Le piante di tutti i giorni
Lorenzo Roccabruna
Verona, 17 maggio 2016
Betulla (Betula pendula L.)
La betulla (Betula pendula) è una
pianta perenne della famiglia delle
Betulaceae, utilizzata per la cura
della cistite e della cellulite grazie
alle sue proprietà diuretiche e
depurative.
Pianta arborea che può raggiungere
imponenti altezze, presenta una
chioma rada e leggera, espansa in
verticale, con i rami terminali
ricadenti.
Il tronco è snello, se non è troppo
vecchio, presenta una scorza
bianca e sottile.
Le foglie decidue, ovato triangolari,
picciolate, verde chiaro sopra e
sotto.
I fiori maschili sono riuniti in amenti
sessili, penduli; quelli femminili sono
raccolti in spighe corte ed erette.
I frutti sono delle infruttescenze
cilindriche che a maturità liberano
delle piccole samare provviste di
un'ala membranosa.
Proprietà della betulla
Le foglie di betulla sono utilizzate in fitoterapia
per le proprietà diuretiche e depurative,
conferite dai flavonoidi, ossidi sesquitepenici,
tannini (leucoantocianidine), Vitamina C, acido
betulinico, clorogenico e caffeico, resine e olii
essenziali.
L’azione depurativa è coadiuvata da quella
diuretica. L’incremento di emissione di urina
facilita l’eliminazione dell'acqua e delle sostanze
in eccesso, accumulate nell’organismo, come il
colesterolo e gli acidi urici che provocano
reumatismi e gotta.
Per questo motivo la betulla è impiegata nella
cura dell’ipertensione e della ritenzione idrica.
L'effetto diuretico agisce anche in maniera
preventiva rispetto alla formazione di renella e
diventa una sorta di "lavaggio” antisettico nelle
affezioni delle vie urinarie, come la cistite.
La pianta inoltre è uno dei rimedi elettivi nella
cura della cellulite, in quanto aiuta
l’eliminazione e la scomparsa dei noduli
fibroconnettivali, caratteristici di questo
inestetismo cutaneo.
La linfa di betulla
Conosciuta anche come Betula verrucosa linfa, da cui si estrae il gemmoderivato, contiene due
eterosidi capaci di liberare per via enzimatica salicilato di metile ad attività analgesica e
antiinfiammatoria.
La linfa viene raccolta seguendo una tecnica particolare: all'inizio del mese di marzo, durante la
montata primaverile, si praticano nelle betulle adulte, di preferenza sulla parte del tronco
esposta a sud, alcuni fori a circa un metro da terra, profondi da due a cinque centimetri,
leggermente obliqui verso l'alto, nei quali si introduce un tubicino da cui la linfa defluisce nei
recipienti posti a terra. Un tronco di 50 cm di diametro fornisce in 4 giorni una media di 3-4 litri di
linfa.
La proprietà detossinante è rivolta al nostro sistema linfatico che utilizza la potente azione
drenante della linfa dell’albero per depurare l’organismo da tossine in eccesso, che trattengono i
liquidi: cure farmacologiche, terapie cortisoniche o ormonali, iperuricemia e ipercolesterolemia.
Il migliore impiego terapeutico della linfa di betulla è quello riguardante il trattamento della
cellulite, perché riduce nettamente l'impastamento e la componente dolorosa, ed elimina i liquidi
ristagnanti nei tessuti.
Modalità d'uso
USO INTERNO
Infuso: 1 cucchiaio foglie di betulla, 1 tazza
d’acqua
Versare la betulla nell’acqua bollente e
spegnere il fuoco. Coprire e lasciare in
infusione per 10 min. Filtrare l’infuso e
berne 2 tazze al giorno lontano dai pasti.
40-50 gc di betulla verrucosa linfa in
gemmoderivato 2 volte al giorno lontano
dai pasti.
Tintura madre di betulla: 80 gc in 1L e 1/2
d’acqua minerale, da bere nell’arco della
giornata, lontano dai pasti.
Cenni storici
Strettamente legata alla vita umana, come simbolo tutelare, tra i popoli slavi l’albero era
associato alla leggenda delle Rusolski, le bellissime ninfe degli stagni e dei laghi. A tarda
primavera, nei giorni del disgelo, uscivano dalle acque e si portavano, vestite di lunghi abiti
candidi, a insidiare i viandanti che si trovavano a passare tra i boschi di tronchi biancastri. Chi
non fosse stato in grado di resistere a loro, veniva catturato e ucciso. Per scongiurare questo
pericolo, quelle popolazioni erano solite tagliare annualmente una enorme betulla, per poi
metterla eretta nella piazza del paese e danzarvi attorno lungamente in modo propiziatorio. Di
quella stessa pianta si faceva poi, a sera inoltrata, un grande falò e se ne disperdevano le
ceneri nei campi.
La betulla è anche l'albero sacro per eccellenza delle popolazioni siberiane presso le quali
riveste tutte le funzioni dell'Axis Mundi, pilastro cosmico.
Plinio pensava che la betulla fosse originaria della Gallia e ci informa che con il suo legno si
fanno “ai magistrati i fasci che tutti temono, e ai panierai i cerchi e le coste necessari per la
fabbricazione di panieri e cestini". Aggiunge che si usava anche per confezionare torce nuziali,
ritenute porta-fortuna il giorno delle nozze (Historia Naturalis).
Già nel Medioevo l'acqua di betulla era molto nota per la sua proprietà di disgregare i calcoli
urinari, e per questo fu proclamata "La pianta renale d’Europa". Anche la sua linfa era ritenuta
un rimedio efficacissimo contro i calcoli renali e della vescica.
Eufrasia (Euphrasia officinalis L.)
L'eufrasia (Euphrasia officinalis) è una pianta
della famiglia delle Scrofulariaceae. Nota per le
sue proprietà antinfiammatoria e
decongestionante, è utile per gli occhi, la tosse
e il raffreddore.
Pianta erbacea annuale dal fusto diritto,
cilindrico, ramoso snello, alta 25-35 cm. Le
foglie sono opposte, denticolate, ovate e
piccole. I fiori biancastri, hanno striature viola. I
semi sono grigiastri e rugosi.
Originaria dell’Europa, Asia settentrionale e
Nord America, preferendo climi freddi e
temperati delle regioni extratropicali.18 specie
sono presenti nella flora spontanea italiana.
Proprietà dell'eufrasia
Le parti aeree dell’eufrasia contengono lignani, glicosidi, acidi-fenoli e un olio essenziale, che
conferiscono alla pianta azione antinfiammatoria e antibatterica, sostenute in particolare dalla
presenza degli iridoidi, dei flavonoidi e dei tannini (acido eufrasiotannico).
L’eufrasia è usata in fitoterapia e omeopatia come decongestionante della zona oculare, utile
per lenire le palpebre, alleviare i sintomi della congiuntivite, sia di origine infettiva che
provocata da allergia e per calmare le irritazioni degli occhi, dovute a troppa esposizione al
sole o lampade, vento e agenti atmosferici irritanti. Per questa ragione può essere
vantaggiosamente utilizzata in collutorio o lozioni volti a sfiammare le mucose congestionate o
ulcerate (afte, mal di gola ecc.) e la pelle.
Studi recenti ne hanno provato l'efficacia antinfiammatoria, nel trattamento del catarro in caso
di tosse, raffreddore, rinite allergica e sinusite, mediante suffumigi.
Modalità d'uso
USO ESTERNO
Infuso: 1 cucchiaio raso di parti aeree di eufrasia, 1 tazza d’acqua
Impacchi per gli occhi: versare l’eufrasia nell’acqua bollente e spegnere il fuoco. Coprire e
lasciare in infusione per 15 min, poi filtrare. Una volta filtrato, versatelo in un bicchiere, dove
immergerete dei pezzetti di garza sterile; quindi poggiateli sugli occhi. Sarebbe meglio far
penetrare qualche goccia negli occhi: questo preparato farà le veci di un collirio
decongestionante, disinfettante, e analgesico.
Lozione: con lo stesso infuso si possono fare colluttori per gargarismi, per alleviare le
infiammazioni di gola e bocca; e lozioni per curare irritazioni dell'epidermide.
Controindicazioni dell'eufrasia
Non esistono particolari controindicazioni o effetti collaterali
dell'eufrasia se non in caso di allergia ad uno o più dei componenti.
Cenni storici
Il nome botanico dell'eufrasia deriva dalla composizione delle parole greche eu, “bene”, e phren,
“animo”; forse in allusione al suo elegante portamento. Infatti, la pianta non viene citata dagli
antichi per scopi terapeutici. È segnalata per la prima volta da Ildegarda di Bingen, che la
consiglia nelle ferite e non per la cura degli occhi.
L'uso nelle affezioni oculari si baserebbe sulla Teoria delle Segnature sviluppata e approfondita
da Paracelso, in virtù del fatto che il fiore porta un disegno a forma di occhio sui petali.
Successivamente, la pianta si è fatta apprezzare soprattutto per le capacità di calmare le
irritazioni agli occhi e per la sua gentile azione astringente oftalmica. Di gusto spiccatamente
amaro, era impiegata anche per la proprietà di stimolare l'appetito e i processi digestivi.
Malva (Malva sylvestris L.)
La malva (Malva sylvestris) è una pianta appartenente
alla famiglia delle Malvaceae e originaria probabilmente
del Nordafrica. Grazie alle sue proprietà emollienti e
antinfiammatorie, la malva è utile contro la tosse, ma
anche per regolare la funzione dell'intestino.
Pianta perenne dal portamento cespuglioso, eretto e
prostrato. Il fusto (60-80 cm), legnoso alla base, porta
foglie picciolate a 5-7 lobi, con margine dentato,
ricoperte di peli. I fiori, che spuntano all’ascella delle
foglie, sono di colore rosa-violaceo con striature più
scure.
Frequente nei prati e luoghi incolti di pianura e collina è
spesso spontanea negli orti e nei giardini.
Proprietà della malva
I fiori e in particolare le foglie della malva sono ricche di mucillagini, che conferiscono alla
pianta proprietà emollienti e antinfiammatorie per tutti i tessuti molli del corpo. Questi
principi attivi agiscono rivestendo le mucose con uno strato vischioso che le proteggono da
agenti irritanti.
Per questo motivo, l’uso della malva è indicato contro la tosse, nelle forme catarrali delle
prime vie aeree; per idratare, sfiammare il colon e depurare l'intestino, e per regolarne le
funzioni, grazie alla sua dolce azione lassativa, dovuta alla capacità delle mucillaggini di
formare una sorta di gel, che agisce meccanicamente sulle feci e quindi agevolandone
l’eliminazione.
Il trattamento della stitichezza con la malva risulta non irritante e non violento, per cui è
indicato in gravidanza, per bambini e per gli anziani. Inoltre contribuisce a guarire vaginiti,
faringiti e tutte le irritazioni del cavo orale, come ascessi, gengiviti e stomatiti.
USO INTERNO
Decotto: 1 cucchiaio raso foglie e fiori di malva, 1 tazza d’acqua
Versare le foglie e i fiori nell’acqua fredda. Accendere il fuoco e portare a ebollizione. Far bollire
ancora qualche minuto, spegnere il fuoco, coprire e lasciare in infusione per 10 min. Filtrare
l’infuso e berlo al momento del bisogno in caso tosse, colite, o stitichezza.
Macerato a freddo: 10-15 grammi di fiori e foglie sminuzzate lasciate a macerare in acqua
fredda per almeno 5 ore. Da questa operazione si ottiene la migliore estrazione di mucillagini.
La tisana alla malva è inoltre ottima da bere al mattino, per le sue proprietà sgonfianti e per
regolare l'attività intestinale.
USO ESTERNO
Con il decotto, una volta raffreddato, si può trovare beneficio mediante gargarismi, in caso
d’infiammazioni della gola o mediante lavande in caso di irritazioni vaginali.
Cenni storici
Le virtù emollienti della malva sono conosciute e apprezzate sin dai tempi antichi, infatti,
il suo nome deriva dal termine latino mollire cioè “capace di ammorbidire”.
I Greci invece la chiamavano malachè, che significa “rendere morbido”. Ippocrate la
raccomandava per le sue proprietà emollienti e lassative, ma era utilizzata anche come
cibo dalle persone povere. In effetti, è ottima nelle minestre o lessata e condita con olio e
sale.
Piantaggine (Plantago lanceolata L.)
La piantaggine (Plantago lanceolata) è una pianta
della famiglia delle Plantaginaceae. Usata come
antinfiammatorio ed espettorante del catarro, è utile in
caso d’infiammazioni delle mucose.
Pianta erbacea con scapo profondamente solcato alto
10-60 cm.
Le foglie 3-5 nervie sono lanceolate o linearilanceolate e lungamente picciolate.
L'infiorescenza è riunita in spiga terminale.
Cresce comunissima nei luoghi erbosi, incolti e lungo
le strade.
Proprietà della piantaggine
Le foglie di piantaggine contengono
glucosidi iridoidi, flavonoidi
(luteolina), mucillagini, tannini,
pectine, acido salico, sali minerali. La
presenza di questi principi attivi
conferisce alla pianta proprietà
bechiche, espettoranti,
antibatteriche, antinfiammatorie,
astringenti.
L'azione antinfiammatoria della
piantaggine è dovuta all'aucubina,
che per idrolisi libera una genina
biciclica di nome aucubigenina.
Questo principio attivo possiede una
marcata proprietà antiallergica e
decongestionante, il cui meccanismo
di azione si esplica nell'inibizione
della sintesi dei mediatori
dell'infiammazione.
L'aucubigenina inoltre contrasta la
proliferazione del batterio
Staphilococcus Aureo, rivelandosi un
rimedio batteriostatico nei contronti
di questo microrganismo.
Per questa ragione la piantaggine è
utilizzata efficacemente negli stati
infiammatori della cute e delle
mucose, che rivestono bocca, gola e
vie respiratorie in genere, in caso
tosse, catarro bronchiale, bronchite
cronica, allergia, sinusite; e per le
infiammazioni dell'apparato
urogenitale; in presenza di reazioni
allergiche e infezioni batteriche,
grazie anche all'azione antisettica,
esercitata dagli acidi fenolici (acido
clorogenico e idrossibenzoico). Infine
trova impiego come rimedio diuretico
e remineralizzante per il suo
contenuto di acido silicico, zinco e
potassio.
Per uso esterno, la piantaggine è
cicatrizzante, lenitiva, antipruriginosa,
decongestionante, per cui è indicata
in caso di dermatosi, piccole lesioni
della pelle, acne, infiammazioni
palpebrali e oculari anche di natura
allergica.
Modalità d'uso
Può essere utilizzata sotto forma di infuso o decotto, anche associata ad altre piante
balsamiche ed espettoranti oppure in estratto fluido, o in sciroppo, per calmare la
tosse e sciogliere il catarro.
Le mucillagini contribuiscono all'azione lenitiva stratificandosi sulle pareti delle
mucose bronchiali, proteggendole così da ulteriori aggressioni.
USO INTERNO
INFUSO: 1 cucchiaio foglie di piantaggine, 1 tazza d’acqua
Versare la pianta nell’acqua bollente e spegnere il fuoco. Coprire e lasciare in
infusione per 10 min. Filtrare l’infuso e berne 2 tazze al giorno lontano dai pasti.
Tintura madre di piantaggine: 40 gocce in mezzo bicchiere d'acqua, da bere 2 volte al
giorno, lontano dai pasti.
Cenni storici
Pianta assai modesta che non ha mai esercitato nessun fascino, né per la bellezza dei suoi
colori, né per il profumo dei suoi fiori, la piantaggine è sempre stata presente nella vita
quotidiana della gente, in quanto umile pianta della strada, necessariamente entrata a far parte
delle pratiche mediche popolari. Il suo nome deriva dalla parola latina planta, sia per la
somiglianza delle foglie alla pianta del piede; sia per l'uso che ne facevano i viandanti, che
avevano la fortuna d'incontrarla sul loro cammino.
Dioscoride (I sec. d. C), la consigliava per la dissenteria, mentre Plinio la definiva "erba magica"
per le sue numerose proprietà curative ci hanno tramandato notizie circa il suo utilizzo
medicinale.
I medici della Scuola Salernitana ne sfruttava le proprietà astringenti utilizzandola come rimedio
contro le mestruazioni abbondanti e "gli spostamenti dell'utero"; mentre il medico e filosofo
Alberto Magno (XIII sec.) la considerava un formidabile antidoto contro il veleno di scorpioni e
serpenti.
Primula (Primula officinalis L.)
La primula (Primula veris o officinalis) è una pianta
della famiglia delle Primulaceae. Nota per le sue
proprietà analgesiche, antinfiammatorie e
antireumatiche, è utile contro insonnia e mal di testa.
Pianta erbacea biennale, rubusta, spesso coltivata
come annuale con abbondanti foglie color verde chiaro,
ampie, obovate o spatolate, che formano un fitto cespo
basale possono presentare la lamina crenata, lobata,
intera e a margini dentati a seconda della specie presa
in considerazione.
I fiori riuniti in densi gruppi globosi alla sommità dei steli
eretti variamente colorati che compaiono riuniti in
infiorescenze a ombrella, a spiga o in verticilli di vario
numero, talvolta sovrapposti.
Il frutto è una capsula uniloculare, oblunga e deiscente
alla sommità per 5-10 denti. È racchiusa dal calice che
è persistente. L'interno contiene numerosi semi
appiattiti di colore brunastro che maturano fra luglio e
agosto.
Cresce su prati e boschi aridi; predilige terreni calcarei
è bassi valori nutrizionali del terreno che deve essere
mediamente umido.
Proprietà della primula
I fiori della primula sono ricchissimi di saponine triterpeniche (5-10%); la più importante è la
primulina, e come infuso sono efficaci rimedi nel trattamento dell'insonnia e del mal di testa.
Le radici della pianta contengono due eterosidi fenolici derivati dall'acido salicilico, la
primaverina e la primulaverina, che si trasformano per idrolisi in derivati dell'acido salicilico,
le cui virtù analgesiche, antinfiammatorie e antireumatiche sono ben note: infatti si tratta
delle stesse virtù che caratterizzano l'aspirina.
La sua assunzione è indicata per calmare i dolori reumatici e nel trattamento della gotta,
causata dalla presenza di acidi urici, per alleviare gli edemi o i gonfiori alle estremità, e per
far riassorbire gli ematomi.
Inoltre la primula ha proprietà espettorante e mucolitica, sotto forma di decotto, trova utilizzo
nella cura della tosse, il raffreddore, bronchite e asma bronchiale.
Decotto di primula: Bollite per 5 minuti 1 cucchiaio
di primula (rizoma essiccato e spezzettato) in 2,5 dl
d’acqua. Trascorso questo periodo lasciate riposare
10 minuti, quindi filtrate. Consumatene 2 tazze al
giorno lontano dai pasti per curare le malattie che
colpiscono l’apparato respiratorio e in particolar
modo bronchiti e asma bronchiale.
Infuso di primula: mettere a riposare 20 g di
primula (fiori e foglie) in 1 l d’acqua bollente per 10
minuti. Trascorso questo periodo filtrate.
Consumatene 2 tazze al giorno lontano dai pasti in
caso di raffreddore.
Tisana di primula: Mettete in infusione 1-2
cucchiaini di foglie di primula sminuzzate in una
tazza d'acqua calda. Deve essere dolcificata,
preferibilmente con miele. È un infuso dal gusto
lieve e ben gradito ed è la classica bevanda da
sorbire nelle ore tarde della giornata.
Impacchi: Si fanno con lo stesso decotto preparato
per uso interno, ma più concentrato, e si applicano
sulla parte colpita.
Cenni storici
Il nome deriva da un’antica locuzione italiana che significa “fior di primavera” e prima ancora
potrebbe derivare dal latino primus. All'inizio del Rinascimento questo termine indicava
indifferentemente qualsiasi fiore che sbocciasse appena finito l'inverno, ad esempio così si
indicavano le primaverili margheritine (Bellis perennis – Pratolina). In seguito però il significato
si restrinse come nome specifico di questa pianta.
Nella letteratura scientifica uno dei primi botanici a usare il nome di “Primula” per questi fiori fu
Mattioli (1500 – 1577), medico e botanico di Siena, famoso fra l'altro per avere fatto degli studi
su Dioscoride e per aver scritto una delle prime opere botaniche moderne.
Nome confermato nel XVII secolo anche dal botanico francese Joseph Pitton de Tournefort (5
giugno 1656 — 28 dicembre 1708) al quale normalmente si attribuisce la fondazione di questo
genere. Per il nome specifico veris l'etimologia è molto incerta, alcuni testi lo traducono più o
meno con vera primavera.
Trifoglio (Trifolium pratense L.)
Il trifoglio (Trifolium) è un genere di pianta erbacea
appartenente alla famiglia delle Fabacee (o
leguminose) e comprendente circa 300 specie. È
diffuso nelle regioni temperate dell'emisfero boreale e
in quelle montuose dei tropici.
Deve il suo nome alla caratteristica forma della foglia,
divisa in 3 foglioline (alcune specie però possiedono
5 o 7 foglioline). La pianta è per lo più annuale o
biennale e in qualche caso perenne; la sua altezza è
normalmente attorno ai 30 cm. I due tipi più comuni di
trifoglio sono:
- Trifoglio rosso (Trifolium pratense);
- Trifoglio bianco o ladino (Trifolium repens).
Proprietà del trifoglio
Il trifoglio è il più potente fitoestrogeno naturale. Dal
trifoglio, infatti, si estraggono ormoni vegetali (fitormoni), in
particolare estrogeni, validi per rallentare l'invecchiamento
di cute e mucose.
Il trifoglio ha le seguenti proprietà:
- È una fonte ricca di molte preziose sostanze nutritive tra
cui: calcio, cromo, magnesio, niacina, fosforo, potassio,
silicio, tiamina e le vitamine A, B-12, E, K e C.
- Contiene i minerali necessari per le ghiandole del nostro
corpo, pertanto può aiutare nel mantenere l’equilibrio
ormonale.
- Allevia i sintomi della sindrome premestruale (come il
dolore al seno)
- Aumenta la mineralizzazione ossea e dunque aiuta a
curare e prevenire l’osteoporosi.
- La sua assunzione regolare è in grado di abbassare i
livelli del colesterolo cattivo, favorendone quello buono:
per questo motivo può essere d’aiuto per prevenire le
malattie cardiache.
- Contenendo piccole quantità di cumarine,
sostanze chimiche utili a mantenere il sangue
pulito e fluido, il trifoglio migliora la
circolazione sanguigna, riduce la possibilità di
coaguli e la formazione delle placche
arteriose, limitando anche lo sviluppo della
iperplasia prostatica benigna.
- Può aiutare a smettere di fumare.
- Contrasta i radicali liberi grazie al suo
potente effetto antiossidante.
- Ha effetti positivi sulla fertilità in quanto
possiede attività simili agli estrogeni, un
ormone essenziale nel processo riproduttivo
femminile.
- Grazie alla ricca presenza degli isoflavoni è
un ottimo rimedio per i disturbi della
menopausa. Gli isoflavoni sono solubili in
acqua e agiscono come gli estrogeni,
pertanto sono usati nei trattamenti legati alla
menopausa ed i disturbi annessi come
vampate di calore, nervosismo e anche la
depressione derivante dalla post-menopausa.
Modalità d'uso
In fitoterapia, il trifoglio rosso, da assumersi
previa infusione (tè o tisana), trova spazio
nella cura delle affezioni respiratorie
(bronchite, tosse, raucedine) e dei disturbi
gastrici (diarrea, gastrite ed inappetenza).
Per uso esterno (bagni ed impacchi), aiuta nei
problemi cutanei, come in presenza di stati
irritativi ed infiammatori (eczemi, psoriasi,
acne).
Controindicazioni del trifoglio
Vari studi farmacologici e clinici indicano il
trifoglio come pianta sicura: non si riportano
tossicità ed effetti collaterali significativi, anche
per trattamenti a lungo termine.
Tuttavia, il trifoglio non è raccomandato per le
donne in gravidanza e con condizioni come
l'endometriosi, fibromi uterini e tumori del
seno, delle ovaie o dell'utero. Non devono
assumere trifoglio a causa di possibili effetti
estrogenici.
È sconsigliata l’assunzione del trifoglio anche
per gli uomini in caso di carcinoma della
prostata
Cenni storici
Storicamente il trifoglio fu venerato dai druidi. Conosciuto dai Greci e dai Romani per le proprietà
curative.
A volte (circa 1 su 10.000) i trifogli possono avere quattro foglie, questi vengono comunemente
chiamati quadrifogli e sono considerati dei portafortuna.
Grazie per la cortese attenzione
Lorenzo Roccabruna