LA DIFESA DELLA VITA,
UNA MISSIONE DELL'INSEGNAMENTO SOCIALE CRISTIANO
Il Compendio della Dottrina Sociale della Chiesa, strumento privilegiato
Carissimi amici,
1.
sono lieto di incontrarmi con voi e di condividere le vostre preoccupazioni e anche
le vostre speranze per come, nel tempo presente e nell’attuale società occidentale, si
affrontano le tematiche della vita, dal suo concepimento sino al suo termine. Il Pontificio
Consiglio della Giustizia e della Pace è onorato dalla vostra presenza e ben volentieri ha
concesso la sua ospitalità e il suo benevolo consenso a questo significativo incontro sul
tema La difesa della vita, una missione dell’insegnamento sociale della Chiesa. Ringrazio
e saluto tutti gli illustri partecipanti e i relatori e, in modo particolare, il Presidente
dell’AIESC il Prof. Manfred Spieker, che si è speso in maniera encomiabile per
organizzare l’evento. Voglio da subito confessarvi che ho trovato quantomai opportuna la
relazione tematica tra vita – il suo valore, il suo significato, la sua difesa e la sua
promozione – e la dottrina sociale della Chiesa per come viene proposta nel titolo della
nostra Conferenza. Se ci prendiamo il tempo di sfogliare l’indice delle voci del Compendio
della dottrina sociale della Chiesa, pubblicato da questo Pontificio Consiglio nell’ottobre
del 2004 su incarico e per volontà del Servo di Dio Giovanni Paolo II, ci si potrà facilmente
accorgere che la voce Vita è una tra le più corpose e consistenti. Senza dubbio il
Compendio, sul piano della quantità e della qualità, è sostanzialmente un messaggio sul
valore della vita, un inno alla vita, uno straordinario strumento che offre principi, giudizi e
orientamenti in vista della difesa e della promozione della vita e del diritto alla vita e dei
doveri conseguenti e collegati con questo diritto. Senza ombra di dubbio il Compendio
lega inscindibilmente la dottrina sociale alla difesa e alla promozione della vita, tanto che,
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sul piano metodologico e quello ermeneutico, una loro separazione comprometterebbe la
natura stessa della dottrina sociale.
2.
Permettetemi una parola introduttiva al Compendio della dottrina sociale della
Chiesa. Esso è una presentazione sintetica ed organica dei principi, dei giudizi e degli
orientamenti che la Chiesa ha offerto ai cattolici e agli uomini e alle donne di buona
volontà, soprattutto a partire dall’enciclica Rerum novarum di Leone XIII, per affrontare le
difficili questioni sociali dell’epoca moderna e contemporanea. Il testo è diviso in tre parti:
nella prima parte si dimostra che le questioni sociali, per essere adeguatamente affrontate,
devono essere collocate e ricondotte dentro il piano di amore di Dio, al cui servizio è posta
anche la Chiesa con la sua missione di annunciare il Vangelo della giustizia e della pace. In
questa prima parte vengono illustrati anche i grandi principi della dottrina sociale – la
centralità della persona umana, il bene comune, la sussidiarietà e la solidarietà –, e i valori
portanti ogni convivenza sociale – la verità, la giustizia, la libertà e l’amore-. La seconda
parte del documento affronta tutta una serie di argomenti che riguardano la vita sociale: si
inizia con la famiglia per passare al lavoro, alla vita economica, alla comunità politica, alla
vita internazionale, all’ambiente e alla pace. Come potete ben capire si tratta di argomenti
che ci riguardano da vicino, che toccano l’esistenza di miliardi di persone, che sono
collegati con il nostro presente, ma soprattutto con la sorte delle future generazioni. Il
Compendio termina con una sezione, piuttosto breve, dove vengono offerti alcuni indirizzi
di natura pastorale per usare nel modo migliore lo straordinario patrimonio di sapienza
umana e cristiana costituito dalla dottrina sociale.
3.
Nell’affrontare le problematiche sociali, il Compendio si caratterizza per un centro
dal quale tutto prende avvio: la persona umana (cf. cap. 3); è a partire dal principio della
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intangibile dignità di ogni persona umana che tutta la dottrina sociale si svolge: è la
persona umana, infatti, il principio, il soggetto e il fine di tutta la vita sociale (cf. n. 107).
A fronte di una malintesa laicità, infatti, secondo la quale la fede non dovrebbe entrare
nella vita pubblica, il Compendio ribadisce che la Chiesa ha a cuore non tanto le tecniche
mediante le quali si risolvono i problemi sociali, bensì la persona umana in tutte le sue
dimensioni, che la Chiesa conosce nella sua struttura definitiva, quella che Dio stesso ha
rivelato e stabilito. Il «di più» che la Chiesa conosce grazie alla Rivelazione di Dio e al
paradigma dell’umano costituito da Gesù Cristo, diventa criterio di valutazione delle prassi
sociali e politiche, e diventa anche criterio di orientamento delle medesime prassi. In ultima
analisi, tutto il Compendio, anche quando affronta temi specifici come il lavoro, di fatto
espone, in forza e a partire dalla Rivelazione di Dio, la verità della persona umana e il
valore della vita umana. Si comprende pertanto perchè tutto il Compendio sia
sostanzialmente una insistita presentazione della verità della persona umana e della sua
vita considerata nella ricca varietà dei suoi aspetti e nella complessa realtà dei differenti
contesti (cf. n. 75).
4.
Nell’individuare e nel promuovere i diritti umani, tra cui il diritto alla vita, il
Compendio fa riferimento allo statuto ontologico della persona umana. Ogni scelta sociale
o politica deve essere valutata, non sulla base di convenienze storiche - siano esse sociali,
economiche o politiche - ma sul rispetto della dignità di ogni persona umana. Il valore etico
delle scelte, infatti, non può essere stabilito dall’ethos culturale, ma deve piuttosto essere
misurato con il dato fondamentale, non stabilito per consenso giuridico o per convenienza
politica, che risale al fondamento metafisico e religioso. In questa luce diventa chiaro
quanto il Compendio scrive a proposito dei diritti umani: «La radice dei diritti dell’uomo
[...] è da ricercare nella dignità che appartiene ad ogni essere umano. Tale dignità,
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connaturale alla vita umana e uguale in ogni persona, si coglie e si comprende anzitutto con
la ragione. Il fondamento naturale dei diritti appare ancora più solido se, alla luce
soprannaturale, si considera che la dignità umana, dopo essere stata donata da Dio ed essere
stata profondamente ferita dal peccato, fu assunta e redenta da Gesù Cristo mediante la Sua
incarnazione, morte e risurrezione. La fonte dei diritti umani non si situa nella mera volontà
degli esseri umani, nella realtà dello Stato, nei poteri pubblici, me nell’uomo stesso e in
Dio suo creatore» (n. 153). Solo nel radicamento metafisico e religioso si può ritenere che
tali diritti siano universali, inviolabili e inalienabili, come Giovanni XXIII scriveva
nell’Enciclica Pacem in terris.
5.
L’insegnamento del Compendio è tutto proteso a valorizzare e difendere la vita
attraverso l’indicazione di quelle condizioni culturali, sociali, economiche e politiche,
improntate alla prospettiva morale di un umanesimo integrale, solidale e aperto alla
Trascendenza, che rendono possibile tale valorizzazione e difesa. Il Compendio afferma
che il tema della vita, della sua difesa dal concepimento alla morte naturale e della sua
promozione in tutti gli ambiti, è di fondamentale importanza per l’azione dei cristiani in
ambito sociale. Quello alla vita è il primo diritto senza il quale mancano di fondamento
tutti gli altri. Chi è debole a tal punto da essere privato della vita - come il bambino
concepito a cui viene negato il diritto all’esistenza - è colui che ha maggior bisognoso di
aiuto e deve essere il primo destinatario delle sollecitudini pastorali della Chiesa. Essendo
il diritto dei diritti, quello alla vita deve essere all’origine di ogni progettualità sociale e
politica. Inoltre il diritto alla vita pone la società davanti ad una dimensione non disponibile
alla politica, quella appunto di quanto è dovuto all’uomo in quanto uomo. Il diritto alla vita
è un diritto di fondamentale importanza per dare alla politica la sua giusta finalizzazione
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umanistica; in questo modo, tale diritto pone alla politica dei limiti, senza i quali essa
diventa oppressiva.
6.
Nella prospettiva delineata dal Compendio di un umanesimo integrale, solidale e
aperto alla Trascendenza, risulta essenziale incrementare nelle nostre società un’adeguata
cultura della vita. A questo proposito, è importante porci una domanda: da quali
fondamenti occorre partire per promuovere o riattivare una cultura della vita e con quali
contenuti proporla ad una società contrassegnata da una sempre più diffusa ed allarmante
cultura della morte?1. Il modo migliore indicato dalla dottrina sociale della Chiesa è quello
di rigenerare, dall’interno e di continuo, il tessuto vitale della cultura contemporanea, sia
che venga intesa come mentalità vissuta, sia come convinzioni e comportamenti, sia come
strutture e istituzioni sociali, economiche o politiche. La cultura, infatti, non viene
influenzata soltanto dalla condotta individuale, ma anche dalle scelte legislative e politiche,
le quali, a loro volta, sono un potente veicolo di precisi orientamenti culturali. La cultura,
inoltre, orienta le strategie della ricerca scientifica, che oggi, come non mai, è in grado di
offrire mezzi potenti, non sempre impiegati per la promozione del vero bene dell’uomo. Di
fronte a queste sfide, il cristiano - reso ricco dalla parola e dall’esempio di Gesù che ha
dato la sua vita per vincere la nostra morte e per associare l’uomo alla sua risurrezione –
deve farsi evangelizzatore del Vangelo della vita.
Nell’Enciclica Evangelium vitae
troviamo scritto: “Il Vangelo della vita non è una semplice riflessione, anche se originale e
profonda, sulla vita umana; neppure è soltanto un comandamento destinato a sensibilizzare
la coscienza e a provocare significativi cambiamenti nella società; tanto meno è un'illusoria
promessa di un futuro migliore. Il Vangelo della vita è una realtà concreta e personale,
perché consiste nell'annuncio della persona stessa di Gesù. All’apostolo Tommaso e ad
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Cf.. Evangelium vitae nn. 7, 17.
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ogni uomo, Gesù si presenta con queste parole: «Io sono la Via, la Verità e la Vita» (Gv
14,6)” (n. 29). Le sfide che oggi vengono poste all’umanità dai progressi della scienza e
della tecnologia e dai processi di secolarizzazione della società, impegnano i cristiani in
uno sforzo coerente e incisivo: è necessario dar prova di una grande capacità di proposta
culturale e di formazione delle coscienze. Senza una cultura che mantenga saldo il diritto
alla vita e promuova i valori fondamentali di ogni persona, non si può avere una società
sana né la garanzia della pace e della giustizia.
7.
Nella prospettiva delineata dal Compendio di un umanesimo integrale, solidale e
aperto alla Trascendenza, risulta essenziale coltivare un concetto adeguato della qualità di
vita, tema di grande rilievo etico e culturale sia per le società sviluppate che per quelle in
via di sviluppo. Sappiamo bene che con il termine qualità di vita viene identificato uno dei
principali obiettivi delle società contemporanee, anche se solleva interrogativi circa
l’ambiguità del suo utilizzo, richiedendo un attento discernimento. Nell’Enciclica
Evangelium Vitae, a proposito della ricerca sempre più ansiosa della qualità di vita che
caratterizza specialmente le società sviluppate, l’indimenticabile Servo di Dio Giovanni
Paolo II rilevava: “La cosiddetta qualità della vita è interpretata in modo prevalente o
esclusivo come efficienza economica, consumismo disordinato, bellezza e godibilità della
vita fisica, trascurando le dimensioni più profonde relazionali, spirituali e religiose della
esistenza" (n. 23). In una prospettiva cristiana si devono distinguere due ordini per dare un
profilo preciso al concetto di qualità di vita: a) in primo luogo, si deve riconoscere la
qualità essenziale che distingue ogni creatura umana per il fatto di essere creata a
immagine e somiglianza di Dio. L’uomo, costituito di corpo e spirito nell’unità della
persona - corpore et anima unus -, è chiamato a un dialogo personale con il Creatore.
Perciò, egli possiede una dignità superiore alle altre creature visibili, viventi e non viventi.
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Questo livello di dignità e di qualità appartiene all’ordine ontologico ed è costitutivo
dell’essere umano, permane in ogni momento della vita, dal primo istante del
concepimento fino alla morte naturale, e si attua in pienezza nella dimensione della vita
eterna; b) collegato a questo primo, va riconosciuto e promosso un secondo livello di
qualità di vita. A partire dal riconoscimento del diritto alla vita, la società deve
promuovere, in collaborazione con la famiglia e i corpi intermedi – secondo il principio di
sussidiarietà - le condizioni concrete per sviluppare la personalità di ognuno, secondo le
sue capacità naturali. Il contesto socio-ambientale, dunque, caratterizza questo secondo
livello di qualità della vita umana, che deve essere riconosciuto a tutti gli uomini.
8.
Il Compendio sottolinea fortemente che la scienza e la tecnica – tanto
determinanti al giorno d’oggi in materia di vita - devono essere poste al servizio della
persona umana. Anche a questo riguardo è opportuno chiarire che la scienza e la tecnica,
preziose risorse dell’uomo quando si pongono al suo servizio, non possono da sole indicare
il senso dell’esistenza e del progresso umano. Essendo ordinate all’uomo, attingono dalla
persona e dai suoi valori morali l’indicazione della loro finalità e la consapevolezza dei
loro limiti. Consentitemi a questo riguardo una citazione del
documento della
Congregazione della dottrina della fede intitolato Il rispetto della vita umana nascente e la
dignità della procreazione: “Sarebbe, perciò, illusorio rivendicare la neutralità morale della
ricerca scientifica e delle sue applicazioni; d’altro canto non si possono desumere i criteri
di orientamento dalla semplice efficienza tecnica, dall’utilità che possono arrecare ad
alcuni a danno di altri o, peggio ancora, dalle ideologie dominanti. Pertanto la scienza e la
tecnica richiedono, per il loro stesso intrinseco significato, il rispetto incondizionato dei
criteri fondamentali della moralità: debbono essere cioè, al servizio della persona umana,
dei suoi diritti inalienabili e del suo bene vero e integrale secondo il progetto e la volontà di
Dio. Il rapido sviluppo delle scoperte tecnologiche rende più urgente questa esigenza di
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rispetto dei criteri ricordati: la scienza senza la coscienza ad altro non può portare che alla
rovina dell'uomo” (n. 2).
9.
Il Compendio sottolinea anche i valori e gli obblighi morali della legislazione
civile sul tema della difesa della vita. Il diritto inviolabile alla vita, i diritti della famiglia e
dell’istituzione matrimoniale costituiscono dei valori morali fondamentali: essi riguardano
la condizione naturale e la vocazione integrale della persona umana e, nello stesso tempo,
sono elementi costitutivi della società civile e del suo ordinamento. Per questo motivo essi
richiedono l’intervento delle autorità politiche e del legislatore. Anche a questo proposito, e
per terminare, permettetemi una citazione dell’illuminante documento della Congregazione
per la dottrina della fede sopraccitato: “L’intervento dell’autorità politica si deve ispirare ai
principi razionali che regolano i rapporti tra legge civile e legge morale. Compito della
legge civile è assicurare il bene comune delle persone attraverso il riconoscimento e la
difesa dei diritti fondamentali, la promozione della pace e della pubblica moralità…. Fra
tali diritti fondamentali bisogna a questo proposito ricordare: 1) il diritto alla vita e
all’integrità fisica di ogni essere umano dal momento del concepimento alla morte; 2) i
diritti della famiglia e del matrimonio come istituzione e, in questo ambito, il diritto per il
figlio a essere concepito, messo al mondo ed educato dai suoi genitori” (Parte terza).
Grazie e buon lavoro!
Renato Raffaele Card. Martino
Presidente del Pontificio Consiglio della Giustizia e della Pace
Città del Vaticano, 15 settembre 2006
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