamentale per la riuscita di una disciplina cognitiva ed educativo, quello dell’apporto
legislativo.
L’educazione ai nuovi media dalle origini al presente
I cambiamenti che interessano la condizione dell’uomo sono sempre stati analizzati nella storia
attraverso i mutamenti della comunicazione tra individui: basti pensare all’invenzione della
scrittura, poi a quella della stampa a caratteri mobili, le moderne tecnologie di comunicazione come
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il telegrafo e la radio fino ad arrivare alla quarta e contemporanea rivoluzione, ovvero la creazione
delle reti telematiche.
Ad oggi qualsiasi attività economica, artistica e scientifica deve fare i conti con lo sviluppo della
telematica, pensiamo ad esempio all’aspetto economico: è indubbio che la nascita del commercio
elettronico ha rivoluzionato la vendita e il marketing di ogni tipo di prodotto esistente. Ma le
trasformazioni riguardano tutti gli ambiti della nostra vita e si contraddistinguono per essere
estremamente rapide, difficoltose da seguire anche per le persone più giovani, e potenzialmente
artefici dello sconvolgimento di preziosi equilibri naturali che danno un ordine alla società.
Se all’inizio del Novecento l’analfabetismo era una condizione comune, nella seconda metà del
secolo si è arrivati ad un aletteratismo, ovvero una situazione in cui le persone non leggono più
libri, ma risultano soppiantate dai messaggi sempre più numerosi che arrivano dalla televisione
piuttosto che dalla radio, sino ad arrivare ai nostri giorni, in cui il libro è in una fase in cui sta
ridefinendo il suo spazio e il suo modo di esistere (basti pensare all’e-book).
Uno degli strumenti che trae le sue origini proprio dal libro cartaceo è l’ipertesto o, come ormai
vengono definiti oggi questo genere di device, “ipermedia” che permettono all’autore, grazie a
particolari software, di creare il proprio libro composto con grafica, suoni, video, testi e pulsanti che
rimandano ad altre informazioni su determinate nozioni; è possibile inoltre creare collegamenti a
immagini, video ed altre parti del testo. Ma la vera rivoluzione che possono portare gli ipermedia è
a livello didattico: essi infatti sono ideali per creare quell’interdisciplinarietà che rappresenta lo
scopo e a volte l’utopia di molti corsi di studio delle nostre scuole e università. Applicare gli
ipermedia alla didattica vuol dire far produrre ai ragazzi ipertesti seguendoli nella progettazione,
programmazione, realizzazione e controllo di quello che sarà il prodotto finale.
Come accennato, la comunicazioni tra individui e la maniera in cui ci si scambiano le
informazioni sta mutando velocemente, tanto da aver creato un nuovo mondo parallelo, il
cyberspazio. “Una nuova tecnologia non sottrae e non aggiunge nulla: cambia tutto”. Questa frase
di Neil Postman, sociologo statunitense del ventesimo secolo, è esplicativa dell’influenza che sta
avendo la rivoluzione elettronica della quale siamo tutti spettatori; grazie ad essa l’informazione e la
comunicazione sono ormai istantanee e quest’ultima non è mai stata di massa come oggi. A tal
proposito l’avvento dei nuovi media elettronici ha cambiato abitudini, modalità di scrittura e lettura
provocando anche il distacco dell’informazione dalla fonte tanto è vero che i mass media sono
diventati senza ombra di dubbio gli strumenti più efficaci per educare e formare le culture.
Controllare l’informazione nel mondo di oggi è la chiave per detenere il potere politico ed
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economico; è la grande responsabilità di queste nuove tecnologie, fonti di informazioni e cultura nei
paesi democratici, strumenti di manipolazione e controllo sociale nelle dittature e nei governi
fantoccio.
In realtà, l’educazione e la formazione servono proprio ad evitare tali problemi: con l’avvento
dei computer abbiamo assistito ad un notevole cambiamento, trasformando l’informazione da
comunicazione unidirezionale, ovvero da uno a molti come accadeva tramite la televisione, a
pluridirezionale, ovvero da molti a molti.
Nel corso della storia recente sono stati pensati e divulgati diversi modelli cognitivi in relazione
all’utilizzo di nuovi strumenti tecnologici, e tra essi alcuni in particolare hanno condizionato la
didattica e l’educazione contemporanea: ricordiamo a tal proposito il “comportamentismo”,
sostenuto da Burrhus Frederic Skinner, psicologo statunitense del ventesimo secolo, secondo il
quale l’apprendimento umano può essere favorito attraverso la forza positiva delle nostre azioni.
Oppositori di questa teoria, i “cognitivisti” sottolineavano l’importanza dei processi interni
dell’apprendimento; un particolare aspetto del cognitivismo che ha avuto molto successo è stato il
“costruttivismo”, per il quale il contesto dell’apprendimento è di grande importanza.
Ma forse il contributo più importante tra tutte queste ricerche ci viene da Pierre Levy, filosofo
francese del ventesimo secolo, il quale sofferma la sua attenzione sul web che viene descritto come
privo di recinzioni e quindi limiti, non fissato nel tempo in quanto muove e si trasforma
continuamente; secondo Levy bisogna abituarsi al diluvio di informazioni cui siamo sottoposti e al
disordine che ne consegue, perché è ai nuovi media che l’umanità sta affidando il compito di
trasmettere e custodire tutto il suo sapere, cosa che permette un maggiore possibilità di archiviare
informazioni di qualunque tipo.
Una delle maggiori applicazioni di questi nuovi media riguarda certamente l’insegnamento: un
obiettivo come la multimedialità deve essere un punto fermo della scuola del futuro, in modo da
sostituire il libro pur mantenendo lo standard alto come in passato; a tal proposito, sarà necessario
proporre una pedagogia dei media, fondamentale per evitare incomprensioni. È possibile infatti una
diversa educazione ai media: educare nei media vuol dire usare i media come contesto al fine di
salvaguardare la crescita dell’individuo, la sua creatività e il suo senso critico. Si può poi educare ai
media e in questo caso essi diventano pieni protagonisti dell’apprendimento come accade
nell’educazione tecnologica. Si può infine educare con i media, considerandoli come strumenti che
possono potenziare il processo formativo tecnologico del soggetto.
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La media education (ME) non propone soltanto una difesa di chi fa uso di questi mezzi, ma
anche una strategia di attacco finalizzata a fornire ai giovani la capacità di comprendere e
confrontarsi con tutti i media. Si inizia a parlare di media education negli anni Settanta del
Novecento, e in Italia nel 1979, quando vengono introdotte nella scuola discipline che
presuppongono lo studio del cinema e di altri mezzi di comunicazione di massa e informazione.
Nel 1985 i programmi della scuola elementare rivolgono un’attenzione più profonda e globale ai
media, mentre nel 1991 anche nella scuola materna vengono introdotte attività connesse ai media
come espressioni manipolativo-visiva, sonoro-musicale, drammatico-teatrale, audio-visuale e
massmediale. A partire dagli anni 2000 poi, tutti gli alunni vengono formati affinché scrivano con i
media, in particolare nella produzione audiovisiva.
Andrew Hart, direttore del Media Education Centre dell’Università di Southampton ritiene che la
ME debba entrare con pieno diritto nella scuola a condizione; nel suo “Teaching the media”
presuppone l’identificazione di un’area di indagine che precede lo studio dei singoli media, una
lingua comune necessaria per capire il linguaggio di questi nuovi strumenti. Si tratta innanzitutto di
capire che i media non sono la realtà, ma solo una rappresentazione di essa.
I media sono influenzati da fattori estetici, economici, ideologici, culturali e dalla stessa routine
dei professionisti. Il loro linguaggio da grande evidenza al ruolo dell’immagine e dell’emozione
comunicando in forme e generi unici; il feed-back dell’audience influenza le scelte prese dai
produttori e dai professionisti ed è da qui che la scuola deve prendere spunto per fornire i giusti
messaggi agli alunni, con gli strumenti giusti e ricevendo il massimo dell’attenzione.
Secondo “Teaching the media” esistono infatti quattro aree di esplorazione per aiutare l’alunno a
capire la logica dei media: l’istituzione dei media (chi comunica e per quali interessi), l’analisi
retorica dei media (il loro linguaggio, le tecniche che vengono impiegate, i generi e le categorie dei
media), lo studio dell’ideologia dei media (le idee, i valori e gli interessi in gioco) e infine lo studio
del pubblico dei media (chi riceve il messaggio, in che modo lo riceve e quale risposta elabora).
Interagendo con gli insegnanti, sono stati formulate delle costanti che potremmo definire
“principi di metodo” per la media education italiana: la ME deve dare origine ad un processo a
lungo termine con lo scopo di conseguire un’autonomia critica e lo sviluppo della competenza del
fruitore, in tal senso la scuola è il luogo più adatto per continuare il dialogo sui media.
Un aspetto dei media che si è sviluppato solo negli ultimi anni è il concetto della portabilità del
medium come il telefono cellulare, il computer e lo smartphone; queste nuove tecnologie rimandano
direttamente al concetto della personalizzazione del medium. I media digitali sono infatti personali
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perché appartengono alla sfera privata del soggetto, inoltre i giovani oggi sono diventati oltre che
ricettori dei media anche produttori di essi: basti pensare a YouTube e Facebook, che costituiscono
imponenti reti sociali dove tutti possono divenire parte attiva e autori del prodotto.
Di conseguenza possiamo affermare che i media sono uno dei mezzi più potenti dei quali
disponiamo ad oggi ma che, sia giovani che meno giovani, hanno bisogno di essere educati
all’utilizzo di questi strumenti per potersene servire nella maniera più consona possibile.
L’educazione ai nuovi media e gli strumenti utili per un utilizzo consapevole delle nuove
tecnologie
La disciplina cosiddetta educational technology affonda le sue radici negli anni '50 del secolo
scorso, quando nacquero le tecnologie didattiche. Queste ultime erano strumenti di trasmissione del
sapere che utilizzavano i nuovi strumenti di comunicazione dell'epoca.
Secondo Lyvia Tornatore, dell'Istituto di Pedagogia dell'Università di Firenze, con l'espressione
tecnologie didattiche “si intende di solito riferirsi a strumentazioni e strategie dell’insegnare e
dell’apprendere che non siano solo frutto diretto di progresso tecnologico ma anche, più
ampiamente, espressione di modi di pensare e di affrontare i problemi propri dell’ambito del sapere
tecnologico”.
L'utilizzo delle nuove tecnologie nei percorsi di apprendimento non riguarda solamente il mero
uso di questi strumenti, ma implica una riflessione più profonda sui percorsi educativi che si
vogliono intraprendere dato il nuovo carattere multidimensionale dell'informazione.
La forma embrionale di educational technology continuò a svilupparsi seguendo due linee
distinte, una riguardante l'applicazione dei principi comportamentisti e l'altra riguardante la scienza
dei mezzi utilizzabile a livello didattico.
Bisognerà attendere gli anni '70 per la fusione di questi due approcci, dando vita a un vero e
proprio programma dell'istruzione che preveda l'utilizzo sistematico delle nuove tecnologie.
Se parliamo di inserire le nuove tecnologie nei processi educativi, è chiaro che le scuole, in
questo senso, acquisiscano un ruolo fondamentale sia in merito all'utilizzo di materiali didattici
multimediali, sia riguardo l'effettiva educazione dei giovani alla consapevolezza delle potenzialità e
dei rischi dei nuovi strumenti.
Negli anni '80, un progetto di alcuni media educator canadesi nelle scuole, aveva calcolato
l'ammontare complessivo delle ore trascorse in un anno dai ragazzi in compagnia della tv, pari a
15.000, e quelle impiegate nell'ascolto di musica pop, cioè 10.500. Questa grande quantità di tempo,
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si studiò, era in grado anche di trasformare le abitudini e le coscienze di bambini e ragazzi. Molti
comportamenti e modi di pensare dei ragazzi si formavano direttamente per imitazione di quanto
appreso nei media.
Gli sviluppi più recenti della tecnologia hanno inoltre consentito la raccolta sistematica di dati ed
informazioni e la convergenza di moltissimi strumenti di apprendimento intorno al CPU. Internet e
le nuove tecnologie dell'informazione domandano agli alunni di tutto il mondo una quarta
dimensione dell'apprendimento, collegata all'utilizzo degli strumenti multimediali.
Nelle scuole si sta quindi facendo largo in maniera sempre più importante l'utilizzo del computer
e di altri strumenti tecnologici quali veicoli di apprendimento. È infatti, ad oggi, impensabile di
poter studiare senza utilizzare un computer collegato ad internet.
A livello internazionale, l'importanza dei media nell'educazione scolastica è stata riconosciuta
nel 1982 con la Dichiarazione UNESCO di Grundwald, con la quale le autorità competenti
venivano invitate a promuovere programmi di educazione e sensibilizzazione ai media. I contenuti
di questa Dichiarazione sono stati poi reiterati nel 2007 con l'Agenda di Parigi. Alla luce di tutto
ciò, l'Unione Europea ha reputato necessario adeguare le politiche degli Stati membri in questo
senso, inserendo la media education nei programmi scolastici.
L'educazione alle nuove tecnologie e ai media, ovviamente, non avviene e non può avvenire solo
in ambito scolastico. Le famiglie sono anch'esse un importante mezzo per la consapevolezza
dell'utilizzo delle nuove tecnologie da parte di bambini e giovani. Nonostante i media e le nuove
tecnologie siano strumenti importanti e adeguati all'apprendimento, sono molte le insidie che si
nascondono in un utilizzo sbagliato e non cosciente di questi mezzi.
Innanzi tutto, ogni famiglia ha un livello di comunicazione che le è peculiare. Per alcuni
potrebbe essere normale scambiare opinioni e informazioni riguardo l'utilizzo delle nuove
tecnologie, mentre per altri la normalità è lasciare che i figli utilizzino a loro piacimento qualsiasi
tipo di strumento senza effettuare un controllo sui tipi di contenuti impiegati. In ogni caso, ci sono
delle preoccupazioni comuni che riguardano molte famiglie. In primo luogo, internet e i social
network, che sono visti come luoghi pieni di insidie dove qualsiasi tipo di persona potrebbe celarsi
dietro una identità virtuale. In secondo luogo, la rappresentazione del corpo e la sessualità presenti
sia in tv che nei siti internet. Infine, le famiglie si dicono preoccupate dalla visione generale del
mondo trasmessa dai nuovi media, spesso troppo consumistica e incentrata sull'identificazione della
persona con i suoi possedimenti materiali. A qualsiasi genitore sarà capitato di essere messo “sotto
pressione” dai figli per l'acquisto di smartphone, oggetti tecnologici o particolari marchi di
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abbigliamento per essere “uguale agli altri” e poter meglio interagire nei contesti sociali con i
coetanei.
Se queste sono le preoccupazioni delle famiglie nei riguardi di internet e dell'utilizzo dei nuovi
media, sono state creati appositamente dei portali online e dei progetti ad hoc per aiutare genitori e
insegnanti nella tutela e nell'educazione dei più giovani. Ad esempio sul portale www.trool.it, ci
sono una serie di strumenti per il superamento del divario tecnologico e per la sicurezza online.
L'idea di questo progetto è stata della Regione Toscana che ha deciso di promuovere l'uso sicuro e
consapevole di internet fra bambini e ragazzi, coinvolgendo le scuole con attività svolte
direttamente in classe. Un altro strumento utile è il sito www.sicurinrete.it di Adiconsum e Save
The Children, che contiene anche strumenti per segnalare contenuti dannosi e pedo-pornografici.
Nel contesto europeo, e più nello specifico nel Regno Unito sul portale www.kidsmart.com, ci sono
strumenti di diverso tipo per insegnanti e genitori, divisi in base all'età di bambini dai 3 agli 11 anni.
Il materiale è organizzato in pdf divisi per argomento, comprendente attività multimediali da
svolgere in classe, una guida per genitori sull'utilizzo consapevole dei dispositivi connessi ad
internet e alcuni strumenti per aiutare i genitori ad impostare i computer bloccando siti non adatti ai
propri figli.
Ancora sul fronte della sicurezza online, Save The Children, impegnata nel garantire il rispetto
dei diritti dell'infanzia all'estero come in Italia, ha creato altri strumenti validi per aiutare famiglie e
insegnanti ad educare figli e studenti all'utilizzo consapevole delle nuove tecnologie. Segnaliamo a
questo proposito le due guide “Educazione e Nuovi Media” e il rapporto “Safe Internet Day Study
2015”, contenente anche dati e statistiche su quando effettivamente bambini e ragazzi utilizzino
social network e altre piattaforme. Uno degli obiettivi che si è posta l'organizzazione no-profit, per
quest'anno, è stata proprio quella di misurare con appositi indicatori il livello di consapevolezza dei
teenager italiani riguardo l'uso delle tecnologie digitali. Il collettivo esaminato è stato di 1003
giovani di età compresa tra 12 e 17 anni, distribuita geograficamente in maniera uniforme. Nella
sintesi alla fine del rapporto, emergono caratteristiche interessanti riguardo la situazione dei nostri
teenager: le esperienze in rete sono diffuse e di vario tipo ma non tutte hanno caratteri positivi; le
ragazze sembrano essere maggiormente consapevoli dei potenziali rischi di internet; lo smartphone,
che viene acquisito a età molto basse (intorno ai 12 anni), genera interessanti meccanismi di
autoapprendimento ma non ne è tollerato l'utilizzo in classe; l'uso consapevoli di chi legge “termini
e condizioni d'uso” è pressoché identico in adulti e adolescenti, un'esigua minoranza li legge prima
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di accettare; la capacità dei giovani di accedere agli strumenti di tutela online è molto limitata, 4
ragazzi su 10 non sanno che è possibile segnalare gli abusi sui social e altri siti internet.
L’educazione ai nuovi media in Europa: raccomandazioni e direttive della CE
Da quanto fin qui esposto, appare chiaro come le possibilità offerte dal mondo dei media
cambino e aumentino ogni giorno di più: l’enorme quantitativo di informazioni con il quale si viene
quotidianamente in contatto e l’aumento esponenziale nella disponibilità dei prodotti digitali
necessita di una consapevolezza sempre maggiore nell’utilizzo degli strumenti ai quali si ha
accesso. Far pienamente parte di una società basata sull’informazione e sulla condivisione di
contenuti vuol dire dunque essere in grado di beneficiare del bacino di opportunità da essa offerto, e
al contempo avere la capacità di creare in prima persona tali contenuti.
Il primo passo utile per rendere giovani e adulti coscienti delle infinite possibilità offerte dai
nuovi media sembra essere legato alla comprensione di tali esigenze, e alla traduzione di esse in
politiche educative volte alla creazione di una maggiore capacità critica nei confronti delle nuove
strumentazioni ormai accessibili alla maggioranza della popolazione. Partendo da tali presupposti,
la Commissione Europea (CE) a partire dal 2007 ha provveduto a fornire ai paesi membri una serie
di comunicazioni, raccomandazioni e direttive, lo scopo delle quali è promuovere lo sviluppo della
competenza mediatica, in cooperazione con tutte le istituzioni europee e gli enti territoriali locali e
regionali. L’Europa riconosce infatti all’interno del procedimento di consapevolizzazione
fondamentale importanza alla media education, (educazione ai media), intesa come processo
attraverso il quale si accede alla media literacy (alfabetizzazione mediatica) e che rende la persona
media literate (alfabetizzato dal punto di vista mediatico).
Intendendo con media literacy la “capacità di accedere ai media, di comprendere e valutare
criticamente diversi aspetti dei media e dei loro contenuti e di creare comunicazioni in una varietà
di contesti”, secondo la Comunicazione della Commissione Europea del 20071, l’alfabetizzazione
mediatica rappresenta una componente irrinunciabile dei programmi politici nazionali europei nei
settori dei media e delle comunicazioni, e per tale motivazione è necessario promuovere buone
pratiche di alfabetizzazione mediatica a livello europeo. Tali azioni dovrebbero riguardare, secondo
la Comunicazione del 2007, tutti i media, e dovrebbero essere portate avanti su vari livelli, per
permettere infine al media literate di:
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Comunicazione della Commissione al Parlamento Europeo, al Consiglio, al Comitato economico e sociale e al
Comitato delle regioni - Un approccio europeo all'alfabetizzazione mediatica nell'ambiente digitale /*COM/2007/0833
def. */.
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- sentirsi in grado di utilizzare senza problemi tutti i media esistenti, dai giornali alle comunità
virtuali;
- utilizzare attivamente i media, facendo ricorso fra l'altro alla televisione interattiva, ai motori
di ricerca Internet o alla partecipazione alle comunità virtuali, e la capacità di sfruttare meglio il
potenziale dei media per quanto riguarda gli spettacoli, l'accesso alla cultura, il dialogo
interculturale, l'apprendimento e le applicazioni quotidiane (come le biblioteche, i podcast);
- accostarsi criticamente ai media in termini sia di qualità che di veridicità dei contenuti
(valutazione critica delle informazioni, confronto costruttivo con la pubblicità nei vari media,
utilizzo ragionato dei motori di ricerca);
- utilizzare creativamente i media;
- comprendere l'economia dei media e la differenza tra pluralismo e proprietà dei media;
- essere consapevoli dei problemi di copyright, essenziali per una "cultura della legalità",
specie per le generazioni più giovani nella loro duplice veste di consumatori e produttori di
contenuti.
Con la Raccomandazione del 20 agosto 20092, la Commissione Europea ribadisce l’importanza
dell’inclusione della media literacy all’interno dei piani di studio obbligatori, raccomandando agli
Stati Membri, in cooperazione con le autorità incaricate della regolamentazione in materia di
comunicazione audiovisiva ed elettronica, di:
- sviluppare e attuare iniziative di co-regolamentazione e promuovere iniziative di
autoregolamentazione;
- valutare i livelli di alfabetizzazione mediatica in Europa, promuovendo ricerche
sistematiche;
- avviare un dibattito sull'inclusione dell'alfabetizzazione mediatica nel curriculum scolastico
della scuola dell'obbligo e nell'offerta di competenze chiave per l'apprendimento permanente;
- intensificare gli sforzi volti a migliorare la consapevolezza e la conoscenza del patrimonio
audiovisivo nazionale ed europeo tramite campagne di sensibilizzazione nazionali rivolte ai
cittadini, anche attraverso l’organizzazione de corsi di formazione e giornate di informazione
rivolte soprattutto a giovani, genitori e insegnanti.
La Raccomandazione si rivolge tuttavia anche al settore dei media, invitandone i principali attori
ad impegnarsi maggiormente a fornire gli strumenti necessari per migliorare il livello di
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Raccomandazione sull'alfabetizzazione mediatica nell'ambiente digitale per un'industria audiovisiva e dei contenuti
più competitiva e per una società della conoscenza inclusiva del 20 agosto 2009 (2009/625/CE).
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alfabetizzazione mediatica, attraverso la divulgazione di conoscenze e l’organizzazione di giornate
di informazione sul trattamento dei dati personali, sul mondo della pubblicità interattiva, e sul
modus operandi dell'economia della creatività, compreso il ruolo dei diritti di autore in tale ambito.
Da quanto precede sembra chiaro l’impegno dell’Europa nel rimuovere gli ostacoli che si
frappongono fra i/le cittadini/e e le opportunità offerte dai nuovi media, e a tale scopo diverse sono
state le azioni mirate alla rimozione di tali barriere: l'iniziativa Digital Agenda for Europe
(http://ec.europa.eu/digital-agenda/); le diverse ricerche condotte per conto della CE in
collaborazione con UNESCO e altre organizzazioni internazionali; i progetti volti all’inclusione
della media literacy all’interno della scuola primaria; gli studi per stabilire e testare criteri validi per
la misurazione dei livelli di alfabetizzazione mediatica nei diversi Stati membri, come imposto
dall’articolo 33 della Direttiva sui Servizi Audiovisivi del 20103. Tale Direttiva definisce una serie
di norme minime per garantire condizioni eque di concorrenza, e al contempo ribadisce
l’importanza della libertà di espressione e d’informazione in tutta Europa, invitando inoltre la
Commissione a presentare periodicamente una relazione in merito. Il Rapporto del 2012
sull’applicazione della Direttiva4 in questione, riporta fra gli altri anche i dati relativi
all’alfabetizzazione mediatica, in seguito alle indicazioni fornite nella legislazione comunitaria,
fornendo numeri tuttavia solo orientativi, e sui quali numerose sono le ricerche e gli studi da portare
avanti.
Lo sguardo della Comunità Europea è dunque vigile sulle questioni di educazione ai nuovi
media, e pronto ad evolversi con lo sviluppo delle nuove tecnologie. Le regole e le raccomandazioni
fornite agli Stati membri da parte della CE rappresentano infatti un chiaro segno di impegno nei
confronti di una società che basa sempre più la sua esistenza sulla circolazione di informazioni:
regolamentare ed indirizzare la diffusione – e la creazione – di contenuti mediatici vuol dire
prestare attenzione alla crescita di consapevolezza della una popolazione, che risulta dunque non
solo maggiormente pronta a proteggersi da eventuali rischi che tale realtà porta con sé, ma
soprattutto più competitiva a livello economico.
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Direttiva 2010/13/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 10 marzo 2010, relativa al coordinamento di
determinate disposizioni legislative, regolamentari e amministrative degli Stati membri concernenti la fornitura di
servizi di media audiovisivi (direttiva sui servizi di media audiovisivi).
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COM/2012/0203 final */Prima relazione della Commissione al Parlamento europeo, al Consiglio, al Comitato
economico e sociale europeo e al Comitato delle regioni sull'applicazione della direttiva 2010/13/UE; Direttiva sui
servizi di media audiovisivi; Servizi di media audiovisivi e dispositivi connessi: passato e futuro.
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Conclusioni
Analizzando ciò che è stato detto fino ad ora è evidente come la media education rappresenti un
campo di ricerca ancora in via di disciplinazione. Alla base di questa nascente disciplina è previsto
lo studio dei mezzi di comunicazione, come elemento centrale della modernità, e dei processi di
formazione, considerando l’istruzione come quelle forme di insegnamento previste all’interno dei
contesti istituzionali. La scuola rappresenta sicuramente un luogo chiave nello sviluppo di quei
processi che permettono allo studente di acquisire le competenze giuste per crearsi una cultura
critica nei confronti delle nuove tecnologie, senza però dimenticare il ruolo dei genitori e della
famiglia in genere.
Rivoltella, docente dell’Università Cattolica di Milano, in un suo editoriale afferma che “il
bisogno sociale di educazione nel caso dei media è innegabile. Tale bisogno non si limita
all’istruzione scolastica ma si allarga anche all’educazione degli adulti in una prospettiva di
formazione permanente”. All’interno di questo percorso abbiamo sottolineato come, per
approcciarsi in modo corretto ai media, sia necessaria una cultura digitale, come sia urgente il
bisogno di dotarsi di strumenti giusti e concreti nei confronti dei mezzi di comunicazione. Sono
molte le politiche scolastiche e le Raccomandazioni a livello europeo e nazionale che spingono
verso un maggiore coinvolgimento dei new media nell’apprendimento dei giovani, ma in molti casi
si
tralascia
l’educazione
mediale
nei
confronti
degli
adulti.
La
cosiddetta
“società
dell’informazione” rappresenta ancora un luogo sconosciuto ai molti, è necessario quindi creare di
punti di contatto per fare in modo che quei segmenti possano accedere ed entrare in contatto con i
cambiamenti avvenuti nella società moderna sempre più tecnologicamente avanzata. Occorre
suscitare in loro una riflessione su come utilizzare questi strumenti, su come liberare spazi e tempi
per diventare consumatori consapevoli e liberi favorendo la loro conoscenza. In questa fascia
vengono compresi quei soggetti adulti che hanno una semplice conoscenza tecnica e non culturale
del mezzo, in questo caso è auspicabile un allenamento, sviluppare dei processi di formazione che
possano abituare al consumo culturalmente più attento. Un esempio concreto di contatto tra soggetti
adulti e media è il portale Intrage, specificatamente rivolto agli over 50, che offre la possibilità di
avvicinarsi al mondo dell’informatica e di Internet anche a chi non ne ha mai avuto modo. Nasce
come luogo di incontro e di comunicazione all’interno del quale poter condividere i propri problemi
e trovarne soluzione, trovando informazioni utili puntando così ad acquisire sempre più le
conoscenza sulla tecnologia.
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In conclusione possiamo affermare che il ruolo della media education nella società moderna è
quello di aiutare le persone a imparare a sviluppare le proprie abilità nell’utilizzare i media. questa
disciplina comprende al suo interno lo studio, nelle sue diverse forme di apprendimento e rivolto a
qualsiasi soggetto sociale, sia esso più o meno giovane, della storia, della creatività, della
valorizzazione, dell’uso e, soprattutto, del ruolo svolto dai media.
A cura di:
Annalisa Bifolchi
Valerio Bocci
Simona Chiti
Giada Giacomini
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Fonti:
Buckingham D. (2003), Media education. Literacy, Learning and Contemporary Culture,
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Sito Legislazione Europea: http://eur-lex.europa.eu/
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