Le invasioni della penisola italiana: Il periodo di tranquillità in Italia determinato dalla Pace di Lodi (1454) terminò nel 1494, quando il re francese Carlo VIII reclamò per sé, come erede degli Angioini, il trono in quel momento vacante del Regno di Napoli e si mosse con il suo esercito per impossessarsene. La penisola italiana era politicamente divisa e debole per le continue ostilità tra i vari Stati regionali in perenne desiderio di espandersi, pur essendo una realtà sociale estremamente ricca e dominatrice del Mediterraneo, per cui le potenze europee più forti, ovvero Francia e Spagna, avevano mire espansionistiche nei suoi confronti. Re Carlo riuscì così a raggiungere il napoletano senza incontrare alcun ostacolo attuando la cosiddetta guerra dei gessi, tuttavia proprio la facilità della sua conquista allarmò i vari principi italiani i quali optarono di creare una Lega antifrancese che lo sconfisse a Fornovo sul Taro nel 1495 e lo costrinse a tornarsene in Francia. La penisola italiana fu salva, ma a Firenze avvenne la cacciata dei Medici che la governavano perché furono accusati di essere stati troppo remissivi con il re francese. Fu così instaurato un governo sotto il comando del frate domenicano Gerolamo Savonarola che creò uno Stato antiaristocratico e pauperistico, arrivando a bruciare pubblicamente col falò delle vanità tutto ciò che sapeva di mondano. Nel 1498 fu però bruciato vivo come eretico perché i poteri forti, nobili e papa Alessandro VI Borgia che lo scomunicò, vollero la fine del suo governo. Nel 1499 tornò sul suolo italiano il nuovo re francese Luigi XII, che conquistò il milanese e il nord Italia. Nel sud, invece, si scontrò e perse contro la Spagna che con l’armistizio di Lione (1504), ottenne tutto il Meridione. Fu in questo periodo (1499-1503) che si svolse la breve e intensa avventura di Cesare Borgia, figlio di Alessandro VI, che conquistò la Romagna, il Ducato di Urbino e Camerino grazie all’aiuto del papa e di Luigi XII, con cui si alleò. La sua fortuna durò finché rimase in vita il padre, suo grande mentore e protettore, poi quando divenne papa Giulio II, della famiglia di Della Rovere, nemica dei Borgia, dovette abbandonare l’Italia. Questo papa cercò di riportare lo Stato Pontificio alla potenza che aveva prima del periodo avignonese combattendo insieme alla Francia contro Venezia per riconquistare le terre pontificie perdute, poi alleandosi con Venezia contro la Francia per timore che questa divenisse troppo potente sul suolo italiano. Il suo successore Leone X, della famiglia Medici, non proseguì nella stessa logica belligerante. Nel 1516 Francia e Spagna in continuo conflitto tra loro con la Pace di Noyon si spartirono ufficialmente l’Italia: alla Francia (re Francesco I) andò il Ducato di Milano, mentre la Spagna ottenne il Regno di Napoli, la Sicilia e la Sardegna. Il conflitto continuò e nel 1559, con la pace di Cateau-Cambresis, ebbe anche il Ducato di Milano. Il dominio spagnolo in Italia fu tragico per l’eccessivo fiscalismo imposto sui suoi domini che depauperò il meridione e peggiorò la struttura economica e sociale del milanese. Scoppiarono molte rivolte (famosa quella a Napoli di Masaniello nel 1647), ma la Spagna riuscì a mantenere il suo potere in Italia fino al 1713. Anche Venezia gradualmente s’impoverì rimanendo tagliata fuori dai traffici marittimi più importanti, ora sempre più legati all’Atlantico. Il momento splendido vissuto dall’Italia durante il Rinascimento si affievolì tra il ‘500 e la prima metà del ‘600: anche la cultura entrò in crisi sia per il degrado economico e sociale sia per la mentalità conservatrice ed ostile allo sviluppo culturale di stampo laico indotta dalla Controriforma. Carlo V e Francesco I: La pace tra la Francia e la Spagna durò poco poiché intervennero fatti nuovi a turbare gli equilibri in Europa: Carlo d'Asburgo per motivi di eredità dinastica e grazie ai soldi avuti dai banchieri tedeschi, i Fugger, che comprarono per lui i voti dei sette principi elettori, divenne sia imperatore, col nome di Carlo V, sia re dei Paesi Bassi e della Spagna, con i possedimenti d'America, la Sicilia, la Sardegna e il Regno di Napoli; la Francia si trovò così accerchiata dai domini asburgici e in pericolo di venire inglobata, perché Carlo V tornò all’idea di realizzare un impero universale. La lunga guerra tra la Francia e Carlo V durò dal 1521 al 1559, salvo brevi tregue temporanee, e si sviluppò in tre fasi: nella prima (1521 – 1529), dopo alterni vicende, ebbe la meglio Carlo V che riuscì a consolidare la sua egemonia sull’Europa; durante questo periodo va ricordato il Sacco di Roma del 1527 per opera dei lanzichenecchi, truppe mercenarie protestanti al soldo di Carlo V; nella seconda (1535 – 1544), terminata con la Pace di Crepy, la situazione precedente rimase pressoché immutata; nella terza (1553 – 1559), combattuta da Enrico II, figlio di Francesco I, finì come le precedenti in un nulla di fatto, per cui Carlo V, che durante tutto il suo lungo regno aveva dovuto combattere anche contro i principi protestanti, che non volevano sottomettersi ad un imperatore strenuo difensore del cattolicesimo, e contro i turchi, giunti nella loro espansione a minacciare direttamente l’impero, decise di giungere nel 1555 alla Pace di Augusta, con cui riconosceva la libertà religiosa dei principi tedeschi e il principio del “cuius regio eius religio” (i sudditi dovevano assumere la religione del principe). Nel 1559 fu siglata la Pace di Cateau – Cambresis tra gli Asburgo e la Francia. Nel ’56 Carlo V abdicò e si ritirò in convento, dove morì tre anni dopo, lasciando la Spagna con tutti i suoi domini coloniali al figlio Filippo II, e il titolo imperiale con i possedimenti in area germanica al fratello Ferdinando I. Filippo II: Governò il suo immenso regno con due obiettivi: il trionfo del cattolicesimo controriformista, e il raggiungimento della massima potenza della Spagna. Dall’Escorial, il palazzo reale fatto erigere a pochi chilometri da Madrid, divenuta con lui capitale spagnola, governò per più di 40 anni ottenendo per la Spagna il primato in Europa, anche se già sotto il suo regno iniziò la sua decadenza irreversibile dovuta all’eccessivo burocratismo, al fanatismo religioso, alla persecuzione feroce delle minoranze ebree e moresche (arabi). Filippo II si preoccupò di controllare i confini della Spagna affinché l'eresia non avesse modo di penetrarvi. Proibì agli spagnoli di recarsi nelle aree geografiche considerate moralmente pericolose; l'ingresso degli stranieri e delle opere culturali venne attentamente controllato; con lui s’intensificarono gli auto da fé, atti di fede, che si concludevano spesso con l'esecuzione, anche di massa, degli eretici. Ebrei ed arabi subirono violenze d'ogni genere, furono venduti come schiavi o deportati. Dalla distruzione di queste due categorie di lavoratori derivò alla Spagna un danno enorme, poiché gli ebrei rappresentavano quasi tutto il commercio, le professioni e la cultura, mentre i moriscos erano in genere abilissimi agricoltori. La Spagna così visse, finché poté, in maniera parassitaria, senza produrre, e importando beni e oro dalle colonie, creando in tal maniera un circolo economico fallimentare. In politica estera affrontò una sanguinosa guerra contro i Turchi che, dal Mediterraneo orientale e dalle coste dell'Africa, minacciavano direttamente i traffici della Spagna. Fondamentale per arrestare la loro espansione fu la vittoria navale ottenuta a Lepanto nel 1571 in alleanza col papa, Venezia ed altri Stati minori. Filippo II riuscì ad annettersi il Portogallo nel 1580, insieme alle sue colonie d'America, d'Africa e d'Asia (tornerà indipendente nel 1640). Con alle spalle una simile potenza territoriale e una quantità enorme di danaro e oro, ricavato dai possedimenti coloniali, Filippo II continuò una vasta e ambiziosa politica di guerra contro la Francia, l’Inghilterra e le Fiandre in forte rivolta perché molto tassate dalla Spagna e assolutamente contrarie a sottostare esclusivamente alla religione cattolica, soprattutto nel settentrione. Dopo anni di battaglie, il sud delle Fiandre si sottomise alla Spagna, mentre il nord costituì nel 1579 la Repubblica delle 7 Provincie Unite, di religione protestante, che dovette lottare ancora a lungo contro la Spagna prima di vedersi riconosciuta ufficialmente nel 1648. Filippo subì una grossa sconfitta navale da parte dell’Inghilterra nel 1588, detta dell’invincibile armata, che segnò l’inizio del dominio marittimo inglese e del declino di quello spagnolo. La Francia nella seconda metà del 1500 fu attraversata da una gravissima crisi di ordine economico, religioso e politico. La crisi economica derivava dallo spreco di enormi risorse dovuto alle lunghe guerre combattute contro Carlo V; quella religiosa dall'espandersi del calvinismo in una nazione tradizionalmente cattolica; quella politica dal fatto che re Enrico II, morendo, lasciava tre figli in giovanissima età, non in grado di prendere in mano le sorti del regno che finirono nelle mani di Caterina de'Medici, vedova di Enrico II e madre dei tre giovani che in seguito, nello spazio di trent'anni, si succedettero al trono di Francia. La crisi della monarchia significava il trionfo delle vecchie forze feudali, delle grandi famiglie le quali non si erano rassegnate alla perdita di potere dovuta all'affermazione di un grande Stato nazionale sotto una forte monarchia accentratrice (prima i Capetingi, ora i Valois). Le più grandi famiglie francesi del momento erano quelle dei Guisa e dei Borboni: la prima era cattolica, la seconda protestante (ugonotta). Caterina si appoggiò prima a quella dei Guisa poi ai Borboni: nel 1562, con l'Editto di San Germano, permise agli ugonotti di esercitare il loro culto anche se con delle limitazioni. A questa apertura verso i protestanti, i cattolici risposero nello stesso anno con la strage di Vassy che gettò la Francia in una sanguinosa guerra civile, che nel 1572 determinò la notte di San Bartolomeo, in cui nella sola Parigi vennero trucidati più di tremila ugonotti. Il governo francese non fu più in grado di tenere unita la nazione, che si divise in grandi potentati capeggiati da vari esponenti dell’alta nobiltà. Scoppiò poi la cosiddetta guerra dei tre Enrichi (1585-1589) per la successione al trono di Enrico III, sovrano senza eredi, con Enrico di Guisa, capo dei cattolici, e Enrico IV di Borbone, ugonotto e cognato del re. Enrico III fece assassinare Enrico di Guisa, ma anche lui venne poi ucciso da un monaco cattolico, per cui alla fine rimase in lizza solo Enrico di Borbone, ugonotto. Egli fu proclamato re, ma non fu riconosciuto né da Filippo II, né dal Papa: un esercito spagnolo invase la Francia. A questo punto i francesi, sia ugonotti che cattolici, capirono che era in gioco l'esistenza stessa della nazione, per cui Enrico IV si convertì al cattolicesimo nel 1593 ("Parigi vai bene una messa") e fu pienamente legittimato dall'assenso del papa. L’invasione della Francia da parte di Filippo II terminò con un pieno insuccesso. Nel 1598 Enrico IV emanò l'Editto di Nantes nel quale si riconobbero pieni diritti civili a tutti a prescindere dalla loro fede religiosa. Enrico IV rimase in carica fino al 1610, quando gli successe il figlio Luigi XIII, ancora troppo piccolo per governare, per cui divenne reggente Maria de’ Medici, vedova del re. Riscoppiarono tumulti contro il potere centrale da parte degli aristocratici, ma quando prese effettivamente il potere Luigi XIII nel 1617, la situazione si normalizzò grazie al suo potente primo ministro, cardinale Richelieu, che riuscì a ridimensionare l’alta nobiltà, che tolse dall’amministrazione dello Stato sostituendola con intendenti di origine borghese, e tenendo sotto stretto controllo gli ugonotti, che costituivano uno Stato nello Stato. Egli morì nel 1642, seguito dopo qualche mese anche da Luigi XIII. Salì sul trono francese Luigi XIV, il futuro Re Sole, che però aveva solo 5 anni. La reggenza andò alla madre Anna d’Austria e riscoppiarono i problemi già visti in precedenza. Fu di nuovo un grande ministro a salvare la monarchia, il cardinale Giulio Mazarino, abile a fronteggiare il cosiddetto periodo delle fronde, prima quella parlamentare (1648), poi quella dei principi (1651). Dopo Enrico VIII, creatore dell’anglicanesimo, l'Inghilterra non aveva conosciuto una vera e propria pace religiosa. Anzi, essendo salita al trono Maria Tudor, cattolica, vi fu un tentativo di restaurazione del cattolicesimo in molti casi feroce, tanto che essa, che aveva sposato Filippo II, si meritò il titolo di sanguinaria. Dopo la morte di Maria, salì al trono nel 1558 Elisabetta Tudor, figlia di Enrico VIII e Anna Bolena, preferita dal parlamento inglese all’altra candidata al trono, Maria Stuart, moglie del re francese Francesco II. La nuova regina rifiutò le nozze propostole da Filippo II, ed emanò l'Atto di Uniformità, con cui proibiva ogni altro culto che non fosse quello anglicano, proibizione ribadita nel 1562 con l'Atto di Supremazia. Queste azioni, insieme all’aiuto fornito agli ugonotti francesi, agli insorti olandesi, e ai corsari che danneggiavano i commerci e le linee di comunicazione marittime spagnole da e per l’America, fece scoppiare un conflitto con la Spagna. Il pretesto da cui prese avvio fu la decapitazione di Maria Stuart che, essendo cattolica, aveva dovuto abbandonare il suo trono in Scozia in seguito ad una rivolta calvinista, e si era rifugiata presso la cugina Elisabetta. Pare che Maria si sia ad un certo punto messa a tramare contro Elisabetta per prenderle il trono, ma fu scoperta, imprigionata e giustiziata nel 1587. Filippo II inviò allora contro l’Inghilterra la sua Invincibile armata, una flotta potentissima composta da 138 navi da guerra che però fu sonoramente sconfitta dalle navi inglesi nel 1588. La guerra tra Inghilterra e Spagna durò fino al 1604 vedendo alla fine il trionfo dell’Inghilterra che divenne la dominatrice dei mari e degli oceani, ruolo che deterrà per i prossimi tre secoli, fin dopo la 1a guerra mondiale. Quando morì Elisabetta (1603) non lasciò eredi al trono e si estinse la dinastia dei Tudor. Fu incoronato Giacomo Stuart, figlio di Maria, che per primo regnò su tutte le isole britanniche riuscendo a unificare Scozia, Inghilterra e Irlanda. Il suo regno finì nel 1625, anno della sua morte. La guerra dei trent’anni: Le strutture dei maggiori Stati europei (Francia, Impero, Spagna e Inghilterra) furono messe alla prova nel corso di un lungo conflitto che, nato in Germania, si estese in buona parte del continente per circa trent’anni con una guerra che modificò i rapporti di forza in Europa. La scintilla partì dai paesi dell'Est europeo, in particolar modo dalla zona boema che si ribellò a Ferdinando d'Asburgo, che era divenuto re di Boemia, regione protestante, mentre il nuovo sovrano era cattolico. Allorché il re appellandosi al principio del cuius regio eius religio ordinò la chiusura e la distruzione di alcune chiese protestanti, la rivolta scoppiò nella capitale con la cosiddetta defenestrazione di Praga che vide due ambasciatori imperiali buttati giù dalle finestre del palazzo reale. Ebbe inizio, così, un lungo e sanguinoso conflitto che durò dal 1618 al 1648, e che usualmente viene diviso in quattro fasi in base alle zone maggiormente coinvolte (periodo boemo-palatino: 1618-1623; periodo danese: 1623-1629; periodo svedese: 1629-1635; periodo francese: 1636-1648) Dopo decine di migliaia di morti e distruzione in tutta Europa, fu posto fine al conflitto con la pace di Westfalia (1648). La Francia uscì vincitrice dal conflitto e sostituì la Spagna quale potenza egemone sul continente europeo. La Svezia ottenne alcuni ampliamenti territoriali e il predominio sul Baltico. L’area germanica rimase frazionata in circa 350 principati, quindi non poté in seguito incidere più di tanto sulla politica europea. Il titolo imperiale, rimasto agli Asburgo d’Austria, non ebbe più alcun valore internazionale, per cui essi decisero di interessarsi solo dei loro territori ereditari. La Spagna perse per sempre le Province Unite e fu ridotta al rango di potenza di secondo piano. La pace di Westfalia riconobbe l’esistenza di tre religioni: (cattolica, calvinista, protestante) cosicché cessarono da lì in poi le guerre di religione. Inoltre cominciò anche un processo di secolarizzazione, cioè il trasferimento di alcuni beni e privilegi della Chiesa ai rappresentanti del potere secolare e laico. Con tale pace vennero in pratica gettati i presupposti dell'Europa moderna in quanto vennero sanciti principi tutt'ora alla base delle costituzioni moderne come la laicità (il principio del "cuius regio, eius religio" fu definitivamente accantonato), la libertà di culto, la libertà e sovranità di uno Stato. Atlantizzazione: Tra la fine del ‘500 e il secolo successivo vi fu un ribaltamento degli equilibri economici: gli Stati mediterranei entrarono in crisi economica, mentre divennero economicamente potenti gli Stati del nord Europa affacciati sull’Atlantico, soprattutto l’Olanda che cercò di garantirsi il dominio dei traffici marittimi mondiali in particolare con due compagnie commerciali: quella della Indie Orientali e quella delle Indie Occidentali. Iniziò una nuova fase del colonialismo portata avanti dall’Inghilterra e dalla Francia con lo sviluppo di piantagioni (tabacco e cotone in America), quindi non solo mirando alla spoliazione delle nuove terre conquistate. Inoltre le colonie divennero costante meta di popolamento soprattutto da parte degli inglesi che crearono un sistema di import-export esclusivo e monopolistico con le loro colonie. Molti coloni vi giunsero fuggendo dalle guerre e dalle intolleranze religiose europee di ‘500 e ‘600 (Mayflower, fu la nave che nel 1620 trasportò in America i padri pellegrini che fuggivano dall’Inghilterra). La Francia colonizzò il Canada grazie soprattutto alla politica promossa da Richelieu, ma in seguito non saprà sfruttare più di tanto tale colonia. Questo nuovo colonialismo legato alle piantagioni implicò la necessità di un’ampia disponibilità di manodopera, per cui iniziò nel periodo la tragica tratta degli schiavi neri rapiti in Africa.