UniCredit SETTOREDIZIONARIEOPEREDIBASE Testi:IsabellaRiva;MarcoTadini(capitolisulmotoesulladinamica) Copertina:MarcoSantini ISBN978-88-418-7925-2 Primaedizioneebook,novembre2012 ©IstitutoGeograficoDeAgostini,Novara1997,2004,2009 ©DeAgostiniLibriS.p.A.,Novara2011 Redazione:corsodellaVittoria91-28100Novara www.deagostini.it Aspettiamoituoisuggerimenti,[email protected]. Tuttiidirittisonoriservati.Nessunapartediquestovolumepuòessereriprodotta,memorizzataotrasmessainalcunaformaoconalcunmezzo elettronico,meccanico,infotocopia,indiscooinaltromodo,compresicinema,radio,televisione,senzaautorizzazionescrittadell’Editore. Le riproduzioni effettuate per finalità di carattere professionale, economico o commerciale o comunque per uso diverso da quello personale possonoessereeffettuateaseguitodispecificaautorizzazionerilasciatadaCLEARedi,CorsodiPortaRomanan.108,Milano20122,e-mail [email protected] L'Editoredichiaralapropriadisponibilitàaregolarizzareeventualiomissionioerroridiattribuzione. EdizioneelettronicarealizzatadaGagsrl TUTTO Studio•Riepilogo•Sintesi FISICA SCHEMIETAVOLEDISINTESI,DISEGNIESPLICATIVI Guidaallaconsultazione Iltestoèarticolatoinmododafavorirelamemorizzazionerapidadellestruttureportantidellafisicaedellesuediscipline.Isingoli capitoli sono aperti da un cappellointroduttivo, che fornisce un breve quadro d’insieme degli argomenti trattati. Numerosi disegni esplicativi, tabelle e schemi riassuntivi aiutano la piena comprensione del testo e la ricapitolazione della materia. I capitoli sono conclusidaglossaridelleparoleedeiconcettidaricordare.Itestdiverificaconsentono,medianteilconfrontodellerispostealloro piede,dicontrollareautonomamenteilpropriolivellodipreparazione.Lefrequentinoteainizioparagrafohannoilduplicescopodi permetterelarapidaindividuazionedeitemiprincipaliediagevolarelalororicapitolazioneperilripasso.All’internodeltestosono evidenziatiincarattereneroledefinizioni,iconcettileespressionicheèparticolarmenteutilericordare. Numerosi riquadri di approfondimento trattano temi particolari e forniscono notizie aggiuntive per integrare gli argomenti della trattazioneprincipale. Lafisicaèlascienzachestudiaifenomeninaturali applicandosistematicamenteilmetodosperimentale, conl’obbiettivodiinterpretare,medianteleggi,teorie emodelli,leazionitramateriaedenergiae,inultima analisi,lastrutturadell’universosugrandescalaealivello deisuoicostituentimicroscopici.Iprogressidellafisica, soprattuttoapartiredall’800,sisonotradottiin fondamentalisviluppiinsvariatisettoriapplicativi:traipiù significativifiguranoquellodellemacchinetermiche, l’elettronicael’informatica,ilsettoreenergeticoenucleare, l’astronautica.Alcuneimportantiscoperte,maturate all’iniziodel‘900(comelameccanicaquantistica elateoriadellarelatività),hannosegnatounasvoltatra lafisicaclassica,interessataaifenomeniessenzialmente macroscopici,elafisicamoderna,interessata aifenomeniconnessialleproprietàmicroscopiche dellamateria(atomieparticellesubatomiche). Tuttofisicasiproponediesporre,inmodosintetico, iconcettidibaseincuisiarticolailvastoecomplesso panoramadellafisica.Gliargomentitrattatiincludono: lacinematica,chesioccupadelladescrizionedelmoto deicorpieladinamicachedescriveleforze chedeterminanoilmotoedeiprincipidiconservazione dellamassaedell’energia;ilcaloreelatermodinamica chestudianoifenomeniconnessiagliscambidicalore traicorpi;l’elettromagnetismo,chetrattainmodo unitarioifenomenielettricieifenomenimagnetici;l’ottica, chestudialanaturadellaluceelesueinterazioni conlamateria;lafisicaatomicaelafisicadelleparticelle chestudianolastrutturamicroscopicadellamateria, allalucedell’interpretazionequantistica delcomportamentodelleparticellesubatomiche; lateoriadellarelativitàcheinquadrainunaprospettiva unitarialospazio,iltempo,l’energiaelagravitazione. CHECOS'ÈLAFISICA Ilmetodosperimentale Lafisicaclassica Lafisicamoderna Isistemicaotici Lafisica(dalgrecophýsis=natura)èlascienzachestudiaifenomeninaturali(aesclusionediquelliche comportano trasformazioni chimiche della materia e i processi biologici), al fine di descriverli misurandoneleproprietà(ograndezze)estabilendotraquesterelazionimatematiche(leggi). Perraggiungerequestoscopo,lafisicasiavvalediunmetododiindaginedettometodo sperimentale, cioèbasatosull’esperimentoriproducibile(comuneadaltrescienzecomelachimicaelabiologia,dette appuntosperimentali). Ilmetodosperimentale,delineatodaGalileoGalilei(1564-1642),consentediinterpretarelecausedei fenomeni attraverso ipotesi che, se confermate nella loro validità dai risultati degli esperimenti, sono riconosciutecometeorie. GlisviluppidellafisicadaGalileofinoallafinedell’800hannopermessodiedificareifondamentidella cosiddettafisicaclassica:leleggieiprincipichedescrivonoilmotodeicorpielecause(forze)chelo determinano, definiti dalla meccanica (in particolare, per opera di I. Newton, 1642-1727), l’inquadramentodeifenomenielettromagneticiattraversolateoriadell’elettromagnetismo,elaboratada J.C.Maxwell(1831-1879),leleggirelativeaifenomenilegatialcaloreeleleggidell’ottica. Con l’avvento del XX secolo inizia il periodo detto della fisica moderna. L’impostazione concettuale dellafisicaclassicasubisceprofondemodificazioni,conseguentidaunlatoall’elaborazione,peropera diA.Einstein(1879-1955),dellateoriadellarelatività(cheapportacorrezioniallameccanicaclassica quando intervengono velocità prossime a quella della luce) e dall’altro alla formulazione della meccanica quantistica, che interpreta i fenomeni a livello atomico in base alla nozione di quanti di energia, introdotta da M. Planck (1858-1947): nella visione quantistica la causalità deterministica, pilastro delle teorie fisiche classiche, secondo cui il comportamento di un sistema fisico può essere perfettamentedeterminatoapartiredallesuecondizioniiniziali,lasciailpostoallaprobabilità. Recentementelafisicahaallargatoulteriormenteilsuometododiindagineasistemiprimatrascuratioal di fuori dei suoi confini ufficiali, come, per esempio, i sistemi caotici (che qui non verranno trattati), sistemidalcomportamentononprevedibilechesiincontranoinfisica(ifluidi),maancheinbiologiaed economia. Numerose sono le scienze che presentano più o meno ampi punti di contatto con la fisica, pur conservandopropriconfiniautonomi;traquestesisegnalanol’astronomia,lageologia,lachimica-fisica, labiofisicaelageofisica. Latabellaseguenteriportaiprincipaliindirizzidisciplinaridellafisica. TabellaIprincipaliindirizzidisciplinaridellafisica DISCIPLINA AMBITODISTUDIO meccanica studia le leggi che presiedono al movimento dei corpi e viene suddivisa in: cinematica, che fissa i concettiessenzialiperladescrizionedelmoto;dinamica,chestudialecause(forze)chedeterminanoil movimento;statica,chestudial’equilibriodeicorpi ottica studia i fenomeni luminosi, cioè quelli relativi al comportamento delle radiazioni che impressionano l’occhio (radiazioni ottiche) o, più in generale, quelli relativi al comportamento di tutte le radiazioni elettromagnetiche studiaisuoni,leloroproprietàeiloromeccanismidiproduzione,propagazione,ricezione acustica elettromagnetismo studiailcomplessodeifenomenirelativiall’elettricitàealmagnetismo termologia studiaifenomeniconnessiallagenerazione,propagazioneeassorbimentodelcalore;dellatermologiafa partelatermodinamica,chestudialetrasformazionidelcaloreinaltreformedienergia meccanica quantistica studiaisistemiquantizzati,cioèisistemiincuilegrandezzeconsideratenonpossonoessereinfinitamente piccole,masonosempremultiplediunaquantità“discreta”,o“quanto”,nonulteriormentedivisibile meccanica statistica studia le proprietà dei sistemi costituiti da un gran numero di particelle in movimento disordinato, riuscendoadeterminarneleconfigurazionipossibilimedianteilcalcolo fisicaatomica studialeproprietàdegliatomi fisicanucleare studiainucleiatomicielereazioniincuisonocoinvolti fisica particelle delle studiaicostituentiultimidellamateria,qualielettroni,neutroni,protoni,mesoni,quark relatività speciale studia il complesso dei fenomeni che avvengono quando i corpi si muovono con velocità prossime a (oristretta) quelladellaluce;nell’ambitodiquestateoriaèformulatoilprincipiodiequivalenzaframassaedenergia, checonsente,fral’altro,dispiegarel’originedell’energiageneratadallereazionidifusioneedifissione nucleare relativitàgenerale costituiscelateoriapiùgeneraledellagravitazione fisica dello stato studialeproprietàfisichedeisolidi(peresempio,quelleelettriche,dielettriche,elastiche,termiche),con solido particolare attenzione alle proprietà comuni a grandi insiemi di sostanze; costituisce una base fondamentaleperlosviluppodell’elettronica(peresempio,conilsuostudiodeisemiconduttori) 1ILMETODOSPERIMENTALE Lafisica è la disciplina scientifica che ha maggiormente reso interdipendenti l’uso della matematica per lo sviluppo dei concetti teorici e l’esperimento per la verifica della teoria. Il criterio attraverso il quale queste due entità sono strettamente legate è detto metodosperimentaleerappresentalapiùgrandeereditàdiquellachevienedefinitarivoluzionescientifica,inauguratanelXVIIsec. dall’opera di Galileo Galilei. Nello studio della fisica assumono importanza primaria le grandezzemisurabili e le relative unità di misura,poichésoloattraversolamisuradelleproprietàdellamateriasipuògiungereallasuadescrizionerigorosasottoformadi leggi che utilizzano il linguaggio matematico. La misura di una grandezza comporta sempre errori, dovuti, per esempio, alle imprecisioniintrinsechedeglistrumentidimisuraequindioccorresviluppareunmetododideterminazionedell’errore. 1.1Ilmetodosperimentale Lafilosofiadellanaturainetàclassica Galileoeilmetodosperimentale Lanascitadellascienzafisica,comevieneintesaattualmente,vienecollocatanel’600.Primadiallora molti studiosi si erano cimentati con lo studio della natura e delle sue forme, e in alcuni campi furono raggiunti anche buoni livelli di conoscenza (per esempio, assiri, sumeri ed egizi dal II millennio a.C. studiavanoipianetielecostellazionieavevanoelaboratodeicalendarilunariesolari).Lostudiodella scienza, tuttavia, era sempre stato proprio dell’indagine filosofica, che studiava i fenomeni naturali attraversoragionamentilogici,masenzaricorrereaverifichesperimentali.GiànelVsec.a.C.ilfilosofo grecoDemocrito(circa460-370a.C.)ipotizzòchelamateriafossecostituitadaparticelleindivisibili, chechiamòatomi.PocopiùtardiAristotele(384-322a.C.)organizzòilsaperescientificosottoformadi proposizioni e di connessioni logiche e concepì la fisica come un complesso di scienze (includenti astronomia,medicina,botanicaezoologia)chesioccupavadellostudiodeifenomeninaturali.L’indagine filosoficadellanaturasiproponevasoloditrovareiperchédeifenomeni,manondistabilirecometali fenomenisiverificassero.LeteoriearistotelicheincamposcientificofuronofattepropriedallaChiesa cattolicaedivenneroundogma.Nel’600loscienziatopisanoGalileoGalilei(1564-1642),cheposele basidellameccanicaclassica,nemiseindubbioalcuniprincipifondamentali(sostenne,peresempio,la teoria secondo cui la Terra ruota intorno al Sole e non viceversa e per questo fu perseguitato e condannato dalla Chiesa). Galileo è noto soprattutto perché delineò un nuovo modo di procedere nell’indagine scientifica, noto ora come metodo sperimentale. Galileo non scrisse mai un trattato sul metodo, e non chiarì mai quali fossero esattamente i legami tra quelle che lui chiamava le “sensate esperienze”(gliesperimenti)ele“matematichedimostrazioni”(leleggicheregolanoifenomeni,scritte in forma matematica), ma le procedure che egli seguì nell’indagine della natura sono state ricavate indirettamentedaisuoiscrittiecostituisconoatutt’oggilabasediogniseriametodologiascientifica. •Lefasidelmetodosperimentale Osservazionedeifenomeni Formulazionedellateoria Verificasperimentale Lafalsificazioneelavaliditàdelleteorie Lefasiattraversocuisiarticolailmetodosperimentale(ometodoscientifico),chesegnailpassaggiotra lascienzamodernaelascienzadell’antichitàclassica,possonoessereessenzialmentericondottealletre seguenti:osservazionedeifenomeni,formulazionedellateoriaeverificasperimentale. L’osservazione è il primo livello di conoscenza dei fenomeni. La raccolta dei dati osservati deve avvenire utilizzando grandezze misurabili (v. par. Grandezze fisiche e unità di misura), poiché solo attraversolamisuraèpossibilefarcorrispondereaognifenomenounnumero.Occorredunqueprocedere alla misura dei fenomeni e in questo risiede la prima innovazione rispetto alla scienza classica, dove l’osservazionedeifenomenieraprevalentementequalitativa.L’osservazionedeveinvecefornireunpunto di vista quantitativo del fenomeno che si osserva, quindi deve prendere in considerazione grandezze rigorosamentemisurabili,isolandoilfenomenodainfluenzeesternechepotrebberomodificarelemisure. La seconda fase riguarda la formulazione della teoria, che lega le grandezze osservate attraverso relazionimatematiche(leggi).Lateorianonderivadirettamentedalleosservazioni,mavieneelaborata per spiegarle e deve essere in seguito verificata attraverso l’esperimento. Una teoria scientifica è costituita da un insieme di ipotesi in grado di interpretare un gran numero di dati sperimentali. La teoriahailcompitodielaborareinformasistematicaiprincipigeneralidaiqualidedurreleleggiche governano la materia, scritte in forma matematica. Una teoria non può essere interamente spiegata attraverso un esperimento, ma lo deve essere almeno in parte, o meglio lo devono essere le sue conseguenze.Laverificadiunasuapartevaleasostegnodell’interateoria,seesisteunimpiantologicomatematicocongruochelegalesuevarieparti.Unateoria,inoltre,deveessereingradodiprevederei risultatidiesperimentiancoradaeseguire. Ilprocedimentologicocheportadall’ipotesialleconclusionivienedettometododeduttivo. Laverificasperimentalerappresentalaterzaeultimafasedelmetodo.Inquestafase,attraversol’uso diesperienzecontrollateinlaboratorio,loscienziatodeveverificareleipotesidicuiècompostala teoria.Sel’esperimento,ripetutopiùvolte,confermalavaliditàdell’ipotesi,questaèconsideratavera. Difficileinvecestabiliredovesiaavvenutol’erroresel’ipotesirisultafalsa,perchélepossibilifontidi erroreinunesperimentosonomolteplici(v.par.Errorinellemisure). Unapossibilitàtuttaviariguardailfattochel’ipotesisiaerrata,equindidaabbandonare.Questopuntoè molto importante nella scienza moderna, poiché stabilisce che nessuna teoria rappresenta una verità assoluta,maciascunadevevenireverificatae,serisultasbagliata,deveesseresostituitaconunanuova teoria, che si adatti meglio della vecchia ai risultati sperimentali o che spieghi un numero maggiore di casi. In certe circostanze nella fisica moderna la vecchia teoria, pur non spiegando più evidenze sperimentali,nonèstataabbandonata,maèrimastavalidainrelazionealsuolivellodiapprofondimento, mentrevienesostituitadaunateorianuova,piùcompleta,perunlivellodiapprofondimentosuperiore(è il caso della meccanica quantistica, che sostituisce la meccanica classica nel caso dell’interazione di particelleelementari,odellarelativitàeinsteiniana,chesostituiscelarelativitàgalileiananelcasoincui sianoingiocovelocitàprossimeaquelladellaluce). •L’usodeimodelliinfisica Definizionedimodello Poiché spesso i fenomeni fisici sono estremamente complessi, e la loro riproduzione in laboratorio sarebbe impossibile in condizioni controllate, si ricorre spesso all’uso dei modelli. Un modello è una semplificazionedellarealtàfisica,ilcuiscopoèfornireun’analogia,oun’immaginedelfenomenoda osservare, che ne riproduca il comportamento e che sia riproducibile in laboratorio. Spesso un modelloforniscesolounasomiglianzastrutturaleconilcomportamentodelfenomenoinnatura,marisulta moltoutilepercomprenderneimeccanismi.Sipuòdirecheleondeluminosesicomportanocomefasci rettilinei, e attraverso questa semplificazione spiegare alcuni dei comportamenti della radiazione luminosa, ma per spiegarla interamente è necessaria una teoria più completa. L’atomo viene a volte rappresentatocomeunpiccolosistemaplanetario,conglielettronicheruotanoattornoalnucleocomei pianetiattornoalSole,mautilizzandoquestosemplicemodellononsispiegalamaggiorpartedeisuoi comportamenti. 1.2Grandezzefisicheeunitàdimisura Definizione IlSistemaInternazionale L’unitàdimisuradellalunghezzaèilmetro(m) L’unitàdimisuradeltempoèilsecondo(s) Unagrandezzafisicaèqualunqueproprietàdiunfenomenonaturalechepossaveniremisurata.La misuradiunagrandezzaavvieneattraversoilconfrontoconunagrandezzaomogenea(dellostesso tipo)chevienepresacomeriferimento,dettaunitàdimisura.L’operazionediconfrontodevestabilire diquantevoltelagrandezzadiriferimentoèmaggioreominoredellagrandezzadamisurare.Lamisura della grandezza fisica è rappresentata da un valore numerico, seguito dal simbolo dell’unità di misura sceltapermisurarla. Se, per esempio, si vuole conoscere la lunghezza di un oggetto, occorre scegliere una lunghezza campione;generalmentesiutilizzailmetro(definitopiùavanti),ilcuisimboloèm,elamisuraconsiste nelconfrontarel’oggettodamisurareconuncampionedelmetro.Unavoltaeffettuataquestaoperazione, sel’oggettorisultalungocometrevolteilcampione,sidiràchel’oggettomisuratremetriesiscriverà3 m. Poiché le grandezze fisiche, e le conseguenti unità che è possibile adottare per misurale, sono innumerevoli, nel 1960, attraverso la IX Conferenza Internazionale dei Pesi e delle Misure, è stato istituito un sistema di unità di misura omogeneo, assoluto, invariante e decimale: si tratta del Sistema Internazionalediunitàdimisura,indicatogeneralmenteconlasiglaSI,ilcuiscopoèquellodirendere piùsemplicigliscambidiconoscenzetrascienziatidinazionalitàdifferenti.IlSIrappresentalaversione piùrecentedelsistemametricodecimale,introdottoinFranciaallafinedel’700.Ipopolianglosassoni usanoancheunaltrosistemadimisuranondecimale,utilizzatoancoraoggiinambitononscientifico(v. riquadroseguente).IlSistemaInternazionale,oggiaccettatouniversalmente,sibasasusettegrandezze fondamentaliesullelororispettiveunitàdimisurafondamentali,arbitrariamentescelte,dacuituttele altrevengonoderivate.Nellatabella1.1sonoindicatelesettegrandezzefondamentaliconlerispettive unitàdimisura. L’unitàdilunghezzaèilmetro(simbolom),definitoinFrancianel1799comelaquarantamilionesima parte di un meridiano terrestre: per non creare confusione con questa definizione, a partire dal 1875 è stato conservato all’Ufficio Pesi e Misure di Sèvres (presso Parigi) un campione di platino-iridio del metro,chefungevadariferimento.Recentementeilmetroèstatoridefinitocomeladistanzapercorsanel vuoto dalla luce nell’intervallo di tempo di 1/299.792.558 secondi. Naturalmente questa definizione implica la definizione dell’unità di misura del tempo, che nel Sistema Internazionale è il secondo (simbolos).Ilsecondofuinizialmentedefinitocome1/86.400delladuratadelgiornosolaremedio,ma poichélavelocitàdirotazionedellaTerranonècostante,èstatoridefinitonel1967comeladuratadi 9.192.631.770 oscillazioni della radiazione emessa dall’atomo di cesio-133 nello stato fondamentale nellatransizionetradueparticolarilivelli. La tendenza attuale nella definizione delle unità di misura è quella di svincolarle da qualsiasi campionematerialeedibasarlesullecostantiuniversali(lavelocitàdellaluce,ilnumerodiAvogadro ecc.) e sul secondo, per non dipendere da campioni che possano alterare con il tempo le loro caratteristiche. Ilsignificatodellealtrecinquegrandezzefondamentaliedellerelativeunitàdimisuraverràintrodottola primavoltachevisifaràriferimento. GLIALTRISISTEMIDIMISURA La disciplina che si occupa della definizione delle unità di misura, della scelta di quelle fondamentali e della realizzazione, diffusione e conservazione di eventuali campioni è la metrologia. Tale disciplina nasce dall’esigenza di adottare unità comuni. Nel 1875 diciassette paesi stipularono a Parigi la Convenzione sul Metro, impegnandosi ad adottare tale unità per la misura della lunghezza e i suoi multipli e sottomultiplidecimali.Inquell’occasionenascelaConferenzaGeneraledeiPesiedelleMisure,l’organismointernazionalechesioccupadi metrologia.PrimadigiungereadefinireilSistemaInternazionaleconlaIXConferenzaGeneraledeiPesiedelleMisure,successivamente leggermentemodificato,eranoinusoaltrisistemi. Idueprincipalisistemidimisurametricodecimaliadoperatiprecedentemente,eancoracitatiqualchevolta,sonoilsistemaCGSeilsistema MKS.IlsistemaCGS(CentimetroGrammoSecondo)fupropostodalordKelvinnel1873esibasavasutregrandezzefondamentali: la lunghezza, la massa e il tempo. Le corrispondenti unità di misura sono il centimetro (la centesima parte del metro), il grammo (la millesima parte del chilogrammo) e il secondo. Il sistema MKS (Metro Kilogrammo Secondo), nato nel 1938, si fonda sulle stesse grandezzefisiche,mahacomeunitàdimisurafondamentaliilmetro,ilchilogrammoeilsecondo.DivenneilsistemaMKSAquandovenne aggiuntalaquartagrandezzafondamentale,lacorrenteelettrica,conlarelativaunitàdimisura(l’ampere).Entrambiquestisistemiseguono ilsistemametricodecimale,utilizzatointuttiipaesidell’Europacontinentale.NelRegnoUnitoenegliStatiUnitivienetuttorautilizzatoin ambito non scientifico un sistema di unità di misura non decimale, nonostante la comunità scientifica internazionale faccia riferimento al SistemaInternazionale.Peresempiol’unitàdellalunghezzaperquestosistemaèlayarda(91,94cm)conisuoisottomultipli,ilpiede(1/3di yarda) e il pollice (1/36 di yarda); l’unità di misura della massa è la libbra (453,59 g) e il suo sottomultiplo principale è l’oncia (1/16 di libbra). Tabella1.1GrandezzefondamentalidelSistemaInternazionaleerelativeunitàdimisura GRANDEZZA UNITÀDIMISURA SIMBOLO lunghezza metro m massa chilogrammo kg intervalloditempo secondo s intensitàdicorrenteelettrica ampere A temperatura kelvin K quantitàdisostanza mole mol intensitàluminosa candela cd •Analisidimensionaleegrandezzederivate Equazionidimensionali La formulazione di grandezze derivate tramite una combinazione di grandezze fondamentali si chiama analisi dimensionale. Ogni grandezza fisica derivata può essere espressa, mediante un’equazionedimensionale,interminidigrandezzederivateutilizzandounaparticolarenotazione:ogni grandezzavieneindicataconl’inizialetraparentesiquadre:lalunghezzacon[L],iltempocon[T].Così, per esempio, una grandezza derivata come la velocità, che è il rapporto tra la lunghezza percorsa e il tempoimpiegatoapercorrerla,haun’equazionedimensionaledeltipo: [L] [v]= [T] Ogni legge fisica deve verificare l’uguaglianza tra le grandezze presenti al primo membro e quelle presenti al secondo membro. L’analisi dimensionale viene utilizzata per verificare la congruenza di unaleggefisica,poichésenonverifical’analisidimensionalelaleggeècertamenteerrata.Naturalmente la verifica dell’analisi dimensionale non garantisce che una legge fisica sia vera, ma può solo dimostrarnelafalsità. •Notazioneesponenzialeeordinedigrandezza Notazioneesponenziale Ordinedigrandezza Multipliesottomultipli Infisicasipossonoincontraregrandezzeespressedanumerimoltograndi(peresempio,ledistanzetrai pianeti o le stelle) o da numeri molto piccoli (per esempio, le distanze tra particelle elementari in un nucleoatomico)espessorisultascomodoscrivereilnumeroperintero.Aquestoscoposiricorrealla notazioneesponenziale,cheutilizzalepotenzedelnumerodieci(potenzedidieci)sostituendoleagli zeri di un numero elevato o ai decimali di un numero piccolo. Per esempio, scrivere 3.000.000 è equivalente a scrivere 3•106, e quest’ultima notazione permette di risparmiare spazio e calcoli. Analogamente,perscrivere0,005sipuòusarelanotazione5•10–3. Inoltre,avoltenonsièinteressatialrisultatoesattodiun’operazione,masoloaunasuastima,peravere un’ideadelledimensionicoinvoltenelfenomenochesistastudiando.Inquestocasosiricorreall’ordine digrandezzadelnumero,cherappresentalapotenzadi10piùvicinaalvaloreconsiderato.Peresempio, sidiràchel’ordinedigrandezzadellamassadelSoleèdi1033g. Le potenze di dieci vengono utilizzate anche nell’uso dei multipli e sottomultipli delle unità di misura: in molti casi pratici le unità di misura fondamentali e derivate sono troppo piccole o troppo grandi per rappresentare i fenomeni fisici. Si utilizzano perciò rispettivamente multipli e sottomultipli delle unità stesse, caratterizzati da prefissi. Così come 1000 metri equivalgono a 1 chilometro, tutte le volte che l’unità di misura sarà moltiplicata per 103 al nome dell’unità stessa verrà fatto precedere il prefisso chilo. Analogamente, 10–3 corrisponde al prefisso milli e così via. Nella tabella 1.2 sono elencatiimultipliesottomultiplideidecimalinelSistemaInternazionale. •Misurediretteemisureindirette Ilconfrontodirettodiunagrandezzaconlasuaunitàdimisurarappresentaunamisuradiretta. In alcuni casi per misurare una grandezza è impossibile darne una misura diretta: per esempio, nel caso della massa di una particella elementare, troppo piccola perché esistano strumenti di misura atti a determinarla.Inquesticasisiricorreallamisuraindiretta,ovveroilvalorevienecalcolatomediante relazioni matematiche che intercorrono tra la grandezza misurata e grandezze che si possono misuraredirettamente.Se,peresempio,occorresapereilnumerodioggettipresentiinunmagazzino,di cui si conoscono il peso totale P e il peso unitario per oggetto p, la relazione tra peso totale e peso unitarioP/p,fornisceilnumerodeglioggettisecondounamisuraindiretta. Tabella1.1MultipliesottomultiplidecimalinelSistemaInternazionale FATTOREDIMOLTIPLICAZIONE PREFISSO SIMBOLO 1012 tera T 109 giga G mega M 106 103 chilo K 102 etto h 101 deca da 10-1 deci d 10-2 centi c 10-3 milli m 10-6 micro μ 10-9 nano n 10-12 pico p 10-15 femto f 10-18 atto a 1.3Errorinellemisure Errorisistematici Erroriaccidentali In fisica la misura rappresenta un’operazione fondamentale, e come tale deve essere il più precisa possibile. Quindi il metodo e gli strumenti di misura devono essere adeguati al tipo di misurazione da eseguire. Per misurare una grandezza fisica bisogna fare uso di strumenti, ma anche le operazioni di misurapiùaccurateeseguiteconletecnichepiùavanzateeconglistrumentipiùmoderninonpermettono di eliminare completamente gli errori, al massimo di limitarli. Gli errori che si possono commettere nell’eseguireunamisurasonodiduetipi,glierrorisistematicieglierroriaccidentali. Glierrorisistematicidipendonodallimitedellostrumentoodelmetodousatoesonosolitamenteipiù semplicidaeliminare,perchéhannoun’origineprecisache,unavoltaindividuata,permettedieliminare o ridurre gli errori stessi. Un errore sistematico avviene sempre nello stesso senso, cioè sempre per eccessooperdifetto:ilvaloretrovatosaràsempremaggioredelvaloreverooppuresempreminore.Se peresempiouncronometrovaavantiorimaneindietro,commetteremounerroresistematico,chepotrà essereeliminatoconoscendol’intervalloditempocheloproduce. Glierroriaccidentalidipendonoinvecedaunaseriedicausenonesattamenteindividuabilienonben definite,varianoinmodoimprevedibileepossonoagirepereccessooperdifettosullamisura.Alcune volteagirannoaumentandoilvaloredellamisura,altreriducendolo.Nellamisuradeltempoimpiegatoda un oggetto a percorrere una certa distanza, per esempio, è molto difficile far coincidere l’istante della partenza dell’oggetto con l’istante in cui parte il cronometro, e la stessa cosa accadrà al momento dell’arrivo. La ripetizione dell’esperimento darà quindi origine di volta in volta a valori leggermente diversi. •Lateoriadeglierrori Valorerealeevaloremedio Intervallodiincertezzaederroreassoluto Errorerelativo Misurareunagrandezzafisicaimplicadunquelapossibilitàdicommettereunerrore.Perquestomotivo, dovendoconoscereilvaloredellamisuradiunagrandezza,anzichéricercareilvaloreesattosiricorreal suovalorepiùattendibile,quellocioèchehalamaggioreprobabilitàdiverificarsi.Lateoriachestudia ilcomportamentodellemisureelariduzionedeglierrorisichiamateoriadeglierrori. Ognimisura,peresseresufficientementeaccurata,deveessereeseguitapiùvolte;nellaripetizionedella misurasiottengonosemprerisultatileggermentedifferenti:ilvaloredellamisurachepiùsiavvicinaal valorerealesaràdatodalsuovaloremedio,indicatoconxedatodallasommadeivaloriottenutiinn esperimentidivisoperilnumerodegliesperimenti: (x +x +...+xn) x= 1 2 n Il risultato della misura va poi dato facendolo seguire dall’errore che lo accompagna, in modo da determinarel’intervallodiincertezzadellamisurastessa.Nelcasodiunnumerolimitatodimisurazioni ilmodopiùsempliceperdeterminarel’erroreèdatodalcalcolodell’erroremassimooerroreassoluto, indicatoconεedatodalladifferenzatrailvaloremassimoottenutoeilvaloreminimo,divisaperdue: (valoremax-valoremin) ε= 2 Il risultato della misura in questo caso è dato dalla combinazione tra il valore medio e l’errore assoluto,ovvero: valorecercato=x±ε Sesivuoleconoscereilgradodiprecisioneconcuièstataeseguitaunamisurasifaricorsoall’errore relativo,cherappresental’incidenzadell’erroremassimoinrapportoalvaloredellamisura:sidefinisce pertantoerrorerelativoilrapportotral’erroremassimoelamediaaritmeticadeivalori,espressoin genere in termini percentuali. In questo modo si stabilisce l’ordine di grandezza dell’errore, pari alla percentualetrovatadelvaloredellamisura. Perconfrontareilgradodiprecisionedidueseriedimisureoccorreconfrontareilloroerrorerelativo. •Lecifresignificative Poichélemisuredellegrandezzefisichenonsonoesprimibiliconesattezza,occorreprestareattenzione almodoincuisiscrivonoirisultatidellemisure. I due risultati 4,2±0,1 m e 4,20±0,01 m non sono uguali, ma differiscono per il numero di cifre significative:ilprimohaunaprecisionediduecifresignificative,ilsecondoditrecifresignificative. L’ultimacifrasignificativa,quellapiùadestra,deveaverelostessoordinedigrandezzadell’erroredi misura. Quandosieseguonooperazionitragrandezzeoccorretenercontodellecifresignificative.Inparticolare, quando si sommano (o si sottraggono) due grandezze, il risultato deve essere scritto in modo tale che l’ultimacifrasignificativasiaottenutacomesomma(odifferenza)disolecifresignificative.Quandosi moltiplicano (o si dividono) due grandezze, il numero delle cifre significative del risultato è uguale al minimonumerodicifresignificativedeivaloriiniziali. GLOSSARIO Erroreaccidentale Errorenellemisurechedipendedacausenonidentificabili,enonbendefinite,epuòinfluenzarelemisureavolteperdifettoavolteper eccesso. Erroresistematico Errore nelle misure dovuto a difetti negli strumenti, che agisce sul risultato della misura sempre nello stesso verso, per difetto o per eccesso. Grandezzafisica Qualunqueaspettodiunfenomenonaturalechepossaveniremisurato. Metodosperimentale Metodo di ricerca applicato in fisica che, attraverso le tre fasi dell’osservazione, della formulazione della teoria e della verifica sperimentale,riproduceunfenomenofisico. Metro UnitàdimisurafondamentaledellalunghezzadelSI,definitacomeladistanzapercorsadallalucenelvuotoinuntempodi1/299.792.458 secondi. Modello Rappresentazionediunfenomenofisicochenesimulailcomportamento. Secondo Unità di misura dell’intervallo di tempo del SI, definita come la durata di 9.192.631.770 oscillazioni della radiazione corrispondente alla transizionetraduelivelliiperfinidell’atomodicesio-133nellostatofondamentale. SistemaInternazionale Sistemadiunitàdimisuraadottatonel1960eoggiuniversalmentericonosciuto,costituitodasetteunitàdimisurafondamentalidallequali tuttelealtrepossonovenirederivate. Unitàdimisura Grandezzadiriferimentochepermettedimisurareunagrandezzaomogenea,allaqualesiattribuiscevaloreunitario. TESTDIVERIFICA 1. Qualisonolefasiprincipalinelmetodosperimentale? 2. Cosasignificafareunamisura? 3. Cosasonoisistemidimisura? 4. Quandounamisurasidicediretta? 5. Checos’èunerroreaccidentale? LAMECCANICA 2IVETTORI Percomprendereilcomportamentodellediversegrandezzefisicheèdifondamentaleimportanzaconoscerelaloronaturaeidiversi modiusatiperrappresentarle.Duesonoletipologiedigrandezzeesistentiinfisica,quellescalari,definitedaunvalorenumerico,e quellevettoriali,definite,oltrechedaunnumero,chenerappresental’intensità,daunadirezioneedaunverso,echesonosoggette aparticolarileggidicalcolo. 2.1Grandezzescalariegrandezzevettoriali Grandezzescalari Grandezzevettoriali Vettoriugualievettoriopposti Notazionevettoriale Sono dette grandezze scalari, quelle che, come per esempio la temperatura o il tempo, risultano completamente descritte da un numero, che ne rappresenta il valore. Per definire univocamente una grandezzascalareèquindisufficienteindicareunvalorenumericoaccompagnatodallarelativaunitàdi misura(lalunghezzadiunintervalloditempoèparia5secondi,latemperaturadiunastanzaèdi20°C ecc.). Il numero che definisce la misura di uno scalare viene indicato con il termine di modulo, o più frequentementeintensità. Sonodettegrandezzevettorialiquelle che per essere definite necessitano, oltre che di un’intensità, anche di una direzione e di un verso. Le grandezze vettoriali sono rappresentate per mezzo di figure geometriche dette vettori, che sono segmenti orientati, simboleggiati tramite una freccia: il modulo (l’intensità) è identificato dalla lunghezza del segmento di freccia, la direzione dalla retta sulla quale essogiaceeilversodallapuntadellafreccia(v.fig.2.1).Ilpuntodacuioriginailsegmentoorientatoè detto origine. Sono esempi di grandezze vettoriali la velocità e la forza. Per avere un’informazione completasullavelocitàdiun’automobile,peresempio,sipotràdirecheviaggiaa120km/h,percorrendo l’autostradaA1(lasuadirezione),indirezionediFirenze(ilverso). Sonodefinitiugualiduevettorichehannolostessomodulo,lastessadirezioneelostessoverso;sono definitioppostiduevettorichehannolostessomoduloelastessadirezione,maversoopposto. Figura2.1Intensità,direzioneeversodiunvettore. Unvettorevieneindicato,secondolanotazionevettoriale,conunaletterasormontatadaunafreccia,per esempio ,oconunaletterainneretto,peresempioA(èquestalanotazionecheverràseguitainquesto volume). In seguito, quando si vorrà prendere in considerazione la sola intensità di un vettore, lo si indicheràcomeunoscalare,usandoilcorsivo,peresempioA. 2.2.Operazioniconivettori Ivettoripossonoesseresottopostialleoperazioniaritmetichefondamentali:lasomma,ladifferenzaeil prodotto. •Lasommadiduevettori Sommadivettoriconugualidirezioneeverso Sommadivettoriconugualedirezioneeversoopposto Sommadivettoriconugualeversoedirezioneopposta Scomposizionediunvettore Sommaditreopiùvettori L’operazione di somma è detta anche composizione di vettori: i vettori addendi sono detti vettori componenti,ilvettoresommaèdettorisultante. Nel caso della somma di due vettori A e B, possono presentarsitredistintepossibilità: 1.AeBhannougualidirezioneeverso:ilvettorerisultanteA+BèunvettoreRaventeperdirezionee versoquellideivettoriaddendiepermodulolasommadeimodulideivettoriaddendi. 2.AeBhannougualedirezionemaversoopposto:larisultanteRèunvettoreaventelastessadirezione dei vettori addendi, per modulo la differenza dei moduli dei vettori addendi e per verso quello del vettoreaddendodimodulomaggiore. 3.AeBhannougualeversomadirezionediversa:inquestocasoènecessariointrodurreunaleggenota come regola del parallelogramma e rappresentata graficamente nella figura 2.2. Per procedere con il calcolo, si devono innanzitutto trasportare i due vettori A e B parallelamente a se stessi, fino a far coincidere in un punto O le loro origini. A partire da ciascuna delle due estremità libere si deve ora tracciare una retta parallela all’altro vettore, in modo da incrociarle in un punto C, disegnando un parallelogramma;larisultanteRèinquestomodocompletamentedefinitaindirezioneeintensitàdalla diagonale del parallelogramma, mentre il verso è quello che muove dalla comune origine O verso il puntooppostoC. Partendo da un vettore R si possono definire i due vettori A e B che costituiscono i lati di un parallelogramma di cui R è la diagonale; ciò equivale a compiere un’operazione nota come scomposizionediunvettorenellesuecomponentilungoduedirezioniassegnate. Figura2.2RegoladelparallelogrammaperlasommadiduevettoriAeBdiversougualeedirezioneopposta. Lasommaditreopiùvettori,infine,puòessereeseguitaconlaregoladelparallelogrammacomponendo i vettori a due a due, e successivamente le loro risultanti, fino a ottenere un unico vettore finale, che costituiràappuntoilrisultatocercato. •Ladifferenzadivettori Il caso della differenza tra due vettori A e B viene facilmente riportato a quello della somma, componendoAconilvettoreoppostodiB:A–BèinfattiugualeadA+(–B). •Ilprodottofraunvettoreeunoscalare LarisultanteRdelprodottofraunvettoreA e uno scalare a è un vettore avente per direzione e verso quellidiAeperintensitàilprodottodelmodulodiAperilvaloredia.Esistono,inoltre,altredueforme diapplicazionedellamoltiplicazionealcalcolovettoriale,detteprodottoscalareeprodottovettoriale (descrittenelriquadro). PRODOTTOSCALAREEPRODOTTOVETTORIALE Lamoltiplicazioneapplicataalcalcolovettorialenonsiriduceunicamentealprodottofraunoscalareeunvettore.Essa,infatti,contempla anchealtredueformediprodotto,concettualmentepiùcomplicatedadefinire,mafacilmenterappresentabilidalpuntodivistagrafico,dette prodottoscalareeprodottovettoriale.Inentrambiicasi,iterminidell’operazionesonosemprevettori,manelprimoprodottolarisultanteha naturascalare,nelsecondovettoriale. IlprodottoscalarefraduevettoriAeB,indicatocomeA·B(silegge“AscalareB”),vienedefinitocomeunoscalaredatodalprodotto frailmodulodiAelaproiezionediBnelladirezionediA.Trigonometricamente,vienedefinitocomeloscalareRdatodalprodottofrail modulodeiduevettorieilcosenodell’angolocompresotraledirezionideiduevettori: R=A·B=ABcosδAB IlprodottovettorialetraduevettoriAeB,indicatocomeA∧B(silegge“AvettoreB”),vienedefinitocomeilvettoreRaventemodulo pariall’areadelparallelogrammadicuiAeBsonoilati,direzioneperpendicolarealpianodelparallelogrammaeversodallapartedella testadiunosservatoreche,postoinpiedisulpianochecontieneilparallelogramma,vedeAsovrapporsiaBruotandoinsensoantiorario. Trigonometricamente, il modulo R può anche essere definito come dato dal prodotto fra il modulo dei due vettori e il valore del seno dell’angolocompresofraledirezionideiduevettori: R=ABsenδAB GLOSSARIO Scalari Categoriadigrandezzefisichecompletamentedefinitedallorovalorenumerico;nesonoesempilatemperatura,iltempo,lamassadiun corpo. Scomposizione Operazioneconsistentenell’applicazioneinversadellaregoladelparallelogramma.Permettediricavare,daununicovettoreinizialeeda duedirezioniassegnate,iduevettoriche,sommati,porterebberocomerisultatofinalealvettoredato. Vettori Categoria in cui rientrano le grandezze fisiche dotate di un’intensità, una direzione e un verso. Esempi di grandezze vettoriali sono la velocitàel’accelerazionediuncorpo. TESTDIVERIFICA 1. Lasommadiduevettoriaventiugualedirezioneemodulomaversooppostoè: a.unvettoreaventedirezioneeversodeivettoriaddendiemodulopariallasommadeimoduli; b.zero; c.ilcalcolononèpossibileperchéivettorigiaccionosullastessarettadirezione. 2. Ladifferenzadiduevettoriaventiugualedirezioneemodulomaversooppostoè: a.unvettoreaventedirezioneeversodeivettoriaddendieintensitàpariallasommadeimoduli; b.zero; c.ladifferenzanonècalcolabilequandoivettorihannoversoopposto. 3. Conlaregoladelparallelogrammaèpossibilecalcolare: a.lasommadiduevettoriaventidiversadirezione; b.ilprodottofraunvettoreeunoscalare; c.ilrapportofrailvettoreaccelerazioneeilvettorevelocitànelmotouniformementeaccelerato. 4. Qual è il risultato del prodotto scalare fra due vettori aventi uguale intensità e direzioni reciprocamente perpendicolari? a.unoscalareugualealprodottodelleintensità; b.unvettoredefinibileapplicandolaleggedelparallelogramma; c.zero. 5. Considerandoancoraivettoridelprecedentequesito,qualèilrisultatodelloroprodottovettoriale? a.zero; b.unvettoreaventeintensitàparialprodottodelleintensità; c.ilvettoreopposto. 3IMOTIRETTILINEI Lostudiodellacinematica,cioèdiquellapartedellameccanicachesioccupadidescrivereilmotodiuncorpoindipendentemente dallecausechel’hannoprovocato,suddivideimovimentiinduegrandicategorie:quellilacuitraiettoriaèunaretta,echevengono detti moti rettilinei (trattati in questo capitolo), e quelli che si svolgono lungo traettorie curve, detti moti curvilinei (trattati nel capitolo successivo). Un corpo è in moto se, al variare del tempo, varia la sua posizione nello spazio rispetto a un sistema di riferimento; la grandezza che esprime la variazione della posizione nell’unità di tempo è detta velocità. La velocità è costante nel motorettilineouniforme,mentrevarianelmotorettilineononuniforme.Levariazionidellavelocitàsonoespressedaunagrandezza dettaaccelerazione; un moto rettilineo in cui l’accelerazione è costante è detto moto uniformemente accelerato. Le leggi del moto stabilite dalla meccanica valgono nell’ambito della fisica classica, cioè quando si considerano velocità molto minori di quella di propagazionedellaluce(pariacirca300.000.000m/s);inoltretalileggisiriferisconoalmovimentodicorpicosiddettipuntiformi(le cuidimensionigeometrichesonocioètrascurabili). 3.1Sistemadiriferimentoecoordinate Sistemadiriferimento,coordinate,assicartesiani Spaziocartesiano Coordinatatemporale Per studiare i movimenti di un punto nello spazio è necessario stabilire un sistema di riferimento univoco,relativamentealqualerapportarel’analisideidiversitipidimoto.Unavoltasceltoilsistemadi riferimento,laposizionediunpuntoalsuointernopuòesserematematicamentedefinitatramiteun appropriatoinsiemeordinatodinumeri,detticoordinate.Ilpiùcomunesistemadiriferimentoèquello costituito,rispettivamente,dadueotrerettemutuamenteperpendicolari,detteassicartesiani, aventi in comuneununicopuntochiamatoorigine(disolitoindicatoconlaletteraO). Vieneintalmodorappresentatounospaziocartesiano,adueotredimensioni.Laposizionediunpunto Pall’internodiunospaziocartesianovienedeterminatatracciandoilsegmentodiperpendicolaredaPa ognunodegliassi;lalunghezzadiciascunsegmentodiasse,contatadallacomuneoriginefinoalpiede della perpendicolare, rappresenta il valore della corrispondente coordinata cartesiana. Gli assi di un sistemabidimensionale(chedefiniscecioèunospaziopiano)vengononormalmenteindicaticonlelettere xeyeleduecoordinatecosìmisurate,detterispettivamenteascissaeordinatadiP,sonoindicateconi simboliPxePyoppurecomeP(x,y).Inunospazioatredimensioni,invece,allaternadiassix, y e z vengonofattecorrispondereletrecoordinatePx,PyePzo,inun’unicanotazione,laternaP(x,y,z). Figura3.1LaposizionedelpuntoPinunospaziopianocartesianopuòessererappresentatadalvettoredistanzad,congiungenteP conl’origineOeaventepercomponentilecoordinatediP(P xeP y). In un’interpretazione vettoriale, è possibile tracciare il vettore distanza d (v. fig. 3.1), diretto lungo la rettacongiungentel’origineconilpuntoPeconversochepuntaversoquest’ultimo(ilmodulodelvettore viene ottenuto componendo le coordinate di P secondo le opportune regole di calcolo esposte al par. Operazioniconivettori). Una volta definito l’appropriato sistema di riferimento, se il punto risulta variare con continuità la propriaposizione,lesuecoordinatesarannosoggetteaunaleggedivariazioneneltempo(t)everranno quindiespressecomex(t),y(t)ez(t),ovverocomedipendentidaunacoordinatatemporalet,tramite una relazione matematicamente indicata con il nome di funzione (v. riquadro alla pagina seguente). La leggechelegalavariazionedellaposizionedelpuntonellospazioaltrascorreredeltempovienedetta leggeoraria,mentrel’insiemedeipuntioccupatidalcorpoinmovimentovienechiamatatraiettoriadel moto. 3.2Ilmotorettilineouniforme Definizione Ilpiùsemplicetipodimovimentodiuncorpoècostituitodalmotorettilineo,dovelasuatraiettoriasi riduceaunarettaelaleggeorariapuòessereespressatramitelavariazioneneltempodiunasoladelle tre coordinate (solitamente la x). In ciascun istante, la posizione del punto P può così essere rappresentatadaunvettorespostamentoavente: •direzionecoincidenteconlarettatraiettoriadelmoto; •versonelsensodelmovimentodiP; •intensità,omodulo,parialladistanzadiPstessodall’originedelsistemadiriferimento. ILCONCETTODIFUNZIONE Il concetto di funzione viene utilizzato in analisi matematica per indicare la regola che associa tra loro due o più elementi secondo un precisocriteriodidipendenza.Nelcasopiùsemplicedifunzioniaunavariabile, gli elementi in questione sono due, solitamente indicati con le lettere x e y, che rappresentano rispettivamente la variabile indipendente e la variabile dipendente della funzione stessa. Assegnando a x una serie di valori arbitrari, è così possibile associarvi un corrispondente gruppo di valori y, definibili tramite la legge espressadallafunzione,chevengonoindicaticonl’equazione: y=f(x) chesilegge“yugualeeffedix”. L’insiemedeipossibilivaloriassumibilidaxprendeilnomedidominiodif(x),mentreilcorrispondenteinsiemedivaloriynerappresentail suocodominio. Considerandooraunpianocartesianoortogonaleeassegnandoilnomediascissaeordinatarispettivamenteallevariabilixey,èpossibile tracciareunasuccessionedipuntiP1,P2ecc.,lecuicoordinatesianodatedacoppiedivalori(x1,y1),(x2,y2)ecc.,tralorolegatidalla funzioneinoggettomedianterelazionideltipoy1=f(x1),y2=f(x2)ecc.L’unionedituttiquestipuntideterminaunalineacherappresenta ilgraficodellafunzioney=f(x). Dueesempidisemplicifunzioniaunavariabilesonodatinellafigura. Pery=x,ilgraficoconsisteinunarettanelpianocartesiano,passanteperl’origineeinclinatadi45°rispettoagliassi. Pery=x2,ilgraficoèdatodaunalineacurva,dettaparabola,anch’essapassanteperl’origineeconassecoincidenteconl’assey. Graficidellefunzioniy=xey=x2 . •Lavelocità Definizione Rapportoincrementale Definizionedimotorettilineouniforme Leggeorariadelmotorettilineouniforme Unitàdimisuradellavelocità Consideriamoledueposizionix1ex2diunmedesimopuntoPinduesuccessiviistantiditempot1et2; ciòsignificache,nell’intervalloditempot2–t1,sidefiniscevelocitàmedia(vm) di P una grandezza cheesprimeilrapportotralospaziopercorsox2–x1eiltempoimpiegatoperpercorrerlot2–t1: (x –x ) vm= 1 2 (t1–t2) Infisica,lavariazionediunagrandezza(comelospaziox o il tempo t) viene preferibilmente indicata tramitelaletteragrecamaiuscolaΔ(delta),cherappresentaunincremento;ledifferenzex2–x1ot2–t1 possonovenirequindiespressedallenotazioniΔxeΔt;ladefinizionedivelocitàmediaassumeallorala forma: Δx vm= Δt doveilrapportoΔx/Δtèdettorapportoincrementale. Seconsideriamovariistantisuccessivit1,t2,t3,t4ecc.perogniintervalloditempoconsiderato,questo rapporto risulta essere costante: si dice che il punto P si muove di moto rettilineo uniforme, cioè percorre spazi uguali in intervalli di tempo uguali, con velocità data dal vettore v, avente direzione lungolatraiettoria,versonelsensodelmotoeintensità: v=vm Piùingenerale,nelcasodiunmotorettilineouniformeèpossibileesprimerelavelocitàcomerapporto costantetraspaziopercorsosetempoimpiegatottramitelasemplicerelazione: s v= t dacuisiricavalaleggeorariadelmotorettilineouniforme: s=vt Nel caso in cui, all’istante iniziale t = 0, il corpo in movimento si trovi in una posizione iniziale s0 diversadall’origine(O)delsistemadiriferimento,laleggeorariadelmotorettilineouniformeassumela formapiùgenerale: s=s(t)=vt+s0 Questaleggeoraria,rappresentatagraficamenteinunpianocartesianoaventeinascissailtempot e in ordinatalospazios,corrispondeaunaretta(v.fig.3.2),cheintersecal’asse(s)delleordinatenelpunto dicoordinate(O,s0). Figura3.2Rappresentazionegrafica,inunpianocartesiano,dellaleggeorarias=s(t)=vt+s0delmotorettilineouniforme. Lavelocitàhaledimensionidiunospaziodivisountempo.NelSistemaInternazionale,l’unitàdimisura dellavelocitàèquelladiuncorpochepercorre1metro(m)dispazioin1secondo(s)ditempo;tale unitàvieneindicataconilsimbolom/s,chesilegge“metroalsecondo”.Unasecondaunitàdimisuraper lavelocità,diusocomune,èilchilometroall’ora(km/h),dove1km/h=0,278m/s.Diconseguenza1m/s =3,6km/h. 3.3Ilmotorettilineononuniforme Definizione Quando, considerando istanti successivi, il rapporto Δx/Δt non risulta più essere costante, e quindi il punto P percorre spazi diversi in tempi uguali, il moto viene definito rettilineo non uniforme e la velocitàsaràconseguentementedipendentedagliistantitemporaliprescelti;siricorreinquestocasoalla velocitàistantanea. •Lavelocitàistantanea Ilcalcolodellavelocitàistantanea È detta velocità istantanea del punto P quella posseduta dal corpo in movimento all’istante in cui essooccupaesattamentelaposizionedefinitadallacoordinatax1.Perdefinirelavelocitàistantanea, sidevecompiereun’operazionematematica,indicatacomelimitedelrapportoincrementale,consistente nelconsiderareintervalliditempoΔtsemprepiùpiccoli,facendoavvicinarelacoordinatax2ax1 fino ad annullare lo spazio percorso dal punto lungo la retta. La velocità istantanea di P nel punto x1 sarà quindiquellarisultantedalrapportoΔx/Δt,quandoΔttendeadassumerevalorisemprepiùprossimia zero.Poiché,secondoquantoriportatodall’analisimatematica,questaoperazionedefinisceladerivata (v. Appendice) della legge oraria s = s (t), che fornisce lo spazio percorso s in funzione del tempo t impiegato, è dunque possibile ricorrere anche al calcolo differenziale per la definizione delle diverse grandezzecinematiche. •L’accelerazione L’accelerazioneèlavariazionedellavelocitàneltempo Motouniformementeaccelerato Unitàdimisuradell’accelerazione Nel caso di un moto a velocità non costante, può essere introdotta anche una seconda grandezza vettoriale detta accelerazione, a, avente sempre direzione lungo la retta traiettoria e verso nel sensodelmoto,ilcuimodulopermettedidescriverelavariazionedellavelocitàneltempo.Comenel casodeimotiuniformi,èpossibiledefinireinizialmenteun’accelerazionemedia,am: (v -v ) Δv am= 2 1 = (t2-t1) Δt cherappresentailrapportotralavariazionedellavelocitàdiuncorpoel’intervalloditempoincuitale variazioneèavvenuta.Nelcasoincuiquestorapportosimantengacostanteneltempo,sipotràparlaredi un moto rettilineo uniformemente accelerato; in caso contrario potrà essere parimenti introdotto il concettodiaccelerazioneistantanea,comelimitedelrapportoincrementaleΔv/Δt. L’accelerazionehaladimensionediunospaziodivisountempoalquadrato.NelSistemaInternazionale, l’unità di misura dell’accelerazione è quella di un corpo che varia di 1 m/s la propria velocità nell’intervallodi1s,espressadalsimbolom/s2,chesilegge“metroalsecondoquadrato”. •Laleggeorariadelmotorettilineouniformementeaccelerato Formadefinitiva La legge oraria per il più semplice tipo di moto rettilineo non uniforme, cioè quello uniformemente accelerato(adaccelerazionecostante),siricavaconsiderandounpuntoPche,inunintervalloditempo ditsecondi,simuovelungounaretta,variandolapropriavelocitàdaunvalorev0=0all’istanteiniziale t=0finoaunvalorevtall’istantefinalet. Nelcasoincuilavelocitàèfunzionelinearedeltempo,lavelocitàmediacoincideconlamediadelle velocitàinizialeefinale. Pertanto,ilpuntoPavràvelocitàmedia: (v +v ) 1 vm= 0 t = vt 2 2 Il caso in esame può quindi essere ricondotto a quello di un punto che si muove di moto rettilineo uniforme,conunavelocitàcostantepariallametàdellavelocitàfinalevt.Applicandolarelativalegge delmoto,siottienelarelazione: 1 s=( vt)t 2 che,combinatacon: vt=at permettediottenerelaleggeorariadelmotorettilineouniformementeaccelerato: 1 s= at2 2 NelcasodiunpuntoPche,all’istanteinizialet=0,abbiaunavelocitàv0nonnulla,lerelazionifinqui visteassumerannolaforma: (v +v ) vm= 0 t 2 1 1 1 s= (v0+vt)t= v0t+ vtt 2 2 2 Ma,essendo: (v -v ) a= t 0 t siricavache: vt=v0+at dacui: 1 1 s= v0t+ (v0+at)t 2 2 1 1 1 s= v0t+ v0t+ at2 2 2 2 ecioè: 1 s= at2+v0t 2 ConsiderandoinfineunpuntoPcheoccupaunaposizioneiniziales0diversadall’origine,lapiùgenerale leggeorariadelmotorettilineouniformementeacceleratoassumelaformadefinitiva: 1 s=s(t)= at2+v0t+s0 2 Inunpianocartesiano,laleggeorariadelmotorettilineouniformementeacceleratovienerappresentata daunacurvadisecondogrado,dettaparabola. GLOSSARIO Accelerazione Grandezza vettoriale che, in un dato sistema di riferimento, esprime la variazione nel tempo della velocità di un punto P; nel Sistema Internazionalevienemisuratainmetrialsecondoquadrato(m/s2). Coordinate Insieme ordinato di numeri che individuano la posizione di un punto P nello spazio, una volta scelto un opportuno sistema di riferimento rispettoalqualemisurareledistanze.Vengonodettecartesianequando,inunpianobidimensionaleonellospaziotridimensionale,dannola distanzalinearediunpuntoPrispettivamentedadueotreretteparticolari,alorovoltadetteassicartesiani. Leggeoraria ÈlarelazionecheesprimelavariazioneneltempodellecoordinatediunpuntoP,inmovimentoall’internodiundatosistemadiriferimento. LasuccessionedelleposizionioccupatedaPnecostituiscelatraiettoria. Velocità Grandezzavettorialecherappresentailrapportotralavariazionedellaposizionediunpunto,all’internodiunprecisosistemadiriferimento, e l’intervallo di tempo in cui tale variazione è avvenuta. Nel Sistema Internazionale, la sua intensità viene misurata in metri al secondo (m/s). TESTDIVERIFICA 1. Qualèillimitedivaliditàdelleleggidellameccanica? 2. Un’auto percorre la distanza di 150 km nel tempo di 2,5 ore; supponendo che si muova di moto rettilineo uniforme, qualèlasuavelocitàinkm/h?Einm/s? 3. Un’autoaccelerauniformementeinlinearetta,raggiungendo,neltempodi10secondi,unavelocitàfinaledi80km/h. Qualesaràilvaloredellasuaaccelerazione?Qualelospaziopercorsodall’auto,supponendolasuavelocitàinizialev 0 =20km/h? 4. Ricavareleleggiorariedeimotirettilineouniformeeuniformementeaccelerato. 4IMOTICURVILINEI Lostudiodeimoticurvilinei,cioèdiqueimotichehannotraiettorielungolineecurve,permettediestendereiconcettidivelocitàe accelerazioneapplicandoliadistanzenonsololinearimaancheangolari.Latrattazionedelpiùsemplicetraimoticurvilinei,ilmoto circolare uniforme, porta alla definizione di nuove entità, quali il periodo e la frequenza della rotazione, nonché di un tipo di movimentodaessoderivabile,dettomotoarmonico. 4.1Lavelocitàel’accelerazioneneimoticurvilinei Vettorevelocità Vettoreaccelerazione Legrandezzevelocitàeaccelerazionehannounanaturavettorialeleggermentepiùcomplessaquandosiè inpresenzadimoticurvilinei,cioèditraiettorielungolineecurve. Quandounpuntosimuovesuunacurva,ladirezionedelsuomotovariaistanteperistanteelavelocità istantaneadelcorpoètangenteallatraiettorianell’istanteconsideratoedirettanelversodelmovimento. Più complesso il caso dell’accelerazione, che, nel moto curvilineo, può essere scomposta in due componenti: una tangenziale (accelerazione tangenziale), dovuta alla variazione della velocità in modulo e rappresentata tramite un vettore di modulo Δv/Δt, direzione sulla tangente alla traiettoria e direttanelsensodelmoto;l’altra,direttaperpendicolarmenteallatraiettoria(accelerazionenormale,o centripeta)conversodirettoallaconcavitàdellalineacurva,cherappresentalavariazionedidirezione delvettorevelocitàneltempo. 4.2Ilmotocircolareuniforme Definizione Periodo Frequenza Hertz,unitàdimisuradellafrequenza Ilcasopiùsemplicedimovimentocurvilineoèilmotocircolareuniforme,incuiunpuntoPsimuove convelocitàcostantesuunatraiettoriadatadaunacirconferenzadiraggioRecentroO.Inquesto caso,l’intervalloditempoT,impiegatodalpuntoPpercompiereungirocompletosullacirconferenza, viene chiamato periodo del moto. Se nell’unità di tempo (1 secondo), il punto P compie f giri di circonferenza, il periodo impiegato per ogni singolo giro sarà pari a 1/f secondi; il numero f è detto frequenzadelmotoesimisuraingirialsecondo(giri/s)(l’unitàdimisuradellafrequenzanelSistema Internazionaleèl’hertz,simboloHz,dove1Hz=1s–1).Ilperiodoelafrequenzainunmotocircolare uniformesonolegatidallarelazione: 1 1 f= oT= T f Figura4.1 Il vettore velocità nel moto circolare uniforme. Il punto P si muove sulla circonferenza con velocità costante, nel senso dellelancettedell’orologio. •Lavelocitànelmotocircolareuniforme Velocitàevelocitàangolare NotoilperiodoTdiunmotocircolareuniforme,lasuavelocitàèfacilmentededucibilericordandoche, per definizione, il punto P compie, in un intervallo di tempo pari a un periodo, esattamente un giro di circonferenza,coprendocioèunospazioparia2πR.Larelazionetraspaziopercorsoetempoimpiegato portaquindiaunvalorecostantedatoda: R v=2π T Oppure,sostituendoalperiodoTlafrequenzaf: v=2πRf Stabilito il valore dell’intensità, la velocità come grandezza vettoriale risulta pienamente definita assegnandolecomedirezionequelladellatangenteallacirconferenzanelpuntoPecomeversoquellodel sensodelmoto(v.fig.4.1).Lavelocitànelmotocircolareuniformepuòancheessereespressaintermini divelocitàangolareω(v.riquadrosuccessivo),cherappresentalospostamentodell’angoloαaseguito delmotodelpuntoPsullacirconferenza.LarelazionetralavelocitàangolareωelavelocitàdelpuntoP èdatada: v=ωR LAVELOCITÀANGOLARE Quando un punto P si muove di moto circolare uniforme con velocità v, ciò significa che esso percorre archi uguali di circonferenza in tempi uguali; in altre parole, si mantiene costantementemente uguale a v il rapporto tra la lunghezza l dell’arco e il tempo t impiegato a percorrerlo: v= l t (1) Introducendoalpostodell’arcollamisurainradianti(v.Glossario)delcorrispondenteangoloαsottesoalcentrodellacirconferenza,siha: α= l Ol=α·R R Sostituendol=α·Rnella(1),l’espressionedellavelocitàassumelaforma: v=α R t Ponendougualeaωilrapportoα/tavremo: v=ωR dove: ω= α t vienedettavelocitàangolareerappresentailrapportotral’angolopercorso(misuratoinradianti)eiltempoimpiegatoapercorrerlo.Per definirel’esattovalorediωsideveconsiderareilcasoparticolareincuil’arcocoincidaconl’interacirconferenza;α,allora,rappresenta l’angologiro2πradiantietilperiododelmotoT: ω= 2π T La velocità angolare viene espressa in radianti al secondo (rad/s) e ha la dimensione dell’inverso di un tempo [T]–1, essendo il radiante un’unitàadimensionata(inpratica,unnumeropuro). La velocità angolare ω ha natura vettoriale; il vettore ω ha intensità 2π/T, direzione uguale a quella dell’asse di rotazione (la retta perpendicolarealpianodellacirconferenzatraiettoria,passanteperilcentro)eversorivoltoinaltorispettoalpianodellacirconferenzaseil puntoPruotainsensoantiorario(v.fig). Ilvettorevelocitàangolareω •L’accelerazionenelmotocircolareuniforme Accelerazionetangenzialeecentripeta Nel moto circolare uniforme, mentre il modulo del vettore velocità rimane costante, la sua direzione varia continuamente, poiché, al muoversi del punto lungo la circonferenza, cambia continuamente la posizione della tangente alla curva stessa. È quindi possibile esprimere questa variazione introducendo un vettore accelerazione. In questo caso la componente tangenziale dell’accelerazioneènulla,mentresipuòdeterminarelacomponentecentripeta. Perilcalcolodell’accelerazione,puòessereutilericorrereaunmetodografico,illustratoapartiredalla figura4.2;suunacirconferenzadiraggioR,sonovisualizzatiivettorivelocitàv1, v2, v3 e v4, relativi allediverseposizioniP1,P2,P3eP4delpuntoPinquattroistantiditempot1,t2,t3et4. Siimmaginioraditrasportaretuttiivettorivelocitàparallelamenteasestessifinoafarcoinciderele loro origini in un unico punto (v. fig. 4.2 B); le loro opposte estremità disegneranno quindi una circonferenza di raggio pari al modulo v della velocità (questa circonferenza non coincide con l’originariatraiettoriadelmoto).Lafrecciadelvettorevelocitàsimuovesuquestanuovacirconferenza inmodotaledacompiereuninterogiroinunperiodoTpariaquellodelmotodiP. Sfruttandol’analogiatrailvettorevelocitàedilvettoreposizione,nellaformula 2π v= R T si sostituisca a v il modulo dell’accelerazione e a R il modulo della velocità; in tal modo si ottiene il valoredellaaccelerazione: 2π a= v T SostituendoaltempoilsuovaloreT=(2πR)/v,siottiene: 2π 2 a=2πRv=v R v Sostituendoallavelocitàilsuovalorev=(2πR)/T,siottiene: 4π2R 2π a= 2 =( )2R=ω2R T T Il vettore accelerazione (o velocità della velocità) avrà poi, sempre in base a quanto detto per i moti circolariuniformi,direzionetangenteallacurvatraiettoriadellevelocità,cioèdirezioneperpendicolare alraggiodellacirconferenzacostruitaconivettorivelocitàe,quindi,alvettorevelocitàv.Ma,tornando allacirconferenzaoriginaria(v.fig.4.2A),vhadirezioneperpendicolarealraggioR,equindiilvettore dimoduloaavràladirezionedellaperpendicolareallaperpendicolarealraggio,cioèladirezionedel raggiostesso. Ilversodia,comevisualizzatonellafigura4.3,punteràalcentrodellacirconferenza;perquestomotivo, l’accelerazionecosìcostruitavienechiamatacentripeta. A B Figura4.2 Il moto circolare uniforme di un punto in quattro differenti istanti, e i rispettivi vettori velocità (A); in B la costruzione graficaperdeterminareilvettoreaccelerazionecome“velocitàdellavelocità”delpunto. Figura4.3Ilvettoreaccelerazionecentripetaa(èdiusocomunedisegnareilvettoreaccelerazionecentripetaapplicatoalpuntoP, piuttostochealvettorevelocità). Figura4.4CostruzionedellaproiezioneQdelpuntoPsuldiametroABdellacirconferenzadelmoto.(Qcoincideconl’intersezione traABelaperpendicolareadABpassanteperP.) 4.3Ilmotoarmonico A partire dal moto circolare uniforme, è infine possibile definire un altro tipo di movimento, che si ottieneconsiderando,inogniistante,laproiezionedelpuntoPsuldiametroABdellacirconferenzadel moto,cioèilpuntoQdelmoto(v.fig.4.4). MentrePsimuovelungolacirconferenza,ilpuntoQpercorrel’interodiametroAB,muovendosiavantie indietro,conunparticolaretipodimotodettomotoarmonico.Siconsiderinooraunaseriediarchidi circonferenzaAP1,P1P2,P2P3,P3P4,P4P5,P5B,cherappresentanolospaziopercorsoinsensoorarioda PsullacirconferenzadaAversoB,insuccessiviistantiditempotdiugualelunghezza(peresempio,ogni secondo). Poichéilmotocircolareèuniforme,tuttigliarchiconsideratidevonoavereugualelunghezza,cosache invece non accadrà considerando le loro proiezioni sul diametro (v. fig. 4.5) (ciò denota che, diversamentedaP,Qnonsimuovedimotouniforme).Comesipuòvederedallafigura4.5,mentrePsi muovedaA(dovecoincideconlapropriaproiezione)versoP3,ilpuntoQpercorresegmentididiametro semprepiùgrandifinoaraggiungereilcentroOdellacirconferenza,coincidenteconlaproiezionediP3; dopodichéisegmentisiaccorcianosemprepiù,finchéPraggiungel’oppostaestremitàdeldiametroB, tornandoarisultarecoincidenteconlapropriaproiezione.Indefinitiva,ilmotodiQ risulta accelerato dagliestremiversoilcentro,deceleratodalcentroversogliestremi. Il grafico orario del moto armonico è rappresentato attraverso una sinusoide (v. Appendice), caratterizzata da un’ampiezza dell’oscillazione, coincidente con il raggio della circonferenza, che rappresentailvaloremassimodell’elongazionelungoilsegmentoAB,edaunperiodocherappresentala distanzatraduecresteconsecutivedellacurva.Esempidimotoarmonicosonoilmotodiunpendoloedi unamolla(v.par.Forzeelasticheemotoarmonico). Figura4.5IlpuntoPpercorrearchidicirconferenzaugualiintempituguali;neimedesimiistantit,Qpercorresegmentididiametro semprediversi. GLOSSARIO Accelerazionenormale Èilvettoreche,inunmotocurvilineo,quantificalavariazioneneltempodelladirezionedelvettorevelocità,mantenendodirezionesempre perpendicolareallatraiettoriadelmoto.Nelmotocircolaretaleaccelerazionevienedettacentripeta,poichélasuadirezionepuntasempre versoilcentrodellatraiettoria,cheèunacirconferenza. Accelerazionetangenziale Rappresenta la variazione nel tempo del modulo della velocità per un punto che si muove di moto curvilineo non uniforme; ha direzione semprelungolarettatangenteallatraiettoria,nelpuntoincuivienemisuratalavelocitàstessa. Frequenza Grandezzascalareutilizzatainfisicaperrappresentarequantevoltenell’unitàditempounfenomenosiripeteinmodocostante,assumendo ognivoltalamedesimaconfigurazioneiniziale. Periodo Nelmotocircolareuniforme,iltempoimpiegatodalpuntopercoprireesattamenteungirodicirconferenza. TESTDIVERIFICA 1. Costruiteilvettoreaccelerazionecentripetanelmotocircolareuniforme. 2. Checos’èl’hertz? 3. SupponendochelaTerrasimuovadimotocircolareuniformeintornoalSole,qualèilvaloredellasuaaccelerazione centripeta (si consideri come raggio dell’orbita il valore medio reale R = 150.000.000 km e come periodo T = 365 giorni)? 4. Definitebrevementeilcollegamentotramotocircolareuniformeemotoarmonico. 5LEFORZEEIPRINCIPIDELLADINAMICA Èunfattointuitivoche,permodificarelostatodiquieteodimotodiuncorpo,occorreesercitaresudiessounacertaazione.Così una sfera ferma inizia a rotolare su un piano orizzontale se viene spinta, per esempio con una mano, acquistando una certa accelerazione; la sua accelerazione sarà maggiore se l’azione di spinta è più “energica”. È altrettanto intuitivo che, se si esercita unastessaspintasuduecorpidifferenti,peresempiounasferadigommaounasferadiacciaiodiugualevolume,essisubiranno un’accelerazione differente, in quanto opporranno una differente resistenza al moto, o inerzia. La dinamica è la parte della meccanica che studia il moto dei corpiin relazione alle azioni che lo determinano. Rispetto alla cinematica la dinamica introduce nuovegrandezze,tracuilaforza (che esprime l’azione) e la massa (che esprime l’inerzia dei corpi). La descrizione dinamica del motosibasasutreleggifondamentali,formulatedaNewton. 5.1Leforze Laforzaèlacausachefavariarelostatodiquieteodimotodiuncorpo Ladinamicastudialeforze,causadelmoto Larisultantedelleforze Nellatrattazionecinematicadelmotononsiponeilproblemadistabilireperchéicorpisimuovanoeche cosamantengaillorostatodimoto,unavoltaattuato,osiaingradodiarrestarli.Intuitivamentesisache permuovereunabiciclettaoccorreesercitareunosforzosuipedali,perfarrotolareunasferasuunpiano orizzontalebisognaimprimerleunaspintaecc.Intuttiicasi,pervariarelostatodimotoodiquietedi uncorpooccorreesercitareun’azione.Tuttiicorpisonosottopostiadazionidivariogenere,chefanno sì,peresempio,cheunabarcagalleggisull’acqua,chelacorrentescorralungounfiloelettrico,chela Luna ruoti attorno alla Terra ecc. In fisica questo concetto è espresso attraverso una grandezza vettoriale,laforza,cherappresentalacausachefavariarelostatodiquieteodimotodiuncorpo. Che la forza sia la causa esterna del moto dei corpi è un dato fondamentale della fisica, ma questo concetto è una conquista del pensiero scientifico moderno; infatti, prima di Galileo, la concezione aristotelicadelmondofisicoprevedevacheilmotodeicorpifosseunalorocaratteristicaintrinseca.Con losviluppodellafisicapostgalileianalostudiodelleforzecomecausadelmotodivennelabasedella dinamica. Tuttelevoltecheuncorpoèsottopostoaun’azione,varialasuavelocità,maquestononsignificache,se uncorpoèfermo,nonsiasoggettoadalcunaforza:infattipuòancheesseresoggettoadueopiùforzeche annullanoavicendalapropriaazione.Leforzeacuièsottopostouncorpopossonodunqueesserepiù diuna,eiloroeffettisisommano.Poichélaforzaèunagrandezzavettoriale(caratterizzatadaunverso, unadirezioneeun’intensità),lasommadipiùforze,dettarisultante,saràdatadalleregoledellasomma travettori. 5.2Laprimaleggedelladinamica Laprimaleggedelladinamica(oprincipiod’inerzia) Uncorpoinmotosiarrestaacausadell’attrito Anche se a Galileo spetta il riconoscimento di aver intrapreso per primo l’analisi rigorosa del movimento e delle cause che lo determinano, va attribuito al fisico inglese I. Newton (1642-1727) il meritodiavercompletatoesistematizzatoquestistudi,giungendoallaformulazionematematicadelletre leggi fondamentali della dinamica o leggi di Newton, che rappresentano i principi generali su cui si basalascienzadelmotodalpuntodivistadinamico. La prima legge della dinamica (o principio d’inerzia) afferma che un corpo tende a mantenere il propriostatodiquieteodimotorettilineouniformefinoaquandononintervengonocauseesternea sollecitarlo. Questosignificache,seuncorpoèinquiete,resteràintalestatofinoaquandonongliverràapplicatauna forza,mentresesimuovedimotorettilineouniformecontinueràafarlofinoacheunaforzaesternanon interverrà a modificare la sua velocità. Nell’esperienza quotidiana il principio di inerzia è facilmente verificabilenelcasodeicorpiinquieteappoggiatisuunpiano:unasferarestafermafinoaquandononle siimprimeunaspinta;unavaligiapesantecontinuaarimanerefissaalsuolonellostessopuntoincuiè stataappoggiatasenonintervienequalcunocheriescaasollevarla.Èmenointuitivoilcasodeicorpiin moto rettilineo uniforme: l’esperienza ci mostra, per esempio, che un carrello si muove finché persiste un’azionedispintaeche,inoltre,questaforzadispintadeveesserecontinuamenteapplicatasesivuole mantenerecostantelavelocitàdelmovimento;quandoilcarrellovieneabbandonato,inesorabilmentesi ferma. L’interruzione nel movimento non è, però, dovuta alla mancanza di un’azione di spinta, quanto piuttosto alla presenza di forze che agiscono in senso contrario al moto, ostacolandolo fino al suo completo annullamento: le forze di attrito (v. par. Le forze di attrito). Se il carrello si muovesse nel vuotoenellatotaleassenzadiattriti,nonfermerebbemailasuacorsa,proseguendoall’infinitoilproprio moto,convelocitàcostanteesuunatraiettoriarettilinea.Contrariamentealleapparenze,nonèquindila presenzadiunaopiùforzeapplicateamantenerecostantelavelocitàdiuncorpoinmovimento,quanto piuttostolaloroassenzao,meglio,illororeciprocoannullarsi. Il principio d’inerzia si può quindi riformulare dicendo che un corpo tende a mantenere il proprio statodiquieteodimotorettilineouniformefinoaquandononintervieneunaforzaesterna,ouna sommadiforzeesternelacuirisultantesiadiversadazero. 5.3Lasecondaleggedelladinamica Forzaeaccelerazionesonodirettamenteproporzionali Lamassaèunamisuradell’inerzia(edellaquantitàdimateria)diuncorpo Lasecondaleggedelladinamica(oprincipiofondamentaledelladinamica) Conformementealprincipiod’inerzia,seaunqualsiasicorpo,fermo(oinmotoavelocitàcostante)su una superficie perfettamente liscia e completamente libero di muoversi in tutte le direzioni orizzontali, vieneapplicataunaforza(persemplicitàsuppostaparallelaalpianod’appoggio),lasuavelocitàvaria. Èpossibilecostruireinlaboratorioconsufficienteapprossimazioneunambiente“ideale”doverisultino minimizzatetuttelepossibiliinterferenzesulmovimentodiuncorpo(gliattriti). Siconsideri,peresempio,undiscolisciochescorresuunalastradighiaccio,tiratoconunacordaalcui capooppostovieneapplicataunaforzacostante,esisuppongadifotografarelascenainsequenza,per mezzo di scatti a intervalli di tempo regolari ed esponendo sempre il medesimo tratto di pellicola: si otterràunasuccessionediimmaginideldisco,separatedadistanzecrescenti,talidasoddisfarelalegge delmotorettilineouniformementeaccelerato.Ildiscosimuoveaccelerandocostantemente,nelmedesimo verso di applicazione della forza. Tutte le volte che si ripeterà l’esperienza, a partire dalle medesime condizioniiniziali,siotterràlostessorisultatofinale,conunidenticovalorecostantediaccelerazione. Inoltre, raddoppiando, triplicando ecc. la forza impressa, anche il valore dell’accelerazione risulterà doppio,triploecc. Ripetiamo ora l’esperimento con corpi fatti dello stesso materiale, ma di dimensioni crescenti, per esempioconpallediferrodigrandezzadiversa.Sinoteràchepiùaumentala“quantitàdimateria”dei corpi(nelnostrocasolaquantitàdiferro)maggioreèlaresistenza,oinerzia,cheessioppongonoalla forza: come conseguenza, minori saranno, a parità di forza applicata, le accelerazioni che subiscono. Possiamo allora introdurre una nuova grandezza, la massa (simbolo m) che rappresenta la misura dell’inerzia–equindiunindicatoredellaquantitàdimateria–diuncorpo(perquestomotivovienedetta anchemassainerziale).Diremoalloracheduecorpi,sottopostiallamedesimaforzaF,assumonouguale accelerazione,a,seleloromassem1em2sonouguali,mentreleaccelerazionirisultano,peresempio, l’unaildoppio,iltriploecc.dell’altraquandoilcorpoconaccelerazionemaggiorehamassaesattamente pariallametà,aunterzoecc.dell’altro. Risulta, in altre parole, che l’accelerazione impressa a un corpo di massa nota m è inversamente proporzionale alla sua massa e direttamente proporzionale all’intensità dell’azione a cui viene sottoposto,ovveroche: F a= m Passando alla notazione vettoriale, si può enunciare la seconda legge della dinamica (o principio fondamentaledelladinamica)chestabilisceche,quandoauncorpodimassamvieneapplicatauna forzaF,essoacquistaun’accelerazionea,conversoedirezionicoincidentiallaforza,talepercui: F=ma •Unitàdimisuradellamassaedellaforza Ilchilogrammo(kg)èl’unitàdimisuracampionedellamassa Ilnewton(N)èl’unitàdimisuradellaforza NelSistemaInternazionale,l’unitàdimisuradellamassacostituisceunadellesetteunitàfondamentalida cuivengonofatteinseguitoderivaretuttelealtre.Ciòsignificacheperdefinirel’unitàdimassasideve scegliere un oggetto campione a cui attribuire arbitrariamente un valore unitario. Presso l’Ufficio InternazionaledeiPesiedelleMisureaSèvres,inFrancia,siconservauncilindrodiplatino-iridio(una lega che assicura una certa immutabilità nel tempo), che rappresenta l’unità di misura campione della massa nel Sistema Internazionale; essa viene detta chilogrammo (anche chilogrammo-massa) e indicataconilsimbolokg(okgm). Per la seconda legge della dinamica, il modulo della forza ha le dimensioni di una massa per un’accelerazione.Misurandolamassainchilogrammi(kg)el’accelerazioneinmetrialsecondoquadrato (m/s2),l’unitàdimisuradellaforzasaràespressainkg•m/s2.Taleunitàèdettanewton(simboloN): avràintensitàdi1Nquellaforzache,applicataauncorpodimassa1kg,provocaun’accelerazione di1m/s2.Lostrumentoperlamisuradellaforzaèildinamometro(v.riquadrosuccessivo). LAMISURADELLAFORZA:ILDINAMOMETRO La misura dell’intensità di una forza viene eseguita utilizzando uno strumento, detto dinamometro, in grado di paragonare la forza incognitaadaltrediintensitànota,siaperconfrontodiretto(peresempio,inunabilanciaapiattilaforzapesosconosciutavieneconfrontata con quella di masse campione), sia indirettamente. Un esempio di dinamometro a misura indiretta è costituito da un cilindro graduato, contenenteunamollaconun’estremitàlibera;unganciopermettedivincolareilsistemainmodorigido(peresempio,aunsoffitto),mentre all’estremità libera vengono applicate le forze da misurare. Allo strumento deve poi essere associata una scala graduata tramite un’operazioneditaratura,chepuòessereeseguitaapplicandoviforzepesonote(inpratica,appendendoviunaseriedimassecampione)e riportandone il corrispondente allungamento. Questo tipo di strumenti a misura indiretta presenta, però, il difetto intrinseco di non poter immediatamente fornire misure assolute, a meno che queste non vengano condotte nella medesima località in cui lo strumento è stato tarato. Infatti, per il variare dell’accelerazione di gravità g con la posizione geografica, varieranno anche gli allungamenti prodotti dalle masse campione sulla molla del dinamometro. Di ciò si deve tener conto, applicando alla scala graduata un fattore di correzione che rappresentidiquantosonovariatelatitudineealtezzasullivellodelmarerispettoalleoriginalicondizioniditaratura. •Ilpeso Laforzadigravità L’accelerazionedigravità Forzapeso L’applicazionedellasecondaleggedelladinamicapermetteladefinizionediunaforzaparticolare,acui tutti i corpi sono soggetti, almeno finché rimangono sulla superficie terrestre o nelle sue immediate vicinanze:laforzadigravità.Questaforza(cheèsoloattrattiva)èesercitatamutuamentedatuttiicorpi dell’Universodotatidiunamassa(v.anchecap.6).Sesiconsiderauncorpodimassam, tenuto prima sospesoaunadeterminataaltezzaequindilasciatocaderealsuolo,questosimuovesottol’azionediuna forzacheloattiraversoilcentrodellaTerra.Inbaseallasecondaleggedelladinamica,sesiindicacon gl’accelerazioneconlaqualeilcorpovieneattrattoalsuolo,laforza,indicataconP,èdatada: P=mg dove g è detta accelerazione di gravità ed è rappresentata da un vettore diretto verso il basso, il cui modulo, come si può dedurre con una successione di misure, varia leggermente a seconda del luogo dell’esperimento (in particolare, g assume valore massimo ai poli e minimo all’equatore e diminuisce anche con la distanza dalla superficie del pianeta. In media, g ha un’intensità pari a 9,8062 m/s2). L’accelerazione di gravità, in condizioni ideali, cioè in assenza di attriti e misurata in uno stesso luogo,ècostantepertuttiicorpi(v.riquadrosuccessivo).Questofattoèapparentementesorprendente, perchécisiaspetterebbechel’accelerazionevariasecondadellamassadell’oggetto,manonècosì.Lo si può verificare utilizzando un tubo nel quale sia stato fatto il vuoto e facendo cadere oggetti di dimensioniemassediverse(èclassicoilcasodiunapallinaediunapiuma):capovolgendoiltubo,gli oggetti arrivano alla sua estremità inferiore tutti nello stesso istante, poiché si è annullata la resistenza dell’aria.Laleggechedescriveilmotodiunoggettoincadutaliberaèquelladelmotouniformemente acceleratoesipuòdirechelospaziospercorsodalcorposottopostoall’accelerazionedigravitàginun tempotèdatada: 1 s= gt2 2 Il vettore forza P prende il nome di forza peso o, più semplicemente, di peso dell’oggetto in esame. Talvoltailconcettodipesovieneconfusoconilconcettodimassa:èopportunosottolinearechelamassa èunagrandezzache,oltreadaverenaturascalareenonvettoriale,haunsignificatofisicoassaidiverso daquellodipeso,ancheseilcomunelessicoquotidianotendeautilizzareidueterminiindifferentemente (v.riquadrosuccessivo).NelSistemaInternazionaleilpeso,essendounaforza,simisurainnewton, maaifinipraticisiimpiegaanchecomeunitàdimisurailchilogrammo-peso(simbolokgp),dove1kgp =9,81N. LACOSTANZADELL’ACCELERAZIONEDIGRAVITÀ:ILPIANOINCLINATO Lacomprensionedicomeinunostessoluogodiversicorpiincadutasimuovanotutticonlamedesimaaccelerazionedigravitàfuilrisultato diunaseriedicelebriesperimenti,coniqualiGalileodiedeformaaunasuaoriginaleintuizione;inunodiquestiesperimentiunaseriedi sferemetallichefufattarotolarelungounpianoinclinato.Galileo,infatti,sieraresocontodellanecessitàdieliminarel’influenzadell’aria sui moti di caduta, ma, non disponendo ancora di mezzi atti a creare il vuoto, aveva osservato che era possibile minimizzarne gli effetti considerando corpi sferici in rotolamento su superfici il più possibile levigate. In questo modo, l’efficacia della gravità aumenta con l’inclinazione del piano, andando da un valore minimo nullo (piano orizzontale) a uno massimo (piano verticale); in tutte le posizioni intermedie,risultavapoiagiresoloquellacomponentedellaforzadigravitàparallelaallasuperficiediappoggio.Considerandoquindiangoli d’inclinazionesufficientementepiccoli,Galileopotéfarrotolarelediversesferetantolentamentedapotermeglioapprezzarequeglieffetti che, in caso di discesa verticale, venivano mascherati dall’estrema rapidità del movimento. Le sue conclusioni furono quelle ancora oggi pienamente accettate: le sfere rotolano con accelerazione costante, indipendentemente dalle loro dimensioni e peso, proseguendo la loro corsa al termine del piano inclinato in senso rettilineo e con velocità costante, fermandosi infine unicamente solo per l’azione degli attriti esterni. DIFFERENZATRAPESOEMASSADIUNOGGETTO Mentrelamassaèunacaratteristicaintrinsecaeuniversaledeicorpi,chemantieneunvalorecostanteinqualunquepuntodellospazio,il peso dipende strettamente dal valore locale dell’accelerazione di gravità. Per esempio, poiché la forza di gravità sulla Terra è sei volte maggiorechesullaLuna,unmedesimocorpopeserebbe,sulnostrosatellite,unsestodiquantorisulterebbesullasuperficieterrestre,pur essendolasuamassasemprelastessa.Semplificando,sipuòintenderelamassacomeil“contenutodimateria”diunoggetto:unsasso, peresempio,noncambialasuanaturaspostandosidallaTerraallaLunaeinfatti,applicandoglilamedesimaforzainentrambigliambienti, essoopporrebbesempreun’ugualeresistenza(inerzia)allavariazionedelpropriostato,mantenendocosìcostanteilrapporto F/a cheèladefinizionedimassam.Quellochecambia,invece,èlaforzaconcuiiduecorpicelestiloattraggonoversoilpropriocentro,cioè appuntoilvaloredelsuopeso. La differenza tra le nozioni di peso e di massa di un corpo richiede una precisazione a proposito dell’unità di misura della massa, il chilogrammo.Siconsideril’operazionedipesaturadiuncorpoconunabilanciaapiatti:l’oggettovienepostosuunodeiduepiatti,mentre sull’altrovengonopostedelleunitàcampione,finoastabilirel’equilibriotraiduepiatti.Sequestaoperazionefossecondottaindiversipunti della Terra o su un altro pianeta, il risultato finale sarebbe sempre lo stesso. La forza di attrazione gravitazionale, infatti, quand’anche diversanellediverselocalità,agisceallostessomodosututtiicorpipresenti.Seleunitàcampionefosseromultiplidelchilogrammo-massa, l’operazionedipesatura,condottainquestitermini,permetterebbedidefinirenonilpeso,malamassadelcorpoincognito;eccodadove nascelanostratendenzaaconfondereiconcettidipesoedimassa.Così,siattribuiscealpesodiunapersonailvaloredi80kgperchélosi immaginainequilibriosuunabilanciacon80esemplaridimassaunitaria,mentredalpuntodivistafisicoilsuoveropesoèdato: 80kg·9,8m/s2=784N Quellochenellavitadituttigiornivienedettochilogrammo(echevaintesocomechilogrammo-peso,kg p) corrisponde, in realtà, alla forza necessaria per sostenere una massa unitaria, cioè a una forza uguale e contraria a quella di attrazione gravitazionale. Il valore del chilogrammo-pesoèdunqueparia: 1kgp=1kgm·9,8m/s2=9,8N quindi1Nequivalecircaa1/10kgpedèqualitativamentepariallasensazionefisicachesiprovacercandodisostenere,controlaforzadi gravità,unoggettodimassaparia1/10circadellamassacampione. 5.4Laterzaleggedelladinamica Laterzaleggedelladinamica(oprincipiodiazioneereazione) Ognivoltacheauncorpovieneapplicataunaforza,esisteunaltrocorpochelaesercita.Lanostramano esercitaunaforzasuunapallaperlanciarla,laTerraesercitaunaforzasullaLunaecc.Nell’eserciziodi unaforzasonosemprecoinvoltiduecorpi,ovverol’azionenonavvieneinununicosenso,mal’influenza è reciproca. Si può osservare sperimentalmente che, quando nell’interazione tra due corpi, il corpo A vienesollecitatodalcorpoBconunaforzaFB(azione),essorispondesollecitandoilcorpoB con una forzaFA(reazione)ugualeinintensitàedirezione,maoppostainverso: FB=-FA La terza legge della dinamica, o principio di azione e reazione, stabilisce che a ogni azione corrispondeunareazioneugualeecontraria. Così,uncorpoappoggiatosoprauntavolo(v.fig.5.1)esercitasudiessounaforza–Rugualeecontraria alla forza R che il tavolo esercita sul corpo. Il modulo di R è uguale a quello di P perché il corpo è fermo.Indefinitiva: P=-R •Laforzacentripetaelaforzacentrifuga:azioneereazione Quandounosservatoreruotavelocementesusestesso,reggendounafuneallacuiestremitàoppostaviene legato un peso (per esempio, un sasso), la fune si tende, facendo ruotare il sasso su una traiettoria circolare(dicuiessastessarappresentailraggio),conunavelocitàche,sel’osservatorenelcentrodi rotazione presta sufficiente attenzione al proprio moto, si può ritenere con buona approssimazione costante. In definitiva, si ottiene un buon esempio del moto circolare uniforme. Se viene lasciato improvvisamente andare, il sasso si allontana seguendo una traiettoria rettilinea, tangente alla circonferenza nel punto in cui si trovava al momento del rilascio. Che cosa è successo? Riprendendo l’analisicinematica,sièdettochesuunpuntoPinrotazioneagisceun’accelerazionecentripeta,diretta versoilcentroediintensitàparia: 2 a=v R Interminidinamici,ciòsignificacheilpesoèsoggettoaunaforzacentripetadiintensità: 2 F=mv =mω2R R doveωèlavelocitàangolaredelpesocheloobbligaarimanerevincolatoallacirconferenza,incurvando continuamentelasuatraiettoria. In un sistema di riferimento rotante, all’azione centripeta corrisponde una forza, detta centrifuga, diretta in verso opposto. Quando la corda viene lasciata, l’azione viene a mancare e il sasso si trova liberodiproseguiresuunalinearettafinchéilsuomovimentononvieneannullatodall’attrito.Se,invece, l’esperimentofossecondottoincondizioniideali,ilsassomanterrebbeindefinitamenteunmotorettilineo uniforme,convelocitàpariaquellapossedutaalmomentodelrilascio. A B Figura5.1A:ilprincipiodiazioneereazioneapplicatoaduncorpoappoggiatosoprauntavolo.B:ilprincipiodiazioneereazione applicatoalcasodiunsassolegatoaunafuneefattoruotare. 5.5Leproprietàdellamateriaeleforzedicoesione Leforzedicoesionefraleparticellecostituentideicorpi(atomiomolecole)nedeterminanolostatodiaggregazione(auna datatemperaturaepressione) Leforze,sièdetto,agisconosuicorpipermodificarnelostatodiquieteedimoto.Perlostudiodelle forze e dei corpi, è essenziale fare un breve cenno alla costituzione della materia e dei suoi stati di aggregazione, dai quali dipendono le caratteristiche dei corpi stessi. La materia trattata in senso macroscopico è tutto ciò che occupa un volume e ha una massa; da un punto di vista microscopico, la materiaècostituitadiparticelle(atomioaggregatidiatomidettimolecole;v.cap.24).Asecondadelle forzedicoesionetraleparticellediuncorpo,lamateriasipresentaneisuoitrestatidiaggregazione, solido,liquidoogassoso. IlvolumeVelamassamdiuncorposonolegatifralorotramiteladensità,simboloρ,definitacomeil rapportofralamassaeilvolumedelcorpostesso: m ρ= V elacuiunitàdimisuranelSistemaInternazionaleèilchilogrammopermetrocubo(kg/m3). La densità di una sostanza diminuisce in genere con l’aumentare della temperatura (fatta eccezione per l’acqua,chemostraunaumentodelladensitàtra0e4°C).Igassonoingenerelesostanzemenodense, mentreisolidisonoquelleadensitàmaggiore. Icorpisolidisonoquellicaratterizzatidaunvolumeedaunaformadefiniti;iliquidisonoquellesostanze dotate di un volume proprio, ma non di una forma propria, poiché tendono ad assumere la forma del recipientechelicontiene;lesostanzegassose(oaeriformi)nonsonodotatenédiformanédivolume propri e assumono quelli del contenitore (v. fig. 5.2). Il fatto che una sostanza assuma uno stato di aggregazione piuttosto che un altro dipende dalle forze di coesione tra le sue particelle costituenti e inoltredallatemperaturaedallapressioneacuilasostanzasitrova.Variandoquestidueparametri,la sostanzapassadaunostatodiaggregazioneaunaltro(v.cap.12).Leforzedicoesionetraleparticelle diuncorpodiminuisconoall’aumentaredelladistanzareciproca.Icorpisolidipresentanonellamaggior partedeicasiunastrutturacristallina,doveleparticellesonorigidamentelegateinstrutturegeometriche (reticoli cristallini) e le forze di coesione che le tengono legate sono molto forti (per cui le particelle possonosolocompieremovimentivibrazionaliattornoaposizionidiequilibrio).Unaminoranzadicorpi solidipresentaunastrutturadisordinata(solidiamorfi). Neiliquidi,leparticellecostituentisonopiùdistanziateeleforzedicoesionesonomenoforti,mentrenei gas le particelle sono relativamente distanti, sono dotate di un movimento continuo e disordinato e le forzedicoesionehannouninflussominimo(v.cap.13). Figura5.2Statidiaggregazionedellamateria:A,statosolidocristallino;B,statoliquido;C,statogassoso. 5.6Leforzediattrito Leforzediattritopossonoessereditipostaticoodinamico Abbiamovistoche,inapparentecontraddizioneconlaprimaleggedelladinamica,uncorpolanciatoa velocità costante su una superficie qualunque dopo un certo tempo rallenta e finisce col fermarsi. La causadiciòèinrealtàdovutaall’azioneesercitatasulcorpodaparticolaritipidiforze,detteforze di attrito(oattrito),chesioppongonoalsuomovimento.Leforzediattritorappresentanolaresistenzache occorre vincere per far muovere un corpo rispetto a un altro con cui è a contatto, o per mantenere un reciprocomovimento. Vi sono due tipi fondamentali di attrito: l’attrito statico, che si manifesta quando si vuole mettere in motouncorpofermo,el’attritodinamico,chesimanifestaquandosivuolemantenereinmotounoggetto in movimento (distinto a sua volta in attrito radente, che deriva dallo scivolamento di una superficie solidasuun’altra,einattritovolvente,chenascedalrotolamentodiunoggettosuunasuperficie). L’attritodipende,oltrechedalleforzeesterneapplicate,dallanaturadeicorpicoinvolti. Nel caso di attrito radente, si considerino due corpi a contatto, in movimento l’uno rispetto all’altro, comeperesempiounacassachestrisciasopraunpianoorizzontale.Laforzadiattritoradente,Fa, può essereespressainmodulodallarelazione: Fa=μrFn doveFnèilmodulodellarisultantedelleforzeesternecheagisconoperpendicolarmenteallasuperficie di contatto tra i due corpi (la forza peso perpendicolare alla superficie d’appoggio nell’esempio della cassa) e μr una costante di proporzionalità, detta coefficiente di attrito radente, che esprime la dipendenza dell’attrito dalla natura delle superfici a contatto (poiché μr è il rapporto tra due forze, ne conseguecheèunagrandezzaadimensionata,cioèunnumeropuro).Quandoiduecorpisonoaripososi misura,invece,uncoefficientediattritostatico,μs,cherisultasempreleggermentesuperioreaquello riscontrabilenelcorrispondentecasodinamico.Nelcasodiattritostatico,laformulaprecedentediventa: Fa≤μsFn Il segno “=” si riferisce alla massima forza di attrito statico tra le superfici a contatto. La tabella 5.1 riporta una serie di coefficienti di attrito statici e dinamici, misurati per alcune coppie di superfici a contatto. Nel caso di attrito volvente (dovuto al rotolamento di un corpo su una superficie) la forza di attrito (sempre inferiore rispetto al caso dell’attrito radente) risulta ancora direttamente proporzionale alla componente perpendicolare della forza peso, ma anche inversamente proporzionale al raggio (R) del corpocherotola: μF Fa= v n R doveμvèilcoefficientediattritovolvente. Perleproprietàdell’attritovolventeèquindipreferibilespingereuncarrosuruotedigrandidimensioni, piuttostochefarlostrisciaresullastradaodotarlodiruotepiùpiccole. Tabella5.1Coefficientidiattritostatico(μs )edinamico(μr)peralcunecoppiedisuperfici SUPERFICIACONTATTO μs μr acciaio-acciaio 0,74 0,57 vetro-vetro 0,94 0,40 legno-legno 0,50 0,30 Teflon-Teflon 0,04 0,04 gomma-asfaltoasciutto 0,85 0,70 gomma-asfaltobagnato 0,70 0,50 vetro-legno 0,40 0,25 ghiaccio-acciaio 0,20 0,10 legno-acciaio 0,45 0,30 acciaio-vetro 0,30 0,15 vetro-ghiaccio 0,25 0,10 ghiaccio-legno 0,30 0,15 ghiaccio-ghiaccio 0,65 0,50 piombo-acciaio 0,95 0,95 rame-acciaio 0,53 0,36 nichel-nichel 1,10 0,53 ferro-ferro 1,10 0,15 5.7Leforzeelastiche L’elasticitàdiuncorpo Sonodetteforzeelastichequellechesioppongonoalladeformazionediuncorpo.Tuttiicorpisoggetti all’azione di una forza subiscono una deformazione, che dipende, oltre che dall’intensità della forza applicata,anchedallanaturadelcorpostesso.Ingenerale,ledeformazionipossonoesserediduetipi: elastiche, che scompaiono quando la forza non è più applicata, e anelastiche, che permangono anche successivamenteall’applicazionedellaforza. Dalpuntodivistadeicorpi,èpossibileintrodurreunadistinzionetracorpirigidi,plasticiedelastici, sullabasedelcomportamentodelcorpoduranteedopol’applicazionedellaforza,cioèsuquantoessosi sia prima deformato e abbia poi ripreso o meno il suo aspetto iniziale. I corpi rigidi mantengono inalterata la propria forma anche a seguito dell’applicazione di una forza; i corpi plastici, deformati dall’azionediunaforza,nonriprendonoilloroaspettoprimitivo;icorpielasticivengonodeformatima riprendonoilloroaspettoprimitivoquandovienemenol’azionedellaforza.Questeproprietàvengono giustificatedalfattoche,alivellomicroscopico,icorpisolidisonoformatidauninsiemediparticelle condisposizionespazialebendefinita,all’internodelreticolocristallino.Quandouncorposideforma,la disposizioneinizialedelleparticellesialtera;lasuaelasticitàèquindiunamisuradellatendenzadelsuo reticolo a ricreare la configurazione iniziale. Quando però l’intensità della forza applicata è troppo elevata, tutti i corpi si possono deformare permanentemente e, al limite, rompersi; la deformazione massima a cui un corpo può essere sottoposto senza che esso modifichi permanentemente il proprio aspettovienedettalimitedielasticità. •LaleggediHooke L’intensitàdellaforzaelastica LaformulazionedellaleggesulleforzeelastichesidevealfisicoingleseR.Hooke(1635-1703),ilquale stabilì che la forza elastica è direttamente proporzionale all’intensità della deformazione (sempre per valoriinferioriallimitedielasticità)edèsempreoppostaaquellacheprovocaladeformazionestessa. Nelcasodiunamolla,peresempio,lasuadeformazione,cioèilsuoallungamento,èmaggiorequantopiù grande è la forza con cui essa viene tirata. Secondo la legge di Hooke, la forza elastica è data dall’espressione: F=-k·x dove k è una costante positiva, detta costante elastica, caratteristica del materiale considerato, e x il vettore spostamento, che nel caso della molla è pari al suo allungamento. Il segno meno indica che la forza ha verso opposto allo spostamento, opponendosi alle deformazioni con un’intensità a loro direttamenteproporzionale,tendenteariportarelamollaallalunghezzainiziale. •Forzeelasticheemotoarmonico Lamollasimuovedimotoarmonico Ilmotoarmonicopuòesserecinematicamenterappresentatoproiettandoistanteperistante,suldiametro della circonferenza-traiettoria, un punto P che si muove di moto circolare uniforme. È possibile dimostrare che questo movimento coincide con quello di una molla ideale che, compressa o allungata, tendeatornareallapropriaposizionediequilibrio:inaltreparole,ilmovimentodell’immaginedelpunto Psullacirconferenzaèriconducibileall’applicazionediunaforzaelastica. L’immagineQ,ottenutaproiettandosuldiametrodellacirconferenza-traiettoriaunpuntoPchesimuove dimotocircolareuniforme,halacaratteristicadiaccelerareavvicinandosialcentrodellacirconferenza e di rallentare allontanandosene; nelle estremità del diametro, in particolare, si arresta, per poi riprendere con accelerazione di verso opposto. Quando il punto P si muove sulla circonferenza con accelerazionecentripetaaP,lasuaproiezioneQsimuovesuldiametroconun’accelerazioneaQ, che si ottiene proiettando aP sul diametro. Quando P si muove sulla circonferenza, Q ne segue il comportamento,conun’accelerazionecheinogniistantehaversooppostoaquellodell’accelerazionedi P.Esprimendol’accelerazionecentripetadiPinterminidivelocitàangolare(v=ωR)siottiene: ap=ω2R el’accelerazionedellaproiezionediPsuldiametroèdatada: aQ=-ω2x Questaespressionedefiniscel’accelerazionediQcomeproporzionalerispettoalsuospostamentoxdal centroOdellacirconferenza,ovverorispettoalcentrodell’oscillazione. Dallaleggefondamentaledelladinamica,laforzaresponsabiledell’oscillazionerisultadatada: F=maQ=-mω2x che,sostituendomω2conlacostantek,rappresental’espressionedellaforzaelastica: F=-kx Quindi si può dire che un corpo sottoposto a una forza elastica (per esempio, una molla) si muove di motoarmonico,convelocitàangolareωeperiodoTrispettivamenteugualia: •Ilpendolo Il più importante esempio di moto armonico è fornito dal cosiddetto pendolo semplice: un corpo P di massam,appesoaunfilodilunghezzal,fissatoaunpuntoOelasciatoliberodioscillare(v.fig.5.3).La massam,spostatadipocodallasuaposizionediequilibrio,tendeaoscillaresottol’azionediunaforza elastica, seguendo la legge del moto armonico. Riferendoci alla figura 5.3, la massa m è soggetta alla propria forza peso P, ma di questa solo la componente Ft (perpendicolare al filo e tangente alla traiettoria)èresponsabiledelleoscillazionidelpendolo,poichél’azionedellacomponenteparallelaal filo è annullata dalla corrispondente reazione del filo. Se l’angolo di oscillazione è piccolo, il settore circolareOPCsipotràapprossimarealtriangoloOPDescrivere,perlasimilitudinetraiduetriangoli rettangoliPBAeOPD,laproporzione: F d = mg l Ponendo: mg k= l eaggiungendoilsegnonegativo,aindicarechel’azionediFèincontrastoconlospostamento,siritrova ladefinizionediforzaelastica: F=-kx dove, sempre per la piccola ampiezza dell’angolo di oscillazione, il segmento d si può approssimare all’ascissa della massa. A questo punto, usando la relazione tra il periodo T del moto armonico e la costanteelasticaksiottiene: Nell’ipotesi delle “piccole oscillazioni”, quindi, il periodo non dipende dalla massa del pendolo, ma solodallalunghezzadelfiloedalvaloredellalocaleaccelerazionedigravità.Questaleggefuscoperta da Galileo e rappresenta la legge dell’isocronismo del pendolo, che in sostanza afferma che tutte le oscillazionidiunpendolosemplicehannosemprelastessadurata.Risolvendorispettoall’accelerazione digravitàsiottiene: 4π2l g= 2 T relazione che permette di determinare il valore di g a partire dalle oscillazioni note di un pendolo semplice,fattesalvelecorrezioniimpostedallapresenzadegliattriti. Figura5.3Nelcasodipiccoleoscillazioni,ilcomportamentodiunpendolosempliceèriconducibileallapresenzadiunaforzadi tipoelastico. 5.8Leforzeapparenti Leforzeapparentisonoforzefittizie,chenoncorrispondonoaunaveraepropriaazionefisica,mache vengono introdotte per spiegare le deviazioni nelle accelerazioni dei corpi in taluni sistemi di riferimento. La scelta del sistema di riferimento assume in dinamica un’importanza rilevante; infatti, le leggidelladinamicanonsonovalidepertuttiisistemidiriferimento.Inparticolare,sidiconosistemidi riferimentoinerzialiquellipercuivalgonoleleggidelladinamica,sistemidiriferimentononinerziali glialtri. Sonosistemidiriferimentoinerzialiquelliinquieteequellichesimuovonodimotorettilineouniforme, mentre sono sistemi non inerziali tutti i sistemi accelerati. Se ci troviamo su un treno che si muove a velocità costante (un sistema di riferimento inerziale), gli oggetti che ci circondano appaiono fermi, mentreaunosservatorefermosuunabanchinaappaionomuoversiallamedesimavelocitàdeltreno.In entrambi i casi la situazione appare “normale”. Se il treno frena bruscamente, qualche oggetto cadrà a terra, come se fosse spinto da una forza dovuta alla brusca accelerazione negativa del treno. Se la velocità è costante, l’accelerazione è nulla e di conseguenza in un sistema di riferimento inerziale un corpoèsoggettosoloalleaccelerazionidovutealleforzeimpresse.Quandoilsistemadiriferimentoè accelerato(iltrenochefrena),ilcorposubiràl’effettodiunaforzaapparente,chenoncorrispondeauna realeazionefisica,masoloalmoto. Un altro esempio è dato da un oggetto posto su una piattaforma girevole e libero di muoversi: se la piattaforma è in moto, l’oggetto tenderà a fuggire dalla piattaforma, per effetto dell’accelerazione centrifugachesiopponeall’accelerazionecentripeta:laforzaapparentecheoccorreintrodurre,datadal principio fondamentale della dinamica, per giustificare tale comportamento, è detta forza centrifuga. Questa non corrisponde alla reazione centrifuga di un sistema vincolato, ma solo al moto relativo dell’oggetto. UnterzoesempiodiforzaapparenteèdatodallaforzadiCoriolis–dalnomedelfranceseG.deCoriolis (1792-1843) che la studiò – che deriva dall’accelerazione di un corpo in moto su un sistema di riferimento in moto rotatorio, come per esempio la Terra. Quando un corpo si muove sulla superficie terrestre con una sua velocità, la sua accelerazione comprende un termine in più rispetto a quello che avrebbe se viaggiasse su un sistema di riferimento fermo (o in moto rettilineo uniforme), che dipende dallavelocitàdelcorpostessoedallavelocitàdirotazionedelsistemadiriferimento(laTerra,inmoto attornoalsuoasse,convelocitàangolarecostante).TalecomponenteèdettaaccelerazionediCoriolise lecorrisponde,perilprincipiofondamentaledelladinamica,unaforza,dettadiCoriolis.L’effettodella forza di Coriolis sulla Terra dipende dalla latitudine e tende a far deviare verso destra (nel nostro emisfero, verso sinistra nell’emisfero sud) un oggetto che si muove sulla sua superficie (v. fig. 5.4). L’effettoprodottodall’accelerazionediCoriolisèparticolarmenteevidentenelmotodellegrandimasse atmosferiche,ediconseguenzadeiventi,edellemasseoceaniche. Figura5.4Latraiettoriadiuncorpochesimuovesullasuperficieterrestre,pereffettodellaforzadiCoriolis,apparespostataverso destranell’emisferoborealeeversosinistrainquelloaustrale. GLOSSARIO Attriti Forze che si oppongono al moto relativo di due corpi a contatto e rappresentano l’opposizione che si deve vincere sia per dare inizio al movimento(attritistatici),siapermantenerlo(attritidinamici);questiultimisidifferenziano,inoltre,asecondacheicorpistianostrisciando (attritoradente)orotolando(attritovolvente)l’unosull’altro. Chilogrammo,ochilogrammo-massa Unità di misura della massa e una delle unità fondamentali nel Sistema Internazionale. È definita considerando un oggetto campione e definendolo arbitrariamente come avente massa unitaria; questo oggetto ha la forma di un cilindro di platino-iridio, conservato presso l’UfficioInternazionaledeiPesiedelleMisure,aSèvres,inFrancia. Densità Grandezza fisica che esprime la massa dell’unità di volume di una sostanza e che rappresenta il rapporto tra massa e volume in una sostanzaqualunque. Forza Grandezza fisica vettoriale che rappresenta l’entità in grado di agire su un qualsiasi corpo, anche senza venirne direttamente a contatto, modificandoneilsuostatodiquieteodimoto,oilsuoaspetto. Forzaapparente Forzadovutaaglieffettiprodottisuuncorporilevatiinunsistemadiriferimentononinerziale. Forzacentripeta Inunmotocurvilineoèlaforzache,continuamenteapplicataalpuntoinmovimento,neincurvaistanteperistantelatraiettoria,inmododa costringerloaseguirelalineacurva,impedendoglidisfuggirelungolarettatangenteallamedesima.Èsempredirettaversoilcentrodel moto(cioèversoilcentrodellatraiettoria). Forzaelastica Forzachesiopponealladeformazionediuncorpo,tendendoariportarlonellaconfigurazioneiniziale.Leforzeelastichesonoregolatedalla leggediHook,chestabiliscechenelcasodiunamolla,peresempio,laforzarisultadirettamenteproporzionaleall’allungamento,tramite un’appropriatacostanteelasticak.Èpossibiledimostrarechelaconseguenzacinematicadell’applicazionediunaforzaelasticaèilmoto armonico. Forzapeso Forzaconcuiunqualsiasioggetto,postosullasuperficiedellaTerra,vieneattiratoversoilcentrodelpianeta.Èlegataallamassam del corpo in questione da una relazione di proporzionalità diretta tramite una grandezza g detta accelerazione di gravità, che dipende dalla latitudinedelluogoedallasuaaltezzasullivellodelmareerappresentalaforzaconcui,inquelpunto,vieneattrattalamassaunitaria. Massa Nellasuapiùcompletaaccezionedimassainerziale,rappresentalaproprietàintrinsecadiciascuncorpoaopporsiavariazionidelproprio statodiquieteodimoto,secondoquantoespressodalprincipiod’inerzia.Semplificando,lamassapuòessereconsideratacomelamisura della“quantitàdimateria”contenutainuncorpo. Newton Unità di misura della forza, ha la dimensione di una massa per un’accelerazione. Per il principio fondamentale della dinamica, 1 N rappresentalaforzache,applicataaunamassadi1kg,leimprimeun’accelerazionedi1m/s2. TESTDIVERIFICA 1. Sienuncinoletreleggidelladinamica. 2. Qualèilsignificatodellamassadiuncorpo? 3. Qualèladifferenzatrapesoemassadiunoggetto? 4. IlvaloredelnostropesoinNèmaggioreaipolioall’equatore?Almareoinmontagna? 5. Unpesovienelasciatocaderealsuolodaun’altezzadi50m;trascurandolapresenzadegliattritieassumendog=9,8 m/s 2 ,dopoquantotempotoccheràilsuolo? 6. Qualèlacaratteristicadelperiododioscillazionediunpendolosemplicechecompiadelleoscillazionipiccole? 6LAGRAVITAZIONEUNIVERSALE Laleggedellagravitazioneuniversalestabiliscecheognicoppiadicorpi,dagliatomiallestelle,siattraeconunaforzailcuimodulo èdirettamenteproporzionalealprodottodelleloromasseeinversamenteproporzionalealquadratodellerispettivedistanze.Questa legge,scopertadaNewton,èingradodispiegareilmotodeipianetiattornoalSole,ilmotodeisatellitiartificialilanciatiinorbita attorno alla Terra e il moto dei gravi sulla superficie terrestre. La strada che avrebbe condotto alla formulazione della legge di gravitazioneuniversalefuapertadaKeplero,cheavevadescrittopermezzodileggi(letreleggidiKeplero)ilmotosecondoorbite ellittiche dei pianeti attorno al Sole (ma senza spiegarne le cause dal punto di vista dinamico). La grande intuizione di Newton fu quelladicapirechelaforzacheregolailmotodeipianetièlastessachefacadereigravisullasuperficiedellaTerraedidarneuna descrizionematematica. 6.1LafisicacelestedagliantichigreciaCopernico NelmodellogeocentricolaTerraèalcentrodell’Universo NelmodelloeliocentricoipianetiruotanoattornoalSole Ilsistematolemaico Ilmodellocopernicano I filosofi greci, attraverso lo studio del moto dei pianeti e delle stelle basato sull’osservazione sistematica del cielo notturno, arrivarono non solo a tentare misurazioni di distanza tra i corpi celesti attraversoragionamentitrigonometrici,maancheaformulareteoriecheinfluenzaronofortementelafisica celestefinoalXVIsecolo. I primi tentativi di spiegare la struttura dell’Universo (sostanzialmente del sistema solare) da parte di filosofiprearistotelici,nelIVsec.a.C.,siispiraronoaunmodellogeocentrico,cheponevalaTerraal centrodell’Universo,conlestelle,ilSoleeipianeticheleruotavanoattorno(secondoquestavisione, fattapropriainseguitodaAristotele,ilcieloeraimmaginatoformatodaunaseriedisfereconcentriche dicristallo,sullequalisitrovavanoipianeti,ilSoleelestelle,eilcuicentroeracostituitodallaTerra; ilmotodellesferesitrasmettevadall’unaall’altraperattrito.) Ilprimocheproposeunmodelloeliocentricodell’Universo(conilSolealcentroelaTerraeglialtri pianeti che gli ruotavano intorno) fu Aristarco di Samo (310-230 a.C.), ma la sua idea non venne accettatapersecoli,perchépresupponevadistanzefralaTerraelestelletroppograndiperapparire,a quel tempo, veritiere (la posizione delle stelle infatti non sembrava variare sensibilmente da un anno all’altro e questo appariva giustificabile solo a patto che la Terra fosse fissa al centro dell’Universo, oppureapattocheledistanzetragliastrifosseroenormementesuperioriaquantocisiaspettava). Un altro grande studioso di problemi astronomici fu Ipparco (circa 190-120 a.C.), che arrivò a determinarealcunecaratteristichedelmotodellaTerra,comelaprecessionedegliequinozi,masempre inunavisionegeocentricadelsistemasolare.LasuaoperaègiuntafinoanoigrazieaClaudioTolomeo (100-170), che nel suo lavoro l’Almagesto riassunse gran parte della conoscenza astronomica antica e for-nì una descrizione, in termini di modello geocentrico, dell’Universo, che rendeva conto di tutte le osservazioni compiute fino ad allora: si tratta del cosiddetto sistema tolemaico, una complessa configurazione di cerchi concentrici, sui quali i pianeti ruotano intorno alla Terra, fissa al centro dell’Universo, descrivendo degli epicicli, mentre il centro dell’epiciclo ruota intorno alla Terra. Il sistemaTolemaico,acuiaderìlaChiesacattolica,nonfumessoindiscussionefinoal1543,quandofu pubblicato (il giorno della morte del suo autore) il lavoro scientifico di Nicolò Copernico (nome italianizzato dell’astronomo polacco Nikolaj Kopernik, 1473-1543), il De revolutionibus orbium coelestium; questa opera, rimettendo il Sole al centro dell’Universo, come suggerito dal modello eliocentricodiAristarco,gettòlebasiperifuturisviluppidell’astronomia.Nelmodellocopernicanoi pianetiorbitanoattornoalSole,alcentrodelsistemasolare,seguendoorbitecircolari.Ipianetiallora conosciuti erano Mercurio, Venere, la Terra, Marte, Giove, Saturno e la Luna, che orbita attorno alla Terra. 6.2LetreleggidiKeplero LetreleggidiKeplero LaprimaleggediKeplerostabiliscecheleorbitedeipianetisonoellissi LasecondaleggediKeplerodescrivelavelocitàconcuiipianetipercorronoleloroorbite LaterzaleggediKeplerometteinrelazioneilperiododirivoluzionedeipianeti(iltempocheipianetiimpieganoapercorrere un’interaorbita)conlalorodistanzadalSole Unitàastronomiche Poco più di mezzo secolo dopo la morte di Copernico (tra il 1603 e il 1618), l’astronomo tedesco Giovanni Keplero (1571-1630), basandosi sul modello copernicano e sullo studio accurato dei dati di osservazioneraccoltidalsuomaestro,ildaneseTychoBrahe(1546-1601),formulòtreleggi,notecome letreleggidiKeplero,chedescrivonomatematicamenteilmotodeipianetiattornoalSolesecondo orbiteellittiche.Keplerononarrivòaspiegarelacausadelmotodeipianeti,maciònullatoglieallasua geniale intuizione, tenuto anche conto che a quei tempi il moto era considerato una caratteristica intrinsecadeicorpi,percuinonsenecercavanolacause,macisilimitavaallasuadescrizione. Keplero, in altre parole, intuì che il Sole esercitava sui pianeti un’azione che li vincolava alle loro orbite, ma non si chiese di che natura fosse tale forza. In ogni caso, le tre leggi di Keplero rappresentanounrisultatofondamentaleperlastoriadellameccanicacelesteefuronolabasedeglistudi successivi di Newton (che pervenne invece alla descrizione delle cause che determinano il moto dei pianeti e riconobbe nella gravitazione universale la legge che regola il moto di tutti i corpi nell’Universo). 1.LaprimaleggediKepleroaffermacheipianetiruotanoattornoalSoleseguendoorbiteellittiche, dicuiilSoleoccupaunodeifuochi.L’ellisseèunafigurageometricabidimensionale,paragonabileaun cerchioschiacciato,formatadaipuntidiunpianolecuidistanzedaduepuntifissi,dettifuochi,hanno sommacostante.Leorbiteellittichedeipianetisonoellissipocoschiacciate,vicineallacirconferenza. 2.LasecondaleggediKepleroaffermacheilraggiovettorechecongiungeunpianetaalSolespazza areeugualiintempiuguali(v.fig.6.1).Ipianetinonsimuovonosullaloroorbitaconvelocitàcostante; unpianetaèpiùvelocequantopiùèvicinoalSole(alperielio)epiùlentoquantopiùèlontanodalSole (all’afelio). 3.LaterzaleggediKepleroaffermacheilquadratodelperiododirivoluzionediunpianetaattorno alSoleèproporzionalealcubodellasuadistanzamediadalSole.IpianetipiùvicinialSolehanno periodidirivoluzionepiùbrevideipianetipiùesterni.L’“anno”diGioveperesempio,cheèpiùdistante dellaTerradalSole,dura11,862anni,mentrequellodiVenere,piùvicinadinoialSole,èdi0,615anni. La terza legge di Keplero (formulata nel 1618, 15 anni dopo le precedenti) si può così esprimere matematicamente(TèilperiododirivoluzioneeRèladistanzatrailpianetaeilSole): T2=KR3 doveKèunacostante,ugualepertuttiipianetidelsistemasolare. Nella tabella 6.1 sono riassunti i periodi di rivoluzione e le distanze medie dal Sole dei pianeti del sistemasolare.LadistanzamediadalSoledeipianetièespressainUnitàAstronomiche(UA),dove1 UA=1496.1011m,cheèladistanzamediadellaTerradalSole. Figura6.1RappresentazionegraficadellasecondaleggediKeplero:leareespazzatedalraggiovettore(checongiungeilSolealla Terra)hannolastessasuperficieeitrattidiorbitacorrispondentisonopercorsidalpianetanellostessotempo. Tabella6.1DistanzemediedeipianetidalSoleeloroperiododirivoluzione PIANETA DISTANZAMEDIADALSOLE(UA) PERIODODIRIVOLUZIONE(ANNI) Mercurio 0,387 0,241 Venere 0,723 0,615 Terra 1 1 Marte 1,524 1,881 Giove 5,203 11,862 Saturno 9,539 29,458 Urano 19,19 84,014 Nettuno 30,06 164,79 Plutone 39,53 248,5 6.3Laleggedellagravitazioneuniversale IlmotodeicorpisullaTerra Ilmotodeipianetiel’intuizionediNewton L’elaborazionedellaleggedigravitazioneuniversale Laleggedellagravitazioneuniversale LeleggidiKeplerodescrivonoconunacertaprecisioneilmotodeipianeti,manonlelorocause.Ilmoto dei corpi celesti, prima di Newton, era sempre stato considerato diverso dal moto dei corpi terrestri, proprioperlaconcezionesecondocuiilmotoeraunacaratteristicaintrinsecadeicorpi.Ilmotodeicorpi chesimuovonosullaTerraeradescrittodallaleggefondamentale,osecondalegge,delladinamica(v. par. 5.3) formulata da Newton, secondo cui la causa della variazione dello stato di quiete o di moto rettilineouniformediuncorpoèunaforza,espressadallarelazione: F=ma Dall’osservazionedelmotodeipianeti(partendodalpresuppostochedevesempreesistereunacausaal moto),Newtonconclusechevidovevaessereunaforza,presumibilmenteattrattiva,cheincurvavalaloro traiettoriaeperazionedellaqualeipianetinonsimuovonoinlinearettaavelocitàcostante.Ilgeniodi NewtonintuìchelaforzachetieneipianetiinorbitaattornoalSolefossedellastessanaturadella forzacheattraeglioggettiversolasuperficieterrestreechequindièunaforzadinaturaattrattiva chesiesercitatraicorpidotatidimassa. Il ragionamento di Newton (che lo portò alla formulazione della legge della gravitazione universale) partìdall’osservazionedelmotodellaLuna(edall’applicazionedellaterzaleggediKepleroalsistema Terra-Luna) e dall’analisi dei lavori di Galileo Galilei sul moto dei proiettili, che percorrono orbite curvilineeprimadicaderealsuolo(v.par.6.4).ConoscendoladistanzarL fra la Terra e la Luna e il periododirivoluzioneTLdellaLuna,sipuòricavarel’accelerazionecentripetaa della Luna nella sua orbita attorno alla Terra (supponendo per approssimazione che l’orbita lunare non sia ellittica, ma circolare): rL a=ω2rL=4π2 2 TL Sostituendo nell’espressione dell’accelerazione centripeta il valore del quadrato del periodo di rivoluzionedellaLuna,ricavatodallaterzaleggediKeplero: r3 k= 2 T dove la lettera minuscola k è un valore supposto costante per i satelliti terrestri (analogamente alla K dellaleggediKeplerochevaleperisatellitidelSole),siottiene: k a=4π2 2 rL Supponendochelaleggefondamentaledelladinamica(F=ma)siavalidaanchealdifuoridellaTerra, sipuòricavarelaforzadiattrazionefralaTerraelaLuna,FT: mL FT=mLa=4π2k 2 rL ComelaLunaruotaattornoallaTerra,ipianetiruotanoattornoalSole;allora,conragionamentoanalogo, laforzadiattrazione,FS,cheilSoleesercitasuunpianetagenericodimassampedidistanzarpdalSole deveessere: mP FS=4π2K 2 rP PoichélacostanteKdellaterzaleggediKepleroèugualepertuttiipianeti,sipuòdirechelaforzadi attrazione del Sole su un pianeta generico è direttamente proporzionale alla massa del pianeta e inversamenteproporzionalealquadratodelladistanzafrailSoleeilpianeta. ConfrontandolecostantikeK,sipuòverificarechequestesonoproporzionalirispettivamenteallamassa dellaTerraedelSole,ovveroche: e che quindi la forza di attrazione che un corpo celeste esercita su un altro è proporzionale alla sua massa.Matematicamente,questosignificachelaforzadiattrazionetraduecorpicelestièproporzionale al prodotto delle rispettive masse (non ha importanza stabilire se effettivamente Newton arrivò alla formulazionedellaleggedellagravitazioneuniversaleperquestavia;l’importanteèchearrivòaquesta conclusione). Estendendolaformulazionedellaleggediattrazionetraduecorpicelestiaduecorpiqualunque,Newton ricavòlaleggedellagravitazioneuniversale,chestabiliscechelaforzadiattrazionetraduecorpidi massa m1 e m2 posti a distanza r è direttamente proporzionale al prodotto delle due masse e inversamenteproporzionalealquadratodellelorodistanze,ovverovaleinmodulo: m m F=G 1 2 r2 LacostanteG,indipendentedallacoppiadiforze,èdettacostantedigravitazioneuniversaleeilsuo valore,determinatoperlaprimavoltaconesattezzanel1798(v.riquadro),è: G=6,67·10–11Nm2/kg2 •LaforzagravitazionaledellaTerra Pesoeforzagravitazionale LaTerraesercitaunaforzagravitazionalesullaLuna,ilsuosatellite,esututtiicorpicherisiedonosulla suasuperficie.Inquest’ultimocasolaforzadigravitàèlaforzapeso, che determina un’accelerazione versoilcentrodellaTerra(accelerazionedigravità)ilcuivaloremedioè: g=9,8m/s2 Ilvaloredigpuòesserericavatodirettamentedallaleggedellagravitazioneuniversale,uguagliandoalla forzadigravitazionefralaTerraeuncorpogenericodimassamlaforzapesomg;ilvalorechesene ricavarappresentailvaloremediodigsullasuperficieterrestre: g=GmT/r2T Ladifferenzatrailvaloredigcalcolatoequellomisuratosperimentalmenteinvaripuntidellasuperficie dipendedalfattochelaTerranonèperfettamentesferica,maèrappresentatadaungeoideschiacciatoai poli(diconseguenzal’accelerazionedigravitàèmaggioreaipolieminoreall’equatore). Sempreattraversol’uguaglianzatralaforzapesoelaforzadigravitazioneuniversalesipuòricavareil valore di g in un punto situato al di sopra della superficie terrestre a una distanza h, aggiungendo semplicemente h al raggio terrestre rT: anche in questo caso si giunge a una valutazione corretta dell’accelerazionedigravitàrispettoaivaloriosservati.Ilvaloredigdiminuiscemanmanochecisi allontanadallaTerraequestosignificacheilpesodiuncorpodiminuisceallontanandosidallaTerra. Poiché il valore dell’accelerazione di gravità dipende dalla massa del corpo attrattivo, il peso di un uomosullaLuna(lacuimassaèinferioreaquelladellaTerra)èminoredelpesodellastessapersona sulla Terra. La massa, che a differenza del peso è una caratteristica universale, mantiene inalterato il propriovaloreinqualsiasipuntodellospazio. LADETERMINAZIONEDELLACOSTANTEDIGRAVITAZIONEUNIVERSALEG Il valore della costante di gravitazione universale G fu misurato con precisione per la prima volta nel 1798 dal fisico inglese Henry Cavendish(1731-1810),ilqualesiservìdiunostrumentonotocomebilanciaatorsione.Labilanciaatorsioneècostituitadaunsottilefilo inestensibileappesoaun’estremità,mentreall’altraestremitàèfissataun’asticciolacherecaaiduelatiduesferettedimassamuguale.Un secondomanubrio,fissatoaunsostegno,recaaisuoilatialtreduesferette,dimassaMmaggioredim.Seilsistemavienelasciatoliberodi muoversi,inunospaziosenzaattriti,laforzadiattrazionedellesferepiùgrossesuquellepiùpiccoleprovocheràunatorsionedelfiloeuna conseguenterotazionedellesferesospese.Attraversounapparatoluminoso,sipuòdeterminarel’entitàdellaforzaelasticaditorsionedel filo, che, uguagliata alla forza gravitazionale con cui si attraggono le sfere, permette di ricavare il valore della costante di gravitazione universale. IlvalorecheCavendishmisuròconquestoapparatoèmoltovicinoalvaloreoggiaccettato,misuratoinseguitoconstrumentipiùraffinati, edè: G=6,67.10–11Nm2/kg2 •Lemaree Lemareesonodovuteall’attrazionedellaLuna Le maree, il fenomeno per cui il livello del mare subisce dei movimenti periodici di abbassamento (bassamarea)ediinnalzamento(altamarea),sonodovuteallaforzadiattrazioneesercitatadallaLuna(e in misura assai minore dal Sole) sulla Terra. L’alta marea si verifica quando la Luna passa sul meridianodiunluogo,mentrelabassamareasiverificaquandolaLunasitrovaadangolorettocon ilmeridianostesso.Newtonspiegòilfenomenoosservandochelasuperficiedelmaresitrovapiùvicina allaLunadelcentrodellaTerrastessaediconseguenzasubisceunaforzadiattrazionemaggiore,chene provocauninnalzamento. LemareenonsiverificanosolonelpuntopiùvicinoallaLuna,maancheaisuoiantipodi(v.fig.6.2):la spiegazionediquestofenomenostanelfattocheilsistemaTerra-Lunahailsuocentrodigravità,chenon è al centro della Terra ma è spostato in direzione della Luna. Nel punto posto agli antipodi della posizione della Luna prevale l’accelerazione centrifuga, che porta a far allontanare la massa oceanica, conl’effettodiun’altamarea. Figura 6.2 Le maree: quando la Luna si trova sul meridiano di un luogo A, si verifica il fenomeno dell’alta marea. Il punto C rappresentailcentrodigravitazionedelsistemaTerra-Luna:inAèpiùfortelaforzadiattrazionelunare,mentreinB(agliantipodi diA)èpiùfortelaforzacentrifuga. •Ilcampogravitazionale Ilcampodiforzevieneintrodottoperspiegareleforzeadistanza Intensitàdelcampogravitazionale Laforzadiattrazionegravitazionaleèunaforzaadistanza,nelsensocheagiscesuduecorpiche nonsonoincontattotraloro.LostessoNewtonavevadifficoltàadaccettarequestaidea.Perspiegare un fenomeno analogo, rappresentato dalle forze attrattive delle cariche elettriche tra loro, venne introdottoilconcettodicampo,estesopoiancheallaforzagravitazionale.Secondoquestavisione,ogni corpodotatodimassapuòesserevistocomelasorgentediuncampogravitazionale, rappresentato da una regione di spazio nella quale sia presente una massa e nella quale quindi altre masse eventualmente presenti risentono della sua influenza. Ponendo un corpo di prova, anch’esso dotato di massa, all’interno di questa regione di spazio, questo risente della forza gravitazionale esercitata dal corpo sorgente, ma, e qui sta l’importanza del concetto, il campo gravitazionale esiste anche indipendentementedallapresenzadelcorpodiprova. L’intensitàdelcampogravitazionale,H,èdatadallaforzadiattrazionegravitazionaleesercitatadaun corpo di massa M per unità di massa, ovvero dal rapporto tra la forza gravitazionale tra due corpi di massaMempostiadistanzar,frattolamassadiprovam: F GM H= = 2 m r Essendolaforzadigravitàunvettore,ilcampogravitazionaleèuncampovettoriale,rappresentatoesso stessodaunvettore,aventeladirezioneeilversodeiraggientrantinellamassasorgente. Uncampovettorialediforzevienesolitamenterappresentatoattraversodellelinee,dette,lineediforza, che sono le tangenti in ogni punto al vettore di campo. Il campo gravitazionale ha le dimensioni di un’accelerazioneediconseguenzailcampogravitazionaleesercitatodallaTerracoincideconilvettore dellasuaaccelerazionedigravitàg(v.fig.6.3). Figura 6.3 Le linee di forza del campo gravitazionale esercitato dalla Terra sono i raggi entranti nella sorgente. Una massa m risentedellaforzaF=mg. 6.4Ilmotodeiproiettili Ilcalcolodellatraiettoriadelproiettile Laparaboladelproiettile La descrizione del moto di un proiettile sulla superficie terrestre si deve a Galileo Galilei. Egli si accorsecheilmotodiunproiettileèdatodallacomposizionediduemoti,unodovutoallaforzapeso, chetendeafarlocadereversoilbasso,el’altrodovutoallasuainerzia,ossiaalmotocheavrebbein assenza di peso, ovvero un moto rettilineo uniforme. Se eseguissimo un esperimento lasciando cadere dallamedesimaaltezzaduecorpiidentici,unodeiqualiinverticale,el’altrolanciatoorizzontalmente,i duecorpigiungerebberoalsuolonelmedesimoistante:questoperchél’unicaforzaacuisonosoggettiè laforzapeso,ediconseguenzacadrebberoalsuoloconlamedesimaaccelerazione,percorrendosoltanto dueorbitediverse. Latraiettoriapercorsadalproiettilelanciatoorizzontalmentesipuòricavareconsiderandoilmotocome composizionediduemotiindipendenti,unorettilineouniforme,lacuileggeorariasullalinearettaxè: x=v0t dovev0èlavelocitàimpressaalproiettile,eunmotodovutoallacadutadelcorpo,lacuileggeorariaè quelladelmotouniformementeaccelerato(v.cap.3)lungolalineaverticaley: 1 y= gt2 2 conaccelerazionecostanteg. Ilrisultatograficodellacomposizionediquestiduemotièunaparabola.Ilproiettiledunquepercorreun arcodiparabolaprimadicaderealsuolo.Quantopiùèaltalavelocitàinizialeimpressaalproiettilev0, tantopiùampiasaràlagittata,ovverolospazioorizzontalepercorsodalproiettileprimadicadereal suolo. A causa della curvatura terrestre, aumentando la velocità iniziale si potrebbe aumentare la gittata, in modo da far percorrere al proiettile un’intera circonferenza terrestre prima che questo cada al suolo. Questoèciòcheaccadeconisatellitiartificiali,chesonoinsostanzadeiproiettililanciatiavelocitàtali dapermetterelorodipercorrereun’orbitacircolareattornoallaTerra. 6.5Ilmotodeisatelliti Forzadiattrazioneeforzacentripeta Isatellitigeostazionari Velocitàdifuga L’atmosferaterrestreèpercorsadaunenormenumerodisatellitiartificiali,lanciatiinorbitaattornoal nostro pianeta per gli scopi più disparati: telecomunicazioni, meteorologia, analisi del suolo, analisi dell’atmosfera ecc. Il moto di un satellite artificiale in orbita attorno alla Terra si può descrivere imponendochelaforzadiattrazioneesercitatadallaTerrasulsatellite(ilsuopeso)sia uguagliata alla forza centripeta che agisce su di esso nel percorrere l’orbita circolare, quindi scrivendo l’espressione: mv2=GmmT r r2 dove m è la massa del satellite, mT è la massa della Terra, v è la velocità del satellite e r il raggio dell’orbita, cioè la distanza del satellite dal centro della Terra. Da questa espressione si ricava la velocitàdelsatellite: Si osservi che la velocità del satellite in orbita è indipendente dalla massa del satellite stesso: ciò significachelavelocitànecessariaaunoggettoperrestareinorbitanondipendedallasuamassa, masolodalraggiodell’orbitaedallagravitazioneterrestre.Lavelocitàdelsatellitediminuisceman manocheaumentailraggiodellasuaorbita:piùl’orbitaèalta,piùilsatellitesimuovelentamente.In genere i satelliti vengono lanciati con velocità iniziali tali da poter determinare le altezze delle loro orbite.Esisteunvaloreparticolarmenteinteressantedelraggiodell’orbitadiunsatellite:questovalore corrispondeaun’altezzasullasuperficieterrestredicirca36.000km.Aquestaquotaunsatelliteimpiega esattamente24oreapercorrereuninterogiroattornoallaTerra,quindi,sevienelanciatoversoovestal di sopra dell’equatore, gira con la stessa velocità con cui la Terra gira attorno al proprio asse e di conseguenza è come se rimanesse fisso sopra un punto della superficie terrestre. Un satellite di questo generevienedettosatellitegeostazionario;isatellitigeostazionarivengonoutilizzati,peresempio,per letelecomunicazionieascopimeteorologici(ilsatellitemeteorologicoeuropeo,Meteosat,èunsatellite geostazionario,einquestomodofotografasemprelastessaporzionediTerra). Perchéuncorpoabbiasufficientespintaperpotersfuggireall’attrazionegravitazionaledellaTerra(odi qualunque altro corpo) occorre imprimergli una velocità iniziale sufficiente. Questa velocità è detta velocità di fuga: per la Terra vale 11.200 m/s ed è la stessa per tutti i corpi, indipendentemente dalla loromassa(considerandotrascurabiliglieffettidell’aria). GLOSSARIO Campogravitazionale Regionedispaziocherisentel’influenzadiunamassa. Leggedellagravitazioneuniversale Definiscelaforzadiattrazionechesiesercitatraduecorpiedicecheiduecorpisiattraggonoconunaforzadirettamenteproporzionaleal prodottodellerispettivemasseeinversamenteproporzionalealquadratodellalorodistanza.Lacostantediproporzionalitàèdettacostante digravitazioneuniversale. LeggidiKeplero Sonoletreleggifondamentalidellameccanicaceleste;secondolaprima,ognipianetadescriveun’orbitaellitticanelsuomotoattornoal Sole, di cui il Sole occupa uno dei fuochi; la seconda dice che le aree descritte dai raggi vettori sono proporzionali al tempo impiegato a descriverle;secondolaterzaiquadratideitempiimpiegatidaipianetiapercorrerelerispettiveorbitesonoproporzionaliaicubideisemiassi maggioridelleorbitestesse. Satellitegeostazionario VeicolopostoinorbitaattornoallaTerraaun’altezzatalepercuiilsuoperiododirivoluzioneattornoallaTerraèdicirca24ore. Velocitàdifuga Velocitàcheoccorreimprimereauncorpoperchériescaadabbandonareilcampogravitazionaleterrestre. TESTDIVERIFICA 1. Seladistanzatraduecorpiraddoppia,diquantodiminuiscelaforzadiattrazionegravitazionaletraiduecorpi? 2. Sulla sua orbita attorno al Sole, la Terra si muove più rapidamente in inverno che in estate: è più vicina al Sole in invernooinestate? 3. Quantovalel’accelerazionedigravitàaunaquotadi1000kmdallasuperficieterrestre? 4. Qualisonolavelocitàeilperiododirivoluzionediunsatellitechepercorreun’orbitadiraggio6600km,sapendoche lamassadellaTerraè5,98·10 24 kg? 7LAVORO,ENERGIAEPOTENZA Tuttelevoltecheunaforzaagisceprovocandolospostamentodiuncorpocompieunlavoroeperciònecessitadiunacertaquantità dienergia,definitaappuntocomelacapacitàdelcorpodicompierelavoro.L’energiasipresentainnaturasottodiverseforme,come peresempiol’energiaelettrica,associataalmotodicaricheelettriche,l’energiatermica,associataalmotoincessantedelleparticelle (atomi e molecole) costituenti della materia, l’energia chimica, associata alla formazione e alla rottura di legami nel corso delle reazioni chimiche. Poiché l’energia ha la particolarità di trasformarsi da una forma all’altra, in fisica è giustificato parlare di energiainsensogenerale,senzadoverspecificaretuttelevoltediqualeprocessosistatrattando.L’energiaassociataalmotodiun corpodovutoall’azionediunaforzaqualsiasipuòesseredistintainenergiacineticaeinenergiapotenziale,laprimaconnessaalla velocità del corpo, la seconda associata alla posizione del corpo rispetto al campo di forza del quale risente l’azione (forza gravitazionale, elastica, ma anche elettrica o magnetica ecc.). Per esprimere la rapidità con la quale un sistema (o l’uomo, o una macchina)producelavoro,siintroduceinfisicalapotenza,cherappresentaappuntoillavoroprodottonell’unitàditempo.Aparità dilavorosvolto,unamacchinapiùpotenteimpiegamenotempodiunamenopotente. 7.1Illavoro Illavoroèdatodalprodottodellaforzaperlospostamento Rapportofralavoroedirezionedellaforza Lavoromotoreelavororesistente Joule,unitàdimisuradellavoro In fisica si parla di lavoro tutte le volte che una forza agisce su un corpo in concomitanza con il suo spostamento. Se un corpo è appoggiato su una superficie, soggetto alla forza peso, e non si muove per effettodiforzeesterne,laforzapesononcompiealcunlavoro;seilcorpovienesollevato,laforzacheha agitosulcorpoperdeterminarnelospostamentohacompiutounlavoro. Il lavoro compiuto da una forza per innalzare un corpo di un certo tratto rispetto alla sua posizione originariaèproporzionaleall’entitàdellospostamentodelcorpo:occorreràpiùlavoropersollevareun corpodi1metropiuttostocheperinnalzarlodi1centimetro. Dataunaforzacostante,F,che,applicataauncorpo,neprovocalospostamentodiunsegmentoΔs, si definisce lavoro, L, della forza il prodotto dello spostamento per la componente, Fs, della forza nella direzionedellospostamento: L=FsΔs Illavoroèunagrandezzascalare,quindinonèdotatodiunadirezioneediunverso. Selaforzaèparallelaallospostamento,illavorosaràdatosemplicementedalprodottodellaforza per lo spostamento; se invece la forza è perpendicolare allo spostamento, non avrà alcuna componente nella direzione dello spostamento, quindi il lavoro è nullo. Perciò, una forza perpendicolare allo spostamento non compie alcun lavoro. Il lavoro sarà massimo in valore assoluto quandolaforzaèparallelaallospostamentoeminimo(nullo)quandolaforzaèperpendicolare. A seconda della direzione relativa del vettore forza e del vettore spostamento, il lavoro si divide in lavoromotoreelavororesistente. Seledirezionidellaforzaedellospostamentohannoilmedesimoverso,illavoroèpositivoesidice lavoro motore: quando un corpo cade da una certa altezza, la forza di gravità (diretta verso il basso) compie un lavoro motore. Se forza e spostamento hanno direzione e verso opposti, il lavoro è negativo e si dice lavoro resistente: quando una molla viene compressa, la forza elastica, che tenderebbeariportarlaallasualunghezzaoriginale,compieunlavororesistente. L’unitàdimisuradellavoroèiljoule(simboloJ),definitocomeillavorocompiutodaunaforzadi1 newtonquandoilsuopuntodiapplicazionesispostadi1metroedimensionalmenteugualeaunaforza perunospostamento: 1J=1N1m •Illavorodiunaforzanoncostante Nel caso più generale di una forza non costante (che cambia intensità mentre compie il lavoro nella direzionedellospostamento),illavoroèdefinitocomel’areadellapartedipianosottesadallacurva cherappresentalaforza. Se, per esempio, la forza è rappresentata da una curva generica (fig. 7.1 A), il lavoro compiuto dalla forza lungo lo spostamento x è dato dall’area racchiusa dalla curva, che potrà venir calcolata suddividendolaintantestrisciesottili,dispessoreΔx,nellequalisiconsiderachelaforzasimantenga costante. Uncasodiforzanoncostanteèdatoperesempiodallaforzaelastica,espressadallaleggediHooke: F=–kx Per comprimere una molla di un tratto x occorre applicare una forza uguale e contraria, F = kx, rappresentatadaunarettapassanteperl’origine(v.fig.7.1B),lacuipendenzarappresentalacostante elasticak.Illavorocompiutosullaforzaelasticapercomprimerelamolladiuntrattogenericoxèdato dall’areadeltriangolochehaperlatiilsegmentoxelaforzakx,quindi: 1 L= kx2 2 Illavorocompiutodallaforzaelastica(lavororesistente)avràsegnoopposto. Nel caso della forza di gravità, che è rappresentata da una retta parallela all’asse x (v. fig. 7.1 C), il lavoro che la forza compie quando un oggetto cade liberamente di un tratto h è dato dall’area del rettangolochehaperbaseilsegmentoheperaltezzalaforzamg: L=mgh Per sollevare un corpo si dovrà agire contro la forza gravitazionale e compiere un lavoro resistente, ugualeeopposto. Figura7.1IllavorodiunaforzaFsipuòrappresentarecomel’areadellaregionedispaziosottesadallacurvacherappresentala forza in funzione dello spostamento x. In (A) la forza è descritta da una curva generica e l’area viene calcolata dividendola in segmenti di spessoreΔx, approssimabili a dei rettangoli i quali, sommati, danno l’area della regione. In (B) il lavoro di una forza elastica,rappresentatadaunarettachepartedall’origine,lacuipendenzaèlacostanteelastica:illavorocompiutodallaforzaper spostareilcorposottopostoaunaforzaelasticadiungenericosegmentoxèdatodall’areadeltriangolo.In(C)illavorocompiuto controlaforzagravitazionaleperportareuncorpodimassamaunaaltezzahdalsuolo,rappresentatodall’areadelrettangolocon basehealtezzarappresentatadallaforzaF=mg. 7.2Formedienergiaesuetrasformazioni L’energiahalacapacitàdiconvertirsidaunaformaaun’altra Ilrendimentodiunatrasformazioneenergetica L’energiameccanicasidistingueinenergiacineticaeinenergiapotenziale L’energiaèunagrandezzacheesprimelacapacità,oattitudine,diuncorpoacompierelavoro. L’energiaentraingiocoinqualunqueattivitàcheimplichiunlavoroedèunconcettoimportantissimoin fisicaesimanifestasottodiverseforme,chehannolaproprietàdiconvertirsil’unanell’altra.Poichéha ledimensionidiunlavoro,l’energiasimisurainjoule. Comunemente si distinguono l’energia meccanica, associata allo spostamento da parte di una forza, l’energiatermica,ocalore(v.cap.11),associataalmotodiagitazionedelleparticellechecompongono la materia, l’energia elettromagnetica, o radiante, associata all’emissione di radiazione elettromagneticaprodottadall’eccitazionedegliatomiedellemolecole(v.cap.24),l’energia chimica, associata alle forze di legame tra atomi nelle molecole, l’energia elettrica, associata al moto di particellecaricheelettricamente(v.cap.17),el’energianucleare,derivantedalleforzedilegametrale particelledelnucleoatomico(v.cap.25). Le forme di energia che comunemente vengono citate per esprimere i mezzi attraverso i quali l’uomo produce lavoro, come per esempio l’energia eolica o l’energia solare, fanno parte delle categorie energetiche elencate sopra: l’energia eolica è energia meccanica che deriva dal moto delle pale di un aerogeneratore (o di un mulino) mosse dal vento, l’energia solare è energia elettromagnetica emessa dallasuperficiesolareecc. L’energia tende a passare da una forma all’altra, così le varie forme di energia non restano perennemente tali, ma si trasformano le une nelle altre: per esempio, l’energia chimica si trasforma spessoincaloreetalvolta(comenelcasodellapila,v.riquadroLa pila elettrica) in energia elettrica; l’energia nucleare e l’energia meccanica si trasformano spontaneamente in calore. La conversione di energia da una forma a un’altra può avvenire spontaneamente o in maniera indotta, attraverso macchine o sistemi appositi. Con un generatore elettrico (v. par. Generatori di tensione) si può trasformare l’energia meccanica in energia elettrica, mentre con un motore elettrico, si trasforma l’energia elettrica in energia meccanica. Con un motore a scoppio, del tipo utilizzato nelle comuni automobili,sisfruttal’energiachimicadelcarburante,chevienetrasformata,nelcorsodellacombustione (cheèunareazionechimica),inenergiatermicaeinseguitoinenergiameccanicaperazionareleruote dell’automobile. In un comune tubo al neon l’energia elettrica viene trasformata in energia elettromagnetica,emessadagliatomieccitatidineonsottoformadiradiazioneluminosaoluce.Innatura le piante, per mezzo di un pigmento verde presente nelle foglie, la clorofilla, intercettano l’energia radianteprovenientedalSoleelatrasformanoinenergiachimica(fotosintesi). In generale, per ogni trasformazione energetica è possibile calcolare il rendimento della trasformazione, che misura in modo percentuale quanta parte dell’energia immessa in una forma è stataconvertitanellaformafinaledesiderata.Nelcasodelletrasformazionispontaneeilrendimentoè sempredel100%,mentrenelcasodelletrasformazioniindottedipendedaltipodistrumentoutilizzatoe dalleformedienergiainizialeefinale.Fralevarieformedienergia,quellatermicahaunacaratteristica interessante:tuttelealtreformedienergiapossonotrasformarsispontaneamenteinenergiatermica,ma nonèveroilcontrario.Poichéèlegataalmotodiagitazioneatomico-molecolare,l’energiatermicaèla formapiùdisordinatadienergia,o,comesidice,lapiùdegradata. Di tutte le forme di energia citate all’inizio del paragrafo, ci si occuperà ora dell’energia meccanica, cioè dell’attitudine di un corpo a compiere lavoro, alla quale sono riconducibili anche altre forme di energia (per esempio, l’energia elettrica o l’energia chimica). L’energia meccanica, che da qui in poi verràsemplicementeindicatacomeenergia,èdistintainenergiacineticaedenergiapotenziale.L’energia cinetica che un sistema possiede è quella dovuta al movimento delle diverse parti che lo compongono: una pallina da ping-pong in movimento possiede energia cinetica, ma anche un elettrone chescorreinunfiloelettrico.L’energiapotenzialeinvecedipendedaltipodiforzecheagisconosul sistema:unamassasituatainuncampogravitazionalepossiedeun’energiapotenzialegravitazionale,una caricaelettricafermainuncampoelettricopossiedeun’energiapotenzialeelettrica. 7.3L’energiacinetica L’energiacineticasimisurainjoule L’energiacineticaèquellapossedutadauncorpograziealsuomovimento.Seuncorpodimassamsi sposta sull’asse x dalla posizione x1 alla posizione x2, il lavoro compiuto dal corpo sarà dato dal prodottodellaforzaperlospostamentoe,tenendocontodellaleggefondamentaledelladinamica,percui laforzaèdatadallamassadelcorpomoltiplicataperlasuaaccelerazione,illavorosaràdatoda: L=ma(x2–x1) L’accelerazionedelcorponelsegmentoconsideratoèdefinitacomeilrapportotralavelocitàdelcorpo nelpuntox2menolavelocitànelpuntox1frattol’intervalloditempotrascorso: (v –v ) a= 2 1 (t2–t1) Quindiillavoroèdatoda: (v –v ) L=m 2 1 (x2–x1) (t2–t1) Mailrapporto(x2–x1)/(t2–t1)checomparenell’espressionescrittasopraèugualeallavelocitàmedia delcorponell’intervalloconsiderato,chenelcasoincuil’accelerazionesiacostante,èugualeallamedia dellevelocitàinizialeefinale(v2+v1)/2;quindiillavoropuòessereinfineespressonellaforma: (v –v )(v +v ) 1 1 L=m 2 1 2 1 = mv22- mv12 2 2 2 Sidefiniscedunqueenergiacinetica(Ecin)diuncorpo,inmotoavelocitàv,laquantità: 1 Ecin= mv2 2 percuiillavorocompiutodalcorpoeguaglialavariazionedellasuaenergiacinetica.L’energiacinetica halastessadimensionediunlavoro,quindisimisurainjoule.Sesulcorpovienecompiutounlavoro positivo (motore), la sua energia cinetica aumenta, mentre se il lavoro è negativo (resistente), la sua energia cinetica diminuisce. Quando un corpo è fermo e la sua velocità è nulla, non possiede energia cinetica:inquestosensol’energiacineticaètipicadeicorpiinmovimento.Sesuuncorpoinizialmente fermosicompieunlavoro,cheneprovocaunospostamento,siavràvariazionedellasuaenergiacinetica. Ognicorpoinmovimentoèingradodicompiereunlavorograzieallasuaenergiacinetica:l’acquadi unacascatachemetteinmotounaturbinacompieunlavoro,azionandolaruotadellaturbina;unabiglia checolpisceun’altrabigliafermaletrasmetteattraversol’urtopartedellasuaenergiacineticaecompie unlavoro. 7.4L’energiapotenziale L’energiapotenzialegravitazionale Laforzagravitazionaleèunaforzaconservativa L’energiapotenzialeelastica L’energiapotenzialeèunparticolaretipodienergiadovutaall’azionediunaforza.Uncorpofermo puòesserespostatodallasuaposizioneoriginariagrazieall’azionediunaforzacheagiscesudiesso,la quale compie un lavoro. Quindi il corpo possiede una quantità di energia, dovuta al fatto che può compiereunlavoro.Seperesempiouncorpodimassamèfermoaunaaltezzah1,sottol’azionedella forzadigravità,evienelasciatocaderefinoall’altezzah2,laforzadigravitàcompieunlavoro:ilcorpo hainséunaformadienergiaimmagazzinata,dettaenergiapotenzialegravitazionale,lacuivariazione cambiata di segno rappresenta il lavoro compiuto dalla forza gravitazionale per spostarlo da una posizioneinizialeaunaposizionefinale: L=mg(h1–h2)=mgh1–mgh2 Allora: ΔU=U2–U1=–L=mgh2–mgh1 ComesivedeΔUèladifferenzatradueterminimgh2emgh1,ciascunodeiqualipuòessereconsiderato il valore dell’energia potenziale a quella particolare altezza. Per questo motivo, è naturale definire energiapotenzialegravitazionalelagrandezza: Epot=mgh possedutadauncorpodimassamchesitrovaaun’altezzahdalsuolo. Laforzagravitazionalehaun’interessanteproprietà:illavorodaessacompiutoperportareuncorpoda una quota più alta a una più bassa non dipende dal cammino percorso, ma soltanto dai punti iniziale e finale;unaforzaperlaqualeillavoronondipendedalparticolarepercorsoseguito,masolodaisuoi estremi,èdettaforzaconservativa.Illavorodacompierepersollevareuncorpoavràsegnonegativo, perché è fatto contro la forza gravitazionale (diretta verso il basso), e l’energia potenziale del corpo aumenta;quandoilcorpocade,illavorodelleforzedelcampogravitazionaleèpositivoelasuaenergia potenzialediminuisce. Analogamente a quanto fatto per la forza gravitazionale, si può definire l’energia potenziale elastica, dovutaallaforzaelastica,peresempiodiunamollache,compressainuntrattoqualunque,èingradodi compiere un lavoro e ritornare alla sua posizione originaria. Poiché il lavoro compiuto dalle forze elastichepercomprimerladalpuntox2alpuntox1èdatoda: kx12 kx22 L= - 2 2 sidefinisceenergiapotenzialeelasticalagrandezza: 2 Epot=kx 2 la cui differenza, analogamente a quanto detto per la forza di gravità, è pari e opposta al lavoro da compiere sulle forze elastiche che agiscono sul corpo. L’energia potenziale elastica di una molla può essere utilizzata per muovere altri corpi, come succede per esempio negli orologi a ricarica. Anche la forzaelasticaèunaforzaconservativa. •Dall’energiapotenzialeall’energiacinetica Ilprincipiodiconservazionedell’energia Un corpo fermo che risente di una forza, come una massa posta a una certa quota, possiede una certa energia potenziale, dovuta alla sua posizione. La sua energia cinetica però è nulla, perché il corpo è fermo. Quando il corpo viene messo in moto, per esempio fatto cadere, la sua energia potenziale diminuisce a favore della sua energia cinetica, che aumenta. Consideriamo uno sciatore che si trova all’iniziodiunapista,all’estremitàdiunpendio.Quandosimetteinmovimentoeinizialadiscesa,lo sciatoreperdequotaediconseguenzadiminuiscelasuaenergiapotenziale,chedipendedallaquota,ma percontro,manmanocheaumentalasuavelocità,aumentalasuaenergiacinetica.L’energiapotenziale dellosciatoresitrasformainenergiacinetica.Infondoalladiscesa,l’energiapotenzialesaràstatatutta trasformatainenergiacinetica.Questoconcettoappariràpiùchiaronelparagrafo8.2,cheintrodurràil principiodiconservazionedell’energia,chestabiliscechel’energiatotalepossedutadauncorponon viene perduta, ma rimane costante, trasformandosi da una forma a un’altra. Gli inevitabili attriti prodotti dalla neve e dalla resistenza dell’aria sullo sciatore sottraggono energia, ma il principio di conservazionedell’energiarestavalido,perchél’energiameccanicapersa(datadallasommadienergia cineticaedenergiapotenziale)vieneinrealtàconvertitaincalore(energiatermica). 7.5Lapotenza Definizione Watt:unitàdimisuradellapotenza In certi casi il lavoro non è una grandezza sufficiente per esprimere le capacità di una forza, o di una macchina, o dello sforzo muscolare di un individuo: ci si potrebbe, per esempio, chiedere in quanto tempounadeterminataforzaèingradodicompiereundeterminatolavoro. Lagrandezzafisicacheesprimelarapiditàattraversolaqualeunaforzaèingradodicompiereun lavoroèlapotenza,definitaappuntocomeillavorocompiutodallaforzanell’unitàditempo,ovvero: L P= t L’unitàdimisuradellapotenzanelSIèilwatt(simboloW),definitocomelapotenzasviluppatadauna forzachecompieunlavorodi1joulein1secondo,ovvero: 1J 1W= 1s Persollevareuncorpodimassa10kga10mdalsuolo,occorrecompiereunlavorocontrolaforzadi gravitàparia L=10kg.9,8m/s2.10m=980J Percompierelostessolavoropossiamoperòimpiegare10so1s,asecondadiqualemezzoabbiamoa disposizioneperilsollevamento,equindisviluppareunapotenzadi98Wodi980Wrispettivamente:il secondo sistema ha una potenza maggiore del primo, perché impiega minor tempo a svolgere lo stesso lavoro. Un’unitàdimisuradellapotenzaattualmenteabolitaafavoredelwatt,maqualchevoltaancorautilizzata inriferimentoalleautomobili,èilcavallovapore(simboloCV),paria735W.L’introduzionedelwatt consente di definire un’unità di misura dell’energia, legata alla potenza, ancora molto utilizzata per le macchine e per gli impianti che forniscono energia, il chilowattora (simbolo kWh) definito come l’energiaprodottainun’oradaunamacchinadipotenza1chilowatt(103W),cioè 1kWh=103W.3,6.103s=3,6.106J GLOSSARIO Energia Grandezza fisica che esprime la capacità di un sistema fisico di produrre un lavoro; esistono diverse forme di energia, tra cui l’energia meccanica,l’energiaelettrica,l’energiatermica,l’energiachimicael’energianucleare.Lediverseformedienergiapossonotrasformarsi l’unanell’altra,spontaneamenteoforzatamente. Energiacinetica Partedell’energiameccanicadovutaalmotodiuncorpoodelleparticellechecompongonounsistema,proporzionaleallamassadelcorpo eallavelocitàdelcorpoelevataalquadratofrattodue. Energiapotenziale Partedell’energiameccanicadiuncorpoodiunsistema,vistacomeenergiadiposizione,dovutaallaforzaallaqualeilcorpoèsensibile. L’energiapotenzialegravitazionalediuncorpo,possedutaanchedalcorpoinquiete,èdovutaallaforzagravitazionale;l’energiapotenziale elasticaèdovutaallaforzaelastica. Fontidienergia Sostanze o processi che si possono utilizzare per ottenere energia. Sono fonti di energia primarie quelle che sfruttano direttamente le proprietàdellasostanzaodelprocesso(energiasolare,energiaeolica,energiageotermicaecc.),mentresonofontidienergiasecondarie quellederivatedalleprimarie. Forzaconservativa Sidicediunaforzaperlaqualeillavorocompiutodalleforzedelcampoperspostareuncorpodaunpuntoinizialeaunofinalenondipende dalcamminosceltomasolodaiduepunti.Sonoforzeconservativelaforzagravitazionaleelaforzaelastica,mentreènonconservativala forzadiattrito. Lavoro Grandezza fisica definita come l’intensità della componente di una forza moltiplicata per lo spostamento del punto materiale al quale è applicata,nelladirezionedellospostamento.Illavoroèunagrandezzascalareesimisurainjoule(J),dove1J=1N·1m. Potenza Grandezzafisicadefinitacomeillavoroeffettuatodaunaforzanell’unitàditempo;simisurainwatt(W),dove1W=1J/1s. TESTDIVERIFICA 1. Comesipuòrappresentaregraficamentesulpianoillavorodiunaforzadescrittadaunacurvaqualunque? 2. Qualèillavorodacompierepersollevarediuntrattos=10munacassadimassam=40kg? 3. Che differenza c’è tra energia cinetica ed energia potenziale? Un corpo dotato di massa fermo a una certa altezza possiedeenergiacinetica?Edenergiapotenziale? 4. Checos’èunaforzaconservativa? 5. AquantikWcorrispondelapotenzadiun’automobiledi45CV? 8LELEGGIDICONSERVAZIONE Per determinare il comportamento di un sistema fisico, di cui si conoscano le condizioni iniziali, quando è sottoposto all’azione di determinate forze, non sempre sono sufficienti le tre leggi della dinamica, che descrivono la variazione delle grandezze fisiche associate al sistema. Quando le forze che agiscono sul sistema non sono costanti, o agiscono per intervalli di tempo molto brevi, occorre trovare un punto di vista diverso; a questo proposito risultano molto utili in fisica le leggi di conservazione, postulati fondamentali, suffragati da numerose evidenze sperimentali, che stabiliscono che la quantità totale di una certa grandezza fisica rimane costante nel tempo durante lo svolgimento di un processo. Così, per esempio, l’energia meccanica di un corpo in moto si mantiene costante quando il corpo è sottoposto a forze conservative, quali la forza gravitazionale. Quando intervengono forze di tipo diverso, come le forze di attrito (dette forzedissipative), parte dell’energia viene persa, ma ricompare sotto forma di calore: poichéilcaloreèessostessounaformadienergia,sipuòdirechel’energiatotalediunsistemasimantienesemprecostante,masi trasformapassandodaunaformaall’altra.Nellostudiodegliurtirisultamoltoutilesaperechelaquantitàdimotototaledeicorpi, che per definizione è data dal prodotto della massa dei corpi per la loro velocità, è soggetta a una legge di conservazione che permettedidedurreletraiettorieelevelocitàdeicorpicheentranoincollisione. 8.1Leleggidiconservazione Lostudiodiunsistemafisico Variazioneeconservazione Lostudiodelcomportamentodiunsistemafisicocostituitodaunoopiùcorpi,sottopostoall’azionedi forze, si basa sulle leggi della dinamica. Studiare un sistema fisico significa prevedere, istante per istante,comecambianolegrandezzefisichechelocaratterizzano,comelasuamassa,lasuavelocitàecc. In certi casi, conoscendo in ogni istante le forze che agiscono sul sistema e le sue caratteristiche, il compitorisultaparticolarmentesemplice:èpossibile,peresempio,determinareilmotodiuncorpodi massanotaincadutaliberasoggettoallaforzadigravità,odiunamollasoggettaallaforzaelastica.In generale,però,lecosesonopiùcomplicate:lamaggiorpartedelleforzecheagisconoinnatura,infatti, nonsonocostantineltempo,oagisconoperbrevissimiistanti,eoccorrequindidisporredileggipiù generali dalle quali dedurre l’andamento delle grandezze fisiche variabili, utile per trarre informazioni sulmotodeisistemi. Quandounsistemafisicovaincontroaunatrasformazione,sideterminaingenerelavariazionediuna dellegrandezzefisichechelocaratterizzano:peresempio,uncorpoinquietechevienemessoinmotoda una forza varia la sua velocità (quindi la sua energia cinetica) oppure una sostanza che subisce una reazionechimicapuòvariarelasuamassa.Inquesticasi,anzichérivolgerel’attenzioneallegrandezze variabili del sistema in esame, si può provare a vedere se esistono delle grandezze che rimangono costanti. Unaleggediconservazione(oprincipiodiconservazione)èunpostulatofondamentaledellafisicache stabiliscecheinunsistemafisicolaquantitàtotaledicertegrandezze(comeperesempiol’energiaola caricaelettrica,v.cap.15),rimanecostanteneltempoanchequandotaligrandezzevengonoscambiatetra icomponentidelsistema. Grazie alle leggi di conservazione, a cui i fisici sono giunti in base ai risultati di numerose misure sperimentali, si possono formulare previsioni generali sul comportamento di un sistema (per esempio, duecorpichesiurtano,osiscambianoenergia,oreagisconochimicamente)senzaconoscereindettaglio ilcomplessodiinterazionicoinvolte.Leleggidiconservazionefornisconoinfattiunaconnessionediretta fralegrandezzefisichechecaratterizzanoilsistemanelsuostatoinizialeenelsuostatofinale.Sapendo che tali grandezze devono essere complessivamente uguali prima e dopo l’interazione, si possono scriveredelleequazionichelelegano,dallequalidedurreilcomportamentodelsistemainseguitoalla trasformazione. 8.2Laleggediconservazionedell’energia L’energiadiunsistema,definitacomelasuacapacitàdisvolgereunlavoro,sipuòpresentaresottovarie forme, che possono trasformarsi le une nelle altre. Nel caso delle forze conservative, come la forza gravitazionale, la forza elastica ecc., la variazione di lavoro è esprimibile in termini di variazione di energia potenziale e di energia cinetica; ciò significa che, definiti lo stato iniziale e lo stato finale del sistema (per esempio, stato di moto e stato di quiete), si può esprimere la variazione di energia del sistemanellatransizionefraiduestati(cioèillavorocompiutodallaforzainquestione),laqualenon dipende dal percorso seguito, ma solo dai punti iniziale e finale. Nel caso di forze non conservative, invece, come per esempio l’attrito, alle quali non è possibile associare un’energia potenziale, è necessario riferirsi più in generale alle variazioni dell’energia totale del sistema e occorre quindi conoscereesattamentetutteletrasformazionisubitedalsistemanelpassaggiodaunostatoall’altro. In tutti e due i casi, però, vale una legge di conservazione, che stabilisce che la grandezza fisica coinvolta,inquestocasol’energia,rimanecostantedurantelosvolgimentodelfenomeno. Le cose sono particolarmente semplici nel caso delle forze conservative, perché la grandezza che si conserva è l’energia meccanica, mentre si complicano con le forze non conservative, per le quali è necessariointrodurreilconcettodidissipazione. •Laconservazionedell’energiameccanica L’energiameccanica L’energiameccanicasiconservainunsistemaisolato Lavelocitàdicadutaricavatadallaleggediconservazione Inunsistemasottopostoaforzeconservative(peresempio,laforzagravitazionale)sidefinisceenergia meccanica totale del sistema E la somma dell’energia cinetica Ecin e dell’energia potenziale Epot del sistema: E=Ecin+Epot L’energiacineticael’energiapotenzialediuncorpochesimuovesottol’azionediunaforzaingenere cambiano valore da istante a istante, a seconda della velocità e della posizione del corpo. Nel caso particolare di un corpo che cade da una determinata altezza e inizialmente possiede una certa energia potenziale, il lavoro compiuto dalla forza gravitazionale per portare il corpo a una quota più bassa è ugualealladifferenzadell’energiapotenzialedelcorpotraiduepunti;allostessotempo,però,illavoro delleforzedelcampoèugualealladifferenzadell’energiacineticacheilcorpoacquistanellacaduta.Se AèilpuntoinizialeeBilpuntofinale,illavorosipuòquindiesprimerecome: L=EpotA–EpotBoppureL=EcinB–EcinA Quindi EcinB–EcinA=EpotA–EpotB e,sommandoentrambiimembridell’uguaglianza,siottiene: EcinB+EpotB=EcinA+EpotA dove i due termini dell’uguaglianza rappresentano per definizione l’energia meccanica del corpo, rispettivamente nel punto B e nel punto A. Questo risultato può essere generalizzato a ogni sistema, cosiddetto isolato, nel quale non intervengono forze non conservative (come, per esempio, le forze di attrito) ed esprime la legge di conservazione dell’energia meccanica, che stabilisce che l’energia meccanica di un sistema isolato sottoposto a forze conservative si mantiene costante durante il moto,percuisipuòscrivere: E=Ecin+Epot=costante Seunagrandezzarimanecostantesignificachelasuavariazioneènulla,quindilaleggediconservazione dell’energiameccanicasipuòscrivereanchecome: ΔE=ΔEcin+ΔEpot=0 I valori delle varie forme di energia (cinetica e potenziale) possono cambiare, ma la loro somma si mantienecostante.Leforzeconservativesonocosìchiamateproprioperlaloroproprietàdiconservare l’energiameccanicatotale. Leleggidiconservazionevengonoutilizzateinfisica,peresempio,pertrovareilvalorediunagrandezza incognita. Così, attraverso la legge di conservazione dell’energia meccanica è possibile ricavare la velocitàconcuiuncorpoarrivaalsuoloquandovienelasciatocaderedafermodaunaquotanotah.Alla quotainizialeilcorpopossiedeenergiapotenzialeEpot=mghedenergiacineticanulla;quandoarrivaal suolo, invece, possiede energia potenziale nulla, ma ha acquistato un’energia cinetica Ecin = 1/2 mv2. Poichélasuaenergiatotalerimanecostante,deveessere: mgh=1/2mv2 Daquestaespressioneèpossibilericavarelasuavelocitàdicaduta,cheèdatada: •Laconservazionedell’energiatotale Leforzedissipative Illavorodelleforzedissipativeèenergiatermica L’energianonsicreaenonsidistrugge,sitrasforma Laleggediconservazionedell’energianellaformapiùgenerale Ingenerale,quandouncorposimuovesuunasuperficieonell’ariaèsoggettoanchealleforzediattrito, che tendono a frenarne il moto, compiendo quindi un lavoro resistente. Le forze di attrito sono un esempio di forze non conservative, per le quali il lavoro svolto dipende dal cammino percorso, e vengono dette forze dissipative. Anche per queste forze si può enunciare una più generale legge di conservazione dell’energia, che stabilisce che la variazione dell’energia meccanica totale di un corpo è uguale al lavoro compiuto su di esso dalle forze dissipative; la legge di conservazione dell’energiaassumelaforma: ΔE=ΔEcin+ΔEpot=Ld dove Ld è il lavoro delle forze dissipative. Poiché si tratta di un lavoro resistente, la variazione di energiameccanicasaràsemprenegativa,ilchesignificachele forze dissipative tendono a diminuire l’energia meccanica totale del corpo su cui agiscono. Nella maggior parte dei casi, e in modo particolarenelcasodell’attrito,l’energiadissipatasitrasformainunanuovaformadienergia,l’energia termica,chesimanifestariscaldandoilsistemainmoto. Consideriamo,peresempio,unasferettachevienemessainmotosuunpianoinclinatononperfettamente liscio: nella posizione iniziale la sferetta possiede una certa energia potenziale gravitazionale, dovuta allaforzadigravità,chetendeafarlascivolareversoilbasso.Nelcorsodelmotolasferettaacquista energiacineticaaspesedell’energiapotenziale.Lasommadelledue,inunsistemaisolato,cheinquesto caso è rappresentato da un piano inclinato che non offre attrito, si manterrebbe costante. Nel caso in esamelacorsadellasferettaversoilbassoperòèfrenatadall’attritooppostodallasuperficie,chetende a far diminuire la sua energia meccanica e di conseguenza a farla arrivare al suolo con una velocità inferiore a quella che avrebbe avuto in assenza di attrito. La perdita di energia meccanica, quindi il lavororesistentecompiutosullasferettadalleforzediattrito,sitrasformainenergiatermicacheprovoca unaumentodellatemperaturadelsistemacompostodallasferettaedalpianoinclinato. Ingeneralesipuòdirechel’energiadiunsistemanonvieneperdutanelcorsodellatrasformazione, ma si trasforma, passando da una forma a un’altra. La legge di conservazione dell’energia viene estesa ai fenomeni termici dal primo principio della termodinamica (v. par. Il primo principio della termodinamica).Nelcasopoideifenomenifisicicheavvengonoalivelloatomicoosubatomico(v.cap. 24),doveleleggidellameccanicaclassicanonsonopiùvalide,laleggediconservazionedell’energia valesempreeassumeunaformaancorpiùgenerale,chetienecontoanchedellepossibilitrasformazioni dienergiainmateriaeviceversaprevistedallateoriadellarelatività(v.cap.26). Tenendo conto quindi dell’energia termica, Q, prodotta dalle forze dissipative e dell’energia dovuta a trasformazionidimateria,chesaràdatadaunterminem0c2(dovem0èlamassaariposodelcorpochesi trasforma e c = 3•108 m/s è la velocità della luce nel vuoto), la forma più generale della legge di conservazionedell’energiaèlaseguente: ΔE+Q+m0c2=0 8.3Laleggediconservazionedellaquantitàdimoto Ilmotodiuncorpodipendedallasuavelocitàedallasuamassa Laquantitàdimoto Leggediconservazionedellaquantitàdimoto Impulsodiunaforza Perdescrivereilmotodiuncorpo,grandezzecinematichecomeaccelerazioneevelocitàspessononsono sufficienti.Sipensiperesempioall’urtotraunasferettafermaeunainmovimento:lavelocitàcheverrà impressa alla sferetta ferma a seguito dell’urto dipende dalla velocità della sferetta in moto, ma anche dallerelativemasse.Unasferettadimassapiccolaacquistaaseguitodell’urtounavelocitàmaggioredi una di massa più grande. Per tener conto della dipendenza della massa sul moto di un corpo, viene introdottainfisicaunanuovagrandezzavettoriale,laquantitàdimoto,indicataconp,datadalprodotto dellavelocitàvdiuncorpoinmotoperlasuamassam: p=mv Direzioneeversodellaquantitàdimotodiuncorpocoincidonoconquellidellasuavelocità. Lasecondaleggedelladinamicastabilisceche,quandouncorpoèsottopostoaunaforza,varialasua velocitàediconseguenzavariaanchelasuaquantitàdimoto.Lasecondaleggedelladinamica: F=ma sipuòscrivereancheinterminidivariazionedellaquantitàdimoto. Laleggescrittacomesopravalesoltantonelcasoincuilamassadelcorporesticostanteduranteil processo. Se, per esempio, si dovesse studiare la forza alla quale è sottoposto un missile, che perde grandiquantitàdicombustibilenellancio,odiuncorpoqualsiasilacuimassavariaquandoèsottoposta a una forza, si dovrebbe utilizzare una diversa formulazione della legge. Poiché l’accelerazione è per definizionelavariazionedellavelocitàneltempo,lasecondaleggedelladinamicasipuòscriverenel seguentemodo: Δv Δ(mv) Δp F=m( )= = Δt Δt Δt cheesprimeilconcettopercuilaforzaagentesuuncorpoèugualeallavariazionedellasuaquantitàdi motoneltempo. Nelcasoincuiuncorpononsiasottopostoadalcunaforza(F=0),osiasottopostoaunaseriediforzela cui risultante è nulla, la seconda legge della dinamica scritta in termini di quantità di moto esprime la leggediconservazionedellaquantitàdimoto:laquantitàdimotodiuncorposottopostoaforzedi risultante nulla è costante nel tempo. Analogamente, dato un sistema costituito da più corpi, se si definiscelaquantitàdimotototaledelsistemacomelasommadellequantitadimotodeisingolicorpi che lo compongono, si può dire che, in un sistema di corpi sottoposto a forze di risultante nulla, la quantitàdimotototaledelsistemarimanecostante. Sidefinisceinfineimpulso,I,diunaforzaFilprodottodellaforzaapplicataauncorpoperl’intervallo ditempoΔtnelqualedural’applicazione: I=FΔt percuilasecondaleggedelladinamicasipuòscriverecome: I=Δp asignificarechel’impulsodiunaforzaapplicataauncorpoèugualeallavariazionedellaquantitàdi motodelcorpostesso.Laleggediconservazionedellaquantitàdimotovieneutilizzataperstudiaregli urtitraicorpi. •Quantitàdimotoeurti Leforzeimpulsiveagisconoperbreviintervalliditempo Dinamicadiunurtofraduecorpi Laconservazionedellaquantitàdimotonegliurti La quantità di moto risulta molto utile nello studio degli urti tra due o più corpi, che avvengono nell’interazionetraicorpiadistanzemoltoravvicinateeintempibrevissimi.Inquesticasileforzein causa, che agiscono per intervalli di tempo molto brevi, si dicono impulsive e la loro azione produce l’effettodicambiareistantaneamenteladirezioneelavelocitàdeicorpichecollidono. Consideriamoilcasopiùsemplicediurto,quellodovutoalloscontrofraduesferette(indicateconAeB) inmoto;durantel’urtoconlasferettaB,lasferettaAèsottopostaaunimpulsodatodalprodottodella forzaesercitatadaB, indicata con FB, per l’intervallo di tempo Δt durante il quale avviene l’urto, che saràugualeallavariazionedellasuaquantitàdimoto: FBΔt=ΔpB Allo stesso tempo, la sferetta B sarà sottoposta a un impulso, dato dalla forza FA esercitata da A, che uguaglialavariazionedellaquantitàdimotodiB: FAΔt=ΔpA Inbaseallaterzaleggedelladinamica,laforzacheAesercitasuBdeveessereugualeecontrariaalla forzacheBesercitasuA,quindi: FB=–FA ediconseguenza: ΔpB Δp =– A Δt Δt Questauguaglianzasipuòscrivereanchecome: Δ(pA+pB) =0 Δt Selavariazioneneltempodellaquantitàdimotototaledelsistemacostituitodalleduesferetteènulla, significa che la quantità di moto totale del sistema è costante, quindi che vale la legge di conservazionedellaquantitàdimotoapplicatoalsistemacostituitodalleduesferette: pA+pB=costante La quantità di moto totale del sistema non cambia a seguito dell’urto. La collisione ha l’effetto di ridistribuiretraleduesferettelaquantitàdimotodicuiilsistemadispone,malasommatotalerimane costante:questosignificachelaquantitàdimotodiciascunasferettapuòvariarediintensità,didirezione ediverso,malasommadelleduerimanecostante.Suunsistemadiquestotiposièsuppostochenon agiscanoforzeesternenonequilibrate,macheleunicheforzechecontribuisconoavariareilmotodelle duesferettesianoprodottedall’interazionetraesse,quindiilsistemasipuòconsiderareisolato.Sipuò dunque estendere la legge di conservazione della quantità di moto al caso più generale dicendo che la quantitàdimotototalediunsistemaisolatosiconserva,cioèrimanecostanteneltempo. Questa legge vale per un numero qualunque di corpi che interagiscono ed è indipendente dalle loro dimensioni. Inoltre, come la legge di conservazione dell’energia, vale anche per quei sistemi (per esempio,isistemiatomici)periqualicessadivalerelameccanicaclassicaedèestremamenteutileper studiare gli urti tra particelle elementari, che permette di ricavare preziose informazioni sulle loro caratteristiche(comeperesempiolemasse)chenonsonomisurabilidirettamente. •Urtielasticieurtianelastici Urtielastici Urtianelastici Gliurtitracorpisidividonoingenereinurtielasticieurtianelastici. Nel caso degli urti elastici, oltre alla quantità di moto totale, si conserva anche l’energia cinetica totaledelsistema,cioèlasommadelleenergiecinetichedeicorpichelocompongono.Inquestotipodi urti può avvenire una deformazione temporanea dei corpi che collidono. Le leggi di conservazione applicate agli urti elastici vengono utilizzate per prevedere il comportamento del sistema a seguito dell’urto, quindi per determinare le velocità e le traiettorie dei corpi; l’urto fra due palle da biliardo, fattegeneralmentedimaterialerigidoenondeformabile,puòessereconsideratoelastico. Negliurtianelasticipartedell’energiacineticavieneutilizzataperdeformareinmodopermanente (seppureinparte)almenounodeicorpichecollidono.Sihaunurtoanelastico,peresempio,quandouna freccia viene scagliata contro un bersaglio che viene trafitto e quindi si defoma. Un urto parzialmente anelastico si verifica quando solo parte dell’energia cinetica viene dissipata sotto forma di calore o utilizzata per compiere un lavoro: per esempio, quando un sasso colpisce una vetrata parte della sua energia cinetica viene spesa per rompere il vetro, ma il sasso mantiene una frazione della sua energia cinetica e continua la sua corsa. Anche negli urti anelastici vale però la legge di conservazione della quantitàdimoto. Negli urti elastici valgono entrambe le leggi di conservazione, mentre in quelli anelastici vale solo la leggediconservazionedellaquantitàdimoto.Lecaratteristichedeiduetipidiurtisonoriassuntenello schemainbasso. •Esplosioneepropulsione Ilfenomenodelrinculo Imotoriapropulsione Un’interessanteapplicazionedellaleggediconservazionedellaquantitàdimotoèosservabileneimotori apropulsione,comequellodeimissili.Percapireilfunzionamentoditalimotorisipensiinizialmenteal fenomenodelrinculochesegueaun’esplosione:unfucilechesparaunproiettile,peresempio,subisceil fenomeno del rinculo, cioè rimbalza all’indietro a seguito dello sparo, e questo a causa della legge di conservazionedellaquantitàdimoto.Laquantitàdimotodelsistemacostituitodalfucileedalproiettile, infatti, deve restare uguale prima e dopo l’esplosione; prima dell’esplosione fucile e proiettile sono fermi,dunquelaquantitàdimotototaledelsistemaènulla.Aseguitodell’esplosioneilproiettileviene sparatoinavanticonunacertavelocitàeacquistaunacertaquantitàdimoto.Lamedesimaquantitàdi moto,conversocontrario,deveessereacquistatadalfucile,chediconseguenzarinculanelladirezione oppostaaquelladelproiettile.Ovviamente,poichélamassadelfucileèmoltomaggioredellamassadel proiettile,lavelocitàdelfuciledopol’esplosioneèpiùbassadiquelladelproiettile. Unmotoreapropulsionefunzionasfruttandoilmedesimoprincipio:all’internodelmotoreapropulsione diunrazzobruciadelcombustibilechevieneespulsoaun’estremitàadaltavelocità,comeunproiettile inunfucile;diconseguenzailrazzovienespintonelladirezioneoppostarispettoaquelladell’uscitadei gas di combustione. Se il razzo è fissato a un mezzo mobile su ruote, per esempio, questo manterrà il motofinoaquandoverràmantenutalacombustione. GLOSSARIO Forzedissipative Sidefinisconoforzedissipativequelleforzeperlequaliillavorocompiutodallaforzastessadipendedalcamminosvolto,contrariamente alleforzeconservative,perlequaliillavoroèindipendentedalcamminopercorso,madipendesolodaipuntiinizialeefinale. Impulso Grandezzafisicachemisuraglieffettidell’azionediunaforzasuunsistemafisicoinunintervalloditempo.Èdatadalprodottodellaforza perl’intervalloditempo. Leggediconservazionedell’energiameccanica Stabiliscechel’energiameccanicadiunsistemaisolatosottopostoaforzeconservativesimantienecostanteduranteilmoto.Laleggedi conservazione dell’energia si può generalizzare a tutti i tipi di forze e in questo caso si enuncia dicendo che la variazione dell’energia meccanicatotalediuncorpoèugualeallavorocompiutosudiessodalleforzedissipative. Leggediconservazionedellaquantitàdimoto Stabiliscechelaquantitàdimotodiuncorpo,odiunsistemadicorpi,sottopostoaforzedirisultantenullaècostanteneltempo. Leggidiconservazione Leggi fondamentali della fisica, che stabiliscono l’invariabilità di una grandezza o di una proprietà di un sistema fisico durante il moto o durantetrasformazioni,reazioniecc.incuientriingiocol’energia. Quantitàdimoto Grandezzavettorialeugualealprodottodellamassadiuncorpoperlasuavelocità:nelcasodiunsistemaapiùcorpi,laquantitàdimoto totaledelsistemaèdatadallasommadellequantitàdimotodeglielementichelocompongono. Urto Interazionetraduecorpiinmotorelativo,chesiverificaintempibrevissimieprovocauncambiamentodivelocitàedirezionedeicorpi. TESTDIVERIFICA 1. Seuncorpodimassam=10kgvienelasciatocaderedaun’altezzah = 10 m, qual è la sua velocità finale? E la sua energiacineticafinale?Invirtùdiqualeleggesiamoingradodicalcolaretalivalori? 2. Perchéquandouncorpostrisciasuunasuperficiescabrasiproducecalore? 3. Laquantitàdimotoèunagrandezzascalareovettoriale?Perché? 4. Qualigrandezzesiconservanoinunurtoelastico?Einunurtoanelastico? 5. Unasferettadimassam=1kginmotolungounarettaconvelocitàv=10m/scolpiscelungolastessarettauncorpo di massa M = 4 kg inizialmente in quiete e penetra totalmente nel corpo. Si tratta di un urto elastico o di un urto anelastico? Con quale velocità V riparte il sistema lungo la retta? Quale legge occorre applicare per trovare il risultato? 9L'EQUILIBRIOEILMOTOROTATORIODEICORPI Uncorpoèinequilibrioquandoleforzeacuièsoggettononnemodificanolostatodiquiete.Lapartedellameccanicachestudiae definiscelecondizionidiequilibriodeicorpièlastatica.Peruncorpochesipossaconsiderarepuntiforme(puntomateriale), tali condizioni comportano semplicemente che sul corpo devono agire forze di risultante nulla. Un corpo avente dimensioni non trascurabilièdettocorpoestesoe,inparticolare,senonèsoggettoadefomazioniperl’azionediforze,èdettocorporigido.Nelcaso diuncorporigidooccorredefinireanchelecondizionipercuiessononsiasottopostoarotazione.Aquestoscoposiintroduceuna nuovagrandezza,ilmomentodelleforzeagentisulcorpo,percuilacondizionediequilibriocomportanonsolocheleforzeabbiano risultantenulla,maanchecheilmomentodelleforzeabbiarisultantenulla.Perilmotorotatoriodiuncorporigidovalgonoleleggi delladinamica,apattodidefinirealcunegrandezzecaratteristichepertalitipidimoti,comeilmomentod’inerziadelcorpo,chene esprime,analogamenteallamassa,laresistenzaallarotazione,eilmomentoangolare,l’analogodellaquantitàdimoto. 9.1Puntomaterialeecorporigido Corpopuntiformeepuntomateriale Corpoestesoecorporigido Centrodimassadiuncorporigido Mototraslatorio Motorotatorio Leleggidelladinamicaformulateneicapitoliprecedentisonobasatesulpresuppostocheladimensione dei corpi in moto sia trascurabile rispetto al loro spostamento. Questo significa che la velocità di un corpo, la sua accelerazione e la sua massa sono considerate come se appartenessero a un corpo puntiforme. La Terra può essere considerata puntiforme rispetto al suo moto di rivoluzione attorno al Sole,elostessosipuòdirediuncorpoincadutalibera,sesistudiailmotodelcorponelsuoinsieme(e nonilmotodellesuevarieparti).Quandouncorpovienetrattatosottoquestopuntodivistasiparladi puntomateriale. Nella maggior parte dei casi, però, è necessario prendere in considerazione anche la dimensione dei corpiinmoto.Siconsideri,peresempio,unaruotachegiraattornoalsuoasse(assedirotazione):non tuttiipuntidellaruotahannolastessavelocitàdirotazione,maquest’ultimaaumentamanmanochecisi allontana dal centro della ruota (che è addirittura fermo). Quando non si può prescindere dalle dimensionidelcorpo,siparladicorpoesteso.Uncasoparticolaredicorpoestesoèrappresentatodal corpo rigido, nel quale cioè le deformazioni che avvengono a seguito delle forze a cui è sottoposto si possono considerare trascurabili o, in altre parole, nel quale la distanza tra due punti qualsiasi rimane costante. Nello studio del moto dei corpi rigidi è necessario determinare un punto nel quale poter supporre concentrata tutta la sua massa, detto centro di massa del corpo; inoltre, in relazione al movimento, occorredistinguereframotitraslatoriemotirotatori.Nelmototraslatoriotuttiipuntidelcorpohanno lastessavelocitàeleleggidelladinamicapossonoessereriformulateconsiderandoilcorpoconcentrato nel suo centro di massa. Nel moto rotatorio, invece, i punti del corpo hanno velocità differenti a secondadelladistanzadall’assedirotazione.Unesempiodimototraslatorioèquellodiuncorpoche viaggiainlinearettaocurva,odiunsassochecadesottopostoallaleggedigravità.Unesempiodimoto rotatorioèquello,primafatto,dellaruotachegiraattornoalproprioasse.Esistepoiunmoto,dettomoto rototraslatorio, che è dato dalla combinazione di quello traslatorio e di quello rotatorio, come per esempio il moto della ruota di un’automobile, che ruota attorno al proprio asse e contemporaneamente viaggialungolastrada. 9.2L’equilibrio Lastatica Lacondizionediequilibrioperilpuntomateriale Condizionidiequilibrioperuncorporigido Coppiadiforzeemomentodellacoppia Ilmomentodiunaforza La parte della meccanica che studia le condizioni per cui i corpi, pur essendo soggetti a forze, rimangono in stato di quiete (le condizioni di equilibrio statico), è la statica. La statica riveste importanzanellascienzadellecostruzioniperchéfornisceglistrumentiperlostudioelaprogettazionedi tutti i tipi di strutture (case, ponti, dighe ecc.), per cui le condizioni di equilibrio sono ovviamente fondamentali. Ilcasopiùsemplicediequilibriodiuncorpoèquellocheriguardailpuntomateriale.Perchéunpunto materiale soggetto a forze sia in equilibrio è sufficiente che la somma, o risultante R, delle forze applicate sia nulla, cioè che sia: R = 0. Un punto materiale appoggiato a un piano, per esempio, è in equlibrio rispetto alla forza di gravità perché la forza che la base di appoggio esercita sul punto controbilancialaforzadigravitàediconseguenzalarisultantedelleforzecheagisconosulpuntoènulla. Quandoilcorpoèestesoerigido(sisupporràsemprecheicorpiestesisianorigidi,persemplicità),la condizionechelarisultanteRsianullanonèpiùsufficiente.Uncorporigido,qualeperesempiounlibro, appoggiato su un tavolo è in equilibrio perché la forza di gravità determinata dal suo peso è controbilanciata dal tavolo. Ora facciamo ruotare il libro, agendo con le mani su due bordi opposti, applicandodueforzediugualeintensitàediversocontrario:inquestocasolarisultantedelledueforzeè nullaetuttaviaillibrononèpiùinequilibrio.Perequilibrarel’effettodelledueforze,dettecoppia di forze, occorre applicare una seconda coppia di forze, che provochi una rotazione uguale e di verso opposto.Unacoppiadiforzeèdatadaunsistemadidueforzeparallele,lecuidirezioninonsono allineateesonodiversooppostoeagisconosuuncorpomettendoloinrotazione.L’intensitàdiuna coppia di forze è determinata da una grandezza, detta momento della coppia (indicato con M), di intensitàM=Fb,dovebèladistanzatraledirezioniparalleledellaforza,dettabracciodellacoppia,e Flalorointensità.L’effettodellarotazioneèdovutoalmomentodellacoppia.Ilmomentoèunvettore, direttolungol’assedirotazionedelcorpoacuivieneapplicatalacoppia,eilcuisensopuntaversoun osservatorechevedelarotazioneinsensoantiorario(v.fig.9.1).Ingenerale,perchéuncorpononruoti occorrecheimomentidelleforzechetendonoafarloruotareinunsensosianocompensatidaimomenti diforzechetendonoafarloruotarenelsensoopposto,inmodocheilmomentototalesianullo,cioèsia: M=0 Perché un corpo rigido sia in equilibrio, devono verificarsi allora due condizioni, cioè che la somma delleforzeapplicatesiaugualeazeroelasommadeimomentidellecoppieapplicatesiaugualeazero: R=0;M=0 Laprimacondizioneimpediscealcorpoditraslare,lasecondadiruotare. In generale, il momento M di una forza F, applicata in un punto P rispetto a un generico punto O, ha un’intensitàdatadalprodottodell’intensitàdellaforzaFperladistanzatrailpuntodiapplicazionedella forzaeilpuntoO,perilqualepassal’assedirotazione,ovveroilsegmentoOP, detto ancora braccio dellaforza.LadirezionedelvettoreMèperpendicolareallaforzaealsegmentoOPeilsuoversoèdato dalla regola della mano destra (v. fig. 9.2). Il momento di una forza ne misura la capacità di porre in rotazioneunoggettorispettoalpuntoO.Peraumentareilmomentodiunaforzaèsufficienteaumentareil braccio.Ilconcettodimomentodiunaforzasiapplicaalleleve(v.riquadroinalto),macchinesemplici chehannoloscopodiequilibrareunaforzapiùomenointensaapplicandoneun’altra,menointensamadi bracciomaggiore,inmododaequilibrareimomentidelleforze. LELEVE Lelevesonoilprimotipodimacchinasempliceinventatodall’uomo.Unamacchinasempliceèundispositivoingradodicompierelavoro eseguendounsemplicemovimento.Leleve,ruotandoattornoaunpuntofisso,dettofulcro,permettonoditrasmettereunaforza,chehalo scopo di contrastare una forza esterna (la resistenza), tramite l’applicazione di un’altra forza, meno intensa (la potenza). Le leve si basano sull’equilibrio rotatorio. Poiché l’equilibrio si realizza eguagliando i momenti delle forze, è sufficiente aumentare il braccio di una forza meno intensa (e quindi aumentare o ridurre la distanza delle forze agenti dal fulcro) per aumentare il suo momento, così da poter contrastare una forza più intensa. Le leve si dividono in leve di primo genere, di secondo genere e di terzo genere, a seconda delle reciprocheposizionidelfulcro,dellapotenzaedellaresistenza. Nellelevediprimogenere il fulcro si trova tra la potenza e la resistenza: sono leve di questo genere il piede di porco e le forbici. In questa categoria rientra il concetto generico di leva, che si realizza utilizzando una sbarra vincolata a un punto fisso per sollevare un oggetto:ilvincolorappresentailfulcro,ilpesodell’oggettodasollevarelaresistenzaelaforzaapplicatadall’uomolapotenza.Utilizzando unalevaèpossibilesollevarecorpimoltopiùpesantidiquantononsiriescaafareconlasolaforzamuscolare. Nellelevedisecondogenerelaresistenzasitrovatrailfulcroelapotenza:nesonoesempilacarriolaeloschiaccianoci. Nelleleve di terzo genere, infine, la potenza si trova tra il fulcro e la resistenza: esempi di leve di terzo genere sono le pinzette e il bracciochesollevaunoggetto. Figura9.1Ilvettoremomentodiunacoppiadiforze. Figura9.2IlmomentoMdiunaforzaFapplicatainunpuntoP,rispettoaunpuntofissoO. •Ilbaricentrodiuncorpo Ilbaricentrorappresentailcentrodigravità Laposizionedelbaricentro Quando si cercano le posizioni di equilibrio di un oggetto di forma qualsiasi, sia esso appoggiato o vincolato a un punto, nel campo gravitazionale, occorre trovare il suo baricentro, ovvero il punto nel qualesipuòconsiderareconcentratatuttalasuaforzapeso.Ilbaricentrodiuncorpoèdiversodal suo centro di massa, che rappresenta un concetto più generale, applicabile anche in assenza di gravità (mentre il baricentro, detto anche centro di gravità, presuppone l’azione della forza gravitazionale). Naturalmente,perglioggetticoncuisihanormalmenteachefaresullasuperficieterrestre,ilcentrodi massaeilbaricentrocoincidono,datocheilcentrodimassaèancheilpuntodiapplicazionedellaforza peso. Laposizionedelbaricentrodiuncorpodipendedallasuaformageometricaedalladistribuzionedella suamassa.Inunasferaomogenea,peresempio,ilbaricentrocoincideconilcentrodellasfera;inuna laminasottilerettangolareomogeneacoincideconl’intersezionedelleduediagonali;visonoanchecasi nei quali il baricentro del corpo può essere esterno al corpo. Il baricentro di un corpo può essere determinato attraverso metodi geometrici, se il corpo possiede elementi di simmetria, o sperimentalmente, trovando le posizioni di equilibrio del corpo, se questo è vincolato a un punto fisso (sospeso)oaunasuperficie(appoggiato). •Equilibriodeicorpisospesi Corpovincolatoinunpunto Condizionidiequilibriostabile,instabileeindifferente Sidefiniscevincolotuttociòchelimitalalibertàdimovimentodiuncorpo,esercitandosulcorpouna forza,dettaforzavincolare.Uncorposospesoèuncorpovincolatoaunpunto,come,peresempio,un quadro appeso a una parete. L’azione della forza peso del corpo, in questo caso, o di un’altra forza esterna applicata al corpo, può dar luogo solo a un movimento rotatorio. Per trovare le posizioni di equilibriodiuncorpovincolato,occorretrovareilpuntoincuilaforzapesosiabilanciatadallaforza vincolare, in modo che il corpo non sia libero di ruotare. In particolare, si ottiene l’equilibrio di un corposospesoinunpuntoquandoilsuobaricentrositrovasullaverticalepassanteperilpuntodi sospensione, cioè quando la retta coincidente con la direzione della forza peso del corpo passa per il puntodisospensione.Sesiappendeunquadroinunpuntochenonsiailcentrodiunodeisuoiquattro lati,ilquadroruota,poichéilsuobaricentrositrovanelpuntochecongiungelesuediagonali,equindi lungol’assechepassaperilcentrodeisuoilati. Sipuòavereequilibrioquandoilbaricentrositrovaaldisottooaldisopradelpuntodisospensione,o anche quando coincide con il punto di sospensione; nei tre casi varranno condizioni di equilibrio differenti. Se il baricentro si trova al di sotto del punto di sospensione (è il caso più comune nell’esempio del quadro, appeso per esempio per il lato superiore, v. fig. 9.3 A), allontanando leggermenteilquadrodallasuaposizionediequilibrioilmomentodellaforzapesorispettoalpuntodi sospensionetendeafartornareilquadronellasuaposizioneiniziale.Inquestocasosiparladiequilibrio stabile.Seinveceilbaricentrositrovaaldisopradelpuntodisospensione(v.fig.9.3B),allontanando ilquadrodallasuaposizionediequilibrioilmomentodellaforzapesotendeafarloallontanaresempre dipiùdallaposizioneiniziale:inquestocasosiparladiequilibrioinstabile.Ilterzocaso,nelqualeil puntodisospensioneeilbaricentrocoincidono(v.fig.9.3C),èdettodiequilibrioindifferente;infatti,il momento della forza peso è nullo perché il punto di applicazione della forza coincide con il punto di rotazione,quindiallontanandoilquadroleggermentedallasuaposizioneinizialequestorestanellanuova posizione. Figura9.3Leposizionidiequilibriostabile(A),instabile(B)eindifferente(C)diuncorposospeso. •Equilibriodeicorpiappoggiati Uncorpopesanteappoggiatoèuncorpovincolatoaunasuperficie.Èsoggettoallaforzadigravitàealla forzavincolare,direttaversol’alto,datadallabasediappoggio.Sel’appoggioèinunpunto,l’equilibrio si realizza quando il baricentro del corpo si trova sulla verticale del punto di appoggio; anche in questocasosipossonoverificareletresituazionidiequilibriostabile,instabileoindifferente.Quando, spostando l’oggetto dalla sua posizione iniziale, il baricentro si sposta verso l’alto (v. fig. 9.4 A) l’equilibrio è stabile: il corpo tende a tornare nella posizione iniziale. Quando il baricentro si sposta verso il basso (v. fig. 9.4 B) l’equilibrio è instabile: il corpo si allontana dalla posizione iniziale. Quandoinfineilbaricentrodelcorporestaallastessaquota(v.fig.9.4C)l’equilibrioèindifferente. Nel caso più generale in cui l’appoggio sia in più punti, il corpo resta in equilibrio fino a quando la verticaledelbaricentroèall’internodellabasediappoggio,individuatadallalineachecongiungeipunti di appoggio più esterni (v. fig. 9.4 D). Per questo motivo, un quadrupede è più stabile di un uomo, il qualeasuavoltasitrovainunequilibriopiùstabilesetieneipiedidistanziati.Leautodacorsa,che devono affrontare curve ad alta velocità, sono in genere progettate per avere il baricentro più basso, mentreuncamionmoltoaltoèpiùsoggettoatrovarsiinunasituazionediequilibrioinstabile(nelcasoin cuisiinclinassedilato,ilsuobaricentrorischierebbefacilmenteditrovarsialdifuoridellasuperficiedi appoggio). Figura9.4Condizionidiequilibriostabile(A),instabile(B)eindifferente(C)peruncorpoappoggiatoaunpuntodiunasuperficie. Quandol’appoggioèinpiùpunti(D),ilcorpoèinequilibrioselaverticaledelbaricentroèall’internodellabasediappoggio. 9.3Equilibriostabile,instabile,indifferenteedenergiapotenziale Lecondizionidiequilibriodalpuntodivistadell’energiapotenzialegravitazionale Aglistatidiequilibriocorrispondonosempreenergieminime Lecondizionidiequilibriostabile,instabileeindifferentepossonoessereesaminatedalpuntodivista dell’energia potenziale dei corpi. Come detto nel paragrafo 9.2, un corpo è in equilibrio stabile se, spostandolo di poco dalla sua posizione di equilibrio, tende naturalmente a ritornarvi; un corpo è in equilibrioinstabilequando,scostandolodipocodallasuaposizionediequilibrio,tendeadallontanarvisi ancoradipiù;infineuncorpoèinequilibrioindifferentequando,spostatodipocodallasuaposizionedi equilibrio,rimanestabilmentenellanuovaposizione. La differenza fra le tre situazioni di equilibrio può essere esaminata (v. fig. 9.5) dal punto di vista dell’energia potenziale gravitazionale del corpo (in questo caso è indifferente che si tratti di un corpo rigidoodiunpuntomateriale). Seilcorpositrovasuuntrattoorizzontale,A,dienergiapotenziale,ilchesignificachevienespostatodi poco dalla sua posizione di equilibrio lungo l’orizzontale (per cui mantiene costante la sua energia potenzialegravitazionale)tenderàarestarenellanuovaposizione:l’equilibrioècioèindifferente. Seinveceilcorpositrovainuna“buca”dienergiapotenzialegravitazionale,B,e,venendospostatodi pocodallasuaposizionediequilibrio,lasuaenergiapotenzialegravitazionaleaumenta,tenderàatornare allaposizioneiniziale:l’equilibrioècioèstabile. Figura9.5Equilibrioindifferente(A),stabile(B)einstabile(C)dalpuntodivistadell’energiapotenzialegravitazionalediuncorpo. Infine,seilcorpositrovainequilibriosuuna“vetta”dienergiapotenziale,C,evienespostatodipoco dallasuaposizionediequilibrio,tenderàadallontanarsiancoradipiùdataleposizione:l’equilibrioè cioèinstabile. Insintesi,sipuòdireche,dalpuntodivistadell’energiapotenzialegravitazionale: ●sihaequilibriostabilequandol’energiapotenzialeèminima; ●sihaequilibrioinstabilequandol’energiapotenzialeèmassima; ●sihaequilibrioindifferentequandol’energiapotenzialerimanecostante. Questo risultato è sempre verificato in natura, dove i sistemi stabili si trovano sempre nello stato di minimaenergiapossibile.L’esempiodell’energiapotenzialegravitazionaleèsolouncasoparticolaredi unasituazionegenerale:uncorpolasciatocaderealsuolotendeaportarsinellostatodiminimaenergia potenzialegravitazionalepossibile(chediventanullaquandoraggiungeilsuolo).Ancheisistemiatomici enucleari(v.cap.24e25)sonostabilinellacondizionediminimaenergia,mentrediventanoinstabili quando acquistano energia dall’esterno (e di conseguenza emettono luce o particelle per tornare alla situazionediequilibrio). 9.4Ilmotorotatorio Ilmomentodiinerziamisuralaresistenzaallarotazione Ilmomentoangolareèl’analogodellaquantitàdimoto Leggediconservazionedelmomentoangolare Energiacineticarotazionale Uncorporigido,sottopostoaunaforzadimomentodiversodazero,vienepostoinrotazioneattornoaun punto o a un asse, che rimane fermo durante la rotazione. Come il moto traslatorio è descritto dalla velocità v del centro di massa del corpo, il moto rotatorio è descritto dalla velocità angolare ω del corpo,chemisuralavelocitàdirotazionedelcorpoeche,peruncorporigido,èugualeintuttiipunti del corpo. La resistenza che un corpo rigido oppone al cambiamento della sua velocità angolare viene misurata dal momento di inerzia I del corpo, che si comporta esattamente come la massa m nella secondaleggedelladinamica.Ilmomentodiinerziacambiadacorpoacorpo,manelcasodiunamassa puntiformeinrotazionepuòesserescrittocome: I=mR2 dovemèlamassadelcorpoeRrappresentaladistanzadall’assedirotazione.Ilmomentodiinerziaè unaquantitàscalare,calcolabilegeometricamentenelcasodicorpiomogenei(v.fig.9.6). Lasecondaleggedelladinamica(v.cap.5)puòessereriscrittaperilmotorotatorio,indicandoconαla variazioneneltempodellavelocitàangolaredelcorpo(l’analogodell’accelerazione),eprendelaforma: M=Iα doveMèilmomentodelleforzeesternecheagisconosulcorpo.Analogamenteallaquantitàdimotoper il moto traslatorio, si definisce, per il moto rotatorio, il momento angolare P del corpo (o momento della quantità di moto), una grandezza vettoriale che ne descrive il moto di rotazione. Per un corpo rigido,ilmomentoangolareèdirettolungol’assedirotazioneelasuaintensitàèespressadalprodotto dellavelocitàangolaredelcorpoperilmomentodiinerziadelcorpo: P=Iω Analogamenteaquantovisto(v.cap.8)perlaquantitàdimoto(lacuiintensitàedatadap=mv), vige unaleggediconservazionedelmomentoangolare, che stabilisce che se su un corpo o su un sistema isolatodicorpinonagiscealcunmomentorisultantediforzeesterne,ilmomentoangolaredelcorpoodel sistema di corpi rimane invariato. La legge di conservazione del momento angolare viene sfruttata per esempiodalleballerine,cheperaumentarelalorovelocitàdirotazioneallineanolebracciaalcorpo,al fine di diminuire il loro momento di inerzia: dato che sulla ballerina non agiscono forze esterne, il momentoangolarerimanecostanteeperaumentarelavelocitàdirotazionedevediminuireilmomentodi inerzia,avvicinandolebracciaall’assedirotazione. Nel moto rotatorio si definisce infine l’energia cinetica rotazionale del corpo, anche in questo caso analogaall’energiacineticatraslazionale,datadall’espressione: 1 Ecinr= Iω2 2 doveIèilmomentodiinerziadelcorpoeωlasuavelocitàangolare. Figura9.6Momentidiinerziadialcunicorpiomogeneiattornoall’assedelbaricentro. GLOSSARIO Centrodimassa Si dice di un punto del corpo rigido nel quale si suppone concentrata tutta la sua massa. Il centro di gravità, o baricentro, di un corpo è l’analogodelcentrodimassanelcampogravitazionale,ilpuntodovesisupponeconcentratatuttalasuaforzapeso. Corporigido Uncasoparticolaredicorpoesteso,didimensioninontrascurabilirispettoalsuomoto,indeformabiledall’azionedelleforzeapplicate,nel qualecioèladistanzatraduepuntiqualsiasirimanecostante. Equilibrio Inmeccanica,statodiuncorposoggettoaforzechenonsonoingradodimodificarnelecondizionidiquiete.Lapartedellameccanicache studialecondizionidiequilibrioèlastatica. Momentoangolare Vettorechedescriveilmotodirotazionediuncorporigido,direttolungol’assedirotazione,lacuiintensitàèdatadalprodottodellavelocità angolare del corpo per il momento di inerzia del corpo, P = Iω. In un sistema non sottoposto a momenti di forze esterne, il momento angolaresiconserva. Momentodiinerzia Grandezzachedescrivelaresistenzacheuncorporigidoopponeallarotazione. Momentodiunaforza Capacitàdiunaforzadiporreinrotazioneuncorpo. Motorotatorio Motonelqualetuttiipuntichecompongonoilcorpoinmotopercorronodelletraiettoriecircolariattornoaunasse,dettoassedirotazione. Mototraslatorio Motonelqualetuttiipuntidelcorpochesimuovehannolastessavelocitàeperilqualeleleggidelladinamicapossonoessereriformulate considerandoilcorpoconcentratonelsuocentrodimassa. Puntomateriale Sidicediuncorpoinmotolacuidimensioneètrascurabilerispettoalsuospostamento Vincolo Qualsiasilimitazioneallalibertàdimovimentodiuncorpo. TESTDIVERIFICA 1. Qualèlacondizionediequilibriodiunpuntomateriale?Èsufficienteperuncorporigido? 2. Qualisonoglieffettidiunacoppiadiforzesuuncorpo? 3. Seun’altalenaimperniatanelsuocentroècomplessivamentelunga3m,eaun’estremitàsiedeunbambinodi34kg, dovesidevesedereunbambinodi40kgperequilibrarel’altalena? 4. Qualèladifferenzatraequilibriostabile,instabileeindifferenteallalucedell’energiapotenzialegravitazionale? 5. Checosarappresentailmomentodiinerzia? 10LAMECCANICADEIFLUIDI Lameccanicadeifluidistudiailcomportamentodeifluidiinmoto(fluidodinamica)einquiete(idrostatica).Unfluidoèunsistema allostatoliquidoogassoso,caratterizzatodalfattodinonpossedereunaformapropria,madiassumerelaformadelrecipienteche locontiene.Unagrandezzafondamentalenellostudiodeifluidièlapressionecheunfluidoesercitasuunasuperficiegraziealsuo peso(pressioneidrostatica)ograziealsuomovimento(pressionedinamica).Inparticolare,lapressioneatmosfericaèdefinitacome ilpesoperunitàdisuperficiedellacolonnad’ariachevadalsuoloallimiteesternodell’atmosfera.Ilmotodeifluidièrettodadue equazioni fondamentali, l’equazione di continuità e l’equazione di Bernoulli, che rappresentano rispettivamente la legge di conservazionedellamassaedell’energia.Daquesteleggisipossonoricavareiprincipicheregolanoifluidiinquiete. 10.1Leproprietàdeifluidi Definizionedifluido Gaseliquidisonofluidi Un fluido si può definire come un sistema facilmente deformabile, che perciò non ha una forma propriamaassumequelladelrecipientechelocontiene. La materia si presenta, normalmente, in tre stati di aggregazione: quello solido, quello liquido e quello gassoso (v. cap. 5); i solidi sono caratterizzatidaunvolumeedaunaformadefiniti,iliquidipossiedonounvolumeproprio,manonuna forma propria, mentre i gas non possiedono né forma né volume propri. Liquidi e gas appartengono collettivamente alla categoria dei fluidi, con la differenza che i liquidi, rispetto ai gas, sono caratterizzatidaassaipiùintenseforzedicoesionetralemolecolecostituenti. •Densità Lemolecoledeiliquidisonoincontattoreciproco,anchesepossonoscorrereleunesullealtre,mentrele molecoledeigassonoseparatetraloro.Perquestoiliquidihannoingeneredensitàmaggiorerispettoai gas(ladensità,ρ,èdefinitacomeilrapportotralamassaeilvolumedelfluido). •Viscosità Laviscositàèlaresistenzainternadiunfluido Viscositàetemperatura Viscositàevelocitàdelfluido Unitàdimisuradellaviscosità Lagrandezzafisicachemisuralaresistenzacheleparticellediunfluidoincontranonelloscorrereleune sullealtreèlaviscosità,chepuòessereconsideratacomel’attritointernodellemolecoledelfluido.La viscosità si manifesta anche quando un fluido scorre su una superficie solida, o un solido si muove all’interno di un fluido, ed è maggiore per i liquidi che per i gas. La viscosità dipende dalla temperatura: nei gas aumenta con la temperatura, poiché aumenta il moto termico tra le particelle del gas, mentre nei liquidi temperatura e viscosità sono inversamente proporzionali, perché aumentando la temperatura diminuisce la coesione tra le molecole. La viscosità dipende dalla velocità del fluido in moto e può essere descritta da una legge dovuta a Newton. Si consideri un fluido contenuto in un recipiente, sottoposto a una forza orizzontale che provoca lo scorrimento di uno strato su quello sottostante:seΔvèladifferenzadivelocitàdeiduestratieΔxlalorodistanza,laforza,F,chesioppone alloscorrimento,dettaresistenzaviscosa,èdatada: F=-ηA( Δv ) Δx doveAèlasuperficiedicontattoeηunfattorediproporzionalitàdettocoefficientediviscosità,diverso daunfluidoall’altro. Nel Sistema Internazionale il coefficiente di viscosità si misura in Ns/m2, ma è più usata l’unità detta poise(simboloP),dove1P=0,1Ns/m2.L’unitàdelSistemaInternazionaledunqueèildecapoise(daP), dove 1 daP = 1 Ns/m2. I fluidi che seguono perfettamente la legge di Newton, data dalla formula sopracitata, sono detti newtoniani (acqua, glicerina, alcol, mercurio ecc.), mentre in alcuni liquidi si osservauncomportamentodifferente(peresempio,ladipendenzadaltempodellaviscosità).Laviscosità si misura con strumenti detti viscosimetri, che sfruttano lo scorrimento dei fluidi in tubi capillari di diametro molto piccolo, o il moto di caduta di sferette di massa e diametro noti in recipienti che contengonolasostanzainesame. •Pressione Lapressioneèunaforzasuunasuperficie Ilpascal:unitàdimisuradellapressione LaleggediPascal Nelcasodeifluidiilconcettodinamicodiforzanonèpiùsufficiente.Applicandounaforzasuunpunto diunfluido,diversamentedaquantoaccadeperuncorposolido,lemolecoledelfluidoscorronoleune sullealtre,mailfluidonellasuatotalitànonsubisceun’accelerazione.Perottenerelostessorisultato dinamico di una forza in un fluido è necessario che la forza venga distribuita su tutti i punti della superficiedelfluido:peresempio,sipuòmuovereunamassad’acquaspingendolaconl’interasuperficie dellemani.Aquestoscoposiintroduceunanuovagrandezza,lapressione,p,definitacomeilrapporto trailvaloredellaforzaF,perpendicolareallasuperficieS,elasuperficiestessa: F p= S La pressione ha le dimensioni di una forza per unità di superficie e la sua unità di misura nel Sistema Internazionaleèilpascal(simboloPa),dove1Pa=1N/1m2. Si può dimostrare che in un fluido la pressione si trasmette uniformemente a tutti i suoi punti. Questa scoperta si deve allo scienziato francese Blaise Pascal (1623-1662), in onore del quale è stata denominata l’unità di misura della pressione. Si consideri uno strumento costituito da un cilindro che contiene un fluido, chiuso da uno stantuffo, nel quale venga inserito un palloncino riempito d’aria: esercitandounapressionesullostantuffo,ilpalloncinorimpicciolisce,mantenendoperòinalteratalasua forma.Questosignificachelapressioneesercitatasulfluidoattraversolostantuffohaagitosuognipunto dellasuperficiedelpalloncino,perpendicolarmenteallasuperficiestessa.Sullabasediquestorisultato la legge di Pascal stabilisce che la pressione esercitata su una superficie qualsiasi di fluido si trasmetteconlastessaintensitàatuttalamassadelfluido. •Comprimibilitàdeifluidi Coefficientedicomprimibilità Igassonopiùcomprimibilideiliquidi Si definisce comprimibilità di un fluido la sua capacità di diminuire di volume quando viene sottoposto a una pressione esterna. Se un fluido occupa un volume V a una data pressione p e viene sottopostoaunacompressioneΔp,ilsuovolumesubiràunadiminuzioneΔVdatada: ΔV=–kVΔp dove k rappresenta il coefficiente di comprimibilità. Il coefficiente di comprimibilità dipende dalla pressioneeperiliquidièingeneremoltopiccolo,mentreèassaipiùelevatoperigas.Iliquidisono quindiquasiincomprimibili,mentreigassonofacilmentecomprimibili. •Tensionesuperficiale Definizione Lebollesiformanograzieallatensionesuperficiale Formazionedeimenischi Capillari Ilfenomenodellacapillarità La tensione superficiale è la forza di coesione che si esercita fra le molecole superficiali di un liquido. È dovuta al fatto che, mentre su una molecola interna al liquido le forze esercitate dalle altre molecole sono simmetriche in tutte le direzioni, su quelle in superficie agiscono solo forze laterali e versol’internodelliquido.Pertanto,sullemolecolechestannosullasuperficieagisceunaforzarisultante nonnulladirettaversoilbasso,appuntolatensionesuperficiale,chefasìchelasuperficiedelliquido,in unacertamisura,sicomporticomeunamembranaelastica.Laformazionedellegocceedellebolleè dovutaallatensionesuperficiale.Latensionesuperficialetendearendereminimalasuperficiediuna goccia e per questo motivo le bolle di sapone sono sferiche (infatti, a parità di volume, la sfera è il solidodotatodiminorsuperficie).Lebollepossonoformarsianchenell’acqua,ma,poichél’acquapura haunatensionesuperficialemoltomaggiorediquelladell’acquasaponata,lebolleavrebberodimensioni così piccole da non essere osservabili. La tensione superficiale diminuisce all’aumento della temperatura. Uno degli effetti della tensione superficiale è la formazione di menischi sulla superficie libera di un liquidocontenutoinunrecipiente:lasuperficiedelliquido,acausadellatensionesuperficiale,nonsi presenta perfettamente piana, ma tende ad assumere una caratteristica forma curva (detta menisco), con concavità (menisco concavo) o convessità (menisco convesso) rivolta verso l’alto, a secondacheilliquidobagniononbagnileparetidelcontenitore,asecondacioècheprevalganoleforze diadesionetralemolecoledelliquidoedelrecipienteoleforzedicoesionetralemolecoledelliquido. Seilliquidoècontenutoinuntubomoltosottile,didiametrointernoinferiorea0,1mm,dettocapillare, leforzeditensionesuperficialesonomoltoevidenti.Neicapillari,infatti,lasuperficieliberadelliquido è talmente piccola che il fenomeno del menisco interessa praticamente tutta la superficie. Il capillare presentainoltreun’altracaratteristica:sesiimmergeuncapillareinunliquidocontenutoinunrecipiente, il livello del liquido nel capillare non raggiunge lo stesso livello del liquido nel recipiente, come succederebbe per un tubo di dimensioni maggiori (v. par. successivo), ma subisce un innalzamento anomalo,dovutoallatensionesuperficiale.Seilliquidoformaunmeniscoconcavo,illivellodelliquido subisce un innalzamento (fig. 10.1 A); se il menisco è convesso, il livello del liquido subisce un abbassamento (fig. 10.1 B). L’entità del dislivello è calcolabile mediante una legge (detta di Jurin- Borrelli),chestabiliscecheildislivellohèdirettamenteproporzionaleallatensionesuperficialeτdel liquidoeinversamenteproporzionalealladensitàρdelliquidoealraggiordelcapillare: 2τ h= ρgr dove g = 9,8 m/s2 è l’accelerazione di gravità. Il fenomeno, detto capillarità, si riscontra per esempio nelle spugne e nelle carte assorbenti e assume in natura particolare importanza nella salita della linfa lungo i fusti delle piante, che avviene contro la forza di gravità, e nella circolazione periferica del sangue. Figura10.1Fenomenodellacapillarità:in(A)ilmeniscoèconcavoeillivellodelliquidosiinnalza;in(B)ilmeniscoèconvessoeil livellodelliquidosiabbassa. 10.2Ladinamicadeifluidi Ilmodellodifluidoperfetto Flussolaminareeflussoturbolento Motostazionario L’equazionedicontinuità Portatadimassa Laconservazionedellaportata La dinamica dei fluidi, o fluidodinamica, studia il comportamento dei fluidi in moto, in relazione alle causechelodeterminano.Perricavareleequazionicheregolanoilmotodeifluidiènecessarioricorrere a un modello teorico di fluido, il fluido perfetto, o ideale, supposto del tutto incomprimibile e non viscoso, cioè senza attrito interno. La maggior parte dei fluidi reali non sono fluidi perfetti, ma il loro comportamento, benché a volte si discosti notevolmente da quello dei fluidi perfetti, in molti casi può essereassimilabileaquellodeifluidiperfetti. Le leggi che descrivono il moto dei fluidi perfetti hanno forme relativamente semplici, che possono veniremodificatecasopercasoquandositrattanoifluidireali(igas,invece,facilmentecomprimibili, non sono fluidi perfetti, anche se in certi casi particolari, come nel caso dell’aria in moto a basse velocità,visipossonoavvicinare). La differenza principale tra un fluido perfetto e un fluido reale è la presenza della viscosità, che tende a ostacolare il moto del fluido imponendo che nelle equazioni del moto siano introdotti termini correttivi che tengano conto della dissipazione di energia causata dall’attrito interno tra le molecole. Inoltre,unfluidoreale,adifferenzadiunfluidoperfetto,puòpresentareduemodalitàdiscorrimento:in uncasopuòscorrereinstratichescivolanol’unosull’altrosenzamescolarsi(flussolaminare),mentrein unaltrocasopuòscorrereconmescolamentodiporzionidifluido,cioèinmododisordinatoecaotico (flusso turbolento), e in queste condizioni le equazioni che ne regolano il moto sono molto più complesse. Il modo più semplice per studiare il moto di un fluido è quello di incanalarlo in un condotto, di dimensioneecurvaturavariabile.Sidicecheunfluidosimuoveinregimedimotostazionario quando tuttelemolecoledelfluidocheattraversanounasezionequalsiasidelcondottohannolastessavelocitàin tuttiisuccessiviistanti.Inoltre,nelregimestazionariolemolecoledelfluidosimuovonoconlastessa velocitàinqualsiasipuntodellasezione,indipendentementedalladistanzadallepareti. In regime di moto stazionario i fluidi seguono una legge espressa dall’equazione di continuità, che derivadallaleggediconservazionedellamassa,perlaqualesipuòdirechelamassadiunfluidoche attraversaunasezionediuncondottonell’unitàditempoècostante:inaltreparole,inunasezione qualsiasidiuncondotto,nelqualenonvisianoperditeoguadagnidifluido,sidovràtrovarelamedesima quantità di fluido che in qualunque altra sezione. Allora, se Δm è la massa di fluido che attraversa la sezionedicondottonell’unitàditempoΔt,deveessere: Δm =costante Δt Esprimendolamassainterminididensità,ricordandocheΔm=ρΔV(doveρèladensitàdelfluidoeΔV ilvolumedelcondottodisezioneSedispessoreΔx)sipuòscrivere: ΔV Δx ρ( )=ρS( )=costante Δt Δt Osservandoche: Δx =v Δt èlavelocitàdelfluido,sipuòscrivereinfine: ρSv=costante cherappresental’equazionedicontinuità.LaquantitàρSvvienedettaportatadimassadelfluidoinmoto esimisurainkg/s;piùfrequentementesiricorreallaportatavolumica,datadaSv=V/t,chesimisurain m3/s. L’equazione di continuità, applicata a due diverse sezioni S1 e S2 di un condotto, nelle quali il fluido scorra con velocità rispettivamente v1 e v2, supponendo che la densità del fluido rimanga inalterata in tuttoilcondotto(ossiacheilfluidosiaomogeneo)sipuòscriverenellaforma: S1v1=S2v2 edicecheinuncondottoasezionevariabileincuiscorraunfluidoomogeneoconflussostazionario la portata volumica è costante, ossia quanto maggiore è la sezione del fluido tanto minore è la sua velocità. Conseguentemente,quandoilfluidopercorreunastrozzaturadelcondottolasuavelocitàaumenta:questo èilmotivopercuineglistrettipassaggioneitunnelspessosembraessercivento,perchél’ariaècostretta adaumentarelasuavelocitànelpassareattraversouncondottoasezioneminoredell’ariaaperta. •EquazionediBernoulli L’equazionediBernoulliesprimelaleggediconservazionedell’energia L’equazionedell’idrodinamica Laleggefondamentaledellafluidodinamicaèespressadall’equazionediBernoulli,dalnomedelfisico franceseD.Bernoulli(1700-1782)chelaricavò,edesprimelaleggediconservazionedell’energianel caso particolare dei fluidi. Si perviene alla legge della conservazione dell’energia considerando un piccolo volume di fluido perfetto che scorre in regime stazionario, con velocità v1, in un condotto di spessoreS1,situatoallaquotah1dalsuolo(v.fig.10.2). Sottolaspintadellapressionep1,ilfluidosalenelcondottofinoadarrivareallasezioneS2,maggioredi S1,dovequindiilfluidoavràvelocitàv2minorediv1.Ilpiccolovolumedifluidosubiràunavariazione di energia cinetica, ΔEcin, dovuta alla variazione della sua velocità e una variazione di energia potenziale, ΔEpot, dovuta alla variazione della quota; tali variazioni devono uguagliare il lavoro Lp compiutodalleforzedipressione,cioè: Lp=ΔEcin+ΔEpot IllavorodelleforzedipressionechetendonoaspingereilfluidodaS1aS2èdatoda: Lp=p1S1Δx1–p2S2Δx2 Ricordandoledefinizionidienergiacineticaedienergiapotenzialegravitazionalediuncorpoqualsiasi (v.cap.7),siottiene: 1 2 1 mv 1+mgh1+p1S1Δx1= mv22+mgh2+p2S2Δx2 2 2 Ricordandocheilfluidoèincomprimibile,percui: S1Δx1=S2Δx2=ΔV e introducendo la densità del fluido, si ottiene la forma più comune dell’equazione di Bernoulli (o equazionedell’idrodinamica): p+ρgh+1/2ρv2=costante dove p è la pressione che spinge il fluido nel condotto, ρ la sua densità e h l’altezza della sezione. Il termineρgh,aventeledimensionidiunapressione,rappresentailpesodellacolonnadifluidoagentesu unasuperficieunitariaevienedettopressioneidrostatica,mentreiltermineρv2/2vienedettopressione dinamica,esercitatadaunfluidoperilfattodiessereinmovimentoconvelocitàv. Figura10.2Rappresentazioneschematicadell’equazionediBernoulli. 10.3L’idrostatica IlprincipiodiStevino Ivasicomunicanti LaleggediArchimede Dall’equazionediBernoulliderivanoalcuneleggi(notecomeprincipiodiStevinoeleggediArchimede) che regolano i fluidi nel caso in cui la loro velocità sia nulla, pertinenti cioè a quella parte della meccanica dei fluidi detta idrostatica, che studia il comportamento dei fluidi in quiete (si parla di idrostatica perché la maggior parte degli esperimenti furono effettuati con l’acqua, ma le sue leggi si applicano a tutti i fluidi). Sia il principio di Stevino sia la legge di Archimede furono ricavati sperimentalmente prima che Bernoulli enunciasse la legge che porta il suo nome, ma sono ricavabili entrambidall’equazionedell’idrodinamica. Il principio di Stevino, enunciato dal matematico fiammingo S. Stevin (1548-1620), stabilisce che la pressione in un fluido omogeneo contenuto in un recipiente, indipendentemente dalla forma del recipiente,aumentaconlaprofonditàedipendedalladensitàdelfluidoedalladistanzaverticaledal peloliberodelliquidodellasuperficieconsiderata;ciòèespressodallarelazione: p=p0+ρgh dovepèlapressioneaprofonditàhep0lapressionesullasuperficie.Questoprincipioimplicachela pressioneesercitatadaunfluidoinunrecipientenondipendedallaquantitàdifluidocontenutonel recipiente,masolodallasuaquota:lapressioneesercitatadalfluidosupiùrecipientichecontengono quantitàdifluidodifferentiallamedesimaquotaèlastessa. Daquestoprincipioderivaanchelaleggedeivasicomunicanti,contenitoridiformadiversacollegatitra loro da un condotto orizzontale; introducendo un liquido omogeneo in un sistema di vasi comunicanti, questisiriempionoallostessolivello,perchélapressioneesercitatadalfluidodipendesolodall’altezza, chedeveesserelastessapertuttiicontenitoriaffinchéilsistemasiainequilibrio. Uno dei principi fondamentali dell’idrostatica si deve al greco Archimede di Siracusa (287-212 a.C.), che scoprì la relazione che regola il galleggiamento dei corpi immersi in un liquido (legge di Archimede). Il fatto che alcuni corpi galleggino in un fluido suggerisce l’esistenza di una forza: Archimedescoprìchetaleforza,direttaversol’alto,èproporzionalealpesodelfluidospostato(anche questaleggepuòesserericavatadall’equazionediBernoullinelcasodifluidoinquiete). Si consideri un corpo immerso in un fluido: la forza esercitata dal fluido sul corpo, supposto per semplicitàdiformacubica,èdatadallapressioneesercitatadalfluidomoltiplicataperlasuperficiedi contatto.Lesuperficisucuilapressionedelfluidoèattivasonoquellasuperioreequellainferioredel corpo,poichélapressioneesercitatasullefaccelateraliènullainvirtùdelprincipiodiPascal,vistoche quella esercitata su una di tali facce è annullata da quella esercitata sulla faccia opposta. La forza esercitatadalfluidosullafacciasuperioreèdatada: F1=Sp1 mentrequellaesercitatasullafacciainferioreèdatada: F2=Sp2 doveSèlasuperficiedelcorpo.Poiché,perilprincipiodiStevino: p2>p1 laforzarisultanteagisceversol’altoedèparia: F=F2–F1=Sρgh dove h = h2 – h1 è l’altezza del corpo; quindi Sh = V è il volume del corpo immerso e la legge di Archimedesipuòscrivere: F=ρVg cherappresentalaspintacheilcorporicevedalbassoversol’altoecheèesattamenteparialpesodel fluidospostato. Figura10.3IlbarometrodiTorricelli:untubochiusoaun’estremitàvieneriempitodimercurioe,tenutotappatoall’altraestremità, viene inserito in una vaschetta anch’essa contenente mercurio. La colonnina di mercurio scende fino a che la pressione del fluido nonraggiungel’equilibrioconlapressioneatmosferica. 10.4Lapressioneatmosferica L’atmosfera è l’involucro gassoso che circonda la Terra, trattenuto dalla forza di gravità, che agisce graziealsuopeso.Ècostituitadaunamisceladigas,principalmenteazoto(circa78%)eossigeno(circa 21%), accanto ad alcuni gas minori, tra cui argo, vapor d’acqua e diossido di carbonio, o anidride carbonica. L’atmosfera esercita una pressione su tutti i corpi che vi sono immersi, la pressione atmosferica, dovuta alla pressione esercitata dal peso della colonna d’aria, dal livello del mare al limiteesternodell’atmosfera.LaprimamisuradellapressioneatmosfericasidevealfisicoitalianoE. Torricelli(1608-1647),cheinventòilbarometroamercurio.IlbarometrodiTorricelliècostituitoda unavaschettacontenentemercurioedauntubo,anch’essocontenentemercurio,deldiametrodicirca1 cmelungocirca1m,chiusoaun’estremitàeinseritocapovoltoall’internodellavaschetta(v.fig.10.3). All’internodeltubolacolonnadimercuriosiabbassafinoachenonvieneraggiuntol’equilibriotrala suaforzapesoelapressioneatmosferica,chegravasullasuperficieliberadelmercuriocontenutonella vaschetta:allivellodelmare,l’equilibriosiottienequandoilmercurioneltuboraggiungeundislivelloh rispettoallasuperficiedellavaschettataleche: h=76cm Lapressioneatmosfericaimpediscealtubodisvuotarsicompletamentee,poichélapressioneesercitata dal mercurio e quella esercitata dall’atmosfera sono in equilibrio, si può dire che al livello del mare l’atmosferaesercitamediamenteunapressionepariaquellaesercitatadaunacolonninadimercurio alta 76 cm. Il valore della pressione nell’unità del Sistema Internazionale (il pascal, Pa) può essere calcolatodallarelazione: p=ρgh doveρ=13.590kg/m3èladensitàdelmercurio,ottenendosi: p=101.325Pa Questo valore corrisponde a una pressione atmosferica media definita normale, misurata al livello del mare, a 45º di latitudine e a 0 ºC. Tali specificazioni sono molto importanti poiché la densità del mercurio dipende dalla temperatura, l’accelerazione di gravità dipende dalla latitudine e la pressione atmosfericadiminuisceconl’altezzadallivellodelmare(poichésalendodiquotadiminuiscelostratodi atmosfera e quindi il suo peso). Accanto al pascal, sono in uso altre unità di misura della pressione atmosferica (v. riquadro). La pressione atmosferica varia infine da luogo a luogo e a seconda delle condizioni meteorologiche, come si può verificare ripetendo l’esperimento varie volte. Lo studio della distribuzioneorizzontaledellapressioneatmosfericacostituiscelabasedellameteorologia,chesiserve di carte geografiche sulle quali vengono tracciate le linee che congiungono i punti di uguale pressione atmosferica (le isobare), perché dalla distribuzione della pressione è possibile ricavare il movimento dellemassed’aria. LEUNITÀDIMISURADELLAPRESSIONEATMOSFERICA Poichéilvaloredellapressioneatmosfericamisuratoinpascalrisultaunnumerotroppogrande,sonostateintrodottedelleunitàdimisura piùcomode.Perconvenzionesidefinisceatmosfera(simboloatm)lapressioneesercitataallivellodelmaredaunacolonnadimercurio alta76cm(o760mm),ovvero: 1atm=101.325Pa Un’altraunitàdimisuraèilbar: 1bar=105Pa eilsuosottomultiplo,ilmillibar(mbar),usatoinmeteorologia: 1mbar=102Pa èsostituitooggiconl’ettopascal(hPa),dove 1mbar=1hPa Secondo quest’ultima unità di misura, accettata comunemente oggi dai fisici dell’atmosfera, la pressione atmosferica media al livello del mareincondizionistandardvale1013,2hPa. GLOSSARIO Comprimibilità Proprietàdeicorpididiminuiredivolumequandosonosottopostiacompressioniesterne. EquazionediBernoulli Esprimelaleggefondamentaledellafluidodinamicaerappresentalaleggediconservazionedell’energianelcasodiunfluidoperfetto. Equazionedicontinuità Rappresentalaleggediconservazionedellamassanelcasodiunfluidoperfetto. Fluido Sostanza allo stato liquido o gassoso, che non ha una forma propria ma assume quella del recipiente che la contiene. La meccanica dei fluidisidivideinfluidodinamica,chestudialadinamicadeifluidi,eidrostatica,chenestudialecondizionidiequilibrio. Fluidoperfetto Sidicediunfluidoidealeperfettamenteincomprimibileenonviscoso,utilizzatocomemodellosemplificatodiunfluidorealeperricavare equazionisemplicidelmoto. LeggediArchimede Stabiliscecheuncorpoimmersoinunfluidoriceveunaspintadalbassoversol’altoparialpesodelfluidospostato. LeggediPascal Stabiliscechelapressioneesercitatasuunasuperficiequalsiasidifluidositrasmetteconlastessaintensitàatuttalamassadelfluido. Pressione Grandezza fisica che esprime il rapporto tra l’intensità di una forza che si esercita perpendicolarmente a una superficie, misurata nel SistemaInternazionaleinpascal(Pa),dove1Pa=1N/1m2.Lapressioneidrostaticaprodottadaunfluidoèperdefinizioneilpesodella colonna di fluido che agisce su una superficie. Analogamente, la pressione atmosferica è il peso della colonna d’aria che agisce su una superficieunitaria. PrincipiodiStevino Stabiliscechelapressioneinunfluidoomogeneocontenutoinunrecipienteaumentaconlaprofonditàedipendedalladensitàdelfluidoe dalladistanzaverticaledalpeloliberodelliquidodellasuperficieconsiderata. Tensionesuperficiale Forzachesimanifestaincorrispondenzadellasuperficiediseparazionetradueliquidiimmiscibili,otraunliquidoel’aria,echefasìchelo stratosuperficialedelliquidosicomporticomeunasottilepellicola. Viscosità Grandezza fisica che descrive l’attrito interno dei fluidi, ossia la sua resistenza interna alle deformazioni prodotte dal moto di uno strato sull’altro. TESTDIVERIFICA 1. Checos’èunfluido? 2. ComeèdefinitalapressioneecomesimisuranelSistemainternazionale? 3. Quanto vale la spinta di Archimede su una sfera di ferro di raggio 6 cm immersa in acqua, sapendo che la densità dell’acquavale1kg/dm3 ? 4. Achecosaèdovutalapressioneatmosfericaedacosadipende? CALOREETERMODINAMICA 11ILCALOREELATEMPERATURA Latermologiaèilsettoredellafisicachestudiaifenomenilegatialcaloreeallasuapropagazionetracorpi.Caloreetemperatura sonoconcettichevengonospessoconfusinell’usocomune,masonoinrealtàduegrandezzefisichebendistinte.Entrambisonolegati almotodiagitazionetermicacheanimagliatomielemolecoledellamateria,intuttiisuoistatidiaggregazione,malatemperatura di un corpo misura il grado di agitazione delle particelle che lo compongono, mentre il calore è una forma di energia, che ha la tendenzaatrasferirsidaicorpiatemperaturamaggioreaquelliatemperaturaminore. 11.1Iconcettidicaloreeditemperatura Latemperatura Ilcaloreèunaformadienergia Latrasmissionedelcalore Il calore e la temperatura sono concetti familiari, che nell’uso comune vengono spesso utilizzati come sinonimi, per indicare la sensazione di caldo e di freddo procurata da un corpo. La distinzione tra un corpocaldoeuncorpofreddoèlegataallasensazionecheciprocurailcontattoconilcorpo,olasua vicinanza,echiunqueèingradodidistinguerelediversesensazioniprocuratealcontattoconuncubetto di ghiaccio o con un calorifero. Si tratta comunque di una sensazione e perciò di un concetto relativo. Tuttavia, calore e temperatura sono due proprietà o grandezze fisiche ben definite, e come tali misurabili,eincarnanodueconcettifisicidistinti,ancheseentrambisonoinstrettarelazioneconla strutturaintimadellamateria.Lamateriaècostituitadiparticelleindivisibili,ounitàelementari:atomi oaggregatidiatomidettimolecole;atomiemolecolesonolepiùpiccoleunitàcostitutivedellesostanze (elementiecomposti),cheneconservanoleproprietà;nellesostanzequesteunitàsonotenuteinsiemeda forze attrattive che sono intense nei solidi, deboli nei liquidi e ancora più deboli nei gas. Mentre nei solidi le particelle costituenti possono solo oscillare intorno a posizioni fisse, nei liquidi e nei gas acquistanounalibertàdimovimentoviaviamaggiore:sonocioèanimatedaunmotocaotico,dettomoto diagitazionetermica(v.motodiagitazionetermica). La temperatura di un corpo rappresenta l’indice del grado di agitazione delle sue particelle costituenti ed è direttamente correlata alla velocità media, e quindi all’energia cinetica media, di queste ultime. Avvicinando due corpi a temperatura diversa, una parte dell’energia cinetica posseduta dalleparticelledelcorpoatemperaturamaggiore(aenergiacineticamediamaggiore)verràtrasferitaa quelle del corpo a temperatura minore (a energia cinetica media minore), che acquisteranno maggiore velocità media: ne consegue un aumento della temperatura del corpo più freddo e una diminuzione di temperaturadelcorpopiùcaldo.Sipuòdirequindichetraiduecorpivièuntrasferimentodiunaforma dienergiaequestaenergiatrasferitavienedettacalore,oenergiatermica.Ilcaloredunqueèunaforma dienergia,chevienetrasferitadauncorpoaunaltrocondifferentetemperatura.Perquantodetto sopra, il calore è associato all’energia cinetica posseduta dagli atomi e dalle molecole che compongono una sostanza: in questo senso riscaldare una sostanza significa fornire energia alle sue particelle. Spessosiparlaimpropriamentedicalorepossedutodauncorpo,mainrealtàilcaloreèun’energiain transito, che ha la tendenza a passare da un corpo a un altro. La natura del calore come forma di energiafuchiaritanellasecondametàdel’700,mentreprecedentementesiritenevacheilcalorefosse unaproprietàdellamateria,paragonabileallacaricaelettricaoallamassa(v.riquadroinbasso). Latrasmissionedelcaloreavvienespontaneamentesolodauncorpoatemperaturamaggioreverso un corpo a temperatura minore. L’energia termica di un sistema, anche in assenza di scambi con l’esterno,puòvenirevariatainseguitoaprocessiqualilereazionichimiche,checomportanoscambidi energiasottoformadicalore,dovutiavariazionicheintervengononeilegamichimicidellesostanzeche costituisconoilsistema. L’INTERPRETAZIONEDELLANATURADELCALORE La natura del calore, nel corso del ‘600 e del ‘700, era un argomento di grande interesse per il mondo scientifico. Poiché il calore influenzava in modo evidente le reazioni chimiche, le ricerche nel campo dei fenomeni termici erano svolte principalmente da chimici (a queltempotuttaviafisicaechimicanoneranodisciplinecosìdistintecomelosonooggi).Apropositodellanaturadelcaloreesistevanodue teoriecontrapposte. Laprimateoria,inlineaconlamodernaconcezionedelcalore,pensavacheilcalorefosseprodottodalmovimentodelleparticelle(atomi) nelle sostanze riscaldate ed era sostenuta da alcuni scienziati, tra cui Newton (sostenitori dell’atomismo). La seconda teoria, invece, interpretava il calore come una sostanza, una materia sottile, o calorico, che entrava e usciva dai corpi, ed era sostenuta fra gli altri da Cartesio. L’elaborazione della teoria microscopica dell’origine del calore, che lo collegava al moto di agitazione delle particelle, diede ragione alla primaconcezione. LADILATAZIONETERMICA Ilfenomenodelladilatazionetermicalineare,caratteristicodituttiicorpisolidi,consistenell’allungamentodiunasbarrettadelmaterialein esamedovutoall’aumentodellatemperatura.Pertuttiisolidiladilatazionetermicaèespressadaunalegge,secondolaqualesel0 è la lunghezzadellasbarrettaallatemperaturat=0ºC,lalunghezzalallagenericatemperaturatsaràdatadallarelazione: l=l0(1+λt) dove λ è detto coefficiente di dilatazione lineare. Su questa legge si basano i termometri a dilatazione dei metalli. Per avere un’idea delladilatazionedeimateriali,sipensicheunasbarralunga1mdiunqualsiasimaterialesiallungadicirca1mmselasuatemperatura aumentadi100ºC. Piùingenerale,uncorposolidoounfluidocontenutoinunvolumeVsidilatanointutteledirezioni,secondounalegge,dettadidilatazione volumica,cheinteressal’interovolumedelcorpo,analogaallaprecedente.SeV0èilvolumedelcorpoallatemperaturat=0ºC,ilvolume Vallatemperaturagenericatseguelalegge: V=V0(1+αt) dove α è detto coefficiente di dilatazione cubica. Per i corpi solidi α = 3λ. Nel caso di un corpo come quello considerato precedentemente,ovverounasbarra,ladilatazionevolumicasiritienetrascurabilerispettoaquellalineare,perchéledimensionidispessore elarghezzasonotrascurabilirispettoallalunghezza. I liquidi hanno coefficienti di dilatazione molto maggiori di quelli dei solidi (v. tab.). I gas a pressione costante (in questo caso occorre aggiungerequestaprecisazione,poichéilvolumediungasdipendeanchedallapressioneacuièsottoposto,v.cap.13)sonosoggettialla stessaleggedidilatazionedeglialtricorpi. Coefficientididilatazionedialcunimateriali,solidieliquidi coefficientididilatazionelineare SOSTANZA λ(K-1) alluminio 23·10–6 ferro 12·10–6 piombo 29·10–6 vetro 9·10–6 coefficientididilatazionecubica SOSTANZA α(K-1) etanolo 1,12·10–3 mercurio 0,18·10–3 glicerina 0,53·10–3 11.2Lamisuradellatemperatura Definizione Iltermometro Latemperaturaèunagrandezzafisicachedefinisceilgradodiagitazionetermicadelleparticelle costituentiicorpielasuamisuravieneeffettuatapermezzodistrumentidettitermometri.Itermomentri sibasanosulfattochealcunegrandezzefisiche,comeperesempiolalunghezzadiunacolonninaliquida odiunfilometallico(maanchealtrecaratteristichedeimateriali,legatiallorocomportamentoelettrico odottico),varianoconlatemperatura:ciòrendepossibilestabilireunarelazionefralatemperaturaela grandezza variabile (v. riquadro in alto). Dotando il termometro di una scala graduata, o scala termometrica,direttamentedipendentedallavariazionedellalunghezzadelmateriale,sipuòeffettuare laletturadelvaloredellatemperatura,senzaulterioricalcoli. •Scaletermometriche Una scala termometrica definisce l’unità di misura della temperatura; per determinare una scala termometricaoccorrescegliereduepuntidiriferimento,unochefungadapuntodipartenzadellascala (lo zero della scala) e uno che funga da punto di arrivo, e dividere poi l’intervallo tra i due punti di riferimento in un numero definito di intervalli, in modo che a ciascuno corrisponda una misura della temperatura. La scala termometrica comunemente usata è la scala centigrada Celsius, elaborata nel 1742 dall’astronomo svedese A. Celsius (1701-1744). La scala Celsius ha come estremi la temperatura di congelamento dell’acqua (alla quale si assegna il valore 0) e la temperatura di ebollizione dell’acqua (allaqualesiassegnailvalore100):l’unitàdimisura,datadallacentesimapartedell’intervallotrale due temperature, è il grado centigrado (o grado Celsius), indicato con ºC. Il punto di ebollizione dell’acquacorrispondea100ºC,mentreilpuntodicongelamentoa0ºC;ivaloriditemperaturaaldi sottodelpuntodicongelamentodell’acquasonodefiniticonunnumeronegativo. Figura11.1RapportotralascalacentigradaCelsiuselascalakelvin. L’unità di misura della temperatura nel Sistema Internazionale è il kelvin (simbolo K), basato su una scaladitemperaturaideatanel1848dalordW.T.Kelvin(1824-1907),unfisicoinglesecuisidevono moltissimescopertenelcampodellacalorimetria.LascalakelvinhacomeorigineilvaloreK=–273,15 ºC, valore detto zero assoluto perché rappresenta la temperatura più bassa ipotizzabile in via teorica sullabasedelleleggideigas(v.par.Leleggideigas).Igradidellascalakelvincorrispondono(v.fig. 11.1)aigradiCelsius(cioè1K=1°C),inmodochelaconversionedaunascalaall’altra,utilizzandola convenzionediindicarecontlatemperaturamisurataingradicentigradieconTlatemperaturamisurata inkelvin,èdatada: T(inK)=t(in°C)+273 percui,peresempio,0°Ccorrispondea273Ke20°Ccorrispondea293K. Inambitoscientificolamisuradellatemperaturaègeneralmenteespressaingradikelvin. •Tipiditermometro Termometrialiquido Termometriamassimaeaminimaemassima Termometriavariazionedipressione Termometribimetallici Esistono vari tipi di termometri, a seconda della proprietà termometrica sfruttata e della sostanza termometricautilizzata. I termometri a liquido sono costituiti da un bulbo di vetro riempito di un liquido (mercurio, alcol, toluene ecc.), che sbocca in un lungo vaso capillare dotato di una scala graduata. La dilatazione o la diminuzione di volume del liquido (v. riquadro precedente), dipendenti dalla temperatura, lo fanno risalire o scendere nel capillare, permettendo la lettura dei livelli sulla scala graduata. I termometri a liquidoconsentonolamisurazioneditemperaturecompresetra–180ºCe650ºC,conunaprecisioneche vadalmillesimodigradoneitermometridalaboratorioalmezzogradoneitermometriindustriali. Nei termometri a liquido sono molto usati i termometri a massima, che registrano la temperatura massimadelcorpodaanalizzare:nefannoparteitermometriamercurio,utilizzatipermisurarelafebbre, nei quali una strozzatura nella cannula impedisce al mercurio di refluire. In meteorologia sono usati i termometriaminimaemassima,ingeneretermometricombinatiamercurioealcol,cheregistranola temperaturaminimaelamassimaraggiunteinuncertoperiododitempo.Latemperaturaminimaviene registrata su una colonnina contenente alcol, munita di un’asticella che si muove con la colonnina di liquido e viene trascinata verso i valori bassi della gradazione quando il liquido si contrae. Quando l’alcol torna a espandersi, e quindi sale verso valori più alti della scala, l’asticella non lo segue e il valore minimo della temperatura dell’aria rimane registrato dalla posizione dell’asticella. Il valore massimoèregistratocomeneitermometriclinici. I termometri a variazione di pressione misurano le variazioni di pressione di un gas (idrogeno, elio ecc.)indottedavariazioniditemperatura.Ilgasècontenutoinunbulboatenuta,collegatomedianteun capillare con un manometro, su cui è graduata la scala termometrica. I termometri a gas misurano temperaturetra–270ºC(prossimeallozeroassoluto)e1700ºC,conunaprecisionedell’1%. I termometri bimetallici sfruttano la dilatazione termica dei metalli: sono costituiti da due strisce formate da due metalli con diversi coefficienti di dilatazione, saldati insieme a forma di spirale. La diversadilatazionedeimetallialvariaredellatemperaturaprovocaunallungamentoounaccorciamento del sistema, collegato a un indice rotante su una scala graduata. Termometri di questo tipo misurano temperaturetra–50ºCe500ºC,conunaprecisionemassimadimezzogrado. 11.3Lamisuradelcalore L’unitàdimisuradelcalore:iljoule Lacaloria Poichésitrattadiunaformadienergia,ilcalorevienemisuratonelSistemaInternazionaleinjoule (J).Perlungotempo,però,èstatausatacomeunitàdimisuradelcalorelacaloria(simbolocal),definita comelaquantitàdicalorenecessariaperportarelatemperaturadi1gdiacquadistillatada14,5ºCa 15,5ºC,apressionestandard(1atmo101,325Pa).Larelazionetracaloriaejouleèdatada: 1cal=4,1855J Ancoraoggi,peresprimereilcontenutoenergeticodiunalimentovieneusatounmultiplodellacaloria, lakilocaloria(1kcal=1000cal). •Ilcalorespecifico Definizionedicalorespecifico Capacitàtermica Quandosiforniscecaloreauncorpo,l’aumentoditemperaturacheneconseguedipendedallamassae dallanaturadelcorpostesso,ovverodalmaterialedicuiècostituito.Sidefinisceaquestopropositoil calorespecificodiunasostanza(esiindicaconc)laquantitàdicaloredafornireall’unitàdimassa diquelladeterminatasostanzaperinnalzarelasuatemperaturadi1ºC.NelSistemaInternazionaleil calorespecificosimisurainJ/kgK,maancheinquestocasoèancorainusol’unitàdimisurariferitaalla caloria cal/g ºC (la scelta convenzionale della caloria fu fatta proprio per rendere il calore specifico dell’acquaparia1cal/gºC). Il calore specifico di una sostanza varia leggermente con la temperatura ed è caratteristico di ogni sostanza(v.tab.11.1).Lasostanzachepossiedeilcalorespecificopiùelevatoèl’acqua(occorrecioè una maggiore quantità di calore per innalzare di una unità la temperatura di una certa massa d’acqua, piuttostocheperinnalzarelatemperaturadiunaugualemassadiun’altrasostanza).Ilcalorespecifico deigasvariaasecondachevengamisuratomantenendonecostanteilvolumeoppurelapressione. Ilprodottodelcalorespecificodiuncorpoedellasuamassaèdettocapacità termica del corpo e si indicageneralmenteconC. Tabella11.1Calorispecificidialcunesostanze SOSTANZA CALORESPECIFICO (cal/g°C) (J/kgK) acqua 1,00 4186 alluminio 0,21 880 vetro 0,1-0,2 800 ferro 0,11 460 rame 0,09 387 La quantità di calore Q necessaria per provocare una variazione ΔT nella temperatura di una massa qualsiasimdiunasostanza,dipendedunquedallamassaedalcalorespecificoc,secondolarelazione: Q=mcΔT LavariazionedellatemperaturaΔTpuòesseremisurataindifferentementeingradicentigradioinkelvin, poichéiduesiequivalgono,mageneralmenteinfisicasiusalanotazioneriferitaalkelvin(einquesto casolatemperaturavieneespressadallaTmaiuscola). •Ilcalorimetro Struttura Funzionamento Lostrumentopermisurarelequantitàdicaloreceduteoassorbitedauncorpoodaunasostanza, nonchéleproprietàtermichedellasostanza(come,peresempio,ilcalorespecifico)èilcalorimetro. Il calorimetro è costituito da un recipiente isolato termicamente, che contiene una massa nota di acqua della quale si conosce la temperatura. Si basa sul principio della conservazione dell’energia, che in questo caso significa che tutto il calore assorbito o ceduto dall’acqua contenuta nello strumento resta all’interno dello strumento stesso e di conseguenza viene utilizzata per innalzare la sua temperatura. Medianteuntermometroinseritonelcalorimetrosimisuranolevariazioniditemperatura,legatealcalore assorbitoocedutoattraversolarelazioneQ=mcΔT. Ilcalorimetrovieneusato,inparticolare,permisurareilcaloreprodottoduranteunacombustione(v.fig. 11.2), una reazione chimica di ossidazione di una sostanza (il combustibile) con un’altra sostanza (il comburente) che sviluppa grandi quantità di calore. In questo caso la reazione viene innescata con una resistenzaelettricaall’internodiunacameradireazioneimmersainunamassamdiacquadivalorenoto. Il calore che si sviluppa nella reazione si trasferisce all’acqua e ne innalza la temperatura, la cui variazione viene misurata con un termometro. Nel calorimetro viene generalmente inserito anche un agitatore,ilcuiscopoèquellodiuniformarelatemperaturadellamassad’acqua. Figura11.2Calorimetroperlamisuradeicaloridicombustione. 11.4Lapropagazionedelcalore Modidipropagazionedelcalore La trasmissione del calore tra due corpi avviene, come si è visto, spontaneamente da un corpo a temperaturamaggioreauncorpoatemperaturaminoreeilprocessocontinuafinoacheiduecorpinon hannoraggiuntolastessatemperatura.Questostatoèdettostatodiequilibriotermico.Asecondadelle caratteristiche dei corpi coinvolti, la propagazione del calore può avvenire secondo tre meccanismi differenti:laconduzione,laconvezioneel’irraggiamento. •Laconduzione Ilmeccanismodellaconduzione Conducibilitàtermica Conduttorieisolantitermici Gradientetermico Iltrasferimentodicaloreperconduzionehaluogotraduecorpiacontatto,otrapartidiunostesso corpo,chesitrovanoatemperaturedifferenti.Inquestocaso,nellazonadicontattotraiduecorpi,le particelle del corpo a temperatura maggiore, che possiedono un’energia cinetica più elevata, urtandosi con le particelle del corpo a temperatura minore, che possiedono un’energia cinetica più bassa, trasferisconolorounapartedellaloroenergiacinetica.Nellaconduzioneilcaloresipropagaattraverso gli urti tra le particelle. La conseguenza è un aumento della temperatura del corpo più freddo e una diminuzionedellatemperaturadelcorpopiùcaldo.Riscaldandoperconduzionel’estremitàdiunasbarra metallica,peresempio,ilcaloresipropagaall’internodellasbarraperurtifraleparticelledelmetallo, riscaldandogradatamenteanchel’altraestremità.Laconduzioneèilsolometododipropagazionedel caloredeicorpisolidi(mentreneiliquidièaccompaganataanchedaunaltroprocesso,laconvezione). La capacità di trasferire calore per conduzione, ovvero la quantità di calore trasmesso nel processo, dipende strettamente dalla natura del materiale, attraverso una grandezza, la conducibilità termica, caratteristica del materiale stesso. Le sostanze che hanno un’elevata conducibilità termica sono buoni conduttoridicalore,mentrequellepercuilaconducibilitàèbassasonodetteisolantitermici.Ingenere imetallisonobuoniconduttoridicaloreelaragionemicroscopicaèlegataallalorostrutturainterna:nei metalliunapartedeglielettronipresentinegliatomièliberadimuoversiattraversoilmetalloequesti elettroni,chesonoresponsabilianchedell’elevataconducibilitàelettricadiquestimateriali(v.cap.15) sonoancheiresponsabilidellaconduzionedelcalore.Illegno,ilvetro,l’ariaealcunimaterialiplastici particolarmenteporosi(come,peresempio,ilpolistirolo)sonoinveceisolantitermicievengonoinfatti impiegatiperisolareleabitazionidaeventualifughedicaloreversol’esterno.Latabella11.2riportala conducibilitàtermicadialcunimateriali. La quantità di calore trasmesso per conduzione per unità di tempo tra due punti è direttamente proporzionaleallasuperficiesucuicuiavvieneloscambiotermicoealladifferenzaditemperaturatrai duepunti(ilgradientetermico).Lacostantediproporzionalitàèilcoefficientediconducibilitàtermica, chedipendedallanaturadelcorpo. Tabella11.2Coefficientediconducibilitàtermicadialcunesostanze SOSTANZA CONDUCIBILITÀTERMICA(W/m°C) argento 460 rame 380 alluminio 200 ferro 67 legno 0,2 vetro 0,6 acqua 0,4 ariasecca 0,025 •Laconvezione Correnticonvettive La convezione è il processo di trasferimento di calore tipico dei fluidi. I fluidi hanno una capacità termicamoltobassaeilprocessodiconduzioneèdiconseguenzamoltolento.Laconvezioneinunfluido è legata al trasporto di materia: quando si riscalda un fluido, la sezione che viene riscaldata per conduzione (per esempio attraverso il contatto con una parete a temperatura maggiore di quella del fluido)sispostaall’internodelfluido,trasportandoenergiatermica.Sicreanocosìall’internodelfluido delle correnti convettive, in modo che le molecole di fluido più ricche di agitazione termica si trasferiscono in un’altra parte del fluido stesso, trasportando il calore all’interno della massa del fluidostesso.Riscaldandounapentolad’acquasuunfornello,peresempio,lapartediacquaacontatto conlasuperficieinferioredellapentolasiriscaldaprima,vienesospintaversol’altoacausadellasua minore densità (dovuta alla maggiore temperatura), mentre l’acqua più fredda viene sospinta verso il basso: le correnti che si creano trasportano il calore da un punto all’altro della massa d’acqua, riscaldandoinbrevetuttoilfluido. •L’irraggiamento L’irraggiamentoèilmeccanismodipropagazionedelcalorenelvuoto Leondeelettromagnetichesitrasformanoincalore Nei processi di conduzione e di convezione del calore è necessaria la presenza di materia: nel primo casoduecorpidevonoessereacontatto,nelsecondocasoviètrasferimentodimateriadiunfluido.Ma il calore si può propagare anche nel vuoto, senza contatto o senza trasferimento di materia. L’irraggiamentoèilmeccanismodipropagazionedelcalorenelvuotoedèilmodoincuilaTerra riceve calore dal Sole. Lo spazio interplanetario si può considerare prevalentemente vuoto, poiché la densità di materia al suo interno è molto bassa. Eppure la Terra è riscaldata dal Sole (v. riquadro in basso). I corpi caldi, come il Sole, la cui superficie è a circa 6000 K, emettono radiazione elettromagnetica(v.riquadroL’effettoserra),costituitadaondegeneratedacampielettriciemagnetici, che si propagano nello spazio vuoto alla velocità della luce (circa 300.000 km/s). La radiazione elettromagneticatrasportaenergia(energiaelettromagnetica),chequandoinvesteuncorpositrasferisce allesueparticelle,provocandoneunaumentodell’energiacinetica.L’irraggiamentoèiltrasferimento dicaloredovutoall’assorbimentodiradiazioneelettromagnetica.Inquestocasononviètrasporto di calore, ma di un’altra forma di energia, che si trasforma in calore a causa dell’assorbimento di ondeelettromagnetiche.Laquantitàdienergiaelettromagneticaemessadauncorpodipendedallasua temperatura e la quantità di energia assorbita dal corpo colpito dalla radiazione dipende dalla natura dellasuperficie.Unasuperficiechiarariflettemaggiormentelaradiazioneelettromagneticadiquantola assorbe,mentreunasuperficiescuraassorbepiùradiazionediquantaneriflette.Unadistesadighiaccio odineveriflettemaggiormentelaradiazionesolare,mentreunadistesaerbosaneassorbepiùdiquanta neriflette.Ilrapportotraradiazioneriflessaeradiazionetotaleincidentesullasuperficiediunpianetaè detto albedo: l’albedo terrestre varia considerevolmente a seconda del tipo di superficie e della coperturanuvolosaehaunvaloremediodi0,35. ILSOLESCALDALATERRA Il riscaldamento della Terra da parte del Sole è dovuto a una mescolanza dei tre processi di trasferimento del calore descritti: il Sole riscalda la superficie terrestre per irraggiamento; gli strati d’aria a contatto con la superficie vengono riscaldati per conduzione e trasmettonoillorocaloreaglistratid’ariasoprastantiperconvezione,attraversocorrenticonvettive.SullaTerrailcalorevienetrasferito anche orizzontalmente, a causa del diverso riscaldamento da parte del Sole della superficie terrestre, che dipende dalla latitudine. La quantità di radiazione elettromagnetica proveniente dal Sole che colpisce la superficie della Terra è infatti maggiore a latitudini minori (vicino all’equatore) perché i raggi solari devono attraversare una porzione minore di atmosfera, in quanto giungono pressoché perpendicolariintuttelestagioniehannodiconseguenzamenoprobabilitàdivenireassorbitidalleparticellechecompongonol’atmosfera. A latitudini maggiori, dove i raggi arrivano obliqui sulla superficie terrestre, il riscaldamento della superficie è minore. La differenza di temperatura che si crea fra gli strati d’aria equatoriali rispetto a quelli polari è la causa delle correnti che rappresentano la circolazione atmosferica,nellequalisihatrasportodiariaperconvezionealloscopodiristabilirel’equilibriotermico. GLOSSARIO Agitazionetermica Movimentodisordinatoalqualesonosottoposteleparticelle(atomiemolecole)diunasostanza,solida,liquidaogassosa. Calore Particolare forma di energia la cui attitudine è quella di passare da un corpo a un altro di differente temperatura. Nel Sistema Internazionaleilcaloresimisurainjoule(simboloJ),sebbenesiaancorainusol’unitàdimisuradellacaloria,dove1cal=4,1855J,che rappresentalaquantitàdicalorenecessariaperportare1gdiacquadallatemperaturadi14,5ºCallatemperaturadi15,5ºC. Calorespecifico Quantitàdicalorecheoccorrefornireall’unitàdimassadiunasostanzaperinnalzarediun’unitàlasuatemperatura. Calorimetro Strumentopermisurarelaquantitàdicalorecedutaoassorbitadaunasostanza. Conduzione Processo di trasferimento di calore (tipico dei corpi solidi) tra due corpi a contatto, o tra due parti di un medesimo corpo, basato sul trasferimentodienergiacineticadalleparticelledelcorpoatemperaturamaggioreaquelledelcorpoatemperaturaminore. Convezione Processo di trasferimento del calore caratteristico dei fluidi, che implica il trasferimento di materia tra parti diverse del fluido tramite correnticonvettive. Irraggiamento Forma di trasferimento di energia, che si traduce in calore, che non richiede un mezzo materiale, ovvero può avvenire nel vuoto, basato sull’assorbimentodiradiazioneelettromagnetica. Temperatura Indice del grado di agitazione delle particelle di un corpo, che ne descrive l’attitudine a cedere o a ricevere calore. La temperatura si misuranelSistemaInternazionaleinkelvin(simboloK).Laprimaunitàdimisuradellatemperaturainternazionalmenteusatafuilgrado centigrado(simboloºC),basatosulladivisionecentesimalediunascalailcuizerocorrispondealpuntodicongelamentodell’acquaeilcui valore100corrispondealpuntodiebollizionedell’acqua. Termometro Strumento per misurare la temperatura di un corpo o di un ambiente, basato sulla dipendenza di alcune grandezze fisiche delle sostanze (lunghezza,volumeecc.)avariareconlatemperatura. TESTDIVERIFICA 1. Qualèladifferenzatracaloreetemperatura? 2. Quantovalgono20ºCinkelvin?Aquantocorrispondono320Kingradicentigradi? 3. Seunpezzodiferroda0,5kgvienescaldatodi10K,sapendocheilsuocalorespecificovale45J/kgK,quantovaleil caloreassorbitodall’oggetto? 4. Qualeprocessoditrasferimentodelcaloreavvieneanchenelvuoto? 12ICAMBIAMENTIDISTATO Lamateria,nellenormalicondizioniambientali,puòpresentarsiintredifferentistatifisici,ostatidiaggregazione:lostatosolido,lo stato liquido e lo stato aeriforme (distinto in stato gassoso e stato di vapore). Sottoponendo una sostanza a una variazione di temperaturae/odipressione,èpossibileoperarneilpassaggiodaunostatodiaggregazioneaunaltro,cioèuncambiamentodistato di aggregazione. Ogni cambiamento di stato avviene, a parità di pressione, a una temperatura determinata, caratteristica di ogni sostanza, e che si mantiene costante durante l’intero processo. In tutti i cambiamenti di stato la sostanza interessata scambia con l’ambienteenergiasottoformadicalore;talecalorevienecedutodall’ambienteallasostanzaodallasostanzaall’ambientee,perla legge di conservazione dell’energia, è pari rispettivamente al calore ceduto dalla sostanza all’ambiente o a quello ceduto dall’ambienteallasostanzanelcambiamentodistatoinverso.Ilcalorescambiatofraunasostanzael’ambiente,riferitoall’unitàdi massadellasostanza,èdettocalorelatente. 12.1Statidiaggregazionedellamateriaecambiamentidistato Lamateriapuòpassaredaunostatodiaggregazioneaunaltro Asecondadell’intensitàtraleforzedicoesionetralemolecole,lamateriapuòpresentarsiinunodeitre stati di aggregazione (o fasi): quello solido, quello liquido e quello aeriforme. Le sostanze nello stato solido sono caratterizzate da un volume e da una forma definiti; quelle nello stato liquido sono caratterizzate da un volume proprio, ma non da una forma propria; le sostanze nello stato aeriforme, infine, non possiedono né forma né volume propri e assumono quelli del contenitore. Liquidi e gas vengononelloroinsiemeclassificaticomefluidi.Perchésiverifichiuncambiamento di stato, cioè il passaggio di una sostanza da uno stato di aggregazione a un altro occorre modificare l’intensità delle forzedicoesionetralemolecoledellesostanze,variandolaloroenergiacinetica. •Glistatidiaggregazione Isolidi,cristallinieamorfi Lostatoliquido Lesostanzeaeriformi:gasevapori La maggior parte delle sostanze esistenti in natura sono, a temperatura ordinaria, allo stato solido e in prevalenza le loro particelle costituenti (atomi o molecole) sono disposte nello spazio con precisa regolarità geometrica: sono, in altre parole, solidi cristallini. Esempi di solidi cristallini sono il diamante,lozuccheroeilghiaccio.Unaminoranzadisostanzepresentaunastrutturadisordinata:queste sostanzesonodettesolidiamorfi,ofalsisolidi,inquantolalorostrutturaèanalogaaquelladeiliquidi, tantochepotrebberoessereconsideratideiliquidiadaltaviscosità(v.cap.10).Unesempiodisolido amorfoèilvetro.Uncorposolidopuòdiventareliquidoquandoleforzedicoesionetraleparticelleche locompongonovengonoindebolitefinoaromperelastrutturaregolarechelelegainsieme. Lesostanzenellostatoliquidosonocaratterizzatedaforzedicoesionetraleparticellepiùdeboli rispetto allo stato solido: le particelle non sono fisse in posizioni regolari, ma possiedono sufficiente energiacineticaperchépossanomuoversiconunacertalibertà,scorrendoleunesullealtre. Nelle sostanze nello stato aeriforme, infine, l’energia cinetica delle particelle (v. cap. 13) prevale sulle forze di reciproca attrazione e di conseguenza queste tendono a occupare tutto lo spazio disponibile;perquestomotivogliaeriforminonpossiedonoformanévolumepropri.Lesostanzenello stato aeriforme sono distinte in gas e vapori. Si dicono vapori quegli aeriformi che, a temperatura ambiente, si trovano allo stato liquido, mentre si dicono gas quegli aeriformi che si trovano normalmenteallostatoaeriforme.Unvapore(peresempio,ilvapord’acqua)puòessereportatoallo stato liquido per semplice compressione, senza variarne la temperatura, mentre un gas (per esempio, l’idrogeno) può essere portato allo stato liquido per compressione solo se la sua temperatura viene abbassata al di sotto di un determinato valore, detto temperatura critica (v. temperatura critica), che in certicasièestremamentebassa. •Icambiamentidistato Icambiamentidistatoavvengonoatemperaturedeterminate Ilcalorelatente Alvariaredellatemperaturaedellapressione,ognitipodimateria,cioèognisostanza,può passare da uno stato di aggregazione a un altro, cioè subire un cambiamento di stato. Un cambiamento di stato è sempre accompagnato da uno scambio di calore fra la sostanza interessata e l’ambiente circostante. In generale, fornendo calore a una sostanza si favorisce il passaggio da uno stato in cui le particellesonoassociatenelmodopiùcompatto(lostatosolido)astatiincuisonoassociateinformavia viamenocompatta(glistatiliquidoegassoso).Sottraendocaloreavvieneilcambiamentoinverso. Per quanto riguarda la pressione, essa agisce in maniera inversa alla temperatura: un aumento della pressione favorisce i passaggi dallo stato gassoso allo stato liquido o dallo stato liquido allo stato solido,mentreunasuadiminuzionefavorisceipassaggiinversi. Tuttiicambiamentidistatoavvengonoatemperaturebendeterminate,ilcuivaloredipendedalla pressione alla quale si opera (in genere si fa riferimento alla pressione atmosferica normale, pari a 1013,2hPa).Finchétuttalamassadellasostanzacoinvoltanelcambiamentodistatononsiètrasformata (per esempio, da solido a liquido o da liquido a gas), la sua temperatura si mantiene costante. Per esempio, quando l’acqua bolle e passa dallo stato liquido allo stato di vapore (v. par. La vaporizzazione), nonostante si continui a fornirle energia come calore la sua temperatura non varia. Questaquantitàdicalore,chevienefornitoatemperaturacostante,vieneimmagazzinatanelvaporechesi forma, che a sua volta lo restituirà all’ambiente circostante all’atto della trasformazione inversa, cioè della sua condensazione da vapore a liquido. Questo calore riferito all’unità di massa viene detto calore latente e, a seconda del passaggio di stato interessato, si parla di calore latente di fusione, calore latente di evaporazione, calore latente di ebollizione ecc. Ogni passaggio di stato è accompagnato quindi da assorbimento o liberazione di calore. Quando, per esempio, avviene la fusione di un solido e l’evaporazione di un liquido, occorre fornire calore dall’esterno, mentre nella condensazionediunvaporeenellasolidificazionediunliquidovienecedutocaloreversol’esterno. Laquantitàdicalorenecessaria,peresempio,perfondereunamassamdiunsolidoèdatada: Q=mcf dovecfèilcalorelatentedifusione(l’unitàdimisuradelcalorelatente,nelSistemaInternazionale,èil J/kg).Nellatabella12.1sonoelencatelevariemodalitàdipassaggiodistato. Tabella12.1Ivaritipidipassaggidistato DENOMINAZIONE DEFINIZIONEEDESEMPI fusione passaggiodallostatosolidoallostatoliquido(fusionedelghiaccioodiunmetallo) solidificazione passaggiodallostatoliquidoallostatosolido(congelamentodell’acquaosolidificazionediunmetallo) evaporazione* passaggiodallostatoliquidoallostatoaeriformedivaporecheavvieneinunmodolentoetranquilloe interessasololasuperficiedelliquido(evaporazionedell’acquadapanniumidi,dell’alcolacontattocon lemani) ebollizione* passaggiodallostatoliquidoallostatoaeriformedivaporecheavvieneinmodotumultuosoeinteressa tuttalamassaliquida(ebollizionedell’acqua) condensazione passaggiodallostatoaeriformedivaporeallostatoliquido(formazionedirugiadaedipioggia) liquefazione passaggiodallostatoaeriformedigasallostatoliquido(liquefazionedell’idrogeno) passaggio diretto dallo stato solido allo stato aeriforme di vapore e viceversa (sublimazione della naftalina) *collettivamentedenominativaporizzazione sublimazione 12.2Lafusioneelasolidificazione Lafusione Calorelatentedifusione Temperatura(opunto)difusione Influenzadellapressione Lasolidificazione Influenzadellapressione Lafusioneèilpassaggiodiunasostanzadallostatosolidoallostatoliquido.Pertrasformareunsolido in liquido è necessario fornire calore alla sostanza, mantenendo costante la sua pressione; quando il solido raggiunge una determinata temperatura, ha inizio il processo di fusione. Per trasformare l’intera massadisolidoinliquidoènecessariocontinuareafornirecalore,ancheselatemperaturadellasostanza rimanecostante.Ilcalorefornito,dunque,noncontribuisceadaumentarelatemperaturadelsistema,ma vieneutilizzatoperridurreleforzedicoesionetraleparticelledellasostanza,trasformandolainliquido. Talequantitàdicalore,dettacalorelatentedifusione,èquellacheoccorrefornireall’unitàdimassadi unsolidopertrasformarlocompletamenteinliquido.Latemperaturaallaqualehainizioilprocessodi fusioneèdettatemperaturadifusione(opuntodifusione)evariadasostanzaasostanza,apressione costante(v.tab.12.2).Perl’acqua,allapressioneatmosfericanormale,latemperaturadifusioneèdi0 °C(o273K)eilcalorelatentedifusionevalecirca334•103J/kg(questosignificacheperfondereun bloccodighiaccioda1kga0°Coccorrefornirgliunaquantitàdicaloreparia334.000J/kg). Nel passaggio da solido a liquido di norma le sostanze si dilatano, cioè aumentano di volume: un innalzamento di pressione ostacola quindi il processo di fusione. L’acqua fa eccezione a questa regola: infatti, il ghiaccio fondendo diminuisce di volume e un aumento della pressione esterna, favorendonelacontrazione,neaccelerailprocessodifusione,cheavvienequindiatemperatureinferiori alpuntodifusionedelghiaccio.Questofenomenoèfacilmenteverificabileattraversounesperimento:se si prende un blocco di ghiaccio e si preme sulla sua superficie con un fìlo metallico, la pressione esercitatadalfilo,superioreaquellaatmosferica,fafondereilghiaccioatemperatureinferioria0°C.Il filoperòapparepassareattraversoilghiaccio,perchél’acquachesiformadallafusione,trovandosia temperature inferiori a quella di fusione, e nuovamente sottoposta solo alla pressione atmosferica, si ritrasformarapidamenteinghiaccio,ricostruendoilbloccooriginario. Per la legge di conservazione dell’energia, il calore latente di fusione viene restituito all’ambiente circostante(dall’unitàdimassadellasostanza)duranteilprocessoinversoallafusione,cioèilpassaggio dallostatoliquidoallostatosolido,osolidificazione.Persolidificareunliquidooccorreabbassarela suatemperaturafinoallatemperaturadisolidificazione(opuntodisolidificazione),checoincideconla temperaturadifusionedellasostanza,allamedesimapressione.Ancheinquestocasolatemperatura restacostantedurantetuttoilprocesso(finoaquandotuttoilliquidosiètrasformatoinsolido).Peruna datasostanza,ilcalorelatentedifusioneeilcalorelatentedisolidificazionedunquecoincidonosempre, come anche la temperatura di fusione e la temperatura di solidificazione (purché la pressione rimanga costante). Variando la pressione esercitata sul liquido, varia il punto di solidificazione. L’acqua, sottoposta a pressioni superiori a quella atmosferica, ghiaccia a temperature inferiori a quella di solidificazione:perquestomotivounagrandemassad’acqua,comeperesempiounlago,ghiacciasoloin superficie ma resta liquida in profondità, anche a temperature inferiori a zero, perché la pressione esercitata sul fondo del lago è data dalla pressione atmosferica esterna più la pressione esercitata dal liquidosovrastante. Tabella 12.2 Temperature di fusione di alcune sostanze e calori latenti di fusione a pressione normale SOSTANZA TEMPERATURADIFUSIONE °C K (·106J/kg) elio –269,7 3,5 0,005 idrogeno –259,3 13,9 0,059 ossigeno –218,8 54,4 0,014 alcoletilico –114,0 159,2 0,105 mercurio –39,0 234,2 0,012 0 273,15 0,334 piombo 327,3 600,5 0,025 argento 960,8 1234 0,105 acqua CALORELATENTE 12.3Lavaporizzazione L’evaporazione Equilibrioliquido-vapore Tensionedivapore Volatilità L’ebollizione Temperaturadiebollizione Influenzadellapressione Lavaporizzazioneèilpassaggiodallostatoliquidoallostatoaeriformeepuòavveniresecondodue modalitàdistinte,l’evaporazioneel’ebollizione. L’evaporazioneèilpassaggiodaliquidoavaporecheavvieneinmodolentoeregolareeinteressa soltanto gli strati superficiali del liquido. Le particelle superficiali del liquido, meno legate di quelle interne, possono abbandonare il liquido e trasformarsi in vapore. L’evaporazione avviene a tutte le temperature, ma con diverse intensità: un aumento della temperatura infatti aumenta l’energia cinetica delle molecole del liquido e di conseguenza aumenta l’evaporazione. La quantità di particelle che evaporano dipende inoltre dalla superficie libera del liquido: più estesa è la superficie, maggiore è la probabilitàcheavvengal’evaporazione.Sel’evaporazioneavvieneinambientechiuso,siraggiungeuna condizionediequilibriotrailliquidoeilvaporetalepercuiilnumerodelleparticellediliquidochesi trasformanoinvaporesimantieneneltempougualealnumerodiparticelledivaporechesitrasformano inliquido.Inquestecondizionisidicecheilvaporeèsaturoelapressioneallaqualesihaequilibrioè detta tensione di vapore (o pressione di vapore saturo). La tensione di vapore è diversa per ogni liquidoeaumentaconlatemperatura(v.fig.12.1),maèdeltuttoindipendentedallamassadelliquido. Latensionedivaporediunasostanzamisuralasuavolatilità,ovverolasuacapacitàaevaporare,a unadatatemperatura:l’alcol,peresempio,èpiùvolatiledell’acquaatemperaturaambiente. Sidefiniscecalorelatentedievaporazionelaquantitàdicalorenecessariaafarevaporareunamassa unitariadiliquido.Quandounliquidoevapora,sottraeall’ambienteunaquantitàdicaloreparialcalore latente di evaporazione (tale calore verrà restituito durante il processo inverso). Questo spiega, per esempio,lasensazionedifreddochesiprovaquandoilsudoreevaporasullanostrapelle. Figura12.1Variazionedellatensionedivaporeditreliquidiinfunzionedellatemperatura.Letemperaturecorrispondentiallelinee verticalisonoquellediebollizionedelletresostanze. L’ebollizione è il passaggio da liquido ad aeriforme (gas o vapore) che avviene in modo veloce e tumultuosoeinteressal’interamassadelliquido.Intuttiiliquidisonopresentibollicinegassose,nelle quali sono intrappolate molecole del liquido allo stato di gas o vapore. Quando la temperatura del liquidoaumenta,lebollicinesidilatanoe,quandolalorotensionedivaporecoincideconlapressione esterna, si ha il fenomeno dell’ebollizione, nel quale le bollicine risalgono in superficie e liberano il vapore, o il gas, contenuto. L’ebollizione di un liquido, a una data pressione esterna, avviene a una determinata temperatura, detta temperatura di ebollizione (o punto di ebollizione), che resta costante durantetuttoilprocessodiebollizione.Sidicecheilliquidobolleaquelladeterminatatemperatura.La temperatura di ebollizione corrisponde alla temperatura alla quale la tensione di vapore del liquido uguaglialapressionepresentesullasuperficiedelliquidostesso.Latemperaturadiebollizionevaria con la pressione: aumenta all’aumentare della pressione esterna e diminuisce al diminuire della pressioneesterna.Sediminuiscelapressioneesterna,diminuiscelapressioneallaqualepuòavvenire l’ebollizione, e di conseguenza quest’ultima può avvenire a temperatura più bassa, e viceversa all’aumentaredellapressioneesterna.Latemperaturadiebollizionedell’acqua,peresempio,apressione atmosferica normale (101,32 kPa), è di 100 °C; a pressioni pari a metà della pressione atmosferica normale(circa50kPa),condizionechesiverificaperesempioacirca5500mdiquota,l’acquabollea 86°C.Aumentandolapressioneesterna,l’acquabolleatemperaturesuperioria100°C,comeavviene per esempio nella pentola a pressione. La quantità di calore necessaria a provocare la completa ebollizionediunamassaunitariadiliquidoèdettacalorelatentediebollizione.Nellatabella12.3sono indicati i valori delle temperature di ebollizione di alcuni liquidi a pressione normale e dei rispettivi calorilatenti. Tabella12.3Temperaturediebollizioneecalorilatentidialcunesostanzeapressionenormale SOSTANZA TEMPERATURADIEBOLLIZIONE CALORELATENTE °C K (·106J/kg) elio –268,9 4,22 0,021 idrogeno –252,9 20,3 0,452 ossigeno –182,9 90,2 0,213 alcoletilico 78 351 0,854 acqua 100 373,15 2,253 mercurio 357 630,2 0,272 piombo 1750 2023,2 0,871 argento 2193 2466,2 2,336 12.4Laliquefazioneelacondensazione Ungasliquefa,unvaporecondensa Influenzadellapressione Temperaturacritica Il passaggio di stato da aerifome a liquido viene detto liquefazione quando si tratta di un gas e condensazione quando si tratta di un vapore. Liquefazione e condensazione possono avvenire per abbassamento della temperatura della sostanza aeriforme, a pressione costante, o per compressione, a temperaturacostante. Se si diminuisce la temperatura di un aeriforme, sottraendo calore alla sostanza, si raggiunge una temperatura (pari alla temperatura di ebollizione della medesima sostanza allo stato liquido), caratteristica di ogni aeriforme, alla quale ha inizio il processo di liquefazione o di condensazione. Durante tutto il processo, ovvero fino a che tutto l’aeriforme non si è trasformato in liquido, la temperaturarimanecostante.Ilcalorecedutoall’ambientedurantelaliquefazioneolacondensazione(da unamassaunitariadisostanza)èdettocalorelatentediliquefazioneodicondensazione,edèparial calorelatentedivaporizzazione(immagazzinatonellasostanzanelprocessodivaporizzazione). Lapressioneinfluenzailprocessodicondensazione:sièvistoche,quandoinunrecipienteapertola tensione di vapore del liquido in esso contenuto eguaglia la pressione atmosferica, il liquido bolle. Analogamente,seunvaporenonsaturoaunadatatemperaturavieneportatoaunatemperaturaallaquale la tensione di vapore coincide con la pressione del vapore non saturo alla temperatura precedente, il vapore condensa. In generale, il vapore condensa più facilmente su superfici fredde, come accade per esempioalvapord’acquaininvernosuivetridellefinestrediunambienteriscaldato,lacuisuperficieè acontattoconl’esterno,osuunbicchierechecontieneghiaccioinungiornocaldoeumido(v.riquadro allapaginaseguente).Lacondensazionediunvaporesipuòottenereanchecomprimendolofinoachela suapressionenonraggiungalatensionedivaporeaquelladatatemperatura. Ladistinzionetragasevaporièdataperòdalfattocheperogniaeriformeesisteunatemperatura,detta temperaturacritica,aldisopradellaqualelasostanzanonpuòessereliquefattanécondensata,siache sitrattidiungassiachesitrattidiunvapore,nemmenosesottopostaafortissimepressioni.Nelcasodei vaporitaletemperaturaèmoltoalta(perilvapord’acquaè,peresempio,di365°C)equindiinquasi tutte le condizioni è possibile condensarli per compressione. I gas, invece, hanno temperature critiche anche molto basse (–240 °C per l’idrogeno, v. tab. 12.4) e risulta impossibile liquefarli per compressione.Perquestomotivo,atemperaturaambienteigassitrovanoallostatoaeriforme,mentrei vaporisitrovanoallostatoliquido. Tabella12.4Temperaturacriticadialcunigas GAS TEMPERATURACRITICA °C K azoto -147,1 126,1 elio -267,9 5,3 idrogeno -239,9 33,3 neon -228,7 44,5 ossigeno -118,7 154,5 ILVAPORD’ACQUANELL’ATMOSFERA Il vapor d’acqua, pur essendo presente nell’atmosfera terrestre in quantità molto piccole e variabili, è uno dei suoi componenti più importanti,perchédallasuacondensazionehannooriginetuttiifenomenimeteorologici.Laquantitàdivapord’acquainatmosferasimisura come umidità dell’aria: si dice umiditàrelativa il rapporto percentuale tra il vapor d’acqua presente in un volume d’aria e la quantità massima di vapore che l’aria potrebbe contenere a quella temperatura senza che avvenga la condensazione. Quando l’umidità relativa raggiungeil100%,l’ariaèsaturaehainiziolacondensazionedelvaporeinessacontenuto.Lacondensazioneavvieneattornoasuperfici solideoliquide,inassenzadellequalil’ariapuòcontenerepiùvaporesenzacheavvengalacondensazione:inquestecondizionisidiceche l’aria è soprassatura. La condensazione del vapor d’acqua presente in atmosfera può avvenire al suolo, producendo il fenomeno della rugiada (o della brina, se la temperatura è inferiore a 0 °C), oppure in aria, producendo la formazione delle nubi, delle nebbie e delle precipitazioni.Ilprocessodiformazionedellenubiedelleprecipitazionièpiuttostocomplessoedèsubordinatoallapresenzainatmosferadi corpuscolichefungonodanucleidicondensazioneperilvapord’acqua,comeperesempioparticelledisalemarino,difumo,particelle risultantidall’erosionedelterrenoecc.Quandolatemperaturadiunamassad’ariascendealdisottodelpuntodisaturazione,ilvaporein essacontenutocondensaattornoainucleidicondensazione.Siformanocosìdellegocciolineodeipiccolicristallidighiaccio(aseconda dellatemperaturadell’aria)cheformanolenubi.Scontrandosiconaltregoccioline,questepossonoingrandirsifinoaquando,pergravità, noncadonoall’internodellanube.Nellalorocadutatendonoaingrossarsisemprepiùperchésifondonoconaltregoccepresentinellanube e,sesonosufficientementepesanti,giungonoalsuolosottoformadipioggiao,selatemperaturadell’ariaèsufficientementebassadurante tuttoilpercorso,dineve.Seilprocessodiformazionedellanubesiverificavicinoalsuolosihalanebbia,lecuigocciolinedivapord’acqua condensatoriduconolavisibilità. 12.5Lasublimazione Ilbrinamentodell’acqua Consublimazionesiindicailpassaggiodirettodiunasostanzadallostatosolidoallostatoaeriforme e viceversa, che si verifica senza il passaggio intermedio allo stato liquido. Alcuni solidi, come la canfora,lanaftalinaeloiodio,atemperatureinferioriallalorotemperaturadifusionesonocaratterizzati da una tensione di vapore superiore a quella atmosferica e tendono a passare direttamente dallo stato solido a quello aeriforme. Tali solidi possono esistere allo stato liquido solo se sottoposti a forti pressioni. Tutti i solidi possono sublimare, ma occorre portarli in condizioni opportune di pressione e temperatura,poichélamaggiorpartediessi,allapressionenormale,quandovieneriscaldataaldisopra dellalorotemperaturadifusione,passaallostatoliquido. Nelcasodell’acquailpassaggiodirettodallostatoaeriformeallostatosolidoèdettobrinamento e siverificanelcasodellaformazionedellabrina:nellenottiserene,selatemperaturaalsuoloèinferiore a0°C,glistratid’ariaimmediatamenteadiacentialsuolosiraffreddanorapidamenteeilvapord’acqua presentenell’ariasidepositaalsuolosottoformadiaghidighiaccio.Selatemperaturaèsuperiorea0 °C,sihainvecelaformazionedellarugiada. Lafigura12.2illustraivaricambiamentidistato. 12.6Ilpuntotriplo Per ogni sostanza esiste un valore di temperatura, detto punto triplo, in corrispondenza del quale coesistonoitrestati(solido,liquidoegassoso)inreciprocoequilibrio.Ilpuntotriploperunasostanza si può determinare costruendo un diagramma che riporta l’andamento della pressione in funzione della temperaturadellasostanza.Ilpuntotriplodell’acquavale0,01°Cel’equilibriofraitrestati(ghiaccio, acqualiquidaevaporeacqueo)sirealizzaallapressionedi4,58mmHg,cherappresentalatensionedi vaporesaturodell’acquainequilibrioconilghiaccioel’acquadifusione.Ilpuntotriplodell’acquaè stato adottato nel 1954 in sostituzione del punto di fusione del ghiaccio per la taratura della scala termometrica.Inquestomodoilkelvinèdefinitocome1/273,16delpuntotriplodell’acqua. Figura12.2Schemadeipassaggidistato:ingrigioletrasformazionicheavvengonoconassorbimentodicalore GLOSSARIO Calorelatente Quantitàdicalorenecessariapermodificarelostatodiaggregazionediunasostanzaatemperaturacostante. Condensazione Passaggiodiunasostanzadallostatodivaporeallostatoliquido. Fusione Passaggiodiunasostanzadallostatosolidoallostatoliquido. Liquefazione Passaggiodiunasostanzadallostatogassosoallostatoliquido. Solidificazione Passaggiodiunasostanzadallostatoliquidoallostatosolido. Sublimazione Passaggiodirettodiunasostanzadallostatosolidoallostatoaeriforme,eviceversadallostatoaeriformeaquellosolido,senzapassareper lostatoliquido. Tensionedivapore Pressione che un vapore saturo esercita sul liquido con il quale si trova in equilibrio. La tensione di vapore cresce con la temperatura e indicailgradodivolatilitàdiunasostanza,ovverolafacilitàdellasostanzaaevaporare(oasublimare,sesitrattadiunsolido). Vaporizzazione Passaggiodiunasostanzadallostatoliquidoallostatoaeriforme,chepuòavvenireseguendoduemeccanismi,l’evaporazione,cheavviene sullasuperficiedelliquido,el’ebollizione,cheinteressainvecetuttalamassadelliquido. TESTDIVERIFICA 1. Quali sono i passaggi di stato accompagnati dall’assorbimento di energia da parte della sostanza coinvolta? Come si chiamal’energiaassorbita? 2. Cosaaccadeallatemperaturadiunliquidodurantelasolidificazione? 3. Qualèladifferenzatraebollizioneedevaporazione? 4. Perchéunliquidosiraffreddaquandoevapora? 13LATEORIACINETICADEIGAS Lateoriacineticadeigasdescriveleproprietàmacroscopichediungas(volume,pressioneetemperatura)apartiredalmotodelle particellechelocompongono.Siriferisceaunmodelloidealedigas,dettogasperfetto,chepossiededeterminatecaratteristiche.I gasperfettisoddisfanoleleggideigas,riassumibiliattraversol’equazionedistatodeigasperfetti,cheleganotralorolegrandezze che li caratterizzano, come volume, pressione e temperatura assoluta. Attraverso la teoria cinetica dei gas è possibile ricavare l’energia cinetica media delle particelle che compongono il gas, che risulta essere direttamente proporzionale alla temperatura assoluta del gas stesso. In questo senso la temperatura assoluta fornisce una misura del grado di agitazione delle molecole della sostanza,cheperquestomotivovienedettaagitazionetermica. 13.1Igasperfetti Motodiagitazionetermica Ilmodellodigasperfetto Ilgasreale I gas (insieme ai vapori) costituiscono lo stato di aggregazione della materia propriamente denominato statoaeriforme,nelqualeleparticellecostituenti(atomiemolecole)possiedonoun’energiacineticache prevale sulle forze di coesione. Per questo motivo i gas non sono caratterizzati da una forma e da un volumepropri,matendonoaoccuparetuttolospaziodisponibile.Leparticelledelgassonoanimateda unmotorapidoecasuale,dettomotodiagitazionetermica,acausadelqualeesseurtanocontinuamente traloroeconleparetidelrecipientechelecontiene;sebbenelaforzaesercitatadaciascunaparticella singolarmente sia trascurabile, gli urti avvengono in numero così elevato che la forza totale è significativa:gliurticontroleparetideterminanolapressioneesercitatadalgas. Perlostudiodelcomportamentodiungasèutileriferirsiaunmodelloidealedigas,dettogasperfetto, chesoddisfaleseguenticaratteristiche: ● le particelle che costituiscono il gas, che possono essere trattate come delle sferette rigide, hanno tutte ugual massa e hanno un volume proprio (covolume) trascurabile rispetto a quello occupato dall’interogas; ● le particelle interagiscono tra loro solo attraverso urti elastici (dove viene conservata l’energia cineticatotale),ovverosipossonoriteneretrascurabilileforzedicoesioneequalunquetipodienergia delleparticellediversadall’energiacinetica. Inungasrealelasituazioneègeneralmentepiùcomplessa,perchéesistono,sepurdeboli,delleforzedi coesione e le molecole del gas possiedono una certa energia potenziale (per esempio, gravitazionale) anch’essapiccola.Inoltre,inungasrealefortementecompressoledistanzetraleparticellesonotroppo piccoleperpotertrascurarelereciprocheforzedicoesione,mentreinungasatemperaturamoltobassa gli urti tra le particelle divengono talmente sporadici da non essere significativi. Tuttavia, il comportamentodiungasreale,acondizionechesiasufficientementerarefatto,puòessereassimilatoa quellodiungasperfetto. •LamoleeilnumerodiAvogadro L’atomo Lamassaatomicarelativaelamassamolecolarerelativa Ladefinizionedimole NumerodiAvogadro Prima di procedere oltre nella trattazione del comportamento di un gas, occorre soffermarsi sul significatodialcuniconcetticheverrannoutilizzatiinseguito.Igas,comeognisostanza,sonocostituiti daparticellechepossonoessereatomiomolecole.Unatomoèlapiùpiccolaporzionediunelemento chimico che ne conserva le caratteristiche chimico-fisiche. Una molecola è un aggregato di due o più atomi(diunostessoelementoodielementidiversi),cherappresentalapiùpiccolapartediunasostanza cheneconservalecaratteristichechimico-fisiche.Gliatomipossiedonounnucleocentrale,costituitoda duetipidiparticelle,dettineutronieprotoni,circondatodaunterzotipodiparticelle,detteelettroni,il cuinumeroinunatomoneutroèugualealnumerodeiprotonidelnucleo.Ilnumerodiprotonidiunatomo (detto numero atomico, Z) caratterizza ogni elemento chimico, mentre il numero di neutroni, N, è variabile per lo stesso elemento. Atomi con ugual numero di protoni e differente numero di neutroni vengono detti isotopi dello stesso elemento. La somma del numero dei protoni (Z) e del numero dei neutroni(N)delnucleosidefiniscenumerodimassa(A): A=Z+N Si definisce massa atomica relativa (peso atomico) il rapporto tra la massa di un atomo e 1/12 della massadell’atomodicarbonio(perlaprecisione,dell’isotopocarbonio-12).Perunasostanzaformatada molecole(segliatomisonodiversisiparladicomposto)sidefiniscemassamolecolarerelativa(peso molecolare),M,lasommadellemasseatomicherelativedegliatomicostituenti.Peresempio,lamassa molecolarerelativadell’acqua(lacuiformulaèH2O),costituitadadueatomidiidrogeno(H,conmassa atomicarelativa=1)edaunodiossigeno(O,conmassaatomicarelativa=16),è: M=2+16=18 (poiché gli elementi si presentano in due o più isotopi, la massa atomica relativa è spesso espressa in decimali,essendolamediaponderaledellemasseatomicherelativedegliisotopi;diconseguenzaanche lamassamolecolarerelativaèespressadaunnumerodecimale). Si definisce mole (simbolo mol) di una sostanza una quantità di sostanza espressa in grammi e numericamenteugualeallasuamassaatomicarelativaoallasuamassamolecolarerelativa.Inuna molediognisostanzaècontenutolostessonumerodiatomiodimolecole,paria: N=6,022•1023 doveNvienedettonumerodiAvogadro. L’attualedefinizionedimole,comeunitàfondamentaledelSistemaInternazionale,èlaquantitàdimateria diunsistemachecontienetanteunitàelementari(atomiomolecole)quantesonoquellecontenutein0,012 kgdell’isotopocarbonio-12. 13.2Leleggideigas Pressione,volumeetemperaturasonolevariabilidistato LaleggediBoyleaTcostante LaleggediCharlesapcostante LaleggediGay-LussacaVcostante L’equazionedistatodeigasperfetti Ilcomportamentodiungasperfettoècompletamentedefinitodatrevariabiliindipendenti,dettevariabili di stato, che sono la pressione (simbolo p) che il gas esercita sul recipiente, il volume (simbolo V) occupatodalgaselatemperatura(simboloT,misuratainkelvin).Lerelazionitralevariabilidistato, dette leggi dei gas, definiscono completamente il comportamento di un gas in tutte le situazioni fisiche. Mantenendo costante una delle tre grandezze, e variando le altre due, si ottengono le tre leggi empirichedeigasperfetti,ricavatesperimentalmenteprimadelXVIIIsecolo. Una trasformazione che avviene in un gas mantenendo costante la sua temperatura, e facendo variare pressione e volume, si dice trasformazione isoterma; una trasformazione a pressione costante si dice isobara,mentreunatrasformazioneavolumecostantesidiceisocora. La legge di Boyle (v. fig. 13.1 A), enunciata nel 1662 dal chimico irlandese R. Boyle (1627-1691), stabiliscecheatemperaturacostanteilvolumediungasèinversamenteproporzionaleallasuapressione, ovveroche: pV=costante LaleggediCharles(v.fig.13.1B),formulatanel1787dalfisicofranceseJ.Charles(1746-1823),dice cheapressionecostanteilvolumediungasèdirettamenteproporzionaleallasuatemperaturaassoluta: V=T•costante LaleggediCharlesfuricavatacomeleggedidilatazionedeigasallorchéCharlesscoprìchetuttiigas,a pressione costante, subiscono la stessa dilatazione all’aumentare della temperatura, secondo una legge datadallarelazione: V=V0(1+αt) dovelatemperaturaèmisurataingradicentigradi,V0èilvolumedelgasat=0°Ceαèilcoefficiente di dilatazione termica del gas. Secondo questa formulazione deve esistere una temperatura limite (inferiore a 0 °C) tale per cui il gas non occupa alcun volume. Tale temperatura si può ricavare uguagliandoazeroilterminetraparentesidelsecondomembrodellaleggediCharles,esiottiene: t=–273,15°C parialvaloreT=0Knellascalakelvin,dettaanchedelletemperatureassolute. LaleggediGay-Lussac(v.fig.13.1C),formulatanel1801dalchimicoefisicofranceseJ.Gay-Lussac (1778-1850), stabilisce che a volume costante la pressione di un gas è direttamente proporzionale alla suatemperaturaassoluta: p=T•costante Analogamente al caso precedente, la legge di Gay-Lussac fu formulata come legge che esprimeva la dipendenzadellapressionedallatemperaturainungasmantenutoavolumecostante,nellaforma: p=p0(1+αt) doveαèlostessocoefficientedidilatazionetermicadellaleggediCharles.Latemperaturadellozero assolutoètalepercuiilgasnonesercitapiùalcunapressione. A B C Figura 13.1 Rappresentazione grafica indicativa delle leggi dei gas perfetti: (A) legge isoterma di Boyle; (B) legge isobara di Charles;(C)leggeisocoradiGay-Lussac. Le tre leggi dei gas descritte sopra sono riassunte dall’equazione di stato dei gas perfetti, che stabiliscechelapressionediungas,moltiplicataperilsuovolume,èdirettamenteproporzionaleallasua temperaturaassolutaealnumerodimoli,n,delgassecondolarelazione: pV=nRT doveR=8,31J/Kmolèdettacostantedeigas. SeNèilnumerodimolecoledelgas,en=N/NAilnumerodimoli,l’equazionedistatodeigasperfetti sipuòscrivereanchenellaforma pV=NkT dovek=R/NA=1,3807•10–23J/KèdettacostantediBoltzmann. •L’equazionedistatodeigasreali L’equazionedistatodeigasreali,odivanderWaals Incondizioniditemperaturaepressionevicineaquelleambientalilamaggiorpartedeigassegue con buona approssimazione l’equazione di stato dei gas perfetti. Alle alte pressioni e alle basse temperature si manifestano invece deviazioni più o meno marcate da tale legge, in quanto il volume propriopossedutodallemolecoleeleforzediattrazionereciprochetralemolecoleetralemolecoleeil recipiente non si possono più considerare trascurabili. Ne consegue che il volume libero entro cui si muovono le molecole del gas risulta inferiore a quello teorico, mentre le forze di coesione creano una pressioneinternaeunadiminuzionedellapressionedelgassulleparetidelrecipiente.Pertenercontodi questi fattori, sono state introdotte varie equazioni di stato, modificate per i gas reali; tra queste si segnala quella proposta attorno al 1881 dal fisico olandese J.D. van der Waals (1837-1923), detta equazionedivanderWaalsperigasreali,chesiesprimenellaforma: a (p+ 2)(V–b)=RT V doveaebsonoduecostanti,caratteristichediognigas,ricavatesperimentalmente. 13.3Lateoriacineticadeigas Lateoriacineticadeigasusalameccanicastatistica LapressionediungascheoccupaunvolumeV Lapressioneinterminidienergiacinetica L’energiacineticadellemolecolediungasatemperaturaT LavelocitàdellemolecolediungasatemperaturaT La teoria cinetica dei gas si basa sul modello di gas perfetto, supposto costituito da particelle approssimativamente sferiche, indipendenti le une dalle altre, animate da un moto rapido e casuale e interagenti reciprocamente solo attraverso urti elastici (il volume del gas nel suo insieme deve inoltre esseremoltomaggioredelvolumeoccupatodaciascunaparticella).Sperimentalmenteleparticelledella teoriacineticasiidentificanoconlemolecoledelgas,ciascunadellequalipossiedeundiametrodicirca 10–10 m, e il cui comportamento è regolato dalle leggi della meccanica classica. L’elevato numero di molecoleall’internodiunvolumedigas(atemperaturevicineaquellaambiente,1litrodigascontiene circa 2,6 • 1022 molecole) impedisce di calcolare la traiettoria di ciascuna particella separatamente. Quindi, il comportamento complessivo del gas può essere descritto usando, nell’ambito della teoria cinetica, le regole della meccanica statistica (v. riquadro), che consente di prevedere il comportamentomedioenonquellodiognisingolamolecolacomponente. Attraversolateoriacineticadeigasèpossibilericavarelapressionecheilgasesercitasulrecipiente, dovuta agli urti delle numerosissime molecole gassose contro le pareti del recipiente che le contiene. Secondol’ipotesidigasperfetto,gliurtitraleparticelledelgasetraquesteeilrecipientesonoelastici, perciò devono valere le leggi di conservazione dell’energia cinetica e della quantità di moto. Questo significa che, ogni volta che le molecole del gas colpiscono le pareti del recipiente, cedono loro una partedellaloroquantitàdimoto.Sesiindicaconvlavelocitàmediadellemolecoledelgas,laquantità dimotocedutaallaparetedaciascunurtoèdatada: mv SesiconsiderailgascontenutoinunrecipienteaformadicubodilatoL,iltempomediocheciascuna particellaimpieganell’attraversareilrecipiente(andataeritorno)èdatoda: 2L Δt= v Quindiilnumerodivoltechemediamenteunamolecolaimpiegaacolpireunaparetenell’unitàditempo, cioèlafrequenzadegliurti,èdatoda: v 2L (1) Per trovare la pressione, definita come la forza che agisce sulla parete per unità di superficie, si può ricorrereallaleggefondamentaledelladinamica,scrittainterminidiquantitàdimoto: Δ(mv) F= Δt DoveΔ(mv)/Δtèlavariazionedellaquantitàdimotodellaparticellanell’unitàditempo.Moltiplicando lavariazionedellaquantitàdimotodellaparticella,paria2mv(inquantolaparticellacompieuntragitto diandataeritorno),perilnumerodivoltecheunaparticellacolpiscelaparetenell’unitàditempo,dato dalla(1),siottieneilvaloredellaforzachemediamenteagiscesuunaparetedelrecipienteinseguito all’urtodiciascunaparticella: 2 v F=2mv =mv 2L L Lapressione,datadaquestovaloredivisoperlasuperficiedellaparete,L2,valequindi: 2 mv2 p= 3 =mv =ρv2 V L (2) Dove V = L3 è il volume del recipiente e ρ = m/V la densità del gas che occupa il recipiente. Il ragionamentoespostoèstatofattoconsiderandosolounacomponentedellavelocitàdelleparticelle,ma, supponendochenelletredirezionilemolecoleabbianougualevelocitàechesolo1/3delleparticellesi muova nella direzione considerata (poiché si suppone uguale probabilità di movimento in tutte e tre le direzioni),lapressionemediainunadelletredirezionisaràpiùpropriamentedatada: 2 1 1 p= •mv = ρv2 3 V 3 SenelrecipientesonocontenuteNmolecole,lapressionesaràdatada: 1 Nmv2 p= • 3 V (3) Quindi,lapressionecheilgascomplessivamenteesercitasulrecipienteèproporzionalealnumerototale dimolecoleeinversamenteproporzionalealvolumeoccupatodalrecipiente.Comprimendoperesempio ilgas,cioèdiminuendoilsuovolume,lapressioneaumenta,inaccordoconlaleggediBoyle. RicordandoinfinecheEcin=1/2mv2èl’energiacineticamediadiciascunadelleparticelledelgas,la(3) sipuòscrivereanchecome: 2 pV= NEcin 3 e,ricordandol’equazionedistatodeigasperfetti,sigiungeallarelazionetral’energiacineticamediadi ciascunaparticellaelatemperaturaassolutadelgas,ovvero: 3n Ecin= RT 2N incuiNèilnumerototaledimolecolecontenutenelrecipiente,nilnumerodimoli. Daquestaequazionesideducechel’energiacineticamediadellemolecoledelgasdipendeinmaniera direttamenteproporzionaledallasuatemperaturaassoluta,ovverocrescealcresceredellatemperatura. Analogamente, tornando alla definizione di energia cinetica, si può ricavare la definizione della temperaturaassolutainterminidivelocitàdelmotodelleparticelle,ovvero: 2 T=Mv 3R dove M = mN/n rappresenta la massa molecolare relativa del gas. Questa relazione indica che la temperatura assoluta fornisce un indice del grado di agitazione termica del gas ed è proporzionale al quadrato della velocità media delle molecole del gas. In altri termini, la temperatura assoluta misura l’energiacineticamediadellemolecoledelgas.Maggioreèlatemperatura,piùlemolecolesimuovono velocemente, quindi aumentano la loro energia cinetica. Ricavando la velocità dall’espressione che rappresentalatemperatura,siottiene: ilcuivaloreè,peresempioperl’elio(He,ilcuipesomolecolareè4g/mol),v=1370m/s,unvalore relativamenteelevato.Mentrel’energiacineticamediadipendesolodallatemperatura,enondaltipodi gas,lavelocitàdipendeanchedalparticolaregas,poichévicompareilpesomolecolare,ediminuisce all’aumentare del peso molecolare. Per l’ossigeno biatomico, per esempio (simbolo O2), il cui peso molecolareèpiùaltodiquellodell’elio(32g/mol),lavelocitàmediadellemolecoledelgasècircav= 476m/s. LAMECCANICASTATISTICA Lameccanicastatisticaèquellapartedellafisicachestudia,mediantemetodistatistici,ilcomportamentodiinsiemidiungrandenumero di particelle (atomi, molecole ecc.), allo scopo di prevederne le proprietà macroscopiche (per esempio, volume, densità, pressione, temperatura ecc.). Fu sviluppata dall’austriaco L. Boltzmann (1844-1906), che elaborò una statistica, detta di Maxwell-Boltzmann, fondamentaleperstudiareinsiemidiparticellesottopostealleleggidellameccanicaclassica(incuisonotrascurabili,cioè,glieffettidovuti alla meccanica quantistica, v. cap. 24). Quando intervengono invece influenze quantistiche (per esempio, nello studio delle particelle elementari, v. par. Le particelle elementari, come protoni, mesoni, ecc.) bisogna considerare fattori correttivi, che portarono alla formulazionedimeccanichestatistichedifferenti,notecomestatisticadiBose-EinsteinestatisticadiFermi-Dirac,dainomidegliscienziati cheleformularono.EntrambesiriduconoallastatisticadiMaxwell-Boltzmannquandoladensitàdelleparticelleèbassa. GLOSSARIO Equazionedistatodeigasperfetti Equazione fondamentale dei gas che stabilisce che pressione (p), volume (V) e temperatura (T) in un gas perfetto sono legati dalla relazionepV=nRT,dovenèilnumerodimolieRlacostantedeigas. EquazionedivanderWaals Equazione di stato dei gas reali, che apporta alcune correzioni all’equazione di stato dei gas perfetti nel caso più generale che il gas consideratononpossaesseretrattatocomegasperfetto. Gasperfetto Si dice di un aeriforme ideale il cui comportamento è perfettamente aderente alle leggi della teoria cinetica dei gas. I gas reali si comportano,atemperaturaepressioneambiente,conbuonaapprossimazione,comedeigasperfetti. LeggediBoyle Leggedeigaschestabilisceche,atemperaturacostante,ilvolumediungasèinversamenteproporzionaleallasuapressione. LeggediCharles Leggedeigaschestabilisceche,apressionecostante,ilvolumediungasèdirettamenteproporzionaleallasuatemperaturaassoluta. LeggediGay-Lussac Leggedeigaschestabilisceche,avolumecostante,lapressionediungasèdirettamenteproporzionaleallasuatemperaturaassoluta. Meccanicastatistica Ramodellafisicachestudial’evoluzionedeisistemicostituitidaunelevatonumerodielementi(peresempio,atomiomolecole),considerati identicitraloro,attraversoleggistatistiche. Mole UnitàdimisuradelSistemaInternazionale(simbolomol)dellaquantitàdisostanza,ugualeallaquantitàdisostanzachecontieneunnumero dientitàelementaripariaquellepresentiin0,012kgdell’isotopodelcarboniodenominatocarbonio-12;èunadellesetteunitàfondamentali. Pesomolecolare Massadiunamolecolaottenutadallasommadeipesiatomicideglielementichelacompongono. Teoriacineticadeigas Teoriachespiegaleproprietàmacroscopichediungasapartiredaimovimentidiagitazionetermicadellemolecolechelocompongono, tramitelameccanicastatistica. TESTDIVERIFICA 1. Chedifferenzac’ètraungasrealeeungasperfetto? 2. Cosa accade alla pressione esercitata da un gas se, mantenendo costante la sua temperatura, si diminuisce il suo volume? 3. Qualepressioneesercitaunamolediungasche,allatemperaturadi25°C,occupaunvolumedi4dm3 ? 4. Perchélatemperaturaassolutaèunindicedelgradodiagitazionedellemolecolediungas? 14LATERMODINAMICA La termodinamica è il ramo della fisica che studia gli scambi di calore tra un sistema e l’ambiente circostante e poggia su due principifondamentali:ilprimoprincipio,dettoancheprincipiodiconservazionedell’energia(secondoilqualel’energianonsipuò creare né distruggere, ma si conserva, anche se si può manifestare sotto forme differenti), e il secondo principio, che nella sua formulazionepiùsempliceeintuitivaaffermacheilcalorenonpuòpassarespontaneamentedauncorpopiùfreddoaunopiùcaldo. Ilsecondoprincipiohagranderilevanzaperilfunzionamentodellemacchinetermiche,realizzateperconvertirecaloreinlavoro,e stabilisceche,mentreillavoropuòsempreeintegralmenteessereconvertitoincalore,ciònonsiverificaperilpassaggioinverso. Conl’introduzionediunagrandezza,l’entropia,cherappresentaunindicedelgradodidisordinediunsistema,ilsecondoprincipio puòessereformulatodicendocheinunsistemaisolatol’entropiatendeadaumentareesoloseilprocessoèreversibilel’entropiasi conserva. Se si considera l’Universo un sistema termodinamico isolato, nel quale non avvengono scambi di calore con l’esterno, l’entropia dell’Universo tende ad aumentare, poiché i processi naturali (o, come si dice, spontanei) sono tutti sostanzialmente irreversibili. 14.1Isistemitermodinamici Latermodinamica Definizionedisistematermodinamico Evoluzionedellatermodinamica Latermodinamica(ilcuinomederivadalleparolegrechethermon=caloreedinamis=forza)è quel ramo della fisica che studia i fenomeni nei quali avvengono scambi di calore tra un sistema e l’ambiente circostante. In particolare, la termodinamica si occupa delle trasformazioni del calore in lavoro e viceversa, e più in generale delle reciproche trasformazioni tra le varie forme di energia in sistemiinteragentitraloro. Per sistema termodinamico si intende una porzione di materia idealmente isolata dal resto dell’Universo, che viene considerato come ambiente esterno. Un sistema termodinamico non viene trattatodalpuntodivistadellecaratteristichemicroscopichedellasuastrutturainterna,madalpuntodi vistamacroscopico.Lesuecaratteristichesonoidentificatemediantegrandezze,qualilatemperatura,la pressione e il volume, che si possono misurare direttamente e che vengono dette coordinate termodinamiche. Le basi concettuali della termodinamica poggiano su due principi fondamentali, il primoeilsecondoprincipiodellatermodinamica(v.oltre),chehannocaratteregeneraleeaiqualisono soggettituttiisistemiesistentiinnatura,indipendentementedallelorocaratteristicheinterne. FinoagliinizidelXIXsec.lascienzadelcalore(dettatermologia)costituivaunfiloneaséstantedella fisica e, benché già nel XVIII sec. fossero state realizzate macchine che convertivano calore in lavoro (comeperesempiolemacchineavapore),lascienzanoneraancorariuscitaachiarireconcettualmenteil collegamentoesistentefraquesteduegrandezze.AnchegrandiscienziaticomeGalileoeNewton,chesi interessarono anche di problemi legati al calore, non riuscirono a intuire tale legame, che avrebbe in seguitoavutoenormiconseguenzenellastoriadell’uomo,poichéfulachiavedivoltadellarivoluzione industriale. La termodinamica classica ha come basi un insieme di conoscenze che si svilupparono lentamenteenonsenzadifficoltànelcorsodelXIXsec.,peroperadigrandiscienziaticomeS.Carnot,J. Joule, lord Kelvin e altri. Originariamente finalizzata allo studio delle conversioni energetiche, la termodinamicasièinseguitoestesa,attraversolostudiodeiprocessiedelleproprietàdellamateria,a tutti i settori della fisica, della chimica e della biologia, configurandosi come disciplina scientifica di importanzacentraleperlesueconnessioniconivaricampidelsaperescientifico. 14.2Letrasformazionitermodinamiche Equilibriotermodinamico Trasformazionetermodinamica Un sistema termodinamico è perfettamente descritto da tre coordinate termodinamiche, pressione, temperaturaevolume,malaconoscenzadiduequalunquedelletregrandezzedeterminalaconoscenza della terza. Un esempio è dato dall’equazione di stato dei gas perfetti, che lega le tre coordinate termodinamicheattraversolarelazionepV=nRT,doveèsufficienteconoscere,peresempio,peT per ricavareV. Unsistematermodinamicositrovaallostatodiequilibriotermodinamicoquandoletregrandezzechelo caratterizzanosonocostantineltempo.Ungasperfettoinunrecipientechiuso,isolatodall’esterno,peril qualevalel’equazionedistatodeigasperfetti,sitrovaallostatodiequilibrio.Seperòilrecipienteche contieneilgasèchiusodaunpistone,alzandooabbassandoilpistoneilgassubiràunatrasformazione termodinamica,dovelasuapressionevaria(aumentaodiminuisce)esolodopoundeterminatoperiodo ditemposiristabiliscel’equilibrio.Unatrasformazionetermodinamicaècaratterizzatadalpassaggiodi unsistematermodinamicodaunostatoiniziale(chechiameremoA)aunostatofinale(chechiameremo B), attraverso una successione di stati intermedi. Una trasformazione di questo tipo viene in genere rappresentatasuunpianocartesianoriportandoinascissaivaloridelvolumeVdelsistemaeinordinata i valori della pressione p del sistema. Un sistema in equilibrio è rappresentato da un punto nel piano pressione-volume (o piano p,V), mentre una trasformazione è rappresentata da una linea, o da una successionedilinee,cheportailsistemadaunpuntoaunaltro(v.fig.14.1). Figura14.1Rappresentazionegraficadiunatrasformazionetermodinamicanelpianop,V.InAlostatodiequilibriodiunsistema termodinamico,inBunatrasformazionedaunostatoinizialeAaunostatofinaleB. Unatrasformazionetermodinamicasidicereversibilesepuòesserecompiutaneiduesensisenzachevi siatraccianell’ambienteesterno,ovverose,dataunatrasformazionedaunostatoinizialeAaunostato finaleB,passandoperilsegmentoAB,èpossibileripercorrerelatrasformazionenelsensoBAeriportare ilsistemaallostatoiniziale.Seperesempiounsistema,nelpassaredaunostatoaunaltro,cedecalore all’ambiente circostante, la trasformazione inversa non sarà più possibile, e dunque in questo caso si parladitrasformazioneirreversibile.Lamaggiorpartedelletrasformazionicheavvengonoinnaturasono irreversibili,perchéèimpossibileeliminaregliscambidicaloreconl’esterno(dovutiancheagliattriti). Unatrasformazionetermodinamicapuòavvenireinmodocheunadelletrecoordinaterimangacostante: si parla di trasformazione isotermica se la temperatura rimane costante durante il processo, di trasformazioneisobaraseavvieneapressionecostanteeditrasformazioneisocora (o isometrica) se avviene a volume costante. Infine, una trasformazione termodinamica che avviene a calore costante, ovverosenzacheavvenganoscambidicaloretrailsistemael’ambientecircostante,sidiceadiabatica. •Equivalenzacalore-lavoro Caloreelavoro Ilrapportotrajouleecalorie Il calore è una forma di energia che viene scambiata tra due corpi a temperatura differente. Si può dimostrare che, compiendo un lavoro meccanico su un corpo, si aumenta la sua temperatura, e di conseguenzasiproducelavoro.Illavorofatto,peresempio,controleforzediattritoproducecalore, mentreillavorocompiutopercomprimereungasall’internodiunrecipienteneaumentalatemperaturae diconseguenzaproducecalore.Viceversa,fornendocaloreauncorpo,èpossibileottenerelavoro,come avviene,peresempio,nellemacchinetermiche(v.par.successivo).Indefinitiva,sipuòdirechecaloree lavorosonoequivalenti,ovverochesonodueaspettidiunastessaentità. Figura14.2IlmulinellodiJoule,costituitodauncalorimetrochenonpermettescambidicaloreconl’esterno,edaunalberoapala, chevienemossomeccanicamentedallacadutadelpeso. Ilprimoesperimentochedimostròl’equivalenzatracaloreelavorofucompiutoattornoal1840daJoule, il quale utilizzò uno strumento chiamato mulinello di Joule, costituito da un calorimetro che contiene acqua: nell’acqua viene immerso un albero a pale, che può essere messo in rotazione attraverso una carrucola(v.fig.14.2)collegataaunpesodimassamnota.Quandoilpesovienelasciatocadere,diun trattoh,lasuaenergiapotenzialegravitazionalediminuiscediunaquantitàmghesitrasformainenergia cinetica, che mette in rotazione l’albero all’interno del calorimetro. Il moto delle palette provoca un riscaldamentodell’acquaperattritoe,poichéilcalorimetrogarantiscechenonvisianoscambidicalore conl’ambientecircostante,sipuòdirechetuttal’energiapotenzialedelpesosiètrasformataincalore. Joule misurò il rapporto fra il lavoro prodotto dalle forze del campo gravitazionale per far cadere il peso,datodaL=mgh,eilcaloreprodottoall’internodelcalorimetro,datodaQ=McΔt,doveMèla massadell’acqua,cilsuocalorespecifico,misuratoincal/(g°C)eΔtl’aumentoditemperatura(in°C) dell’acqua,etrovòchetalerapportoèsemprerappresentatodaunvalorecostante: J=4,186J/cal chechiamòequivalentemeccanicodelcalore,talepercui: L =J Q L’esperimento di Joule dimostra che è possibile trasformare una certa quantità di lavoro meccanico in caloreecheilfattorediconversionetralacaloria(cal),l’unitàdimisuradelcalore,eiljoule(J),l’unità dimisuradellavoro,è: 1cal=4,186J Esprimendoilcaloreinjoule(l’unitàdimisuradelSistemaIntenazionale),sipuòscrivereche: L =1 Q ovverocheL=Q(doveLèillavoroeQilcalore). Inunsistemaqualunque,tuttavia,oltreall’energiacineticaeaquellapotenzialegravitazionale,acuiva aggiuntoilcalore,occorreconsiderareanchel’energiainterna,cherappresentaunasortadidepositodi energiaimmagazzinatanelsistema. •L’energiainterna L’energiainternaèunafunzionedistato Tuttiicorpi,inqualunquestatodiaggregazione,hannoimmagazzinataallorointernounacertaquantitàdi energia, dovuta all’energia delle particelle che li compongono (atomi o molecole), legate tra loro da forzedivarianatura.Sitrattadienergiadivarianatura,dovutaalleproprietàinternedelsistema,comeil moto molecolare e le forze intermolecolari, che comprendono forme di energia di natura elettrica, che legaglielettroniall’atomo,dienergiadinaturanucleare,chelegaleparticelledelnucleotraloro,odi energia dovuta alla massa a riposo delle particelle che compongono il complesso sistema atomico e nuclearediognielemento:tuttequesteformedienergiacheuncorpoconcentraalsuointernopossono essere scambiate in una trasformazione e nel loro complesso prendono il nome di energia interna del corpo.(Nelcalcolodell’energiainternadiuncorpononvannocompresequelleformedienergiadovute, peresempio,alsuostatocomplessivodimoto–energiacinetica–ol’energiapotenzialecheilcorpo possiedenelsuoinsieme,come,peresempio,l’energiapotenzialegravitazionalecheilcorpopossiede sepostoaunacertaaltezzadalsuolo.)L’energiainternadiuncorpodipendedallostatoincuiilsistema si trova – per esempio, dalla sua temperatura e, in misura minore, dalla sua pressione – ma il calcolo completodiquestagrandezzanoninteressalatermodinamica;quellocheinteressasonolesuevariazioni, cheavvengononelcorsodiunatrasformazionetermodinamica. La caratteristica fondamentale dell’energia interna di un sistema termodinamico è che la sua variazione non dipende dalla particolare trasformazione che il sistema subisce, ma solo dagli stati inizialeefinaledelsistema.Unagrandezzatermodinamicadiquestotipovienedettafunzionedistato: l’energia interna, che viene indicata con U, è una funzione di stato e, se il sistema passa da uno stato inizialeAaunostatofinaleB,lavariazionedellasuaenergiainterna,definitacome: ΔU=UB–UA aparitàdistatoinizialeefinaleèsempreugualeenondipendedaltipoditrasformazionecheilsistema hacompiutoperpassaredaAaB,cioèindefinitivanondipendedallacurvacheilsistemahaseguito,nel graficopressione-volume,perpassaredaAaB. 14.3Ilprimoprincipiodellatermodinamica Ilprimoprincipiodellatermodinamicarappresentalaleggediconservazionedell’energia Ilprimoprincipioavolumecostante Ilprimoprincipioinunatrasformazioneadiabatica Ilprimoprincipioatemperaturacostante Ilprimoprincipiodellatermodinamicarappresentaunaformulazionedelprincipiodiconservazione dell’energiaeaffermachel’energiadiunsistematermodinamicononsicreanésidistrugge,masi trasforma,passandodaunaformaaun’altra.SesiindicaconQilcalorecheilsistemascambiacon l’ambientecircostante(cheèpositivosevieneassorbitodalsistema,negativoseinveceèilsistemaa cederecaloreall’ambientecircostante)esiindicaconLillavoro(ancheinquestocasoillavorosarà positivo se si tratta di lavoro compiuto dall’ambiente sul sistema, negativo se è il sistema che compie lavoro),allorailbilancioenergeticodelsistematermodinamico,cherappresentailprimoprincipiodella termodinamica,siscrive: ΔU=Q+L e si dice che la variazione di energia interna di un sistema termodinamico è uguale alla somma (algebrica)delcaloreedellavoroentrantinelsistema. Ilprincipiodiconservazionedell’energianondistinguetraunaformadienergiaeun’altra(sipuòdire cheessocogliel’aspettoquantitativodell’energiasenzacogliernel’aspettoqualitativo). Sesiriscaldaungasmantenendoloavolumecostante–ponendo,peresempio,deipesisulcoperchioa pistone di un contenitore per evitare che avvenga l’espansione del gas – il primo principio della termodinamicasiriduceallasempliceuguaglianza: ΔU=Q poiché il gas non compie lavoro (L = 0) e il calore assorbito dal gas va ad aumentare la sua energia interna. Inunatrasformazioneadiabatica–compiuta,peresempio,isolandotermicamenteilgas,inmodochenon visiaalcunoscambiodicaloreconl’ambientecircostante(Q = 0), e diminuendo la pressione del gas (peresempio,togliendomanmanoipesidalpistonechechiudeilcontenitore)–perespandersiilgas compie un lavoro (che sarà quindi negativo) e il primo principio della termodinamica si riduce all’uguaglianza: ΔU=–L Sempre in una trasformazione adiabatica, se si aumenta la pressione sul coperchio del contenitore, il lavoro(positivo)compiutodalsistemauguaglialasuavariazionedell’energiainterna,quindi: ΔU=L Se,infine,sicompiesulsistemaunatrasformazioneisoterma(atemperaturacostante)esidiminuiscela suapressione,ilgassiespandemantenendoinvariatalasuaenergiainterna,quindiperilprimoprincipio dellatermodinamicasiavrà: Q=L ILMOTOREACOMBUSTIONEINTERNA Ilmotore a combustione interna, utilizzato nella maggior parte dei veicoli, è un esempio di motore termico, che trasforma in energia meccanica l’energia che si sviluppa nella combustione, al suo interno, di un combustibile liquido o gassoso. Il più comune motore a combustioneinternaèilmotoreaquattrotempi,ilcuiprimoesempiofucostruitodauningegneretedesco,N.Otto,nel1877.Ilmotorea quattrotempiècostituitodaduepartiprincipali:uncarburatore,dovesiformaunamiscelaesplosivadiariaecombustibile,euncilindro (comunementecenesonoquattro),chiusoatenutadaunpistone.L’ingressoalcilindroèregolatodaduevalvole,lavalvoladiammissione elavalvoladiscarico,efornitodiunacandela,cheproducelascintilla.Aognipistoneècollegataunabiella,chetrasmetteilmovimentodel pistone all’albero di trasmissione. Il funzionamento del motore a combustione interna avviene in quattro differenti fasi: nella prima fase, dettafasediaspirazione,ilpistonechedevecontenereilfluidocombustibilepassadaunvolumeminimoaunvolumemassimo,creandoal suointernounadepressionecheaspiralamiscelaaria-carburanteattraversolavalvoladiammissione.Nellasecondafase,dettafase di compressione,nellaqualelevalvolesonochiuse,ilpistoneritornaallaposizionediminimovolume,comprimendolamiscelaalsuointerno finché essa raggiunge un punto di massima compressione nel piccolo volume rimasto (detto camera di combustione o di scoppio). Nella terzafase,lafasedicombustioneedespansione,lascintillaprovocatadallacandelainnescalacombustionedellamiscelacompressa,la qualeesplodeproducendocaloreeliberandounamassadigas.Igassiespandono,spingendoilpistonefinoalsuomassimovolume.Daqui, con la valvola di scarico aperta, comincia la quarta fase, la fase di scarico, nella quale il pistone si riabbassa e il sistema è pronto per ricominciare il ciclo dalla prima fase. Il ciclo di un motore a scoppio, detto ciclo di Otto, può essere rappresentato su un piano p,V, analogamentealciclodiCarnot(v.par.IlciclodiCarnot),sostituendoleduefasiadiabaticheconduefasiavolumecostante. •Letrasformazionicicliche Unciclotermodinamicoèrappresentatodaunacurvachiusa InuncicloΔU=0 Lemacchinetermiche Ilprimoprincipioperunatrasformazioneciclica Intermodinamicaunatrasformazioneciclica,opiùsemplicementeunciclo termodinamico, è data da unaserieditrasformazionifisichecompiutesuunsistema(peresempio,ungas),nellequaliallafine legrandezzechecaratterizzanoilsistema(temperatura,pressioneevolume)hannovaloriidenticia quelliiniziali.Unciclotermodinamicoèrappresentatosulpianop,Vdaunacurvachiusa,inmodoche allafinedellaserieditrasformazioniilsistemaritornaallostatoiniziale.L’arearacchiusadallacurva che rappresenta il ciclo è il lavoro erogato o assorbito dal sistema. Poiché l’energia interna di un sistemaèunafunzionedistato,inunciclononsihavariazionedienergiainterna,ovveroΔU=0,ein questocasoilprimoprincipiodellatermodinamicasiscriveQ=L,doveilcalorerappresentalasomma totale del calore assorbito o ceduto dal sistema e il lavoro rappresenta la somma totale del lavoro compiuto o subìto dal sistema. Un sistema che compie una trasformazione ciclica è detto macchina termica,ilcuiscopoèquelloditrasformareinlavoromeccanicounapartedelcaloreassorbitodauna sorgente a una data temperatura. In particolare, se si indica con L il lavoro totale (dato dall’area racchiusadallacurvachiusanelpianop,V)esidistinguonoilcalorecedutodalsistema,Qc,eilcalore assorbitodalsistema,Qa,ilprimoprincipiodellatermodinamicaperunciclosiscrive: L=Qa–Qc Questarelazione,confermatadalsecondoprincipiodellatermodinamica(v.par.14.4),affermachenon tuttoilcalorefornitoaunamacchinatermicapuòessereconvertitoinlavoro,maunapartediesso,quella ceduta all’ambiente, deve essere restituita. Un esempio di macchina termica è dato dal motore di un’automobile (v. riquadro precedente), che trasforma parte del calore dato dalla combustione della benzinainlavorocheservepermuoverelamacchina. 14.4Ilsecondoprincipiodellatermodinamica LaformulazionediClausiusdelsecondoprincipio LaformulazionediKelvindelsecondoprincipio Uguaglianzatraledueformulazioni Secondoilprimoprincipiodellatermodinamicanonesistelimitazioneteoricaalpassaggiodicaloreda un corpo più freddo a uno più caldo, poiché anche questa eventualità soddisfa il principio di conservazionedell’energia.Sipuòdimostrarequestaaffermazioneconunsempliceesempio:sesipone uncubettodiacciaiofreddoinunbicchierediacquacalda,sperimentalmentesiosservachel’acciaiosi scaldael’acquasiraffredda.Perilprimoprincipiodellatermodinamica,infatti,l’acquacedepartedella suaenergiainternaall’acciaio,chesiriscalda.Sempreperilprimoprincipio,però,potevaverificarsi teoricamente anche che l’acqua si riscaldasse ulteriormente, aumentando la sua energia interna, e l’acciaio si raffreddasse ulteriormente, diminuendo la sua energia interna della medesima quantità, poiché anche questa seconda possibilità rispetta il principio di conservazione dell’energia. Questa osservazione ha aperto la strada al secondo principio della termodinamica, che afferma, nella sua forma più semplice, dovuta al fisico tedesco R. Clausius (1822-1888), che il calore non può passare spontaneamentedauncorpopiùfreddoaunopiùcaldo. Ilsecondoprincipiohaunagranderilevanzaperlemacchinetermiche,checonvertonocaloreinlavoro; nellaformulazionechesidevealordKelvin(che,comevedremopocooltreèequivalenteaquelladi Clausius), stabilisce che, mentre il lavoro può sempre e integralmente essere convertito in calore, ciò nonavvieneperilpassaggioinverso,ovveroèimpossibilerealizzareunatrasformazioneilcuiunico risultato sia quello di assorbire calore da una sorgente e trasformarlo integralmente in lavoro. Il secondo principio della termodinamica pone, in sostanza, le limitazioni alle quali è soggetta la trasformazionedicaloreinlavoro. Per dimostrare l’uguaglianza tra le due formulazioni (di Clausius e di Kelvin) del secondo principio bisognaprocedereperassurdo,ipotizzandocioècheunadelleduesiafalsaedimostrarecherisultafalsa anche la seconda. Se, per esempio, si assume che il postulato di Kelvin sia falso, sarebbe possibile, utilizzando il calore fornito da una sorgente, ottenere come unico risultato lavoro. Se, per esempio, la sorgente si trovasse a temperatura T1 e il lavoro prodotto su un corpo, a temperatura iniziale T2 >T1, venissetrasformatoincalore,questoandrebbeadaumentarelatemperaturadelcorpoecomerisultatosi avrebbe il passaggio di calore da un corpo a temperatura minore a uno a temperatura maggiore, in contraddizioneconquantoaffermal’enunciatodiClausiusdelsecondoprincipio. Viceversa, se si suppone falso l’enunciato di Clausius, si teorizza la possibilità di operare una trasformazionecheabbiacomerisultatoilpassaggiodicaloredauncorpoatemperaturaminoreT1auno a temperatura maggiore T2: quindi sarebbe possibile realizzare una macchina termica che utilizzasse il calore della sorgente a temperatura T2 e ne cedesse una parte alla sorgente a temperatura minore, producendolavoro:l’unicorisultatosarebbelatrasformazionedicaloreinlavoro,aspesedellasorgente atemperaturaminore,incontraddizioneconl’enunciatodiKelvin. In definitiva, il secondo principio della termodinamica sostiene che una macchina termica, per operare,richiedealmenoduescambidicaloreconduesorgentiadiversatemperatura,concessione dicaloreallapiùfreddaeassorbimentodicaloredallapiùcalda.Questoperché,nelletrasformazioni ciclichetipichedellemacchinetermiche(cherichiedonochelecondizionifinalicoincidanoconquelle iniziali),nontuttoilcalorepresodaun’unicasorgentepuòesseretrasformatocompletamenteinlavoro: una parte del calore che non si trasforma in lavoro (e che non va ad aumentare l’energia interna del sistema)devevenirecedutaaun’altrasorgente–peresempio,all’ambientecircostante–eindefinitiva vienepersa. •Ilrendimentodiunamacchinatermica SidefiniscerendimentoηdiunamacchinatermicailrapportotraillavoroLcompiutodallamacchinae ilcaloreQaassorbito: L η= Qa PoichéillavoroinunamacchinatermicaèL=Qa–Qc,sipuòscrivereilrendimentocome: (Q –Qc) Q η= a =1= c Qa Qa Il rendimento quindi rappresenta la frazione del calore fornito alla macchina effettivamente utilizzabile per produrre lavoro. Il secondo principio della termodinamica implica che il rendimento di una macchinatermicasiasempreinferiorea1. •IlciclodiCarnot IlrendimentonelciclodiCarnot IlciclodiCarnotèunparticolaretipodiciclotermodinamico,studiatodalfisicofranceseS.N.Carnot (1796-1832), che rappresenta il ciclo ideale di trasformazioni termodinamiche seguito da un qualsiasi motore termico (per esempio, il motore di un’automobile o un motore a vapore). Il ciclo di Carnotconsentedideterminareilrendimentomassimoraggiungibiledaunmotoretermico.Sisvolge in quattro fasi distinte, rappresentabili sul piano p,V attraverso due curve isoterme e due curve adiabatiche,attraversocuiilsistematornaallaposizionedipartenza(v.fig.14.3).Nellaprimafase(da 1 a 2) di espansione isoterma (a temperatura costante) il sistema (per esempio, un gas) si espande e assorbeunaquantitàdicaloreQ1daunasorgenteatemperaturainfinita(cioètalechelasuatemperatura nonvariduranteilprocesso),mentrelatemperaturarimanecostante.Nellasecondafase,diespansione adiabatica(da2a3),cioèsenzascambidicaloreconl’esterno,ilsistemasiespandesenzascambiare calore, si raffredda e la sua temperatura passa da T1 a T2, dove T2 < T1. La terza fase (da 3 a 4) rappresentaunacompressioneisoterma,nellaqualeilsistemavienecompressoacontattotermicoconun pozzodicalore (una sorgente termica in grado di assorbire il calore senza variazioni di temperatura), allatemperaturacostanteT2;durantequestafaseilsistemacedeunaquantitàdicaloreQ2.Nellaquarta fase(da4a1)dicompressioneadiabatica,ilsistemavienecompressosenzacheavvenganoscambidi calore con l’ambiente circostante, la sua temperatura aumenta e ritorna al valore iniziale T1. Il lavoro compiutoduranteilcicloèparialladifferenzatrailcaloreassorbitoeilcaloreceduto,chenelnostro casoèdatoda: L=Q1–Q2 Ilrendimento,definitocomeilrapportotraillavoroerogatoeilcaloreassorbito,puòessereespresso dallaformula: T2 η=1- T1 doveT1èlatemperaturadellasorgentecheforniscecaloreeT2èlatemperaturadellasorgenteacuiil calore viene ceduto. Il rendimento è tanto più alto quanto maggiore risulta la temperatura T1 e quanto minore risulta la temperatura T2, e in ogni caso è sempre inferiore all’unità poiché non è possibile ottenere più energia di quanta ne viene immessa nel ciclo. Il rendimento in un ciclo di Carnot dipende peròsolodalrapportotraleduetemperatureenondallecaratteristichedelfluidoutilizzato:èsufficiente mantenereinalteratotalerapporto,cambiandoilsistema(peresempio,scambiandoungasperfettoconun gasreale,oconunfluidoqualsiasi),eilrendimentorestainalterato.Quantoèmaggioreladifferenzadi temperatura,tantopiùaltoèilrendimento. Figura14.3RappresentazioneschematicadelciclodiCarnotnelpianop,V:ilsignificatodellecurveèdescrittonellafiguraA.InB ilciclopercorsoinsensoantiorario,dettociclofrigorifero. Nel ciclo di Carnot è possibile invertire il senso di percorrenza del ciclo, assorbendo calore dalla sorgente fredda e cedendolo alla sorgente calda. In questo modo il ciclo assorbe lavoro invece di erogarlo:èciòcheavvieneinunfrigoriferodomestico(v.riquadroafronte),nelqualeilmotoreassorbe energiaelettricapersottrarrecaloredall’internodelfrigoriferoetrasferirloall’ambienteesterno. ILFRIGORIFERO Unamacchina frigorifera è una macchina termica in grado di prelevare una quantità di calore da una sorgente a bassa temperatura cedendone un’altra quantità a una sorgente a temperatura più alta, in modo da raffreddare ulteriormente una sorgente fredda. Questo è quanto accade nei normali frigoriferi domestici, nei quali la sorgente fredda è rappresentata dalla cella frigorifera e la sorgente calda dall’ambientecircostante. Nelciclofrigoriferounasostanzaaeriformevienecompressamedianteuncompressoreesubisceuninnalzamentoditemperatura;quindi viene inviata a uno scambiatore di calore, che la riporta alla temperatura originaria senza variarne la pressione. In seguito viene fatta espandereinunambienteapressioneminoreel’abbassamentoditemperaturacheneconsegueconsentedisottrarrecaloreall’ambiente. Inquestafasesihal’effettofrigoriferodesiderato.Illavoroinunciclofrigoriferoènegativoeilciclo,descrittonelpianop,V,èanalogoa un ciclo di Otto (v. riquadro precedente) percorso in senso antiorario. Un frigorifero per funzionare necessita quindi che venga fornito lavorodall’esterno(illavorofattodalcompressorealimentatodall’energiaelettrica). 14.5L’entropia Ilcaloreèunaformadegradatadienergia Isistemifisicitendonoversolostatodimassimodisordine L’entropiaèunindicedelgradodidisordinediunsistemafisico L’unitàdimisuradell’entropia Formadelsecondoprincipiodellatermodinamicainterminidientropia L’entropiadell’Universoèincontinuoaumento Se,comesièvistoneiparagrafiprecedenti,ilprimoprincipiodellatermodinamicasipuòformularein manierageneraledicendochel’energiatotaledell’Universoècostante,perilsecondoprincipioquesta energia non può trasformarsi liberamente da una forma a un’altra, ma esistono delle limitazioni. Per esempio, l’energia termica non può passare da un corpo più freddo a uno più caldo, o meglio è estremamente improbabile che questo accada. Inoltre, sempre per il secondo principio della termodinamica, la produzione di lavoro è sempre accompagnata da un riscaldamento. Questo significa cheesistenell’Universounatendenzaspontaneaalpassaggioversounaformadienergia(ilcalore) chenonècompletamenteritrasformabileinun’altraformadienergia,cioèunatendenzaversouna forma“degradata”dienergia,chenonèpiùutilizzabile. Inaccordoconilsecondoprincipiodellatermodinamica,sipuòdirequindicheesisteneisistemifisici unatendenzaalladegradazionedell’energiaequindiallasuadispersionenell’ambiente.Questoconcetto è strettamente legato al fatto che ogni trasformazione fisica spontanea avviene in un verso determinato: per esempio, il calore passa da un corpo più caldo a uno più freddo, ma non viceversa; l’acqua presente su una superficie libera tende a evaporare, ma il vapore acqueo prodotto non tende spontaneamentearitrasformarsiinliquido;unapallalasciatarimbalzarealsuolotendeacadereversoil basso, fino a fermarsi a causa dell’attrito. Il processo inverso di questi tre esempi è in accordo con il primoprincipiodellatermodinamica,perchél’energiadiunsistemaincuiilcalorepassadauncorpo piùfreddoaunopiùcaldo,peresempio,siconserva,manonloèconilsecondo. Figura14.4InAilrecipiente1contienelemolecolediungas(peresempio,argo),mentreilrecipiente2èvuoto.Aprendolavalvola (B),partedellemolecolesitrasferiscenelsecondorecipienteeilsistemapassaaunostatodimaggioredisordine. Si consideri un sistema fisico costituito da un recipiente contenente un gas, libero di espandersi in un altro contenitore vuoto, collegato al primo tramite una valvola (v. fig. 14.4): inizialmente tutte le molecole del gas si trovano nel primo contenitore, ma se la valvola viene aperta il gas tende spontaneamente a passare nel secondo contenitore, e le sue molecole si distribuiscono uniformemente all’internodell’interovolumedisponibile,rappresentatodaiduecontenitori.Nullavietachelemolecole del gas restino nel primo contenitore, o, analogamente, si trasferiscano interamente nel secondo, svuotandoilprimo,maquestononaccade.Unavoltacheilprocessoèavvenuto,ovverounavoltache tutte le molecole si sono uniformemente distribuite all’interno dei due contenitori, è altamente improbabilecheilsistemaritornispontaneamenteallostatodipartenza,ovverochetuttelemolecoledel gasritorninospontaneamentenelprimocontenitore.Ilprocessodunqueèirreversibile. Il sistema tende spontaneamente a passare da un iniziale stato più ordinato (tutte le molecole nel primo contenitore) a uno finale più disordinato (le molecole distribuite uniformemente nei due contenitori). Un esempio analogo è quello del passaggio del calore da un corpo più caldo a uno più freddo, che, una volta avvenuto, non tende spontaneamente a verificarsi in senso contrario: anche in questocasoilsistemaèpassatodaunostatoinizialediordine(uncorpocaldoeunofreddo)aunostato finaledidisordine(iduecorpiaugualetemperatura)eilprocessononavvienespontaneamenteinsenso inverso,ovveroèirreversibile. Generalizzando,sipuòdirecheunsistemafisicoisolatosoggettoatrasformazionispontaneetendeverso ilsuostatodimassimodisordine. Perchiarirequestoconcettovieneintrodottainfisicaunagrandezza,dettaentropiaeindicatasolitamente conS,cheesprimeilgradodidisordinediunsistemafisico.Interminidientropia,ilsecondoprincipio della termodinamica si formula dicendo che ogni trasformazione spontanea di un sistema fisico isolatoèirreversibileeportaaunaumentodell’entropia. L’entropia è una funzione di stato, ovvero dipendesolodallostatoinizialeefinaledelsistema,edèindipendentedaltipoditrasformazionisubite dal sistema nel passare da uno stato all’altro. In un sistema termodinamico che subisce una trasformazione,lavariazionedientropiadiunprocessoreversibilesidefiniscecomeilrapportotrala quantitàdicalorescambiatodalsistemaelatemperaturaassolutaacuiavvieneloscambio,ovvero: Q ΔS= T L’unità di misura dell’entropia nel Sistema Internazionale è il J/K, joule su grado kelvin. L’entropia dunqueèunagrandezzamisurabileerappresentaunindicedellostatodidisordinedelsistemafisico.Il secondoprincipiodellatermodinamicaassumequindilaforma: Q ΔS≥ T doveilsegnodiuguaglianzavaleperiprocessireversibili,mentrequellodidisguaglianzaperiprocessi irreversibili. Se si considera l’intero Universo come un sistema isolato termicamente, nel quale tutti gli scambi di calore con un eventuale ambiente esterno sono nulli e nel quale le trasformazioni spontanee sono irreversibili,ilsecondoprincipiodellatermodinamicasipuòscrivere: ΔS>0 che stabilisce che l’entropia dell’Universo è in continuo aumento. Questo, per quanto detto precedentemente,implicaanchechel’energiatotaledell’Universo,purmantenendosicostanteinaccordo conilprimoprincipiodellatermodinamica,vadaversoungradodimassimadegradazione,ovveroche l’energiautiledell’Universo(quellachepuòesseretrasformataspontaneamenteinlavoro)èincontinua diminuzione,mentrecrescelafrazionedienergiatermica,ocalore,acausadegliattriti. GLOSSARIO Energiainterna Funzionedistatocherappresental’energiapossedutadaunsistemaacausadelmotointernodeisuoiatomiemolecole. Entropia Funzionedistatodiunsistemachemisurailgradodidisordinemolecolare. Equilibriotermodinamico Statotermodinamicodiunsistemanelqualelegrandezzepressione,volumeetemperaturarimangonocostantineltempo. Equivalentemeccanicodelcalore Rapportotral’energiameccanicael’energiatermica,paria4,1868·107. Funzionedistato Grandezzatermodinamicacaratterizzatadalfattochelasuavariazionenondipendedallaparticolaretrasformazionecheilsistemasubisce, masolodallesueposizioniinizialeefinale. Macchinatermica Sistema che compie una trasformazione termodinamica ciclica, il cui scopo è quello di trasformare in lavoro meccanico una parte della quantità di calore assorbita da una sorgente. Si definisce rendimento della macchina termica il rapporto tra il lavoro compiuto dalla macchinaelaquantitàdicaloreassorbita. Primoprincipiodellatermodinamica Formulazione del principio di conservazione dell’energia, che afferma che l’energia totale di un sistema termodinamico non si crea né si distrugge,masitrasforma,passandodaunaformaaun’altra. Secondoprincipiodellatermodinamica Principio che afferma che solo una parte del calore assorbito da un sistema può essere trasformato in lavoro, ovvero che il calore può passare solo da un corpo più caldo a uno più freddo. In termini di entropia, si esprime dicendo che un sistema isolato soggetto a trasformazionispontaneetendeversounostatodimassimaentropia. Termodinamica Partedellafisicachestudiaiprocessineisistemicheinteragisconotraloroconscambidicaloreevariazioniditemperatura. Trasformazionetermodinamica Trasformazionecaratterizzatadalpassaggiodiunsistematermodinamicodaunostatoinizialeaunostatofinale,attraversounasuccessione distatiintermedi,rappresentatasuunpianocartesianop,V.Inunatrasformazioneciclicailsistematornaallostatoiniziale. TESTDIVERIFICA 1. Checosasiintendeperenergiainternadiuncorpo? 2. Perchél’energiainternaèunafunzionedistato? 3. Il passaggio di calore da un corpo più freddo a uno più caldo sarebbe in contrasto con il primo principio della termodinamica? 4. Qualèilrendimentomassimodiunamacchinatermica? 5. Qualèlaformadienergiamenoutile? 6. Comevarial’entropiadell’Universo? L’ELETTROMAGNETISMO 15L'ELETTRICITÀSTATICA L’elettrostatica, che studia i fenomeni connessi alle cariche elettriche in quiete e le forze che si esercitano tra esse, rappresenta il primo gradino di quella parte della fisica che si occupa dei fenomeni elettrici e dei fenomeni magnetici. Elettricità e magnetismo sono strettamente correlati in un impianto teorico molto ricco e complesso: la massima sintesi è fornita dalla teoria dell’elettromagnetismo dovuta a Maxwell, che descrive le interazioni tra i fenomeni elettrici e i fenomeni magnetici e il comportamento dei fenomeni ondulatori connessi, le onde elettromagnetiche. I fenomeni elettrici sono noti fin dall’antichità, ma soltantonell’800neèstatadataun’interpretazionescientificarigorosaenesonostatecompreseleimplicazionitecnologiche.Finoal ’700,infatti,l’elettricitàvenivastudiatasolocomeunacuriositàdalaboratorioenessunoavevaimmaginatoquantoquestifenomeni avrebberocambiatotuttigliaspettidellanostravitaquotidiana. 15.1Naturadell’elettricità Atomoeparticelleelettricamentecariche L’elettricità è una delle proprietà fondamentali della materia: si manifesta attraverso attrazioni o repulsionitracorpiederivadalleproprietàatomichedellamateria.Icorpidotatidiquestaproprietà sidiconoelettricamentecarichi;lagrandezzachelicaratterizzasidicecaricaelettrica. Lamateriaècostituitadaunitàdetteatomi(v.par.L’atomo),untemporitenutiindivisibili,mache,come è stato dimostrato all’inizio del ’900, sono costituiti da particelle. Un atomo è formato da tre tipi di particelle: protoni e neutroni, riuniti in un nucleo centrale, ed elettroni, che si muovono intorno al nucleo.Ciascunprotoneportaunacaricaelettrica positiva, mentre i neutroni non possiedono carica; ciascun elettrone porta una carica elettrica negativa. La carica positiva del protone e la carica negativadell’elettrone,disegnoopposto,sonougualiinvaloreassoluto.Incondizioninormaliunatomo possiede un ugual numero di protoni (detto numero atomico Z) e di elettroni e perciò è elettricamente neutro.Diconseguenzasononeutriancheicorpiformatidaquestiatomi.Incertecircostanzegliatomi possono perdere o acquistare elettroni (gli elettroni sono “mobili”, a differenza dei protoni, che possiedono una massa assai maggiore e inoltre sono aggregati nel nucleo). Quando gli atomi di una sostanza acquistano elettroni, la caricano negativamente, cioè la sostanza possiede un eccesso di elettroni;viceversa,quandoperdonoelettroni,lasostanzaècaricapositivamente,cioèèindifettodi elettroni. •Mobilitàdeglielettroniestrutturaelettronica Elettronielivellienergetici Ionipositivieioninegativi Glielettronidell’atomosipossonopensaredispostiattornoalnucleoinstraticherappresentanodei livellienergetici.Fornendoosottraendoenergiaaunatomo,glielettronisaltanodaunostrato(cioèdaun livello)energeticoaunaltro.Quandoforniamoaunatomosufficienteenergiapervincereleforzeche tengonounitiglielettronidellostratopiùesternoalrestodell’atomo,questisarannoliberidipassareda uncorpoall’altroo,comecapitaperalcunimateriali(peresempio,imetalli),dimuoversiall’internodel materialeedicondurrelalorocaricaelettricadaunpuntoall’altrodelmateriale.Perquestosidiceche gli elettroni di un metallo sono i portatori della carica elettrica: in un metallo alcuni elettroni debolmente “legati” al nucleo atomico si comportano non come se appartenessero a un determinato atomo,maalmaterialenelsuocomplessoesonoliberidimuoversineglispazitragliatomi.Inaltritipi di materiali, invece, gli elettroni sono fortemente “legati” agli atomi ed è necessaria una quantità di energiamoltopiùelevataperrenderliliberidimuoversi. Unatomochehapersounoopiùelettroni,echequindiècaricopositivamente,èdettoionepositivo;gli elettroni persi da un atomo possono anche essere ceduti ad altri atomi, che diventano carichi negativamente,trasformandosiinioninegativi(cioèinatomichehannoacquistatounoopiùelettroni). 15.2Elettrizzazionediuncorpo Già nel VI secolo a.C. il filosofo greco Talete di Mileto aveva notato che un pezzetto di ambra (in grecoélektron,dacuiderivailtermineelettricità)strofinatoconunpannodilanaacquistalacapacità di attrarre corpi leggeri (per esempio, piccole pagliuzze) e che doveva entrare in gioco una forza diversadaquellagravitazionale,perchél’ambranonstrofinatanonavevaquestacapacità.L’esperimento ètuttoraripetutonelleprimelezionisull’elettricitàintuttelescuole:èsufficientestrofinareconunpezzo dilanaunabiroeavvicinarlaaunmucchiettodipezzettinidicartadiquadernoelabiroattrarràipezzetti dicarta.Quandouncorpohaacquistatotalecapacitàsidicecheèelettrizzato,ocaricodielettricità statica;aifenomenichesimanifestanoaseguitodiquestacondizionesidàilnomedifenomenielettrici. Uncorpopuòvenireelettrizzatointremodidiversi:perstrofinio,percontattooperinduzione. •Elettrizzazioneperstrofinio Attrazioneerepulsionetracorpicarichielettricamente Conduttorieisolanti Neiconduttorilecarichesonoliberedimuoversi Negliisolantilecaricherestanodovesiproducono Vi sono alcune sostanze (come l’ambra, il vetro, la plastica e la ceralacca) che possono venire elettrizzateperstrofinio–peresempio,conunpannodilana–eacquistanolacapacitàdiattrarrecorpi neutri.Sestrofiniamoduebacchettedivetroconunpannodilanaeleavviciniamotraloro,tenderannoa respingersi.Seinvecestrofiniamounabacchettadivetroeunadiplastica,questetenderannoadattrarsi. Esistonoquindiduetipidielettrizzazioneodicaricaelettrica,chefuronochiamatipositivaenegativa dalloscienziatoamericanoBenjaminFranklin(1706-1790),chesioccupòdifenomenielettriciattornoal 1750. Due corpi elettrizzati si attraggono o si respingono a seconda della natura della loro carica elettrica: cariche dello stesso segno (entrambe positive o entrambe negative) si respingono, cariche di segno opposto(unapositivael’altranegativa)siattraggono.Quandouncorpovieneelettrizzatoperstrofinio conunsecondocorposihauntrasferimentodicaricheelettrichedauncorpoall’altro,cosìcheunodei duecorpisicaricapositivamenteel’altrosicaricanegativamente.Inbaseaquantodettorelativamente allanaturaatomicadellacaricaelettrica,sestrofiniamoconunpannodilanaunabacchettadiplastica, che in questo modo si carica negativamente, gli elettroni passano dalla lana alla plastica: la plastica acquistaelettroni,mentrelalananeperdeesicaricapositivamente. Inrelazioneallacapacitàdielettrizzarsiperstrofinio,icorpisidividonoinconduttorieisolanti. Esistonodeimaterialicheapparentementenonvengonoelettrizzatiperstrofinio.Seproviamoastrofinare unabacchettadimetalloconunpannodilanaeadavvicinarlaaunabacchettadivetroprecedentemente elettrizzataperstrofinio,vedremochelabacchettadimetallononesercitaalcunainfluenzasuquelladi vetro.Questoavvieneperchéimetallisonoconduttoridielettricità,quindi,quandovengonoelettrizzati, le cariche elettriche che si producono sulla loro superficie non restano confinate dove sono state generate, ma scorrono liberamente al loro interno, passano alla nostra mano (anche noi siamo conduttori)elungoilnostrocorposiscaricanoaterra. Imaterialicomelaplastica,ilvetroelaceramica,invece,chenonlascianosfuggirelecarichedalpunto incuivengonogenerate,sonodettiisolanti. Se alla bacchetta di materiale conduttore applicassimo un manico di plastica, o di un’altra sostanza isolante, questo impedirebbe alle cariche di lasciare il materiale, e quindi di scaricarsi al suolo attraversoilnostrocorpo.Inquestocasoanchelabacchettadimetallopotrebbevenireelettrizzataper strofinioedeserciterebbeunaforzasullabacchettadivetro. Nei conduttori gli elettroni esterni sono liberi di muoversi e di portare la carica elettrica da un punto all’altrodellasuperficiedelmateriale,negliisolantiglielettronisonomoltofortementelegatiagliatomi erestanoconfinati.Esistonoinoltredeimaterialichehannodellecaratteristicheintermedietraquelledei conduttori e quelle degli isolanti, i semiconduttori, molto usati nell’industria microelettronica (v. riquadroallapaginaprecedente). ISEMICONDUTTORI I semiconduttori sono sostanze che presentano caratteristiche di conduttività elettrica intermedia tra quella dei conduttori e quella degli isolanti.Sonosemiconduttorimaterialicomeilsilicio,ilgermanioecomposticomel’arseniurodigallio.Ilcomportamentodeisemiconduttori puòesserespiegatoconsiderandolalorostrutturaatomica.Glielettroniesternideisemiconduttorisonofortementelegatiaciascunatomoe, contrariamenteaglielettroniesternidiunconduttoremetallico,hannoscarsissimapossibilitàdimuoversi.Perchésiapossibilelaconduzione elettrica,ènecessariochealcunidiquestielettroniacquistinoenergiasufficienteapassaredalivellienergeticichevengonodettibandadi valenza (in cui gli elettroni esterni, o di valenza, degli atomi sono legati strettamente agli elettroni di valenza degli atomi vicini) a livelli energeticichecostituisconolacosiddettabandadiconduzione(incuialcunielettronisonoliberidimuoversi).Mentreneimetallinonè necessaria in pratica nessuna energia in più per passare dalla banda di valenza alla banda di conduzione, nei semiconduttori il dislivello energeticoèpiuttostoalto,enegliisolantièancoramaggiore(v.fig.).Questospiegaancheunacaratteristicapeculiaredeisemiconduttori, ovveroladipendenzadellaloroconduttivitàelettricadallatemperatura:fornendocalore,sifornisceadalcunielettronil’energianecessaria persuperareildislivellotraleduebandeedesserecosìliberidimuoversiall’internodelmateriale,soggettialleforzeelettriche.Quandoun elettronepassadallabandadivalenzaallabandadiconduzione,lascialiberounposto,chevienedettolacuna,obuca,echesicomportaa tuttiglieffetticomeunacaricapositiva:inpresenzadiforzeelettricheesterne,unelettronevaaoccupareunalacuna,formandoquindiuna nuovalacunachevieneoccupatadaunnuovoelettroneecosìvia,dandol’impressionechevisiaunmotodellelacune,ugualeecontrarioa quello degli elettroni. Per aumentare la conduttività dei semiconduttori si usa introdurre a livello atomico delle quantità molto piccole di sostanzeopportune,chevengonodetteimpurità;questaoperazioneèdefinitadrogaggio.Dosandoopportunamenteleimpuritàall’interno di un semiconduttore e regolando la temperatura, si può ottenere un semiconduttore con un numero fissato di portatori di carica, quindi regolarne molto precisamente la conduttività. Per le loro proprietà elettriche particolari questi materiali vengono largamente impiegati nell’industriaelettronica;ilsilicio,peresempio,èl’elementobasedeichipdeglielaboratorielettronici. Neimetallinonesistedivarioenergeticotralabandadivalenzaelabandadiconduzione,chepraticamentecoincidono;negli isolantitaledivario(ogapenergetico)è10voltesuperioreaquellopresenteneisemiconduttori. •Elettrizzazionepercontatto L’elettroscopioafoglie Imaterialiconduttoripossonovenireelettrizzatiponendoliacontattoconuncorpoelettricamentecarico, cioèpossonoessereelettrizzatipercontatto.Ancheinquestocasosihauntrasferimentodicariche elettrichedauncorpoaunaltro:ilcorpoelettricamentecaricocedepartedellesuecariche(positiveo negative)alcorponeutro,rendendolocarico. Unostrumentobasatosullaproprietàdeiconduttoridivenireelettrizzatipercontatto,dettoelettroscopio, permette di verificare se un corpo è elettricamente carico. L’elettroscopio (v. fig. 15.1) è costituito da un’asta metallica verticale alla cui estremità inferiore sono attaccate due sottili lamelle di metallo (generalmente oro o alluminio). Il tutto è racchiuso in un contenitore di vetro, da cui esce soltanto un pomello,anch’essodimetallo.Sel’astadell’elettroscopiononècaricaelettricamente,sottol’influenza della forza di gravità le due lamine si dispongono verticalmente. Se invece tocchiamo il pomello dell’elettroscopioconuncorpocarico,lacaricaelettricatrasmessaalpomellopasseràall’astaequindi allefoglioline,che–caricatedellostessosegno–sirespingerannoesiallontanerannotraloro. L’elettroscopio può venire usato anche per verificare se un corpo è un conduttore o un isolante. Se poniamo in contatto con il pomello dell’elettroscopio caricato elettricamente un isolante, le lamelle resteranno divaricate, mentre se il contatto avviene con un conduttore l’elettroscopio si scarica, trasferendolesuecarichealconduttore,eleduelamellesiriavvicineranno. Figura 15.1 Se si tocca la sferetta esterna di un elettroscopio con un oggetto elettrizzato, le lamelle metalliche all’interno della bocciadivetrosielettrizzanoalorovolta,caricandosidellostessosegno,eperciòsiseparano. •Elettrizzazioneperinduzione Laseparazionedellecaricherendeilcorpoelettrizzato Corpoinduttoreecorpoindotto Ilparafulmine Unterzomodoperelettrizzareuncorponeutroèbasatosulfenomenodell’induzione elettrostatica (v. fig. 15.2). Supponiamo di avvicinare due sfere metalliche, isolate da terra mediante un manico di plastica, l’una carica positivamente e l’altra neutra. Per effetto della forza di attrazione elettrica, gli elettroni liberi presenti sulla superficie della sfera neutra tenderanno a concentrarsi nella parte della sfera più vicina alla sfera carica positivamente, mentre sulla parte più lontana si produrrà una concentrazione di cariche positive. Sulla sfera neutra si dice che è stata indotta una separazione di cariche.Allontanandonuovamentelasferacarica,lecarichesullasferaneutratornanoaneutralizzarsie siristabiliscel’equilibrio.Lasferacaricavienedettacorpoinduttoreelasferasullaqualesiproducela separazione di cariche viene detta corpo indotto. In questo tipo di elettrizzazione non si ha trasferimentodicariche,cioèilcorpoindottorimanenelsuocomplessoelettricamenteneutro,masiha una separazione di cariche sulla sua superficie, a seguito della quale il corpo diviene in grado di esercitareunaforzaelettricasuunaltrocorpocarico. Figura15.2 L’induzione elettrostatica: A è il corpo induttore e B il corpo indotto: gli elettroni liberi presenti sulla superficie del corpoindottotendonoaconcentrarsinellazonapiùprossimaalcorpoinduttore,caricopositivamente. Il fenomeno dell’induzione elettrostatica viene sfruttato, per esempio, nei parafulmine, il cui scopo è quellodiimpedirechelescaricheelettricheprodottedaifulminicolpiscanogliedifici.Ilparafulmineè costituito da un’asta metallica appuntita, posta sulla sommità dell’edificio da proteggere e collegata a terra mediante un conduttore. Il passaggio di una nuvola carica di elettricità induce sulla punta del parafulmineunacaricadisegnoopposto.Èdimostratocheglioggettiappuntitisonoingradodiattrarre maggiormente le cariche di segno opposto, poiché il fenomeno dell’induzione su una punta porta alla migrazione di molte cariche in una superficie ridotta: questo fa sì che la forza attrattiva di un oggetto affusolato,comeappuntoilparafulmine,siamaggiore.Questofenomenosidiceeffettopunta.Lacarica indottasulparafulminefavorisceilprodursidiunascaricaelettricatralanuvolacaricadielettricitàeil parafulmine stesso, il quale, collegato a terra, permette in tal modo al fulmine di scaricarsi e di non danneggiarel’edificio. Loschemadellafigura15.3riassumeimetodidielettrizzazionedeicorpi,imaterialineiqualiqueltipo di elettrizzazione è più facilmente osservabile e le conseguenze in termini di cariche elettriche (ricordiamo che anche un conduttore può venire elettrizzato per strofinio, ma occorre isolarlo, ovvero montarloperesempiosuunmanicodimetallo). Figura15.3Materialiisolantieconduttorierelativimetodidielettrificazione.Neiprimiduetipidielettrizzazione,perstrofinioeper contatto,siverificauntrasferimentodicarichedalcorpoelettrizzantealcorpoelettrizzato,mentrenell’elettrizzazioneperinduzione le cariche complessive del corpo rimangono invariate, ma per effetto della separazione delle cariche sulla sua superficie, il conduttorediventaingradodiattrarrecorpicarichi. 15.3Lacaricaelettrica Unitàdimisura:ilcoulomb L’elettronepossiedelacaricaelettricapiùpiccola La carica elettrica, come ogni altra grandezza fisica, è misurabile, ovvero è possibile stabilire quanta carica elettrica possiede un corpo carico in base a un’unità di misura della carica. Nel Sistema Internazionale l’unità di misura della carica elettrica è il coulomb (simbolo C), dal nome del fisico franceseCharlesAugustinCoulomb(1736-1806).Ilcoulombèdefinitoapartiredallacorrenteelettrica (costituitadalmovimentoordinatodellecaricheelettriche;v.cap.17,p.XXX)edèpariallacaricache transitain1secondoattraversolasezionediuncircuitopercorsodaunacorrentedi1ampere(A),l’unità dimisuradellacorrente. Per il momento ci interessa definire il valore della carica elettrica più piccola esistente, quella dell’elettrone,chevieneindicataconeevale: e=1,6021.10–19C Tuttelealtrecaricheelettriche,esistentiinnaturaoprodotteartificialmente,sonomultipledellacarica dell’elettrone,cheperquestomotivovieneanchedettacaricaelettricaelementare (la carica elettrica dell’elettronequindièestremamentepiccolaedèperquestomotivochenonèstatasceltacomeunitàdi misura della carica elettrica; la quantità di carica prodotta da un fulmine è per esempio di 10 C, che corrisponderebberoa1020voltelacaricadell’elettrone). •Lacaricaelettricasiconserva Lacaricaelettricanonsicreaenonsidistrugge In analogia con quanto visto per la massa e l’energia (v. cap. 8, p. 78), esiste anche una legge di conservazione della carica elettrica: in un sistema fisico isolato, la quantità totale di carica elettrica rimane invariata nel tempo, anche quando vengano scambiate cariche elettriche tra le parti del sistema (cioèinunsistemaisolatononc’ècreazionedicaricheelettriche,maquestepassanodauncorpoaun altro, conservandosi in quantità). Quando strofiniamo una bacchetta di vetro con un panno di lana, la bacchetta si carica positivamente, ma gli elettroni in eccesso passano sul panno, che si carica negativamente: la carica elettrica totale del sistema bacchetta-panno si conserva, ovvero rimane invariata. La legge di conservazione della carica deve valere anche a livello dell’atomo: perciò, quando in una reazione atomica o nucleare (v. cap. 25) si ha produzione di una particella carica negativamente, deve venireprodottaancheunacaricapositiva. 15.4LaleggediCoulomb LaleggediCoulomb LacostantediCoulomb Analogiaconlaleggedigravitazioneuniversale Èstatodettoinprecedenzachetraduecorpielettricamentecarichisiesercitaunaforza,attrattivaseidue corpihannocarichedisegnoopposto,repulsivanelcasocontrario. Nel 1785, servendosi di una bilancia a torsione (v. riquadro alla pagina seguente), Coulomb dedusse sperimentalmenteunalegge,notacomeleggediCoulomb,secondolaqualelaforzaF che si esercita tra due cariche elettriche puntiformi q1 e q2, poste nel vuoto a distanza d l’una dall’altra, è direttamenteproporzionalealprodottodelleduecaricheeinversamenteproporzionalealquadrato dellalorodistanza: qq F=k 1 2 d2 dovekèunfattorediproporzionalitàchevienedettocostantediCoulomb(paria9.109Nm2/C2). La costante di Coulomb k si può esprimere anche come k = 1/4πε, dove ε è detta costante dielettrica assolutaedipendedallasostanzacheseparaleduecariche.Lacostantedielettricaassolutaèilprodotto diduegrandezze,ε0,lacostantedielettricadelvuoto,chevaleε0=8,859.10–12C2/Nm2,edεr,lacostante dielettricarelativa,cheèunnumeropuroilcuivalorevadall’unità(nelvuoto)aqualchedecina. LaleggediCoulombindicaancheselaforzaesercitatatraiduecorpicarichièattrattivaorepulsiva:se leduecarichehannolostessosegno,illoroprodottosaràpositivoelaforzachesiesercitatraloroavrà segnopositivo,quindisaràrepulsiva.Selecarichehannosegniopposti,illoroprodottoènegativoela forzachesiesercitatralorohasegnonegativo,quindièattrattiva. La legge di Coulomb, relativa all’interazione elettrostatica, ha la medesima struttura della legge di gravitazioneuniversale(v.ap.62):entrambeleforzesonodirettamenteproporzionalialprodottodelle proprietà dei due corpi (la massa nel caso della forza gravitazionale, la carica elettrica nel caso della forza elettrostatica) e inversamente proporzionali al quadrato della loro distanza. Va comunque rammentatochelaforzadigravità,adifferenzadiquellaelettrica,èsempreesoloattrattiva.Inoltrela forzaelettricaèmoltopiùintensadiquellagravitazionale(laforzaelettricadiattrazionefraunprotonee un elettrone all’interno dell’atomo di idrogeno è di ben 1039 volte superiore rispetto alla forza gravitazionaletraledueparticelle). LABILANCIAATORSIONE PerdeterminarelaleggediinterazioneelettrostaticaCoulombutilizzòunapparatostrumentale,chiamatobilanciaatorsione,costituitoda unfilosottilecherecaaun’estremitàunabacchettadimaterialeisolante;aidueestremidellabacchettasonoposteduesferettemetalliche, che chiameremo A e A’. La sferetta A è carica e la sferetta A’ le fa da contrappeso, in modo che la bacchetta sia disposta sul piano orizzontale.Ilsistemadelleduesferettepuòruotareattornoalcentrodellabacchetta,ilpuntoincuièfissatoilfilo.Messaincontattocon un’altrasferettacaricaB,fissaeisolataelettricamentedaunpiccolomanubriodimaterialeisolante,lasferettaA subisce una forza che provocalarotazionedellabacchetta:misurandol’angolodirotazionedellabacchettasuunascalagraduatasipuòrisalireall’intensitàdella forzachesiesercitatraleduesferette.Dopoparecchiesperimenti,Coulombsiaccorsecheseutilizzavasferettemoltopiccole,checon unaapprossimazionepossonoessereconsideratepuntiformi,laforzaseguivaunaleggepiuttostosemplice,cheformalizzòsottoformadella leggediCoulomb. GLOSSARIO Caricaelettrica Grandezzafisicafondamentaledefinitacomelaquantitàdielettricitàpossedutadauncorpo.L’unitàdimisuraèilcoulomb. Conduttore Corpoincuilacaricaelettricanonrestalocalizzata,maèliberadimuoversialsuointerno. Coulomb Unitàdimisuradellacaricaelettrica:1coulombèdefinitocomelacaricachetransitain1secondoinuncircuitopercorsodaunacorrente di1ampere. Elettricità Unadelleproprietàfondamentalidellamateria,chesimanifestaattraversoattrazioniorepulsionitracorpi,quandosudiessisianopresenti dellecaricheelettriche. Elettrone Particella atomica con carica elettrica negativa; la carica elettrica dell’elettrone vale e = 1,6021.10–19 C ed è detta carica elettrica elementareperchétuttelealtrecarichenesonomultiple. Elettrostatica Studiodeifenomeniconnessiallecaricheelettricheinquieteedelleforzechesiesercitanotraloro. Isolante Sostanzaaconducibilitàelettricamoltopiccola,incuilacaricarestaconfinatadoveèstataprodotta.Ènecessariaunagrandequantitàdi energiaperrimuovereunelettronedaunatomodiunisolante. Protone Particella atomica con carica elettrica positiva, uguale e contraria a quella dell’elettrone. Grazie alla presenza di protoni ed elettroni, gli atomisononellorocomplessoelettricamenteneutri. TESTDIVERIFICA 1. Qualispeciedicarichesirespingonoequalisiattraggono? 2. Indicaretresistemipercaricareelettricamenteuncorpo. 3. Inchecosalacaricadell’elettronedifferiscedallacaricadelprotone? 4. Comevarialaforzaelettricatraduecarichequandolalorodistanzaraddoppia?Equandotriplica? 5. Per quali aspetti la legge di Coulomb e la legge di gravitazione universale si assomigliano, e per quali aspetti differiscono? 16ILCAMPOELETTRICO Ilconcettodicampodiforzesiincontrainfisicatuttelevoltechevièlanecessitàdispiegareunaforzacheagisceadistanza.Una carica elettrica esercita una forza su un’altra carica, ma è meno immediato spiegare che cosa accade a questa forza quando una delleduecarichevienerimossa.Sidiceperciòcheesisteunaregionedispazioattornoallacaricacherisentedellaforzaelettrica:a questaregionedispaziosidàilnomedicampoelettrico. Analogamente al campo gravitazionale, il campo elettrico è un campo di forze conservativo, quindi è possibile introdurre il potenzialeelettrico: la differenza di potenziale elettrico fornisce una misura del lavorodacompiereperspostareunacaricaall’internodelcampo. 16.1Ilconcettodicampoelettrico Unacaricaelettricageneraattornoaséuncampoelettrico Ilcampoelettricoèvettorialeeconservativo Il campo elettrico è la regione di spazio in cui agiscono le forze elettriche su altre cariche eventualmente presenti. Come per il campo gravitazionale, si dice che una carica elettrica, o una distribuzione di cariche elettriche, genera attorno a sé un campo elettrico, nel senso che modifica le proprietà dello spazio circostante in modo che una qualunque altra carica posta nelle vicinanze viene sollecitatadaunaforzadinaturaelettrica. Il campo elettrico è un campo vettoriale, perché caratterizzato da una forza, quella elettrica, ed è conservativo,perchéillavorochesicompieperpassaredaunpuntoaunaltrodelcamponondipende dalcamminoscelto,masolodaipuntiinizialeefinale. •Ilvettorecampoelettrico L’intensitàdelcampoelettricodiminuisceallontanandosidallacaricachelogenera Perverificarel’esistenzadelcampoelettricogeneratodaunacaricaQsiintroduceunacaricadiprovaq, di intensità molto più piccola, nella regione di spazio occupata da Q (è importante sottolineare che il campo generato da Q esiste indipendentemente dalla presenza della carica di prova q). La forza esercitatadaQsuq,divisaperilvalorediq,èindipendentedallacaricadiprova.Questagrandezzasi definiscevettorecampoelettrico,esiindicaconE.Perdefinizionequindi: F E= q rappresenta la forza che agisce su una carica unitaria; nel Sistema Internazionale si misura in newton/coulomb(N/C). PoichéinbaseallaleggediCoulombl’intensitàdellaforzaè: Qq F=k 2 d operandolasostituzionediFnella(1),l’intensitàdelcampoelettricoèdatada: Q F E= =k 2 q d dove d è la distanza tra la carica Q e il punto nel quale viene misurato il campo (con la carica q). L’intensitàdelcampoelettricodunquenondipendedallacaricadiprovaq,madalladistanzaallaqualeil campovienemisurato(v.fig.16.1):allontanandosidallacaricaQgeneratricedelcampo,lasuaintensità diminuisce. •Lelineediforza Un campo elettrico può essere rappresentato graficamente attraverso le linee di forza (v. fig. 16.2): ciascuna di esse corrisponde, in ogni punto, alla traiettoria che verrebbe percorsa da una carica elettrica posta in quel punto (ricordiamo che la carica deve essere abbastanza piccola da non modificareinmodosensibileilcampopreesistente).Inoltreinognipuntodiunalineadiforzal’intensità del campo è rappresentata da un vettore tangente alla linea in quel punto. Le linee di forza sono orientate:illoroversovadallacaricapositiva(odaicorpipositivi)allacaricanegativa(oaicorpi negativi). La rappresentazione attraverso le linee di forza è abituale in fisica per visualizzare i campi vettoriali,mavasottolineatochenoncorrispondeaqualcosadirealmenteesistente,bensìèunacomoda astrazione che viene usata per rappresentare la variazione del campo nello spazio, ovvero per individuaredirezioneeversodelcampoinognipuntodellospazio. Figura16.1LacaricaQèlasorgentedelcampodiintensitàE=kQ/d2,misuratoinunpuntoadistanzad.Lacaricaqrisentediuna forzaF=qE. Figura16.2Lelineediforzadiuncampoelettricogeneratodaduecariche:sonouscentidallacaricapositivaedentrantiinquella negativa. 16.2Ilpotenzialeelettrico Lavoropositivoelavoronegativo Potenzialeelettrico Ilvoltmisuraladifferenzadipotenziale Come è stato anticipato, il campo elettrico è un campo conservativo: infatti, il lavoro che occorre compiere per portare una carica da un punto a un altro all’interno del campo è indipendente dal percorsosceltoedipendesoltantodaipuntiinizialeefinale.Se,peresempio,volessimoavvicinareuna carica positiva +q a distanza d da una carica positiva +Q, che consideriamo la sorgente del campo elettrico,occorrerebbecompiereunlavorocontroleforzedelcampo,cheinquestocasotenderebberoa respingere le due cariche. Il lavoro da compiere quindi sarebbe un lavoro positivo (perché “fornito” dall’esterno rispetto al sistema di cariche). Se, invece, volessimo allontanare una carica negativa –q a distanza d da +Q, dovremmo vincere le forze attrattive tra le due cariche e quindi compiere un lavoro negativo. In entrambi i casi, il lavoro da svolgere sarebbe indipendente dalla strada che sceglieremmo perportarelacarica±qadistanzaddallacarica+Q.Sipuòdimostrareche,sevolessimofarcompierea una carica positiva un percorso chiuso all’interno del campo elettrico generato da +Q, il lavoro totale sarebbenullo:illavoro(positivo)svoltocontroleforzedelcampoperavvicinarlaa+Qsarebbeuguale econtrarioallavoro(negativo,perchésvoltodalsistemadicariche)necessarioperriallontanarla,ela sommadarebbezero.Ciòèveroancheperunacaricanegativa–q.(Sidiceperciòchelacircuitazionein uncampoconservativoènulla.) Si definisce potenziale elettrico, e si indica con V, il lavoro che occorre compiere per portare una carica unitaria da un punto qualsiasi del campo elettrico all’infinito (un punto infinitamente lontano esternoalcampo).Ilpotenzialeelettricovariadapuntoapuntoinuncampo:apuntidiversidellospazio corrispondono potenziali diversi. Il lavoro da compiere per portare una carica unitaria da un punto A (potenzialeelettricoVA)aunpuntoB(potenzialeelettricoVB),entrambiinternialcampo,saràdatodalla differenzadipotenziale(Δ)traiduepuntidelcampo: L=VA–VB Talelavoroè,comeabbiamogiàdetto,indipendentedalpercorsosceltoperandaredaunpuntoall’altro, madipendesoltantodallaposizionerelativadeiduepunti(v.fig.16.3). L’unità di misura del potenziale è il volt (simbolo V), dove 1 V = 1 J/1 C. Quindi tra due punti di un campoelettricovièunadifferenzadipotenzialedi1voltseilcampoelettricocompieunlavorodi1 joulequandounacaricadi1coulombpassadaunpuntoaunaltrodelcampo. Selacaricaspostatanonèunitaria,mavalegenericamenteq,illavorodacompiereperspostarladaun puntoAaunpuntoBdelcampoelettricosiottienemoltiplicandoladifferenzadipotenziale(Δ)perla carica: L=q(VA–VB) Questaformulacidicetral’altrocheseilpotenzialenelpuntoAèugualealpotenzialenelpuntoB, il lavorodacompiereperportareunacaricadaAaBènullo.Lesuperficidiuncampoelettricodoveil potenziale rimane invariato si chiamano superfici equipotenziali: lo spostamento di una carica su queste superfici non richiede lavoro. In un campo elettrico generato da una carica puntiforme, per esempio, le superfici equipotenziali sono le sfere che hanno per centro la carica, mentre in un campo generatodaunacaricapianasonoipianiparalleliallacarica. Quando tra due punti esiste una differenza di potenziale, significa in conclusione che occorre compieredellavoroperspostareunacaricaall’internodelcampoelettrico.Esistedunqueunasorta didislivelloelettrico,chevieneanchedettotensioneelettrica. Figura16.3IllavorochesidevecompiereperportarelacaricaqaunadistanzalBdaQdipendesolodaipuntiAeBenondalla traiettoriascelta. •Larelazionetracampoelettricoepotenziale Seilcampoelettricoèuniforme(costanteinintensità,direzioneeverso),sipuòricavarelarelazionetra campo elettrico e potenziale. Ricordando la relazione tra forza e lavoro (il lavoro è dato dal prodotto dellaforzaperlospostamento),possiamoscriverecheillavoroelettricoèdatoda: L=Fs dovesèlospostamento,FlaforzaelettricaeLillavoro. Poiché F=qE doveEèilcampoelettrico,possiamoscrivereche L=qEs Dalladefinizionedidifferenzadipotenziale(Δ) L s ΔV= =qE =Es q q larelazionetradifferenzadipotenzialeecampoelettricoèsemplicemente: ΔV E= s Questaformulacidicecheinuncampoelettricouniforme,conoscendoladifferenzadipotenzialetradue punti, possiamo esprimere l’intensità del campo elettrico. La direzione e il verso del campo saranno direttidaipuntiapotenzialepiùaltoaipuntiapotenzialepiùbasso. •Ladistribuzionedellecariche Inunconduttorelecarichesidistribuisconouniformemente Lamessaaterra Quando carichiamo un conduttore isolato, le cariche si distribuiscono sulla sua superficie in modo chetuttelepartidelconduttoreabbianocampoelettriconullo,ovveroinmodochetuttiipuntiabbiano lostessopotenziale.Allostessomodo,quandoponiamoincontattodueconduttori–peresempio,due sferecariche–lecarichesullalorosuperficiesidistribuirannoinmodocheilsistemacompostodaidue conduttoriabbiapotenzialeuniforme,ovveroinmodocheidueconduttoriabbianolostessopotenziale. Seunadelleduesferepossiedeunacaricasuperioreall’altra,quandosonomesseincontatto,partedella caricapresentesullasfera“più”caricafluiscesullasfera“meno”carica,eilflussodicarichesiarresta soloquandoleduesferehannoilmedesimopotenziale. Allalucediquesteinformazionisipuòchiarireilsignificatodeltermine“messaaterra”.LaTerrapuò essereconsiderataunagrandesferaconduttrice.Datelesuedimensioni,laforzarepulsivaesistentetrale cariche presenti sulla Terra è sempre bassa, e di conseguenza lo è il suo potenziale. Se un conduttore carico viene messo in contatto con la Terra, le sue cariche fluiscono verso la Terra senza che il potenziale di quest’ultima vari in maniera apprezzabile. “Mettere a terra” un conduttore significa eliminarelesuecaricheineccessoeportarloalpotenzialedellaTerra. 16.3Comeimmagazzinarecaricheelettriche LabottigliadiLeida Durante i primi studi sull’elettricità, attorno alla metà del sec. XVIII, alcuni scienziati iniziarono a chiedersisefossepossibileimmagazzinareinunconduttoreunacertaquantitàdicaricaelettricaefarein modochequestanonvenissedispersa. Ilprimostrumentochevennecostruitoconquestoscopoèlabottiglia di Leida (che deve il suo nome allacittàolandesenellaqualelostudiosoPietervanMusschenbroeklacostruìnel1745).Labottigliadi Leida era costituita da una bottiglia di vetro rivestita sia internamente sia esternamente da un foglio di cartastagnolaopportunamentecaricato;unacatenelladimaterialeconduttoreincontattoconlastagnola veniva fatta fuoriuscire dal tappo (isolante) della bottiglia. Se si toccava la catenella, si avvertiva una forte scossa elettrica, a dimostrazione che la bottiglia era un accumulatore di cariche elettriche. La bottiglia di Leida rappresenta il primo esempio di condensatore, un mezzo molto semplice per immagazzinarecaricaelettricainuncorpo. •Ilcondensatore Strutturadelcondensatore Condensatorepiano Lacapacitàelettricadelcondensatore Ilfarad:unitàdimisuradellacapacitàelettrica Lacapacitàdiuncondensatorepiano Uncondensatoreèundispositivoingradodiimmagazzinarequantitàconsistentidicaricaelettrica. Generalmente è formato da due conduttori (che vengono chiamati armature) con cariche di uguale intensitàmadisegnoopposto,separatiunodall’altrodaunisolante. Un tipo molto semplice di condensatore è il condensatore piano, costituito da due lamine metalliche poste a piccola distanza tra loro e separate da un isolante (anche l’aria secca è un buon isolante). Caricandounadelleduelamineconunacaricapositiva+Qeponendol’altraaterra,quest’ultimaverrà caricataperinduzioneconunacarica–Q.Traleduelaminesiformeràquindiunadifferenzadipotenziale ΔV, che dipenderà dall’intensità della carica: se si raddoppia la carica, raddoppierà il lavoro che occorre compiere per portare una carica da una armatura all’altra, quindi raddoppierà la differenza di potenzialetraleduearmature;sesitriplicalacarica,sitriplicaancheladifferenzadipotenziale. Il rapporto tra la carica del condensatore e la differenza di potenziale tra le due armature resta però costante.Talerapportorappresentalacapacitàelettricadelcondensatoreedèdefinitoda Q C= ΔV L’unitàdimisuradellacapacitàèilfarad(F),definitocomelacapacitàdiuncondensatorechepresenti unadifferenzadipotenzialedi1voltquandosudiessoèpostaunacaricadi1coulomb: 1C 1F= 1V Ilfaradèun’unitàpiuttostoelevataeicondensatorihannocapacitàdell’ordinedelmicrofarad(1μF= 10–6F)odelpicofarad(1pF=10–12F). Nelcasodelcondensatorepianosipuòdimostrarechelacapacitàvale: S C=ε d dove ε è la costante dielettrica del mezzo isolante interposto tra le due armature, S la superficie delle armatureed la loro distanza. La capacità di un condensatore piano è quindi indipendente dalla sua carica,madipendesoltantodalledimensionidellearmatureedalladistanzainterpostatraesse (e dal tipo di materiale isolante, naturalmente). Avvicinando le due armature, o aumentando la loro superficie, si ottiene una capacità maggiore, quindi una maggiore efficienza di accumulo di carica elettrica. Untipodicondensatoremoltousatoèformatodaduesottilistriscedimaterialeconduttore(peresempio, stagno o alluminio) tra le quali viene interposta una striscia di materiale isolante (carta paraffinata o plastica).Questocondensatoreèdettocilindricoedèlargamenteimpiegatoneicircuitielettrici(v.par.I circuitielettrici)perchéraggiungecapacitàmoltoelevateeoccupapocospazio. GLOSSARIO BottigliadiLeida Primo dispositivo, costruito nel 1745, per immagazzinare cariche elettriche, costituito da una bottiglia di vetro ricoperta esternamente e internamentedaunfogliodicartastagnolacaricoelettricamente. Campoelettrico Campo di forze generato da una carica elettrica o da una distribuzione di cariche elettriche. La direzione del campo elettrico è rappresentatagraficamentedallesuelineediforza. Capacitàelettrica Rapportocostantetralacaricaelacorrispondentedifferenzadipotenzialediuncondensatore.Lacapacitàsimisurainfarad. Condensatore Sistema,costituitodadueconduttoriseparatidaunisolante,capacediimmagazzinareunacaricaelettrica. Farad Unitàdimisuradellacapacitàelettrica,ugualeallacapacitàdiuncondensatorenelqualeladifferenzadipotenzialeelettricotralearmature variadi1Vquandolacaricaelettricadi1Cèpostasuun’armatura. Potenzialeelettrico Lavoro da compiere contro le forze del campo elettrico per portare una carica unitaria dall’infinito a un punto interno al campo. Si dice differenzadipotenzialetraduepuntiillavorodacompiereperportareunacaricaunitariadaunpuntoall’altro.Ladifferenzadipotenziale simisurainvolt. Volt Unità di misura del potenziale elettrico, pari alla differenza di potenziale che esiste tra due punti di un conduttore se il campo elettrico compieunlavorodi1Jperspostareunacaricadi1Cdaunpuntoaunaltro. TESTDIVERIFICA 1. Illustrateilconcettodicampoelettrico. 2. Checosarappresentailpotenzialeelettricoinunpunto?Eladifferenzadipotenzialetraduepunti? 3. Acosaservonoicondensatori? 4. Comesidefiniscelacapacitàdiuncondensatore? 5. Comesipuòaumentarelacapacitàdiuncondensatorepiano? 17LACORRENTEELETTRICA La maggior parte delle applicazioni dell’elettricità ha a che fare con la corrente elettrica: quando accendiamo un apparecchio elettrico,unalampada,unelettrodomesticoounaradio,questisimettonoinmotoperchéinessifluiscecorrenteelettrica.Lastoria dell’elettricitàedeisuoiutilizzipraticisegnaunasvoltaproprionelpassaggiodall’elettricitàstatica,chetrattalecaricheinquiete, all’elettricitàdinamica,chehaachefareconlecaricheinmovimento,equindiconlacorrente.Elasvoltaavvieneattornoal1800, per opera di un fisico italiano, Alessandro Volta, che ideò il primo generatore di corrente, la pila, in grado di mantenere per un temporelativamentelungoilflussodicaricheelettricheinunconduttore. 17.1Checos’èlacorrenteelettrica Lacorrenteèunflussodicaricheelettriche L’ampere,unitàdimisuradell’intensitàdicorrente Correntecontinuaealternata Sesiavvicinanodueconduttoricarichi,traiqualivisiaunadifferenzadipotenziale,siproduceunflusso di cariche elettriche negative dal conduttore a potenziale minore verso il conduttore a potenziale maggiore (o un flusso di cariche elettriche positive in senso contrario). Il flusso di cariche elettriche costituiscelacorrenteelettricaehaloscopodiristabilirel’equilibrioelettricotraidueconduttori; taleflussosiarrestaquandoquestihannoraggiuntolostessopotenziale. Lecaricheelettricheinmotopossonoesseredidiversanatura.Neiliquidieneigas(vedipar.17.5)la corrente elettrica è costituita da cariche positive e da cariche negative (ioni positivi e ioni negativi), mentre nei conduttori metallici la corrente è dovuta alle sole cariche negative, gli elettroni. Per convenzione, il verso positivo della corrente elettrica è quello in cui si muovono le cariche positive, perciò la corrente procede dai punti a potenziale maggiore verso quelli a potenziale minore. Nei conduttorimetallici(ipiùusati),incuisimuovonosologlielettroni,illoroversoquindiècontrarioal versoconvenzionaledellacorrente. Si definisce intensità della corrente elettrica I il rapporto tra la quantità di carica ΔQ che passa attraversounasezionedelconduttoreel’intervalloditempoΔtincuiavvieneilpassaggio: ΔQ I= Δt L’intensitàdicorrenteèunagrandezzascalareelasuaunitàdimisuraèl’ampere(simboloA)inonore del fisico francese André Marie Ampère (1775-1836); 1 ampere è definito come l’intensità di una correntechetrasporta,attraversolasezionedelconduttore,lacaricadi1coulombin1secondo: 1C 1A= 1s La corrente elettrica può cambiare da momento a momento; quando è unidirezionale e la sua intensità rimane costante nel tempo, si dice che la corrente è continua; se l’intensità e il verso variano periodicamenteneltempo,lacorrentesidicealternata. 17.2Generatoriditensione Ungeneratoreditensionemantieneladifferenzadipotenzialeagliestremidiunconduttore Idifferentigeneratorielettrici Traipolidiungeneratorecircolacorrente Ilflussodicaricheelettricheinunconduttore,ovveroilflussodicorrenteelettrica,continuafintanto che alle estremità del conduttore persiste una differenza di potenziale. Quando si è ristabilito l’equilibrio, ovvero quando il potenziale elettrico è uguale in tutti i punti del conduttore, il flusso di correntecessa.Ciòpresentaanalogiaconquantoaccadeconlacorrentediunfluido(sevièdifferenzadi pressione tra due zone atmosferiche, la corrente d’aria tende a fluire dalla zona a pressione maggiore versoquellaapressioneminore)oconquantosiverificatraduecorpiatemperaturadiversa(avvieneun passaggiodicaloredalcorpopiùcaldoaquellopiùfreddo,finoacheiduecorpinonraggiungonola stessatemperatura).Allostessomodo,lacorrenteelettricafluisceinunconduttorefinoachetuttiipunti diquest’ultimononhannoraggiuntoilmedesimopotenziale. Se si vuole fare in modo che la corrente continui a fluire e non si interrompa una volta raggiunto l’equilibrioelettrico,occorrel’interventodiundispositivochemantengaladifferenzadipotenziale, cioè che fornisca a un conduttore (o a un sistema di conduttori) l’energia necessaria per mantenere la corrente elettrica al suo interno: un tale dispositivo si chiama generatore di tensione (o generatore elettrico); la sua funzione è quella di controbilanciare l’effetto del moto delle cariche elettriche attraversoilconduttore,chetendeadannullareladifferenzadipotenziale. Sipuòcapiremoltobeneilruolodelgeneratorericorrendoaun’analogiaidraulica.Supponiamodiavere un serbatoio d’acqua sospeso a una certa altezza dal suolo e collegato, tramite un tubo, con una vasca sottostante. L’energia potenziale gravitazionale dell’acqua la fa passare spontaneamente dai punti a energiapotenzialemaggiore(ilserbatoio)aquelliaenergiapotenzialeminore(lavasca),quindiinpoco tempo l’acqua si trasferirà dal serbatoio alla vasca. Se volessimo riportare l’acqua dalla vasca nel serbatoio, dovremmo ricorrere a un dispositivo, una pompa idraulica, che compia un lavoro contro le forze del campo gravitazionale. La funzione del generatore è del tutto simile a quella della pompa idraulica. Sonogeneratoriditensionelepileelettriche,lebatteriedelleautomobilieledinamo,chetrasformano energia di diversa natura in energia elettrica. Le pile (v. riquadro alla pagina precedente) e le batterie delle auto trasformano energia chimica in energia elettrica; la dinamo si basa sulla produzione di elettricità dovuta a un campo magnetico (v. par. La scoperta dell’induzione elettromagnetica e Il generatore elettrico di corrente alternata). Il primo generatore di corrente fu proprio la pila e venne costruitonel1800dalfisicoitalianoAlessandroVolta(1745-1827). Ungeneratoreèsolitamentedotatodiduemorsettidettipolonegativo(–),apotenzialepiùbasso,epolo positivo(+),apotenzialepiùalto.Ilgeneratoreditensioneaccumulalecarichepositivealpolopositivo elecarichenegativealpolonegativo,compiendounlavorocontroleforzedelcampoelettrico.Unendo tra loro con un conduttore (per esempio, un filo metallico) i poli opposti del generatore, le cariche scorrono entro il conduttore: un generatore permette quindi di ottenere corrente elettrica per un lungo periododitempo. LAPILAELETTRICA Lapilaelettricaèundispositivoingradoditrasformarel’energiachimicaprodottainunareazionechimicadiossido-riduzioneinenergia elettrica.TuttelepilederivanodallapiladiVolta,chesostanzialmenteeracostituitadaunaseriedidischididuemetalli(elettrodi)diversi (per esempio, zinco e rame) separati da un disco di carta impregnata di una soluzione acida (elettrolita); i vari dischi erano impilati verticalmente(daquiilnomepila).Collegandoilprimoel’ultimodischettodellapilasirealizzavauncircuitoincuifluivacorrenteelettrica. Unapilaelettricaèingeneraleunsistemacostituitodaduescompartidistinti(semicelle)collegatitralorodaunpontesalinoodaunsetto poroso,contenenticiascunounelettrolita(chepuòessereliquido,comeunasoluzioneionicanellapilaDaniell,osolido,comenellepilea secco oggi in uso) in cui è immerso un elettrodo di materiale conduttore a bassa resistenza (v. fig.). La soluzione di una semicella è ossidante(cioèriceveelettronidall’elettrodoinessaimmerso,chevienechiamatacatodo),mentrequelladell’altraèriducente(cedecioè elettroniall’elettrodoinessaimmerso,chevienechiamatoanodo).Ladifferenzadipotenzialechesistabiliscetraidueelettrodicostituisce laforzaelettromotricedellapila.Seidueelettrodivengonocollegaticonunconduttore,siproduceunmotodeglielettronidalcatodo versol’anodo(lacorrenteelettrica),chetenderebbearistabilirel’equilibrioelettricotraidueelettrodi,malereazionichimichechehanno luogoall’internodellapilamantengonoladifferenzadipotenzialetraiduepolielapilacontinuaagenerarecorrente.Dopouncertoperiodo ditempolereazionichimicheall’internodellapilacessanodiavvenire,poichéilprocessogeneradellesostanzechealteranoilrapportotra elettrolitaedelettrodo,elapilalentamentesiscaricaecessadifornireenergiaelettrica. Lepileasecco,opileLeclanché,noncontengonounelettrolitaliquidoedesistonoinversioneacidaobasica.Lapilaacidaècostituita daunrivestimentodizincochefunzionadaanodoedaunasbarrettadicarbone(ilcatodo)immersainunelettrolitasolido,unapastadi biossidodimanganese,clorurodiammonioepolveredicarbone.Nellaversionealcalinailclorurodiammonioèsostituitodaidrossidodi potassio.Rispettoallaprecedente,quellaalcalinahaunaduratamaggiore,perchél’anododizincoinquestocasoèpiùstabileesicorrode piùlentamente.Tralepileaseccooggisonomoltodiffusequelleadargento,incuil’anodoèdizincoeilcatododiossidodiargento,e quelleamercurio(lepileabottone)usatesoprattuttoperlecalcolatrici,gliorologielemacchinefotografiche. In A la pila Daniell, in cui la corrente è generata dal flusso di elettroni ceduto dall’elettrodo di zinco a quello di rame. In B, spaccatodiunapilaaseccocarbone-zinco. 17.3Icircuitielettrici Circuitoelettricosemplice Ilresistore Circuitochiuso Collegamentiinserieeinparallelofraelementidiuncircuito Uncircuitoelettricoècostituitoingeneraledauninsiemediconduttori,collegatitraloroecollegati aipolidiungeneratoreditensione.Ilpiùsemplicecircuitoelettricopuòesserecostruitocollegandoai poli di una pila un filo metallico. All’interno del filo metallico passa la corrente elettrica, nel verso convenzionalechevadalpolopositivoalpolonegativo.Setagliamoilfilometallicoinunpuntoealle due estremità del filo colleghiamo una lampadina, la corrente che circola nel filo verrà spesa per accenderelalampadina.Lapilafornisceallecarichel’energiasufficienteamuoversi,ovveroaprodurre una corrente elettrica, che, muovendosi lungo il filo metallico, giunge alla lampadina dove si ha la trasformazione dell’energia da elettrica a luce e calore (in una lampadina a incandescenza la corrente passa attraverso il filamento, che si scalda fino a divenire incandescente e produce calore e luce). Quando le cariche hanno ceduto la loro energia alla lampadina ritornano al polo negativo della pila a “fare rifornimento” e il processo si ripete. Il componente del circuito nel quale l’energia elettrica vienespesa(nelnostrocasolalampadina)vienedettoresistoreocarico. Quando i conduttori di un circuito sono collegati tra loro in modo continuo (cioè se non vi sono interruzioninelpercorsodellecariche),ilcircuitosidicechiuso.Selacorrentesiinterrompeancheinun solopunto,ilcircuitoèaperto.Inuncircuitoapertolacorrentenoncircola. Ivarielementidiuncircuitopossonoesserecollegatiinsvariatimodi,madiquestiipiùfrequentisonoil collegamentoinserieeilcollegamentoinparallelo.Dueconduttoricollegatiinseriesonoattraversati dalla stessa corrente, in successione, mentre in due conduttori collegati in parallelo la corrente si divideinduerami,perpoiriunirsidopoaverpercorsoidueconduttori.Inuncircuitoicuielementi sonocollegatiinserietuttiglielementidevonofunzionarecontemporaneamente,mentreinuncircuitoin parallelo è possibile aprire una parte di circuito, mentre la restante parte continua a funzionare. In un circuito i cui elementi sono collegati in serie, se brucia un elemento del circuito questo si apre e non circolapiùcorrente;perquestomotivoneicircuitidomesticiicollegamentisonoinparallelo. Figura17.1Relazionetral’intensitàdicorrentechecircolainunconduttoremetallicoeladifferenzadipotenzialeapplicataaisuoi estremi. •LaresistenzaeleleggidiOhm PrimaleggediOhm Definizionediresistenzaelettrica L’ohm SecondaleggediOhm Laresistività Resistivitàdiconduttorieisolanti Ilvaloredell’intensitàdellacorrenteinpresenzadiunacertadifferenzadipotenzialedipendedal mezzo entro cui la corrente scorre. Questo significa che la relazione tra differenza di potenziale e correntecircolantenonèugualepertuttiiconduttori,mavariadaconduttoreaconduttore. Per i conduttori metallici e per le soluzioni acquose di elettroliti, cioè di acidi, basi e sali, il fisico tedescoGeorgSimonOhm(1787-1845)ricavòsperimentalmentedueleggi,detteprimaesecondalegge diOhm. La prima legge di Ohm stabilisce che, a temperatura costante, la differenza di potenziale (ΔV) applicata agli estremi di un conduttore è direttamente proporzionale all’intensità della corrente (I) cheloattraversa: ΔV=RI dovelacostantediproporzionalitàRèdettaresistenzaelettricaevariadaconduttoreaconduttore.La resistenzaelettricaèconnessaalladifficoltàchelacorrenteincontraquandocircolaall’internodi un conduttore (tale difficoltà dipende dalla natura del conduttore e si manifesta attraverso la parziale dissipazionedellacorrenteelettricacomecalore,pereffettoJoule,descrittoallepp.189-190).Quanto piùRègrande,tantominoreèquindilacorrentecheattraversailconduttoreperunadatadifferenzadi potenziale: ciò significa che, per ottenere una data corrente, in conduttori con resistenze maggiori dovremoapplicaredifferenzedipotenzialemaggiori(v.fig.17.1). L’unitàdimisuradellaresistenzaelettricanelSistemaInternazionaleèl’ohm,(simboloΩ).Sidiceche unconduttorepresentaunaresistenzadi1ohmse,sottopostoallatensionedi1volt,èpercorsodauna correntedi1ampere: 1V 1Ω= 1A La seconda legge di Ohm stabilisce che se a parità di materiale si fanno variare la lunghezza L e la sezioneSdelconduttore,laresistenzaRdelconduttoreèproporzionalealrapportoL/S: ρL R= S dovelacostantediproporzionalitàρ,chedipendedalmaterialeconcuièfattoilconduttore,prendeil nomediresistivitàeindical’attitudinediunmaterialeacondurrelacorrenteelettrica,riferitaaun campionedisezioneedilunghezzaunitari. NelSistemaInternazionalelaresistivitàsiesprimeinohmpermetro(Ωm),ma,poichénormalmente lasezionediunconduttoresimisurainmm2elasualunghezzainm,percomoditàdicalcolosipreferisce esprimerlainΩmm2/m. Le due leggi di Ohm non valgono soltanto per i conduttori ma, sia pure con qualche approssimazione, anchepergliisolanti.Dalvaloredellaresistivitàdiunmaterialesiricavalasuacapacitàdicondurre elettricità: così, per un buon conduttore i valori di resistività vanno da 10–8 a 10–5 Ωm, mentre per un buon isolante devono essere tra a 1011 e 1017 Ωm; certe sostanze con caratteristiche intermedie, i semiconduttori, hanno valori intermedi di resistività. La resistività dei conduttori cresce con la temperaturasecondounaleggelineare.Atemperatureprossimeallozeroassoluto(–273°C=0K)la resistività assume in genere valori molto bassi, ma per alcuni materiali, detti superconduttori (v. riquadrosuccessivo),laresistivitàatemperaturemoltobassesiarrestabruscamente. Nella tabella 17.1 sono riportati i valori della resistività per alcuni materiali conduttori a temperatura ambiente. Tabella17.1Resistivitàdialcuniconduttoriallatemperaturadi20°C MATERIALECONDUTTORE RESISTIVITÀ(Ωmm2/m) argento 0,0164 rameelettrolitico 0,0176 oro 0,023 alluminio 0,028 tungsteno 0,055 ferro costantana carbone ISUPERCONDUTTORI 0,1÷0,15 0,5 20÷100 Isuperconduttorisonoparticolarimaterialiche,seraffreddatifinoatemperaturemoltobasse,ecomunquealdisottodiunatemperatura Tc,dettatemperaturacritica(moltoprossimaallozeroassoluto,0K=–273°C,ecaratteristicadiognimateriale),vedonobruscamente annullarsi la loro resistività elettrica. Si comportano come superconduttori circa 30 elementi e molte loro leghe e composti (v. tab.). Il fenomeno della superconduttività fu scoperto nel 1911 dal fisico tedesco Heike Kamerlingh Onnes (1853-1926), osservando che la resistività del mercurio, a valori prossimi a zero (circa 4 K), si annullava bruscamente, anziché assestarsi su valori minimi (v. fig.). In pratica, però, raggiungere temperature così basse è tecnicamente molto difficile, quindi il fenomeno rimase a lungo una curiosità accademica.Permoltiannilatemperaturacriticapiùaltamairaggiuntarimase23K,perunalegadiniobio. La superconduttività iniziò a destare interessi anche pratici a partire dal 1986, quando i fisici J.G. Bednorz e K.A. Muller, dei laboratori dell’IBM,scoprironochecertimaterialiabasediossididirame,lantanidiemetallialcalino-terrosidivenivanosuperconduttoriatemperature digranlungasuperioriaquellenotefinoadallora.Inricerchesuccessivefuronosviluppatimaterialicontemperaturecriticheattornoa90 K,superioriallatemperaturadell’azotoliquido,unrefrigeranteassaimenocostosodiquelliusatiperraffreddareisuperconduttorimetallici. La principale applicazione di un superconduttore risiede nel fatto che esso non dissipa calore per effetto Joule, avendo resistività praticamentenulla.Conuncavosuperconduttoreèpossibilequinditrasportarecorrenteancheagrandidistanzesenzadisperdereenergia, anche se resta tuttora il problema del raffreddamento del conduttore. Un’altra applicazione interessante è la realizzazione di magneti superconduttoricapacidigenerarecampimagneticimoltointensi,comequellirichiestiperesempiodallarisonanzamagnetica. SUPERCONDUTTIVITÀ:TEMPERATURACRITICADIALCUNIELEMENTI ELEMENTO K alluminio 1,20 mercurio 4,16 piombo 7,22 zinco 0,54 gallio 1,09 indio 3,40 titanio 0,39 zirconio 0,55 Temperatura critica (in K) di alcuni materiali superconduttori. I valori sono indicativi (infatti essi variano se il materiale viene sottopostoauncampomagneticoeasecondadeltrattamentotermicoomeccanicoricevuto). Andamentodellaresistivitàdiunsuperconduttoreinfunzionedellatemperaturaassoluta(T):aldisottodiunatemperaturadetta critica(Tc),ilvaloredellaresistivitàsiannullabruscamente. •Lapotenzaelettrica Lapotenzadiunalampadinaèl’energiaelettricaspesainunsecondoperfarlafunzionare L’unitàdimisuradellapotenzaèilwatt Imultiplidelwatt In un circuito elettrico viene spesa energia elettrica, prodotta da un generatore, per far funzionare un dispositivo: per esempio, una lampadina. L’energia spesa è energia potenziale elettrica, trasportata dallecariche,chevienetrasformatainaltreformedienergia(caloreelucenelcasodellalampadina). Laquantitàdienergiaspesanell’unitàditempoèlapotenzaelettrica(inmeccanicalapotenzaèdata dalprodottodellavorocompiutoperiltempoimpiegatoacompierlo). NelcasodiuncampoelettricoE,illavorodelleforzeelettrichepertrasferirelacaricaqdall’inizioalla finediunconduttoredilunghezzas,traicuiestremiesisteunadifferenzadipotenzialeΔV,èdatoda: L=qΔV quindilapotenzaelettricaPèdatada: qΔV P= t epoichéq/tèl’intensitàdicorrente,I,siha: P=ΔVI Quindi,uncircuitoincuicircolaunacorrentediintensitàIeaicuiestremivieneapplicataunadifferenza dipotenzialeΔVconsumaunapotenzaP=ΔVI. L’unità di misura della potenza è il watt (simbolo W) pari a 1 joule al secondo. Una lampadina che consuma100W,consuma100Jin1s.Maperdareun’indicazionecompletadelconsumo,gliapparecchi elettricidevonofornireancheilvaloredell’intensitàdellacorrenteallaqualeildispositivofunziona.In uncircuitoalimentatodaunatensionedi220V(comeneicircuitidomestici),unalampadinada100Wè percorsadaunacorrentedi0,45A.DallarelazioneP=ΔVIsiricavache1W=1V.1A,dunqueun dispositivoelettricoassorbeunapotenzadi1Wseinessocircolaunacorrentedi1Aquandoaisuoi estremièapplicataunadifferenzadipotenzialedi1V.Nelcasodellalampadinada100W,sihaquindi: 100W I= =0,45A 220V Poichéilwattèunamisurarelativamentebassa(unalampadinaconsumainmedia60W,unaspirapolvere domestico 800 W), in genere si usano dei multipli di questa grandezza, come il kilowatt, dove 1 kW=1000W(pervalutareiconsuminegliimpiantidomesticisiusanoikilowattora,kWh,chemisurano la potenza consumata dal circuito in 1 ora), oppure i megawatt (1 MW = 1.000.000 W, l’ordine di grandezzadellapotenzaprodottainunacentraleelettrica),oigigawatt(1GW=1miliardodiwatt). •Laforzaelettromotrice(f.e.m.) F.e.m.edifferenzadipotenziale Laforzaelettromotrice,comunementeindicataconf.e.m.,èladifferenzadipotenzialemassima che un generatore elettrico può fornire. La f.e.m. è un valore limite, che viene raggiunto soltanto in un circuito aperto, in cui la corrente che circola è uguale a zero. La f.e.m. e la differenza di potenziale (ΔV)chesimisuraaicapidelgeneratorenonsonolastessacosa:infattiilgeneratore,comequalsiasi altro apparecchio elettrico che venga inserito in un circuito, ha una propria resistenza interna R, che modificalecaratteristichedelcircuito,facendosìcheunapartedellatensioneprodottavengaassorbita dalgeneratorestesso. Quindi la tensione ΔV che rimane disponibile per mantenere la corrente I nel circuito è minore della f.e.m.diunaquantitàRI: ΔV=f.e.m.–RI Inuncircuitochiuso,ladifferenzadipotenzialeelaf.e.m.diventanougualisolonelcasoidealeincuiR = 0, che nella pratica è però impossibile da realizzare (spesso, tuttavia, la resistenza interna del generatoreèmoltominoredellaresistenzadeglialtrielementidelcircuitoepuòveniretrascurata). •Resistoriinserieeinparallelo Definizione Collegamentodiresistoriinserie Collegamentodiresistoriinparallelo SichiamaresistoreunconduttorecheseguelaprimaleggediOhm(ΔV=RI).Poichéogniresistoreè caratterizzatodaundeterminatovalorediresistenza,iresistorivengonospessochiamatiimpropriamente “resistenze”.Iresistorisonocomponentifondamentalideicircuitielettricie,comeglialtrielementidel circuito,possonovenirecollegatiinserieoinparallelo(v.fig.17.2). In un circuito con più resistori collegati in serie (disposti l’uno di seguito all’altro) l’intensità della correnteèlastessainognipuntodelcircuito,mentreladifferenzadipotenzialedelcircuitoèparialla somma delle differenze di potenziale ai lati dei resistori; per un circuito composto da n resistori (e percorsodallacorrenteI)ladifferenzadipotenziale,perlaprimaleggediOhm,saràdatada: ΔV=ΔV1+ΔV2+ΔV3+…+ΔVn=I(R1+R2+R3+…+Rn) La resistenza complessiva del circuito costituito da più resistori collegati in serie è dunque data dalla sommadelleresistenzedeiresistoridelcircuito. Inuncircuitoicuiresistorisonocollegatiinparallelo,leloroprimeestremitàsonocollegatetraloroe a un nodo del circuito, le seconde estremità sono collegate tra loro e a un secondo nodo del circuito; pertantociascunresistoreèautonomodaglialtri.Inquestocasol’intensitàdellacorrentetotaleche circola nel circuito (I) è data dalla somma delle intensità di corrente che circolano nei rami del circuito,mentreladifferenzadipotenzialeinognipuntoèlastessachevièaipolidelgeneratore(ΔV). Quindil’intensitàdellacorrentechecircolainuncircuitocostituitodanresistoricollegatiinparalleloè datada: 1 1 1 1 I=I1+I2+I3+...+In=( + + +...+ )ΔV R1 R2 R3 Rn Nelcasodipiùresistoricollegatiinparallelol’inversodellalororesistenzacomplessivaèugualealla sommadegliinversidelleresistenzedeisingoliresistori. Figura17.2Collegamentiditreresistoriinserie(A)einparallelo(B). •Dispositividisicurezzaedimisurazione Fusibili Interruttori Salvavita Cortocircuito Amperometroevoltmetro Nei circuiti domestici o negli apparecchi elettrici di uso comune vengono in genere inseriti dei dispositivi di sicurezza che impediscono che nel circuito si formino sovraccarichi di corrente. Per esempio i fusibili, molto comuni, sono dei piccoli tratti di metallo che interrompono il circuito se l’intensitàdellacorrentesuperadeterminativalori. Icircuitielettricisonosempredotatidiinterruttori,peraprireochiudereilcircuitoincasiparticolari,o diinterruttoridisicurezzachehannolostessoruolodeifusibili,ovveroapronoilcircuitointerrompendo ilpassaggiodicorrentesequestasuperavaloridisicurezza.Analogamente,ilsalvavita,cherilevaanche piccolissime variazioni della corrente, interrompe il circuito ogni volta che interviene una variazione nell’intensitàdellacorrente,dovutaperesempioauncortocircuitooaunsovraccarico.Inunimpianto domesticosipuòavereuncortocircuitoquandosiformauncollegamentoaccidentaletraduepunticon unadeterminatadifferenzadipotenzialeconunaresistenzamoltopiùpiccoladelnormale.Lecorrentiche si stabiliscono nel circuito elettrico in presenza di un cortocircuito tendono ad assumere valori molto maggioridiquelliinbaseaiqualiilcircuitoèstatodimensionato.Poichélaquantitàdicalorecrescecon ilquadratodellacorrentechevicircola(v.par.successivo),latemperaturadeicomponentiinteressati assume rapidamente valori che possono compromettere l’integrità dei materiali isolanti e provocare la fusionedeiconduttori. Altridispositivicheintervengonosullacorrenteelettricasonoidiodieitransistor(v.riquadroinbasso). Permisurarel’intensitàdellacorrenteinuncircuitosiusaunostrumentochiamatoamperometro,mentre permisurareladifferenzadipotenzialetraduepuntidiuncircuitosiusaunvoltmetro.Naturalmente,per misurarel’intensitàdicorrenteoccorrechel’amperometroalteriilmenopossibilelacorrentechefluisce nel circuito, quindi che abbia una resistenza molto bassa. Analogamente, perché un voltmetro alteri il menopossibilelapotenzadelcircuitodicuidevemisurareladifferenzadipotenziale,occorrechelasua resistenzasiarelativamentealta. Nellatabella17.2sonoriportatiiprincipalisimboligraficiutilizzatineglischemielettrici. DIODIETRANSISTOR Undiodo(v.fig.)èuncomponenteelettronicochepermetteilpassaggiodellacorrenteinunasoladirezione.Poichéildiodolasciapassare lacorrentechecircolainunsenso,vieneusatoperraddrizzarelacorrentealternatadegliimpiantielettrici(chescorreperiodicamenteinun sensoenell’altrodelcircuito)etrasformarlaincorrentecontinua(chescorreinveceinunsolosenso).Iprimitipididiodisonostatiidiodia vuoto,oagas,iltipopiùsemplicedituboelettronico,mentreoggisonodiffusiidiodiagiunzione,costituitidamaterialisemiconduttori. I diodi a semiconduttore sono costituiti in genere da una piastrina di germanio o di silicio in forma cristallina. Durante la lavorazione vengonointrodottedelleimpuritànelcristallodiunapartedellapiastrina,secondounprocedimentochiamatodrogaggio,inmodochealcuni elettroni possano muoversi con facilità. Questa parte viene chiamata regione n; un’altra parte viene drogata con sostanze diverse, che creanonelcristallodellelacunepositive,cioèspazichepossonoessereoccupatidaunelettrone;questaregionevienechiamatap.Lazona diseparazionetraleduepartièdettagiunzionep-n.Quandolaregioneditipopvienecollegataconilpolopositivodiungeneratore,ela regioneditiponconilpolonegativo(polarizzazionediretta), gli elettroni possono passare dalla parte naquellap e quindi la corrente circola.Seicollegamentisonoinvertiti(polarizzazioneinversa),lacorrentenonpassa. Circuitocondiodoasemiconduttore.InApassacorrente,inBnonpassacorrente. Iltransistor è essenzialmente costituito da una doppia giunzione p-n-p o n-p-n (v. fig.) e viene usato come amplificatore del segnale elettrico.Iltipopiùtradizionaleditransistorèquellobipolare,nelqualepartecipanoallaconduzionesiaglielettronisialelacune.Ècostituito daunapiastrinadigermanioodisilicio,chepresentazonedidrogaggiopondistribuitealternativamenteintrestrati.Laregionemediana, piùsottile,èdettabaseeleregionidaessaseparateprendonoilnomediemettitoreedicollettore.L’emettitorepuòinviarecaricheal collettoreattraversolabaseeilcollettoreinvialacorrentealterminaleinuscita.Collegandountransistorn-p-naduealimentatori,inmodo che tra l’emettitore e il collettore sia mantenuta una tensione di polarizzazione inversa e tra la base e l’emettitore una tensione di polarizzazionedirettaedivaloreinferiore,sideterminaunflussodielettroni,diintensitàIedall’emettitoreallabase.Poichélabaseèmolto sottile,lamaggiorpartedeglielettronigiungeràalcollettore.InpraticatracollettoreedemettitorecircolaunacorrenteIcmoltopiùintensa dellacorrenteIb chefluiscetrabaseedemettitore.InognicasosihacheIc+Ib =Ie.InoltreilrapportoIb /Icèpraticamentecostantee vienedefinitoguadagnodicorrente.Ciòsignificacheunapiccolavariazionedellatensionedibase,dovutaperesempioaunsegnalein ingresso,provocaun’ampiavariazionedellacorrenteIcdelcollettoreequindiun’ampiavariazionedelsegnaled’uscita.Inquestosensoil transistorfunzionacomeamplificatoredicorrente.Untransistorp-n-pfunzionainmodoanalogo,mailtrasportodicorrenteèoperadelle lacuneinvecechedeglielettroni. Strutturaesimboliditransistorditipon-p-nep-n-p(A).Sotto(B),schemadelcircuitoincuiuntransistorn-p-nvieneusatocome amplificatore. 17.4L’effettoJoule Unresistoreattraversatodacorrentesiscalda L’effettoJoule Resistenzemaggioriproduconopiùcalore Ilmotivopercuil’energiaelettricaècosìutileall’uomoècheessapuòfacilmenteessereconvertita inaltreformedienergia,inparticolareenergiatermica(calore).Ciòpuòesserefacilmenteosservato inunresistore,chequandoèpercorsodaunacorrenteelettricasiriscalda,ovveroliberaodissipauna parte dell’energia elettrica sotto forma di calore. Anche nella lampadina il principale effetto del passaggiodicorrenteèilcalore,chefadiventareincandescenteilfilamento,sviluppandodiconseguenza energialuminosa.Unferrodastiroounastufettaelettricasfruttanoproprioquestaproprietà. È detto effetto Joule, dal nome del fisico inglese James Prescott Joule (1818-1889) che lo scoprì, il fenomenopercuiilpassaggiodicorrenteelettricaattraversounconduttoreèaccompagnatodallo sviluppodicalore. LapotenzadissipatadaunresistorepercorsodacorrentediintensitàI,eaicuiestremièapplicatauna differenzadipotenzialeΔV,èdatada: P=ΔVI DallaprimaleggediOhm: ΔV=RI quindilapotenzasipuòscrivere: P=RI2 Laquantitàdienergiaelettricachevienetrasferitaalresistorenell’intervalloditempoΔtèquindièpari aRI2Δt.Setuttaquestaenergiavienetrasformataincalore,siricavalaquantitàdicaloreQprodottoda unconduttorediresistenzaR,attraversatodaunacorrenteI,nell’intervalloditempoΔt: Q=RI2Δt IlcaloreprodottopereffettoJoulequindièdirettamenteproporzionaleallaresistenzadelconduttoreeal quadratodell’intensitàdellacorrentecheloattraversa. Possiamoaquestopuntodefinirelaresistenzaelettricacomel’attitudinediunconduttoreatrasformare l’energiaelettricachelopercorreincalore. Quandoinunapparecchioelettricosirichiedechelapercentualedienergiaelettricaconvertitaincalore sia molto alta, occorrerà aumentare il più possibile la resistenza dell’apparecchio. Questo avviene per esempionellestufeoneiferridastiro.Inaltricasi,invece,èessenzialechevengadispersamenoenergia possibilee,benchénonsiapossibileeliminarecompletamentel’effettoJoule,sicercadiminimizzareil riscaldamentoutilizzandomaterialiabassaresistenza,comel’oro,l’argentooilrame.Perquestomotivo icavichecolleganotralorogliapparecchielettricioquellicheportanol’elettricitànellecasesonodi rame. 17.5Lacorrenteneiliquidieneigas Elettrodi:anodoecatodo Elettroliti Laconducibilitàelettricadiliquidiegasdipendedallaformazionediioniallorointerno,cioèdiatomi o molecole di segno negativo o positivo, perché hanno acquistato o perso uno o più elettroni: sono gli ionichediventanoiveicolidellacorrenteelettrica.Infatti,mentreneiconduttorimetallicilacorrenteè trasportatasolodaparticelledicaricanegativa,glielettroni,neiliquidieneigasiltrasportodicorrente avvieneattraversocarichenegativeepositive,gliioniappunto. Perverificareseunliquidoèconduttoreoisolantesicolleganoduelaminemetalliche(elettrodi) a un generatore e le si immergono in un recipiente con il liquido da analizzare. La lamina collegata con il polopositivodelgeneratoreprendeilnomedianodo,quellacollegataconilpolonegativodicatodo. Sesieseguequestaoperazioneperl’acquadistillatacollegandounamperometro,risulteràchenonviè alcunpassaggiodicorrente:l’acquadistillataèunbuonisolante,tantocheseapplichiamounadifferenza dipotenzialeallesuemolecolequestenonsonoliberedimuoversinelcampoelettrico.Lostessovale per altri liquidi, come per esempio l’alcol e l’olio. Se però sciogliamo nell’acqua un sale, come il cloruro di sodio (NaCl), o un acido, come l’acido cloridrico (HCl), o altre sostanze, la soluzione acquosadiventaunconduttore.Lasostanzachediscioltanell’acqualarendeunconduttoreprendeilnome di elettrolita e l’insieme dei processi che accompagnano il passaggio della corrente in una soluzione vienedettoelettrolisi. AncheperiliquidivalelaleggediOhm,percuil’intensitàdellacorrentecheliattraversaèdirettamente proporzionale alla differenza di potenziale applicata agli elettrodi. La resistività dei liquidi varia da liquido a liquido. Gli elettroliti sono in genere conduttori di seconda classe, poiché hanno resistività moltopiùaltediquelledeiconduttorimetallici,chesonodetticonduttoridiprimaclasse(v.tab.17.3). Tabella17.3Classidiconduttorielettricieordinedigrandezzadellerispettiveresistività CLASSE MATERIALE ρA20°C[Ωm(m·lo] prima conduttorimetallici <2·10–6 seconda elettroliti,gasionizzati 0,01÷100 terza isolanti 106÷1016 •L’elettrolisi Definizione Dissociazioneionicadeglielettroliti Cationieanioni Ladissociazioneelettrolitica Riduzione Ossidazione L’elettrolisi è quel complesso di fenomeni che avvengono in seguito al passaggio di una corrente elettrica in una soluzione di un elettrolita. Per comprendere il motivo della presenza di particelle caricheall’internodiunasoluzionedielettrolitaoccorrerifarsialleforzechetengonolegateleparticelle (atomi o ioni) in un composto. In presenza di un solvente (in genere ci si riferisce all’acqua), alcuni composti chimici, come gli acidi, le basi o i sali, che chiameremo elettroliti, passano in soluzione dissociandosiinioni,cioèinatomiogruppidiatomidotatidicaricaelettrica.Ionipositivisonodetti cationieioninegativisonodettianioni(neglielettrolitiioniciilegamichimicisistabilisconotraioni dicaricaopposta,inseguitoadattrazioneelettrostatica;legamidiquestotiposichiamanolegamiionici). Lamolecoladell’acqua,compostadadueatomidiidrogenoedaunatomodiossigeno,sicomportacome undipoloelettrico(undipoloelettricoèunsistemacostituitodaduecarichediugualeintensitàedisegno opposto,separatedaunapiccoladistanza),conunafrazionedicaricanegativasull’atomodiossigenoe un’equivalentefrazionedicaricapositivasuidueatomidiidrogeno.Quandounelettrolitavienedisciolto in acqua, le molecole dell’acqua si insinuano tra quelle dell’elettrolita e circondano con l’estremità negativaicationieconquellapositivaglianioni,dissociandocosìl’elettrolita.Questofenomenoprende ilnomedidissociazioneelettrolitica(v.fig.17.3). Sottol’azionedelcampoelettricogeneratodaglielettrodi,gliionipresentinell’elettrolitamigrano: quellidicaricapositiva(icationi)versoilcatodo,quellidicaricanegativa(glianioni)versol’anodo. Giunti a contatto con il catodo, i cationi acquistano elettroni (si riducono) e possono formare specie neutre.Peresempio,possonodarluogoaungas,comel’idrogeno,odepositarsisull’elettrodo,comenel casodialcunimetalli(ilprocessodideposizionedeimetallisuglielettrodimediantel’elettrolisiviene sfruttatoindustrialmente:peresempio,perrivestired’oro,d’argentoodicromomaterialimetallici). Gli anioni, giunti a contatto con l’anodo, cedono elettroni (si ossidano), formando anch’essi specie neutre. Per esempio, nel corso dell’elettrolisi del cloruro di sodio, al catodo si forma sodio metallico (Na)eall’anodosiformaclorogassoso(Cl2)(v.fig.17.4). Le numerose applicazioni dell’elettrolisi sono, oltre al rivestimento di oggetti di strati metallici, l’estrazione di metalli quali l’alluminio, il magnesio ecc., la raffinazione di metalli impuri o la produzionedielementi,comeperesempioilcloro,apartiredailorocomposti.Ancheilfunzionamento dellapilasibasasull’elettrolisi. Figura17.3Schemadelfenomenodelladissociazioneelettrolitica,dovutaall’interazionetralemolecolepolaridell’acquaegliioni positivienegativipresentinelcristallodiunsale,inquestocasoilclorurodisodio;lemolecolediacquasiinsinuanotragliioni, circondandolietrascinandoliinsoluzione. •LeleggidiFaradaysull’elettrolisi PrimaleggediFaraday SecondaleggediFaraday Studiando il fenomeno dell’elettrolisi, Michael Faraday (1791-1867), chimico e fisico inglese, scoprì che il processo segue delle leggi ben determinate, che sono ricordate oggi come leggi di Faraday sull’elettrolisi. La prima legge di Faraday afferma che la quantità di materia trasformata durante l’elettrolisi è proporzionaleallaquantitàdicorrentecheattraversalasoluzione. La seconda legge di Faraday dice che la massa di sostanza depositata o liberata agli elettrodi, in seguitoalpassaggiodiunadeterminatacaricaelettrica,èproporzionaleall’equivalentechimicodella sostanza.L’equivalentechimicoèilrapportotrailpesoatomicodiunelementoelasuavalenza,mentre la valenza rappresenta il numero di elettroni che un atomo di quella sostanza può perdere o acquistare quandoformaunlegamechimico. Figura17.4Schemadelprocessodielettrolisidelclorurodisodio,NaCl.Stabilitaunadifferenzadipotenzialetracatodoeanodo, al catodo migrano i cationi Na +, mentre all’anodo gli anioni Cl– . Al catodo si verifica un processo di riduzione e all’anodo un processodiossidazione,talipercuialcatodosidepositasodiometallicoeall’anodoclorogassoso. •Laconducibilitàneigas Ungasionizzatoconducecorrenteelettrica Scintillaescaricaabagliore Fluorescenza Raggicatodici Diodiavuoto Ifulmini Incondizioninormali,ungasnoncontieneportatoridicaricaedèperciòunbuonisolante.Tuttavia, se viene sottoposto all’azione di un agente ionizzante, che produce al suo interno coppie di ioni, ancheungaspuòdiventareunconduttore.AgentiionizzantisonoperesempioiraggiX,laluceealtri tipidiradiazionielettromagnetiche(v.cap.22),chefornisconoaglielettronipiùesternidegliatomiche compongono il gas l’energia necessaria per rompere il legame che li tiene uniti ai nuclei atomici. Si formano così ioni positivi e ioni negativi, che, trasportando la corrente elettrica, fanno del gas un conduttore. I conduttori gassosi non seguono la legge di Ohm: la legge che lega l’intensità di corrente alla differenzadipotenzialeinungasnonèlineare,maèpiùcomplessaedipendedallapressionedelgas. Il fenomeno più comune che avviene all’interno di un gas in cui siano posti due elettrodi ai quali sia applicataunadifferenzadipotenzialeèlascintilla.Selascintillavienefattascoccareall’internodiun tuboincuiilgasèapressionemoltobassa,invadelentamentetuttoiltuboesihaunascaricaabagliore: suquestoprincipiosibasanoicomunitubialuminescenzausatiperl’illuminazione. Diminuendoulteriormentelapressioneall’internodiuntuboascarica,ilmotodelleparticelleionizzate diventapressochénullo,datalararefazionedelgas,macompareunaluminescenza(fluorescenza) sulla paretedeltubooppostaalcatodo,dovutaaunflussodielettroniemessidalcatodoseladifferenzadi potenziale è sufficientemente elevata. Data la loro origine, questi raggi di elettroni vennero chiamati raggi catodici. L’emissione dei raggi catodici viene sfruttata per esempio nella formazione delle immaginitelevisive(v.riquadrosuccessivo).Iltipopiùsemplicedituboelettronicoèildiodoavuoto,o agas;all’internodiun’ampolladivetroincuièfattoilvuoto,unfilamento,riscaldatodalpassaggiodi corrente,emetteelettroni.All’internodell’ampollac’èancheunaplaccametallica:sequestaèportataa potenzialepositivorispettoalfilamento,chequindiènegativo,glielettroniemessidalfilamentopossono essere raccolti dalla placca e circola corrente. Se si invertono le polarità, gli elettroni emessi sono respintidallaplaccaelacorrentenoncircola.Ildiodoquindi,comequelloasemiconduttore,fapassare lacorrentesoloinunsenso.Idiodiagasdifferisconodaquelliavuotoperchénell’ampollavieneposto ungasrarefattoalpostodelvuoto. Ifulminisonounadellemanifestazionidelpassaggiodellacorrenteall’internodiungas,inquestocaso l’aria.Comunementel’ariaèunbuonisolante,maesistonosemprenell’ambientedegliagentidebolmente ionizzanti,comelaradiazionesolareoiraggicosmici:quandotralanubeeilsuolo,otranubeenube,si produce una forte differenza di potenziale, si può formare una enorme scintilla, il fulmine. Il calore sviluppatodall’intensacorrenteelettricariscaldal’ariaelasuaimprovvisaespansioneprovocaun’onda sonora,iltuono. ILTUBOARAGGICATODICI Iraggicatodiciconsistonoinunflussodielettroniemessidauncatodoeacceleratidaunanodo.Inuntuboaraggicatodiciglielettroni sono emessi da un filamento (v. fig.) riscaldato dalla corrente generata per esempio da una batteria: se la temperatura è abbastanza elevata, alcuni elettroni acquistano l’energia sufficiente ad allontanarsi dal metallo (effetto termoelettrico). Questi elettroni vengono accelerati dalla differenza di potenziale esistente tra l’anodo e il catodo. Attraverso un minuscolo foro praticato nell’anodo, un piccolo fascio di elettroni colpisce uno schermo, ricoperto per esempio da un sottilissimo strato di fluoruro di zinco, che causa una forte fluorescenzanelpuntocolpito.Sesiapplicaunadifferenzadipotenzialeadueplacchepostelungounasseverticalelungoilcamminodel fasciodielettroni,ilfasciovienedeviatoeilpuntoluminososulloschermosispostaverticalmente.Unadifferenzadipotenzialeapplicataa dueplaccheposizionatelungol’asseverticaledelfasciocausainveceunospostamentodelpuntoluminosoinsensoorizzontale.Applicando contemporaneamente differenze di potenziale alle due coppie di placche, il punto luminoso può essere spostato istantaneamente in qualunque punto dello schermo. Il tubo catodico viene usato per la formazione di immagini in alcuni strumenti di misura, come l’oscilloscopio,onegliapparecchitelevisivi. Formazionedell’immaginesulloschermoSinuntuboaraggicatodici.L’anodoeilcatodosonorispettivamente a ec. Agendo sulle placche P e Q il punto luminoso O può essere spostato a piacere in qualunque punto dello schermo per produrre un’immagine. GLOSSARIO Ampere Unità di misura del Sistema Internazionale per l’intensità della corrente elettrica, indicato con A, pari all’intensità di una corrente che trasporta,attraversolasezionedelconduttore,lacaricadi1coulombin1secondo:1A=1C/1s. Amperometro Strumentopermisurarel’intensitàdellacorrenteelettricainuncircuitoelettrico. Anodo Elettrodoopolopositivodiunacellaelettrolitica,versocuimigranogliioninegativi. Catodo Elettrodoopolonegativodiunacellaelettrolitica,versocuimigranogliionipositivi. Circuitoelettrico Seriedicomponentielettricieconduttoriattraversocuiscorrecorrenteelettrica. Correntealternata Correnteelettricadiintensitàeversovariabili. Correntecontinua Correnteelettricaunidirezionalediintensitàcostanteneltempo. Correnteelettrica Movimento ordinato delle cariche elettriche; generalmente si parla di intensità della corrente, definita come la carica che attraversa una superficieinunintervalloditempo.Lacorrenteelettricasimisurainampere. Cortocircuito Connessioneaccidentaletraelementinonconsecutividiunimpiantoelettrico. Diodo Componenteelettronicoadueterminalichepermetteilpassaggiodellacorrentesoloinunadirezione. EffettoJoule Produzionedicaloreinunconduttoreprovocatadalpassaggiodicorrenteelettrica. Elettrodo Elementoconduttoredicollegamentotrauncircuitoelettricoeunmezzoentrocuidevecircolarelacorrente. Elettrolisi Complessodeifenomeniprovocatidalpassaggiodicorrenteelettricainunasoluzionedielettrolita. Elettrolita Compostochimicocheinsoluzioneacquosasidissociainionipositivienegativi(sonoelettrolitigliacidi,lebasieisali). Forzaelettromotrice(f.e.m.) Differenzadipotenzialemisurabileacircuitoapertoaimorsettidiungeneratore. Generatoreditensione(ogeneratoreelettrico) Dispositivochetrasformainenergiaelettricaun’altraformadienergia. Ohm UnitàdimisuranelSistemaInternazionaledellaresistenzaelettrica,indicatoconΩ;sidicecheunconduttorepresentaunaresistenzadi1 ohmse,sottopostoallatensionedi1volt,èpercorsodallacorrentedi1ampere:1Ω=1V/1A. Pilaelettrica Sistemaelettrochimicocompostodadueelettrodiimmersiinunelettrolita(conduttoredisecondaclasse),chetrasformaenergiachimicain energiaelettrica. Potenzaelettrica Quantitàdienergiaelettricaspesainunintervalloditempo;lapotenzaelettricaèdatadalprodottodelladifferenzadipotenzialetradue puntidiuncircuitoelettricoel’intensitàdellacorrentechetransitanelcircuito. Raggicatodici Radiazioniemessedalcatododiuntuboascaricainungasrarefatto,costituitedaunfasciodielettroni,chesimanifestacomebagliore fluorescentesullaparetedeltubooppostaalcatodo. Resistenza Grandezzafisicacheindical’attitudinediunconduttoreatrasformarel’energiaelettricachelopercorreincalore.L’unitàdimisuradella resistenzaelettricaèl’ohm. Resistività Grandezzafisicacheindical’attitudinediunconduttoreafarsiattraversaredallacorrenteelettrica. Superconduttività Fenomeno fisico che consiste nel brusco annullamento della resistività di alcuni materiali per valori di temperatura prossimi allo zero assoluto. Transistor Componenteelettronicoasemiconduttoreusatoneicircuitielettricicomeamplificatoredisegnale. Voltmetro Strumentochevieneutilizzatopermisurareladifferenzadipotenzialeailatidiuncircuitoelettrico. Watt UnitàdimisuranelSistemaInternazionaledellapotenzaelettrica,indicataconW,pariallapotenzacorrispondenteallavorodi1joulein1 secondo:1W=1J/1s. TESTDIVERIFICA 1. Comesidefiniscel’intensitàdellacorrenteelettrica? 2. Sesiraddoppialadifferenzadipotenzialeagliestremidiunconduttorearesistenzacostante,cosaaccadeall’intensità dellacorrentecheloattraversa? 3. Setreresistoridiresistenzaparirispettivamentea12Ω,24Ωe36Ωsonocollegatiinserieinuncircuito,qualèla resistenzaequivalentedelcircuito?Esesonocollegatiinparallelo? 4. Qualefunzionehaunfusibileinuncircuitoelettrico? 5. Perchéunconduttoresiriscaldaquandoèattraversatodallacorrenteelettrica? 6. L’acquaèunisolanteounconduttore? 18ILMAGNETISMO Leproprietàattrattivedeimagnetisononoteall’uomodamigliaiadiannielalorocapacitàdiindicareilnordgeograficoèutilizzata nellabussoladaalmenosettesecoli.Ancheilmagnetismoperò,comel’elettricità,èdivenutoqualcosadipiùdiunameracuriosità scientificasolonell’800,quandoèstatoscopertoilsuostrettolegameconifenomenielettrici.Leapplicazionitecnologichediquesta scoperta sono numerosissime e vanno dal telefono alla registrazione magnetica; anche imotorielettrici, di cui le nostre case sono piene,sibasanosull’interazionetraelettricitàemagnetismo. 18.1Proprietàmagnetichedellamateria Magnetiteemagneti Sostanzeferromagneticheemagnetizzazione Sostanzediamagnetiche Sostanzeparamagnetiche Permeabilitàmagneticarelativa Alcune sostanze, come la magnetite, hanno la proprietà di attrarre la limatura di ferro e di attrarsi a vicenda. Questa caratteristica era già nota agli antichi Greci che, nei dintorni di Magnesia, nell’Asia Minore, scoprirono un minerale che aveva queste capacità attrattive, e lo chiamarono Magnes lithos (pietradiMagnesia),ogginotacomemagnetite,dacuiderivailterminedimagnete,chedesignatuttii mineralidotatidiquestaproprietà. La magnetite è un magnete naturale, ma esistono anche delle sostanze, come il ferro e le sue leghe (acciai), il cobalto e il nichel, che, messe a contatto o nelle vicinanze di un magnete, ne acquistano le proprietàattrattivecaratteristiche:sidicechevengonomagnetizzati. Tuttequestesostanze,chesonofortementeattrattedaunmagnete,sonodetteferromagnetiche. La magnetizzazione di una sostanza ferromagnetica può essere permanente o temporanea. La magnetizzazione permanente si verifica per esempio nell’acciaio che, in presenza di un magnete, acquistaunamagnetizzazionechepermaneanchequandoilmagnetechel’haprovocatavieneallontanato (il materiale, cioè, diventa a sua volta un magnete). La magnetizzazione temporanea, riscontrata per esempionelferrodolce,permaneinvecefintantocheèpresenteilmagnetechel’haprovocata. Accantoallesostanzeferromagnetiche,venesonoaltrechesonopocosensibilialleforzeesercitatesudi esse da un magnete, e che in base al loro comportamento sono distinte in altre due categorie: diamagneticheeparamagnetiche. Sono diamagnetiche quelle sostanze che, come l’acqua, il piombo, la grafite e il quarzo, vengono debolmenterespintedaunmagnete;sonoparamagnetichelesostanze,comel’alluminioeilsodio,che vengonodebolmenteattrattedaunmagnete. Ilgradodimagnetizzazionediunasostanzavieneespressodallapermeabilitàmagneticarelativa (μr). Nelle sostanze ferromagnetiche i valori della permeabilità magnetica possono raggiungere l’ordine di grandezzadellecentinaiadimigliaia,mentrenellesostanzediamagneticheeinquelleparamagnetichela permeabilità è molto vicina all’unità: leggermente superiore per le sostanze paramagnetiche, più bassa perquellediamagnetiche(v.tab.18.1). Tabella18.1Valoridipermeabilitàmagneticarelativa(μr)dialcunesostanze MATERIALI μr diamagnetici acqua 0,99999 argento 0,99998 germanio paramagnetici aria ossigeno gassoso platino 0,9999232 1,0000004 1,00133 1,0002019 ferromagnetici ferropuro 5000 lega ferrosilicio 10000 leghespeciali 1000000 •Ipolimagnetici Lacalamita Ipolimagnetici Nelmagnetenonesistonopoliisolati Lacalamita,termineconilqualesiindicanoinlinguaggiocomuneimagnetipermanenti,èunavarietà della magnetite. Le proprietà attrattive della calamita sono concentrate alle sue estremità, mentre nella zona centrale una calamita è neutra. In genere una calamita è sagomata a ferro di cavallo o, più comunemente,abarretta:lesueestremitàvengonodettepolimagnetici.Ipolimagneticidiunacalamita attiranolalimaturadiferroopiccolipezzettidiferropostinellesuevicinanze.Lasciataliberadiruotare, unacalamitaaformadibarretta(odiago)sidisponenaturalmenteconunadellesueestremità(esempre la stessa) in una direzione che individua approssimativamente il polo Nord geografico della Terra (questofenomenoèallabasedell’invenzionedellabussola;v.riquadroallapaginaseguente):perciòil polomagneticochepuntaversoilNordgeograficovienechiamatopolonord e l’altro polo sud (per il magnetismoterrestrev.par.successivo). Comeavvieneperlecaricheelettriche,duepolimagneticidellastessanaturasirespingono,mentredue polidinaturaoppostasiattraggono:così,avvicinandoduecalamiteliberediruotare,essesidisporranno inmodocheilpolonorddell’unasiavvicinialpolosuddell’altra.Seavviciniamotraloroipolinord(o sud) di due calamite, questi tenderanno a respingersi. Allo stesso modo in cui cariche elettriche dello stessosegnosirespingonoecaricheelettrichedisegnooppostosiattraggono. Mal’analogiaconlecaricheelettrichesifermaqui,poichénelcasodeimagneti,adifferenzadiquanto accade per le cariche elettriche, non esistono poli isolati. Questo significa che un magnete è sempre compostodiunpolonordediunpolosud. Se proviamo a tagliare un magnete al centro, sperando di divideretraloroiduepoli,otterremosoltantounmagnetepiùpiccolo,maalledueestremitàvisaranno sempreunpolonordeunpolosud.Ancheriducendoilmagneteadimensionimicroscopichesiottengono sempreduepoli,odipolo:èimpossibileottenereunpolomagneticoisolato,ounmonopolo(v.fig.18.1). LABUSSOLAMAGNETICA La bussola magnetica è uno strumento che sfrutta il magnetismo terrestre ed è costituita da un agomagnetico, una sottile sbarretta di materialemagneticomontatasuunpernoinmodochesialiberadiruotarenelpianoorizzontalesenzaattrito:lontanodaaltrimagnetiche potrebberoinfluenzarneilcomportamento,l’agomagneticosiorientaspontaneamenteindirezioneNord-Sud,lungoimeridianiterrestri.In genere le bussole sono dotate di un quadrante suddiviso in 360 gradi, sul quale vengono segnati i punti cardinali, così da permettere l’orientamento. Sembra che la bussola fosse già nota in Cina (VIII sec.) e in Arabia (XI sec.) prima di divenire di uso comune in Occidente,manoncisonofontisicureaquestoriguardo.Laprimadescrizionedettagliatadellabussolaedelsuofunzionamentorisaleal 1269 ed è dovuta a uno studioso francese, noto come Peter Peregrinus, il quale dette anche il nome di polo sud e di polo nord alle due estremitàdell’agomagnetico.Labussolafuperfezionataediffusasoprattuttodagliamalfitani(FlavioGioia)nelXIVsec. Figura 18.1 Le cariche magnetiche possono esistere solo in coppia: suddividendo un magnete si ottengono sempre altri magneti completi. 18.2Ilcampomagnetico Definizione Lineadiforzadelcampo Se, avvicinando due magneti, questi si attraggono o si respingono a seconda dell’orientamento dei rispettivipoli,significacheesercitanol’unosull’altrounaforzaadistanza.Comeperifenomenielettrici eperleforzegravitazionali,risultautiledescrivereleinterazionimagneticheutilizzandoilconcettodi campo. Sidicecheunmagneteesercitaattornoaséuncampomagnetico,oppurecheuncampomagneticoèla regionedellospazioincuisonosensibilileforzediattrazioneerepulsioneesercitatedaunmagnete o da un insieme di magneti. Il campo magnetico è un campo di forze, quindi, analogamente al campo elettricoealcampogravitazionale,èuncampovettoriale. Direzione e verso del campo magnetico vengono descritti dalle linee di forza del campo, che rappresentano,inognipuntodellospazio,ladirezionelungolaqualesidisporrebbeunmagnetino(usato comemagnetediprovaperstudiareilcampo)postoinquelpunto.Comeperglialtricampivettoriali,le lineediforzadelcampomagneticosonotangentialladirezionedelcampoinognipuntoesonotantopiù fittequantopiùelevataèl’intensitàdelcampo. Le linee di forza del campo magnetico prodotto da un magnete sono visualizzabili con un’esperienza moltosemplice.Uncartoncinoricopertodilimaturadiferrovieneappoggiatosopraunmagnete;dando delle leggere scosse al cartoncino, la limatura di ferro si magnetizza e ogni piccolo aghetto che la componesidisponelungoilcampomagnetico,componendoildisegnodellaproiezionesulpianodelle lineediforzadelcampo.Nelcasodiunasbarramagneticalelineediforzasonolineechiusecheescono dalpolonordedentranonelpolosud;ilversovaquindidalpolonordalpolosud(v.fig.18.2). Figura18.2Lelineediforzadiuncampomagneticocreatodaunmagneteabarra. •Ilcampomagneticoterrestre Come abbiamo visto, un ago magnetico libero di ruotare si dispone spontaneamente lungo i meridiani, con il polo nord diretto verso il Nord geografico: questo significa che la Terra è sede di un campo magnetico. Questo campo viene chiamato campo magnetico terrestre, o campo geomagnetico. Il campomagneticoterrestrepuòessereassimilatoalcampoprodottodaunmagneteasbarretta(undipolo) lecuilineediforzaesconodalpoloSudgeografico(cheinrealtàèunpolonordmagnetico),entranonel poloNordgeografico(cheinrealtàèunpolosud,einfattiattraeilpolonorddell’agodiunabussola)e sonoorientatecomeimeridiani(v.fig.18.3;v.anchepar.18.3). Figura18.3Lelineediforzadelcampomagneticoterrestre. 18.3Legametraforzeelettricheeforzemagnetiche Lascopertadell’elettromagnetismo Unacorrenteelettricagenerauncampomagnetico Nel 1820 il fisico danese Hans Christian Oersted (1777-1851) fece una delle scoperte più importanti della storia della fisica, a quanto pare in modo del tutto inatteso: osservò che esisteva un legame tra magnetismo ed elettricità, ponendo le basi di quel ramo della fisica noto con il nome di elettromagnetismo.Avendoinviatounacorrenteelettricalungounfilodiramecollegatoaiduepolidi una pila, Oersted osservò che l’ago di una bussola posta nelle vicinanze dell’apparecchiatura, inizialmente diretto parallelamente al filo in direzione Nord-Sud, subiva una rotazione di 90° e si disponevaperpendicolarealfilo.Invertendoilversodellacorrente,l’agoruotavadi180°,invertendola posizione dei suoi poli ma restando perpendicolare al filo percorso da corrente. La corretta interpretazione di Oersted fu che un filo elettrico percorso da corrente genera attorno a sé un campo magnetico. Più in generale, l’esperienza di Oersted dimostra che una corrente elettrica genera un campo magnetico.Primadiquestoesperimentosieratentatoditrovareunlegametralecaricheelettricheei magneti, ma senza risultato, poiché di fatto un campo magnetico non ha alcun effetto su una carica elettricainstatodiquiete,masoltantosuunacaricainmovimento.Infattisololecariche elettriche in motoproduconouncampomagnetico. •Lelineediforzadiuncampomagneticoprodottodaunfilopercorsodacorrente Ladirezionedellelineediforza Ilsolenoide L’elettromagnete Lelineediforzadelcampomagneticogeneratodaunfilopercorsodacorrentesonoperpendicolari allacorrenteinognipunto:ciòsignificachesonorappresentatedacerchiconcentriciattornoalfilo.Il versodellelineediforza(ladirezionedelpolonorddelmagnetinodiprova)èdatodallaregoladella manodestra:afferrandoilfiloconlamanodestraepuntandoilpolliceindirezionedellacorrente,ledita dellamanoindicanoilversodellelineediforzadelcampomagneticogeneratodalfilo.Lelineediforza inoltresonotantopiùfittequantopiùèintensalacorrentechepassanelfiloequantominoreèladistanza dalfilostesso. Nelcasoincuilacorrentepercorraunfiloavvoltoaspiraanzichéunfilorettilineo,lelineediforzadel camposonoancoraperpendicolarialfiloinognipuntoeilsuoversoèquellodiunavitedestrorsache percorre il filo nel senso della corrente. Un filo percorso da corrente avvolto a spirali ravvicinate costituisceunsolenoide.Unsolenoidepercorsodacorrenteproduceanch’esso,naturalmente,uncampo magnetico, prodotto dalla somma dei campi magnetici di ciascuna spira del solenoide. All’interno del solenoidelelineediforzadelcampomagneticosonoparallele,ovveroilcampoèuniforme.Ilcampo magneticoprodottodaunsolenoidepercorsodacorrentepuòperciòessereassimilatoaquelloprodotto daunasbarrettamagnetica,icuipolisonopostiagliestremidelsolenoideedipendonodalversodella corrente. L’intensitàdelcampomagneticoprodottodaunsolenoidepuòesserenotevolmenteaumentataapplicando all’interno delle spire del solenoide una sbarra di ferro o di un altro materiale ferromagnetico: il solenoidemagnetizzailferroeilcampomagneticoprodottodalsolenoidesisommaaquelloprodottodal magnete artificiale. Un sistema di questo tipo viene chiamato elettromagnete. Gli elettromagneti sono molto usati nelle applicazioni tecnologiche: la forza di attrazione che possono esercitare dipende dal numero di avvolgimenti e dall’intensità della corrente che circola nelle spire e può raggiungere valori estremamenteelevati.Piccolielettromagnetisitrovanoperesempioneicampanellieneglialtoparlanti, mentre grossi elettromagneti sospesi a gru permettono di sollevare grandi quantità di materiali ferrosi negliimpiantiditrattamentodeimetalli. •Forzatrafilipercorsidacorrente Nel1831MichaelFaradayscoprìcheunfilopercorsodacorrente,immersoinuncampomagnetico(per esempio, posto tra i poli di una calamita), subisce una forza la cui direzione è perpendicolare sia al campomagnetico,siaallacorrentecheattraversailfilo. Non solo quindi un filo percorso da corrente esercita una forza su un magnete, generando un campo magnetico,mavaleancheilviceversa,ovverounmagneteesercitaunaforzasuunfilopercorsoda corrente. Un campo magnetico genera dunque una forza che non si risente soltanto su un magnete, ma anchesuunconduttorepercorsodacorrente.MapoichéOersteddimostròcheunconduttorepercorsoda corrente genera un campo magnetico, Ampère ne dedusse che due fili percorsi da corrente devono esercitare una forza l’uno sull’altro, ovvero attrarsi o respingersi a seconda del verso reciproco delle rispettivecorrenti.Einfattidueconduttorirettilineipercorsidacorrentetendonoadattrarsisesono percorsi da correnti che viaggiano nello stesso verso e tendono a respingersi se le due correnti hannoversiopposti(v.fig.18.4). Sull’attrazionetraduefilipercorsidacorrenteèbasataladefinizionedell’unitàdimisuradellacorrente elettrica,l’ampere:l’ampereinfattièdefinitocomelacorrenteche,percorrendodueconduttorirettilinei paralleli,dilunghezzainfinita,postinelvuotoaunadistanzadi1ml’unodall’altro,producefradiessi unaforzadi2•10–7newtonperognimetrodilunghezza. Poichélamateriaècostituitadiparticelleelettricamentecaricheinmovimento,illegametraelettricitàe magnetismo scoperto da Oersted può venirci in aiuto per spiegare il motivo per cui differenti sostanze hanno un differente comportamento rispetto ai fenomeni magnetici: la spiegazione risiede nel comportamentodegliatomi(odellemolecole)quandovengonosottopostiauncampomagnetico. Figura18.4 Due fili percorsi da corrente esercitano l’uno sull’altro una forza attrattiva (a) se la corrente nei due fili fluisce nello stessoverso,repulsiva(b)sefluisceinversiopposti. •Spiegazioneatomicadelmagnetismo Nellesostanzediamagnetiche Nellesostanzeparamagnetiche Nellesostanzeferromagnetiche DominidiWeiss Per spiegare gli effetti di magnetizzazione sulle differenti sostanze, e di conseguenza la differente permeabilità magnetica relativa delle diverse sostanze, occorre spiegare cosa accade a livello microscopico quando gli atomi (o le molecole) di una sostanza sono sottoposti a un campo magnetico esterno.Ipossibilieffettidiuncampomagneticoesternosuunasostanzasonodue:ladistorsionedel motodeglielettroniel’orientamentodegliatomi(odellemolecole)nelladirezionedelcampoesterno. Nelle sostanze diamagnetiche, che vengono debolmente respinte da un campo magnetico, prevale l’effettodidistorsionedelmotodeglielettroni:quandoapplichiamouncampomagneticoesternoauna sostanzadiamagnetica,glielettroniinmotonegliatomi(onellemolecole)dellasostanzasubisconouna forza, poiché un campo magnetico esercita una forza su una carica in movimento. Il risultato di questa forza è una magnetizzazione degli elettroni, che – si può dimostrare – è opposta a quella del campo magneticoapplicato.Ildiamagnetismoèunaproprietàintrinsecadiogniatomoemolecola;quandoinuna sostanzaferromagneticaoparamagneticaprevaleuncomportamentooppostoèperchéprevaleuneffetto diversoepiùforte,cheproducel’attrazionemagnetica,maildiamagnetismoèancorapresente. Nellesostanzeparamagnetiche,debolmenteattratte,prevalel’effettodiorientamentodeglielettroni: gli atomi (o le molecole) delle sostanze paramagnetiche, in presenza di un campo magnetico esterno, tendono a orientarsi tutti lungo il campo esterno, dando luogo così a una leggera magnetizzazione addizionale. Il paramagnetismo aumenta al diminuire della temperatura e dà luogo a fenomeni anche abbastanzaintensiatemperatureprossimeallozeroassoluto. Lesostanzeferromagnetiche,fortementeattrattedauncampomagneticoesterno,presentanoalivello microscopico una magnetizzazione permanente, ovvero una naturale tendenza a orientare tutti i loro atomi (o le loro molecole) nella stessa direzione. Inoltre, la magnetizzazione delle sostanze ferromagnetiche dipende fortemente dall’intensità del campo magnetico applicato e dalla temperatura: per temperature superiori a un certo valore il ferromagnetismo scompare e la sostanza diventa paramagnetica. Un fisico francese, Pierre Weiss (1865-1940), postulò l’esistenza nelle sostanze ferromagnetiche di minuscolezone,dettedominidiWeiss,all’internodellequaligliatomi,chepossonoessereconsiderati dei piccoli magneti, si allineano in modo da rafforzare le loro proprietà. Queste regioni sono magnetizzate anche in assenza di campo esterno. In presenza di un campo magnetico esterno i domini subiscono delle variazioni che dipendono dall’intensità del campo applicato e che portano alla magnetizzazione del materiale: possono deformarsi, e dunque quello allineato con il campo esterno prende il sopravvento sugli altri, o, per campi più intensi, possono orientarsi tutti nella direzione del campo,rafforzandolaloromagnetizzazione. •IpolimagneticiterrestrielefascediVanAllen Poligeomagnetici Declinazionemagnetica FascediVanAllen Dalle misure del campo magnetico terrestre si è trovato che i poli magnetici (che per comodità continueremo a chiamare rispettivamente nord e sud in corrispondenza dei poli geografici) non coincidonoesattamenteconipoligeografici.L’assechelicongiunge(assedeldipolo)formaconl’asse di rotazione della Terra un angolo di 11º 05’ e incontra la superficie della Terra in due punti situati rispettivamentevicinoaThule,inGroenlandia(poloNordgeomagnetico)evicinoaVostok,inAntartide (poloSudgeomagnetico). L’angolo di declinazione magnetica, formato dai piani del meridiano astronomico e del meridiano magnetico (contenente la direzione dell’ago magnetico), varia da punto a punto della Terra e non è costanteneltempo. Leoriginidelcampomagneticoterrestrenonsonoancoradeltuttocerte.Inizialmentesipensavacheil campogeomagneticopotesseesseredovutoallapresenzadisostanzemagneticheposteinprossimitàdei poli magnetici, ma oggi si pensa che sia più probabilmente generato da correnti elettriche prodotte nel nucleofluidodellaTerra. StrettamenteconnesseconilcampomagneticoterrestresonolefascediVanAllen,veriepropriflussidi particelle cariche (protoni ed elettroni) derivanti dal bombardamento dell’atmosfera prodotto dai raggicosmici,cherimangonointrappolatenellevicinanzedellaTerraacausadelsuocampomagnetico. 18.4Intensitàdelcampomagnetico Lamisurazione Vettoreinduzionemagnetica L’unitàdimisura:iltesla Permisurarel’intensitàdiuncampomagnetico,analogamenteaquantofattoperilcampoelettricoper ilqualesiusaunacaricadiprova,siusauna“correntediprova”,ovverounfilopercorsodacorrente.A questoscoposiconsiderauntrattodifilodilunghezzal,percorsodaunacorrenteI,postotraipolidi unacalamita,ovveroimmersoinuncampomagnetico. ComedimostratodaAmpère(v.par.precedente),ilfilosubisceunaforza,lacuidirezioneeversosono ricavabili mediante la regola della mano sinistra: con l’indice rivolto nella direzione del campo e il medio perpendicolare all’indice, nella direzione della corrente, la direzione della forza è data dal pollice, perpendicolare a entrambi (v. fig. 18.5). Se si misura la forza F con un dinamometro, questa risultaproporzionaleallalunghezzadelfiloleall’intensitàdellacorrenteI: F=B•l•I dovelacostantediproporzionalitàBrappresental’intensitàdelvettorecampomagnetico. SidefiniscequindivettorecampomagneticoB,dettopiùpropriamentevettoreinduzionemagnetica, quel vettore che ha come direzione e verso quelli delle linee di forza del campo magnetico e intensità data dalla forza esercitata su un conduttore rettilineo per unità di lunghezza e per unità di corrente elettrica. L’unitàdimisuradell’intensitàdelcampomagneticonelSistemaInternazionaleèiltesla (simbolo T).Sidicecheuncampomagneticohaintensitàdi1teslaquandoesercitaunaforzadi1newtonsuunfilo conduttoredellalunghezzadi1mpercorsodaunacorrentedi1ampere: 1N 1T= 1A 1m Laforzaesercitatadauncampomagneticosuunfilopercorsodacorrenteèsfruttataneimotorielettrici pertrasformareenergiaelettricainenergiameccanica(v.riquadro). Figura18.5Laforzacheagiscesuunconduttorerettilineo(valelaregoladellamanosinistra). ILMOTOREELETTRICO In un motore elettrico l’energia elettrica fornita a una spira percorsa da corrente viene trasformata in energia meccanica. L’energia meccanicacosìprodottapuòpoivenireutilizzatapermuovereperesempiolepalediunventilatoreoilcestellodiunalavatrice.Unmotore elettrico è costituito generalmente da una parte fissa (statore) e da una mobile (rotore). Una spira rettangolare di filo conduttore rigido, montatasuunassesulqualeèliberadiruotare,èimmersainuncampomagneticouniformeperpendicolareall’assedirotazione,generato peresempiodaipolidiunmagnete.Quandolaspiraèpercorsadacorrenteelettrical’azionedelmagneteproduceunacoppiadiforzeche lacostringonoaruotare.Laspiraruotadi90°primadifermarsi:quandoinfattiilpianodellaspiraèperpendicolarealcampomagnetico,la forzaesercitatasullaspiraènullaequestasiferma;ma,pereffettodell’inerzia,laspirapercorreinrealtàunangololeggermentesuperiore a90°elacoppiadiforzeprodottadalcampomagneticonellanuovaposizione,oppostaallaprecedenteperchésisonoinvertiteledirezioni delle correnti nei due rami verticali della spira, la costringerebbe a tornare indietro. Se a questo punto, mediante uno speciale dispositivo dettocollettore,siinverteilsensodellacorrentenellaspira,vieneinvertitaanchel’azionedelleforzeelaspiracontinualarotazionenello stessosenso.Larotazionedellaspiravienetrasmessaaunalberogirevoleepuòfarfunzionareunapparecchioelettrico. Unmotoreelettricorealeingenereèunpo’piùcomplessodiquellodescritto(puòesserecostituitoperesempiodabobine,anzichédauna singolaspiranellapartemobile),mailprincipiodifunzionamentorimaneinvariato. •Intensitàdelcampomagneticogeneratodaunfilopercorsodacorrente L’intensitàdelcampomagneticogeneratodaunfilorettilineopercorsodaunacorrentediintensitàIè inversamente proporzionale alla distanza d dal conduttore e direttamente proporzionale alla corrente: I B=k d dove la costante di proporzionalità k si scrive per convenzione k = μ0/2π, con μ0 che rappresenta la permeabilitàmagneticanelvuotoevaleμ0=12,56•10–7Tm/A. •Intensitàdelcampomagneticogeneratodaunaspirapercorsadacorrente Nel caso di una spira di raggio r percorsa da una corrente I, il campo magnetico ha intensità direttamenteproporzionaleallacorrenteeinversamenteproporzionalealraggiodellaspirar: I B=k r elacostantediproporzionalitàkèancoraquelladelcasoprecedente. •Intensitàdelcampomagneticogeneratodaunsolenoidepercorsodacorrente All’internodiunsolenoideilcampomagneticoèuniformeesipuòdimostrarechelasuaintensitàè direttamenteproporzionalealnumerodispirenchecompongonoilsolenoide,all’intensitàdicorrenteI chepercorreilsolenoideeinversamenteproporzionaleallalunghezzaldelsolenoide: nI B=μ l Inquestocasolacostantediproporzionalitàdipendedalmezzopostoall’internodelsolenoide;sealsuo internoc’èaria(chepercomoditàsupporremoavereunapermeabilitàmagneticaparagonabileaquella delvuoto),lacostantediproporzionalitàsaràsemplicementeμ=μ0.Seall’internodelsolenoideviene postounmezzomaterialeconpermeabilitàmagneticarelativapariaμr,lacostantediventaμ=μ0μreil campodiventatantopiùintensoquantopiùaltaèlapermeabilitàmagneticaμrdelmezzo. 18.5LaforzadiLorentz Calcolodell’intensitàdellaforzadiLorentz DirezionedellaforzadiLorentz Se un campo magnetico esercita una forza su un conduttore percorso da corrente, è lecito pensare che ogni particella carica che si muove in un campo magnetico subisce una forza, poiché la corrente è costituita da cariche in movimento. Questa forza è la forza di Lorentz, così detta dal nome del fisico olandeseHendrikAntonLorentz(1853-1928),premioNobelperlafisicanel1902. Per calcolare l’intensità della forza di Lorentz partiamo dalla forza esercitata su un tratto di filo di lunghezzalpercorsodaunacorrenteI: F=B•I•l Una particella con carica q che si muove in quel tratto di filo produce una corrente data dalla sua intensitàdicaricanell’unitàditempo,quindi: I= q t Selaparticellasimuoveconvelocitàuniformev,percorreuntrattolinuntempotelacorrentesipuò scrivere: qv I= l cosìl’intensitàdellaforzadiLorentzdiventa: F=qvB La direzione della forza di Lorentz è perpendicolare alla velocità della particella e perpendicolare al campomagnetico;ilsuoversoèquellodelpollicenellaregoladellamanosinistra(comeperlaforza esercitatasuunfilopercorsodacorrente),selacaricaèpositiva(ilversoconvenzionaledellacorrente infattièquellodellecarichepositive),edèquellooppostoselacaricaènegativa. Essendosempreperpendicolarealladirezionedellaparticellacarica,laforzadiLorentzfungedaforza centripetaperunaparticelladivelocitàperpendicolarealladirezionedelcampomagneticoecostringela particella a curvare la sua traiettoria lungo un percorso circolare, il cui raggio r si può ricavare uguagliandolaforzadiLorentzallaforzacentripeta: 2 qvB=mv r Questo effetto è sfruttato negli acceleratori di particelle ad anello (v. riquadro Gli acceleratori di particelle), che, attraverso l’uso di campi magnetici, costringono le particelle cariche a rimanere confinate su traiettorie circolari. Conoscendo l’intensità dei campi magnetici applicati, e misurando la velocità e il raggio della traiettoria della particella, la formula data sopra può essere utilizzata per determinarelamassadiparticellecarichesconosciute. GLOSSARIO Campomagnetico Campodiforzegeneratodamagnetiodacaricheelettricheinmovimento. Elettromagnete Dispositivocostituitodaunabobinadifiloisolato(solenoide)avvoltoattornoaunnucleodimaterialeferromagnetico,chesimagnetizzaal passaggiodicorrenteelettricanellabobina. Ferromagnetismo Tipo di magnetismo permanente che si manifesta in alcuni materiali, come il ferro e le sue leghe, particolarmente sensibili ai campi magneticiesterni. ForzadiLorentz Forzacheuncampomagneticoesercitasuunacaricaelettricainmoto.L’effettodellaforzadiLorentzsuunacaricaèladeviazionedella suatraiettoria. Magnetismo Partedellafisicachestudiaifenomenidiattrazionetipicidialcunesostanze,dettemagneti,eleproprietàdellamateriaconnessecontali fenomeni.Imagneti,liberidimuoversi,assumonoparticolareorientazioneneiconfrontidiuncampomagneticoesterno.Nellabussolaun agomagneticosiorientanaturalmentelungounmeridianoterrestre. Polomagnetico Ciascunadelleestremitàdiunmagnetenaturale,dovesonoconcentratelesueproprietàmagnetiche.Unmagneteèsempredotatodidue poli,dettipolosudepolonord. TESTDIVERIFICA 1. Ponendoduecalamiteabarraunaaccantoall’altra,inqualecasoquestesiattraggonoeinqualecasosirespingono? 2. Qualisonoleanalogieequaliledifferenzetralecaricheelettricheeipolimagnetici? 3. Quali sono le caratteristiche delle linee di forza di un campo magnetico generato da un magnete a barra, da un filo percorsodacorrenteedaunsolenoidepercorsodacorrente? 4. Qual è l’intensità del campo magnetico prodotto da un filo rettilineo percorso da una corrente di 10 A, a 2 cm di distanzadalfilo? 5. Seunelettroneentrainuncampomagneticoconunadirezioneperpendicolarealcampo,qualetraiettoriadescriverà pereffettodelcampo?Qualèlaforzaresponsabiledellasuadeviazione? 19L'INDUZIONEELETTROMAGNETICAELE EQUAZIONIDIMAXWELL LascopertadellaforzaesercitatadaunmagnetesuunfilopercorsodacorrentedapartediFaradayportaacompimentoilciclodi scopertesull’interazione tra i fenomeni elettrici e i fenomeni magnetici, che verrà sintetizzata da Maxwell nella teoria del campo elettromagnetico.QuestascopertaèperfettamentesimmetricaaquelladiOersted,secondocuicaricheelettricheinmotoproducono campimagnetici,estabiliscechecampimagneticivariabiliproduconocorrentielettriche.Aquestecorrentisidàilnomedicorrenti indotte e al fenomeno di induzione elettromagnetica. Tra le applicazioni tecnologiche dell’induzione elettromagnetica la più importanteperlanostravitaquotidianaèforselaproduzionedicorrentealternata,lacorrentecheentracomunementenellenostre caseealimentatuttiinostriapparecchielettrici. 19.1Lascopertadell’induzioneelettromagnetica Uncampomagneticoinmotoinducecorrenteinunconduttore Forzaelettromotriceindotta(f.e.m.) Dopo la scoperta di Oersted, secondo cui una corrente elettrica è in grado di produrre un campo magnetico, fu naturale da parte dei maggiori scienziati del tempo chiedersi se potesse valere anche l’inverso,ovverose,einqualicondizioni,uncampomagneticofosseingradodigenerareunacorrente elettrica.Larispostapositivavennenel1831daMichaelFaraday,ilqualeebbeilmeritodiintuireche, come si era osservato nella produzione di un campo magnetico da parte di una carica, anche in questo casolachiavedivoltafosseilmovimento.Unacaricainquietenongenerauncampomagnetico,mentre una carica in movimento (ovvero una corrente elettrica) è in grado di spostare l’ago di una bussola. Analogamente,uncampomagneticostazionariononprovocaalcunmotodicaricheinuncircuito,maun campomagneticoinmovimento(peresempio,unmagneteinmotoall’internodiunsolenoide)determina unacorrenteinunconduttore.AllacorrenteprovocatainquestomodoFaradaydetteilnomedicorrente indottaealfenomenoconnessoquellodiinduzioneelettromagnetica. Muovendounmagnetenellevicinanzediunconduttoreverràindottaunacorrenteelettricaall’internodel conduttore;quandoilmovimentodelmagnetecessa,siarrestaancheilflussodicorrenteall’internodel conduttore. Lo stesso avviene se il conduttore è in movimento all’interno di un campo magnetico in quiete,infatticiòchegenerailfenomenodell’induzioneelettromagneticaèilmovimentorelativotra unconduttoreeuncampomagnetico. In conclusione si può dire che si ha produzione di corrente indotta, e quindi di forza elettromotrice indotta(f.e.m.),tuttelevoltecheuncircuitoelettricovieneattraversatodauncampomagneticoche varianeltempo. Figura19.1Unmagnete(A)ounsolenoide(B)inmotoinvicinanzadiuncircuitoCvi inducono una corrente elettrica rilevabile conungalvanometroG. 19.2Laf.e.m.indotta Ilgalvanometroverificalecorrentiindotte Perverificarel’instaurarsidellacorrenteindottainuncircuitocostituitodaunsolenoidesicolleganoi dueestremidelfiloconduttoreavvoltoattornoallabobinaaungalvanometro,unostrumentochemisura piccolevariazionidicorrente.Seilsolenoidenonècollegatoaungeneratoreditensioneilgalvanometro nonregistracorrente.Seperòavviciniamoalsolenoideunmagnete(ocircuitoinducenteformatodaun altro solenoide attraversato da corrente), si verifica un movimento dell’ago del galvanometro, che segnalaunpassaggiodiunacorrenteelettricaindotta.Lostessoavvieneseteniamofermoilmagnete(oil circuitoinducente)emuoviamoilcircuito:ilgalvanometromisureràunavariazionedicorrente(v.fig. 19.1).Lacorrentesiinterrompequandoiduesistemisonoinquietel’unorispettoall’altro. Se all’interno del circuito si produce una corrente elettrica, significa che agli estremi del circuito si è prodotta una differenza di potenziale, ovvero una forza elettromotrice (f.e.m.): alla f.e.m. prodotta in questomodosidàilnomedif.e.m.indotta. L’esperienza descritta, che a grandi linee è quella eseguita da Faraday, dimostra che ogni volta che il numero delle linee di forza di un campo magnetico attraverso un solenoide varia nel tempo (aumentandoodiminuendo)siproduceunaf.e.m.indottanelsolenoide.Quandoavviciniamoilmagnete al solenoide, il numero delle linee di forza del campo magnetico generato dal magnete aumenta all’interno del solenoide: nel solenoide passa corrente. Se il magnete è fermo rispetto al solenoide, il numerodellelineediforzanonvariaelacorrentecessa. Ilvaloredellaf.e.mindotta,secondounaleggedovutaaFaraday,è direttamente proporzionale alla variazione del numero delle linee di forza del campo attraverso il solenoide, espresso attraverso il flussodelcampomagnetico. •Ilflussodelcampomagnetico Definizione Laf.e.m.indottaèproporzionaleallavariazionediflussodelcampomagnetico Si definisce flusso del campo magnetico Φ (o più semplicemente flusso magnetico) attraverso una superficieSilprodottodellacomponentedelcampomagneticoperpendicolareallasuperficieperla superficiestessa: Φ=B⊥S Seθèl’angolotrailvettorecampomagneticoBelasuperficieS,ilflussoattraversolasuperficieèdato da: Φ=SBsenθ Ilflussodiuncampomagneticorisultadunquemassimonelcasoincuilelineediforzadelcamposiano perpendicolariallasuperficieSenullonelcasoincuisianoparallele.Tuttelealtrevolteilflussoèdato dallaproiezionedelvettorecampomagneticosullasuperficieSmoltiplicatoperlasuperficie. NelSistemaInternazionale,ilflussomagneticosimisurainweber(simboloWb),dove1Wb=1T•1m2. Interminidiflussosipuòdirechesihacorrenteindottainuncircuitoquandosihavariazioneneltempo delflussodiuncampomagnetico.Interminiquantitativi,laleggediFaradayenunciataprima,cheprende ilnomedileggediFaraday-Neumann,stabiliscechelaf.e.m.indottadauncampomagneticoconflusso Φsuuncircuitoèproporzionaleallavariazionedelflusso(ΔΦ)neltempo(Δt): 19.3Ilgeneratoreelettricodicorrentealternata Schemadifunzionamento Differenzatrageneratoreemotoreelettrici Produzionedicorrentealternata Ungeneratoreelettricoèunostrumentochetrasformaenergiameccanicainenergiaelettrica,ilcui principio di funzionamento si basa sul fenomeno dell’induzione elettromagnetica. Se, tramite la variazione di un campo magnetico, è possibile indurre una corrente in un circuito, la corrente prodotta puòancheessereutilizzata,peresempioperaccendereunalampadina. I generatori elettrici impiegati negli impianti per la produzione di elettricità sono strumenti piuttosto complessi,mailloroprincipiodifunzionamentoèmoltosemplice.Schematicamentesonocostituitida uno o più avvolgimenti di filo conduttore (bobine), ai quali viene fornita energia meccanica per farli ruotareall’internodiunintensocampomagnetico.L’energiameccanicapuòesserefornitaperesempioda una turbina mossa dall’acqua in un impianto idroelettrico, o dalla combustione in un impianto termoelettrico.Labobina,liberadiruotare,vienedettarotore,mentreilmagnetefissovienedettostatore. Quello che avviene in un generatore di corrente è esattamente l’inverso di quello che avviene in un motoreelettrico,dovelaforzaesercitatadalmagnetesulcircuitopercorsodacorrentesitraduceinuna coppia di forze che imprimono al rotore un moto rotatorio, che può venire trasmesso a un albero e far funzionareunapparecchioelettrico(inpratical’energiaelettricafornitaalrotoreètrasformatainenergia meccanica). Nel caso del generatore elettrico, invece, nel circuito non passa inizialmente corrente, ma attraversounaqualcheformadienergiameccanicaglisiimprimeunarotazione. Percomprendereilsistemadifunzionamentoimmaginiamodiavereunabobinasemplicecostituitadauna spira quadrata. Il moto rotatorio della spira relativamente al campo genera il fenomeno dell’induzione elettromagnetica, ovvero genera una corrente sulla spira stessa. L’intensità della corrente, come l’intensità della f.e.m. indotta, sarà proporzionale al flusso del campo magnetico: quando la spira è perpendicolarealcampomagneticol’intensitàdellacorrenteindottasaràmassima;diminuiràmanmano chelaspiraruotaversoposizionipiùobliquerispettoallelineediforzadelcampomagnetico,finoad arrivareazeroquandolaspirasitrovainposizioneparallelaalcampo(inquestaposizioneilflussodel camporispettoallaspiraènullo).Continuandoafarruotarelaspira,ilversodellacorrentesiinvertee l’intensitàricominciaadaumentaremanmanochelaspiratornaaoffriremaggioresuperficieallelineedi forza del campo, fino a un nuovo valore massimo, uguale al precedente ma di segno contrario, che va diminuendoancoraconilproseguiredellarotazionedellaspira.Lacorrenteprodottadaungeneratoredi questo tipo, quindi, non ha un’intensità costante, ma segue un andamento sinusoidale: una corrente di questotipoèdettacorrentealternata.Ilcorrispondentegeneratoredicorrentesidicealternatore. Di solito le bobine di un alternatore sono collegate tra loro in modo da costituire tre generatori di correntealternatasfasatetraloro:sidicechel’alternatoreproduceunacorrentetrifase,cheèquellache vieneerogatanellenostrecase. Figura19.2Graficochemostralavariazionedellacorrentealternataalruotaredellaspiradiunalternatore.Lacurvasichiama sinusoide.I0rappresental’ampiezzadellacorrentealternataeTilperiodo. •Caratteristichedellacorrentealternata Ampiezza,periodoefrequenza Tensioneefficaceecorrenteefficace Utilizzazionedellacorrentealternata In una corrente alternata si dice ampiezza il valore massimo I0 della corrente, mentre il periodo T è l’intervalloditempotraduevalorimassimisuccessivi(v.fig.19.2)Lafrequenzadellacorrente,chesi misura in herz, è l’inverso del periodo e rappresenta il numero di giri della bobina in un secondo. La frequenzadelleretielettrichecherifornisconolenostrecaseèdi50Hz. Lapotenzadiungeneratoredicorrentealternataèdata,comeperlacorrentecontinua,dalprodottodella differenza di potenziale per l’intensità di corrente. Contrariamente a quanto accade per la corrente continua,però,inquestocasosialatensionesial’intensitàdicorrentenonsonocostanti,mavarianonel tempo. In genere si è soliti esprimere l’intensità e la tensione di una corrente alternata in termini di tensione efficace e di corrente efficace, dove per corrente efficace si definisce la corrente continua che produrrebbeinunresistore,nell’unitàditempo,lamedesimaquantitàdicaloregeneratadallacorrente alternata.Larelazionetracorrenteefficace(Ieff)eampiezza(I0)dellacorrentealternataè: (analoga reazione vale per la tensione efficace). Quando diciamo dunque che nelle nostre case circola unacorrenteelettricadi220V,indichiamoconquestovalorelatensioneefficacedeinostriimpianti.La tensionemassimasaràinvece220V•0,707=circa310V.Usandolatensioneelacorrenteefficaciper uncircuitoacorrentealternatasipuòcalcolareperesempiolapotenzadelsistemacomesesitrattassedi unsistemaacorrentecontinua. Lacorrentealternataèmoltoutilizzatanellegrandiproduzionidienergia,perchéèfaciletrasformarlain un’altra corrente, caratterizzata da valori diversi di tensione e corrente efficaci, e questo risulta molto comodopoichéingenere,nell’ambitodellagenerazione,delladistribuzioneedeltrasportodell’energia elettrica,vengonoutilizzativaloriditensionemoltodifferenti.Latensionechearrivaallenostrecaseè generalmentebassa(220V)perragionidisicurezza,maneltrasportosiutilizzanovaloriditensionealti (220-380kV)perridurrealminimolasezionedeiconduttori.Sichiamatrasformatore(v.riquadro)lo strumento capace di trasformare una corrente alternata caratterizzata da una data tensione efficace in un’altracaratterizzatadaunatensioneefficacedifferente,conpiccoleperditedienergia. ILTRASFORMATORE Il trasformatore è una macchina elettrica capace di trasferire energia elettrica da un circuito (detto primario) in un altro circuito (detto secondario) modificando la tensione e la corrente. Il trasformatore riceve energia elettrica con una tensione V1 e una corrente I1 e la restituisceconunatensioneV2eunacorrenteI2,talidasoddisfarelarelazione: V1I1=V2I2 Nellasuaformapiùsemplice,untrasformatore(v.fig.)ècostituitodaduesolenoidiisolatitraloroelettricamente,maavvoltisullostesso magnete. Uno dei due circuiti è il primario, l’altro è il secondario. Facendo passare corrente alternata sul primario, si genera un campo magneticochevariaconlastessafrequenzadelcircuitoprimario.Lelineediforzadelcampomagneticorestanoconfinateentroilmagnete epassanoattraversoilcircuitosecondario,provocandosulsecondariounaf.e.m.indottachehalamedesimafrequenzadellatensionedel primario.SeN1èilnumerodispiredelprimarioeN2ilnumerodispiredelsecondario,inuntrasformatoredevevalerelarelazione: V1 = V2 N1 N2 Il rapporto N1/N2 è detto rapporto spire: variando opportunamente questo rapporto si possono ottenere le tensioni desiderate nel secondario.QuandoN1<N2iltrasformatoreèdettoelevatoreditensioneeproducecorrentiinuscitacontensionimaggiori;quandoN1> N2iltrasformatoreèdettoabbassatore(oriduttore)eproducecorrentiinuscitacontensioniminori. Schemadiuntrasformatoreabbassatoreditensione:ilnumerodispiredelprimarioèmaggiorediquellodelsecondario. 19.4LaleggediLenzel’autoinduzione LeggediLenz LeggediFaraday-Neumann-Lenz:ilversodellef.e.m.indottaètaledaopporsiallacausachel’haprodotta Avvicinandounmagneteauncircuito,lavariazionediflussodelcampomagneticoproducenelcircuito unacorrenteindotta.Questacorrentegeneraasuavoltauncampomagnetico,ilcuieffettosulcircuitoè, come dimostrato sperimentalmente, quello di opporsi al campo magnetico esterno. In altre parole, il verso della f.e.m. indotta è tale da opporsi alla causa che l’ha prodotta. Questo significa che se, per esempio,laf.e.m.èstatageneratadaunaumentodelflussodelcampomagneticoconcatenatocolcircuito, essa tende a far circolare una corrente di verso tale da produrre un flusso di verso opposto a quello inducente. QuantodettoèriassuntodallaleggediLenz,chestabiliscechelacorrenteindottacircolasemprecon versotaledaopporsiallevariazionidiflussochel’hannogenerata.QuindilaleggediLenzpermette diprevederequalesaràilversodellacorrenteindottainuncircuitodauncampomagneticovariabile. La legge di Faraday-Neumann, integrata con la legge di Lenz (legge di Faraday-Neumann-Lenz), stabiliscechelaf.e.m.indottainuncircuitosiaesprimibileattraversolarelazione: ΔΦ f.e.m.indotta=– Δt doveΔΦèlavariazionediflussoneltempo(Δt)eilsegnomenotienecontodellaleggediLenz. •L’autoinduzione Definizione Poiché si ha una “forza controelettromotrice” ogni volta che interviene una variazione di flusso di un campomagnetico,seconsideriamounsolenoidenelqualesifacciavariare–peresempio,aumentare– l’intensità della corrente, si produrrà un campo magnetico variabile. Man mano che l’intensità della correnteaumenta,aumentaancheilflussodelcampomagneticogeneratodallacorrentestessa,quindisul solenoide si produrrà una corrente indotta, il cui effetto è quello di opporsi all’aumento della corrente inducente.Questofenomenoprendeilnomediautoinduzioneelaf.e.m.chesigeneraprendeilnomedi f.e.m.autoindotta.Insintesi,quandoilflussodicampomagneticoconcatenatoconuncircuitovaria per effetto della variazione dell’intensità della corrente del circuito stesso, la f.e.m. è detta di autoinduzione.Loschemadellafigura19.3riassumeifenomeniprincipaliconnessiaimagnetismi. Figura19.3Schemadeifenomeniconnessialmagnetismo. 19.5IlcampoelettromagneticoeleequazionidiMaxwell Teoriadelcampoelettromagnetico EquazionidiMaxwelleondeelettromagnetiche IlsignificatodellequattroequazionidiMaxwell Terzaequazione Quartaequazione LescopertediOerstedediFaradaydimostraronomoltochiaramentecheilcampoelettricoeilcampo magneticosonodueentitàinterdipendentiechesoloindeterminatecondizioni–peresempio,inassenza di cariche in movimento – si presentano distinti. Negli anni successivi alle scoperte di questi due scienziati, il fisico scozzese James Clerk Maxwell (1831-1879) formulò la sua teoria del campo elettromagnetico,secondocuianchenelvuotocampielettricivariabiliproduconocampimagneticie, viceversa,campimagneticivariabiliproduconocampielettrici.Leazionielettromagnetichesubitedaun corposonodunquedovuteallemodificazioninellospaziodelleproprietàfisichediunaregione,ilcampo elettromagnetico,generatadacaricheelettricheedamagneti. La teoria di Maxwell è sintetizzata dalle equazioni di Maxwell, formulate dal fisico scozzese nel 1873, che descrivono il comportamento del campo elettromagnetico e permettono di prevedere l’esistenzadiondechevisipropaganoealtempostessolotrasportano,detteonde elettromagnetiche (v.cap.22),dicuifannoparteancheleondeluminose(cheviaggianonelvuotoallavelocitàdellaluce, pariacirca300.000km/s). LequattroequazionidiMaxwell(v.riquadrosuccessive)colleganotraloroicampielettricoemagnetico enedescrivonolemutueinterazioni. Le prime due descrivono i campi elettrico e magnetico e concernono l’esistenza di “cariche” che li producono; in particolare, la prima descrive il campo elettrico generato da cariche ferme, secondo la legge di Coulomb; la seconda stabilisce che non esistono cariche magnetiche isolate, diversamente da quantoaccadeperlecaricheelettriche,macheilpolonorddiunmagneteèsemprelegatoaunpolosud. LaterzaequazionediMaxwellesprimelaleggedell’induzioneelettromagneticadiFaraday-Neumann, secondocuiuncampomagneticovariabileneltempoproduceuncampoelettrico. LaquartaequazionediMaxwellaffermacheunaqualsiasicorrentegenerauncampomagnetico,siauna corrente continua sia un campo elettrico variabile nel tempo: in quest’ultimo caso si introduce una quantità detta corrente di spostamento, che non viene generata da cariche elettriche in movimento, ma produceeffettimagneticiparagonabiliaunacorrenteveraepropria. LeequazionidiMaxwellperifenomenielettriciemagneticisipossonoconsiderarel’equivalentedelle equazioni di Newton per la meccanica, perché permettono di conoscere, almeno in via di principio, la situazioneinunistantepassatoofuturo,conoscendolecondizioniiniziali. LEEQUAZIONIDIMAXWELLINFORMADIFFERENZIALE(OLOCALE) LacomprensionedellaformulazionematematicadelleequazionidiMaxwellrichiedelaconoscenzadialcuniconcettidianalisimatematica (v. Appendice), quali le derivate parziali (simboleggiate con ∂), la divergenza (div) e il rotore (rot) di un vettore. I campi elettrico e magneticosonoespressiattraversoivettoriE(campoelettrico)eB(campomagnetico). NellaquartaequazionecomparelagrandezzaJ,cherappresentaladensitàdicorrente,mentrecèlavelocitàdellalucenelvuotoeρè ladensitàdicaricaelettrica. divE=4πρ divB=0 rotE=- 1 c ∂B ∂t rotB=- 1 c ∂E + ∂t 4π J c LamancanzadisimmetrianelleequazionidiMaxwellrispettoaicampiBedEèdovutaallapresenzadicaricheelettricheedicorrente elettricadiconduzione.Nelvuoto,doveρeJsononulli,leequazioniperiduecampidiventanosimmetriche. GLOSSARIO Autoinduzione Fenomenopercuiilflussomagneticoconcatenatoconuncircuitovariapereffettodellavariazionedell’intensitàdellacorrentechecircola nelcircuitostesso. Correntealternata Correnteelettricadiintensitàeversovariabili.L’intensitàdellacorrentealternatasegueunandamentosinusoidale. EquazionidiMaxwell Equazioni che descrivono il campo elettromagnetico, ovvero il campo generato dalla mutua interazione tra campi elettrici e magnetici variabili.LeequazionidiMaxwellprevedonol’esistenzadiondeelettromagnetichecheviaggianonelvuotoallavelocitàdellaluce. Flussodelcampomagnetico Attraverso una superficie, è il prodotto della componente del campo perpendicolare alla superficie per la superficie stessa. Il flusso magneticosimisurainweber,dove1Wb=1T·1m2 Generatoreelettrico Macchinachetrasformaenergiameccanicainenergiaelettrica.Selacorrenteprodottaèalternata,ilgeneratoresichiamaalternatore. Induzioneelettromagnetica Fenomenopercuiinuncircuitoelettrico,concatenatoconunflussomagneticovariabile,vieneprodottaunaf.e.m.(chevienedettaf.e.m. indotta) direttamente proporzionale alla variazione del flusso nel tempo. Nel circuito circolerà una corrente elettrica, che viene detta correnteindotta.Lacorrenteindottaèdiversotaledaopporsiallacausachel’haprodotta. TESTDIVERIFICA 1. Introducendounmagneteall’internodiunsolenoide,sisegnalailpassaggiodicorrentesuungalvanometro.Perché? 2. Quantovaleilflussodiuncampomagneticoattraversounasuperficieparallelaalcampostesso?Perché? 3. Cherapportoc’èfralacorrenteefficaceel’ampiezzadiunacorrentealternata? 4. Perchélacorrentechecircolanegliimpiantidomesticièalternataenoncontinua? 5. Untrasformatorehaunavvolgimentoprimariodi1200spireeunsecondariodi200spire.Selatensioneiningressoè 220V,qualesaràlatensioneinuscita? LEONDE 20IFENOMENIONDULATORI I fenomeni ondulatori sono essenzialmente interpretabili come un meccanismo attraverso cui avviene la propagazione di energia nellospazio,apartiredaunasorgente,senzachevisiatrasportodimateria.Ilmeccanismodipropagazioneperonderiguarda in particolareilsuonoelaluceedèsimileaciòchesiosservaquandosigettaunsassosullasuperficiedell’acqua.Intutteleondeviè una grandezza oscillante, che può essere l’altezza dell’acqua in un’onda del mare, la pressione dell’aria in un’onda sonora o l’intensitàdelcampoelettricoedelcampomagneticoinun’ondaluminosa.Lapropagazionedell’ondapuòrichiederelapresenzadi un mezzo materiale, ma nel caso delle onde luminose avviene anche nel vuoto. Il comportamento delle onde può essere descritto secondo modelli generali, definiti dalla meccanica ondulatoria, che permettono di interpretare fenomeni come la riflessione, la rifrazione,ladiffrazione,l’interferenzaelarisonanza. 20.1Definizioneetipidionde Nellapropagazionedelleondenonviètrasportodimateria Laluceeilsuonosonoesempidimotoondulatorio Un’ondaèun’oscillazioneche,generatainunpunto,sipropaganellospazio, trasportando energia manonmateria. Gliesempipiùimmediatisonooffertidalleondechesiproduconosuunospecchiod’acquaquandovisi getta un sasso e si propagano in cerchi concentrici, o dalle onde del mare, provocate dall’azione del vento. In entrambi i casi l’acqua, perturbata, oscilla in senso verticale senza che la sua massa venga spostataorizzontalmente(cioènonviètrasportodimateria).Senelleondevifossetrasportodiacqua, questa si accumulerebbe progressivamente sulle rive, sommergendole, ma ciò non accade. Possiamo renderci facilmente conto che l’acqua oscilla solo verticalmente se collochiamo un corpo galleggiante nellazonaperturbatadall’onda:vedremochenonètrasportatodalleonde. Esistono moltissimi tipi di onde, apparentemente molto diverse tra loro, ma tutte sono descrivibili mediantecaratteristichecomuni.Lapropagazionedelsuononell’ariaavvienemediantemotoondulatorio, l’oscillazione impressa all’estremità di una fune si trasmette all’altra estremità sotto forma di onda, la luceviaggianellospaziocomeondedetteelettromagnetiche.Intutteleondevièunagrandezzache varia periodicamente nel tempo, cioè che oscilla, nella zona di spazio interessata dall’onda. Per esempio, in un’onda prodotta sulla superficie del mare questa grandezza è l’altezza del livello dell’acqua, nelle onde sonore è la pressione dell’aria e nelle onde elettromagnetiche l’intensità del campoelettrico(ediquellomagneticoaessoconcatenato).Neiprimiduecasiavvienelapropagazione dienergiameccanica;nelterzocasoavvienelapropagazionedienergiaelettromagnetica(v.cap.22). •Comesiclassificanoleonde Inbasealmezzo:ondemeccanicheedelettromagnetiche Inbasealmododipropagazione:ondetrasversalielongitudinali Inbaseallaformadelfronted’onda:ondepiane,circolariesferiche Comportamentoondulatoriodelleparticelleatomiche Visonovarimodiperclassificareleonde,secondoleproprietàchesivoglionoevidenziare. • Un primo criterio di classificazione divide le onde in due categorie, a seconda che abbiano bisogno oppure no di un mezzo materiale nel quale propagarsi. Le onde meccaniche, od onde elastiche (per esempio, le onde sulla superficie del mare o le onde sonore), necessitano di un mezzo nel quale propagarsi. Le onde elettromagnetiche, come le onde luminose, la radiazione infrarossa (calore) e le onderadio,viaggianoanchenelvuoto. • Un secondo criterio, basato sul modo in cui si propagano, divide le onde in onde trasversali, che vibranoindirezioneperpendicolarealladirezionedipropagazione,eondelongitudinali,chevibrano indirezioneparallelaalladirezionedipropagazione.Sonoondetrasversaliquelleelettromagnetiche, maancheleondedelmare,chesispostanoorizzontalmenteevibranoverticalmente.Sonoinveceonde longitudinali le onde sonore, che si propagano producendo compressioni e rarefazioni dell’aria nella direzioneincuisimuovono. •Lasuperficiechedelimitaun’onda,ovverolasuperficiedefinitadaipuntiequidistantidallasorgente dellavibrazione,èdettafronted’onda.Inbaseallaformadelfronted’ondaleondesipossonodividere inpiane,circolariesferiche. Sono onde piane quelle il cui fronte d’onda è descritto da una retta, come le onde del mare in mare apertoequelleprodottenell’acquadaunalaminavibrante. Sonoondecircolariquelleilcuifronted’ondaèunacirconferenza,comeperesempioleondeprodotte gettando un sasso in uno stagno, che si propagano in cerchi concentrici attorno al punto in cui cade il sasso(lasorgente). Sonoinfineondesferichequellechesipropaganouniformementenellospaziointutteledirezionienelle quali la forma del fronte d’onda è una sfera, come per esempio le onde sonore e le onde elettromagnetiche. Lo schema riportato nella figura 20.1 riassume i vari modi di classificare le onde e le principali caratteristichedeivaritipidionde. Anche il moto delle particelle di materia all’interno dell’atomo e del nucleo (v. par. Proprietà ondulatorie della materia) può essere descritto in forma di onda: le particelle atomiche e subatomiche hanno,percertiversi,uncomportamentotipicamenteondulatorio,ovverocaratteristicodelleonde.Per questomotivosidicechehannouncomportamentodualeonda-particella.Questotipodiondeèdescritto dallameccanicaquantistica. Figura20.1Classificazionedelleonde. 20.2Caratteristichedelleonde Leondesidescrivonomediantesinusoidi Ampiezzad’onda Lunghezzad’onda Periodo Frequenza Velocitàdipropagazione Lunghezzad’ondaefrequenzasonoinversamenteproporzionali Poiché le onde meccaniche sono le più facilmente osservabili, esse verranno di seguito usate come riferimentoutileperdescrivereilcomportamentoelecaratteristicheprincipaliditutteleonde. Il moto ondulatorio, qualunque sia il tipo di onda, è descrivibile attraverso alcune caratteristiche fondamentali.Lagrandezzacheoscilla(l’altezzadellivellodell’acquanelcasodelleondedelmare,il campoelettriconelcasodelleondeelettromagnetiche,lapressionedell’arianelcasodelleondesonore ecc.) segue un movimento sinusoidale, ovvero descrive una curva, detta sinusoide, caratterizzata da creste (i punti più alti dell’oscillazione) e avvallamenti, o ventri (i punti più bassi dell’oscillazione) successivi(v.fig.20.2). Iprincipaliparametrichecaratterizzanoilmotoondulatoriosono: •ampiezzadell’onda(A),rappresentatadallavariazionemassimadellagrandezzaoscillante. Onde conampiezzamaggioretrasportanomaggioriquantitàdienergia:perprodurreun’ondaconun’ampiezza maggiore occorre compiere più lavoro. Venti più forti, per esempio, producono onde più alte sulla superficiedelmaree,quandoimprimiamounmovimentooscillanteaunafune,maggioreèlaforzache conferiamoallespintemaggioresaràl’ampiezzadell’oscillazionedellafune; • lunghezza d’onda (λ), data dalla distanza minima (misurata in metri) fra due creste o due ventri successivi; • periodo (T), l’intervallo di tempo (misurato in secondi) in cui avviene un’oscillazione completa, ovverol’intervalloditempoimpiegatodall’ondaperritornarenellamedesimaposizione(peresempio,il tempointercorsotraduecresteotradueventrisuccessivi); • frequenza (ν), data dal numero di oscillazioni in un secondo compiute dall’onda. La frequenza si misurainhertz(simboloHz),dove1Hz=1s–1,edèl’inversodelperiodo: 1 ν= T • velocità di propagazione dell’onda (υ), che è la velocità con cui l’oscillazione si sposta nella direzionedipropagazione.Poichéinuntempolungoquantounperiodo(T)l’ondasispostadiuntratto esattamente uguale alla sua lunghezza d’onda (ν), il rapporto tra la velocità di propagazione e gli altri parametricaratteristicidell’ondaèdatodallerelazioni: λ υ= T oppure,tenutocontodellarelazionetrailperiodoelafrequenza(ν=1/T): υ=λν Questo significa che, a parità di velocità di propagazione, onde con lunghezza d’onda maggiore avrannofrequenzeminorie,viceversa,ondeconlunghezzad’ondaminoreavrannofrequenzemaggiori. Lavelocitàdipropagazionediun’ondadipendedalmezzomaterialenelqualel’ondasipropaga.Leonde luminose, e in genere le onde elettromagnetiche, che non necessitano di un mezzo materiale per propagarsi,viaggianonelvuotoconvelocitàdipropagazionealtissima υ=3•106m/s questovaloreèilrapportodiproporzionalitàinversacheesistetralafrequenzaelalunghezzad’ondadi un’ondaelettromagnetica(v.par.Velocitàdipropagazionedelleondeelettromagnetiche). Figura20.2Rappresentazionegraficadiun’ondaedellesuecaratteristicheprincipali;lalunghezzad’ondacoincideconilpercorso dell’ondainuntempopariaunperiodo. 20.3Comportamentodelleonde Quandoun’ondaincontraunostacolosulsuocammino,oppurepassadaunmezzodipropagazioneauno diverso,hannoluogofenomenichesonocomunialleondeelasticheealleondeelettromagnetiche.Tali fenomeni sono la riflessione, la rifrazione, la diffrazione. Un altro fenomeno ondulatorio, che avviene quandodueondesiincontrano,èl’interferenza.Infine,selasorgentediun’ondasimuoverispettoaun osservatore, quest’ultimo rileverà un’onda con caratteristiche differenti a seconda che il moto sia di avvicinamentoodiallontanamento:questofenomeno,dettoeffetto Doppler, viene trattato nel capitolo 21. •Lariflessione Sihariflessionequandoun’ondaincontraunostacolonontrasparente Leggedellariflessione La riflessione avviene quando un’onda incontra un ostacolo che non può attraversare e viene rinviata indietro verso la sorgente. Questo accade, per esempio, quando un raggio luminoso incontra unasuperficieriflettenteoun’ondadelmareincontraunabarriera. Se consideriamo un’onda piana e la rappresentiamo mediante un diagramma a raggi, dove il raggio dell’ondarappresentaladirezionedipropagazionedell’onda,sidefinisceangolodiincidenzadell’onda sull’ostacolo(chesupponiamoanch’essopianopersemplicità)l’angoloformatotrailraggiodell’onda incidenteelarettaperpendicolareallasuperficieincidenteeangolodiriflessione l’angolo che l’onda riflessaformaconlaperpendicolareallabarriera. Secondo la legge della riflessione, l’angolo di incidenza (i) è uguale all’angolo di riflessione (r) e questidueangoligiaccionosullostessopiano. Quandoun’ondavieneriflessa,essavieneinoltrecapovolta. Selariflessioneètotale,ovverononvièassorbimentodell’onda,l’ondariflessatrasportalamedesima quantitàdienergiadell’ondaincidente. •Larifrazione Siharifrazionenelpassaggiodaunmezzoaunaltro L’esperimentoattraversol’ondoscopio Indicedirifrazione Larifrazioneavvienequandoun’ondapassadaunmezzomaterialeaunaltro,condensitàdiversa, percuilasuavelocitàelasuadirezionedipropagazionesubisconodellevariazioni. In un’onda superficiale prodotta sull’acqua, il fenomeno della rifrazione avviene anche quando l’onda passa attraverso una superficie che delimita due zone di profondità diversa, poiché le due zone si comportano sull’onda come due mezzi differenti. Questa prerogativa viene sfruttata per studiare il fenomeno della rifrazione attraverso un ondoscopio, uno strumento dotato di una lamina o di una punta vibranti in un piccolo specchio d’acqua, che producono rispettivamente onde piane e onde circolari. Utilizzandounalaminavibranteefacendotransitareun’ondasuduesuperficiaprofonditàdifferente,si osservano facilmente la deviazione dell’onda dalla sua direzione di propagazione iniziale e una variazionedellasualunghezzad’onda.Inparticolare,quandoun’ondapassadaunazonadovel’acquaè piùprofondaaunazonadovel’acquaèmenoprofonda,lasualunghezzad’ondadiminuisce.Perillegame tra la lunghezza d’onda e la velocità di propagazione, se diminuisce la lunghezza d’onda diminuisce anchelavelocitàdipropagazione. Nel caso generale, se indichiamo con υ1 la velocità dell’onda nel primo mezzo e con υ2 la velocità dell’onda nel secondo mezzo, si definisce indice di rifrazione relativo del secondo mezzo rispetto al primo(n12)ilrapportotraiduevaloridivelocità: υ n12= 1 υ2 Quandoun’ondaluminosapassadalvuotoaunmezzo–peresempio,l’aria–l’indicedirifrazionedel mezzorispettoalvuotosidiceindicedirifrazioneassolutodelmezzostesso(v.par.Lariflessioneela rifrazionedellaluce). •Ladiffrazione Sihadiffrazionequandoun’ondaaggiraunostacolodipiccoledimensioni Ilfenomenodelladiffrazione avviene quando un’onda incontra un ostacolo di piccole dimensioni o, analogamente,unafendituradipiccoledimensionisuunabarriera; se l’ostacolo o la fenditura hanno dimensioniparagonabiliallalunghezzad’ondadell’ondaincidente,l’ondaaggiral’ostacoloesipropaga anchenellapartediostacolochedovrebbeessereinombra. Se,peresempio,un’ondapianaincontraunostacoloounafenditura,l’ondapassaattraversol’ostacolo, maquandoemergedallaparteoppostadell’ostacolononèpiùun’ondapiana,masièincurvataaibordi della fenditura. Se poi la fenditura o l’ostacolo sono dell’ordine di grandezza della lunghezza d’onda dell’ondaincidente,l’ondapianaformaaldilàdellafendituradelleondecircolari,chesicomportano comeondegeneratedaunasorgentepostanellafendituraosull’ostacolo. Ladiffrazionesiosservaperesempionelleondedelmarecheaggiranounpalopiantatosulfondoeche sporgeallivellodell’acqua,oincorrispondenzadimoliofrangiflutti:leondenonsilimitanoapassare aldilàdegliostacoli,mainvadonoanchelospazioretrostantegliostacolistessi.Nelleondeluminoseil fenomeno della diffrazione è molto evidente (v. cap. 22) se si utilizzano fenditure od ostacoli molto piccoli. •L’interferenza Sihainterferenzanell’incontrofradueonde Principiodisovrapposizione Interferenzacostruttivaeinterferenzadistruttiva L’interferenzasiverificaquandodueondesiincontranosullorocammino. Se gettiamo due sassi in uno stagno l’uno vicino all’altro, le onde prodotte dai due sassi si sovrappongono. Allo stesso modo, quandoduebarchesiincrocianosulmare,leondeprodottedalloropassaggiosisovrappongono. Ingenerale,quandoinunmezzoviaggianodueopiùonde,valeilprincipiodisovrapposizione (v. fig. 20.3):quandodueondesisovrappongono,l’ondarisultantesiottienesommandotraloro,inogniistantee inognipunto,glispostamentirelativiaciascunaonda,tenendocontosiadell’intensitàsiadelverso(la risultanteèquindilasommavettorialedelledueondeoriginarie). Un’importantecaratteristicadell’interferenzatraondeèdatadalfattochel’ondarisultante,descrittadal principio di sovrapposizione, non altera le due onde originarie, le quali, al di là della zona di sovrapposizione,mantengonolelorocaratteristicheoriginarie. Figura20.3Sommadidueondesecondoilprincipiodisovrapposizione. Siparladiinterferenzacostruttiva(v.fig.20.4)quandoledueondesisommanoadareun’ondadi ampiezzamaggiore.Nelcasoincuiledueondeabbianougualeampiezzaeugualefrequenzaesianoin concordanzadifase,cioèdisposteinmodochecresteeventridellaprimacorrispondanoaglistessipunti dellaseconda,l’ondarisultantehalamedesimafrequenzadelleprimedueeampiezzadoppia. Quando un’onda viene fatta passare attraverso una doppia fenditura, per il fenomeno della diffrazione ciascuna fenditura si comporta come una sorgente di onde circolari; se le due fenditure sono poste sufficientementevicinel’unaall’altra,aldilàdellestessesiverificanoanchefenomenidiinterferenzatra leonde“generate”dallefenditure.Leonderisultantidafenomenidiinterferenzaprodottidadiffrazione su una doppia fenditura sono verificabili per esempio con un ondoscopio, facendo passare l’acqua attraversounabarrieradotatadiunadoppiaaperturadellamedesimalunghezzadellalunghezzad’onda dell’onda generata sullo strumento: come si può osservare, si producono delle figure, dette figure di interferenza.Lefigurediinterferenzasonomoltobenverificabilievisibiliancheconleondeluminose (v.par.Ladiffrazioneel’interferenza). Si parla invece di interferenza distruttiva quando due onde producono un’onda di ampiezza inferiore, fino al caso limite in cui, se le due onde che interferiscono sono in opposizione di fase (le creste dell’una corrispondono ai ventri dell’altra) e possiedono ampiezza e frequenza pari, esse si annullanoavicendael’oscillazionerisultanteènulla.Sipuòavereinterferenzaancheconunasolaonda, quandoquestaincontraunostacoloevieneriflessa:l’ondaincidenteel’ondariflessaformanofiguredi interferenzaesattamentecomesesitrattassedidueondedistinte. Figura 20.4 Interferenza costruttiva (A) nel caso in cui si abbia concordanza di fase, pari ampiezza e pari intensità: l’onda risultante(I+II)haampiezzadoppiaeugualefrequenzadelleprimedue.Interferenzadistruttiva(B) quando le due onde sono in opposizionedifaseehannougualeampiezzaeintensità:l’ondarisultante(I+II)ènulla. LEONDESTAZIONARIE:NODI,ANTINODIERISONANZA Inodisonofruttodiinterferenzadistruttivatraonde,gliantinodisonofruttodiinterferenzacostruttiva.Leondestazionariesonofiguredi interferenzatraondeidentichechesimuovonoinsensoopposto:leondestazionariesonocaratterizzatedapuntichenonoscillanomai(i nodi) e punti in cui l’oscillazione è sempre massima (gli antinodi). È facile produrre un’onda stazionaria su una corda legata a un’estremità:facendooscillarelacordaall’estremitàlibera,l’ondasipropagalungolacorda.Quandogiungeall’estremitàvincolata,l’onda viene riflessa e l’onda riflessa è capovolta rispetto all’onda incidente. Ogni volta che l’onda giunge a un estremo della corda, quello vincolato o quello legato alla nostra mano, viene capovolta e riflessa e l’onda risultante è data dall’interferenza delle onde incidenti e riflesse. Si possono ottenere onde stazionarie a uno o più nodi, a seconda della lunghezza d’onda dell’onda principale. Nei nodi, dove si ha interferenza distruttiva tra l’onda incidente e quella riflessa, la corda resta immobile, mentre negli antinodi, dove si ha interferenza costruttiva,lacordaoscillaconlamassimaampiezza.Ladistanzatraduenodiconsecutiviinun’ondastazionariaèmetàdellalunghezza d’ondaoriginaria,λ/2,eledueestremitàdellacordasonosempresedediduenodi.Seregoliamolafrequenzaconcuifacciamooscillarela corda (per esempio, per mezzo di un vibratore applicato a uno degli estremi della corda) e quindi la sua lunghezza d’onda, possiamo otteneredifferentiondestazionarie.Selalunghezzad’ondavieneregolatainmodotalechelalunghezzadellacordasiaesattamenteuguale a λ/2, avremo un’onda stazionaria con due nodi agli estremi e un antinodo al centro. Se regoliamo la frequenza in modo tale che la lunghezzadellacordasiaugualea2λ/2,l’ondastazionariaavràtrenodi,unoalcentroeduealleestremitàdellacorda,edueantinodinel puntodimezzotraduenodi.Continuandoadaumentarelalunghezzad’ondadellavibrazioneimpressaallacorda(diminuendolafrequenza), siavrannoondestazionarietuttelevoltechelalunghezzadellacordarisulteràunmultiplointerodiλ/2. Le lunghezze d’onda corrispondenti alla formazione di un’onda stazionaria, e le corrispondenti frequenze, sono dette lunghezze d’onda e frequenzedirisonanza.Incorrispondenzadiquestivalorisidicechelacordaentrainrisonanza,cioèoscillaconampiezzerelativamente alte,anchesel’ampiezzadioscillazioneimpressaledalvibratore(odallanostramano)èpiccola. Riassumendopossiamodirecheperparticolarivaloridifrequenza,dettidirisonanza,lacordadiventasedediondedetteondestazionarie, caratterizzatedanodieantinodi,neiqualirispettivamentel’oscillazioneènullaomassima.Quandounacordaèsedediun’ondastazionaria, sembrafermaperchéinodisonofissiegliantinodivibranoconunadataampiezza.Sinotichelefrequenzedirisonanzadipendonosolo dallalunghezzadelmezzodipropagazioneesonoindipendentidallanaturadelmezzo,quindisipossonoottenereanchefacendovibrareun filometallicooqualunquealtromateriale. GLOSSARIO Ampiezzadell’onda Variazionemassimadellagrandezzaoscillante. Diffrazione Fenomenocaratteristicodelleonde,chesiverificaquandoquesteincontranounostacolo(oun’apertura)didimensioniparagonabiliaquelle della loro lunghezza d’onda: in questi casi le onde superano l’ostacolo o l’apertura, occupando anche le zone in ombra. Se la grandezza dell’ostacoloèugualeallalunghezzad’ondadell’ondaincidente,l’ostacolosicomportacomelasorgentediondecircolari. Frequenza Numerodioscillazionialsecondoeseguitedall’onda;lafrequenzaèl’inversodelperiodoesimisurainhertz(Hz). Fronted’onda Superficiedeipuntiequidistantidallasorgente.Asecondadellaformadelfronted’ondaleondesidividonoinondepiane(retta),circolari (circonferenza)esferiche(sfera). Interferenza Fenomenofisicogeneratodallasovrapposizionedidueopiùondediugualefrequenza;sihainterferenzadistruttivaquandol’ondarisultante haintensitàinferiorerispettoalleondeoriginarie;sihainterferenzacostruttivaquandol’ondarisultantevibraconintensitàmaggiore. Lunghezzad’onda Distanzatraduecresteodueventrisuccessiviinun’onda. Onda Oscillazionechesipropaganellospazio,trasportandoenergiamanonmateria;inun’ondac’èunagrandezzacheoscilla,ossiachevaria periodicamentenellospazio. Ondestazionarie Onde prodotte dall’interferenza tra più onde, caratterizzate da alcuni punti che non oscillano mai (nodi) e da altri la cui oscillazione è sempremassima(antinodi). Periodo Tempo impiegato da un’onda a ritornare nella medesima posizione, per esempio a occupare due creste consecutive. Rappresenta l’intervalloditempoincuiavvieneun’oscillazionecompleta. Riflessione Fenomenopercuiun’ondavienerinviataindietronelsuomotoincontrandounostacolo. Rifrazione Fenomenochesiverificaquandoun’ondaincontralasuperficiediseparazionetraduemezzievienedeviata. Velocitàdipropagazione Velocitàconcuisispostal’oscillazionelungoladirezionedipropagazione. TESTDIVERIFICA 1. Perché,aumentandolafrequenzadiun’onda,diminuiscelasualunghezzad’onda? 2. Cosasuccedeaun’ondachepassadaunmezzoaunaltrodidensitàdifferente? 3. Quale deve essere la relazione tra le caratteristiche dell’onda e le dimensioni di un ostacolo perché si verifichi il fenomenodelladiffrazione? 21ILSUONO Lapartedellafisicachestudiailsuonoelecausecheloproduconoèl’acustica.All’originedelsuonovièilmotovibratoriodelle particelle di un materiale che funge da mezzo di propagazione – l’aria, l’acqua o anche un corpo solido – che stimola il senso dell’udito. Il suono si propaga nei mezzi materiali sotto forma di onda e soggiace quindi a tutte le leggi che regolano i fenomeni ondulatori.A seconda delle caratteristiche dell’onda (ampiezza, frequenza ecc.) il suono cambia in altezza e in intensità, mentre a secondadellaformadell’ondailnostroorecchiopercepisceunsuonocomeunamelodiaocomeunosgradevolerumore.Ifenomeni della riflessione, dell’interferenza e della risonanza, caratteristici di tutti i tipi di onde, hanno in acustica applicazioni particolarmentesignificative. 21.1Leondesonore L’ondasonora Unsuonoèprodottodallavibrazionedell’aria Lavelocitàdipropagazionedelsuono Ilsuonoèprodottodallavibrazionediuncorpoinunmezzomateriale,comel’ariaol’acqua.Quando un corpo – per esempio, una lamina metallica o la corda di uno strumento musicale – vibra, mette in vibrazione le particelle d’aria (o genericamente quelle del mezzo nel quale è immerso) che gli sono immediatamente adiacenti e trasmette a distanza la vibrazione attraverso un’onda elastica, detta onda sonora(oacustica).Dunque,perpropagarsileondesonorehannobisognodiunmezzomateriale,lecui molecolevibrinoetrasmettanoilsegnalesonoro(nelvuoto,infatti,ilsuonononsipropaga). Quandounacordasollecitatavibra,producenell’ariacircostanteunaserieritmicadicompressioniedi rarefazionichesipropaganoversol’esterno.Levariazionidellapressionedell’ariaattornoaunvalore medio,associateallaregolarealternanzadicompressionierarefazioni,rappresentanol’ondasonora.La perturbazione si allarga in modo concentrico dalla sorgente e, poiché si tratta di un’onda, non vi è trasporto di materia. Le onde sonore sono onde longitudinali, poiché la direzione di vibrazione delle molecole d’aria (o di ogni altro mezzo nel quale si propaghi l’onda) è parallela alla direzione di propagazionedell’onda. La sorgente di un’onda sonora può essere la vibrazione della corda di una chitarra, dell’ancia di un clarinetto,dellamembranadiuntamburooanchelavibrazionedellenostrecordevocali.Neglistrumenti a fiato, come il flauto, l’aria che viene soffiata nel bocchino dello strumento mette in vibrazione la colonna d’aria contenuta nello strumento stesso. Nel pianoforte le corde dello strumento vengono percosse da un martelletto e indotte a vibrare. Il pianoforte, poi, funziona da cassa armonica e vibra assiemeallecorde:sonolevibrazioniprodottenell’ariadallacassaarmonicachenoipercepiamocome suoni(v.par.Comportamentodelleondesonore).Inunaltoparlantelevibrazionidiunamembranasono indotte da impulsi elettrici e a loro volta inducono la vibrazione dell’aria, producendo un suono (v. riquadro). Lavelocitàdipropagazionedelleondesonoredipendedalmezzomaterialenelqualesipropagano (che può essere ogni mezzo elastico, sia esso un gas, un liquido o un solido). Nell’aria la velocità di propagazione delle onde sonore è di circa 330 m/s, mentre nei liquidi e nei solidi essa è molto maggiore: nell’acqua, per esempio, la velocità di propagazione del suono è di 1400 m/s, mentre nell’acciaioèdicirca6000m/s.Lavelocitàdipropagazionedelsuononell’ariaèmoltoinferiorealla velocitàdipropagazionedellaluce,cheèdicirca300.000km/snelvuoto,equestoèilmotivopercui duranteuntemporale,peresempio,ituoniassociatiailampivengonouditiconuncertoritardoditempo, che dipende dalla distanza alla quale si è verificato il fenomeno. Misurando dopo quanti secondi o frazionidisecondoudiamountuonodopoavervistounlampo,inbaseallavelocitàdelsuonopossiamo calcolareapprossimativamenteaqualedistanzasièprodottoilfulmine. L’ACUSTICA L’acustica è la scienza che studia il suono, inteso sia come agente fisico, cioè come onda elastica prodotta da una sorgente (un corpo vibranteodoscillante)ingradodistimolarel’orecchioumano(chefungedarivelatore),siacomesensazionesoggettiva(psichica)incuiil cervellotraducelostimolosonoro(questoaspettoètrattatospecificamentedallapsicoacustica).Delsuonocomeagentefisicosioccupa l’acustica fisica, mentre l’elettroacustica ha per oggetto le basi teoriche e lo sviluppo di dispositivi elettronici per trasformare onde sonoreeoscillazionimeccanicheinsegnalielettriciemagnetici.Isuonimusicalisonostudiatidall’acusticamusicale, mentre l’acustica fisiologica si interessa dei meccanismi dell’udito e della fonazione. Altre suddivisioni dell’acustica, riunite nell’ambito dell’acustica applicata, comprendono l’aeroacustica, l’acustica atmosferica, l’acustica ambientale, l’acustica architettonica ed edilizia, l’acusticasubacquea. L’ALTOPARLANTE L’altoparlante è un dispositivo che trasforma un segnale elettrico in segnale acustico. È costituito da un circuito elettrico, al quale è applicatoilsegnaledaconvertire,edaunorganoche,vibrandosottol’azioneditalesegnale,generaondesonore.Perprodurrevibrazioni proporzionalialsegnaleelettricoapplicatosiutilizzanoprincipifisicidiversi,dacuiivaritipidialtoparlante.L’altoparlanteabobinamobile, cheèilpiùdiffusoperlasuafedeltàdirispostaentrounampiocampodifrequenze,ècostituitodaunabobina,solidaleconunamembrana diformatroncoconicafissataelasticamenteaunsupporto,edaunmagnetepermanente.Labobina,ilcuiassecoincideconquellodella membrana,èdispostatraleespansionipolaridelmagnetepermanentee,quandoèpercorsadallacorrentedaconvertire,èsoggettaauna forzadirettasecondol’assedellabobinastessa.Poichéilversoel’intensitàdellaforzadipendonodalversoedall’intensitàdellacorrente,la membranaèsollecitataavibrareconlastessaleggedellacorrente,ecioèdelsegnale. 21.2Comepercepiamoilsuono Strutturadell’orecchio Comefunzional’orecchio L’organoattraversoilqualepercepiamoilsuonoèl’orecchio.L’orecchioumanoèdivisointreparti: orecchio esterno, orecchio medio, orecchio interno. L’orecchio esterno è composto dal padiglione auricolareedalcondottouditivocheconvoglianoilsuonofinoallamembranatimpanica.Quihainizio l’orecchio medio, a struttura ossea, dove si trova la catena degli ossicini (martello, incudine e staffa), cheservonoadamplificareetrasmetterelostimolosonoroall’orecchiointerno.Quest’ultimoèformato daunaseriedicanalicolideiqualifapartelacoclea,chenelloroinsiemeprendonoilnomedilabirinto osseo.Lacocleahalaformadiungusciodichiocciolaetrasmettelostimolosonoroalnervoacustico. Quandoleondesonorepercorronoilcanaleuditivoesterno,comprimendolemolecoled’ariapresenti, esercitano una pressione sulla membrana timpanica che si incurva verso l’interno. Questo movimento mette in moto la catena degli ossicini dell’orecchio medio e l’energia viene trasferita dalla membrana timpanica alla finestra ovale. L’onda di pressione del segnale sonoro si trasmette poi alla coclea, provocandoladeflessionediun’altramembrana,lamembranabasilare,chemetteinvibrazionelecellule diunorganodell’orecchiointerno,l’organodelCorti,edeterminalatrasformazionedelsegnalesonoro inunsegnaleelettrico.Ilsegnalegiungecosìalnervoacustico,chelotrasportaalcervellodoveverrà analizzatoericonosciutocomesuono. Figura21.1 Struttura dell’orecchio umano e principali componenti. Il suono, convogliato dal condotto uditivo, passa all’orecchio medio e successivamente alla coclea nell’orecchio interno, che lo trasmette al cervello. L’orecchio è in collegamento con la cavità nasaleattraversoletrombediEustachio. 21.3Caratteridistintividelsuono Ildiapason L’intensitàdelsuonodipendedall’ampiezzadell’ondasonora Illivellosonorosimisuraindecibel L’altezzadelsuonodipendedallafrequenzadell’ondasonora Infrasuonieultrasuoni L’analisiarmonica Ogni suono è rappresentabile attraverso un’onda, più o meno complessa, a seconda che si tratti di un suono puro, come per esempio quello trasmesso da un diapason, oppure di un rumore, prodotto dalla sovrapposizionedimolteonde.Peranalizzarelecaratteristichediun’ondasonoraèutileriferirsial suonodiundiapason,unostrumentocostituitodaunabarrettadiacciaiopiegataaU,icuidueramisono dettirebbi:percuotendoconunmartellettodigommaunodeiduerebbi,ildiapasonentrainvibrazioneed emette un suono puro (cioè di una determinata frequenza). Le onde emesse da un diapason sono sinusoidali,dovel’ampiezzadell’ondarappresentailmassimodell’oscillazionedeirebbi. • La prima delle caratteristiche del suono è l’intensità e dipende dall’ampiezza dell’oscillazione: a suonipiùintensicorrispondonoampiezzemaggiorieasuonimenointensi,cioèpiùdeboli,corrispondono ampiezzeminori.Secolpiamoconpiùforzairebbideldiapasonotteniamounsuonopiùforteel’onda corrispondente avrà ampiezza di oscillazione maggiore. Più precisamente, l’intensità è definita come l’energiaemessanell’unitàditempodallasorgentesonorasuunasuperficiediunmetroquadratoed è proporzionale al quadrato dell’ampiezza della vibrazione della sorgente. Nel Sistema Internazionale l’intensitàdelsuonosimisurainwatt/m2. Poiché l’orecchio umano è sottoposto a una vasta gamma di suoni di intensità molto diverse, si usa misurare il livello sonoro, che fornisce una misura della sensazione sonora che il nostro orecchio percepisce.Illivellosonorosimisuraindecibel(dB):alvaloredelsuonopiùdeboleudibiledalnostro orecchio viene assegnato il valore di 0 dB e corrisponde a circa 10–12 W/m2. All’aumentare dell’intensità del suono aumenta il livello sonoro; per valori di livello sonoro superiori a 120 dB, la sensazione percepita dall’orecchio diventa dolorosa e quel valore viene detto soglia del dolore. Se il nostroorecchioperòvienesottopostocostantementeasuonidilivelloanchelievementeinferiore,attorno a90dB,l’uditotendeadalterarsi:perchièespostocostantementeadambientiparticolarmenterumorosi l’alterazione può risultare definitiva (per questo motivo chi lavora vicino a macchine particolarmente rumorosedeveportaredellecuffieprotettive). • La seconda caratteristica dell’onda sonora è l’altezza e dipende dalla frequenza dell’oscillazione, chedistingueisuonigravidaquelliacuti.Isuonipiùgravicorrispondonoaondedifrequenzaminore (quindi di lunghezza d’onda maggiore), mentre i suoni più acuti corrispondono a onde di frequenza maggiore(quindiminorilunghezzed’onda). Figura21.2Spettrosonoro:l’areaingrigioindicailimitientroiqualiisuonisonoudibili. I suoni percepibili dall’orecchio umano hanno frequenze comprese tra circa 16 Hz e 20.000 Hz: al di sottodi16Hzisuonisonoclassificaticomeinfrasuoni,aldisopradi20.000Hzcomeultrasuoni. Gli ultrasuoninonsonoudibilidapartedell’uomo,malosonodapartedialcunianimali,comeicani,ecome ènotosonoutilizzatinelmondoanimale,peresempiodaipipistrellicheliproduconoperlocalizzaregli ostacoli.Esistonodispositiviartificialiperprodurreultrasuoni,chetrovanoapplicazioneneicampipiù diversi.Lariflessionedegliultrasuonièsfruttataneisonar,dispositividilocalizzazionesubacquea,ein medicinaperlavisualizzazionedegliorganiinterni(ecografia). Laterzacaratteristicadelsuonoèiltimbroedipendedallaformadellavibrazione.Duesuoniemessi da due strumenti diversi che possiedano stessa intensità e stessa altezza differiscono sempre per il timbro, che è determinato dalla forma dell’onda prodotta dallo strumento. Il diapason emette un suono puro,dettoarmonica,ilcuiandamentoèdescrittodaunasinusoide.Unostrumentomusicale,peresempio una chitarra, emette un suono complesso, la cui onda è determinata dalla sovrapposizione di più onde, ovvero di più armoniche. L’onda corrispondente a un rumore, invece, essendo composta da un elevato numerodiondesonorechesisovrappongonodisordinatamente,assumeunaspettomoltoirregolare. Ogni suono può essere ricondotto alle sinusoidi che lo compongono mediante l’analisi armonica di Fourier, che stabilisce che un segnale periodico non sinusoidale è sempre composto di un numero variabile di sinusoidi, e quindi in qualche misura riproducibile attraverso la sovrapposizione di più armoniche. La sinusoide che ha la stessa frequenza del segnale da scomporre si chiama armonica fondamentale, mentre le altre sono dette armoniche successive. Il timbro dipende dalle armoniche: i computerchericonosconoleparoleleanalizzanomediantel’analisiarmonicadeisuonicheemettono. Figura21.3Tretipidisuoni:in(A)l’ondacorrispondenteaunsuonopuro,comequellodiundiapason;in(B)l’ondaprodottada uno strumento musicale, ancora regolare perché composta da più suoni armonici secondo rapporti regolari; in (C) l’onda corrispondenteaunrumore. 21.4Comportamentodelleondesonore Leondesonoreseguonoleleggidellameccanicaondulatoriaesonosoggetteatuttiifenomenitipicidella propagazioneperonde,comelariflessione,l’interferenza,larisonanza,giàdescrittenelparagrafo20.3e chequiriprenderemointerminipiùspecifici.Tratteremoinfinedelfenomenochesiverificaquandola sorgente che emette le onde è in movimento rispetto all’osservatore, nato come effetto Doppler (tale fenomeno,comuneatuttiitipidionde,siprestaparticolarmenteaesseredescrittonell’ambitodelleonde acustiche). •Riflessione Eco,rimbombo,ecomultipla Quando un’onda sonora incontra un ostacolo può accadere che lo superi, ovvero che venga trasmessa, oppure che venga assorbita o riflessa. La riflessione avviene quando un’onda sonora incontra un ostacolodigrandidimensionierimbalzaall’indietro.Perlaleggedellariflessione(chevalepertuttii tipidionde),l’angolodiincidenzaèugualeall’angolodiriflessione.L’orecchioumanopercepiscecome distinti due suoni intervallati da almeno un decimo di secondo. In tale tempo le onde sonore, che in condizioninormaliviaggianoacirca330m/s,percorronocirca33metri. Seladistanzatralasorgentedelsuonoel’ostacoloèalmenolametàditalevalore(circa16,5m),l’onda incidenteequellariflessanonsisovrappongonoel’ultimapartedelsegnaleemesso(peresempio,una sillabanelcasodiunaparola)dallasorgentesipercepiscedistintamentecomeripetuta.Talefenomenoè conosciutoconilnomedieco;seladistanzatrasorgenteeostacoloèmaggiore,aumental’intervallodal segnale percepibile; se invece la distanza è minore, i due suoni si sovrappongono parzialmente originando il fenomeno del rimbombo. Se poi le superfici riflettenti sono più di una, si origina un’eco multipla,ovveroilsuonovieneripetutopiùvolte. •Interferenzaacustica Ibattimenti L’interferenzaacusticasiverificaognivoltachedueondecheviaggianonelmedesimomezzo,con medesima frequenza e relazione di fase costante, si sovrappongono rinforzandosi o annullandosi. Cosìdueondesonoredellastessafrequenzachesianoinopposizionedifasesielidonoavicenda,quindi puòcapitarecheduesuoni–emessi,peresempio,daduediapason–sommandosidianocomerisultatoil silenzio per un ascoltatore posto nelle vicinanze. Se invece le due sorgenti dei suoni fossero poste in modochelecrestedell’ondasonorageneratadallaprimasorgentecorrispondesseroallecrestedell’onda sonorageneratadallasecondasorgente,ilsuonorisultantesarebbepiùforte,cioèdiampiezzamaggiore. Se due sorgenti vibrano con uguale ampiezza, ma con frequenze leggermente diverse, la sovrapposizionedelleondeprodottedàluogoalfenomenodeibattimenti(v.fig.21.4):leonde,cioè, risultano in accordo o concordanza di fase in certi punti, per poi mettersi fuori fase dopo un certo intervalloedesseretotalmenteinopposizionedifaseinaltripunti.Neipuntiincuisonoinconcordanza di fase, le due onde sommeranno le loro ampiezze, mentre nei punti di opposizione di fase le loro ampiezze si sottrarranno o si annulleranno, secondo le leggi dell’interferenza. L’onda che risulta sarà quindi caratterizzata da regioni di ampiezza maggiore di quella delle onde originarie e da regioni di ampiezza minore, disposte a intervalli regolari (l’ampiezza, cioè, oscilla tra un valore massimo e un valoreminimo).Ibattimenticostituisconoleregionidimaggioreampiezza,cioègliintervallidisuoni piùforti.Ilfenomenodeibattimentivienesfruttatoperaccordareglistrumenti,oingenereperverificare che due sorgenti sonore vibrino con la stessa frequenza. Allo stesso modo può essere utilizzato per imporreaunasorgentesonoradivibrareallastessafrequenzadiun’altra,tenendofissalafrequenzadella sorgentediriferimentoevariandolasecondafinoachescompareilfenomenodeibattimenti. Figura 21.4 Il fenomeno dei battimenti: le due onde che si sommano hanno uguale ampiezza e frequenza leggermente diversa. L’ondarisultantepresentadellezonediampiezzamaggioreintervallatedazonediampiezzanulla. •Risonanzaacustica Larisonanzanellamusica Lasperimentazionedellarisonanzainunacolonnad’aria Ilfenomenodellarisonanzainacusticaèdeltuttoanalogoalfenomenodellarisonanzanelcasogenerale, percuil’ampiezzadiunavibrazioneaumentasevisiapplicaunaforzadellamedesimafrequenza. Moltistrumentimusicalisfruttanoilfenomenodellarisonanzaperrinforzareisuoni:ilflautoel’organo funzionanocomerisuonatori,maanchelecassearmonichedeglistrumentiacorda,comelachitarra,sono casse di risonanza. Negli strumenti a fiato le vibrazioni della colonna d’aria presente nel tubo dello strumento entrano in risonanza con le vibrazioni prodotte dall’aria che entra dal bocchino, mentre nel caso della chitarra la cassa armonica entra in risonanza con le vibrazioni della corda della chitarra e amplificadeterminatefrequenze.Lostessoaccadeperlacassadelpianoforte. Lasituazionechesicreainunflautooinunorganoèdeltuttoanalogaaquellavistarelativamenteauna cordalegataaunaestremità,dovesiformanoleondestazionarie.Persperimentarelaformazionedionde stazionarieinunacolonnad’ariasipuòusareuntubovuotoimmersoparzialmenteinacqua,inmodoche la sua estremità immersa in acqua possa essere alzata o abbassata, variando la lunghezza del tubo. Un diapason posto all’estremità aperta del tubo mette in vibrazione la colonna d’aria all’interno del tubo. L’ondasonorachesiproduceneltubosicomportacomel’ondaprodottasullacorda:l’ondasonoraviene riflessa all’estremità chiusa del tubo (ovvero dalla superficie dell’acqua) e produce, per determinate lunghezze del tubo, un’onda stazionaria, con nodi e antinodi. Variando la lunghezza del tubo, cioè alzandolo e abbassandolo sulla superficie dell’acqua, si sente il fenomeno della risonanza, ovvero si sentono suoni alternativamente forti e deboli. Un tubo chiuso di questo tipo entra in risonanza per lunghezzepariaλ/4,3λ/4,5λ/4ecc.doveλèlalunghezzad’ondadeldiapason. •EffettoDoppler Un’ondachesiavvicinahafrequenzapiùalta L’effettoDopplerconsistenelcambiamentodellafrequenzadiun’ondarilevatoquandolasorgente dell’onda e l’osservatore sono in moto l’uno rispetto all’altro. Il fenomeno prende il nome dal suo scopritore,ilfisicoaustriacoJ.C.Doppler(1803-1853),chestabilìchelafrequenzadiun’ondasonora emessadaunasorgentechesiavvicinaaunosservatoreaumenta(l’osservatorepercepisceunsuonopiù acutoperchériceveunnumeromaggiorediondenell’unitàditempo),mentrediminuiscenelcasoincui l’ondasiaemessadaunasorgentechesiallontanadall’osservatore(questipercepisceunsuonopiùgrave perchériceveunnumerominorediondenell’unitàditempo).L’effettoDopplerriguardatuttiifenomeni di propagazione delle onde, quindi anche le onde luminose, le onde radio ecc., ma è particolarmente facile osservarlo nel caso del suono: per esempio, la sirena di un’autoambulanza manda un suono più acutomanmanochesiavvicinaementresiallontanailsuosuonosembradiventarepiùgrave. GLOSSARIO Acustica Scienzachestudiaifenomenirelativiallaproduzioneeallapropagazionedelleondesonore. Altezzadelsuono Grandezzachecaratterizzailsuonodaacutoagraveechedipendedallafrequenzadell’onda:suoniacutihannofrequenzealte,suonigravi frequenzebasse. Battimenti Fenomenodeterminatodallasovrapposizionedidueondediugualeampiezzaefrequenzaleggermentediversa,chesimanifestasoprattutto nelleondesonore. Eco Fenomenoacusticocheconsistenellaripetizionediunsuono,dovutoallariflessionediun’ondasonoradapartediunostacolo. EffettoDoppler Fenomeno per cui la frequenza delle onde emesse da una sorgente varia in modo percepibile da un osservatore, quando sorgente e osservatoresonoinmotol’unorispettoall’altro. Infrasuoni Complessodelleondeacustichedifrequenzainferioreallimitediudibilitàdell’orecchioumano(circa16Hz). Intensitàdelsuono L’energia emessa nell’unità di tempo per unità di superficie dalla sorgente sonora; l’intensità è proporzionale al quadrato dell’ampiezza dell’ondasonora. Livellosonoro Fornisceunamisuradellasensazionesonoracheilnostroorecchiopercepisce.Illivellosonorosimisuraildecibel(dB):alvaloredelsuono piùdeboleudibiledalnostroorecchiovieneassegnatoilvaloredi0dBecorrispondeacirca10–12W/m2. Ondasonora Ondalongitudinaleprodottadallevibrazionidiunmezzomateriale,comel’ariaol’acqua,cheproduconoseriealternatedicompressionie rarefazionidelmezzostesso.Lavelocitàdipropagazionedell’ondadipendedalmezzomateriale:nell’ariailsuonoviaggiaacirca330m/s. Risonanzaacustica Fenomenopercuil’ampiezzadiun’ondasonorarisultaamplificatasesollecitatadaunaforzadifrequenzaopportuna. Timbro Una delle caratteristiche del suono, rappresentata dalla forma dell’onda emessa dalla sorgente. Due suoni di uguale intensità e uguale altezzapossonodifferireperiltimbro. Ultrasuono Complessodelleondeacustichedifrequenzasuperioreallimitediudibilitàdell’orecchioumano(circa20.000Hz). TESTDIVERIFICA 1. Perché,setogliamogradatamentel’ariadaunacampanachecontieneuncampanello,inassenzadiarianonsiodepiùil suonodelcampanello? 2. Perchégliindigeniamericaniappoggiavanol’orecchioallerotaieperudireiltrenoavvicinarsi? 3. Inchemodosipuòvalutareachedistanzasièprodottounfulmine? 4. Qualèilfenomenopercuiilsuonodiun’ambulanzavariaasecondachesistiaavvicinandooallontanando? 22ILSUONO Leondeelettromagnetichesonogeneratedacampielettriciemagneticivariabili,secondoquantoprevistodallateoriadiMaxwell,e viaggiano nello spazio anche vuoto alla velocità di circa 300.000 km/s. Sono onde elettromagnetiche la luce; le onde radio, sulle qualiviaggianolamaggiorpartedelleinformazionichelemodernetecnologieportanonellenostrecase;lemicroonde,chevengono utilizzate per usi domestici ma anche per molte applicazioni tecnologiche; i raggi X, usati in medicina diagnostica; le radiazioni ultraviolette,provenientidalSoleoprodottedaspecialilampade.Tuttequesteonde,seppurecosìdiversetraloro,sonogenerateda caricheinmovimento,didiversaorigineedidiversedimensioni. 22.1Proprietàdelleondeelettromagnetiche Ilcampoelettromagnetico Ilcampoelettromagneticosipropaganellospaziosottoformadionde Leondeelettromagnetichesonounacombinazionedicampielettriciecampimagneticivariabili,chesi propaganonellospazioconlecaratteristichedelmotoondulatorio. A seguito della scoperta dell’induzione elettromagnetica da parte di H.C. Oersted e M. Faraday – secondo cui un filo percorso da corrente induce un campo magnetico e un magnete in movimento in un solenoide (dispositivo formato da un conduttore avvolto a spirale attorno a un isolante) induce una correnteelettrica–ilfisicoingleseJ.C.Maxwellformulòlateoriadelcampoelettromagneticoinbase alla quale, anche in assenza di conduttori, un campo elettrico variabile induce un campo magnetico e, viceversa,uncampomagneticovariabileinduceuncampoelettrico.Lavariazionedelflussodiunodei due campi genera linee di forza dell’altro e in entrambi i casi queste linee di forza sono chiuse e perpendicolari a quelle dell’altro campo. Queste scoperte indussero Maxwell a stabilire che il campo elettromagnetico si propaga nello spazio sotto forma di onde, le onde elettromagnetiche, il cui comportamentoèregolatodaunsistemadiequazionicheportanoilsuonome:leequazionidiMaxwell. Le sue ipotesi furono confermate dieci anni dopo la sua morte, nel 1889, dal fisico tedesco H. Hertz (1857-1894),cheideòundispositivoperprodurreerilevareleondeelettromagnetiche(v.riquadroalla paginaseguente).DaHertzderivailterminediondehertziane,concuivengonospessoindicateleonde elettromagnetiche. LAPRODUZIONEDIONDEELETTROMAGNETICHE Lostrumentoutilizzatoperprodurreun’ondaelettromagnetica,odondahertziana(dalnomedelfisicotedescoH.Hertzcheperprimole produsse), è l’antenna trasmittente, costituita da un conduttore metallico alimentato da un circuito oscillante a corrente alternata. Il circuitoègeneralmentecostituitodauncondensatorecollegatoinserieconunsolenoide(obobina):l’energiavieneimmagazzinatasotto forma di campo elettrico nel condensatore. Se si stacca il generatore, il condensatore si scarica e la corrente che fluisce nel solenoide genera un campo magnetico. Quando il condensatore si è scaricato, il campo magnetico si annulla e si sviluppa una forza controelettromotricechericaricailcondensatore,producendounacorrentedisegnocontrarioallaprecedente.Poiilciclosiripete,conla conversionedell’energiaelettricainenergiamagnetica.Uncircuitooscillantediquestotipogeneracampielettriciemagneticiconcatenati, perpendicolaril’unoall’altro,chesiallontananodall’antenna,collegataaicapidelcondensatore,nellospaziocircostante.Iltipopiùsemplice diantennaèdettaadipolosempliceedècostituitadaunconduttorelineare(appartengonoaquestotipoleantenneperautoradioeper telefonicellulari). Le dimensioni dell’antenna determinano la lunghezza d’onda della radiazione elettromagnetica che si desidera produrre: quanto questa è piccola, tanto minori devon o essere le dimensioni dell’antenna. Lunghezze d’onda molto grandi richiedono antenne di grandi dimensioni, chepossonoarrivareancheadalcunimetriperleondelunghe.Lalunghezzadiun’antennalinearedeveessereingenerepariametàdella lunghezzad’ondachedeveprodurre. Perricevereondeelettromagnetichesiutilizzanoantennericeventi,anch’essecostituitedaunoopiùconduttori:quandoquestivengono investitidaunfasciodiondeelettromagnetiche,generanocorrentiche,rivelateeamplificate,riproduconoilsegnale. Altritipidiantenne,oltreaquellecostituitedaunconduttorelineare,sonoperesempioleantenneaparaboloide,munitediunriflettorea forma parabolica, molto diffuse per la produzione e la ricezione delle microonde, o antenne a più elementi, come quelle usate per la ricezionedelleimmaginitelevisive. Poiché il campo elettrico e il campo magnetico oscillano perpendicolarmente alla direzione di propagazionedell’onda(v.fig.22.1),leondeelettromagnetichesonoondetrasversali. Figura22.1Un’ondaelettromagneticacomeformadipropagazionediuncampoelettricoediuncampomagneticoassociatitraloro. Inoltre, a differenza delle onde meccaniche (prodotte, per esempio, da una corda vibrante), le onde elettromagnetiche non hanno bisogno di un mezzo materiale nel quale propagarsi: i campi elettrico e magneticosigeneranoinfattipermutuainduzioneanchenelvuoto. Figura22.2Lospettroelettromagneticoconlefrequenzeelelunghezzed’ondarelativeaciascuntipodiradiazione. •Velocitàdipropagazionedelleondeelettromagnetiche Laluceèun’ondaelettromagnetica Lavelocitàdipropagazionedelleondeelettromagnetiche Sulla base di calcoli teorici, Maxwell concluse anche che la velocità di propagazione delle onde elettromagnetiche nel vuoto fosse di circa 300.000 km/s, pari cioè alla velocità della luce nel vuoto (valoregiànotoaqueitempi);questacircostanzaloindusseapensarechelalucefosseunparticolare tipodiondaelettromagnetica(Caratteristichedellaluce).Oggisappiamochel’intuizionediMaxwellera esattaecheleondeelettromagnetiche,oltreaquelleluminose,comprendonoun’ampiagammaditipidi ondechedifferisconotraloroperlalunghezzad’ondaλo,ciòcheèlostesso,perlafrequenzaν,doveλ eνsonolegatedallarelazione: υ ν= λ ugualeaquellachevalepertutteleondeingenerale,doveυèlavelocitàdipropagazione.Lavelocità dipropagazionedelleondeelettromagnetichedipendedalmezzonelqualesipropagano:nelvuotovale 2,9979.108m/s,mentrenell’ariadiminuiscedell’1%circaenelvetrosiriduceacirca1.108m/s. Comeglialtritipidionde,anchequelleelettromagnetichesonosoggetteaifenomenitipici(v.cap.20), comelariflessione,larifrazione,ladiffrazioneel’interferenza,enoncomportanotrasportodimateria ma di energia: si tratta di energia elettromagnetica o radiante, che viene trasportata in quantità proporzionaleallafrequenzadell’ondaelettromagnetica. Quando un’onda elettromagnetica incontra un mezzo materiale, la sua energia può essere assorbita dal mezzo o può venire trasmessa. L’interazione delle onde elettromagnetiche con la materia dipende sensibilmentedallalorofrequenza. 22.2Lospettrodelleondeelettromagnetiche Raggiγ RaggiX Raggiultravioletti Radiazionevisibile Raggiinfrarossi Onderadio L’insieme delle onde elettromagnetiche di differente frequenza (e quindi lunghezza d’onda) è detto spettroelettromagnetico. Oltre alle onde luminose (v. cap. 23), fa parte delle onde elettromagnetiche un’ampia gamma di altre onde, che differiscono tra loro per la lunghezza d’onda, e quindi per la frequenza, ma che sono sempre generate da campi elettrici e magnetici vibranti e si propagano con la medesimavelocità,aparitàdimezzoattraversato. A causa della differenza della loro frequenza, le diverse onde elettromagnetiche interagiscono diversamente con la materia che attraversano e, poiché il campo di variabilità delle frequenze è molto ampio, i comportamenti, e di conseguenza gli impieghi e le applicazioni tecnologiche, delle onde elettromagnetiche sono molto diversi. Le onde elettromagnetiche vengono anche dette radiazioni elettromagnetiche,perchéviaggiandoirradianoenergia. Procedendo nel senso decrescente delle frequenze, nello spettro elettromagnetico (v. fig. 22.2) si incontrano: • i raggi γ (gamma), che hanno frequenze dell’ordine delle centinaia di miliardi di GHz, che vengono emessidainucleidielementiradioattivi(v.radiazioniγ); •iraggiX,lecuifrequenzearrivanofinoacirca107GHz; •iraggiultravioletti,oradiazioneultravioletta,difrequenzacompresatra107GHze7,5.105GHz; •iraggivisibili,oradiazionevisibile,cioèlaluce,checorrispondeaunaporzionemoltopiccoladello spettroelettromagnetico,difrequenzacompresatra7,5.105GHze4,1.105GHz; •iraggiinfrarossi,oradiazioneinfrarossa,difrequenzacompresatra4,1.105GHze3.102GHz; •leonderadio,lecuifrequenzehannouncampodivariabilitàmoltovasto:lefrequenzepropriedelle onderadiovannodacirca300GHza300Hz(lelorocorrispondentilunghezzed’ondavannodacirca1 mmacirca1000km). Tutteleondeelettromagnetichesonoprodottedacaricheaccelerate,maladimensionedellasorgentedi emissione determina la lunghezza d’onda dell’onda generata. In generale, vale la regola secondo cui il dispositivodiemissionediun’ondaelettromagneticadeveesseretantopiùpiccoloquantominoredeve essere la lunghezza d’onda dell’onda che si vuole generare. Quindi le onde radio, che occupano una regionedellospettroincuilelunghezzed’ondasonolepiùgrandi,necessitanodidispositivielettronicie antennedigrandidimensioniperessereprodotte,mentreleradiazioniinfrarosse,visibilieultraviolette sono prodotte all’interno delle molecole e degli atomi e le radiazioni gamma all’interno dei nuclei atomici. 22.3IraggiγeiraggiX Iraggiγ IraggiX Laradiografia Lacristallografia Dallatodellospettrochepresentalunghezzed’ondaminori(quindifrequenzemaggiori),leprimeonde chesiincontranosonoiraggiγeiraggiX. I raggi γ, che hanno lunghezze d’onda inferiori a 10–12 m (e frequenze superiori a 3.109 GHz), sono emessidallestelleneiprocessiditrasformazionenucleareeinprocessididecadimentoradioattivo(v. cap.25).Sonoradiazionimoltopenetrantietrasportanograndiquantitàdienergia,ediconseguenzasono moltopericolosepergliesseriviventiperchésonoingradodiionizzaregliatomidicuisonocostituitii tessuti. IraggiXvenneroscopertiaccidentalmentenel1895dalloscienziatotedescoW.Roentgen(1845-1923): accelerando un fascio di elettroni all’interno di un tubo a vuoto e applicando una forte differenza di potenziale agli elettrodi, Roentgen vide che, quando gli elettroni colpivano l’anodo metallico, il tubo emettevaunchiarorecheegliattribuìaunaradiazionedinaturasconosciutaechechiamòX. Oggi sappiamo che i raggi X sono onde elettromagnetiche prodotte da elettroni, accelerati mediante differenzedipotenzialesuperioria20.000V,iqualiurtanolamateria.Hannolunghezzed’ondacomprese tra10–8e10–12m(frequenzecompresetracirca1011GHze107GHz)esonomoltopenetranti. I raggi X impressionano le lastre fotografiche e, poiché i tessuti molli del corpo umano li lasciano passarementreleossalitrattengono,vengonolargamenteusatiascopodiagnostico(radiografia,v.fig. 22.3)perottenereimmaginidellastrutturaossea(laprimaradiografiadellastoriaeffettuataconraggiX fu quella che Roentgen eseguì sulla mano di sua moglie). I raggi X, però, hanno un’elevata capacità ionizzanteediconseguenzapossonorecaredanniallecellule. InoltreiraggiXvengonousatilargamenteincristallografia,perchéinviandoneunfasciosuuncristalloè possibile, tramite le interazioni della radiazione con la materia, scoprire la struttura del reticolo del cristallostesso.Questatecnicavieneusataancheperscoprirelastrutturadimolecolemoltocomplessee fupropriograzieaquestometodocheF.CrickeJ.WatsonscoprironolastrutturaadoppiaelicadelDNA nel1953. Figura22.3Esameradiografico:iraggiXattraversanoilcorpoecolpisconolalastrasensibile.Seincontranostrutturecapacidi intercettarli, come per esempio le ossa, o corpi estranei, le parti sottostanti della lastra non vengono impressionate e rimangono bianche,mentrelealtreappaionoscure. 22.4Leradiazioniultraviolette,visibilieinfrarosse Iraggiultravioletti L’ozonoatmosfericoassorbepartedeiraggiultravioletti Laradiazionevisibile Iraggiinfrarossi Leimmaginiall’infrarosso Le radiazioni ultraviolette, o raggi ultravioletti (UV), fanno parte di quella regione dello spettro elettromagnetico che si estende dai raggi X alla radiazione visibile e che comprende lunghezze d’onda chevannodacirca4a400nm,quindifrequenzecompresetracirca107GHze7,5.105GHz.Perrivelare iraggiUVsiusanospecialilastrefotografiche.Leradiazioniultraviolettesonoemessedacorpimolto caldi, come le stelle, o prodotte artificialmente attraverso apposite lampade a incandescenza o tubi a scarica a bassa pressione. Sono radiazioni dal forte potere ionizzante e favoriscono le reazioni fotochimiche.IlSoleemetteradiazioniultravioletteconlunghezzed’ondacompresetra0,25e0,36μm; labandacompresatra0,25e0,31μmcomprendeleradiazionipiùenergetiche,elepiùdannosepergli organismiviventi.GranpartediquesteradiazioniprovenientidalSolevieneperòassorbitadallostrato diozono(unaformaallotropicadell’ossigeno)presentenellanostraatmosferaaunaquotacompresatra 25e40kmcirca.GliUVmenoenergetici,invece,lecuilunghezzed’ondasonocompresetra0,31e0,36 μm,sonoresponsabilidell’abbronzaturadellapelleperchéattivanolamelanina. Le radiazioni visibili, ovvero la luce (v. cap. 23), occupano la piccolissima zona dello spettro elettromagnetico compresa tra la radiazione ultravioletta e la radiazione infrarossa. Le sue lunghezze d’ondavarianotra400e750nm.Ilnostroocchiopercepiscelediverselunghezzed’ondacomedifferenti colori:ilrosso(conλtra750e640nm),l’arancio(λtra640e580nm),ilgiallo(λtra580e570nm),il verde(λtra570e490nm),ilblu(λtra490e450nm,l’indaco(λtra450e420nm)eilvioletto(λtra 420e400nm).Aldifuoridiquestelunghezzed’ondal’occhioumanoè“cieco”. Laregionedelleradiazioniinfrarosse (IR) copre lunghezze d’onda comprese tra 0,75 μm e 1 mm. Le radiazioni IR sono invisibili all’occhio umano, ma possono impressionare pellicole fotografiche opportunamente trattate. Vengono emesse da qualunque corpo caldo, anche dal corpo umano, e la loro emissione aumenta all’aumentare della temperatura. Quando un corpo assorbe radiazioni infrarosse si scalda,quindiaesseèassociatoiltrasportodicalore.Peresempio,lamaggiorpartedell’energiaemessa daunalampadinaèrappresentatadaradiazioniIR.LeradiazioniIRemessedalSolescaldanolaTerrae costituisconolaprincipalefontedienergiadeiprocessibiologici.LeradiazioniIRhannonumerosissime applicazioni. Poiché impressionano apposite pellicole fotografiche, vengono usate per realizzare particolarifotografiechefornisconounamappadellostatotermicodelcorpofotografato.Molteimmagini da satellite, per esempio, sono all’infrarosso e forniscono mappe che vengono usate nei più svariati campi:incampomilitareperlocalizzareaerei,naviodepositidiarmi,incampoagricolopercensirele coltureeincampometeorologicoperdeterminarelatemperaturadellemassed’aria.Inambitomedico diagnostico le applicazioni della radiazione IR riguardano la misurazione a distanza della temperatura dellapelleedellazonasottostante,perrivelareprocessiinfiamatori,infettiviotumorali. L’EFFETTOSERRA LaTerrariceveenergiadalSolesottoformadiradiazioneelettromagnetica.IlSole,lacuisuperficiehaunatemperaturadicirca6000°C, emetteradiazioneprincipalmentenellefrequenzetipichedelvisibileedell’ultravioletto.Lasuperficieterrestre,conlasuatemperaturadi qualche decina di grado centigrado, emette a sua volta la radiazione che riceve dal Sole, ma sotto forma di radiazione infrarossa. Le molecole dei gas di cui è composta l’atmosfera trasmettono o assorbono la radiazione elettromagnetica in modo diverso a seconda della loro lunghezza d’onda: mentre sono praticamente trasparenti alla radiazione visibile, assorbono in parte la radiazione ultravioletta proveniente dal Sole e la radiazione infrarossa proveniente dalla Terra. Per quanto riguarda la radiazione infrarossa, questo accade principalmente a opera del vapor d’acqua (H2O) e soprattutto dell’anidride carbonica (o diossido di carbonio, CO2), che assorbono fortementelaradiazionedilunghezzed’ondacompresetra4000e7000nmetra13.000e19.000nm.Visonoaltrigas,qualiilmetano,il protossidod’azotoealcunicompostidelcloro,cheassorbonoradiazioneinfrarossanell’intervallodilunghezzed’ondacompresetra7000e 13.000nm,mentreunapartediquestaradiazionevienepersanellospazio. L’effetto serra è esattamente quel fenomeno per cui l’energia emessa dalla superficie terrestre verso lo spazio viene parzialmente assorbita da alcuni gas presenti in atmosfera (che perciò vengono detti gas di serra) e da questi irradiata nuovamente verso la Terra. Poiché la Terra emette verso lo spazio una quantità di radiazione superiore a quella che riceve dal Sole, in assenza di effetto serra la temperaturamediadellaTerrasarebbeinferioredicirca15°Cdiquantononsiainrealtà.Ma,poichéunaparteditaleradiazionenonviene perdutamaassorbitadall’atmosferaeconseguentementereirradiataversolasuperficie,ilbilanciotermicoèinpareggio.L’effettoserra, dunque,haperlavitasullaTerrauneffettobeneficoedessenziale.Ilproblemaèchenegliultimi150annicircal’uomohaprovocatouna progressiva crescita delle concentrazioni dei gas di serra, principalmente dell’anidride carbonica, a seguito dell’uso massiccio dei combustibili fossili, crescita che secondo molti scienziati porterebbe all’intensificazione del fenomeno dell’effetto serra e di conseguenza all’aumentodellatemperaturamediadellasuperficieterrestre.Questopotrebbeportare,tralealtrecose,all’assottigliamentodeighiacciai perennieall’innalzamentodellivellodeimari. Il nome effetto serra deriva dal fatto che, analogamente a quanto avviene in una serra, mentre la radiazione visibile passa, la radiazione infrarossarimaneintrappolataneglistratibassidell’atmosferaeneprovocaunriscaldamento. 22.5Lemicroondeeleonderadio Iforniamicroonde Le microonde e le onde radio, che comprendono frequenze inferiori a 300 GHz, sono utilizzate prevalentementecomeveicoliperlacomunicazionedelleinformazioniadistanza,poichésipropagano nell’ariasenzaessereassorbite,sonorelativamentesemplicidagenerareesonosufficientementelunghe da propagarsi anche oltre la curvatura terrestre. Dopo la loro scoperta da parte di Hertz nel 1888, il primo che intuì che potevano essere utilizzate per inviare segnali a distanza fu l’inventore italiano GuglielmoMarconi(1874-1937),cheaprìlastradaallecomunicazioniradiofoniche. Le microonde sono particolari onde radio situate nella regione dello spettro appena successivo a quello delle radiazioni infrarosse e hanno lunghezze d’onda che vanno da 1 mm a 30 cm. Trovano numerosiimpieghinelcampodelletelecomunicazionieinapparecchiaturedirilevamentocomeiradar. Nei radar un apparecchio trasmettitore emette onde delle frequenze tipiche delle microonde, le quali, quando incontrano un ostacolo riflettente, tornano indietro, permettendo a un apparecchio ricevente di ricostruirnelaformaeladistanza. Nei forni a microonde, che vengono usati per la cottura rapida dei cibi, viene sfruttata l’azione del calorechesigeneraall’internodeglialimentiinseguitoall’assorbimentodell’energiaelettromagneticadi frequenzeopportune.L’azionedellemicroondesiesercitasullemolecoled’acquapresentineglialimenti: lemolecoled’acquasicomportanocomedipolielettricietendonoadallinearsilungoilcampoelettrico oscillante generato dalle microonde. Di conseguenza entrano in rapida oscillazione e, urtandosi le une con le altre, producono calore all’interno della sostanza da riscaldare o da cuocere, in un tempo assai inferioreaquellonormalmentenecessario. Figura22.4Modulazionediampiezzaemodulazionedifrequenza.Nellamodulazionediampiezzal’ondavieneottenutamodulando l’ampiezza dell’onda portante con quella del segnale da trasmettere. Nella modulazione di frequenza l’onda modulata è ottenuta modificandolafrequenzadell’ondaportanteinmodoproporzionaleall’ampiezzadell’ondamodulante. •Leonderadio Lamodulazione Modulazionediampiezzaemodulazionedifrequenza Leradiofrequenze Leonderadio(oradioonde)occupanolafasciadellospettrodellelunghezzed’ondamaggiori,comprese tra 10 cm e 1 km, e sono prevalentemente usate per le trasmissioni radiofoniche e televisive. Le onde radio viaggiano da un radiotrasmettitore a un radioricevitore. Le informazioni che si vogliono far viaggiare (conversazioni nella radiotelefonia, parole o musica nella radiodiffusione, immagini e suoni nelle trasmissioni televisive ecc.) vengono prima convertite da un trasduttore in segnali elettrici di ampiezzavariabile.Inseguitotalisegnaliagisconosuun’onda,dettaportante,diampiezzaefrequenza costante,generataneltrasmettitoreattraversounprocessodettodimodulazione.Lamodulazioneconsiste nel variare, istante per istante, una delle grandezze caratteristiche del segnale periodico (ampiezza o frequenza) usato come “vettore” per la trasmissione (la portante), in conformità con le variazioni del segnale che contiene le informazioni da trasmettere, detto modulante. Il segnale portante modificato è detto modulato. Nella modulazione di ampiezza (AM) le informazioni vengono trasmesse nel circuito modulandol’ampiezzadell’ondaportante,mentrenellamodulazionedifrequenza(FM)leinformazioni vengonotramessemodulandolafrequenzadellaportante(v.fig.22.4).Ilsegnale,amplificato,èinviato all’antenna,cheloirradianellospaziosottoformadiondaelettromagnetica.Iradioricevitoricaptanole onde elettromagnetiche mediante un’altra antenna e, dopo un processo di amplificazione e demodulazione,ricavanoinuscital’informazioneemessaintrasmissione. Perlalorograndelunghezzad’onda,leonderadiononvengonofermatenellorocamminodaostacolidi medie dimensioni, come le case o gli alberi (vengono bloccate però dalle montagne, che costituiscono dellezoned’ombra),epossonoesseretrasmesseadistanzaperchévengonoriflessedaglistratiionizzati dell’atmosfera.Iripetitoriintercettanoleondeelereirradianodopoaverlenuovamenteamplificate,allo scopo di far arrivare il segnale con una potenza efficace a grandi distanze. Il notevole aumento del trafficoradiohaportatoall’adozionediripetitori,posizionatisusatellitigeostazionari,cheruotanonello spazioconlastessavelocitàdellaTerraediconseguenza“vedono”semprelastessaareageografica. Le frequenze utilizzate per le radiocomunicazioni (v. tab. 22.1) sono comprese tra 3 kHz e 300 GHz e all’interno di questo spettro sono ulteriormente divise in bande: le onde a bassa frequenza (Low Frequency, LF), vanno da 30 a 300 kHz e sono usate principalmente per applicazioni quali la navigazioneaereaonavale;leondemedie(MediumFrequency,MF),da300kHza3MHzsonousate perlaradiodiffusioneamodulazionediampiezza;leondecorte(HighFrequency,HF)da3MHza30 MHz,sonoutilizzateperletelecomunicazionisatellitari;leondeultracorte(VeryHighFrequency,VHF), difrequenzecompresetra30MHze300MHz,elemicroonde(UltraHighFrequency,UHF)sonousate perlatrasmissioneradiofonica,televisiva,perletrasmissionidamezzimobilieperiradar. Lefrequenzedilavororelativeaivariserviziradiovengonosceltenell’ambitodiintervallidifrequenza (obande)chevengonodefiniteinsedeinternazionale,inmododaevitareilpiùpossibileinterferenzeo sovrapposizioni. Tabella22.1Spettrodelleradiofrequenzepiùutilizzate DENOMINAZIONE BANDA DELLA GAMMA FREQUENZE DI GAMMA D’ONDA DI LUNGHEZZE IMPIEGHI bassafrequenza oLowFrequency(LF): ondelungheochilometriche da30 a300kHz da10km a1km applicazionispeciali mediafrequenza oMediumFrequency(MF): ondemedieoettometriche da300kHz a3MHz da1km a100m radiodiffusione amodulazione diampiezzaeradiofari altafrequenza oHighFrequency(HF): ondecorteodecametriche da3MHz a30MHz da100m a10m comunicazioniagrandi egrandissimedistanze altissimafrequenza da30MHz da10m televisione, oVeryHighFrequency(VHF): ondeultracorteometriche a300MHz frequenzaultraalta oUltraHighFrequency(UHF): microondeoondedecimetriche da300MHz a3GHz a1m da1m a10cm radiodiffusione a modulazione frequenza, pontiradio,radar di GLOSSARIO Microonde Particolaretipodionderadioadaltafrequenza(difrequenzesuperioria300MHz)usatesoprattuttoperlecomunicazionisatellitarienei radar. Ondaelettromagnetica Perturbazioneconnessaacaricheelettricheoscillanti,chegeneranouncampoelettricoeuncampomagneticovariabiliassociatitraloro.Si propaga nello spazio sotto forma di onda e nel vuoto viaggia a circa 300.000 km/s. Il comportamento delle onde elettromagnetiche è descrittodalleequazionidiMaxwell. Onderadio Radiazioni elettromagnetiche di frequenza pari o inferiore al GHz usate principalmente per le telecomunicazioni, per le comunicazioni telefoniche,televisiveeradiofoniche. Radiazioneinfrarossa Insiemedelleradiazionielettromagnetichedifrequenzacompresatra4,14.105GHzecirca102GHzemessedaicorpicaldi. Radiazioneultravioletta Insiemedelleradiazionielettromagnetichedifrequenzecompresetra107GHze7,5.105GHz,presentianchenellaradiazionesolare. Radiazionevisibile Radiazioneelettromagneticaallaqualel’occhioumanoèsensibile,lecuilunghezzed’ondasonocompresetra400e750nm. Raggiγ Radiazionielettromagnetichedifrequenzesuperioria3.109GHz,emessedainucleiatomicidialcunesostanze. RaggiX Radiazionielettromagneticheprodottedaelettroniacceleratimediantedifferenzedipotenzialesuperioria20.000V,cheurtanolamateria. Hannofrequenzecompresetracirca1011GHze107GHzesonomoltopenetranti. Spettroelettromagnetico Insiemedellefrequenzedelleondeelettromagnetiche. TESTDIVERIFICA 1. Seuncanaletelevisivotrasmettesuunafrequenzadi85MHz,qualèlalunghezzadell’ondaemessa? 2. Seuncanaletelevisivotrasmettesuunafrequenzadi60MHzeunaltrosuunafrequenzadi200MHz,qualedeidue canalinecessitadiun’antennapiùlungaperesserericevuto? 3. Aqualeintervallodilunghezzed’ondacorrispondonoleondecheilnostroocchiopuòvedere? 4. Comefunzionanoiforniamicroonde? 5. Perchélaradiogeneralmentenonsisentesottolegallerie? 23LALUCE Laluceèunapiccolaporzionedellospettroelettromagnetico,mapermoltiaspettisipuòconsiderarelapiùimportante.Insiemeal suono, la luce costituisce per l’uomo uno dei principali canali di conoscenza del mondo fisico. Attraverso la luce riflessa dagli oggetti che ci circondano, gli occhi ricevono un’enorme quantità di informazioni. Le proprietà della luce sono quelle tipiche di un’onda e le sue interazioni con la materia producono i fenomeni della riflessione, della rifrazione, della diffrazione e dell’interferenza.Lariflessioneelarifrazionedellalucesuspecialisuperfici(specchielenti)hannoapplicazionimoltointeressanti, allabasedituttiglistrumentiottici.Lapartedellafisicaclassicachestudialaluce,isuoicomportamentielesueinterazioniconla materiaèl’ottica. 23.1Caratteristichedellaluce Iprimimodellidellaluce:lateoriaondulatoriaelateoriacorpuscolare LateoriaelettromagneticadiMaxwell Lalucesipropagainlinearetta L’ottica Otticageometricaeotticaondulatoria La luce è il fenomeno fisico che permette la visione degli oggetti. Lo studio della luce, associato a quello dei meccanismi della visione, è antichissimo, ma solo a partire dalla fine del XVII sec. cominciarono a essere elaborati modelli su basi scientifiche nel tentativo di interpretare la natura dei fenomeni luminosi, ponendo così le fondamenta dell’ottica. Alla fine del XVII sec. coesistevano due teorieinterpretativedellaluce:unateoriaondulatoriaeunateoriacorpuscolare. Secondo la teoria ondulatoria, dovuta al fisico olandese C. Huygens (1629-1695), la luce veniva considerata come un insieme di onde dovute alla vibrazione di un mezzo non precisato, l’etere che riempival’Universo;allesuedifferenzedifrequenzaeranoassociatiidiversicolori. La teoria corpuscolare, formulata da Newton più o meno nello stesso periodo, sosteneva che la luce fosse composta di corpuscoli di massa diversa (da cui deriverebbe la differenza di colore), che si propaganoinlinearetta. InizialmentelateoriacorpuscolarediNewtongodettedimaggiorifavoriperlasuasemplicitàeperla difficoltàdidefinireemisurarel’etere,maquando,all’iniziodelXIXsec.,vennerostudiatiifenomeni dell’interferenza e della diffrazione, tipici dei fenomeni ondulatori, la teoria ondulatoria si impose su quellacorpuscolare.Nellasecondametàdell’800,scoprendocheilcampoelettromagneticosipropaga per onde (dovute alle oscillazioni del campo elettrico e del campo magnetico) la cui velocità di propagazione nel vuoto coincide con la velocità della luce (v. riquadro), Maxwell avanzò l’ipotesi tuttora valida che la luce fosse un tipo di onda elettromagnetica appartenente a un particolare intervallodifrequenza.Poichéicampielettricoemagneticovibranosupianiperpendicolaritraloroe perpendicolarialladirezionedelraggio,leondeluminosesonoondetrasversali,chesipropaganoin linearettanelvuotoallavelocitàdicirca300.000.000m/s. Lalucerappresentaquellaporzionediradiazioneelettromagneticaallaqualeèsensibilel’occhioumano, le cui frequenze sono comprese tra circa 4,1.1014 Hz (estremo violetto) e circa 7,5.1014 Hz (estremo rosso):fraquestiestremisonoriunitelefrequenzecorrispondentiaicoloridellospettroluminoso (v. fig.23.1).ComunementesiindicaconlucebiancalalucechesiricevedalSole,oquellaemessadauna lampadinaaincandescenza:questaluceèinrealtàformatadall’insiemedituttiicoloridellospettro(v. par.successivo). La parte della fisica che studia i fenomeni connessi all’emissione, alla propagazione e alla rivelazionedellaluceèl’ottica.Lecaratteristichedellalucesonoquelletipichedellapropagazioneper ondee,nell’interazioneconlamateria,lalucesubisceifenomenidellariflessione,dellarifrazione,della diffrazione e dell’interferenza. Per lo studio dei fenomeni della riflessione e della rifrazione, che si verificanoquandolaluceincontraunasuperficieuniforme,risultamoltocomodoservirsidiunmodello semplificato, che si basa sull’ipotesi che la luce si propaghi in linea retta e che i raggi rettilinei siano indipendenti tra loro, trascurando il fatto che si tratti di un’onda. Questa semplificazione costituisce il presupposto per lo studio della luce in un indirizzo dell’ottica detto ottica geometrica. Nell’altro indirizzo,dettootticaondulatoria(dicuifaparteanchelatrattazionedellaluceintesacomefenomeno elettromagnetico),siassumechelalucesipropaghisottoformadiondetrasversalieilraggioluminosoè definito come la traiettoria perpendicolare alla direzione dell’onda. L’ottica geometrica rappresenta quindiun’approssimazionedell’otticaondulatoria,utileperspiegareinparticolareifenomeniluminosi neiqualiledimensionideisistemicheinteragisconoconlalucesonomoltomaggioridellasualunghezza d’onda(peresempio,lelentieglispecchi). LAMISURADELLAVELOCITÀDELLALUCE Laprimamisuramodernadellavelocitàdellalucefueseguitadall’astronomodaneseO.Roemernel1675.Inseguitosiutilizzaronometodi nonastronomici:nel1849ilfisicofranceseH.-L.Fizeauottenneunamisuraconunerroredel15%circarispettoalvaloreoggiaccettato. Nelsec.XIXfumisurataconprecisionelavelocitàdellalucenell’acqua,cherisultòinferioreaquellanelvuoto(onell’aria),comeprevisto dalla teoria ondulatoria: questo confermò l’inadeguatezza del modello corpuscolare formulato da Newton, che prevedeva invece una velocitàpiùelevataneimezzidensi(peresempio,l’acquaoilvetro)rispettoalvuoto.LamisuraeseguitadaMichelsoneMorleynel1887 indicòchelavelocitàdellaluceèindipendentedalsistemadiriferimentoincuisieffettualamisura,unrisultatospiegatoinseguitodalla teoriadellarelativitàspecialediEinstein. Figura23.1Icoloridellaradiazionevisibileconlerispettivelunghezzed’onda. •Leunitàdimisuradellaluce Corpiluminosiecorpiilluminati Lacandelaèl’unitàdimisuradell’intensitàluminosa Illuxèl’unitàdimisuradell’intensitàdiilluminazione Iparametrichecaratterizzanolaradiazioneluminosacomprendono,oltreallafrequenza(misuratainHz) eallalunghezzad’onda(misuratainm),l’energia(misuratainJ)elapotenza(misuratainW,dove1W= 1J/1s). Sperimentalmente si osserva che la luce viene emessa dai corpi caldi, portati a temperature sufficientementeelevate,equestipossonoessereconsideratilesorgentiluminose(ocorpiluminosi); il nostroocchiopercepisceancheicorpicheriflettonolaluceemessadallesorgenti(ocorpi illuminati). IlSole,peresempio,èunasorgentediluce,equindiuncorpoluminoso,mentreipianetisonovisibili perchériflettonolaluceemessadalSoleequindisonocorpiilluminati.Perstabilirelaquantitàdiluce emessaointercettatadauncorposidefiniscononelSistemaInternazionaledellegrandezzemisurabilie lerelativeunitàdimisura. Sidefinisceintensitàluminosalaquantitàdienergiaemessadauncorpoluminoso(unasorgentediluce) nell’unità di tempo e in tutte le direzioni. La sua misura è la candela (simbolo cd), corrispondente all’intensitàluminosaemessadaunalampadacampionedepositataall’ArchivioPesieMisurediParigi (paria1/60dell’intensitàluminosaemessadauncentimetroquadrodiuncorpoportatoallatemperatura difusionedelplatinoapressionestandard). Pericorpiilluminatisidefinisceintensitàdiilluminazionel’energiachecolpisceun’unitàdisuperficie nell’unitàditempoesimisurainlux(simbololx),definitocomel’illuminazioneprodottadaunasorgente luminosa di intensità pari a una candela su una superficie perpendicolare alla direzione dei raggi luminosi,postaalladistanzadi1metrodalcorpo.L’intensitàdiilluminazionediminuiscemanmanoche lasuperficieilluminatasiallontanadallasorgentediluce. Figura23.2Incidendosuunasuperficiediseparazionetraduemezzidiversi(A),l’ondavieneinparteriflessaeinparterifratta. Nellariflessione(B)valelaleggepercuil’angolodiincidenzaièugualeall’angolodiriflessioner. 23.2Lariflessioneelarifrazionedellaluce La riflessione e la rifrazione della luce si possono spiegare utilmente supponendo che la luce si propaghi sotto forma di raggi rettilinei (ottica geometrica). Quando un raggio di luce che viaggia in un mezzomaterialetrasparente–come,peresempio,l’aria–incontraunasuperficiediseparazioneconun altromezzotrasparente–peresempio,l’acqua–sidividenormalmenteindueraggi:unovieneriflesso dallasuperficieel’altroentranelsecondomezzovariandolasuadirezionedipropagazione,cioèviene rifratto(v.fig.23.2). Quando la superficie incontrata è perfettamente riflettente, non si ha rifrazione e la luce viene completamente riflessa, seguendo le leggi della riflessione caratteristiche delle onde: l’angolo di incidenza, i, è uguale all’angolo di riflessione, r, e i due angoli giacciono sullo stesso piano, perpendicolareallasuperficieriflettente. Larifrazioneèladeviazionecheunraggioluminososubiscenelpassaredaunmezzotrasparentea unaltro,perladifferenzadellavelocitàdipropagazioneneiduemezzi(v.fig.23.3).Seilprimoèmeno denso del secondo (per esempio l’aria rispetto all’acqua), il raggio di luce devia avvicinandosi alla perpendicolareallasuperficiediseparazione,mentreseilprimomezzoèpiùdensodelsecondo(l’acqua rispetto all’aria) il raggio devia allontanandosi dalla perpendicolare. Per questo motivo un bastoncino immersonell’acquasembraspezzato. Figura 23.3 Deviazione del raggio luminoso nel passaggio da un mezzo a un altro con diversa densità. Nel passare dall’aria all’acqua,ilraggiosiavvicinaallaperpendicolareallasuperficiediseparazionetraiduemezzi(A);nelpassaredall’acquaall’aria, ilraggiosiallontanadallaperpendicolare(B). Sidefinisceindicedirifrazioneassolutodiunasostanzailrapporto, n, fra la velocità della luce nel vuotoelavelocitàdellaluceinquellasostanza. La legge della rifrazione stabilisce che l’angolo di incidenza e l’angolo di rifrazione giacciono sullo stessopianoesonolegatitralorodallarelazione: n1seni=n2senr doven1en2sonogliindicidirifrazioneassolutideiduemezzi. Figura23.4Riflessionesuunospecchiopiano:S’èl’immaginevirtualediSriflessadallospecchioA. •Riflessionesuunospecchiopiano Glispecchisfruttanolariflessionedellaluce Immaginevirtuale:ilpuntodoveconvergonoiprolungamentideiraggi L’immagineriflessadaunospecchioèsimmetrica Quandounasorgenteluminosa(ouncorpoilluminato)vienepostadifronteaunasuperficieriflettente, detta specchio, sembra che in un punto all’interno dello specchio vi sia un’altra sorgente di luce. In realtà,all’internodellospecchiovièsoloun’immaginedell’oggetto,prodottadallariflessionedellaluce emessadalcorpo. Unasuperficieriflettentepianaèdettaspecchiopiano.Siimmaginidiosservareunasorgenteluminosa puntiformeSdifronteaunospecchiopiano(v.fig.23.4):iraggiluminosiemessidallasorgentevengono riflessidallospecchio,seguendoleleggidellariflessione(l’angolodiincidenzaèugualeall’angolodi riflessione).Sesitraccianoiprolungamentideiraggiriflessialdilàdellospecchio,essiconvergonoin unpunto,S’,simmetricorispettoaS,chesembraesserelasorgentedeiraggiluminosichecolpisconoil nostroocchio.S’vienedettaimmaginevirtualediS,perchénonesisteinrealtàinS’unaveraepropria sorgentediraggiluminosi(S’èsoloilpuntodoveconvergonoiprolungamentideiraggicheoriginano dall’oggettoreale). Applicando la legge della riflessione a ogni singolo punto di un oggetto non puntiforme, è possibile costruirnel’immaginevirtuale,aventeleseguenticaratteristiche: •halestessedimensionidell’oggettoreale; •sitrovaallastessadistanzadallospecchiodell’oggettoreale; •èperfettamentesimmetricarispettoall’oggettoreale. L’immagine della mano destra restituita da uno specchio piano sarà quella della mano sinistra e viceversa.Analogamente,unaparolariflessainunospecchiopianoapparesimmetrica,scrittadadestra versosinistraanzichédasinistraversodestra. •Riflessionesuspecchisferici Strutturageometricadeglispecchisferici Lacostruzionediun’immagineinunospecchiosferico Specchioconcavo Aberrazionesferica Specchioconvesso Gli specchi sferici sono superfici riflettenti aventi la forma di calotte sferiche: possono essere concavioconvessi,asecondachelariflessioneavvengasullasuperficieconcava(laparteinternadella calottasferica)osullasuperficieconvessa(laparteesternadellacalottasferica)dellospecchio. Inunospecchiosfericosidistinguono: •ilverticeVdellacalottasferica; •ilcentroCdellasferacuivirtualmenteappartienelacalottasferica; •l’asseCV,dettoasseottico,passanteperilcentrodellacalottasferica; • il fuoco F, che è il punto in cui convergono tutti i raggi riflessi dai raggi incidenti parallelamente all’asseottico;ilfuocositrovaaunadistanzapariametàdelsegmentoCV,ovveroalraggiodicurvatura dellacalotta. Lacostruzionediun’immaginesuunospecchiosfericosibasasulleseguentiregole:iraggiriflessidai raggi incidenti paralleli all’asse ottico passano tutti per il fuoco e i raggi che passano per il fuoco vengonoriflessiparallelamenteall’asseottico. Nelcasodellospecchioconcavol’immaginechesiformapuòesserereale(ricavatadairaggiriflessie non dai loro prolungamenti) o virtuale, rimpicciolita o ingrandita, diritta o capovolta, a seconda della posizionedell’oggettorispettoaipunticaratteristicidellospecchio: •sel’oggettositrovafrailcentroCel’infinito,l’immaginesaràreale,capovoltaerimpicciolita; •sel’oggettositrovafraCeF,l’immaginesaràreale,capovoltaeingrandita; • se l’oggetto si trova a una distanza dallo specchio minore di F, l’immagine sarà virtuale, diritta e ingrandita. Selospecchioconcavoègrande,iraggiriflessidairaggiparalleliall’asseotticopiùlontanidall’asse stesso passano per un punto che non coincide con il fuoco, ma gli è solo vicino: di conseguenza l’immagine di una sorgente puntiforme è un disco, anziché un punto. Questo fenomeno è detto aberrazione sferica. Per avere specchi senza aberrazione sferica, per esempio per i grandi telescopi, dove si ha necessità di far convergere la luce delle stelle nel fuoco dello specchio, si costruiscono specchiparabolici,ellitticioiperbolici,chenonpresentanoquestofenomeno. L’immaginesuunospecchioconvesso,costruitaprolungandooltrelospecchioiraggiriflessi,èsempre virtuale,rimpicciolitaediritta. Nellafigura23.5sonoillustratiivaricasidiriflessionesuspecchisferici. Figura23.5 Riflessione su uno specchio concavo: in 1 l’immagine A’B’ dell’oggetto AB è reale, capovolta e rimpicciolita; in 2 è reale,capovoltaeingrandita;in3l’immagineèvirtuale,dirittaeingrandita.In4riflessionesuunospecchioconvesso:l’immagineè semprevirtuale. •Lariflessionetotale Angololimite Lefibreottiche Quando,nelpassaggiodaunmezzopiùdensoaunomenodenso(peresempiodalvetroall’aria),la luce raggiunge la superficie di separazione con un angolo di incidenza superiore a un valore (caratteristicodiognisostanza)dettoangololimite,siverificailfenomenodellariflessionetotale, nel qualeilraggiovienecompletamenteriflessoenonvièrifrazione.Nelpassaredaunmezzoall’altro, la luce si allontana dalla perpendicolare alla superficie di separazione, quindi l’angolo di rifrazione è superioreall’angolodiincidenza:sel’angolodiincidenzaèsuperiorealvalorelimite,ilraggiononesce dalprimomezzomateriale,mavieneriflessoall’internodellostessomezzo.Perangoliesattamentepari all’angolo limite, l’angolo di rifrazione sarà di 90˚, parallelo alla superficie di separazione. L’angolo limiteperilvetroèdicirca42˚.Questopermettediutilizzaredeiprismiconangolidi45˚-45˚-90˚per ottenerelariflessionetotaledellaluceanzichéutilizzaredeglispecchi,peresempioneiperiscopi.Sulla riflessione totale si basa anche l’impiego delle fibre ottiche, sottili fili di vetro che fungono da guide d’onda per la luce, che vengono usate per la trasmissione a distanza di informazioni codificate sotto formadisegnaliluminosi. •Dispersionedellaluceattraversounprisma Ilprismascomponelalucebiancaneicoloridellospettro L’arcobaleno Spettricontinuiespettriarighe Facendopassareunfasciodilucebianca(peresempiolalucesolare)attraversounprismadivetrodi formatriangolare,all’uscitadelprismalaluce, raccolta su uno schermo, risulta scomposta nei colori fondamentalidellospettroluminoso(v.fig.23.6).Questofenomeno,dettodispersionedellaluce,viene spiegatoattraversolarifrazione.Lavelocitàdellaluceinunmezzomaterialecomeilvetrorisultainfatti leggermentediversaasecondadellasualunghezzad’onda.Poichéadifferentilunghezzed’ondalaluce presentadiversicolori,el’indicedirifrazionedipendedallavelocitàdellalucenelmezzo,all’uscitadel prismailraggiodiluceavràangolidirifrazioneleggermentediversiasecondadelcolore:minoreèla lunghezzad’onda,maggioreèl’angolodirifrazione. Questo fenomeno fu studiato per la prima volta da I. Newton nel 1666. Noto soprattutto per le sue scoperte nel campo della meccanica, ma grande studioso di ottica, Newton dimostrò con questo esperimentochelalucebiancaèinrealtàformatadatuttiicolori,secondounospettrochevadal rossoalvioletto(v.riquadroinbasso).Asostegnodiquestaasserzione,Newtonfecepassareunraggio dilucecolorata,ottenutadallascomposizione,inunsecondoprisma:inquestocasolalucenonsubiva ulteriorescomposizione.Lascomposizionedellaluceèunfenomenoreversibile:seilventagliodiluce colorata viene fatto passare attraverso un secondo prisma, capovolto rispetto al primo, la luce bianca riappare,perchéilsecondoprismainvertelasituazionestabilitasiconilprimo.Lascomposizionedella luce nei colori dello spettro è all’origine del fenomeno dell’arcobaleno: passando attraverso le goccioline d’acqua presenti nell’atmosfera e attraverso quelle di pioggia, che fungono da minuscoli prismi,lalucedelSolesiscomponeneicoloridellospettroeformal’arcocoloratonelcielo. Figura23.6 Diffusione della luce bianca attraverso un prisma di vetro: l’angolo di rifrazione della luce rossa rR è leggermente maggiorediquellodellaluceviolettarVelaluceproiettatasuunoschermovienescompostanellospettrodeicolori. Ingenere,lospettroformatodallalucebiancaprovenientedalSoleèunospettrocontinuo,nelsensoche appare come una striscia continua composta dai vari colori. Anche la luce di una lampadina a incandescenzaproduceunospettrocontinuo.Lesostanzegassosefortementeriscaldateproduconoinvece uno spettro di emissione a righe, tipico della sostanza, caratterizzato da una successione di righe colorate,separatetraloro,sufondoscuro.Attraversol’analisideltipodispettroprodottodaunacerta sostanza, portata per riscaldamento allo stato gassoso, è possibile risalire alla composizione chimica dellasostanza:lospettrodiemissionefungedafirmaperciascunelemento. ICOLORIDEGLIOGGETTI Ilcolorediuncorpoilluminatoèdovutoalfattochequandolalucebiancaincidesuundeterminatooggetto,unasuapartevieneassorbita dalla sua superficie, mentre un’altra parte (quella che vediamo) viene riflessa. Nella luce riflessa percepiamo solo il colore generato da questa componente (o da una sua somma). Se si illumina con la luce solare un uovo, l’albume appare bianco perché riflette tutte le componenti della luce bianca, mentre il tuorlo appare rosso perché riflette solo il rosso. Se si illumina l’uovo con una luce rossa non si distinguepiùiltuorlodall’albume,perchéentrambiriflettonosololalucerossaincidente.Unoggettoappareneroquandoassorbetuttala luceincidenteenonneriflettenemmenounaparte. 23.3Lelentieglistrumentiottici Lelentisfruttanolarifrazionedellaluce Lentisferiche:convergentiedivergenti Glielementicaratteristicidellelenti Lediottrie Le lenti, elementi base di strumenti ottici quali il microscopio e il cannocchiale, o di strumenti atti a potenziarelecapacitàvisivedell’organodellavista,l’occhio,sonocostituitedamaterialitrasparenti (vetrooplastica)edelimitatedasuperficisfericheingradodirifrangerelaluce. Se negli specchi le immagini si costruiscono con le leggi della riflessione, nelle lenti si costruiscono sfruttandoleleggidellarifrazione.Iraggiluminosi,passandoattraversolesuperficichecostituisconole lenti, vengono rifratti e danno luogo a immagini reali o virtuali, ingrandite o rimpicciolite, diritte o capovolteasecondadeltipodilenteedelladistanzatralalenteel’oggetto. Sebbene le lenti possano essere delle forme più disparate, in genere si considerano le lenti sferiche, distinte in lenti convergenti e lenti divergenti. Le lenti convergenti sono più spesse al centro che ai bordi,percuiiraggiluminosichevipassanoattraversoconvergonoinunpunto;lelentidivergentisono piùspesseaibordichealcentroeiraggiluminosichevipassanoattraversodivergonopereffettodella rifrazione. Glielementicaratteristicidiunalentesonoiseguenti(v.fig.23.7): •l’asseottico,chepassaperilcentrodellasferadacuilalenteèricavata; •iverticiVeV’,ipuntiincuil’asseotticoincontralesuperficidellalente; •ilcentrootticoO,ilcentrodellalente,talepercuiiraggichepassanoperquestopuntononvengono deviati; • i fuochi F e F’, i punti (due per ogni lente) verso cui si concentrano i fasci di luce nelle lenti convergentieiloroprolungamentiinquelledivergenti. Figura23.7GlielementidiunalentesonoilcentrootticoO,icentriCeC’dellesferecheformanolelenti,iraggidicurvaturaRe R’,iverticiVeV’incuil’asseotticoincontralesuperficidellalente,ifuochiFeF’eledistanzefocalifef’. Viene detta distanza focale, f, di una lente la distanza tra ciascun fuoco; il suo inverso è detto potere diottricoesiesprimeindiottrie. Seladistanzafocaleèespressainmetri,unalentecondistanzafocaleugualeperesempioa0,8mhaun poterediottricodi1,25diottrie. Sefèladistanzafocalediunalenteepèladistanzadell’oggettodalcentrodellalente,sipuòmisurare ladistanzaqallaqualesiformal’immaginedell’oggettoattraversolarelazione: 1 1 1 + = p q f dettaformuladellelentisottili.Perlelentidivergentiladistanzafocalehavalorenegativo. Nello studio delle lenti in genere si ammette che il loro spessore sia trascurabile rispetto al raggio di curvatura delle loro due superfici: questa condizione viene detta approssimazione delle lenti sottili, necessariaperchéifuochisianopuntiformi. •Laformazionedelleimmagininellelenti Leregoleperlacostruzionedelleimmaginiattraversolelenti Lentidivergenti Per costruire le immagini attraverso una lente si utilizzano leggi analoghe a quelle che si usano per la costruzionedelleimmaginiriflessedaunospecchio.Inparticolare,siconsideranoduetipidiraggi,che partono dal punto oggetto e passano attraverso la lente, venendo rifratti: il raggio parallelo all’asse ottico, che una volta rifratto converge nel fuoco delle lente, e il raggio passante per il centro della lente,chenonsubiscedeviazioni. Seponiamounasorgenteluminosadavantiaunalenteconvergenteeraccogliamol’immagineprodotta al di là della lente su uno schermo, l’immagine sarà reale o virtuale, diritta o capovolta, ingrandita o rimpicciolitaasecondadellaposizionedell’oggettorispettoaipunticaratteristicidellalente. Sel’oggettovienepostoaunadistanzadallalenteconvergentesuperioreaduevolteladistanzafocale f,l’immagineprodottaoltrelalentesaràreale,capovoltaerimpicciolita. Se l’oggetto si trova a una distanza inferiore al doppio della distanza focale, ma oltre il fuoco, l’immaginerisultantesulloschermosaràreale,capovoltaeingrandita. Seinfinel’oggettositrovafralalenteeilfuoco,l’immaginesaràvirtuale,dirittaeingrandita(v.fig. 23.8). Le lenti sferiche divergenti danno sempre immagini virtuali, poiché l’immagine è data sempre dal prolungamentodeiraggirifratti,esemprediritte,qualunquesialadistanzadell’oggettodallalente. Figura23.8Composizionedelleimmaginiinlenticonvergentiedivergenti.Conunalenteconvergente,sel’oggettoABvienepostoa unadistanzadallalentesuperioreaduevolteladistanzafocale(1),l’immagineA’B’prodottaoltrelalentesaràreale,capovoltae rimpicciolita. Se l’oggetto si trova a una distanza inferiore al doppio della distanza focale, ma oltre il fuoco, l’immagine risultante sulloschermo(2)saràreale,capovoltaeingrandita.Seinfinel’oggettositrovatralalenteeilfuoco(3)l’immaginesaràvirtuale, dirittaeingrandita.Lelentisferichedivergentidannoimmaginivirtualiediritte,qualunquesialadistanzadell’oggetto(4). •L’aberrazionecromatica Poichéibordidellelentisicomportanocomeunprisma,nell’attraversareunalenteidiversicoloriche compongonolalucebiancapossonovenirerifrattisecondoangolidirifrazionediversi,dandoluogoa un’immaginecircondatadaunalonecolorato.Questofenomenoèdettoaberrazionecromatica e viene eliminatoutilizzandounacoppiadilentichedisperdonolaluceinmododacompensarsireciprocamente. Ingeneresiusanoaccoppiamentidilenticoncaveeconvesseconindicidirifrazionedifferenti,inmodo che l’effetto prodotto da una delle due lenti venga annullato da quello prodotto dalla seconda. Le lenti cosìaccoppiate,dettelentiacromatiche,sonoutilizzatenellamaggiorpartedeglistrumentiottici. •L’occhioeidifettidellavista Strutturadell’occhio Miopia Ipermetropia L’occhioèl’organodeputatoallafunzionevisiva(v.fig.23.9).Èunorganodiformaquasisferica(bulbo oculare)circondatodatrerivestimenti:lasclera,opacaefibrosa,chesuldavantidell’occhiovienedetta cornea,trasparente;lacoroide,chesuldavantidivental’insiemedicorpociliareeirideechepresenta l’orifiziodellapupilla,einfinelaretina,nervosa,dicuifannoparteirecettoridetticoniebastoncelli,i primi sensibili ai colori e alla visione diurna, i secondi deputati alla visione in scarse condizioni di illuminazione. La retina è collegata mediante il nervo ottico ai corrispondenti centri della corteccia cerebrale. Nella cavità interna dell’occhio si trovano i mezzi di rifrazione, costituiti da umore acqueo, cristallinoecorpovitreo.Ilcristallinoèlalentedell’occhio,aformadilentebiconvessa,situatatrala cameraanterioreeilcorpovitreo,unamassagelatinosacheriempietuttolospaziofrailcristallinoela retina. Figura23.9Sezionedell’occhioumanocontuttelesueparti. Nellavisionenormale,iraggiluminosi,passandoattraversoilcristallinoelacornea,sifocalizzanosulla retina.Ilcristallinopuòveniremodificatodaimuscolidell’occhioperpermetterelavisionedioggettia differenti distanze. Nei principali difetti della vista (v. fig. 23.10), correggibili con l’uso di lenti, la focalizzazionedelleimmaginiavvienedavantiallaretina(miopia,visionedalontanooffuscata)odietro laretina(ipermetropia,visionedavicinooffuscata).Lamiopia,incuiilbulboocularerisultaallungato rispettoalnormale,sicorreggeconl’usodilentisferichedivergenti,grazieallequaliiraggiluminosi divergonoprimadiarrivareall’occhio,allungandocosìillorotragittofinoallaretina. Se l’immagine invece si forma oltre la retina, nel caso dell’ipermetropia, dovuta a un bulbo oculare accorciato,siusanolentisfericheconvergenti,inmodocheiraggiluminosiconvergano,accorciandoil lorocamminoversolaretina. Figura23.10Idifettidellavista:nelcasodellamiopia(A)l’immaginesiformadavantiallaretinaelacorrezioneavvieneutilizzando lentidivergenti;nell’ipermetropia(B)l’immaginesiformaoltrelaretinaelacorrezioneavvieneconlenticonvergenti. •Glistrumentiottici Ilcannocchialeastronomico Ilcannocchialeterrestre Ilmicroscopio Unostrumentootticosicomponediunasuccessionedilentichepermettonodiingrandireorimpicciolire un oggetto la cui visione a occhio nudo sarebbe impossibile. Sono strumenti ottici per esempio gli occhiali, che permettono una visione più nitida degli oggetti, il cannocchiale, per l’osservazione di oggettilontani,eilmicroscopio,chehalafunzionediingrandireoggettimoltopiccoli. Traicannocchialisidistinguonoilcannocchialeastronomicoeilcannocchialeterrestre. Loscopoprincipaledelcannocchialeastronomicononèquellodiingrandireglioggetti celesti (che solitamentesonotroppolontanierimarrebberopuntifomiancheseingranditi),maquellodiraccogliereil maggiornumeropossibilediraggiluminosiediavereunangolovisualemaggiore. Un cannocchiale astronomicosempliceècostituitodauntuboaicuiestremisonoposteduelenticonvergenti: •laprimalente,dettaobiettivo,formaunaprimaimmaginerimpicciolitadell’oggettodaosservare; •lasecondalente,dettaoculare,servepervederel’immagineformatadall’obiettivo. Se l’oggetto da osservare è molto lontano, i raggi da esso provenienti possono essere considerati paralleli: l’obiettivo forma dunque un’immagine dell’oggetto reale, rimpicciolita e capovolta. Regolando la lunghezza del cannocchiale si fa in modo che tale immagine si formi tra il fuoco dell’oculareel’ocularestesso,cosìchel’ocularetrasmettaunasecondaimmagineingrandita,chearriva all’osservatore. L’inconveniente del cannocchiale astronomico è che l’immagine dell’oggetto da osservarerisultacapovoltae,sequestononhagrandeimportanzanell’osservazionedeglioggetticelesti, èinvececrucialeperl’osservazionedioggettiterrestri. In un cannocchiale terrestre viene posta tra obiettivo e oculare una serie di prismi (o di lenti), che hanno lo scopo di raddrizzare l’immagine. Il cannocchiale, che serve a ingrandire immagini lontane, differiscedaltelescopio, il cui scopo tuttavia è sempre l’osservazione di oggetti molto lontani, perché quest’ultimo al posto dell’obiettivo dispone di uno specchio concavo riflettente, che forma l’immagine dell’oggetto. Ilmicroscopioserveaingrandireoggettimoltopiccolie,nellasuaformapiùsemplice,ècostituitoda unsistemadiduelenticonvergenti,unobiettivoeunoculare:l’oggettodaosservaresitrovaappenadopo ilfuocodell’obiettivoelasuaimmagineèdunqueingranditaecapovolta.L’oculare,postoinmodochela primaimmaginesitroviprimadelsuofuoco,trasformaquestaimmagineinunasecondaimmagine,questa voltavirtuale,dirittarispettoallaprimaeulteriormenteingrandita.Unmicroscopiootticopuòingrandire gli oggetti fino a qualche migliaio di volte e può venire impiegato per l’osservazione di oggetti delle dimensioni di un milionesimo di millimetro (come, per esempio, i batteri) senza perdere in nitidezza. Oltretalilimiti(perl’osservazioneperesempiodegliatomi),occorreusaretecnichediversedaquelle ottiche(microscopioelettronico). 23.4Ladiffrazioneel’interferenza Ladiffrazionedellaluce L’interferenza I fenomeni della diffrazione e dell’interferenza della luce si possono spiegare solo ammettendo che la luceviaggisottoformadionde(otticaondulatoria). Ilfenomenodelladiffrazioneavvienequandoun’ondaincontraunostacolodidimensioniparagonabili alla sua lunghezza d’onda e invade in parte la zona che dovrebbe essere “in ombra”. Nel caso delle ondesonore,peresempio,èpossibileudireunavoceanchesechiparlasitrovaaldilàdiunaporta, perchél’ondasonoraaggirainpartel’ostacolo.Nelcasodellaluceilfenomenodelladiffrazioneavviene solosel’ostacolohadimensionimoltopiccole,qualisonoquelledellasualunghezzad’onda,(10–7 m), nonvisibilidall’occhioumano.Èperciòdifficileosservarneglieffetti,perchélasualunghezzad’ondaè molto piccola rispetto alla dimensione degli oggetti di uso comune (di fatto, nella nostra esperienza quotidiana,quandolaluceincontraunostacoloproducedietrodiessoun’ombradaicontorninetti).Per osservare il fenomeno della diffrazione si illumina con luce monocromatica un oggetto di piccole dimensioniesiproiettalasuaombrasuunoschermo.Osservandoattentamentel’ombra,sivedecheessa nonècompletamentebuia,mapresentadellezonechiareescureincorrispondenzadelbordo.L’ostacolo sicomportacomeunasorgentediondecircolari. Unesperimentoanalogosipuòfareutilizzandounafendituraalpostodell’ostacolo:lamacchiadiluce corrispondente alla fenditura risulta contornata da una serie di zone chiare e scure, invece di essere concentrata su un’unica zona. La diffrazione su una doppia fenditura, o su una serie di fenditure, e la successiva interferenza delle onde diffratte, produce frange alternate di buio e di luce, dette figure di interferenza,prodottedall’interferenzacostruttivaedistruttivadelleondechevengono“generate”dalle fenditure.Lefrangeluminosesonoprodottedall’interferenzacostruttiva(leondesisovrappongonoin fase dando luogo a un’onda di ampiezza maggiore), mentre le zone di buio sono determinate dall’interferenzadistruttiva(leondesisovrappongonoinopposizionedifasedandoluogoaun’ondadi ampiezzanulla). 23.5L’effettoDopplerelospostamentoversoilrosso Unindiziochel’Universoèinespansione Ilfenomenodello“redshift” Nel caso della radiazione luminosa, l’effetto Doppler, che si verifica quando la sorgente della radiazione e l’osservatore sono in moto relativo l’uno rispetto all’altra, provoca variazioni di colore: all’aumento della frequenza associato all’avvicinamento tra sorgente e osservatore corrisponde uno spostamento della radiazione verso l’estremità violetta dello spettro; alla diminuzione della frequenza associataall’allontanamentorelativocorrispondeunospostamentoversoilrosso. Su questo fenomeno si basano le teorie astronomiche secondo cui il nostro Universo non sarebbe stazionario,maincontinuaespansione:lerighespettralidellaluceprovenientedallestelleedallealtre galassie appaiono tutte spostate verso l’estremità rossa dello spettro, rispetto alle corrispondenti righe spettrali della luce proveniente da sorgenti situate sulla Terra. Lo spostamento verso frequenze minori viene chiamato con il termine inglese di redshift (letteralmente spostamento verso il rosso) e sta a indicarechelesorgentidiluceprovenientidaaltregalassiesistannoallontanandodallanostra. Lo spostamento verso il rosso delle galassie lontane è tanto maggiore quanto maggiore risulta la distanza dellagalassiadallaTerrae,inbaseall’entitàditalespostamento,sipuòcalcolarelavelocitàconcuiuna galassia o una stella si allontanano dalla Terra. L’allontanamento delle galassie dalla Terra può dare l’impressionechelaTerrasitrovialcentrodell’Universo,mainrealtà,sesipensaall’Universocomea unasuperficiesfericachesidilata,comeunpalloncinochevienegonfiato,tuttiipuntidellasuperficiesi allontanano gli uni dagli altri. Se l’Universo è in continua espansione, in passato doveva possedere dimensioni inferiori alle attuali e, al suo stato iniziale, aver posseduto una dimensione estremamente compressa,dovetuttalamateriapresenteattualmentepossedevaunadensitàmoltoelevata:questeipotesi stannoallabasedellateoriadelBigBang,secondocuil’Universosisarebbeformatoperesplosionedi questamassaestremamentedensa. GLOSSARIO Aberrazionecromatica Fenomenopercui,nell’attraversareunalente,idiversicolorichecompongonolalucebiancapossonodareluogoaun’immaginecircondata daunalonecoloratoacausadellarifrazione. Aberrazionesferica Fenomeno che si presenta negli specchi sferici concavi quando la superficie riflettente è troppo grande e tale per cui i raggi paralleli all’asseotticochepassanopiùlontanidall’assestessopassanoperunpuntodellospecchiochenonèesattamentecoincidenteconilfuoco, maglièsolovicino:inseguitoaquestofenomeno,l’immaginediunasorgentepuntiformediventaundisco,anzichéunpunto. Cannocchiale Strumentootticoperl’osservazionedioggettilontani.Uncannocchialeastronomicoècostituitodauntubocontenenteduelenticonvergenti, chefornisconoun’immaginedell’oggettoingranditamacapovolta.Uncannocchialeterrestrecontieneunaseriediprismipostitraledue lenti,cheraddrizzanol’immagine. Colore Ciascunodeidiversiintervallidilunghezzad’ondadellaradiazionevisibile. Corpoluminoso Sorgentediluce.Uncorpoilluminato,invece,èvisibilegraziealfattocheriflettelaluceemessadauncorpoluminosoeladiffondeintutte ledirezioni. Immaginevirtuale Apparenzaotticaprodottadaunoggetto,costruitaprolungandoiraggiriflessidaunospecchio,orifrattidaunalente,cheapparecomeuna sorgentediraggiluminosi. Intensitàdiilluminazione È definita come l’energia che colpisce un’unità di una superficie nell’unità di tempo e si misura in lux (simbolo lx), definito come l’illuminazione prodotta da una sorgente luminosa di intensità pari a una candela su una superficie perpendicolare alla direzione dei raggi luminosi,postaalladistanzadiunmetro. Intensitàluminosa Èdefinitacomelaquantitàdienergiaemessadaunasorgentenell’unitàditempoeintutteledirezioni.Lasuaunitàdimisuraèlacandela (simbolo cd), definita come l’intensità luminosa di una lampada campione depositata all’Archivio Pesi e Misure, pari a 1/60 dell’intensità luminosaemessadauncentimetroquadrodiuncorpoportatoallatemperaturadifusionedelplatinoeapressionestandard. Ipermetropia Difettodellavistapercuil’immaginesifocalizzaoltrelaretina,correggibileconlentisfericheconvergenti. Lente Sistema ottico generalmente costituito da superfici ricurve (o sferiche) di materiale trasparente alla luce, che consente di formare un’immaginevirtualeorealediunoggetto.Unalentepuòessereconvergenteodivergenteasecondadellaformadellesuesuperfici. Microscopio Strumentootticochepermettediingrandireoggettipiccoli,costituitodaduelenticonvergenticoassiali. Miopia Difettodellavistapercuil’immaginesiformadavantiallaretina,correggibileconlentisferichedivergenti. Occhio Organodeputatoallafunzionevisiva,diformaquasisferica,icuielementipiùimportantidalpuntodivistadellavisionesonolaretina,dove sifocalizzanoleimmagini,eilcristallino,chefungedalente. Ottica Ramo della fisica che studia l’emissione, la propagazione e la rivelazione della luce; si distinguono due indirizzi fondamentali, l’ottica geometricael’otticaondulatoria,cheincludel’otticaelettromagnetica. Prisma Poliedrodimaterialetrasparente,generalmentedivetro,attraversoilqualesiverificailfenomenodelladiffusionedellalucebiancanello spettrodeicolorifondamentali. Riflessionetotale Fenomeno per cui quando un raggio luminoso passa da un mezzo più denso a un mezzo meno denso, e raggiunge la superficie di separazionetraiduemezziconunangolodiincidenzasuperioreaunvaloredettoangololimite,l’ondavienecompletamenteriflessaenon vièrifrazione. Specchio Superficieperfettamenteriflettente.Unospecchiopuòesserepianoosferico,asecondadellaformadellasuasuperficie.Asuavolta,uno specchiosfericopuòessereconcavooconvessoasecondachelaradiazionelocolpiscasullatoconcavoosullatoconvesso. TESTDIVERIFICA 1. Chedifferenzac’ètrauncorpoluminosoeuncorpoilluminato? 2. Qualispecchiformanoimmaginivirtualidiritte? 3. Inchecosadifferisceun’immaginerealedaun’immaginevirtuale? 4. Qualisonoiprincipalidifettivisividell’occhioecomevengonocorretti? 5. Sel’immaginediunoggettochesitrovaaunadistanzadi70cmdalcentrodiunalenteconcavasiformaa30cm,qual èladistanzafocaledellalente? 6. Perosservareunarcobalenoneltardopomeriggio,inqualedirezioneoccorreguardare? LAFISICAMODERNA 24LAMECCANICAQUANTISTICAEL’ATOMO AgliinizidelXXsecololostudiodellastrutturadell’atomoedeisuoicomponentihasegnatoperlafisicaunpuntodisvoltacheha costretto la scienza a capovolgere gran parte delle certezze sulle quali si basavano le discipline fisiche classiche. Da un lato, la scoperta del quanto di luce, elemento fondamentale per la formulazione della prima meccanica quantistica, riporta in vita la discussionesullanaturadellalucee,dall’altro,laconcezioneondulatoriadellamateriacostringegliscienziatiatrattareradiazione emateriaallostessomodoattraversounmodelloduale,ammettendocheentrambepresentinocomportamentiondulatorioparticellari asecondadell’esperimentocondotto.Conlameccanicaquantistica,einparticolareconilprincipiodiindeterminazione,secondoil qualeèimpossibilemisurarecontemporaneamenteconprecisioneduegrandezzediunaparticella,risultaevidentel’impossibilitàdi scindereilcomportamentodellamateriadall’osservazionedellastessaeleduecosevengonostrettamentecorrelate.L’interpretazione probabilisticadelletraiettoriedelleparticelleatomichespazzainfinelastradadairesiduidideterminismo,introducendoelementidi incertezzanelleequazionidelmotocheriguardanoisistemimicroscopici. 24.1Versolameccanicaquantistica Lateoriadeiquanti L’energiapuòassumeresolovalorimultiplidel“quanto” Lameccanicaquantisticaèlapartedellafisicachestudiaisistemiatomiciesubatomici (molecole, atomi,nuclei,particelleecc.),lecuidimensionisonodell’ordinedi10–10moinferiorieperiqualinon valgonoleleggidellameccanicaclassica,ingradodidescrivereilmotodisistemimacroscopici. Lameccanicaquantisticapreseilviadallecontraddizioniravvisatenelcomportamentodialcunisistemi fisici, comportamento che non poteva essere spiegato secondo le leggi della fisica classica. La formulazionematematicadellameccanicaquantisticavennecompiutadopoil1925peroperadelfisico tedescoW.Heisenberg(1901-1976)edell’austriacoE.Schrödinger(1887-1961),mafuprecedutadauna teoriaprovvisoria(lateoriadeiquanti)formulatanel1900dalfisicotedescoM.Planck(1858-1947). Planck,neltentativodispiegarelaradiazioneemessadauncorpoperfettamenteassorbente,detto“corpo nero”, introdusse il concetto di quantizzazione dell’energia della radiazione elettromagnetica, per cui l’energiapuòassumeresolovalorimultipliinteridiunvalorefondamentale,dettoquanto.Lostesso Plancknonconsideravadefinitival’introduzionedelquantodienergia,maloritenevaunmeroartificiodi calcoloperricavarelacurvachedescrivel’emissionedeicorpicaldi;quandoperòquestorisultòutile perspiegarefenomeninondescrivibilialtrimenti,lateoriadeiquantivenneaccettataecostituìlabase concettualesullaqualesisviluppòl’edificiodellameccanicaquantistica. L’avventodellateoriadeiquantielameccanicaquantisticacheneseguìrappresentanounodiqueicasiin cuiinfisicaunavecchiateoria(cheinquestocasoèrappresentatadall’interoimpiantodellameccanica classica e dell’elettromagnetismo) non viene abbandonata, ma rimpiazzata da una nuova teoria soltanto peralcunicasi(isistemididimensionimicroscopiche).Ilmotodeicorpimacroscopicicontinuaadavere una corretta interpretazione nella meccanica classica, ma per il moto delle particelle di dimensioni atomiche e subatomiche bisogna ricorrere alla meccanica quantistica. Anche la radiazione elettromagnetica, che risulta per molti suoi comportamenti perfettamente spiegabile attraverso le leggi dell’elettromagnetismoclassico,haindeterminaticasiuncomportamentoquantistico. •Proprietàcorpuscolaridellaradiazioneelettromagnetica Icorpicaldiemettonoradiazioneelettromagnetica Ilcorponero LeggediStefan-Boltzmann LacostantediPlanck L’energiadellaradiazionedicorponeroassumesolovaloridiscreti L’effettofotoelettrico Laluceviaggiasottoformadiquanti,ifotoni L’energiainfunzionedellalunghezzad’onda Ifotonipossonoessereconsideraticorpuscolari Naturaondulatoriaeparticellaredellaluce Ildualismoonda-particella Uncorpocaldoemetteradiazioneelettromagnetica,lacuifrequenzavariasecondolatemperatura. Anche i corpi a temperatura ambiente emettono radiazione elettromagnetica, sotto forma di radiazione infrarossa (calore); all’aumentare della temperatura del corpo, aumenta la frequenza della radiazione emessaesipassadall’infrarossoalvisibileeall’ultravioletto.Perstudiarelospettrodiemissionediun corpo caldo si fa uso in fisica di un modello, rappresentato da un corpo emissivo ideale, detto corpo nero,cheassorbetuttalaradiazionechericeveediconseguenzaemetteradiazionedituttelelunghezze d’onda.Persimularesperimentalmenteuncorponero,siricorreingenereauncorpocavochecomunichi conl’esternoattraversounpiccoloforo.Quandolaradiazioneincidesullacavità,lapartediradiazione cheentranelfororimaneintrappolata,subisceinnumerevoliriflessionievienecompletamenteassorbita: ilforoquindisipuòconsiderareconbuonaapprossimazioneuncorponero. Laquantitàtotaledienergiaemessadalcorponeroèdirettamenteproporzionaleallaquartapotenzadella temperatura(leggediStefan-Boltzmann),mentrelacurvacherappresental’intensitàdell’emissionein funzione della frequenza (lo spettro) presenta un massimo di emissione in corrispondenza di una frequenzacaratteristica,chevariaasecondadellatemperatura(v.fig.24.1).Lospettrodiemissionedi un corpo nero è indipendente dal materiale di cui è costituita la cavità e dipende solo dalla sua temperatura, ma la forma della curva non è spiegabile attraverso le leggi della fisica classica che descrivonolaradiazioneelettromagnetica. Figura24.1Lospettrodiradiazionedelcorponero.Lecurvecorrispondonoadiversivaloridellatemperaturaassoluta,infunzione dellalunghezzad’ondadellaradiazioneemessa. Nel 1900 M. Planck trovò la legge che descrive la curva di questo spettro (v. riquadro a p. 278), introducendo però un’ipotesi del tutto nuova, ovvero che gli scambi energetici tra la radiazione elettromagneticaelamateriapossonoavveniresolopermultipliinteridiunaquantitàelementare: E=hν (1) doveνèlafrequenzadellaradiazioneehunacostantediproporzionalità,dettacostantediPlanck,che vale6,626.10–34Js. L’energia,dunque,nonassumevaloricontinui,madiscreti,multiplidiunaquantitàchePlanckchiamò quanto:l’energiadiciascunquanto,inbasealla(1),èdirettamenteproporzionaleallafrequenzadella radiazione(equindiinversamenteproporzionaleallasualunghezzad’onda). Laprimaconfermadell’esistenzadeiquantivennedatapochiannipiùtardidaA.Einstein(1879-1955), chenel1905proposeun’interpretazioneperunaltrofenomenochenontrovavaspiegazionesecondole leggidellafisicaclassica,l’effettofotoelettrico(sucuisibasanolecellulefotoelettricheoggilargamente usate). L’effetto fotoelettrico consiste nell’emissione di elettroni da parte di una sostanza colpita da radiazioneluminosa.Ilfenomenosipuòverificareattraversounapparatostrumentalecostituitodadue laminemetallicheseparatetraloroecollegatedauncircuitoelettrico,posteall’internodiun’ampolladi vetro in cui sia stato fatto il vuoto. Se una delle due lamine viene investita da radiazione luminosa di determinate lunghezze d’onda, nel circuito si produce corrente: ciò significa che la lamina emette elettroni, i quali, colpendo la seconda lamina, chiudono il circuito. L’intensità della corrente (quindi il numerodeglielettroniemessi)dipendedall’intensitàdellaradiazioneluminosa,maesisteunafrequenza minima (detta frequenza di soglia) al di sotto della quale non si verifica alcuna emissione, indipendentementedall’intensitàdellaluceincidente.Perspiegarequestasecondacaratteristica,chenon trova riscontri nella teoria classica della radiazione luminosa, Einstein propose che la luce viaggiasse sottoformadi“pacchettidiscreti”dienergia,iquanti,ofotoni(comevennerochiamatiinseguito),lacui energia è proporzionale alla frequenza secondo la relazione (1) stabilita da Planck. Soltanto quando l’energiadiunsingolofotoneèugualeomaggioreall’energiachetienelegatol’elettroneall’atomo delmetallo,questovieneemesso.Ilnumerodielettroniemessidipendedunquedallaquantitàdeifotoni incidentiinpossessodell’energiasufficiente(l’intensitàdellaradiazione)edallalorofrequenza. L’energiaEdiunquantodiluce,ricordandochelafrequenzaνelalunghezzad’ondaλdellaradiazione elettromagneticasonolegatedallarelazione c ν= λ èdatada: c E=h λ dovehèlacostantediPlanckecèlavelocitàdellaluce. Unaspettoimportanteconnessoalfenomenodell’effettofotoelettricoèchel’interazionetraifotoniegli elettronidegliatomideveavveniresecondoilmodellodegliurtitraparticelle:daquestopuntodivista,i fotonisipossonoconsiderareallastreguadicorpuscoli. Dopo una lunga serie di interpretazioni diverse sulla sua natura (v. a p. 254), la luce (e in generale la radiazione elettromagnetica) torna a essere considerata come un fascio composto di particelle (concezionechericordalateoriacorpuscolaredellaluceformulatadaNewton).Inrealtà,laconcezione ondulatoriadellalucenonvieneaffattoabbandonataaseguitodiquestanuovainterpretazione,masi ammettechelaluceposseggaunadoppianatura,ondulatoriaeparticellare(ocorpuscolare),echene rivelil’unaol’altraasecondadeltipodiesperimentoeffettuato.Lameccanicaquantisticahaindicato inoltre che questa doppia natura non è propria solo delle onde elettromagnetiche, ma anche delle particelleelementari,qualiperesempiol’elettrone,ilprotoneeilneutrone,chemostranoindeterminate condizioniuncomportamentotipicamenteondulatorio.Questoconcettovienericordatoconl’espressione dualismoonda-particella. LALEGGEDELCORPONERO Lospettrodiemissionedelcorponero(v.fig.24.1ap.276)èrappresentatodaunacurvacheesprimeilpotereemissivoinfunzionedella lunghezzad’ondadellaradiazioneemessa:aognivaloreditemperaturadelcorponerocorrispondeunadiversacurvadellospettro.Prima che Planck elaborasse la teoria dei quanti, lo studio dell’emissione di un corpo nero aveva condotto alla formulazione di leggi ricavate empiricamente:laleggediStefan-BoltzmannelaleggediWien. La legge di Stefan-Boltzmann stabilisce che la quantità totale di energia E emessa da un corpo nero a una data temperatura è proporzionaleallaquartapotenzadellatemperaturastessaT(espressaingradikelvin);informula: E=σT4 doveσèunacostantediproporzionalità,dettacostantediStefan-Boltzmann,chevale5,669.10–8W/m2K4. La legge di Wien stabilisce il legame tra la temperatura del corpo nero e la lunghezza d’onda (o, analogamente, la frequenza) corrispondentealmassimodiemissione:osservandolacurvadellospettro,sinotacheall’aumentaredellatemperaturalalunghezzad’onda a cui corrisponde il massimo nel potere emissivo si sposta verso valori più bassi. La legge di Wien dice che la lunghezza d’onda corrispondentealmassimodiemissione,λmx,moltiplicataperlatemperatura,T,èsempreugualeaunacostante,b: λmxT=b doveb=2,8978.10–3mKèdettacostantediWien. AllafinedelXIXsec.tuttiitentativiperspiegareattraversoleleggiclassicheilcomportamentodellospettroeranofalliti,finoaquando,nel 1900,M.Plancksuggerìchegliatomidellacavitàsicomportasserocomedeglioscillatoriarmonici,difrequenzaν,echeciascunodiessi potesse assorbire o emettere energia solo in quantità proporzionali alla loro frequenza secondo una costante, detta costante di Planck, secondoun’espressionedeltipo: E=hν Secondoleleggidell’elettromagnetismoclassico,un’ondairradiaenergiasuunospettrocontinuodifrequenze,mentrel’ipotesidiPlanck implicavachel’energiafossequantizzataediconseguenzachel’energiatotaledelradiatorepotesseassumeresolovalorideltipo: E=nhν dovenèunnumerointeroqualsiasi.AttraversoquestaassunzionePlanckricavòlaleggedelladensitàdienergianellaradiazionedelcorpo neroinfunzionedellasuafrequenza: E(ν)= 8πhν3 c3 1 ehν/kT-1 dove c è la velocità della luce e k è una costante, detta costante di Boltzmann. Questa legge, detta legge di Planck, si accorda perfettamenteatuttiirisultatisperimentaliedaessaèpossibile,attraversoprocedimentimatematicirelativamentesemplici,ricavareleleggi diStefan-BoltzmannediWien.L’energiatotaledellaleggediStefan-Boltzmannèrappresentatadall’arearacchiusadallacurvadescritta dallaleggediPlanck(v.fig.24.1),mentrelaleggediWiensiottienetrovandoilpuntocorrispondentealmassimodellacurvadiPlanck. •Proprietàondulatoriedellamateria Leparticellesicomportanocomeonde Lalunghezzad’ondadiunaparticella Diffrazionediunfasciodielettroni In analogia con il fatto che la luce possiede per certi aspetti le caratteristiche proprie della materia, ovvero che si può considerare composta di particelle elementari (i fotoni), il fisico francese L.V. de Broglie (1892-1987) propose nel 1924 che le particelle materiali, come gli elettroni, i protoni e i neutroni,avesseroalcuneproprietàcaratteristichedelleondeechetalicaratteristichefosseroesprimibili attraverso i concetti di lunghezza d’onda e frequenza. In particolare egli affermò che a ogni particella potesseessereassociataun’ondadilunghezzad’ondaλ,dettalunghezzad’ondadideBroglie,paria: h λ= p dovep=mvèilmodulodellaquantitàdimoto(v.ap.82)delcorpoehlacostantediPlanck. L’ipotesidideBroglieebbeunaconfermasperimentalequalcheannopiùtardi,quandovenneroeseguiti esperimentididiffrazioneattraversounadoppiafenditurautilizzandofascidiparticelle.Facendopassare unfasciodielettroniattraversounadoppiafendituraeraccogliendoilfasciosuunalastrafotografica,si ottieneunafiguradeltuttosimileallafiguradiinterferenzachesiottieneconlaradiazioneluminosa(v. par.23.4),costituitadafrangealternativamenteluminoseebuie,caratteristicadeifenomeniondulatori. Lalunghezzad’ondadiunelettrone,acceleratoattraversounadifferenzadipotenzialedi103Vèλ=10– 11 m, cioè dello stesso ordine di grandezza della lunghezza d’onda dei raggi X e delle distanze interatomiche(v.par.24.5).Perquestomotivoglielettronipossonovenireusati,comeancheiraggiX, per indagare la struttura interna dei cristalli, dove gli atomi sono tenuti insieme rigidamente secondo strutture geometriche regolari: la struttura attraverso la quale gli atomi sono legati tra loro funge da reticolodidiffrazioneperleparticelleincidentiel’interpretazionedellafiguradiinterferenzarivelala disposizionedegliatomi. •Ilprincipiodiindeterminazione Illimitedimisurabilitàdelleparticelle:ilprincipiodiindeterminazione Velocitàeposizionediunaparticellanonpossonoesseremisuratenellostessomomentoconesattezza Poiché la fisica si basa sull’osservazione di entità misurabili, anche le caratteristiche dei corpi microscopici e delle onde devono essere misurabili. I due aspetti della natura delle particelle e della radiazione,quelloondulatorioequellocorpuscolare,possonovenireverificatiattraversogliesperimenti descritti.Esisteperòunalimitazioneallamisurabilitàdialcunecaratteristichedelleparticelle,chefu espressa da Heisenberg attraverso il principio di indeterminazione. Quando si osserva il comportamento di un corpo macroscopico – per esempio, il moto di una palla da biliardo – l’osservazionedelfenomenononinterferisceconilfenomenostessoedèpossibiledefinireconunacerta esattezzalasuaposizioneelasuavelocità(salvoerroridimisura,v.cap.1).Seperòsitrattadistabilire lavelocità(oanalogamentelaquantitàdimoto)elaposizionediunelettrone–peresempio,utilizzando un fascio di luce – l’osservazione interferisce sulla misura, poiché le lunghezze d’onda dei due corpi hannoordinidigrandezzaparagonabilielaquantitàdimotodellaparticelladamisurareverràalterata dall’urto con i fotoni. Il principio di indeterminazione di Heisenberg stabilisce che è impossibile misurarecontemporaneamenteconesattezzalaposizionexelaquantitàdimotopdiunaparticella elementare. Il prodotto delle due indeterminazioni nelle misure (cioè degli errori che si compiono nell’effettuare la misura) non può essere inferiore al valore della costante di Planck divisa per 2π, ovverovalelarelazione: h ΔxΔp> 2π doveΔxrappresental’incertezzanellamisuradellaposizione,Δpl’incertezzanellamisuradellaquantità dimotoehèlacostantediPlanck.Neconseguechetantomaggioreèlaprecisionediunadelledue misuretantominoresaràlaprecisionedellaseconda.Ilprincipiodiindeterminazioneèintrinseco, cioènondipendedaltipodiparticellanédalsistemadiosservazione:èilprocesso di misurazione stesso che perturba il sistema osservato. Questo principio vale anche per i corpi macroscopici, per esempioancheperlapalladabiliardo,madatal’esiguitàdellacostantediPlanckèapprezzabilesolonel casodelmondomicroscopico. 24.2L’atomo Ilconcettodiatomonellastoria Laleggedelleproporzionimultiple Definizionediatomo La meccanica quantistica è un potente ausilio matematico per descrivere la composizione e il comportamentodellamateria,maancheprimadellasuaformulazioneichimicieifisicieranogiuntiad alcunescopertefondamentaliriguardoallastrutturadellamateriastessa.L’ideafondamentalesecondocui ognicosaèfattadiatomirisalealVsec.a.C.Ilprimoasostenerel’esistenzadi“elementiminimi”di materia,aldisottodeiqualiognielementononpuòvenireulteriormenteframmentato,fuilfilosofogreco Democrito (circa 460-370 a.C.), che chiamò tali unità elementari “atomi” (dal greco atomos, indivisibile).IragionamentidiDemocritoeranopuramentefilosoficielateoriaatomicadellamateriafu in seguito abbandonata a favore di altre teorie, fino alla fine del XVIII sec., quando una serie di osservazioni sperimentali condotte dai chimici dell’epoca mise in luce alcune regolarità nel comportamentodeglielementinellereazionichimiche.Inparticolare,ilchimicoingleseJ.Dalton(17661844),acuisidevelaprimaspiegazionescientificamentevalidadellateoriaatomica,enunciòtralealtre la legge delle proporzioni multiple. Questa legge dice che quando due elementi si combinano per formare composti diversi, le masse di uno dei due elementi, combinate con una massa fissa dell’altro, stanno tra loro secondo un rapporto espresso da numeri interi. Dalton ne dedusse che la materia è compostadaparticelleelementari,gliatomi,indivisibilieinalterabili,echegliatomidiundeterminato elementosonoidenticitraloro. Oggisisachel’atomononèindivisibile,maèessostessocostituitodiparticelle:sidefinisceatomola più piccola parte di materia che ne conserva inalterate le proprietà chimico-fisiche. La struttura internadell’atomosaràl’argomentodellarestantepartediquestocapitolo. •Iprimimodelliatomici L’atomodiThomson L’atomonuclearediRutherford Per descrivere la struttura e il comportamento degli atomi, che non potevano essere osservati sperimentalmente, i fisici ricorsero all’uso di modelli che giustificassero quegli esperimenti che si potevanocondurre. Il primo modello atomico fu formulato attorno al 1904 dal fisico inglese J.J. Thomson, il quale in precedenza(1897)avevadimostratochel’elettrone,unaparticellaconcaricanegativa,èuncostituente degli atomi degli elementi. A seguito di questa scoperta egli ipotizzò che, poiché la materia è complessivamenteneutra,dovesseesistereall’internodell’atomounacaricapositivataledacompensare lacaricanegativadell’elettrone.Egliimmaginòl’atomocomeunasferadimateriadicaricaelettrica positiva,all’internodellaqualeeranounifomementedistribuitiglielettroni. Nel 1911 il fisico inglese E. Rutherford (1871-1937), a seguito di esperimenti eseguiti bombardando una sottile piastra d’oro con un fascio di particelle cariche positivamente (dette particelle alfa o radiazionealfa,v.cap.25),scoprìchelecaricheelettricheall’internodegliatominonpotevanoessere distribuiteinmodouniforme,comepropostodaThomson.Selecaricheelettrichenegliatomidelmetallo fossero state distribuite uniformemente, le particelle alfa non avrebbero dovuto subire deviazioni rilevanti dalla loro traiettoria, mentre i risultati dell’esperimento mostravano che le particelle positive subivano forti deviazioni (anche di 90º). Questo, secondo le leggi dell’elettromagnetismo, si poteva spiegare supponendo che la carica elettrica positiva all’interno dell’atomo fosse concentrata in uno spazio ristretto. Rutherford ipotizzò quindi che gli atomi possedessero un nucleo centrale, di dimensionimoltominoridell’atomo,nelqualeèconcentratatuttalacaricapositiva,cherespingeva lacaricapositivaportatadalleparticellealfa. L’atomo di Rutherford è rappresentabile secondo un modello planetario, con un nucleo centrale, caricopositivamente,attornoalqualeruotanoglielettronicarichinegativamente. •Composizionedell’atomo Leparticellechecompongonol’atomo Definizionedielementochimico Gliisotopi Salvo alcuni problemi di instabilità dovuti alla natura elettrica dell’atomo, che vedremo in seguito, il modellopropostodaRutherfordèsostanzialmenteesatto.L’atomoècompostodaunnucleocentrale,nel qualeèconcentratalaquasitotalitàdellasuamassaetuttalacaricapositiva,attornoalqualestannogli elettroni. Ledimensionidelnucleo,ricavatedagliesperimenticondottidaRutherford,sonodell’ordinedi10–15m, mentreledimensionidell’atomonelsuocomplesso(comprendendoinquestocasoancheleorbitesucui sipresumonoruotareglielettroni)sonodi10–10m:l’atomoquindisipuòconsiderareprevalentemente “vuoto”. Glielettroni(simboloe)sonoparticellecarichenegativamente,lacuicaricaelettricaèlapiùpiccola caricaesistenteinnatura(v.cap.15)evale1,6022•10–19Celacuimassa(me)vale9,11•10–31kg. Il nucleo è a sua volta composto da due tipi di particelle, i protoni (p), carichi positivamente, e i neutroni (n), elettricamente neutri (v. tab. Proprietà dei tre costituenti fondamentali dell’atomo). I protonihannocaricaelettricaugualeedisegnocontrarioaquelladell’elettroneelaloromassa(mp)èdi 1,6726•10–27 kg, mentre i neutroni hanno carica elettrica nulla e massa (mn) paragonabile a quella del protone,(1,6749•10–27kg).Lamassadelprotoneequelladelneutronesonocirca2000voltemaggioridi quelladell’elettrone:quindinelnucleoèconcentratalaquasitotalitàdellamassadell’atomo.Poiché lamateriaècomplessivamenteneutra,ilnumerodeiprotonideveeguagliarequellodeglielettroni;questo numero viene chiamato numero atomico, indicato con Z, ed è caratteristico di ogni singolo elemento chimico.Unelementochimicoèunasostanzanondecomponibilepermezzodireazionichimichein sostanzepiùsempliciedècostituitodaatomidellostessotipo,aventicioèlostessonumeroatomico. IlnumerodineutronièindicatoconN,elasommadelnumeroatomicoedelnumerodineutroni,detta numerodimassa,indicataconA: A=N+Z indicailnumerodiparticelledelnucleo. DueopiùatomipossonopresentarediversonumerodimassaAeugualenumeroatomicoZ:questiatomi, chedifferisconoperilnumerodineutroninelnucleo,appartengonoaunmedesimoelementoesonodetti isotopi. Glielementichimicifinoraidentificatisono110(dicuicirca90sononaturali)esonoclassificatiinbase al numero atomico nella tavola periodica (v. par. L’atomo a più elettroni). L’elemento con il numero atomicopiùbasso(Z=1)èl’idrogeno(H),ilcuinucleocontieneunsoloprotone;l’elementonaturale conilnumeroatomicopiùelevatoèl’uranio(U)conZ=92. •Glispettriatomici Lospettrodell’idrogeno Facendo passare un fascio di luce emesso da una sostanza elementare attraverso un prisma, si può analizzarelospettrocorrispondente.Seunasostanzafortementeriscaldatasitrovaallostatogassoso,ei suoiatominonsonoimpacchettatiinunastrutturarigida,lospettrodiemissionedellasostanzaèuno spettro a righe, caratteristico dell’elemento. Gli atomi di ciascun elemento presentano uno spettro a righediversodaquellodeglialtrielementi,cosicchél’analisidellospettropermettediidentificareitipi diatomi.Peranalizzarelospettrodiunasostanzagassosasipuòapplicareunadifferenzadipotenzialea due elettrodi posti in un tubo contenente la sostanza, per esempio idrogeno gassoso. Gli elettroni accelerati dalla differenza di potenziale applicata eccitano gli atomi di idrogeno, i quali emettono radiazione luminosa. La luce così prodotta viene fatta passare attraverso un prisma e raccolta su uno schermoperstudiarelaformadellospettro. Prima che venissero formulate ipotesi sulla struttura dell’atomo dell’idrogeno, il fisico svizzero J.J. Balmer(1825-1898)avevastudiatolospettroarighedell’idrogenoeavevatrovatounaleggeempirica chelegalasuccessionedellesuerighecaratteristiche. LaformuladiBalmerpermettedicalcolarelelunghezzed’onda,λ,dellerighedellospettrodell’atomodi idrogenoinbaseallarelazione: 1 1 1 =R( - 2) λ 4 n doveRèdettacostantediRydbergenassumevaloriinteripositivimaggiorididue,aciascunodeiquali corrispondeunarigadellospettro.Inseguito,altriscienziatiscoprironochel’idrogenoemetteanchealtre seriedirighecaratteristicheefuronotrovatelerelazionitraleloroposizionielalunghezzad’ondadelle righe, tutte fondamentalmente ricavabili dalla formula di Balmer. La giustificazione teorica di questo comportamentofudataqualcheannopiùtardidalfisicodaneseN.Bohr,checonilsuomodellodiatomo riuscìanchearisolverealcunecontraddizionipresentinelmodellodiRutherford. •L’atomodiBohr Laprimaipotesi:quantizzazionedelleorbitedeglielettroni Lasecondaipotesi:l’energiadiunsaltodilivellodell’elettrone L’atomodiBohrspiegalospettrodell’atomodiidrogeno Dimensionidelraggioatomico Livellofondamentaleelivellieccitati Il modello atomico di Rutherford, pur giustificando molte evidenze sperimentali, presentava delle incongruenze di carattere teorico. La maggiore difficoltà stava nel fatto che la forza elettrostatica di attrazionefraelettronieprotoniavrebbedovutofarcollassareilsistema.Inoltreunacaricaaccelerata, secondo le leggi dell’elettromagnetismo classico, dovrebbe perdere energia perché emette onde elettromagnetiche e l’elettrone su un’orbita circolare (o curvilinea in genere) sarebbe soggetto a un’accelerazione centripeta. Dunque sarebbe costretto a percorrere orbite sempre più strette, fino a caderesulnucleo. Per risolvere queste contraddizioni, N. Bohr (1885-1962) propose nel 1913 un nuovo modello di atomo,basatosulmodelloanucleodiRutherford,introducendoperòdueipotesifondamentali. La prima ipotesi stabilisce che gli elettroni possono occupare, senza irraggiare, solo determinate orbite circolari attorno al nucleo, dette orbite stazionarie, il cui raggio può assumere solo valori multipli interi del raggio di Bohr (corrispondente al raggio dell’orbita più interna). A ogni orbita corrisponde un valore dell’energia e si dice che l’elettrone si trova su un determinato livello energetico. La seconda ipotesi sostiene che, quando un elettrone passa da un livello energetico superiore (corrispondenteaun’orbitapiùesterna)aunlivelloenergeticoinferiore(corrispondenteaun’orbitapiù interna), emette la differenza di energia come energia elettromagnetica. La quantità di energia emessa nel salto da un livello all’altro corrisponde all’energia di un fotone, secondo la relazione di Planck: Ei–Ef=hν dove Ei ed Ef sono rispettivamente l’energia dell’elettrone nello stato, o livello, iniziale e l’energia dell’elettronenellostato,olivello,finale. LaquantizzazionedelleorbitediBohrèlegataallaquantizzazionedelmomentoangolaredeglielettroni atomici: Bohr assunse che le orbite stazionarie fossero quelle per cui il momento angolare p dell’elettrone (dato dal prodotto del momento della quantità di moto dell’elettrone mv per il raggio dell’orbitar)soddisfalaseguenterelazione: h p=mυr=n π 2 dovenèunnumerointeropositivo,hlacostantediPlanckemlamassadell’elettrone. Sulla base di calcoli desunti dalla fisica classica, integrati dalle ipotesi quantistiche (v. riquadro alla paginaseguente),Bohrricavòivaloridell’energia(quindidifrequenza)dell’atomoaunsoloelettrone, ovverol’atomodiidrogeno: En=- 1 me2 1 ε02 8h n2 dove ε0 è la costante dielettrica nel vuoto ed e la carica dell’elettrone. A tali valori corrispondono i possibilivaloridelraggiodell’orbitadatida: 2 h2 rn=ε0n =n2a0 2 π me dovea0=5,2917•10–11mèilraggiodiBohr.Nelpassaredallivellon2allivellon1l’energiaemessa dall’elettroneèdatada: me4 1 1 E2-E1= 2 2( 2 2) 8ε0 h n1 n2 e tale valore risulta in perfetto accordo con i valori ottenuti sperimentalmente da Balmer nell’osservazionedellospettrodell’atomodiidrogeno(ricordandochel’energiaelalunghezzad’onda sonoinversamenteproporzionali). Sinoticheivaloridell’energiasononegativi:questosignificachel’elettronesitrovainunostatolegato, chelovincolaalnucleo,echeperliberarlooccorreforniglidell’energiapariallasuaenergiadilegame. Illivellodiminimaenergia,piùvicinoalnucleo,èdettolivello(ostato)fondamentale,mentreilivelli (ostati)eccitatihannoenergiemaggiori. DERIVAZIONEDEILIVELLIENERGETICIDELL’ATOMODIIDROGENO Perricavareivaloridienergia,equindidifrequenza,corrispondentiallerighedellospettrodell’atomodiidrogenotrovatidaBalmer,Bohr utilizzò le leggi della meccanica e dell’elettromagnetismo classici, unitamente all’ipotesi della quantizzazione delle orbite. L’energia totale dell’elettrone deve essere uguale alla somma della sua energia cinetica e della sua energia potenziale coulombiana (negativa perché la caricadell’elettroneènegativa)ecioè: E= 1 2 mv - 2 1 4πε0 e2 r (1) Per ricavare la velocità dell’elettrone che compare in questa formula si utilizza un’equazione di bilancio, che stabilisce che la forza che tiene unito l’elettrone al nucleo, la forza di Coulomb (v. cap. 15), deve uguagliare la forza centripeta che tende a far uscire l’elettrone dall’orbita,quindi: mv2= r 1 4πε0 e2 r2 (2) Sostituendoilvaloredellavelocitàdell’elettronericavatodaquestarelazionenella(1)siottiene: E=- 1 8πε0 e2 r (3) Introducendoaquestopuntol’ipotesidiBohr,secondocuileorbitepossibilidell’elettronedell’atomodiidrogenosonoquellepercuiilvalore delmomentoangolarevalemvr=nh/2π,einserendoilvaloredellavelocitàdell’elettronericavatodaquestarelazionenella(2),siricavail raggiodell’orbitainfunzionedelnumeron: rn=ε0 n 2 π h2 me2 (4) Il raggio corrispondente alla prima orbita dell’atomo di idrogeno (n = 1) vale r = 55,2917·10–11 m. Infine, sostituendo l’espressione del raggionella(3)siottiene: En=- 1 π02 me2 8h 1 n2 (5) Ilprimolivelloenergeticodell’atomodiidrogeno(n=1)haun’energiaparia: E=–2,178·10–18J=–13,607eV Infisicaatomicaivaloridell’energiasiesprimonoingenereinelettronvolt,cherappresental’energiacineticadiunelettronechesimuove inuncampoelettricouniformesottounadifferenzadipotenzialedi1V(v.cap.15),perchésitrattadivaloritroppobassiperesprimerliin joule. 24.3Ondediprobabilità Il modello di Bohr spiega molto bene i livelli energetici dell’atomo di idrogeno, ma presenta invece alcuniproblemiall’aumentaredelnumerodeglielettroni,quandocomincianoadiventaredeterminantile forzedirepulsionecoulombianetraglielettronistessi.Inrealtàparlarediorbite(cioèdimotirotatori descrittidalleequazionidellameccanicaclassica)perl’elettroneèpraticamenteimpossibile. Persuperarequestoscoglio,ilfisicoaustriacoE.Schrödinger(1887-1961),cheformulòlaprimateoria matematica della meccanica quantistica, dette un’interpretazione probabilistica al significato di orbitadeglielettroniattornoalnucleo. •L’equazionediSchrödinger Definizionedell’orbitainsensoprobabilistico:l’orbitaleatomico Ilnuovomodelloatomico L’ondadiprobabilità Per Schrödinger ogni elettrone in un atomo può essere descritto mediante una funzione, detta funzioned’onda(checombinailcomportamentoondulatorioequelloparticellaredellamateria),la cui forma è determinata da un’equazione, detta equazione di Schrödinger, dalla cui risoluzione si ricavanoilivellienergeticideglielettroniatomici.L’equazionediSchrödingerèun’equazionepiuttosto complessa, che tiene conto di tutte le forze che agiscono sul sistema e quindi diventa ancora più complessa all’aumentare del numero di elettroni. La soluzione dell’equazione di Schrödinger non fornisceleorbitedeglielettroniinsensoclassico,madeterminaqualisonoleorbite più probabili che l’elettrone occupa. Si definisce in questo modo una regione di spazio detta orbitale atomico, che rappresentalaregioneall’internodellaqualeèpiùprobabile trovare l’elettrone, in accordo con il principio di indeterminazione. L’atomo quindi cessa di essere visualizzato come un piccolo modello planetario, dove gli elettroni si muovono lungo traiettorie circolari attorno al nucleo, e diviene compostodaunnucleocentrale,circondatodanubielettronicheall’internodellequalisitrovanogli elettroni.Laformaditalinubièdeterminatadall’equazionediSchrödinger. Per quanto riguarda i livelli energetici dell’atomo di idrogeno, l’equazione di Schrödinger si trova in perfetto accordo con i risultati ottenuti da Bohr e al suo interno compare la quantizzazione dei livelli previsti da quel modello. L’innovazione introdotta da Schrödinger sta nell’abbandono della concezione deterministica della fisica: fino a questo momento si era pensato che, date le condizioni iniziali, si potesse sempre trovare un modo per descrivere, attraverso un’equazione del moto, la traiettoriadiunaparticella.Ilfattoperòcheinunsistemafisicomicroscopicononsianomisurabilicon esattezzaposizioneevelocitàcostrinseifisiciadabbandonareilconcettoditraiettoriaeasostituirlo con il concetto di onda di probabilità. L’introduzione dell’indeterminazione in fisica incontrò alcune resistenze,mailsuosviluppoportòaunadescrizionesoddisfacentedell’atomoefuinfineaccettata. Con l’introduzione delle onde di probabilità venne risolto anche il problema dell’irraggiamento degli elettroni:Bohravevapostulatocheglielettronichesitrovanosulleorbitestazionarienonirraggiassero, ma questo appariva in contraddizione con la fisica classica. Secondo il modello di Schrödinger gli elettroni non si muovono di moto circolare attorno al nucleo, ma occupano delle regioni di spazio all’internodellequalinonvièflussodicariche,quindinonirraggianoenergia. •LaformulazionediHeisenberg Laformulazionematematicadellameccanicaquantistica Isaltienergetici Contemporaneamente a Schrödinger, il problema della formulazione matematica della meccanica quantistica venne affrontato anche da Heisenberg, il quale, pur partendo da un punto di vista completamente diverso da quello di Schrödinger, ottenne gli stessi risultati. Il formalismo usato da Heisenberg differisce da quello di Schrödinger dal punto di vista matematico, perché Heisenberg descrisseilmotodeglielettroniattraversodellematrici(v.Appendice)dipendentidaquantitàdiscrete, cherappresentanoivaloriinizialeefinaledelsaltodienergiadescrittodaBohr.Egliabbandonòquindi l’ideadirappresentarequantitàclassichecomelaposizioneelavelocitànelladescrizionedelmoto delle particelle, in quanto queste si erano rivelate sperimentalmente inosservabili, e basò la sua descrizionesolosullequantitàosservabili(isaltienergetici). LedueformulazionidellameccanicaquantisticadiSchrödingereHeisenbergsonotuttaviaequivalenti, ovveroqualsiasirisultatoottenutodaunapuòessereraggiuntoanchedall’altra.Ilpuntoimportanteèche si tratta in entrambi i casi di teorie statistiche, che possono prevedere solo la probabilità di accadimento di un evento (per esempio, che una particella possieda una certa velocità o una certa posizione). 24.4L’atomoapiùelettroni Ilivellienergetici Inumeriquantici Numeroquanticoprincipale Numeroquanticoazimutale Numeroquanticomagnetico Lospindell’elettrone L’atomoquantisticoècostituitodaunnucleocentrale,circondatodaunaseriedistratichecorrispondono ailivellienergeticideglielettroninelsensochiaritonelparagrafoprecedente.Aognilivelloenergetico (caratterizzato dal numero n) corrispondono uno o più orbitali di forma differente e di diversa orientazionespaziale. Ogni elettrone presente in un determinato orbitale viene identificato da quattro parametri, detti numeri quantici(v.tab.24.1): •ilnumeroquanticoprincipale(n); •ilnumeroquanticosecondario,oazimutale(l); •ilnumeroquanticomagnetico(m); •ilnumeroquanticodispin(ms). Tabella24.1Iquattronumeriquanticieillorosignificato NUMEROQUANTICO SIMBOLO GRANDEZZA principale n energia secondario l formadell’orbitale magnetico m orientazionenellospaziodell’orbitale spin ms momentoangolare Numero quantico principale, n. Definisce il livello energetico dell’elettrone e può assumere valori interiepositivi: n=1,2,3,4,5,6ecc. Numero quantico secondario o azimutale, l. Definisce il numero dei sottolivelli energetici in cui si differenzia ciascun livello; ogni sottolivello corrisponde a orbitali aventi la stessa forma, definita dal valoredilcheècompresotra0en–1: l=0,1,…,n–1 Perl=0sihannoorbitaliditipos,asimmetriasferica(v.fig.24.2A);perl=1sihannoorbitaliditipo p(v.fig.24.2B);perl=2sihannoorbitaliditipodconsimmetriapiùcomplicataecosìvia. Numeroquanticomagnetico,m.Definisceilnumerodiorbitaliappartenentiaciascunsottolivelloeil loroorientamentonellospazio.Ilnumeroquanticompuòassumeretuttiivaloricompresitra–l e + l, compresolozero.Lerelazionitraivaloridin,lemeiltipoeilnumerodiorbitalicorrispondentiai sottolivellisonoindicatinellatabella24.2(limitatamenteaiprimi3livelli). Numero quantico di spin, ms . Rappresenta la quantizzazione del momento angolare intrinseco dell’elettrone.L’elettrone,infatti,ruotaattornoalproprioasse:questacircostanzadàluogoaunmomento angolareintrinseco(dettospin),quantizzato.Ilnumeroquanticoassociatopuòassumeresoloduevalori: ms=+1/2 (iduevaloridellospinvengonoanchedetti“su”e“giù”,dall’inglesespinupespindown). Figura24.2Orbitaliditipos(A)editipop(B),conlerelativeorientazionispaziali. Tabella24.2Relazionitraivaloridin,l,merispettiviorbitali n l m TIPODIORBITALIDELSOTTOLIVELLO NUMERODIORBITALIDELSOTTOLIVELLO 1 0 0 1s 1 2 0 0 2s 1 1 -1,0,+1 2p 3 3 0 0 3s 1 1 -1,0,+1 3p 3 3d 5 2 -2,-1,0,+1,+2 •Riempimentodegliorbitali IlprincipiodiesclusionediPauli Loschemadidistribuzionedeglielettroninegliorbitali Classificazionedeglielementichimici Inumeriquanticiaiutanonellacomprensionedellastrutturadell’atomoapiùelettroni.Ilivellieirelativi sottolivelli vengono riempiti di elettroni, all’aumentare del numero atomico Z, secondo regole relativamentesemplici.Laprimaregoladicecheognielettronesitrovanellostatodiminimaenergia disponibile,ovverocheiprimilivelliavenireriempitisonoquellipiùinterni(cioèpiùvicinialnucleo). Lasecondaregolafondamentale,dovutaalfisicoaustriacoW.Pauli(1900-1978),notacomeprincipiodi esclusione,stabiliscechedueelettroniinunatomononpossonoaverelastessaquaternadinumeri quantici, ma devono differire per almeno uno di essi: in altre parole ciò significa che in uno stesso orbitalepossonotrovarepostoalmassimodueelettroniconspinopposto. Inbaseaquesteregoleilprimolivello(n=1)chehaunsoloorbitales,indicatocon1s,puòcontenereal massimodueelettroni;ilsecondolivello(n=2)haunorbitale2setreorbitali2p,chepossonoospitare intutto8elettroni(acoppieconspinopposto);ilterzolivello(n=3)haunorbitale3s,treorbitali3pe cinqueorbitali3decosìvia. Laconfigurazioneelettronicadegliatomièloschemadidistribuzionedeirispettivielettronineivari livelli e sottolivelli energetici, cioè nei singoli orbitali atomici. L’atomo più semplice, quello di idrogeno(Z=1),haunsoloelettronenell’orbitale1s,nelqualeèdisponibileun’altraposizione.L’atomo dielio(Z=2)hadueelettroninell’orbitale1s,percuiillivellon=1ècompleto.PergliatomiconZ compresofra3e10glielettronioccuperannomanmanoleottoposizionidisponibilinellivellon = 2: duerelativeall’orbitale2seseirelativeagliorbitali2p(v.tab.24.3).Perilriempimentodegliorbitalip edeisuccessivi,primacheunaltroelettronepossavenireinseritooccorrechetuttigliorbitalidiquel sottolivellocontenganoalmenounelettrone:èilcasoperesempiodell’azoto,doveitreelettronidegli orbitalipoccupanotuttietregliorbitaliconunelettroneesoloallora(perl’elementosuccessivo,cheè l’ossigeno)ilsuccessivoelettronesiaccoppieràalprimodeitre. Gli elementi chimici vengono riuniti secondo uno schema noto come tavola periodica degli elementi. L’interpretazione della struttura atomica fornita in questo paragrafo spiega molte delle caratteristiche chimiche degli elementi. Quando il livello più esterno è completamente riempito, come succede per esempio nel caso dei gas nobili, l’atomo è particolarmente stabile. Per gli altri elementi il comportamentochimicoèstrettamentelegatoalnumerodielettronipresentinellivelloenergeticoesterno (elettronidivalenza).Se,peresempio,unostessonumerodielettronidivalenzaèdispostoinorbitalidi tipo s, anche se appartenenti a differenti livelli(per esempio, 2s o 4s), gli elementi corrispondenti presentano proprietà chimiche e fisiche molto simili; in effetti i vari gruppi della tavola periodica riunisconoelementichehannolostessonumerodielettronidivalenzaepertaleragionepresentanoun comportamento chimico relativamente omogeneo. La ricorrenza periodica di elementi con caratteristichecomuniderivadallaricorrenzaperiodicadelleconfigurazionielettroniche. 24.5Emissioneeassorbimentodifotoni Unatomoionizzatohapersopartedeisuoielettroni Energiadiionizzazione Gli elettroni, quando si trovano sui loro livelli energetici stazionari, non irraggiano energia. L’irraggiamentoavvienesoloquandounelettronevieneatrovarsisuunostatoeccitato,dalquale tendespontaneamentearitornareallostatofondamentale.Ilsaltoenergeticodaunlivellosuperiore a un livello inferiore è accompagnato dall’emissione di un fotone. Per portare un elettrone dal livello fondamentaleaunlivelloeccitatooccorrefornirgliunaquantitàsufficientedienergia,pariomaggiore delsaltoquanticotraiduelivelli.Inquestocasoilsaltoèaccompagnatodall’assorbimentodiunfotone. Seglivienefornitasufficienteenergia,puòsuccederechel’elettronevengaseparatodalnucleoe diventiindipendente:inquestocasol’atomositrasformainunoionepositivoesidicecheèionizzato. L’atomo privato di una o più delle sue cariche negative non perde però le sue caratteristiche fisicochimiche, il che significa che si tratta dello stesso elemento chimico, carico positivamente, poiché a questopuntoilnumeroZdiprotoniall’internodelnucleo(checaratterizzal’elementochimico)rimane invariato,marisultamaggioredelnumerodielettroniediconseguenzalalorocaricapositivanonèpiù controbilanciata dalla carica negativa degli elettroni. L’energia che occorre fonire a un atomo per separareunelettronedalnucleovienedettaenergiadiionizzazione. Ilfenomenodell’emissionedifotonicheaccompagnailpassaggiodiunelettronedaunlivellosuperiore aunoinferiorepuòvenireindottoartificialmenteinunsistemaatomico,fornendoall’elettroneun’energia esattamente pari alla differenza di energia tra due salti quantici predefiniti: in questo caso si parla di emissionestimolataesuquestofenomenosibasailprincipiodifunzionamentodellaser(v.riquadro). ILLASER Illaser,acronimodiLightAmplificationbyStimulatedEmissionofRadiation(amplificazionediluceattraversoemissionestimolatadi radiazione)èundispositivochepermettediottenerefascidilucemoltointensiche,adifferenzadellaluceordinaria(come,peresempio, quelladelSoleodiunacomunelampadina),èmonocromatica(tuttadellastessalunghezzad’onda)ecoerente(ifotonirisultanotuttiin fasenellostessoistante).Inunfasciodilucecomuneifotoni,oltreadifferireperlunghezzad’onda,interferisconotraloroeviaggianoin direzionidiverseeinpartesidisperdononellospazio.Inunfasciodilucecoerente,comeillaser,èpossibileconcentrareinunpiccolissimo spazio una grande quantità di energia e il fascio di luce è facilmente direzionabile, il che lo rende molto utile per un gran numero di applicazioni diverse (misure a distanza, sistemi di puntamento, taglio e saldatura di metalli nell’industria, interventi chirurgici di precisione ecc.). L’emissionestimolatadiradiazioneavvieneattraversolasomministrazionediunaquantitàdienergiaparialladifferenzadienergiatradue livelli quantici, in modo che l’elettrone viene portato a un determinato livello energetico. Nel ritornare allo stato fondamentale, l’elettrone emette sia il fotone assorbito, sia quello dovuto al salto stesso: i fotoni emessi possono a loro volta stimolare l’emissione di altri elettroni presenti sul medesimo livello energetico iniziale. Poiché il salto avviene sempre tra gli stessi livelli, i fotoni emessi hanno tutti la stessa energiaelastessalunghezzad’onda,quindilaradiazionechesigeneraèmonocromatica.Ilmeccanismodell’emissionestimolataproduce l’emissionedifotoniinconcordanzadifase,perchéilprocessodiemissioneavalangastimolatoavvienecontemporaneamenteeilfascio chenerisultaècostituitodaondeinfase,esidicecheèunfasciocoerente.Lastrutturadiunlaserècostituitadaunmaterialeattivoda cuivieneemessalaluce,materialechepuòessereuncristallo,ungasounasoluzione,edaundispositivodestinatoafornireenergiaagli atomidelmaterialeattivo.Normalmenteilmaterialeattivoèpostotraduespecchipianieparallelitraloro,unocompletamenteriflettentee l’altro semiriflettente, in modo che i fotoni emessi, rimbalzando sugli specchi, attraversano più volte il materiale attivo e contribuiscono a stimolare il maggior numero di emissioni prima di uscire dallo specchio semiriflettente. Poiché i fotoni vengono emessi tutti nella stessa direzione,ilfasciorisultantedaunlaserèaltamentecollimato. GLOSSARIO Atomo La più piccola frazione di un elementochimico (una sostanza non decomponibile per mezzo di reazioni chimiche in altre sostanze più semplici) in grado di conservarne le caratteristiche fisico-chimiche. L’atomo è composto da un nucleo centrale, dove è concentrata la quasitotalitàdellasuamassa,edaunnumerovariabiledielettroni,carichinegativamente.Ilnucleoèasuavoltacompostodaduetipidi particelle, i protoni, carichi positivamente, e i neutroni, elettricamente neutri. In un atomo elettricamente neutro il numero di elettroni eguaglia il numero dei protoni, caratteristico di ogni elemento chimico e detto numeroatomico (simbolo Z). La somma del numero dei protoniedelnumerodeineutronièdettanumerodimassa(simboloA).Duenucleidelmedesimoelementochimicoconugualenumerodi protonimadiversonumerodineutronisidiconoisotopi. Corponero Sidicediuncorpoidealecheassorbetutteleradiazionichelocolpiscono.Lostudiodellacurvachedescrivel’intensitàdienergiadella radiazione del corpo nero venne spiegata ipotizzando che questa venisse assorbita ed emessa sempre in quantità discrete di energia, i quanti. Dualismoonda-particella Ipotesi secondo cui le onde elettromagnetiche hanno proprietà corpuscolari e le particelle hanno proprietà ondulatorie. Seguendo tale analogia viene definita la lunghezza d’onda di de Broglie di una particella come λ = h/mv, dove h è la costante di Planck e mv è il momentodellaquantitàdimotodellaparticella. Effettofotoelettrico Emissione di elettroni da parte di una sostanza colpita da radiazione luminosa, interpretato attraverso la visione corpuscolare della luce secondocuil’energiavienescambiatasottoformadifotoni(oquantidiluce),inmodochelaquantitàdielettroniemessirisultiproporzionale allaquantitàdifotoniassorbiti. EquazionediSchrödinger Equazionechedescrivelaposizioneeilmotodeglielettroniattornoalnucleoattraversounafunzioned’onda,checaratterizzal’elettrone, cherappresentalaprobabilitàditrovarel’elettroneinunadataposizione. Meccanicaquantistica Partedellafisicachestudiaisistemiatomiciesubatomici(molecole,atomi,nuclei,particelleecc.),lecuidimensionisonodell’ordinedi10– 10moinferiorieperiqualinonvalgonoleleggidellameccanicaclassica.Lameccanicaquantisticasibasasulconcettodiquanto,percui legrandezzechecaratterizzanotalisistemipossonoassumeresolovalorimultipliinteridiunvalorefondamentale.Inparticolare,l’energia elettromagneticascambiatainunsistemaquantisticoèpariallacostantediPlanckh(h=6,6256·10–34Js)moltiplicataperlafrequenza dellaradiazioneE=hn.Ilquantodienergiaelettromagneticaèdettoanchefotone. Modelloatomico Rappresentazioneschematicaperspiegarelastrutturaeilcomportamentodell’atomo.Secondoilmodelloquantisticodiatomo,glielettroni non percorrono delle vere e proprie orbite attorno al nucleo, ma occupano delle regioni di spazio attorno al nucleo che rappresentano le zonedoveèmassimalaprobabilitàditrovarli.Latransizionetraduelivellienergeticiinunatomoavvienepersaltidienergiaproporzionali allacostantediPlanck. Numeriquantici Insiemediquattronumericheidentificanoglielettroniall’internodiunatomo:ilnumeroquanticoprincipalerappresentaillivelloenergetico dell’elettrone; il numero quantico azimutale la forma dell’orbitale; il numero quantico magnetico l’orientazione nello spazio dell’orbitale; il numeroquanticodispinrappresentalospindell’elettrone,schematizzabilecomeunmomentoangolaredirotazionedell’elettroneattornoal suo asse. Per gli elettroni vale il principio di esclusione che stabilisce che due elettroni in un atomo non possono avere la medesima quaternadinumeriquantici. Orbitaleatomico Regionedispazioattornoalnucleodiunatomoincui,secondol’interpretazionequantistica,èmassimalaprobabilitàditrovareunelettrone. Gliorbitalisidifferenzianoperformasecondoinumeriquanticidell’elettrone. Principiodiindeterminazione Principiofondamentaledellameccanicaquantisticasecondocuièimpossibiledeterminarecontemporaneamenteconesattezzalaposizione xelaquantitàdimotop=mvdiunaparticellaelementare.IlprodottodelleincertezzedelleduemisuredevesoddisfarelarelazioneΔxΔp >h/2p. Tavolaperiodica Schemaperiodicodiclassificazionedeglielementichimicilegatoalnumerodielettronipresentiinundeterminatotipodiorbitaleatomico. TESTDIVERIFICA 1. Comesipuòdeterminaresperimentalmentel’aspettoondulatoriodiunfasciodiparticelle? 2. Se l’energia cinetica dell’elettrone dell’atomo di idrogeno è E = 13,65 eV, qual è la sua velocità e qual è la sua lunghezzad’ondadiBroglie? 3. PerchéilmodelloatomicodiRutherfordequellodiThomsonfuronoabbandonati? 4. Quantielettronitrovanopostonell’orbitale1seperché? 5. Quantielettronidivalenzahal’atomodelcarbonio? 25ILNUCLEOELEPARTICELLEELEMENTARI Lostudiodellafisicanuclearerisaleaiprimidecennidel’900esièmossosuduepianiparalleli.Daunlatovifulascoperta,da parte di Rutherford, della struttura dell’atomo, costituito da un nucleo centrale, che dette l’impulso allo studio dei costituenti del nucleo (protoni e neutroni) e dei loro comportamenti, dall’altro la scoperta della radioattività (che risale alla fine dell’800), che rimaseunfenomenomisteriosofinoaquandononsiindividuòcheleradiazioniprovenientidallamateriaavevanoorigineproprio all’interno del nucleo atomico. Grazie all’uso di tecnologie sempre più potenti, la struttura del nucleo e la natura dei suoi componentisonostatechiariteelafisicafondamentalerivolgeoralasuaattenzioneaicostituentiultimidellamateria,leparticelle elementari, la cui indagine si ritiene strettamente correlata allo studio della cosmologia. Si pensa infatti che le altissime energie raggiungibiliattraversol’urtofraparticelleelementarinegliacceleratoridiparticellepossanoricrearequellocheful’ambientedei primiistantidivitadell’Universo,dopoilBigBangcheglidiedeorigine. 25.1Composizionedelnucleoatomico Caratteristichedelprotone Caratteristichedelneutrone Numeroatomicoenumerodimassa Gliisotopi Ilnuclide Lastabilitàdelnucleodipendedalrapportoprotoni/neutroni L’unitàdimisuradellemasseatomiche Il nucleo è la parte centrale dell’atomo, con dimensioni dell’ordine di 10–15 m, (circa 10.000 volte inferioriaquelleatomiche),dovesiconcentralaquasitotalitàdellamassadell’atomo.Ilnucleoècarico positivamente e, poiché l’atomo è complessivamente neutro, la sua carica è tale da controbilanciare la carica negativa degli elettroni atomici. Rutherford ipotizzò (1911) che il nucleo fosse costituito da particelle cariche positivamente, dette protoni, in numero pari agli elettroni presenti negli orbitali atomici. I protoni erano stati osservati in anni precedenti (quando ancora si ignorava la presenza del nucleo)comenuovicostituentidiunaradiazioneprovenientedauntuboaraggicatodicicheviaggiavain direzioneoppostaagliabitualiraggicatodiciediessisiconoscevanolamassaelacarica.Lacaricadel protoneèugualeaquelladell’elettrone,madisegnoopposto,(+1,6022·10–19C),mentrelasuamassaè circa1860voltemaggiorediquelladell’elettrone(1,6726·10–27kg). Lamassatotaledeinucleidialcunielementituttavia,misurataripetutamenteinquegliannidaRutherford edaisuoicollaboratori,chetentavanodidaregiustificazioneallastrutturadelnucleo,noncorrispondeva alla somma delle masse dei protoni presenti, ma era quasi doppia nella maggior parte degli elementi considerati.Questoliindusseapensarecheall’internodelnucleofossepresenteunasecondaparticella, elettricamente neutra, con una massa paragonabile a quella del protone (1,6749·10–27 kg), in numero quasipariaquellodeiprotoni.Taleparticellafuchiamataneutroneedeffettivamenteosservatanel1932 daunallievodiRutherford,ilfisicoingleseJ.Chadwick(v.tab.25.1). Neutroni e protoni vengono indicati anche come nucleoni. Il numero dei protoni in un nucleo è il numero atomico Z e caratterizza un elemento chimico, mentre il numero totale dei nucleoni (dato dal numerodiprotonipiùilnumerodineutroni)èindicatocomenumerodimassa,A.Ladifferenza: A-Z=N fornisceilnumerodeineutroni,chepuòvariareall’internodeinucleidiunostessoelemento. Prendonoilnomediisotopinucleidiunostessoelementoconugualenumeroatomicoediversonumero dimassa. Lanotazioneutilizzataperindicareunisotoposiriferisceallacomposizionedelnucleoconsideratocome un’entitàaséstante,dettanuclide,indicatodalsimbolodell’elemento,conilnumeroatomicoZscrittoin bassoasinistraeilnumerodimassaAinaltoasinistra.Peresempio,nelcasodelnucleodelcarbonio (simboloC)conZ=6eA=12ilnuclidecorrispondenteèindicatocome: 12 C 6 Ilcarboniopossiedealtriisotopi,condifferenteA,tracui: 13 C,14 C,15 C 6 6 6 Una seconda notazione più sintetica utilizzata per indicare gli isotopi di un elemento, omette il numero atomico (che per ogni elemento è fisso) e indica solo il numero di massa, per esempio 12C o, in alternativa,carbonio-12. Il numero di protoni Z e il numero di neutroni N determinano la stabilità del nucleo: per taluni rapportiZ/Ninucleisonostabilietendononaturalmenteamantenereintattoillorocorredodinucleoni, mentreinucleiinstabili,conrapportidiversitraprotonieneutroni,tendonoatrasformarsi,perperdita oacquistodiunoopiùnucleoni,inunnucleostabile,nonnecessariamenteappartenenteallostesso elementochimico(èquestalacausaall’originedelfenomenodellaradioattività,v.par.successivo).Per Z bassi (fino a circa Z = 30) i nuclei stabili sono quelli che possiedono un numero di protoni pari al numerodineutroni,mentreperZaltiilnumerodineutroniinunnucleostabiletendeaesseresuperioreal numerodiprotoni(l’eccessodineutronitendeastabilizzareinuclei,perchéallontananoiprotoni,lecui carichepositivealtrimentidarebberoluogoaelevatissimeforzerepulsive,talidadisgregareilnucleo). Se si costruisce un grafico dei nuclei noti, riportando in ascissa il numero atomico Z e in ordinata il numerodineutroniN,inucleistabilitendonoastareall’internodiunafascia,dettabandadistabilità(v. fig. 25.1), che per Z < 20 occupa la retta a 45°, corrispondente a N = Z, mentre, all’aumentare di Z, i nucleistabilihannoN>Z. Lamassadeinucleoni,ediconseguenzaquelladeinucleideglielementichimici,viene generalmente espressainun’unitàdimisura diversa dal chilogrammo, detta unità di massa atomica (simbolo amu, dall’inglese atomic mass unit), dove 1 amu = 1,6604·10–27 kg è definita come 1/12 della massa del carbonio-12.Secondotaleunitàilprotonehaunamassaparia1,0073amu(approssimatoa1amu),il neutronedi1,0089amu(∼1amu),mentrelamassadell’elettronevale0,000549amu. Tabella25.1Proprietàdeitrecostituentifondamentalidell’atomo PARTICELLA SIMBOLO CARICA MASSA protone p +1,6022·10–19C 1,6726·10–27kg elettrone e –1,6022·10–19C 9,109534·10–31kg neutrone n nulla 1,6749·10–27kg Figura25.1Bandadistabilitàperinuclei:sullarettaa45°,corrispondenteaN=Z,tendonoaposizionarsiinucleistabiliperZ bassi. •Leforzenucleari Lacoesionetranucleonièdovutaall’interazioneforte Energiadilegame Nell’atomoglielettronisonotenutiinsiemealnucleodaforzeditipoelettrico,acausadell’attrazionetra gli elettroni, negativi, e il nucleo, carico positivamente. Le forze elettriche non possono però giustificarelacoesionetraiprotoniall’internodelnucleo,chetenderebberoarespingersiavicenda (repulsionecoulombianatracarichedellostessosegno).Leforzedicoesionetrainucleoninelnucleo devonoperciòesserepiùfortidelleforzedinaturaelettrica,pervincerelarepulsionecoulombiana. Per questo motivo la forza nucleare è detta interazione nucleare forte. L’interazione forte ha un’intensitàmoltoelevata,mahaunraggiod’azioneestremamentepiccolo,limitatoalledimensionidel nucleo(dell’ordinedi10–15m),aldifuoridelqualesiannulla. L’energianecessariaavincereleforzenuclearieaestrarreunnucleonedalnucleoèmoltomaggioredi quella necessaria a estrarre un elettrone dalla sua orbita atomica (qualche milione di elettronvolt, o qualche megaelettronvolt, simbolo MeV, rispetto a una decina di elettronvolt, simbolo eV) ed è detta energiadilegame.Diconseguenzaleenergieliberateneiprocessidifissione(frantumazione)delnucleo sonomoltomaggioridiquelleliberatenellereazionichimiche. •L’energiadilegame Relazionemassa-energia:E=mc2 Difettodimassa Energiadilegame Ordinedigrandezzadell’energiadilegamenucleare Nellasuateoriadellarelativitàspeciale(oristretta)formulataattornoal1905(v.cap.26),A.Einstein stabilì che un corpo di massa m possiede un’energia E data dalla seguente relazione, nota come equazionediEinstein: E=mc2 dovecèlavelocitàdellalucenelvuoto(costante). Sesimisuranolamassadiunnucleoelasommadellemassedeisuoicomponentiisolati(cioèliberi)si ottieneunrisultatoapparentementesorprendente,cioèchelasommadellemassedeinucleonièsempre maggiore della massa del nucleo nel suo complesso. In realtà questo è spiegabile alla luce dell’equazionediEinstein,sesipensacheall’attodellaformazionedelnucleounapartedellamassadei nucleoni, cioè la massa mancante, si è trasformata in energia, quella necessaria per tenerli insieme; questastessaenergiaèquellacheoccorrefornirealnucleoperseparareinucleoni,ovveroèl’energiadi legame. La differenza, Δm, tra la somma delle masse dei nucleoni e la massa del nucleo viene detta difettodimassa: mnucleoni–mnucleo=Δm>0 AldifettodimassaΔmcorrispondelaquantitàdienergiaΔEdatadall’equazionediEinstein: ΔE=Δm·c2 cherappresental’energiadilegame. Peresempio,l’energiadilegamedelnucleodell’isotopodell’idrogeno 21H,chiamatodeuterio(D),che possiedeunneutroneeunprotone(A=2,Z=1),èdatada: ΔE=(mp+mn)·c2-mD·c2=Δm=2,224MeV Il valore dell’energia di legame del deuterio risulta circa un milione di volte superiore all’energia elettrostaticachetieneunitol’elettronealnucleodell’idrogeno:circa13,6eV. In una reazione nucleare, data l’entità delle energie coinvolte, si osservano sempre delle variazioni di massa (le variazioni che avvengono anche nelle reazioni chimiche non sono praticamente apprezzabili, perché le energie liberate sono di gran lunga inferiori). L’energia di legame media per nucleone, data dall’energia di legame divisa per il numero di massa (ΔE/A), ha un valore relativamente basso per i nuclei leggeri e cresce rapidamente fino ai nuclei con numero di massa di circa 50; diminuisce poi andandoversoinucleipiùpesanti(mapiùlentamentediquantosiaprimaaumentata).Questoandamento lascia prevedere che verrà liberata energia se due nuclei leggeri si uniscono (fusione) per formare un nucleopiùpesante,oseunnucleopesantevienespezzato(fissione)indueopiùnucleipiùleggeri(v.par. Lafissioneelafusionenucleari). •Imodellinucleari Modelloagoccia Modelloashell(strati) Modelliunificati Analogamente al caso dell’atomo, la struttura del nucleo viene descritta tramite modelli schematici e relativamente approssimativi. Data l’impossibilità di descrivere con esattezza matematica le forze che tengono uniti i nucleoni, e dato il gran numero di particelle coinvolte, i modelli nucleari sono più complessi di quelli atomici e di conseguenza non verranno qui illustrati per esteso. Riassumendo le conoscenzefinquiraggiuntesipuòdirecheesistonodueprincipalimodellinucleari,asecondachesi tenganoinconsiderazioneomenoglieffettiprodottidallevarieparticellesulmotodiognunadiesse. Ilmodelloagocciadescriveilnucleocomeunliquido,nelqualeleforzechetengonoinsiemeinucleoni sonoanalogheaquellechetengonoinsiemelemolecolediunliquidoinunagoccia,quindimoltointense e a raggio d’azione limitato. Il modello a goccia è molto utile nella spiegazione delle reazioni che avvengono in nuclei altamente eccitati, ma risulta di poca utilità per la spiegazione degli stati fondamentalideinucleoni. Ilmodelloashell(strati) è analogo al modello usato per descrivere i livelli energetici degli elettroni nell’atomoeforniscerisultatiinteressantisullastabilitàdeinuclei.Secondoquestomodelloinucleonisi dispongono su livelli energetici nucleari secondo un principio analogo al riempimento degli orbitali atomici, caratterizzati da numeri analoghi ai numeri quantici, rispettando il principio di esclusione di Pauli,ealriempimentodideterminatilivellicorrispondononucleiparticolarmentestabili(analogamente a quello che accade negli atomi con i gas nobili). I nuclei con numero di nucleoni corrispondente a determinatinumeri,dettinumerimagici(2,8,20,28,50,82ecc.),presentanocaratteristichedistabilità ricorrenti. Esistono poi modelli unificati che cercano di conciliare le due interpretazioni, nei quali le caratteristichedelnucleovengonodivoltainvoltainterpretateinbasealmotodeisingolinucleoni(come nelmodelloashell)ointerminidimotocollettivo(comenelmodelloagoccia). 25.2Laradioattività Inucleiinstabilisonoradioattivi Radiazionialfaeradiazionibeta Radiazionigamma Laradioattivitàèunprocessonucleare Inunareazionenuclearesiconservanomassaedenergia I nuclei instabili tendono naturalmente a raggiungere uno stato stabile trasformandosi in un altro nucleoedemettendoparticelledivarianatura.Questofenomeno,osservatoancheprimachefossero disponibilileprimeinformazionisullastrutturainternadeinuclei,èdettoradioattivitàeinuclei(ogli elementi)coinvoltisonodettinuclei(oelementi)radioattivi,oancheradioisotopioradionuclidi. LascopertadellaradioattivitàsidevealfisicofranceseH.Becquerel(1852-1908),ilqualenel1896, mentrestudiavailfenomenodellafosforescenza,osservòcheuncompostodell’uranio(simboloU,Z = 92)anneriva(cioèimpressionava)unalastrafotografica(sucuieraappoggiato),ancheselalastranon erastataespostaallaluce.Questoloindusseapensarechel’uranioemettessedelleproprieradiazioni,di cui però non fu in grado di identificare la natura. I suoi studi vennero proseguiti dai coniugi francesi Pierre(1859-1906)eMarieCurie(1867-1934),entrambifisici,chescoprironocheancheunaseriedi altri elementi (tra cui il radio) emetteva radiazioni fino ad allora sconosciute. Il termine radioattività derivapropriodailorostudisuicompostidelradio(simboloRa,Z=88). Ilavoridiquestitrescienziativennerostrutturatiattornoal1899daRutherford,cheeseguendonumerosi esperimenti su elementi radioattivi riuscì a distinguere i tipi di radiazioni emesse dagli elementi radioattiviincategorieeaindividuarnelecaratteristiche.Scoprì,peresempio,chel’uranioemettedue tipidiradiazioni,chechiamòradiazioniα(alfa)eradiazioniβ(beta),entrambecostituitedaparticelle cariche ma di massa differente, e in seguito ne dimostrò l’origine. Arrivò a concludere anche che la radioattivitàèunprocessocaratteristicodelletrasformazionisubatomiche,ancoraprimadiproporreil suomodellodiatomocheprevedeval’esistenzadelnucleo(v.cap.24). Nellostessoperiodovenneindividuatounterzotipodiradiazioni,chiamateradiazioniγ(gamma),molto penetranti e non influenzate da campi magnetici, che vennero subito individuate come radiazioni elettromagnetichealparideiraggiX,daiqualidifferisconosoloperlalunghezzad’onda. Quando fu individuata la struttura del nucleo, la radioattività divenne ben presto un oggetto di studio fondamentaledellaneonatafisicanucleareeleemissioniradioattivevenneroinfineinterpretatecome conseguenzadeiprocessicheaccompagnanoletrasformazioninucleari. L’emissione di radioattività è caratteristica dei nuclei instabili (con energie di legame relativamente basse), che in tal modo si trasformano in nuclei differenti (cioè di un diverso elemento chimico) più stabili. Esistono diverse modaltà di emissione radioattiva a seconda del tipo di nucleo coinvolto. Il processo di emissione di radiazioni viene anche detto decadimento e un nucleo emettitore si dice che decadeinunaltronucleo. Le reazioni nucleari vengono espresse tramite una notazione analoga a quella utilizzata per le reazioni chimiche,doveiradionuclidisonorappresentaticonlanotazionedescrittanelparagrafoprecedenteperi nuclei.Inunareazionenuclearedevonovalereleleggidiconservazionedellamassaediconservazione dell’energia:lastessaquantitàdimassaelastessaquantitàdienergiadevonoessereritrovateneidue membridell’equazione,daunaparteedall’altradellafreccia. Di seguito vengono riportati alcuni dei tipi più comuni di decadimento radioattivo e le loro caratteristiche. •Decadimentoα Alcuni nuclei con Z elevato (circa Z > 80) emettono spontaneamente particelle α (o radiazione α), costituite dai nuclei di un isotopo dell’elio, con due protoni e due neutroni (42He). Quando un nucleo emette una particella α il suo numero atomico Z decresce di due unità e il suo numero di massa A decrescediquattrounità.Unatipicareazionedidecadimentoαriguardal’uranio-238,chesitrasforma intorio-234emettendounaparticellaα,echevienecosìrappresentata: 238 U→α+234 Th(α=4 He) 92 90 2 •Decadimentoβ Decadimentoβ– eβ+ Emissionediradiazioneelettromagneticadalnucleo Ilneutrino Neutrinoeantineutrinobilancianolereazionideldecadimentoβ Ildecadimentoβconsistenell’emissionediunelettrone(decadimentoβ–)odiunaparticellaavente la stessa massa dell’elettrone e carica uguale e contraria, detta positrone (decadimento β+), l’antiparticella dell’elettrone (v. par. Le particelle elementari). Questo tipo di decadimento avviene in genereneinucleiinstabilichehannounrapportoN/Zdiversoda1(N/Z>1eccessodineutroni,N/Z<1 difettodineutroni).Quandounnucleoemetteunelettrone,ilsuonumeroatomicoZcrescediunaunitàeil suonumerodimassanoncambia:unneutroneèrimpiazzatodaunprotone.Quandounnucleoemetteun positrone,ilsuonumeroatomicodecrescediunaunitàeilsuonumerodimassanoncambia:unprotoneè rimpiazzatodaunneutrone. Ilnucleoresiduocherisultaaseguitodiunaemissioneβèspessoinunostatoenergeticoeccitatoe per tornare allo stato fondamentale emette radiazione γ, ovvero un fotone, analogamente a quanto accade nei processi atomici: come nell’atomo, anche nel nucleo infatti un nucleone può passare da un livelloenergeticoaunaltroeilfenomenoèaccompagnatodall’emissionediunfotone,dienergiaperò moltopiùelevata,corrispondenteallafrequenzatipicadelleradiazioniγ. Lereazioninuclearicheriguardanol’emissioneβsembranononsoddisfareleleggidellaconservazione dell’energia: a ogni trasformazione nucleare è associata la liberazione di una certa quantità di energia, che deve risultare trasportata da una delle particelle coinvolte nella reazione. In questo caso una parte dell’energiacoinvoltasembraandarepersa.Sviluppandoun’ipotesidelfisicosvizzeroW.Pauli(1931), ilfisicoitalianoE.Fermi(1901-1954)propose(1934)chequellapartedienergiacheapparivadispersa fossetrasportatadaunaparticellaneutraepressochéprivadimassa,chechiamòneutrino,emessadal processodidecadimento.L’esistenzadelneutrinofuquindiinizialmentesoloprevistateoricamente,mala particella fu effettivamente osservata vent’anni più tardi. In particolare, in un decadimento β– viene emesso un antineutrino (una particella analoga al neutrino, con alcune caretteristiche opposte a quelle delneutrino),indicatoconν,mentreinundecadimentoβ+vieneemessounneutrino,indicatoconν. Esempidireazioninuclearididecadimentoβ–eβ+sonorispettivamente: 234 Th→234 Pa+e-(β– )+ν 90 91 13 N→13 C+e+(β+)+ν 7 6 •Leleggideldecadimento Tempodidimezzamento,ovitamedia Inseguitoaldecadimentoradioattivo(ditipoα,β+oβ–) il numero dei nuclei dell’elemento originario diminuisce progressivamente, poiché essi si trasformano in nuclei diversi, secondo una legge esponenziale.Ilnumerodinucleipresentialtempot,N(t),èdatodallarelazione: N(t)=N0e–λt dove N0 è il numero di nuclei presenti all’istante iniziale (il momento in cui inizia il conteggio del tempo), “e” è la base dei logaritmi naturali (e = 2,71828...) e λ è detta costante di disintegrazione, caratteristicadelfenomenoinesame.Perogninucleoradioattivosipuòdefinireunintervalloditempo fisso, detto tempo di dimezzamento, o vita media, dell’elemento radioattivo, necessario perché il numerodinucleiinizialisiriducadellametà.Iltempodidimezzamento,T1/2,èlegatoallacostantedi disintegrazioneλdallarelazione: T1/2=0,693/λ Iltempodidimezzamentovariaconsiderevolmenteasecondadeidiversielementi.Peresempio,peril torioeperl’uranioessovalealcunimiliardidianni,mentreperilradon-226valemenodiquattrogiorni. Nellatabella25.2sonoelencatiitempididimezzamentodialcunielementiradioattivi. Tabella25.2Tempididimezzamentodialcunielementiradioattivi ELEMENTO NUCLIDE TEMPODIDIMEZZAMENTOT1/2 TIPODIDECADIMENTO calcio 45 Ca 20 164giorni beta carbonio 14 C 6 5730anni beta cesio 137 Cs 55 30anni beta,gamma fosforo 32 P 15 14,3giorni beta idrogeno 3 H(trizio) 1 12,26anni beta iodio 131 I 53 8,07giorni beta potassio 40 K 19 1,3·109anni beta,gamma radio 226 Ra 88 1590anni alfa,gamma rado 222 Rn 86 3,82giorni alfa sodio 24 Na 11 15ore beta stronzio 90 Sr 38 28,1anni beta tecnezio 99 Tc 43 6,02ore gamma torio 230 Th 90 8·104anni alfa,gamma uranio 238 U 92 4,51·109anni alfa •Lefamiglieradioattive Catenedidecadimenti LadatazionedellaTerra Unnucleochedecadesitrasformanell’isotopodiundiversoelemento,chespessoèanch’essoinstabilee sitrasformaasuavoltainunnuovonucleo,ilqualepuòessereancorainstabileecosìvia,secondoun processoacatena,chehaterminesoloquandoilprodottofinaledeldecadimentoèunnucleostabile.Gli elementi coinvolti in una catena di decadimenti costituiscono una famiglia radioattiva, o serie radioattiva. In natura si conoscono tre grandi famiglie radioattive, che partono rispettivamente dall’uranio,daltorioedall’attinio,eicuiprodottifinalisonotuttiisotopidelpiombo.Lafamigliapiù importante è quella che prende il via da un isotopo dell’uranio, l’uranio-238, e che termina con il piombo-206.Dall’abbondanzainnaturadell’uranio-238sipuòricavarel’etàdellaTerra.Questoisotopo dell’uranio ha un tempo di dimezzamento di circa 4,5 miliardi di anni e tale può essere considerata approssimativamente l’età del nostro pianeta; infatti nelle rocce più antiche presenti sulla Terra si trovanougualiquantitàdeidueelementi,capostipiteeprodottofinaledellacatenadeldecadimento.Da ciòsipuòdedurrechecircalametàdell’uraniopresentenelleroccesiètrasformatainpiomboechedi conseguenzalaTerrahaun’etàparagonabilealtempodidimezzamentodiquestoisotopo. •Laradioattivitàartificiale Reazioninucleariindotte Gliisotopiradioattiviconosciutiinnaturaderivanotuttidalletrefamiglieradioattiveprimacitate,ma esistono anche famiglie radioattive artificiali, derivate cioè da reazioni effettuate in laboratorio. Questereazionivengonoindotteingenerebombardandonucleidiatomidielementistabiliconfascidi neutroni(inducendocioènelnucleouneccessodineutronichelorendeinstabile).Ilnucleocosìprodotto tende spontaneamente ad acquistare stabilità, emettendo generalmente particelle β (cioè inducendo la trasformazionediunodeineutroniineccessoinunprotone).Ilbombardamentopuòavvenireanchecon particellecariche,comeleparticelleα,mainquestocasolaprobabilitàchelaparticellavengaassorbita dal nucleo è inferiore a causa della repulsione coulombiana tra le particelle α e i protoni nucleari (di conseguenza è necessaria una maggiore quantità di energia, cioè le particelle α devono essere maggiormenteaccelerate).Attraversoquestiesperimentisipossonoottenereradioisotopiartificiali. •Applicazionidellaradioattività Applicazioniincampomedico Traccianti Ladatazioneradioisotopica Poiché le radiazioni α, β e γ sono altamente ionizzanti (cioè sviluppano elettroni agli atomi e alle molecole delle sostanze che attraversano trasformandoli in ioni), esercitano un’azione biologica sulle celluleviventi,chesitraducespessonellamorteonell’alterazione(anchegenetica)deitessuti.Questa caratteristica, che rappresenta un pericolo molto elevato per chi si espone alle radiazioni, viene utilizzatainmanieracontrollataincampomedico,peresempioperdistruggereitessuticancerosioper rallentarne la crescita. A questo scopo generalmente si usa un isotopo del cobalto, il cobalto-60, che emetteradiazioniγ.Unisostopodelloiodio(iodio-131)vieneusatopercuraredisturbiallatiroideoper ottenerneparticolariradiografie(scintigrafie). Altriimpieghidegliisotopiradioattivisfruttanoilfattocheessihannolestesseproprietàchimichedei corrispondenti isotopi stabili e quindi reagiscono allo stesso modo: per questo vengono usati come tracciantidaintrodurrenegliorganismiperseguirneilpercorsoestudiarneilcomportamentoeitempi ditrasformazione. Uno degli usi più interessanti della radioattività è la datazione di campioni geologici (di cui si è già accennatonelcasodell’uranio-238)odirepertibiologiciantichi(dietàcomunquenonsuperiorea5060.000 anni). Per quest’ultimo scopo si ricorre a un isotopo radioattivo del carbonio, il carbonio-14 (146C),chehauntempodidimezzamentorelativamentebreve(5730anni).Ilcarbonio-14vieneprodotto naturalmentenell’atmosferadall’azionedeiraggicosmici(apartiredall’azoto)elepianteloassimilano comediossidodicarbonio,oanidridecarbonica(CO2),equindilotrasferisconoaglianimaliattraverso la catena alimentare. Alla morte degli organismi, l’isotopo 146C inizia a disintegrarsi e la sua quantità diminuisceprogressivamenterispettoall’isotopostabiledelcarbonio(126C).Poichéilrapporto146C/126C ènotoesiconsiderachesiarimastorelativamentecostanteneltempo,dallaquantitàattualmenterilevata di146Csipuòconbuonaapprossimazionerisalireall’etàdelreperto. 25.3Lafissioneelafusionenucleari Nellafissioneilnucleosispezzaeliberaenergia Nellafusioneduenucleisifondonoeliberanoenergia A seguito di un processo di trasformazione nucleare vengono liberate grandi quantità di energia (corrispondenti al difetto di massa dei nuclei, secondo l’equazione di Einstein), che possono venire utilizzateperscopipratici.Èciòchesiverificanellafissionenucleareenellafusionenucleare. Perfissione nucleare si intende la scissione di un nucleo pesante in due (raramente tre) nuclei più leggeri: la massa del nucleo iniziale è maggiore della somma delle masse dei nuclei più leggeri e la differenzadimassavieneliberatacomeenergia. Perfusionenuclearesiintendel’unionediduenucleileggeri,cheportiallaformazionediunnucleo più pesante, la cui massa totale è inferiore a quella complessiva dei nuclei originari (anche in questo casolamassamancantesiritrovatrasformatainenergia). •Lafissionenucleare Lafissioneindottaconbombardamentodineutroni Neutronilenti Lareazioneacatena Lafissionenuclearepuòavvenirespontaneamente(maèunprocessomoltoraroinnatura),oppure puòvenireindottaartificialmenteattraversoilbombardamentodeinucleiconfascidineutroni. Si verificaingenereinalcuninucleipesantiinstabiliedèstatasperimentatainizialmentenell’uranio-235. Questo isotopo rappresenta circa lo 0,7% dell’uranio presente in natura, formato prevalentemente da uranio- 238. Bombardato opportunamente con neutroni, l’uranio- 235 si scinde in due frammenti, per esempiobario-139ekripto-94,eliberaaltridueotreneutroni(v.fig.25.2).Duranteilprocesso,oltreai neutroni viene liberata una grande quantità di energia (circa 200 MeV), corrispondente al difetto di massa,chesimanifestasottoformadienergiacineticadeiframmentidellafissioneedienergiatermica. ComefuscopertodaFermi,perpoterinnescareemantenereilprocessodifissioneineutronidevono essereabassaenergia(neutronilenti),perchéinquestomodohannopiùprobabilitàdivenirecatturati dai nuclei dell’elemento. I neutroni vengono rallentati introducendo nella massa dell’uranio particolari sostanzedettemoderatori,allequaliineutronicedonoperurtopartedellaloroenergiacinetica. Ineutroniliberatidallareazione,incondizioniopportune,possonoalorovoltaindurrelafissionedialtri nuclei di uranio, dalla quale si liberano altri neutroni e, se il processo non viene controllato, si può generareunareazioneacatenachesviluppaenormiquantitàdienergia. Lareazioneacatenanoncontrollataèquellachevieneprodottanellebombeatomicheafissione,incui vengonocompressiinunospazioridottoquantitàdiuranioediunaltroelementofissile(generalmenteun isotopodelplutonio),lecuimassesuperanounamassa,dettacritica,aldisopradellaqualeilprocesso direazioneacatenavieneinnescatomoltofacilmente.Inquestocasotuttiineutroniliberatinelprocesso vengonousatiperinnescarenuovefissioni,innumerosemprecrescente(reazioneacatenadivergente). Seinvecealcunineutronivengonoassorbitidaun’altrasostanza,esolounapartediquelliliberativiene lasciata libera di innescare altre fissioni, il processo di fissione si dice controllato. Sul processo di fissionecontrollatosibasanoireattorinucleariafissione(v.riquadroallapaginaprecedente). Figura 25.2 Rappresentazione schematica della fissione nucleare: un neutrone colpisce il nucleo dell’uranio-235, che si scinde emettendotreneutroni,iqualialorovoltacolpisconoaltrinucleieinnescanounareazioneacatena. IREATTORINUCLEARI Ilprimoreattorenucleareafissionefucostruitonel1942aChicagodaEnricoFermiedaisuoicollaboratori,cheglidiederoilnomedi pilaatomica.Ilsuoprincipiodifunzionamentoèsostanzialmenteugualeaquellodeireattorituttorainesercizio.Inquelperiodo,incuisi combattevalasecondaguerramondiale,losviluppodellafissionenuclearefuimmediatamentelegatoallesuepossibiliimplicazionimilitari. Nelgirodipochianni,periltimorechelaGermaniadiHitlersiimpadronissedellatecnologianucleare,gliStatiUniticostruironolaprima bomba atomica (sganciata su Hiroshima il 6 agosto 1945), nell’ambito del cosiddetto “Progetto Manhattan”, che vide riuniti i maggiori scienziatiatomicienuclearidelmondosottolaguidadelfisicostatunitenseJ.Oppenheimer(1904-1967).Dopolafinedellaguerravenne promossa l’utilizzazione unicamente pacifica dell’energia nucleare: i primi reattori nucleari per usi pacifici, per la produzione dell’energia elettrica,furonocostruitiapartiredal1955-56. Ireattorinuclearisonocentralidienergiachetrasformanol’energiadilegamedeinucleonidialcunielementiinenergiatermica,cheviene convertita in energia elettrica. I reattori si basano sul processo di fissione e usano come materiale attivo prevalentemente isotopi dell’uranio.Sonoschematicamentecostituitidaunastrutturaincuisitrovailcombustibilenucleare,dettanocciolo,nellaqualeavvengono le reazioni di fissione, e da un insieme di apparecchiature ausiliarie che provvedono a trasportare il calore prodotto dalla fissione ed eventualmente a trasformarlo in altre forme di energia. All’interno del nocciolo il combustibile è presente sotto forma di barre, o di pastiglie, intercalate da un altro materiale (acqua, acqua pesante o grafite), che ha la funzione di moderatore, per il rallentamento dei neutroniprodottidallafissione.Percontrollarelareazionesiinserisconodellebarredicontrollodimaterialecapacediassorbireineutroni ineccesso.Irischidell’usodell’energianuclearesonolegatisoprattuttoallosmaltimentodellescorie,poichéiprodottidellafissionesono spesso elementi a loro volta radioattivi, con tempi di dimezzamento molto lunghi, per i quali quindi è difficile prevedere sistemi di conservazione che ne impediscano la fuoriuscita. Un altro problema è rappresentato dalla sicurezza, poiché, data la pericolosità degli elementichecompongonoilcombustibileeisuoiresti,risultadivitaleimportanzaridurrealminimoilrischiodiincidenti,che(comeaccadde peresempioaChernobylnel1986)possonoprovocarelamortediungrannumerodipersoneeliberanonell’ambientegrandiquantitàdi sostanzetossiche. •Lafusionenucleare Lafusionenellestelle Iproblemidellafusioneindotta La fusione nucleare può essere considerata il processo inverso rispetto alla fissione, nel quale due nucleidiunelementoconbassonumeroatomicosiunisconoperformareunnucleodinumeroatomico superiore. Il processo tipico della fusione è quello che ha luogo naturalmente nelle stelle, e quindi anche nel Sole, dove come risultato complessivo quattro nuclei di idrogeno (quindi quattro protoni, 11H) si “fondono”dandoorigineaunnucleodielio(formatodadueprotoniedueneutroni,42He). Il processo si svolge attraverso una serie di reazioni intermedie (tra le quali la trasformazione di due protoni in due neutroni) ed è accompagnato dalla liberazione di grandi quantità di energia. I nuclei di idrogeno,chesullestellesonopresentiinabbondanzaallostatoionizzato,hannoenergiecinetichecosì elevate, dovute alle alte temperature presenti all’interno delle stelle, che vincono le repulsioni elettrostaticheesiunisconoaformarenucleipiùpesanti(ungasdiparticelleionizzateèdettoplasma). Perché due nuclei riescano ad avvicinarsi tra loro a sufficienza affinché avvenga la fusione, le temperature devono essere attorno ai milioni o alle decine di milioni di gradi e per questo motivo è molto difficile innescare artificialmente processi di fusione che forniscano quantità di energia superioreaquellachevienespesaperprodurli. Nella fusione prodotta in laboratorio non si usano i nuclei dell’idrogeno comune, ma quelli dei suoi isotopi:ildeuterio(21H),formatodaunprotoneeunneutrone,eiltrizio(31H),formatodaunprotonee dueneutroni,cheproduconoeliosecondolareazione: 2 H+3 H→4 He+n(n=neutrone) 1 1 2 Inquestareazionevieneliberataun’energiaparia17,6MeV,dovutaancheinquestocasoalladifferenza tra le masse iniziali e finali. Per utilizzare l’energia prodotta dalla fusione, occorrerebbe costruire un reattore a fusione in grado di “trattenere”, cioè confinare il plasma e di riscaldarlo a temperature di decinedimilionidigradi.Quasituttiitipidireattoriafusionesperimentaliallostudioutilizzanocampi magneticielevatiperconfinareilplasma,sfruttandoilfattocheleparticelleallostatoionizzato,quindi elettricamente cariche, risentono della forza magnetica. Il riscaldamento del plasma può avvenire per opera di correnti elettriche molto intense. La possibilità di sfruttamento della fusione nucleare, che è consideratalafontedienergiadelfuturo,richiedeilsuperamentodiformidabiliproblemitecnologiciche comportano elevatissimi costi di ricerca nella fase iniziale. Gli studi in corso in varie nazioni hanno permesso di conseguire alcuni importanti risultati sperimentali, che fanno ritenere ragionevole l’attesa cheincapoaqualchedecenniosipossagiungereallarealizzazionediunprototipodicentralenuclearea fusione. 25.4Leparticelleelementari Leprimeparticelleelementari Oggisononotepiùdi200particelle Particelleeforze Particelleesubparticelle All’inizio degli anni ’30 le particelle considerate fondamentali individuate erano quattro: il neutrone appenascoperto(1932),ilprotone,l’elettroneeilfotone.Èproprioapartiredaqueglianniche,grazie alprogressodelletecnichedirivelazioneeallanascitadegliacceleratoridiparticelle(v.riquadroalla pagina seguente), il numero di particelle osservate direttamente o indirettamente è andato aumentando, fino a raggiungere l’attuale numero di circa 200 (destinato probabilmente ad aumentare). Nello stesso anno (1932) in cui fu identificato il neutrone, il fisico statunitense C.D. Anderson scoprì la prima particella di antimateria (v. oltre), il positrone (antiparticella dell’elettrone, o antielettrone), la cui esistenza era stata prevista teoricamente qualche anno prima (occorsero più di vent’anni prima che venisseindividuatalaseconda,l’antiprotone,malateoriacominciavaadareisuoifrutti).Semprenegli anni’30sifecestradal’ideacheleforzeadistanza,attraversolequaliinteragisconoicorpi,fossero spiegabiliinterminidiparticellediscambio,chefunzionanodacollante(omediatori)perl’interazione, nel senso che lo scambio di tali particelle è ciò che dà origine all’interazione. Questa teoria, con opportuniaggiustamenti,èallabasedellemoderneteoriefisiche,fondatesull’elettrodinamicaquantistica (v. oltre), che permisero di mettere ordine nella compagine delle particelle via via scoperte, classificandoleinbaseall’interazioneacuisonosensibili. Lanozionestessadiparticellaelementareèstrettamentelegataaimetodidiindaginedisponibiliinuna dataepocastorica:neglianni’60vennepropostal’ipotesichealcuneparticelle,tracuiilneutroneeil protone,fossero“menoelementari”dialtre,ovverochefosseroalorovoltacostituitedaaltreparticelle (i quark, v. oltre), difficilissime da osservare. La fisica delle particelle ha acquistato una struttura concettuale coerente, confermata da un gran numero di evidenze sperimentali, grazie alle altissime energie raggiungibili con i moderni acceleratori di particelle. Si pensa che attraverso lo studio della materia alle alte energie si possa arrivare a simulare i primi istanti dell’Universo e a scoprire il comportamentodellamaterianelmomentodelBigBang. GLIACCELERATORIDIPARTICELLE Gliacceleratoridiparticellesonostrumentidiindaginedellamateriachepermettonodiaccelerare,tramitecampielettromagnetici,particelle elettricamentecariche(comeprotoniedelettroni)eioni,perfarlecollidereleuneconlealtreopercolpirebersagliopportunialloscopodi studiare le interazioni che subiscono. L’energia prodotta dalla collisione può inoltre dare origine a nuove particelle, di vita media estremamentebreve,chenonesistonoincondizioninormali.Gliacceleratorisonoingenereclassificatiinbasealsistemadiaccelerazionee alla traiettoria seguita dal fascio. Quelli in cui la traiettoria è rettilinea sono gli acceleratori lineari, che vengono usati per accelerare protoni,elettroni,particelleαeioni:sonocostituitidatubiinsuccessionedilunghezzacrescente,inseritiinunastrutturalineare,neiqualile particellevengonoacceleratemediantecampielettricialternatieinviatealbersaglio.L’acceleratorelinearepiùpotenteèloSLC(Stanford LinearCollider),negliStatiUniti,cheraggiungeenergiedioltre100GeV. Negliacceleratoricircolari(ciclotrone,betatrone,sincrotroneecc.)latraiettoriadelleparticellevienecurvatadallacosiddettaforzadi Lorentz generata da un campo magnetico e l’accelerazione è impressa da campi elettrici o magnetici variabili. Uno dei più potenti acceleratoricircolarièilLEP(LargeElectron-PositronAccelerator)delCERNdiGinevra:ilLEPèunanellodiaccumulazione,lungo27 km, che opera su due fasci di particelle (in questo caso elettroni e positroni) che viaggiano in direzioni opposte, facendole scontrare frontalmente.IlLEPraggiungeenergiedi200GeV,masulsuoanelloèattualmenteincostruzioneunnuovoepiùpotenteacceleratore,il LHC(LargeHadronCollider), con magneti estremamente più potenti che permetteranno di raggiungere energie dell’ordine di 14 TeV (teraelettronvolt=1012eV). •L’antimateria Aogniparticellacorrispondeun’antiparticella Materiaeantimateriasiannullanoavicenda Lascopertadelpositrone, di cui si è accennato trattando il decadimento β, con la stessa caratteristica dell’elettrone ma con carica positiva, fu la prima conferma dell’ipotesi che a tutte le particelle materiali corrisponda un’antiparticella, avente uguale massa ma con altre caratteristiche (tra cui la carica) opposte. L’esistenza dell’antimateria, ipotizzata teoricamente dal fisico inglese P.A.M. Dirac (1902-1984), ebbe una seconda conferma nel 1956, con la scoperta dell’antiprotone (il protone con caricanegativa),cuiseguìlascopertadell’antineutrone(chedifferiscedalneutroneperunaproprietà magnetica). Materiaeantimaterianonpossonocoesistere:quandounaparticellaincontralasuaantiparticellaavviene ilprocessodell’annichilazione,cioèentrambescompaionoevengonosostituitedaunacoppiadifotoni energetici, dai quali a loro volta si creano nuove particelle, con liberazione di energia (è per questo motivo che le antiparticelle sono difficili da osservare). I fisici ritengono che nei primi istanti di vita dell’Universo materia e antimateria fossero presenti in misura quasi uguale, ma la materia ebbe il sopravvento grazie alla presenza di una particella, detta bosone di Higgs, di cui si spera di trovare le tracceconnuoviepotentiacceleratoriattualmenteincostruzione. •Iquark Icomponentideinucleoni Saporiecolorideterminanolecaratteristichedeiquark Lacromodinamicaquantistica Iquarknonesistonoisolati Attornoal1960ilfisicostatunitenseM.Gell-Mannintrodussel’ipotesi,oggilargamenteaccettata,chele particelle che compongono il nucleo, protoni e neutroni, sono a loro volta costituite da una combinazione di tre particelle fondamentali, che chiamò quark (il nome quark fu probabilmente suggeritoaGell-ManndaunoscuropassaggiodelromanzodiJamesJoyceLavegliadiFinnegan,dove silegge:“ThreequarksforMusterMark!”).Iquarkhannocaricaelettricafrazionaria(paria1/3o2/3 dellacaricaelementaredell’elettrone),positivaonegativa,epossiedonounospinparia1/2.Gell-Mann ipotizzò l’esistenza di sei diversi tipi di quark, ciascuno caratterizzato da un particolare sapore (un’espressionedipurafantasiachenonrappresentaquellochecomunementesiintendeconsapore),che ne determina il comportamento. I sei sapori dei quark (v. tab. 25.3) sono up (su), down (giù), strange (stranezza),beauty(bellezza),charm(fascino)etop(alto).Inseguito,pernoninfrangereilprincipiodi esclusione di Pauli, che deve valere per tutte le particelle a spin semintero, introdusse una seconda caratteristica,ilcolore(ancheinquestocasononvièalcunacorrelazioneconicolorinelsensocomune deltermine),percuiogniquarkpuòpresentarsiinunodeitrecolori:rosso,blueverde. Saporiecoloripossonoesserevisticomeinumeriquanticideiquark,ostatidiversidiunostessoquark, di cui esistono nove combinazioni possibili (sei sapori per tre colori). La teoria che spiega il comportamentodeiquarkinbaseallalorodistinzioneincolorièlacromodinamicaquantistica.Perogni quarkesisteilrelativoantiquark,caratterizzatodalcorrispondenteantisaporeeconunanticolore.Tutte leparticelledellastessafamigliadelneutroneedelprotone(dettebarioni)sonocostituitedatrequark, mentre particelle più leggere ne contengono solo due (i mesoni). La composizione in termini di quark delleparticelleèillustratanellatabella25.5.Lasommaalgebricadellecarichefrazionariedeiquarkin un neutrone è zero (e infatti la carica del neutrone è nulla), ma la presenza di cariche al suo interno potrebbegiustificarealcuneproprietàmagnetichedelneutronealtrimentiinaspettate. Secondoilmodelloaquarkdeinucleoni,iquarknonpossonoessereosservatisingolarmente perché l’interazionefortechelitieneunitiaformareilnucleonediventamanmanopiùintensaquandoiquark vengonoallontanati,comesesitrattassediunamolla.Leconfermesperimentalidell’esistenzadeiquark sono solo indirette. L’ultima risale al 1994 ed è avvenuta al Fermilab di Chicago, dove un gruppo di fisicidirettidall’italianoGiorgioBellettinihaindividuatotraccedell’unicoquarkancoranonosservato, ilquarktop,nell’acceleratorediprotoniCDF(ColliderDetectoratFermilab). Tabella25.3Iseiquarkelelorocaratteristicheprincipali SAPORE SIMBOLO MASSA(GeV) CARICA(UNITÀELETTRONICHE) CONFERMASPERIMENTALE up u 0,0005 +2/3 1963 down d 0,010 –1/3 1963 strange s 0,15 –1/3 1974 charm c 1,35 +2/3 1974 top t >89 +2/3 1994 beauty b 4,5 –1/3 1977 •L’interazionedeboleeleinterazionifondamentali Laquartainterazionefondamentale:l’interazionedebole Imediatoridelleinterazionifondamentali LaTeoriadellaGrandeUnificazione L’elenco delle possibili interazioni che si esercitano tra corpi comprende, oltre all’interazione gravitazionale (v. cap. 6), all’interazione elettromagnetica (v. cap. 15) e all’interazione nucleare forte, responsabiledellacoesionedeinuclei,unquartotipodiforza,dettainterazionedebole,chesiesercita traparticolaritipidiparticelleelementarichiamateleptoni(dicuifannopartel’elettroneeilneutrino) edèresponsabiledeldecadimentoradioattivoβneinuclei.L’interazionedeboleècirca10–10voltemeno intensa dell’interazione elettromagnetica e ha un raggio d’azione 10–2 volte più piccolo di quello dell’interazione forte. Come per l’interazione forte, anche per quella debole non esiste un’espressione matematicachenedescriveilcomportamento. In un’interpretazione moderna della fisica (secondo una teoria detta elettrodinamica quantistica) le quattrointerazionifondamentalisonovisteattraversoloscambiodiunquantod’azione tra i corpi cheinteragiscono:leinterazioniavvengonoattraversoloscambiodiunaparticella,caratteristicadi ogniinterazione(v.tab.25.4).Perl’interazionegravitazionaleilquantod’azionesarebbeunaparticella detta gravitone, che però a tutt’oggi non è stata osservata; per l’interazione elettromagnetica il quanto d’azioneèilfotone;perl’interazioneforteèilgluone,anch’essosoloprevistoteoricamente.Infine,per l’interazionedeboleèilbosoneintermedio,osservatoperlaprimavoltanel1983dalgruppodiCarlo RubbianeilaboratoridelCERNdiGinevra. Percapirecomefunzionailmediatorediunaforza,siconsideriildecadimentoβ:secondoilmodelloa quark dei nucleoni, il decadimento β avviene per fasi, nelle quali uno dei quark che compongono il nucleonesitrasformainunaltroconl’emissionediunbosoneintermedio,chedecadeasuavoltainun positrone(oinunelettrone,asecondadeltipodidecadimentoβ,v.par.precedente)einunneutrino(oin unantineutrino). Uno degli sforzi principali della fisica attuale è quello di unificare teoricamente le interazioni fondamentaliinununicomodello,nelqualeciascunadiesserappresentiundiversomododiappariredi un’unica forza originaria, ipoteticamente presente nei primi istanti dell’Universo. Le forze elettromagneticaedebolesonostateraggruppate,secondounateoriarisalenteall’iniziodeglianni’70,in unaforzachevienedettaelettrodebole,maglisforziperincludereglialtritipidiinterazione,sehanno portato finora alla formulazione di teorie molto sofisticate dal punto di vista matematico, non hanno tuttaviaancoraavutoconfermenegliesperimenti.Lateoriachestudialeinterazionifondamentalielaloro possibileunificazioneèlaTeoriadellaGrandeUnificazione(GUT,daGrandUnifiedTheory). Tabella25.4Lequattrointerazionifondamentalielelorocaratteristiche INTERAZIONE MEDIATORI INTENSITÀRELATIVA RAGGIOD’AZIONE gravitazionale gravitoni 10–39 infinito elettromagnetica fotoni 10–2 infinito nucleareforte gluoni 1 10–13cm nuclearedebole bosoniintermedi 10–13 10–15cm •Lefamigliediparticelle Classificazionedelleparticelle Imediatori Ileptoni Gliadroni Leparticelleelementaricitatefinora,elemoltealtreancorascopertegrazieall’impiegodeipiùmoderni acceleratori di particelle in esercizio, vengono in genere classificate secondo uno schema che le raggruppa in tre grandi famiglie (v. tab. 25.5) e divise a seconda del tipo di interazione della quale risentono. La prima famiglia riunisce le particelle che sono considerate i mediatori delle forze fondamentali: il fotone,chetrasportalaforzaelettromagnetica;ilgluone,chetrasportalaforzaforte;ibosoniintermedi, chetrasportanolaforzadebole;evirtualmenteilgravitone,mediatoredellaforzagravitazionale. Lasecondafamigliaèrappresentatadaileptoni,checomprendonol’elettrone,ilneutrino,ilmuoneela particella tau. I leptoni interagiscono attraverso la forza debole e attraverso quella elettromagnetica, hanno masse relativamente piccole o quasi nulle (come i neutrini) e sono particelle fondamentali, cioè nonulteriormentedivisibili. Laterzafamiglia,piùpopolatadelleprecedenti,èrappresentatadagliadroni. Gli adroni interagiscono attraversol’interazionenucleareforteesonosuddivisiinduecategorie:imesonieibarioni. I mesoni comprendonoparticelledettepioni,kaonieleparticelleeta,mentreibarioni,piùpesanti,comprendono iduenucleoni(protoneeneutrone),leparticellelambda,leparticellesigmaeleparticellexi.Tuttigli adroni sono a loro volta costituiti da quark e non sono quindi particelle fondamentali. I barioni sono formati ciascuno da tre quark (non necessariamente diversi), mentre i mesoni da un quark e da un antiquark,nonnecessariamentedellostessotipo. Tabella25.5Classificazionedelleparticelleelementarielorocaratteristiche TIPODIPARTICELLA SIMBOLO QUARK COMPONENTI CARICA ELETTRICA ANTIPARTICELLA o fotone γ - 0 - gluone g - 0 - bosone W+ - -1 - W- - -1 - Z0 - 0 - leptoni elettrone e- - -1 e+ neutrino elettronico νe - 0 νe muone μ- - -1 μ+ neutrinomuonico νμ - 0 νμ tauone τ- - -1 τ+ neutrinotauonico ντ - 0 ντ adroni mesoni pione π+ ud +1 π- mediatori portatori kaone K+ us +1 K- barioni protone p uud +1 p- neutrone n ddu 0 n0 lambda Λ0 sud 0 Λ0 sigma Σ+ uus +1 Σ+ Σ- dds -1 Σ- xi Ξ0 uss 0 Ξ0 Ξ- dss -1 Ξ+ GLOSSARIO Antiparticella Particellaelementaredimassaugualeallasuacorrispondenteparticella,maconaltrecaratteristiche(tracuilacaricaelettrica)opposte. Datazione Determinazionedell’etàdiunaroccia,diunfossileodialtro,basatasuldecadimentoradioattivo. Difettodimassa Differenzatralasommadellemassedeinucleonidiunnucleoatomicoelamassadelnucleostesso.SecondolarelazionediEinsteinche lega la massa all’energia, il difetto di massa corrisponde all’energia di legame del nucleo, ovvero all’energia necessaria per separare un nucleonedalnucleo. Famigliadiparticelle Ciascuna delle tre grandi famiglie nelle quali vengono divise le particelle elementari: i vettori dell’interazione, i leptoni (che comprendono elettronieneutrini)egliadroni,divisiinbarioni(checomprendonoprotonieneutroni)emesoni. Famigliaradioattiva Ciascunadelletreprincipaliserie(ofamiglie)dielementiradioattivinaturali,ilcuicapostipitedecadeinunelementoinstabile,chesubiscea suavoltaunprocessodidecadimento,ecosìviafinoadarrivareaunelementostabile. Fissionenucleare Divisionediunnucleoatomicodiunelementopesanteinpiùframmenti,costituitidanucleidielementipiùleggeri.Ilprocessodifissioneè accompagnatodall’emissionedineutroniedallaliberazionedigrandiquantitàdienergia.Iprotoniprodottinelprocessopossonoindurreuna reazioneacatena. Fusionenucleare Reazione nella quale due nuclei di un elemento leggero si uniscono per formare il nucleo di un elemento più pesante, con liberazione di energia. Interazionedebole Una delle quattro interazioni fondamentali, responsabile del decadimento β. Le quattro interazioni fondamentali sono l’interazione gravitazionale,l’elettromagnetica,l’interazioneforteeladebole.Leinterazionifondamentalisonoveicolatedaaltrettanteparticelle,dette quantid’azione,ovettoridell’interazione.Ilquantod’azioneperl’interazionedeboleèilbosoneintermedio,quelloperl’interazioneforteil gluone,perl’interazioneelettromagneticailfotoneeinfineperl’interazionegravitazionaleilgravitone,maiosservato. Interazionenucleareforte Tipo di interazione fondamentale responsabile della coesione dei nucleoni nel nucleo, caratterizzata da una forte intensità e da un corto raggiod’azione,limitatoalledimensionidelnucleo. Isotopi Nucleiconugualenumerodiprotoniediversonumerodineutroni.Ilrapportotraiduenucleonideterminalastabilitàdiunnucleo.Inuclei naturalmenteinstabilitendonoaraggiungereunostatostabileemettendounaparticella. Neutrino Particellaelementarecaratterizzatadaunapiccolissimamassaeprivadicarica,emessaneldecadimentoβ. Nucleone Termine con il quale vengono designati i due componenti del nucleo atomico, il protone, di carica positiva, e il neutrone, elettricamente neutro.IlnumerodiprotoniinunnucleoèdatodalnumeroatomicoZ,ilnumerodineutronidalnumeroNeilnumerodimassaA=Z+N indicailnumerototaledeinucleoni. Particelleelementari Costituentidellamateria,alcunideiqualifondamentali(nonulteriormentedivisibili)ealtricompostialorovoltadaparticelle. Quark Particellaelementare,osservatasoloindirettamente,costituentefondamentaledialcuneparticelle,tracuiprotonieneutroni. Radioattività Fenomeno per il quale il nucleo di alcuni atomi si trasforma emettendo radiazioni corpuscolari o elettromagnetiche. Si dice che il nucleo subisce un processo di decadimento. Esistono tre tipi principali di decadimento radioattivo, il decadimento α, nel quale il nucleo emette nuclei di elio, il decadimento β, nel quale il nucleo emette elettroni negativi o positivi (positroni), e il decadimento γ, che comporta l’emissionediradiazionefortementeionizzante. Tempodidimezzamento Tempooccorrenteperchéilnumerodinucleidiunelementoradioattivosiriducadellametà. Unitàdimassaatomica Unitàdimisurautilizzataperisistemiatomicienucleari,definitacome1/12dellamassadell’isotopodelcarbonio-12. TESTDIVERIFICA 1. Quantineutroniequantiprotonicisononell’isotopo238 92 U? 2. Perchél’energiadilegamediunnucleoeildifettodimassasonocorrelati? 3. Checosaaccadedelnumeroatomicoedelnumerodimassadiunnucleochesubisceunprocessodidecadimentoα? 4. Perchénelprocessodifissionesipuòinnescareunareazioneacatena? 5. Dichecosasonocostituitigliadroni?Eileptoni? 26LARELATIVITÀ LateoriadellarelativitàfuenunciatadaA.Einsteinall’iniziodel’900conl’intentoprincipalediunificaretutteleleggidellafisica in un unico corpo omogeneo. Fino ad allora, infatti, le leggi della meccanica classica godevano di una posizione privilegiata rispetto a quelle dell’elettromagnetismo e dell’ottica, perché potevano essere considerate invarianti per tutti i sistemi di riferimento inerziali; tuttavia, la costanza della velocità della luce, che non dipende dalla velocità della sorgente, sembrava contraddire i principidirelativitàclassici.Lateoriadellarelativitànascepropriodaltentativodiunificaretutteleleggidellanaturaesidividein duegrandicapitoli:lateoriadellarelativitàristretta,ospeciale,elateoriadellarelativitàgenerale,enunciatedaEinsteinadistanza diunadecinadianni.Nellarelativitàristretta(1905)vengonotrattatiisistemichesimuovonodimotorettilineouniforme,mentrela relatività generale (1915) estende i concetti di relatività ai sistemi che si muovono di moto qualunque. La grande importanza dell’introduzione dei concetti relativistici di spazio, ma soprattutto di tempo, nella fisica ha rivoluzionato la precedente visione del mondo,dovespazioetempoeranoindipendenti,ehainfluenzatoinseguitomoltealtrediscipline,finoainvestirelaculturanelsuo insieme. 26.1Checos’èlarelatività Lateoriadellarelativitàèun’interpretazionecomplessa,cheabbraccialanaturadellospazio,deltempo, dell’energia e della gravitazione; fu formulata da A. Einstein nel tentativo di unificare i fenomeni meccanici, che sottostavano alle leggi della meccanica classica di Newton, e i fenomeni elettrici e magnetici, descritti dalla teoria dell’elettromagnetismo di Maxwell. I due gruppi di equazioni erano basatisudueipotesifondamentalmentediverse.Secondolameccanicaclassicaiconcettidispazioedi temposonoconcettiassolutieleleggicheregolanoilmotodeicorpidevonovalere,invariate,perun osservatoreinquieteeperunosservatoreinmotorettilineouniforme.Secondol’elettromagnetismole ondeelettromagnetichesipropaganoconunavelocitàfinita,lavelocitàdellaluce,indipendentedal motodellasorgente,eciòappareincontrastoconleleggidellameccanicaclassica. All’inizio del XX secolo i fisici teorici si impegnarono nel tentativo di superare il dualismo tra i fenomenimeccaniciequellielettromagneticiediinquadrarlientroununicoschema,adattandoisecondi alleleggidellameccanicaclassica.Einsteinintuìchenoneranoleleggidell’elettromagnetismoche dovevanoesserecambiate,bensìquelledellameccanica,introducendoiconcettidispazioeditempo relativi;inparticolare,eglicompresecomedevonoesseredescrittiglieventiquandovengonoosservati daduediversisistemidiriferimento.LaprimapartedellateoriadellarelativitàdiEinstein,enunciatanel 1905 e applicata ai sistemi in moto rettilineo uniforme, viene detta teoria della relatività ristretta (o speciale)efuestesaaisistemiinmotoacceleratonel1915,conlateoriadellarelativitàgenerale. 26.2Isistemidiriferimentoinerziali Isistemidiriferimentoinerziali Ilprincipiodirelativitànellafisicaclassica Ilmotorelativo TrasformazionidiGalileo Lacomposizionedellevelocitànonvaleperlaluce Laconfermasperimentaledell’invarianzadellavelocitàdellaluce Lavelocitàdellaluceècostante Unsistemadiriferimento(v.cap.3)èl’insiemedeglielementigeometricicheservonoperdeterminarela posizione di un punto nello spazio e per descrivere il suo moto e le azioni che agiscono su di esso. Particolareimportanzainfisicaassumonoisistemidiriferimentoinerziali,periqualiappuntovalgonole leggifondamentalidellameccanicaclassica. Inunsistemadiriferimentoinerzialeuncorpoinquieteoinmotorettilineouniformepermanenellasua condizione fino a che non interviene una forza a modificarne lo stato: in particolare, quindi, in un tale sistemadiriferimentovaleilprincipiodiinerzia;unsistemachesimuovedimotorettilineouniformeè unsistemadiriferimentoinerziale,mentrenonloè,peresempio,unsistemarotante. Nell’ambitodellameccanicaclassicaunprincipiodirelativitàfuformulatoperlaprimavoltadaGalileo Galilei nel 1630; si tratta del cosiddetto principio di relatività galileiana, secondo cui le leggi della meccanica (sistematizzate in seguito da Newton) devono valere identiche per due osservatori che assumanocomesistemidiriferimentoduesistemiinerziali(definitiinquestocasocomeisistemisolidali conlestellefisseodognialtrosistemadiriferimentoinmototraslatorioavelocitàcostante,convelocità qualsiasi,rispettoaquellodellestellefisse).IlprincipiodirelativitàdiGalileoimplicachenonesiste alcunmodoperdeterminareconesperimentiseunosservatoresitrovisuunsistemainquieteosu unsistemainmotorettilineouniformeeche,diconseguenza,hasensosoloparlaredimoto relativo deiduesistemil’unorispettoall’altro,manonhaalcunsensostabilirequaledeiduesistemièinquietee qualeinmotoripettoall’altro.Peresempio,leleggicheregolanoilmotodiuncorposonolestesseper unosservatoreinquieteeperunosservatorecheviaggiasuuntrenoavelocitàcostante:ciòsignificache idueosservatorinonhannoalcunmodoperstabilire,attraversoesperimentidimeccanica,sesitrovano inmotooinquiete.Diconseguenza,perilprincipiodirelativitàdiGalileo,sipuòugualmentedirecheil treno si muove rispetto all’osservatore in quiete o che l’osservatore si muove rispetto al treno. Ciò implica, utilizzando un formalismo matematico, che le leggi della meccanica sono invarianti se, considerandoduesistemidiriferimentoOeO’,aventirispettivamentecomeassix,y,zex’,y’,z’,conil sistemaO’inmototraslatorioavelocitàcostantevrispettoalsistemaOlungoilversopositivodell’asse x,sieffettuanoleseguentitrasformazioni,notecometrasformazionidiGalileo: x’=x–vt y’=y z’=z t’=t L’ultima trasformazione implica che il tempo è un concetto assoluto, invariato nei due sistemi di riferimento, e che quindi, in particolare, due eventi che sono simultanei in un sistema di riferimento si possonoconsideraresimultaneiinqualunquealtrosistemadiriferimentoinerzialenelqualeessivengano osservati. Setutteleleggidellanaturadevonovalereinvariateinqualunquesistemadiriferimentoinerziale,anche le leggi dell’elettromagnetismo devono sottostare a tale principio. Ma la teoria dell’elettromagnetismo implica che la velocità della luce sia una costante universale e di conseguenza invariante rispetto al sistemadiriferimento.Se,peresempio,siconsideraunosservatorecheviaggiasuuntrenoallavelocità costantedi80km/h,chelanciainavantiunoggettoallavelocitàdi20km/h,perunosservatorechesi trova fermo alla stazione l’oggetto sta viaggiando a una velocità di 100 km/h, secondo le leggi di composizionedellevelocitàderivatedalletrasformazionidiGalileo(lavelocitàdeltrenopiùlavelocità dell’oggetto).Unaluceemessadaunasorgentechesitrovaconl’osservatoresultreno,però,viaggiaalla medesima velocità, sia per l’osservatore che si trova sul treno, sia per quello fermo alla stazione, in apparente contraddizione con le trasformazioni di Galileo. La costanza della velocità della luce che comparenelleequazionidiMaxwellnonsembradipenderedaalcunsistemadiriferimento.Peruncerto periodo, alla fine del XIX sec. si pensò che la luce, anziché propagarsi nel vuoto, si propagasse in un ipoteticomezzotrasparente,chefuchiamatoetere,rispettoalqualelasuavelocitàeradi300.000km/s. Nel1886unesperimento,notosoprattuttoperchéfornìunrisultatocontrarioaquellocheisuoiideatori desideravanoottenere,dimostròdefinitivamentel’invarianzadellavelocitàdellaluceperognisistemadi riferimento.Duefisiciamericani,A.MichelsonedE.Morley,costruironounapparatosperimentaleallo scopodideterminarelavelocitàdellaTerrarispettoall’etere,confrontandolavelocitàdellalucequando simuovenelladirezionedelmototerrestreconlasuavelocitàperpendicolarmentealmotodellaTerra. LadifferenzatraquesteduevelocitàavrebbedovutodareunavalutazionedellavelocitàdellaTerranella suaorbitarispettoall’etere.Ilrisultato,chedalloropuntodivistafusemplicementenulloeliportòa credere che l’apparato costruito non fosse adatto per quel tipo di determinazione, fu che non esisteva alcunadifferenza,ovverochelavelocitàdellaluceècostante.Questoimplicachelavelocitàdellaluce nondipendedalmotorelativodellasorgente. 26.3Larelativitàristretta Ilprimopostulatodellarelativitàristretta Ilsecondopostulatodellarelativitàristretta Lateoriadellarelativitàristretta,ospeciale,fuformulatadaEinsteinattornoal1905,neltentativodi spiegare le contraddizioni insite nella fisica classica, e si applica ai sistemi che si muovono di moto rettilineo uniforme. In seguito venne estesa, attraverso la teoria della relatività generale, ai sistemi in moto qualunque. La teoria della relatività ristretta tratta quindi i fenomeni che avvengono in sistemi di riferimentoinerzialiesibasaessenzialmentesuduepostulatifondamentali. Ilprimopostulato,oprincipiodirelatività,stabiliscecheleleggidellafisicasonolestesseintuttii sistemidiriferimentoinerzialierappresentasostanzialmenteun’estensioneatutteleleggidellanatura delprincipiodirelativitàdiGalileo(chericonoscevacheleleggidellameccanicadovesserovalereper tuttiisistemidiriferimentoinerziali).Questosignificacheirisultatidiqualunqueesperimentodevono essereglistessiperqualunquesistemadiriferimentochesimuovadimotorettilineouniforme. Ilsecondopostulato,notocomeprincipiodicostanzadellavelocitàdellaluce,affermachelalucesi propaganelvuotoconunavelocitàfinita,paria: c=2,988•108m/s indipendentementedallavelocitàdellasorgentechel’haemessa.Questasecondaasserzione,sebbene oggi sia ampiamente accettata, appare in contraddizione con l’esperienza quotidiana, che sembra implicare che un oggetto che si muove verso un osservatore abbia una velocità maggiore se contemporaneamentel’osservatoresimuoveindirezionedell’oggetto,secondounaregolaintuitivadelle composizionidellevelocità,ovverochelavelocitàdiunoggettodipendaeffettivamentedalsistemadi riferimento.Questononvaleperlaluce. IduepostulatidiEinstein,chenonpossonoesseredimostrati,mahannoricevutoconfermedamoltidati sperimentali, hanno mutato profondamente le nozioni di spazio e di tempo, che non possono essere più considerati assoluti. Una delle maggiori conseguenze della teoria della relatività è che due eventi che sono simultanei in un sistema di riferimento possono non esserlo in un altro. Altre sorprendenti conseguenze sono date dal fatto che, a velocità relativistiche, cioè paragonabili a quelle della luce, si riscontrano una dilatazione dei tempi, una contrazione delle lunghezze e un aumento della massa degli oggetti. •LetrasformazionidiLorentz Larelativitàgalileianavaleancorapervelocitàmoltoinferioriaquelladellaluce RelazionetraduesistemidiriferimentoinerzialiperlarelativitàdiEinstein Iltempononèassoluto Quandolevelocitàdiunqualsiasicorpoinmovimentosonomoltoinferioriallavelocitàdellalucec, perpassaredaunsistemadiriferimentoinerzialeaunaltrosempreinerzialevalgonoletrasformazionidi Galileo anche per la fisica moderna. Come nel caso della meccanica quantistica (v. cap. 24), le leggi della fisica classica non vengono confutate dalla nuova teoria, che in questo caso è la teoria della relativitàristretta,maillorodominiodiappartenenzasirestringeaunnumerolimitatodifenomeni.Per quasi tutti i tipi di moti sperimentati nella vita quotidiana (quello di un treno, di un’automobile, di un palloneecc.)nonc’èbisognodiricorrereatrattazionirelativistiche,perchésitrattadivelocitàdigran lunga inferiori a quella della luce. Quando invece le velocità si avvicinano a quella della luce, le trasformazionidiGalileovengonosostituitedaunnuovogruppoditrasformazioni,dettetrasformazionidi Lorentz,introdotteinizialmentenel1904(inunaformaleggermentediversadaquelladerivatainseguito daEinstein)dalfisicoolandeseH.A.Lorentz(1853-1928)pergiustificareilfallimentodell’esperimento diMichelsoneMorley. DatiduesistemidiriferimentoinerzialiOeO’,dicoordinaterispettivamentex,y,zex’,y’,z’,doveO’ è in moto traslatorio rispetto a O nel verso positivo dell’asse x, con velocità costante υ, le trasformazionidiLorentzassumonolaforma: Sinotichenonsololatrasformazione(1)lungoladirezionedelmovimentoèmoltodiversadaquelladi Galileo, ma anche quella che riguarda il tempo (4), il che implica che il tempo non è un concetto assolutoeindipendente,madipendedalsistemadiriferimento.L’uguaglianza(4)haimplicazioniche a prima vista potrebbero sembrare paradossali, ma che sono una diretta conseguenza del principio di relatività:percomprenderleoccorreliberarsidellaconcezioneabitualeditempo.Leconseguenzedelle trasformazionidiLorentzsonoriassuntenelseguitodiquestoparagrafo. •Simultaneitàdidueeventi Dueeventisimultaneiperunsistemadiriferimentopossonononesserloperunaltro Dueeventisidiconosimultaneiseavvengonoesattamentenellostessoistanteditempo:secondolateoria della relatività, occorre tuttavia specificare l’osservatore che può stabilire che i due eventi avvengono allostessoistanteditempo. Sipuòaffermarechedueeventisonosimultaneiquandounosservatorericevedaentrambi,nellostesso istanteditempo,unsegnalechetrasmettel’evento:peresempio,sipuòdirechedueflashsonosimultanei se un osservatore riceve nel medesimo istante i due lampi di luce. Immaginiamo che l’osservatore sia fermo e che un secondo osservatore, che si muove di moto rettilineo uniforme rispetto al primo spostandosi nella direzione di uno dei due flash, si trovi in corrispondenza del primo osservatore nell’istante in cui, secondo quest’ultimo, vengono scattati entrambi i flash. Negli istanti successivi, l’osservatoreinmotositroveràpiùvicinoaunodeiflashericeveràprimaquellampodiluce,inquanto lalucehaunavelocitàfinitaediconseguenzaimpiegamenotempoacoprireunadistanzaminore.Per l’osservatoreinmoto,dunque,idueflashnonsonoscattatisimultaneamente.Inquestoragionamentonon haimportanzaqualedeidueosservatorisiainquieteequaleinmotorispettoall’altro,poichéilsecondo postulato della relatività afferma che la velocità della luce ha lo stesso valore in tutti i sistemi di riferimentoinerziali,siachelasorgentesiainquietesiachesimuovadimotorettilineouniforme. Sipuòaffermare,inconclusione,chedueeventi,simultaneiperunosservatore,possonononesserlo perunsecondoosservatore. •Ladilatazionedeltempo Unintervalloditempoèpiùlungoperunoggettoinmoto Confermedelladilatazionedeltempo Ilparadossodeigemelli L’astronavenonèunsistemadiriferimentoinerziale Come conseguenza delle trasformazioni di Lorentz, anche la durata di un fenomeno dipende dal sistemadiriferimentorispettoalqualeèmisurata.Sesiriprendel’esempiodeidueflash,cheperil primoosservatoresonoscattatisimultaneamentementreperilsecondoadueintervallidifferenti,sipuò pensare di misurare l’intervallo di tempo che intercorre tra i due eventi. Per il primo osservatore tale intervallo è nullo, poiché egli vede i due eventi simultanei, mentre il secondo misura un certo valore, diverso da zero, fra gli scatti dei due flash. La durata (Δt0) di un fenomeno misurata in un sistema di riferimento in quiete è quindi inferiore alla durata (Δt) misurata in un sistema di riferimento in moto rispettoalprimo:sipuòdirecheneisistemiinmovimentoiltemposidilata.Larelazionefraledue durate,seilsecondosistemaèinmotorispettoalprimoconvelocitàcostanteυ,èdatada: La dilatazione del tempo ha ricevuto un’evidenza sperimentale attraverso la fisica delle particelle elementari dell’atomo (v. cap. 25), in particolare nel decadimento delle particelle dette muoni (v. riquadro). La dilatazione del tempo ha messo in luce un apparente paradosso, noto con il nome di paradosso dei gemelli.Siimmaginicheunodiduegemellidi20anniintraprendaunaspedizionesuun’astronaveche viaggia ad alta velocità, in una direzione qualunque, e che dopo un certo tempo sia di ritorno, mentre l’altro rimanga sulla Terra. Il gemello sull’astronave dovrebbe invecchiare di meno di quello rimasto sulla Terra. Mentre trascorrono, per esempio, 20 anni per il gemello che resta a Terra, per l’altro potrebbepassarneunosolo,asecondadellavelocitàdell’astronave;quindi,alsuoritornoilgemelloche haviaggiatoavrebbesolo21anni,mentrequellorimastoaTerraavrebbe40anni.Secondoilpuntodi vista del gemello astronauta, però, la situazione è ribaltata, perché non esistono sistemi di riferimento inerzialipreferibili,esipotrebbedirecheilgemellorimastosullaTerraèinmotomentrequellocheha viaggiatoèfermo.Dunque,ainvecchiaresarebbeilgemelloastronautaearimaneregiovanesarebbeil gemello fermo. Ma, naturalmente, non possono avere entrambi ragione. In realtà si tratta solo di un apparenteparadosso,poiché,secondolateoriadellarelativitàristretta,ladilatazionetemporalesipuò applicare ai sistemi di riferimento inerziali e, se la Terra può essere considerata con buona approssimazione un sistema di riferimento inerziale, non può esserlo l’astronave, che nel suo tragitto devesubiredelleaccelerazioniperiniziareilviaggioeperterminarlo.Ladilatazionedeltempononvale quindi per il sistema di riferimento costituito dall’astronave e il suo punto di vista non può essere considerato corretto. La teoria della relatività generale, che tratta i sistemi accelerati, conferma questo risultato. LADILATAZIONEDELTEMPONELDECADIMENTODEIMUONI Ladilatazionedeltempopuòoggiesseremessainevidenzadaldecadimentodiunparticolaretipodiparticelleelementari,imuoni,prodotte neigrandiacceleratoridiparticelle,maeragiàprecedentementestataosservataneldecadimentodellostessotipodiparticelleprodotteper effettodell’interazionedeiraggicosmiciconl’atmosfera. Iraggicosmicisiformanoacirca10kmdialtezzae,viaggiandoaunavelocitàquasiugualeaquelladellaluce,impieganocirca3·10–5 secondi per raggiungere la superficie terrestre. I muoni però decadono in 1,52 · 10–6 secondi, un tempo circa 20 volte inferiore, e non dovrebbero quindi riuscire a raggiungere il suolo. Poiché si muovono così velocemente, la dilatazione del tempo diventa consistente e i muonidecadonoinuntempomoltomaggiore,riuscendoquindiadattraversarel’atmosfera. •Lacontrazionedellelunghezze Unoggettoinmotoèpiùcortodiunoggettofermo Unaltroeffettorelativisticoèquellodenominatocontrazionedellelunghezze;consistenelfattochela misura di un oggetto, quando esso è in movimento rispetto al sistema di riferimento in cui avviene la misura,èminoredelvaloremisuratoquandoessoèfermorispettoalmedesimosistemadiriferimento(o, analogamente, se il sistema di riferimento è, rispettivamente, in moto o fermo rispetto all’oggetto da misurare).Lamisuradell’oggettoeffettuatadafermovienedettalunghezzapropria.SeLèlalunghezza dell’oggettomisuratadalsistemadiriferimentoinmotoeL0èquellamisuratadalsistemadiriferimento inquiete,valelarelazione: che significa che l’oggetto in movimento risulta più corto dell’oggetto fermo. Gli effetti di questa relazionesonotantopiùevidentiquantopiùlavelocitàυsiavvicinaac,mentrepervelocitàinferiorila contrazionedellelunghezzeètrascurabile. •Lospazio-tempo Lecoordinatechedescrivonouneventosonoquattro Lo spazio-tempo, in accordo con la teoria della relatività, è uno spazio quadridimensionale che descrive la geometria dell’Universo, in cui alle tre coordinate spaziali (x, y, e z) è associata la coordinatatemporalet.Mentrenell’Universoconcepitodallafisicaclassicalaposizionediunoggetto in movimento (descritta dalle tre coordinate spaziali) e il tempo che trascorre durante il moto dell’oggetto sono grandezze fisiche indipendenti e separate, i postulati della teoria della relatività richiedono che intervalli di spazio e intervalli di tempo siano strettamente correlati tra loro. Le lunghezze di un oggetto in moto relativistico si contraggono, ma, contemporaneamente, gli intervalli di temposidilatano:leduegrandezzesonointimamenteconnesse.Questaconsiderazionehaportatoall’idea che a un evento relativistico generico possano venire associate quattro coordinate, in grado di descriverne lo stato fisico: tre coordinate spaziali (x, y, z) e una quarta coordinata temporale t. Nella fisicaclassicaaunmedesimoeventosonoassociate,induesistemidiriferimento,duetriplettedivalori delletrecoordinatespazialiinundatoistante;nellafisicarelativistica,aunmedesimoeventoduesistemi di coordinate associano nello spazio-tempo (detto anche cronotopo) due quadruplette di valori delle coordinatex,y,z,tex’,y’,z’,t’collegatetralorodalletrasformazionidiLorentz. •Lamassarelativistica Lamassadiuncorpoinmotoèmaggiorediquelladiuncorpofermo Calcolodellamassadiuncorpoinmoto LasecondaleggediNewtonriscrittasecondolarelatività Le tre grandezze fondamentali che descrivono un sistema meccanico sono la lunghezza, il tempo e la massa. Secondo la teoria della relatività ristretta, le prime due sono relative, ovvero dipendono dal sistemadiriferimentonelqualevengonomisurate.Cisipotrebbeaspettarechelosiaanchelaterza.E infattiEinsteindimostròchelamassadiunoggettocrescealcresceredellasuavelocità.Insostanza, occorre abbandonare il concetto classico che assume la massa come una grandezza costante. Un corpo che,quandoèfermorispettoalsistemadiriferimentoincuiavvienelamisura,haunamassam0, detta massaariposo,quandoèinmotoavelocitàυhaunamassam,legataallamassaariposodallarelazione: Nella fisica delle particelle elementari, per esempio negli esperimenti con i muoni, la crescita relativisticadellamassadelleparticelleèstataconfermatanumerosevolteelarelazionescrittasoprasi èdimostratavalida.Poichélamassadiunoggettononècostante,madipendestrettamentedallavelocità dell’oggettoinmoto,nellameccanicarelativisticalarelazionediNewton,cioèilprincipiofondamentale delladinamica: F=ma deveesseresostituitadallarelazione: (Δmv) F= Δt checorrettamentesiscrive: dovelanotazioned/dtrappresentaladerivata(v.Appendice)temporaledellagrandezzaespressanella parentesi. •Equivalenzamassa-energia Lamassaèunaformadienergia EquazionediEinstein Confermedell’equivalenzamassa-energia Secondolarelazionerelativisticaperlamassadiuncorpo,quandolasuavelocitàsiapprossimaaquella dellalucelasuamassaaumenta.Lavelocitàcrappresentaunlimitesuperiorenonvalicabile:infattisev =c,nellarelazione(1)cherappresentalamassadelcorpolaquantitàadenominatoresarebbeugualea0 e di conseguenza il corpo assumerebbe una massa infinita. La velocità della luce, quindi, si conferma comevelocitàlimite,chenonpuòesseresuperata. Quandosiapplicaunaforzaaunoggetto,questoaumentalasuavelocità.Quandolavelocitàdelcorposi avvicinaaquelladellaluce,nonpuòpiùaumentare,perchénonpuòsuperareilvalorec.Questosignifica cheillavorocompiutosulcorpovaadaumentarelasuamassa,mentrenormalmenteillavorocompiuto suuncorpoaumentalasuaenergia.Massaedenergia,secondolateoriadellarelativitàristretta,sono grandezzeintercambiabili,cioèlamassaèunaformadienergia(comeèstatoaccennatonelcapitolo 25). La relazione che lega la massa di un corpo alla sua energia, nota come equazione di Einstein, o relazionediequivalenzamassa-energia,èdatada: E=mc2 Questarelazione,cherappresentailcuoredellateoriadellarelativitàdiEinstein,haavutonellafisica nucleare e nella fisica delle particelle numerosissime conferme e ha portato all’idea fondamentale secondocui,selamassaèunaformadienergia,allorapuòessereconvertitainaltreformedienergia, cosa che infatti avviene nei decadimenti delle particelle e, in particolare, nei processi di fissione e di fusione nucleare (si è osservato, per esempio, che particelle quali i pioni quando decadono si trasformanocompletamenteinfotoni,puraenergiaelettromagnetica). La teoria della relatività ristretta, così come è stata esposta in questo paragrafo, non ha al momento ricevuto smentite dai dati sperimentali, mentre ha ricevuto numerose conferme nel campo della fisica dellealteenergie. 26.4Larelativitàgenerale Lateoriadellarelativitàgeneraleèancheunateoriadellagravitazione Lacurvaturadellospazio-tempo Larelativitàperisistemidiriferimentononinerziali Ilprincipiodiequivalenza Confermedellarelativitàgenerale Ibuchinerisonoprevistidallarelativitàgenerale La teoria della relatività generale estende i concetti di base della relatività speciale ai sistemi di riferimento non inerziali, che sono cioè in moto a velocità non costante e quindi soggetti a un’accelerazione. L’idea centrale di questa teoria, che Einstein sviluppò attorno al 1916, è che nei sistemidiriferimentononinerzialisiproducanoeffettianaloghiaquelliassociatiallaforzadigravità.In questosensolateoriadellarelativitàgeneralerappresentaunateoriadellagravitazione. PerEinstein,insostanza,lacausadelmotodeglioggetti,einparticolarediquellisottopostiallaforza di gravità (per esempio, i pianeti attorno al Sole), non è una forza che agisce a distanza, nel senso newtoniano della forza di gravità, ma la modifica della geometria dello spazio nel quale si muove l’oggetto.Lospazio-temponelqualel’oggettosimuovevieneincurvatoacausadellapresenzadigrandi masse e questa curvatura determina la traiettoria dell’oggetto (v. fig. 26.1). Si può spiegare semplicemente questo fenomeno pensando a un foglio di plastica sospeso su un’intelaiatura rigida, sul quale venga fatta rotolare una palla pesante: la palla tende a incurvare il foglio e di conseguenza ogni altrooggettochevengapostosulfogliotenderàadavvicinarsiallapallaacausadellacurvaturachesiè prodotta.Ilmotodiunapietrachecadeinuncampogravitazionaleèdeterminatonondallaforzaprodotta dalla massa che genera il campo, ma dalla curvatura dello spazio-tempo nel punto in cui si trova la pietra. Lo spazio-tempo controlla la massa “dettandole” il moto, mentre la massa, a sua volta, controllalospazio-tempodeterminandonelacurvatura. Alla base della relatività generale risiede l’idea per cui, se è impossibile per la relatività ristretta distingueretraduesistemidiriferimentoinerziali,alloraleleggidellafisicadevonoesserelestesseper tutti i sistemi di riferimento inerziali. Ma che cosa succede se il sistema di riferimento è accelerato? Einstein riteneva che tutti i sistemi di riferimento dovessero essere equivalenti per quanto riguarda la formulazione delle leggi fisiche. Questa affermazione rappresenta il principio di invarianza, alla base dellateoriadellarelativitàgenerale. Per incorporare i sistemi di riferimento non inerziali Einstein formulò il principio di equivalenza, che stabiliscechenonèpossibiledistingueretraifenomeniosservatiinuncampogravitazionaleuniformee quelli osservati in un sistema mobile con accelerazione costante. Al riguardo egli propose il noto esperimento dell’ascensore: un osservatore in moto in un ascensore in caduta libera in un campo gravitazionaleuniformesperimentaimedesimieffettidiunosservatorechesitrovisuunascensoreposto nelvuotoadaccelerazionecostante.IlprincipiodiequivalenzadiEinsteinoltrecheperleleggidella meccanicavaleanchepertutteleleggifisiche,compresol’elettromagnetismo.Nonsololamassaè soggetta alla curvatura dello spazio-tempo, ma anche la luce, la cui traiettoria può venire deflessa in corrispondenzadiuncampogravitazionale. Duranteil1919,un’eclissitotalediSolepermiseadalcuniscienziatidimisurareladeflessionesubita dallalucedellestellenelpassarevicinoalSole,eladeflessioneerainbuonaccordoconquellamisurata teoricamente da Einstein. Questo episodio venne considerato la prima conferma della teoria generale dellarelatività. Figura26.1Curvaturadellospaziotempodeterminatadalpesodiunamassa. Poiché la teoria della relatività generale può essere considerata una teoria della gravitazione, essa rappresenta lo strumento teorico ideale per la trattazione dei fenomeni astrofisici e cosmologici. Ed è appunto da queste discipline che vengono le conferme alla validità della teoria di Einstein. Una delle maggioriconfermeallateoriaèconsideratalaspiegazionedell’avanzamentodelperieliodiMercurio.Il perielioèilpuntodell’orbitaellitticadiunpianetanelqualeessositrovapiùvicinoalSole;secondole leggidellameccanicaclassica,ilperieliodiunpianetasidovrebbetrovaresemprenellostessopunto. Considerando gli effetti di perturbazione sull’orbita, dovuti all’attrazione degli altri pianeti, si era pervenuti anche prima della teoria di Einstein a una correzione dell’avanzamento del perielio di Mercurio, che si discostava però ancora dalle misure di 43 secondi d’arco ogni secolo. Questa discrepanzatrovalasuaspiegazionesoloattraversolarelativitàgenerale,cheprevedechelacurvatura dello spazio dovuto alla massa del Sole produca esattamente questo avanzamento. Recenti misure del moto del pianeta hanno confermato l’esattezza delle previsioni sulle misure con uno scarto inferiore all’1%. L’esistenza dei buchi neri è considerata un’altra conferma alla relatività generale. Un buco nero è un oggettocelestedimassaedensitàtalmentegrandichenessunaltrooggetto,lucecompresa,puòsfuggire allasuaattrazione.Ancheinquestocasolarelativitàpuòdareunaspiegazionedelfenomenointerminidi curvatura dello spazio-tempo, pensando che la massa del buco nero sia tanto grande da deformare totalmente,fino“arichiuderlodietrodisé”,lospazio-tempoattornoaunoggettoconlecaratteristichedi unbuconero. GLOSSARIO Equivalenzamassa-energia Relazionetralamassadiuncorpoelasuaenergiasecondol’equazioneE=mc2. Massaariposo Massadiuncorpofermorispettoalsistemadiriferimentonelqualeavvienelamisura.Quandoilcorpoèinmotoavelocitàprossimea quelladellalucelamassadelcorpoaumenta. Principiodellacostanzadellavelocitàdellaluce Secondopostulatodellarelativitàristrettachestabiliscechelalucesipropaganelvuotoaunavelocitàcostantec,indipendentementedalla velocitàdellasorgentechel’haprodotta. Principiodiequivalenza Principiodellarelativitàgeneralechestabiliscechenonèpossibiledistingueretraifenomeniosservatiinuncampogravitazionaleuniforme equelliosservatiinunsistemamobileconaccelerazionecostante. Principiodiinvarianza Principio fondamentale della relatività generale che stabilisce che tutti i sistemi di riferimento sono equivalenti per quanto riguarda la formulazionedelleleggifisiche. Principiodirelatività Postulatofondamentaledellarelativitàristretta,chestabiliscecheleleggidellafisicasonolestesseintuttiisistemidiriferimentoinerziali. Principiodirelativitàgalileiana Stabiliscecheleleggidellameccanicaclassicadevonovalereidenticheperduesistemidiriferimentoinerziali. Relativitàgenerale Estensionedellarelativitàristrettaaisistemidiriferimentononinerziali,cioèdotatidimotononuniforme. Relativitàristretta,ospeciale Teoriachespiegaglieffettirelativisticiprodottineisistemidiriferimentoinerziali. Sistemadiriferimentoinerziale Sistema di riferimento nel quale vale il principio di inerzia, secondo cui un corpo in quiete o in moto rettilineo uniforme permane nel suo statofinoachenonintervieneunaforzaesternaamodificarlo. Spazio-tempo Spazioaquattrodimensioni,dicuitrespazialieunatemporale,chedescrivelageometriadell’Universosecondoleregoledellarelatività. TrasformazionidiLorentz Relazionitragrandezzemisurateinduesistemidiriferimentoinerzialisecondolarelativitàristretta. TESTDIVERIFICA 1. Cos’èunsistemadiriferimentoinerziale?Undiscochegiraavelocitàangolarecostanteèunsistemadiriferimento inerziale? 2. Qualèladifferenzatrailconcettoditemponellarelativitàclassicaequellonellarelativitàristretta? 3. Perchéèdifficileosservareleconseguenzedellarelativitàristrettanellavitaquotidiana? 4. Comevarialamassadiuncorpoconlavelocità? 5. Perchéleconfermesperimentaliallateoriadellarelativitàgeneralesonotuttenelcampoastrofisicoecosmologico? CALCOLIPERLAFISICA 1.Illimiteeladerivatadiunafunzione Limite Derivata L’operazionedilimiteperunafunzionediunavariabiley = f(x), definita nel riquadro a pagina 28 del capitolo 3, costituisce la base del calcolo infinitesimale. Il limite di una funzione si ottiene facendo tenderelavariabileindipendentexaunvalorelimitex0,chepuòesserefinitooinfinito.Inparticolare,il limiteèrappresentatodaquelvaloreincorrispondenzadelqualecadonotuttiivaloridellafunzionef(x), quandoxassumevalorisemprepiùprossimiax0.Lasimbologiautilizzataperindicarequestaoperazione è: esilegge:limitedif(x)perxchetendeax0. Sesiconsideraoraunvaloredixprossimoax0, e lo si indica con x0+h, dove h è una quantità molto piccola,mamainulla,geometricamentelaquantità: f(x0+h)-f(x0) h rappresentalapendenzadellarettache,inunpianocartesiano,intersecailgraficodiy=f(x)neipuntidi coordinate A=(x0, f(x0)) e B=(x0+h, f(x0+h)). Eseguendo il limite di tale quantità, il punto B tende ad avvicinarsialpuntoA,lungolacurvadelgraficodiy=f(x) e la retta tende ad assumere la posizione dellatangenteinAdellacurva. Il limite della quantità scritta sopra rappresenta la derivata di f(x) nel punto x0 e viene indicata col simbolof ’(x0): Ilsignificatogeometricodelladerivataèdatodall’inclinazionesull’assedelleascissedellarettatangente allacurvanelpuntoconsiderato. Piùingenerale,laderivatadiunafunzionef(x)rappresentaunafunzionedellavariabilex,cheassumein ciascunpuntoilvaloredelladerivatadellafunzionef(x)inquelpunto,evieneindicataconilsimbolo: df(x) f ’(x)= dx Poichéladerivatadiunafunzioneèessastessaunafunzione,èpossibileapplicarepiùvolteilconcetto diderivataalladerivatastessa,ottenendocosìlederivatediordinesuperiore: la derivata seconda di unafunzioney=f(x)risultaquindi,peresempio,laderivatadellasuaderivataesiscrive: df ’(x) d2f(x) f ’’(x)= = 2 dx dx Dall’analisimatematicarisultanonotealcuneregoleperilcalcolodellefunzionipiùcomuniedelleloro composizioni. •Lederivateparziali Per una funzione di più variabili, per esempio una funzione delle tre variabili spaziali x, y e z, scritta come y = f(x, y, z), si definiscono le derivate parziali rispetto a una delle variabili come le derivate della funzione della sola variabile considerata, ottenuta tenendo fissi i valori delle altre variabili. Per esempio, la derivata parziale di f(x, y, z) rispetto alla sola variabile x si ottiene facendo il limite del rapporto incrementale del valore della funzione per x che tende a x0, tenendo fissi i valori di y e z, e analogamenteperlealtreduevariabili,esiscriveusandolaterminologiarispettivamenteperlederivate parzialidellafunzionerispettoax,rispettoayerispettoaz: δf δf δf δx’ δy’ δz’ Analogamente, se una grandezza fisica risulta anche funzione del tempo, oltre che di una o di tutte le variabilispaziali,sipuòdefinireladerivataparzialerispettoaltempodellafunzionecherappresentala grandezza,tenendofisselevariabilispaziali. 2.Ilgradiente,ladivergenzaeilrotore Gradiente Divergenza Rotore Il gradiente, la divergenza e il rotore, che compaiono per esempio nelle equazioni di Maxwell, sono particolaritipidioperatori,ovverooperazionieseguitesuscalariosuvettorichefannocorrispondere agliscalarioaivettoriconsideratialtrettantequantitàscalariovettoriali. Il gradiente esprime la variazione di una grandezza fisica scalare per unità di lunghezza in una data direzione.Peresempio,siparladigradientetermicoperesprimerelavariazionedellatemperaturalungo una direzione scelta, o di gradiente di pressione, analogamente, per esprimere la variazione della pressionelungounaparticolaredirezione. Sidefiniscegradientediunafunzionescalaref(x,y,z),ilvettore,indicatocongradf, dato dalla somma delletrederivateparzialiprimedellafunzionelungoletredirezioni,identificateattraversoitreversori (che rappresentano i vettori di norma unitaria e di direzione e verso dei tre assi cartesiani x, y e z) indicaticonleletterei,jek.Insimboli: δf δf δf gradf= i+ j+ k δx δy δz Ilgradientetrasformaunoscalareinunvettore. Ladivergenzaèunoperatorechefacorrispondereaunvettoreunaquantitàscalare,datadallasomma delle tre derivate parziali delle tre componenti del vettore lungo le direzioni x, y e z. In simboli, se il vettoreèindicatoconv,hacomponentirispettivamentevx,vyevzlungoitreassicartesiani,ladivergenza div,chesiscrivedivv,èdatada: δv δv δv divv= x+ y+ z δx δy δz La divergenza trasforma un vettore in uno scalare. Un campo vettoriale nel quale la divergenza del vettorechelorappresentaènullaèdettocamposolenoidale:neèunesempioilcampomagneticoB, la cuidivergenzaènullaperleequazionidiMaxwell,eciòesprimeilfattocheperilcampomagneticonon esistonosorgenti. Ilrotore,infine,èunoperatorevettorialecheassociaaunvettoreunaltrovettorelecuicomponentisono datedalledifferenzetralederivateparzialidellecomponentidelvettorerispettoaitreassi,combinatea dueadue.Ilrotorediunvettorev,dicomponentivx,vyevzlungoitreassicartesiani,siindicaconrotv, edèdatoinparticolaredallarelazione: δv δv δv δv δv δv rotv=( z– y)i+( x– z)j+( y– x)k δy δz δz δx δx δy Ilrotorediunvettoreèancoraunvettore. 3.Lefunzionisenoecoseno Seno Coseno Seno e coseno sono due funzioni periodiche che rappresentano molte grandezze fisiche che hanno caratteristiche periodiche, come per esempio la radiazione elettromagnetica (v. cap. 19) o l’equazione chedescriveilmotoarmonico.Lefunzionisenoecosenovengonodefinitedallatrigonometriapiana,la parte della matematica che si occupa della misura dei lati e degli angoli di un triangolo, e viene largamenteusatapercalcolaredistanzedigrandidimensioni,peresempioinastronomia. Considerandountriangolorettangolo,conangoloαacuto,sidefinisceilsenodell’angoloα,esiindica con sen α, il rapporto tra il cateto opposto ad α e l’ipotenusa; si definisce analogamente coseno dell’angoloα,esiindicaconcosα,ilrapportotrailcatetoadiacenteadαel’ipotenusa(v.fig.1). Se si considera una circonferenza di raggio unitario, con centro nell’origine di un sistema di assi cartesiani, la funzione seno e la funzione coseno possono essere definite a partire dalla misura dell’angolo α, percorrendo la circonferenza: si ottengono due funzioni periodiche (v. fig. 2), indicate rispettivamentecony=senxey=cosx.L’estensionediquestefunzioniadangolisiapositivi(misuratiin senso antiorario), sia negativi (misurati in senso orario), e di qualsiasi valore, dà luogo a funzioni del tiposinusoideecosinusoide,ilcuigraficomostraunandamentoperiodico. Le grandezze con andamento sinusoidale e cosinusoidale sono caratterizzate da un’ampiezza, data dal valoremassimodellafunzionemisuratosull’assedelley,daunperiodo,datodalvalorecheintercorre traduevaloriugualidellafunzione,sull’assedellex,edaunafrequenza,datadall’inversodelperiodo. Figura1Significatodelsenoedelcosenodiunangoloinuntriangolorettangolo. Figura2Senoecosenocomefunzionitrigonometriche,apartiredallacirconferenzaunitaria. 4.Lematrici Matricequadrata Calcolomatriciale Le matrici, in matematica, sono insiemi di numeri organizzati in una tabella rettangolare, composta da righeecolonne.UnamatriceAconmrigheencolonnesiidentificaattraversoilsimbolo: Due matrici con uguale numero di righe e di colonne vengono dette simili e una matrice con uguale numerodirigheedicolonnevienedettamatricequadrata.Duematricisipossonosommareelasomma diduematricièdataasuavoltadaunamatrice,nellaqualeognielementoèlasommadeglielementidi ugualpostodelleduematrici,osottrarre,conanalogadefinizione.Lamoltiplicazionediunamatriceper unnumero(unoscalare)èdatadallamatricechehaperelementiilprodottodeglielementidellamatrice originariaperloscalare.Esistonoinfinedelleregoleperdefinireilprodottodiduematrici. Lo studio delle operazioni sulle matrici viene detto calcolo matriciale. Il calcolo matriciale viene introdottoinmatematicacomeausilionellarisoluzionediproblemichealtrimenticomporterebberodei calcoligravosi,comeperesempionellarisoluzionedeisistemidiequazionialgebriche,ehannoassunto una rilevanza notevole in fisica, per esempio nella meccanica quantistica (v. cap. 24), a partire dalla qualefusviluppatalameccanicamatriciale. Principalicostantifondamentali NOME SIMBOLO VALORE costantedigravitazione G 6,670·10–11newton·m2/kg2 numerodiAvogadro NA 6,02252·1023mol–1 costantediFaraday F 9,6487·104coulomb/mole costantediBoltzmann k 1,38054·10–23joule/K costantedeigasperfetti R 8,3143joule/mole·K velocitàdellalucenelvuoto c 2,9979246·108m/s caricadell’elettrone e 1,60219·10–19coulomb costantedielettricadelvuoto e0 8,8544·10–12coulomb2/N·m2 permeabilitàmagneticadelvuoto m0 1,3566·10–6m·kg/coulomb2 massaariposodell’elettrone me 9,1091·10–31kg massaariposodelprotone mp 1,6725·10–27kg massaariposodelneutrone mn 1,6748·10–27kg raggioclassicodell’elettrone re 2,81777·10–15m costantediStefan-Boltzmann s 5,6697·10–8joule/m2·s·K costantediPlanck h 6,62559·10–34joule·s costantediRydberg R• 1,09737·107m–1 costantediBohr a0 0,529177·10–10m costantedistrutturafine a 1/137,036 Indice Checos’èlafisica 1Ilmetodosperimentale 1.1Ilmetodosperimentale 1.2Grandezzefisicheeunitàdimisura 1.3Errorinellemisure LAMECCANICA 2Ivettori 2.1Grandezzescalariegrandezzevettoriali 2.2Operazioniconivettori 3Ilmetodosperimentale 3.1Sistemadiriferimentoecoordinate 3.2Ilmotorettilineouniforme 3.3Ilmotorettilineononuniforme 4Imoticurvilinei 4.1Lavelocitàel’accelerazioneneimoticurvilinei 4.2Ilmotocircolareuniforme 4.3Ilmotoarmonico 5Leforzeeiprincipidelladinamica 5.1Leforze 5.2Laprimaleggedelladinamica 5.3Lasecondaleggedelladinamica 5.4Laterzaleggedelladinamica 5.5Leproprietàdellamateriaeleforzedicoesione 5.6Leforzediattrito 5.7Leforzeelastiche 5.8Leforzeapparenti 6Lagravitazioneuniversale 6.1LafisicacelestedagliantichigreciaCopernico 6.2LetreleggidiKeplero 6.3Laleggedellagravitazioneuniversale 6.4Ilmotodeiproiettili 6.5Ilmotodeisatelliti 7Lavoro,energiaepotenza 7.1Illavoro 7.2Formedienergiaesuetrasformazioni 7.3L’energiacinetica 7.4L’energiapotenziale 7.5Lapotenza 8Lavoro,energiaepotenza 8.1Leleggidiconservazione 8.2Laleggediconservazionedell’energia 8.3Laleggediconservazionedellaquantitàdimoto 9L’equilibrioeilmotorotatoriodeicorpi 9.1Puntomaterialeecorporigido 9.2L’equilibrio 9.3Equilibriostabile,instabile,indifferenteedenergiapotenziale 9.4Ilmotorotatorio 10Lameccanicadeifluidi 10.1Leproprietàdeifluidi 10.2Ladinamicadeifluidi 10.3L’idrostatica 10.4Lapressioneatmosferica CALOREETERMODINAMICA 11Ilcaloreelatemperatura 11.1Iconcettidicaloreeditemperatura 11.2Lamisuradellatemperatura 11.3Lamisuradelcalore 11.4Lapropagazionedelcalore 12Icambiamentidistato 12.1Statidiaggregazionedellamateriaecambiamentidistato 12.2Lafusioneelasolidificazione 12.3Lavaporizzazione 12.4Laliquefazioneelacondensazione 12.5Lasublimazione 12.6Ilpuntotriplo 13Lateoriacineticadeigas 13.1Igasperfetti 13.2Leleggideigas 13.3Lateoriacineticadeigas 14Latermodinamica 14.1Isistemitermodinamici 14.2Letrasformazionitermodinamiche 14.3Ilprimoprincipiodellatermodinamica 14.4Ilsecondoprincipiodellatermodinamica 14.5L’entropia L’ELETTROMAGNETISMO 15L’elettricitàstatica 15.1Naturadell’elettricità 15.2Elettrizzazionediuncorpo 15.3Lacaricaelettrica 15.4LaleggediCoulomb 16Ilcampoelettrico 16.1Ilconcettodicampoelettrico 16.2Ilpotenzialeelettrico 16.3Comeimmagazzinarecaricheelettriche 17Lacorrenteelettrica 17.1Checos’èlacorrenteelettrica 17.2Generatoriditensione 17.3Icircuitielettrici 17.4L’effettoJoule 17.5Lacorrenteneiliquidieneigas 18Ilmagnetismo 18.1Proprietàmagnetichedellamateria 18.2Ilcampomagnetico 18.3Legametraforzeelettricheeforzemagnetiche 18.4Intensitàdelcampomagnetico 18.5LaforzadiLorentz 19L’induzioneelettromagneticaeleequazionidiMaxwell 19.1Lascopertadell’induzioneelettromagnetica 19.2Laf.e.m.indotta 19.3Ilgeneratoreelettricodicorrentealternata 19.4LaleggediLenzel’autoinduzione 19.5IlcampoelettromagneticoeleequazionidiMaxwell LEONDE 20Ifenomeniondulatori 20.1Definizioneetipidionde 20.2Caratteristichedelleonde 20.3Comportamentodelleonde 21Ilsuono 21.1Leondesonore 21.2Comepercepiamoilsuono 21.3Caratteridistintividelsuono 21.4Comportamentodelleondesonore 22Leondeelettromagnetiche 22.1Proprietàdelleondeelettromagnetiche 22.2Lospettrodelleondeelettromagnetiche 22.3IraggiγeiraggiX 22.4Leradiazioniultraviolette,visibilieinfrarosse 22.5Lemicroondeeleonderadio 23Laluce 23.1Caratteristichedellaluce 23.2Lariflessioneelarifrazionedellaluce 23.3Lelentieglistrumentiottici 23.4Ladiffrazioneel’interferenza 23.5L’effettoDopplerelospostamentoversoilrosso LAFISICAMODERNA 24Lameccanicaquantisticael’atomo 24.1Versolameccanicaquantistica 24.2L’atomo 24.3Ondediprobabilità 24.4L’atomoapiùelettroni 24.5Emissioneeassorbimentodifotoni 25Ilnucleoeleparticelleelementari 25.1Composizionedelnucleoatomico 25.2Laradioattività 25.3Lafissioneelafusionenucleari 25.4Leparticelleelementari 26Larelatività 26.1Checos’èlarelatività 26.2Isistemidiriferimentoinerziali 26.3Larelativitàristretta 26.4Larelativitàgenerale Appendice Calcoliperlafisica 1.Illimiteeladerivatadiunafunzione 2.Ilgradiente,ladivergenzaeilrotore 3.Lefunzionisenoecoseno 4.Lematrici Principalicostantifondamentali