Fisica. Schemi e tavole di sintesi, disegni esplicativi

UniCredit
SETTOREDIZIONARIEOPEREDIBASE
Testi:IsabellaRiva;MarcoTadini(capitolisulmotoesulladinamica)
Copertina:MarcoSantini
ISBN978-88-418-7925-2
Primaedizioneebook,novembre2012
©IstitutoGeograficoDeAgostini,Novara1997,2004,2009
©DeAgostiniLibriS.p.A.,Novara2011
Redazione:corsodellaVittoria91-28100Novara
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TUTTO
Studio•Riepilogo•Sintesi
FISICA
SCHEMIETAVOLEDISINTESI,DISEGNIESPLICATIVI
Guidaallaconsultazione
Iltestoèarticolatoinmododafavorirelamemorizzazionerapidadellestruttureportantidellafisicaedellesuediscipline.Isingoli
capitoli sono aperti da un cappellointroduttivo, che fornisce un breve quadro d’insieme degli argomenti trattati. Numerosi disegni
esplicativi, tabelle e schemi riassuntivi aiutano la piena comprensione del testo e la ricapitolazione della materia. I capitoli sono
conclusidaglossaridelleparoleedeiconcettidaricordare.Itestdiverificaconsentono,medianteilconfrontodellerispostealloro
piede,dicontrollareautonomamenteilpropriolivellodipreparazione.Lefrequentinoteainizioparagrafohannoilduplicescopodi
permetterelarapidaindividuazionedeitemiprincipaliediagevolarelalororicapitolazioneperilripasso.All’internodeltestosono
evidenziatiincarattereneroledefinizioni,iconcettileespressionicheèparticolarmenteutilericordare.
Numerosi riquadri di approfondimento trattano temi particolari e forniscono notizie aggiuntive per integrare gli argomenti della
trattazioneprincipale.
Lafisicaèlascienzachestudiaifenomeninaturali
applicandosistematicamenteilmetodosperimentale,
conl’obbiettivodiinterpretare,medianteleggi,teorie
emodelli,leazionitramateriaedenergiae,inultima
analisi,lastrutturadell’universosugrandescalaealivello
deisuoicostituentimicroscopici.Iprogressidellafisica,
soprattuttoapartiredall’800,sisonotradottiin
fondamentalisviluppiinsvariatisettoriapplicativi:traipiù
significativifiguranoquellodellemacchinetermiche,
l’elettronicael’informatica,ilsettoreenergeticoenucleare,
l’astronautica.Alcuneimportantiscoperte,maturate
all’iniziodel‘900(comelameccanicaquantistica
elateoriadellarelatività),hannosegnatounasvoltatra
lafisicaclassica,interessataaifenomeniessenzialmente
macroscopici,elafisicamoderna,interessata
aifenomeniconnessialleproprietàmicroscopiche
dellamateria(atomieparticellesubatomiche).
Tuttofisicasiproponediesporre,inmodosintetico,
iconcettidibaseincuisiarticolailvastoecomplesso
panoramadellafisica.Gliargomentitrattatiincludono:
lacinematica,chesioccupadelladescrizionedelmoto
deicorpieladinamicachedescriveleforze
chedeterminanoilmotoedeiprincipidiconservazione
dellamassaedell’energia;ilcaloreelatermodinamica
chestudianoifenomeniconnessiagliscambidicalore
traicorpi;l’elettromagnetismo,chetrattainmodo
unitarioifenomenielettricieifenomenimagnetici;l’ottica,
chestudialanaturadellaluceelesueinterazioni
conlamateria;lafisicaatomicaelafisicadelleparticelle
chestudianolastrutturamicroscopicadellamateria,
allalucedell’interpretazionequantistica
delcomportamentodelleparticellesubatomiche;
lateoriadellarelativitàcheinquadrainunaprospettiva
unitarialospazio,iltempo,l’energiaelagravitazione.
CHECOS'ÈLAFISICA
Ilmetodosperimentale
Lafisicaclassica
Lafisicamoderna
Isistemicaotici
Lafisica(dalgrecophýsis=natura)èlascienzachestudiaifenomeninaturali(aesclusionediquelliche
comportano trasformazioni chimiche della materia e i processi biologici), al fine di descriverli
misurandoneleproprietà(ograndezze)estabilendotraquesterelazionimatematiche(leggi).
Perraggiungerequestoscopo,lafisicasiavvalediunmetododiindaginedettometodo sperimentale,
cioèbasatosull’esperimentoriproducibile(comuneadaltrescienzecomelachimicaelabiologia,dette
appuntosperimentali).
Ilmetodosperimentale,delineatodaGalileoGalilei(1564-1642),consentediinterpretarelecausedei
fenomeni attraverso ipotesi che, se confermate nella loro validità dai risultati degli esperimenti, sono
riconosciutecometeorie.
GlisviluppidellafisicadaGalileofinoallafinedell’800hannopermessodiedificareifondamentidella
cosiddettafisicaclassica:leleggieiprincipichedescrivonoilmotodeicorpielecause(forze)chelo
determinano, definiti dalla meccanica (in particolare, per opera di I. Newton, 1642-1727),
l’inquadramentodeifenomenielettromagneticiattraversolateoriadell’elettromagnetismo,elaboratada
J.C.Maxwell(1831-1879),leleggirelativeaifenomenilegatialcaloreeleleggidell’ottica.
Con l’avvento del XX secolo inizia il periodo detto della fisica moderna. L’impostazione concettuale
dellafisicaclassicasubisceprofondemodificazioni,conseguentidaunlatoall’elaborazione,peropera
diA.Einstein(1879-1955),dellateoriadellarelatività(cheapportacorrezioniallameccanicaclassica
quando intervengono velocità prossime a quella della luce) e dall’altro alla formulazione della
meccanica quantistica, che interpreta i fenomeni a livello atomico in base alla nozione di quanti di
energia, introdotta da M. Planck (1858-1947): nella visione quantistica la causalità deterministica,
pilastro delle teorie fisiche classiche, secondo cui il comportamento di un sistema fisico può essere
perfettamentedeterminatoapartiredallesuecondizioniiniziali,lasciailpostoallaprobabilità.
Recentementelafisicahaallargatoulteriormenteilsuometododiindagineasistemiprimatrascuratioal
di fuori dei suoi confini ufficiali, come, per esempio, i sistemi caotici (che qui non verranno trattati),
sistemidalcomportamentononprevedibilechesiincontranoinfisica(ifluidi),maancheinbiologiaed
economia.
Numerose sono le scienze che presentano più o meno ampi punti di contatto con la fisica, pur
conservandopropriconfiniautonomi;traquestesisegnalanol’astronomia,lageologia,lachimica-fisica,
labiofisicaelageofisica.
Latabellaseguenteriportaiprincipaliindirizzidisciplinaridellafisica.
TabellaIprincipaliindirizzidisciplinaridellafisica
DISCIPLINA
AMBITODISTUDIO
meccanica
studia le leggi che presiedono al movimento dei corpi e viene suddivisa in: cinematica, che fissa i
concettiessenzialiperladescrizionedelmoto;dinamica,chestudialecause(forze)chedeterminanoil
movimento;statica,chestudial’equilibriodeicorpi
ottica
studia i fenomeni luminosi, cioè quelli relativi al comportamento delle radiazioni che impressionano
l’occhio (radiazioni ottiche) o, più in generale, quelli relativi al comportamento di tutte le radiazioni
elettromagnetiche
studiaisuoni,leloroproprietàeiloromeccanismidiproduzione,propagazione,ricezione
acustica
elettromagnetismo studiailcomplessodeifenomenirelativiall’elettricitàealmagnetismo
termologia
studiaifenomeniconnessiallagenerazione,propagazioneeassorbimentodelcalore;dellatermologiafa
partelatermodinamica,chestudialetrasformazionidelcaloreinaltreformedienergia
meccanica
quantistica
studiaisistemiquantizzati,cioèisistemiincuilegrandezzeconsideratenonpossonoessereinfinitamente
piccole,masonosempremultiplediunaquantità“discreta”,o“quanto”,nonulteriormentedivisibile
meccanica
statistica
studia le proprietà dei sistemi costituiti da un gran numero di particelle in movimento disordinato,
riuscendoadeterminarneleconfigurazionipossibilimedianteilcalcolo
fisicaatomica
studialeproprietàdegliatomi
fisicanucleare
studiainucleiatomicielereazioniincuisonocoinvolti
fisica
particelle
delle studiaicostituentiultimidellamateria,qualielettroni,neutroni,protoni,mesoni,quark
relatività speciale studia il complesso dei fenomeni che avvengono quando i corpi si muovono con velocità prossime a
(oristretta)
quelladellaluce;nell’ambitodiquestateoriaèformulatoilprincipiodiequivalenzaframassaedenergia,
checonsente,fral’altro,dispiegarel’originedell’energiageneratadallereazionidifusioneedifissione
nucleare
relativitàgenerale costituiscelateoriapiùgeneraledellagravitazione
fisica dello stato studialeproprietàfisichedeisolidi(peresempio,quelleelettriche,dielettriche,elastiche,termiche),con
solido
particolare attenzione alle proprietà comuni a grandi insiemi di sostanze; costituisce una base
fondamentaleperlosviluppodell’elettronica(peresempio,conilsuostudiodeisemiconduttori)
1ILMETODOSPERIMENTALE
Lafisica è la disciplina scientifica che ha maggiormente reso interdipendenti l’uso della matematica per lo sviluppo dei concetti
teorici e l’esperimento per la verifica della teoria. Il criterio attraverso il quale queste due entità sono strettamente legate è detto
metodosperimentaleerappresentalapiùgrandeereditàdiquellachevienedefinitarivoluzionescientifica,inauguratanelXVIIsec.
dall’opera di Galileo Galilei. Nello studio della fisica assumono importanza primaria le grandezzemisurabili e le relative unità di
misura,poichésoloattraversolamisuradelleproprietàdellamateriasipuògiungereallasuadescrizionerigorosasottoformadi
leggi che utilizzano il linguaggio matematico. La misura di una grandezza comporta sempre errori, dovuti, per esempio, alle
imprecisioniintrinsechedeglistrumentidimisuraequindioccorresviluppareunmetododideterminazionedell’errore.
1.1Ilmetodosperimentale
Lafilosofiadellanaturainetàclassica
Galileoeilmetodosperimentale
Lanascitadellascienzafisica,comevieneintesaattualmente,vienecollocatanel’600.Primadiallora
molti studiosi si erano cimentati con lo studio della natura e delle sue forme, e in alcuni campi furono
raggiunti anche buoni livelli di conoscenza (per esempio, assiri, sumeri ed egizi dal II millennio a.C.
studiavanoipianetielecostellazionieavevanoelaboratodeicalendarilunariesolari).Lostudiodella
scienza, tuttavia, era sempre stato proprio dell’indagine filosofica, che studiava i fenomeni naturali
attraversoragionamentilogici,masenzaricorrereaverifichesperimentali.GiànelVsec.a.C.ilfilosofo
grecoDemocrito(circa460-370a.C.)ipotizzòchelamateriafossecostituitadaparticelleindivisibili,
chechiamòatomi.PocopiùtardiAristotele(384-322a.C.)organizzòilsaperescientificosottoformadi
proposizioni e di connessioni logiche e concepì la fisica come un complesso di scienze (includenti
astronomia,medicina,botanicaezoologia)chesioccupavadellostudiodeifenomeninaturali.L’indagine
filosoficadellanaturasiproponevasoloditrovareiperchédeifenomeni,manondistabilirecometali
fenomenisiverificassero.LeteoriearistotelicheincamposcientificofuronofattepropriedallaChiesa
cattolicaedivenneroundogma.Nel’600loscienziatopisanoGalileoGalilei(1564-1642),cheposele
basidellameccanicaclassica,nemiseindubbioalcuniprincipifondamentali(sostenne,peresempio,la
teoria secondo cui la Terra ruota intorno al Sole e non viceversa e per questo fu perseguitato e
condannato dalla Chiesa). Galileo è noto soprattutto perché delineò un nuovo modo di procedere
nell’indagine scientifica, noto ora come metodo sperimentale. Galileo non scrisse mai un trattato sul
metodo, e non chiarì mai quali fossero esattamente i legami tra quelle che lui chiamava le “sensate
esperienze”(gliesperimenti)ele“matematichedimostrazioni”(leleggicheregolanoifenomeni,scritte
in forma matematica), ma le procedure che egli seguì nell’indagine della natura sono state ricavate
indirettamentedaisuoiscrittiecostituisconoatutt’oggilabasediogniseriametodologiascientifica.
•Lefasidelmetodosperimentale
Osservazionedeifenomeni
Formulazionedellateoria
Verificasperimentale
Lafalsificazioneelavaliditàdelleteorie
Lefasiattraversocuisiarticolailmetodosperimentale(ometodoscientifico),chesegnailpassaggiotra
lascienzamodernaelascienzadell’antichitàclassica,possonoessereessenzialmentericondottealletre
seguenti:osservazionedeifenomeni,formulazionedellateoriaeverificasperimentale.
L’osservazione è il primo livello di conoscenza dei fenomeni. La raccolta dei dati osservati deve
avvenire utilizzando grandezze misurabili (v. par. Grandezze fisiche e unità di misura), poiché solo
attraversolamisuraèpossibilefarcorrispondereaognifenomenounnumero.Occorredunqueprocedere
alla misura dei fenomeni e in questo risiede la prima innovazione rispetto alla scienza classica, dove
l’osservazionedeifenomenieraprevalentementequalitativa.L’osservazionedeveinvecefornireunpunto
di vista quantitativo del fenomeno che si osserva, quindi deve prendere in considerazione grandezze
rigorosamentemisurabili,isolandoilfenomenodainfluenzeesternechepotrebberomodificarelemisure.
La seconda fase riguarda la formulazione della teoria, che lega le grandezze osservate attraverso
relazionimatematiche(leggi).Lateorianonderivadirettamentedalleosservazioni,mavieneelaborata
per spiegarle e deve essere in seguito verificata attraverso l’esperimento. Una teoria scientifica è
costituita da un insieme di ipotesi in grado di interpretare un gran numero di dati sperimentali. La
teoriahailcompitodielaborareinformasistematicaiprincipigeneralidaiqualidedurreleleggiche
governano la materia, scritte in forma matematica. Una teoria non può essere interamente spiegata
attraverso un esperimento, ma lo deve essere almeno in parte, o meglio lo devono essere le sue
conseguenze.Laverificadiunasuapartevaleasostegnodell’interateoria,seesisteunimpiantologicomatematicocongruochelegalesuevarieparti.Unateoria,inoltre,deveessereingradodiprevederei
risultatidiesperimentiancoradaeseguire.
Ilprocedimentologicocheportadall’ipotesialleconclusionivienedettometododeduttivo.
Laverificasperimentalerappresentalaterzaeultimafasedelmetodo.Inquestafase,attraversol’uso
diesperienzecontrollateinlaboratorio,loscienziatodeveverificareleipotesidicuiècompostala
teoria.Sel’esperimento,ripetutopiùvolte,confermalavaliditàdell’ipotesi,questaèconsideratavera.
Difficileinvecestabiliredovesiaavvenutol’erroresel’ipotesirisultafalsa,perchélepossibilifontidi
erroreinunesperimentosonomolteplici(v.par.Errorinellemisure).
Unapossibilitàtuttaviariguardailfattochel’ipotesisiaerrata,equindidaabbandonare.Questopuntoè
molto importante nella scienza moderna, poiché stabilisce che nessuna teoria rappresenta una verità
assoluta,maciascunadevevenireverificatae,serisultasbagliata,deveesseresostituitaconunanuova
teoria, che si adatti meglio della vecchia ai risultati sperimentali o che spieghi un numero maggiore di
casi. In certe circostanze nella fisica moderna la vecchia teoria, pur non spiegando più evidenze
sperimentali,nonèstataabbandonata,maèrimastavalidainrelazionealsuolivellodiapprofondimento,
mentrevienesostituitadaunateorianuova,piùcompleta,perunlivellodiapprofondimentosuperiore(è
il caso della meccanica quantistica, che sostituisce la meccanica classica nel caso dell’interazione di
particelleelementari,odellarelativitàeinsteiniana,chesostituiscelarelativitàgalileiananelcasoincui
sianoingiocovelocitàprossimeaquelladellaluce).
•L’usodeimodelliinfisica
Definizionedimodello
Poiché spesso i fenomeni fisici sono estremamente complessi, e la loro riproduzione in laboratorio
sarebbe impossibile in condizioni controllate, si ricorre spesso all’uso dei modelli. Un modello è una
semplificazionedellarealtàfisica,ilcuiscopoèfornireun’analogia,oun’immaginedelfenomenoda
osservare, che ne riproduca il comportamento e che sia riproducibile in laboratorio. Spesso un
modelloforniscesolounasomiglianzastrutturaleconilcomportamentodelfenomenoinnatura,marisulta
moltoutilepercomprenderneimeccanismi.Sipuòdirecheleondeluminosesicomportanocomefasci
rettilinei, e attraverso questa semplificazione spiegare alcuni dei comportamenti della radiazione
luminosa, ma per spiegarla interamente è necessaria una teoria più completa. L’atomo viene a volte
rappresentatocomeunpiccolosistemaplanetario,conglielettronicheruotanoattornoalnucleocomei
pianetiattornoalSole,mautilizzandoquestosemplicemodellononsispiegalamaggiorpartedeisuoi
comportamenti.
1.2Grandezzefisicheeunitàdimisura
Definizione
IlSistemaInternazionale
L’unitàdimisuradellalunghezzaèilmetro(m)
L’unitàdimisuradeltempoèilsecondo(s)
Unagrandezzafisicaèqualunqueproprietàdiunfenomenonaturalechepossaveniremisurata.La
misuradiunagrandezzaavvieneattraversoilconfrontoconunagrandezzaomogenea(dellostesso
tipo)chevienepresacomeriferimento,dettaunitàdimisura.L’operazionediconfrontodevestabilire
diquantevoltelagrandezzadiriferimentoèmaggioreominoredellagrandezzadamisurare.Lamisura
della grandezza fisica è rappresentata da un valore numerico, seguito dal simbolo dell’unità di misura
sceltapermisurarla.
Se, per esempio, si vuole conoscere la lunghezza di un oggetto, occorre scegliere una lunghezza
campione;generalmentesiutilizzailmetro(definitopiùavanti),ilcuisimboloèm,elamisuraconsiste
nelconfrontarel’oggettodamisurareconuncampionedelmetro.Unavoltaeffettuataquestaoperazione,
sel’oggettorisultalungocometrevolteilcampione,sidiràchel’oggettomisuratremetriesiscriverà3
m.
Poiché le grandezze fisiche, e le conseguenti unità che è possibile adottare per misurale, sono
innumerevoli, nel 1960, attraverso la IX Conferenza Internazionale dei Pesi e delle Misure, è stato
istituito un sistema di unità di misura omogeneo, assoluto, invariante e decimale: si tratta del Sistema
Internazionalediunitàdimisura,indicatogeneralmenteconlasiglaSI,ilcuiscopoèquellodirendere
piùsemplicigliscambidiconoscenzetrascienziatidinazionalitàdifferenti.IlSIrappresentalaversione
piùrecentedelsistemametricodecimale,introdottoinFranciaallafinedel’700.Ipopolianglosassoni
usanoancheunaltrosistemadimisuranondecimale,utilizzatoancoraoggiinambitononscientifico(v.
riquadroseguente).IlSistemaInternazionale,oggiaccettatouniversalmente,sibasasusettegrandezze
fondamentaliesullelororispettiveunitàdimisurafondamentali,arbitrariamentescelte,dacuituttele
altrevengonoderivate.Nellatabella1.1sonoindicatelesettegrandezzefondamentaliconlerispettive
unitàdimisura.
L’unitàdilunghezzaèilmetro(simbolom),definitoinFrancianel1799comelaquarantamilionesima
parte di un meridiano terrestre: per non creare confusione con questa definizione, a partire dal 1875 è
stato conservato all’Ufficio Pesi e Misure di Sèvres (presso Parigi) un campione di platino-iridio del
metro,chefungevadariferimento.Recentementeilmetroèstatoridefinitocomeladistanzapercorsanel
vuoto dalla luce nell’intervallo di tempo di 1/299.792.558 secondi. Naturalmente questa definizione
implica la definizione dell’unità di misura del tempo, che nel Sistema Internazionale è il secondo
(simbolos).Ilsecondofuinizialmentedefinitocome1/86.400delladuratadelgiornosolaremedio,ma
poichélavelocitàdirotazionedellaTerranonècostante,èstatoridefinitonel1967comeladuratadi
9.192.631.770 oscillazioni della radiazione emessa dall’atomo di cesio-133 nello stato fondamentale
nellatransizionetradueparticolarilivelli.
La tendenza attuale nella definizione delle unità di misura è quella di svincolarle da qualsiasi
campionematerialeedibasarlesullecostantiuniversali(lavelocitàdellaluce,ilnumerodiAvogadro
ecc.) e sul secondo, per non dipendere da campioni che possano alterare con il tempo le loro
caratteristiche.
Ilsignificatodellealtrecinquegrandezzefondamentaliedellerelativeunitàdimisuraverràintrodottola
primavoltachevisifaràriferimento.
GLIALTRISISTEMIDIMISURA
La disciplina che si occupa della definizione delle unità di misura, della scelta di quelle fondamentali e della realizzazione, diffusione e
conservazione di eventuali campioni è la metrologia. Tale disciplina nasce dall’esigenza di adottare unità comuni. Nel 1875 diciassette
paesi stipularono a Parigi la Convenzione sul Metro, impegnandosi ad adottare tale unità per la misura della lunghezza e i suoi multipli e
sottomultiplidecimali.Inquell’occasionenascelaConferenzaGeneraledeiPesiedelleMisure,l’organismointernazionalechesioccupadi
metrologia.PrimadigiungereadefinireilSistemaInternazionaleconlaIXConferenzaGeneraledeiPesiedelleMisure,successivamente
leggermentemodificato,eranoinusoaltrisistemi.
Idueprincipalisistemidimisurametricodecimaliadoperatiprecedentemente,eancoracitatiqualchevolta,sonoilsistemaCGSeilsistema
MKS.IlsistemaCGS(CentimetroGrammoSecondo)fupropostodalordKelvinnel1873esibasavasutregrandezzefondamentali:
la lunghezza, la massa e il tempo. Le corrispondenti unità di misura sono il centimetro (la centesima parte del metro), il grammo (la
millesima parte del chilogrammo) e il secondo. Il sistema MKS (Metro Kilogrammo Secondo), nato nel 1938, si fonda sulle stesse
grandezzefisiche,mahacomeunitàdimisurafondamentaliilmetro,ilchilogrammoeilsecondo.DivenneilsistemaMKSAquandovenne
aggiuntalaquartagrandezzafondamentale,lacorrenteelettrica,conlarelativaunitàdimisura(l’ampere).Entrambiquestisistemiseguono
ilsistemametricodecimale,utilizzatointuttiipaesidell’Europacontinentale.NelRegnoUnitoenegliStatiUnitivienetuttorautilizzatoin
ambito non scientifico un sistema di unità di misura non decimale, nonostante la comunità scientifica internazionale faccia riferimento al
SistemaInternazionale.Peresempiol’unitàdellalunghezzaperquestosistemaèlayarda(91,94cm)conisuoisottomultipli,ilpiede(1/3di
yarda) e il pollice (1/36 di yarda); l’unità di misura della massa è la libbra (453,59 g) e il suo sottomultiplo principale è l’oncia (1/16 di
libbra).
Tabella1.1GrandezzefondamentalidelSistemaInternazionaleerelativeunitàdimisura
GRANDEZZA
UNITÀDIMISURA
SIMBOLO
lunghezza
metro
m
massa
chilogrammo
kg
intervalloditempo
secondo
s
intensitàdicorrenteelettrica
ampere
A
temperatura
kelvin
K
quantitàdisostanza
mole
mol
intensitàluminosa
candela
cd
•Analisidimensionaleegrandezzederivate
Equazionidimensionali
La formulazione di grandezze derivate tramite una combinazione di grandezze fondamentali si
chiama analisi dimensionale. Ogni grandezza fisica derivata può essere espressa, mediante
un’equazionedimensionale,interminidigrandezzederivateutilizzandounaparticolarenotazione:ogni
grandezzavieneindicataconl’inizialetraparentesiquadre:lalunghezzacon[L],iltempocon[T].Così,
per esempio, una grandezza derivata come la velocità, che è il rapporto tra la lunghezza percorsa e il
tempoimpiegatoapercorrerla,haun’equazionedimensionaledeltipo:
[L]
[v]=
[T]
Ogni legge fisica deve verificare l’uguaglianza tra le grandezze presenti al primo membro e quelle
presenti al secondo membro. L’analisi dimensionale viene utilizzata per verificare la congruenza di
unaleggefisica,poichésenonverifical’analisidimensionalelaleggeècertamenteerrata.Naturalmente
la verifica dell’analisi dimensionale non garantisce che una legge fisica sia vera, ma può solo
dimostrarnelafalsità.
•Notazioneesponenzialeeordinedigrandezza
Notazioneesponenziale
Ordinedigrandezza
Multipliesottomultipli
Infisicasipossonoincontraregrandezzeespressedanumerimoltograndi(peresempio,ledistanzetrai
pianeti o le stelle) o da numeri molto piccoli (per esempio, le distanze tra particelle elementari in un
nucleoatomico)espessorisultascomodoscrivereilnumeroperintero.Aquestoscoposiricorrealla
notazioneesponenziale,cheutilizzalepotenzedelnumerodieci(potenzedidieci)sostituendoleagli
zeri di un numero elevato o ai decimali di un numero piccolo. Per esempio, scrivere 3.000.000 è
equivalente a scrivere 3•106, e quest’ultima notazione permette di risparmiare spazio e calcoli.
Analogamente,perscrivere0,005sipuòusarelanotazione5•10–3.
Inoltre,avoltenonsièinteressatialrisultatoesattodiun’operazione,masoloaunasuastima,peravere
un’ideadelledimensionicoinvoltenelfenomenochesistastudiando.Inquestocasosiricorreall’ordine
digrandezzadelnumero,cherappresentalapotenzadi10piùvicinaalvaloreconsiderato.Peresempio,
sidiràchel’ordinedigrandezzadellamassadelSoleèdi1033g.
Le potenze di dieci vengono utilizzate anche nell’uso dei multipli e sottomultipli delle unità di
misura: in molti casi pratici le unità di misura fondamentali e derivate sono troppo piccole o troppo
grandi per rappresentare i fenomeni fisici. Si utilizzano perciò rispettivamente multipli e sottomultipli
delle unità stesse, caratterizzati da prefissi. Così come 1000 metri equivalgono a 1 chilometro, tutte le
volte che l’unità di misura sarà moltiplicata per 103 al nome dell’unità stessa verrà fatto precedere il
prefisso chilo. Analogamente, 10–3 corrisponde al prefisso milli e così via. Nella tabella 1.2 sono
elencatiimultipliesottomultiplideidecimalinelSistemaInternazionale.
•Misurediretteemisureindirette
Ilconfrontodirettodiunagrandezzaconlasuaunitàdimisurarappresentaunamisuradiretta. In
alcuni casi per misurare una grandezza è impossibile darne una misura diretta: per esempio, nel caso
della massa di una particella elementare, troppo piccola perché esistano strumenti di misura atti a
determinarla.Inquesticasisiricorreallamisuraindiretta,ovveroilvalorevienecalcolatomediante
relazioni matematiche che intercorrono tra la grandezza misurata e grandezze che si possono
misuraredirettamente.Se,peresempio,occorresapereilnumerodioggettipresentiinunmagazzino,di
cui si conoscono il peso totale P e il peso unitario per oggetto p, la relazione tra peso totale e peso
unitarioP/p,fornisceilnumerodeglioggettisecondounamisuraindiretta.
Tabella1.1MultipliesottomultiplidecimalinelSistemaInternazionale
FATTOREDIMOLTIPLICAZIONE
PREFISSO
SIMBOLO
1012
tera
T
109
giga
G
mega
M
106
103
chilo
K
102
etto
h
101
deca
da
10-1
deci
d
10-2
centi
c
10-3
milli
m
10-6
micro
μ
10-9
nano
n
10-12
pico
p
10-15
femto
f
10-18
atto
a
1.3Errorinellemisure
Errorisistematici
Erroriaccidentali
In fisica la misura rappresenta un’operazione fondamentale, e come tale deve essere il più precisa
possibile. Quindi il metodo e gli strumenti di misura devono essere adeguati al tipo di misurazione da
eseguire. Per misurare una grandezza fisica bisogna fare uso di strumenti, ma anche le operazioni di
misurapiùaccurateeseguiteconletecnichepiùavanzateeconglistrumentipiùmoderninonpermettono
di eliminare completamente gli errori, al massimo di limitarli. Gli errori che si possono commettere
nell’eseguireunamisurasonodiduetipi,glierrorisistematicieglierroriaccidentali.
Glierrorisistematicidipendonodallimitedellostrumentoodelmetodousatoesonosolitamenteipiù
semplicidaeliminare,perchéhannoun’origineprecisache,unavoltaindividuata,permettedieliminare
o ridurre gli errori stessi. Un errore sistematico avviene sempre nello stesso senso, cioè sempre per
eccessooperdifetto:ilvaloretrovatosaràsempremaggioredelvaloreverooppuresempreminore.Se
peresempiouncronometrovaavantiorimaneindietro,commetteremounerroresistematico,chepotrà
essereeliminatoconoscendol’intervalloditempocheloproduce.
Glierroriaccidentalidipendonoinvecedaunaseriedicausenonesattamenteindividuabilienonben
definite,varianoinmodoimprevedibileepossonoagirepereccessooperdifettosullamisura.Alcune
volteagirannoaumentandoilvaloredellamisura,altreriducendolo.Nellamisuradeltempoimpiegatoda
un oggetto a percorrere una certa distanza, per esempio, è molto difficile far coincidere l’istante della
partenza dell’oggetto con l’istante in cui parte il cronometro, e la stessa cosa accadrà al momento
dell’arrivo. La ripetizione dell’esperimento darà quindi origine di volta in volta a valori leggermente
diversi.
•Lateoriadeglierrori
Valorerealeevaloremedio
Intervallodiincertezzaederroreassoluto
Errorerelativo
Misurareunagrandezzafisicaimplicadunquelapossibilitàdicommettereunerrore.Perquestomotivo,
dovendoconoscereilvaloredellamisuradiunagrandezza,anzichéricercareilvaloreesattosiricorreal
suovalorepiùattendibile,quellocioèchehalamaggioreprobabilitàdiverificarsi.Lateoriachestudia
ilcomportamentodellemisureelariduzionedeglierrorisichiamateoriadeglierrori.
Ognimisura,peresseresufficientementeaccurata,deveessereeseguitapiùvolte;nellaripetizionedella
misurasiottengonosemprerisultatileggermentedifferenti:ilvaloredellamisurachepiùsiavvicinaal
valorerealesaràdatodalsuovaloremedio,indicatoconxedatodallasommadeivaloriottenutiinn
esperimentidivisoperilnumerodegliesperimenti:
(x +x +...+xn)
x= 1 2
n
Il risultato della misura va poi dato facendolo seguire dall’errore che lo accompagna, in modo da
determinarel’intervallodiincertezzadellamisurastessa.Nelcasodiunnumerolimitatodimisurazioni
ilmodopiùsempliceperdeterminarel’erroreèdatodalcalcolodell’erroremassimooerroreassoluto,
indicatoconεedatodalladifferenzatrailvaloremassimoottenutoeilvaloreminimo,divisaperdue:
(valoremax-valoremin)
ε=
2
Il risultato della misura in questo caso è dato dalla combinazione tra il valore medio e l’errore
assoluto,ovvero:
valorecercato=x±ε
Sesivuoleconoscereilgradodiprecisioneconcuièstataeseguitaunamisurasifaricorsoall’errore
relativo,cherappresental’incidenzadell’erroremassimoinrapportoalvaloredellamisura:sidefinisce
pertantoerrorerelativoilrapportotral’erroremassimoelamediaaritmeticadeivalori,espressoin
genere in termini percentuali. In questo modo si stabilisce l’ordine di grandezza dell’errore, pari alla
percentualetrovatadelvaloredellamisura.
Perconfrontareilgradodiprecisionedidueseriedimisureoccorreconfrontareilloroerrorerelativo.
•Lecifresignificative
Poichélemisuredellegrandezzefisichenonsonoesprimibiliconesattezza,occorreprestareattenzione
almodoincuisiscrivonoirisultatidellemisure.
I due risultati 4,2±0,1 m e 4,20±0,01 m non sono uguali, ma differiscono per il numero di cifre
significative:ilprimohaunaprecisionediduecifresignificative,ilsecondoditrecifresignificative.
L’ultimacifrasignificativa,quellapiùadestra,deveaverelostessoordinedigrandezzadell’erroredi
misura.
Quandosieseguonooperazionitragrandezzeoccorretenercontodellecifresignificative.Inparticolare,
quando si sommano (o si sottraggono) due grandezze, il risultato deve essere scritto in modo tale che
l’ultimacifrasignificativasiaottenutacomesomma(odifferenza)disolecifresignificative.Quandosi
moltiplicano (o si dividono) due grandezze, il numero delle cifre significative del risultato è uguale al
minimonumerodicifresignificativedeivaloriiniziali.
GLOSSARIO
Erroreaccidentale
Errorenellemisurechedipendedacausenonidentificabili,enonbendefinite,epuòinfluenzarelemisureavolteperdifettoavolteper
eccesso.
Erroresistematico
Errore nelle misure dovuto a difetti negli strumenti, che agisce sul risultato della misura sempre nello stesso verso, per difetto o per
eccesso.
Grandezzafisica
Qualunqueaspettodiunfenomenonaturalechepossaveniremisurato.
Metodosperimentale
Metodo di ricerca applicato in fisica che, attraverso le tre fasi dell’osservazione, della formulazione della teoria e della verifica
sperimentale,riproduceunfenomenofisico.
Metro
UnitàdimisurafondamentaledellalunghezzadelSI,definitacomeladistanzapercorsadallalucenelvuotoinuntempodi1/299.792.458
secondi.
Modello
Rappresentazionediunfenomenofisicochenesimulailcomportamento.
Secondo
Unità di misura dell’intervallo di tempo del SI, definita come la durata di 9.192.631.770 oscillazioni della radiazione corrispondente alla
transizionetraduelivelliiperfinidell’atomodicesio-133nellostatofondamentale.
SistemaInternazionale
Sistemadiunitàdimisuraadottatonel1960eoggiuniversalmentericonosciuto,costituitodasetteunitàdimisurafondamentalidallequali
tuttelealtrepossonovenirederivate.
Unitàdimisura
Grandezzadiriferimentochepermettedimisurareunagrandezzaomogenea,allaqualesiattribuiscevaloreunitario.
TESTDIVERIFICA
1. Qualisonolefasiprincipalinelmetodosperimentale?
2. Cosasignificafareunamisura?
3. Cosasonoisistemidimisura?
4. Quandounamisurasidicediretta?
5. Checos’èunerroreaccidentale?
LAMECCANICA
2IVETTORI
Percomprendereilcomportamentodellediversegrandezzefisicheèdifondamentaleimportanzaconoscerelaloronaturaeidiversi
modiusatiperrappresentarle.Duesonoletipologiedigrandezzeesistentiinfisica,quellescalari,definitedaunvalorenumerico,e
quellevettoriali,definite,oltrechedaunnumero,chenerappresental’intensità,daunadirezioneedaunverso,echesonosoggette
aparticolarileggidicalcolo.
2.1Grandezzescalariegrandezzevettoriali
Grandezzescalari
Grandezzevettoriali
Vettoriugualievettoriopposti
Notazionevettoriale
Sono dette grandezze scalari, quelle che, come per esempio la temperatura o il tempo, risultano
completamente descritte da un numero, che ne rappresenta il valore. Per definire univocamente una
grandezzascalareèquindisufficienteindicareunvalorenumericoaccompagnatodallarelativaunitàdi
misura(lalunghezzadiunintervalloditempoèparia5secondi,latemperaturadiunastanzaèdi20°C
ecc.). Il numero che definisce la misura di uno scalare viene indicato con il termine di modulo, o più
frequentementeintensità.
Sonodettegrandezzevettorialiquelle che per essere definite necessitano, oltre che di un’intensità,
anche di una direzione e di un verso. Le grandezze vettoriali sono rappresentate per mezzo di figure
geometriche dette vettori, che sono segmenti orientati, simboleggiati tramite una freccia: il modulo
(l’intensità) è identificato dalla lunghezza del segmento di freccia, la direzione dalla retta sulla quale
essogiaceeilversodallapuntadellafreccia(v.fig.2.1).Ilpuntodacuioriginailsegmentoorientatoè
detto origine. Sono esempi di grandezze vettoriali la velocità e la forza. Per avere un’informazione
completasullavelocitàdiun’automobile,peresempio,sipotràdirecheviaggiaa120km/h,percorrendo
l’autostradaA1(lasuadirezione),indirezionediFirenze(ilverso).
Sonodefinitiugualiduevettorichehannolostessomodulo,lastessadirezioneelostessoverso;sono
definitioppostiduevettorichehannolostessomoduloelastessadirezione,maversoopposto.
Figura2.1Intensità,direzioneeversodiunvettore.
Unvettorevieneindicato,secondolanotazionevettoriale,conunaletterasormontatadaunafreccia,per
esempio ,oconunaletterainneretto,peresempioA(èquestalanotazionecheverràseguitainquesto
volume). In seguito, quando si vorrà prendere in considerazione la sola intensità di un vettore, lo si
indicheràcomeunoscalare,usandoilcorsivo,peresempioA.
2.2.Operazioniconivettori
Ivettoripossonoesseresottopostialleoperazioniaritmetichefondamentali:lasomma,ladifferenzaeil
prodotto.
•Lasommadiduevettori
Sommadivettoriconugualidirezioneeverso
Sommadivettoriconugualedirezioneeversoopposto
Sommadivettoriconugualeversoedirezioneopposta
Scomposizionediunvettore
Sommaditreopiùvettori
L’operazione di somma è detta anche composizione di vettori: i vettori addendi sono detti vettori
componenti,ilvettoresommaèdettorisultante. Nel caso della somma di due vettori A e B, possono
presentarsitredistintepossibilità:
1.AeBhannougualidirezioneeverso:ilvettorerisultanteA+BèunvettoreRaventeperdirezionee
versoquellideivettoriaddendiepermodulolasommadeimodulideivettoriaddendi.
2.AeBhannougualedirezionemaversoopposto:larisultanteRèunvettoreaventelastessadirezione
dei vettori addendi, per modulo la differenza dei moduli dei vettori addendi e per verso quello del
vettoreaddendodimodulomaggiore.
3.AeBhannougualeversomadirezionediversa:inquestocasoènecessariointrodurreunaleggenota
come regola del parallelogramma e rappresentata graficamente nella figura 2.2. Per procedere con il
calcolo, si devono innanzitutto trasportare i due vettori A e B parallelamente a se stessi, fino a far
coincidere in un punto O le loro origini. A partire da ciascuna delle due estremità libere si deve ora
tracciare una retta parallela all’altro vettore, in modo da incrociarle in un punto C, disegnando un
parallelogramma;larisultanteRèinquestomodocompletamentedefinitaindirezioneeintensitàdalla
diagonale del parallelogramma, mentre il verso è quello che muove dalla comune origine O verso il
puntooppostoC.
Partendo da un vettore R si possono definire i due vettori A e B che costituiscono i lati di un
parallelogramma di cui R è la diagonale; ciò equivale a compiere un’operazione nota come
scomposizionediunvettorenellesuecomponentilungoduedirezioniassegnate.
Figura2.2RegoladelparallelogrammaperlasommadiduevettoriAeBdiversougualeedirezioneopposta.
Lasommaditreopiùvettori,infine,puòessereeseguitaconlaregoladelparallelogrammacomponendo
i vettori a due a due, e successivamente le loro risultanti, fino a ottenere un unico vettore finale, che
costituiràappuntoilrisultatocercato.
•Ladifferenzadivettori
Il caso della differenza tra due vettori A e B viene facilmente riportato a quello della somma,
componendoAconilvettoreoppostodiB:A–BèinfattiugualeadA+(–B).
•Ilprodottofraunvettoreeunoscalare
LarisultanteRdelprodottofraunvettoreA e uno scalare a è un vettore avente per direzione e verso
quellidiAeperintensitàilprodottodelmodulodiAperilvaloredia.Esistono,inoltre,altredueforme
diapplicazionedellamoltiplicazionealcalcolovettoriale,detteprodottoscalareeprodottovettoriale
(descrittenelriquadro).
PRODOTTOSCALAREEPRODOTTOVETTORIALE
Lamoltiplicazioneapplicataalcalcolovettorialenonsiriduceunicamentealprodottofraunoscalareeunvettore.Essa,infatti,contempla
anchealtredueformediprodotto,concettualmentepiùcomplicatedadefinire,mafacilmenterappresentabilidalpuntodivistagrafico,dette
prodottoscalareeprodottovettoriale.Inentrambiicasi,iterminidell’operazionesonosemprevettori,manelprimoprodottolarisultanteha
naturascalare,nelsecondovettoriale.
IlprodottoscalarefraduevettoriAeB,indicatocomeA·B(silegge“AscalareB”),vienedefinitocomeunoscalaredatodalprodotto
frailmodulodiAelaproiezionediBnelladirezionediA.Trigonometricamente,vienedefinitocomeloscalareRdatodalprodottofrail
modulodeiduevettorieilcosenodell’angolocompresotraledirezionideiduevettori:
R=A·B=ABcosδAB
IlprodottovettorialetraduevettoriAeB,indicatocomeA∧B(silegge“AvettoreB”),vienedefinitocomeilvettoreRaventemodulo
pariall’areadelparallelogrammadicuiAeBsonoilati,direzioneperpendicolarealpianodelparallelogrammaeversodallapartedella
testadiunosservatoreche,postoinpiedisulpianochecontieneilparallelogramma,vedeAsovrapporsiaBruotandoinsensoantiorario.
Trigonometricamente, il modulo R può anche essere definito come dato dal prodotto fra il modulo dei due vettori e il valore del seno
dell’angolocompresofraledirezionideiduevettori:
R=ABsenδAB
GLOSSARIO
Scalari
Categoriadigrandezzefisichecompletamentedefinitedallorovalorenumerico;nesonoesempilatemperatura,iltempo,lamassadiun
corpo.
Scomposizione
Operazioneconsistentenell’applicazioneinversadellaregoladelparallelogramma.Permettediricavare,daununicovettoreinizialeeda
duedirezioniassegnate,iduevettoriche,sommati,porterebberocomerisultatofinalealvettoredato.
Vettori
Categoria in cui rientrano le grandezze fisiche dotate di un’intensità, una direzione e un verso. Esempi di grandezze vettoriali sono la
velocitàel’accelerazionediuncorpo.
TESTDIVERIFICA
1. Lasommadiduevettoriaventiugualedirezioneemodulomaversooppostoè:
a.unvettoreaventedirezioneeversodeivettoriaddendiemodulopariallasommadeimoduli;
b.zero;
c.ilcalcolononèpossibileperchéivettorigiaccionosullastessarettadirezione.
2. Ladifferenzadiduevettoriaventiugualedirezioneemodulomaversooppostoè:
a.unvettoreaventedirezioneeversodeivettoriaddendieintensitàpariallasommadeimoduli;
b.zero;
c.ladifferenzanonècalcolabilequandoivettorihannoversoopposto.
3. Conlaregoladelparallelogrammaèpossibilecalcolare:
a.lasommadiduevettoriaventidiversadirezione;
b.ilprodottofraunvettoreeunoscalare;
c.ilrapportofrailvettoreaccelerazioneeilvettorevelocitànelmotouniformementeaccelerato.
4. Qual è il risultato del prodotto scalare fra due vettori aventi uguale intensità e direzioni reciprocamente
perpendicolari?
a.unoscalareugualealprodottodelleintensità;
b.unvettoredefinibileapplicandolaleggedelparallelogramma;
c.zero.
5. Considerandoancoraivettoridelprecedentequesito,qualèilrisultatodelloroprodottovettoriale?
a.zero;
b.unvettoreaventeintensitàparialprodottodelleintensità;
c.ilvettoreopposto.
3IMOTIRETTILINEI
Lostudiodellacinematica,cioèdiquellapartedellameccanicachesioccupadidescrivereilmotodiuncorpoindipendentemente
dallecausechel’hannoprovocato,suddivideimovimentiinduegrandicategorie:quellilacuitraiettoriaèunaretta,echevengono
detti moti rettilinei (trattati in questo capitolo), e quelli che si svolgono lungo traettorie curve, detti moti curvilinei (trattati nel
capitolo successivo). Un corpo è in moto se, al variare del tempo, varia la sua posizione nello spazio rispetto a un sistema di
riferimento; la grandezza che esprime la variazione della posizione nell’unità di tempo è detta velocità. La velocità è costante nel
motorettilineouniforme,mentrevarianelmotorettilineononuniforme.Levariazionidellavelocitàsonoespressedaunagrandezza
dettaaccelerazione; un moto rettilineo in cui l’accelerazione è costante è detto moto uniformemente accelerato. Le leggi del moto
stabilite dalla meccanica valgono nell’ambito della fisica classica, cioè quando si considerano velocità molto minori di quella di
propagazionedellaluce(pariacirca300.000.000m/s);inoltretalileggisiriferisconoalmovimentodicorpicosiddettipuntiformi(le
cuidimensionigeometrichesonocioètrascurabili).
3.1Sistemadiriferimentoecoordinate
Sistemadiriferimento,coordinate,assicartesiani
Spaziocartesiano
Coordinatatemporale
Per studiare i movimenti di un punto nello spazio è necessario stabilire un sistema di riferimento
univoco,relativamentealqualerapportarel’analisideidiversitipidimoto.Unavoltasceltoilsistemadi
riferimento,laposizionediunpuntoalsuointernopuòesserematematicamentedefinitatramiteun
appropriatoinsiemeordinatodinumeri,detticoordinate.Ilpiùcomunesistemadiriferimentoèquello
costituito,rispettivamente,dadueotrerettemutuamenteperpendicolari,detteassicartesiani, aventi in
comuneununicopuntochiamatoorigine(disolitoindicatoconlaletteraO).
Vieneintalmodorappresentatounospaziocartesiano,adueotredimensioni.Laposizionediunpunto
Pall’internodiunospaziocartesianovienedeterminatatracciandoilsegmentodiperpendicolaredaPa
ognunodegliassi;lalunghezzadiciascunsegmentodiasse,contatadallacomuneoriginefinoalpiede
della perpendicolare, rappresenta il valore della corrispondente coordinata cartesiana. Gli assi di un
sistemabidimensionale(chedefiniscecioèunospaziopiano)vengononormalmenteindicaticonlelettere
xeyeleduecoordinatecosìmisurate,detterispettivamenteascissaeordinatadiP,sonoindicateconi
simboliPxePyoppurecomeP(x,y).Inunospazioatredimensioni,invece,allaternadiassix, y e z
vengonofattecorrispondereletrecoordinatePx,PyePzo,inun’unicanotazione,laternaP(x,y,z).
Figura3.1LaposizionedelpuntoPinunospaziopianocartesianopuòessererappresentatadalvettoredistanzad,congiungenteP
conl’origineOeaventepercomponentilecoordinatediP(P xeP y).
In un’interpretazione vettoriale, è possibile tracciare il vettore distanza d (v. fig. 3.1), diretto lungo la
rettacongiungentel’origineconilpuntoPeconversochepuntaversoquest’ultimo(ilmodulodelvettore
viene ottenuto componendo le coordinate di P secondo le opportune regole di calcolo esposte al par.
Operazioniconivettori).
Una volta definito l’appropriato sistema di riferimento, se il punto risulta variare con continuità la
propriaposizione,lesuecoordinatesarannosoggetteaunaleggedivariazioneneltempo(t)everranno
quindiespressecomex(t),y(t)ez(t),ovverocomedipendentidaunacoordinatatemporalet,tramite
una relazione matematicamente indicata con il nome di funzione (v. riquadro alla pagina seguente). La
leggechelegalavariazionedellaposizionedelpuntonellospazioaltrascorreredeltempovienedetta
leggeoraria,mentrel’insiemedeipuntioccupatidalcorpoinmovimentovienechiamatatraiettoriadel
moto.
3.2Ilmotorettilineouniforme
Definizione
Ilpiùsemplicetipodimovimentodiuncorpoècostituitodalmotorettilineo,dovelasuatraiettoriasi
riduceaunarettaelaleggeorariapuòessereespressatramitelavariazioneneltempodiunasoladelle
tre coordinate (solitamente la x). In ciascun istante, la posizione del punto P può così essere
rappresentatadaunvettorespostamentoavente:
•direzionecoincidenteconlarettatraiettoriadelmoto;
•versonelsensodelmovimentodiP;
•intensità,omodulo,parialladistanzadiPstessodall’originedelsistemadiriferimento.
ILCONCETTODIFUNZIONE
Il concetto di funzione viene utilizzato in analisi matematica per indicare la regola che associa tra loro due o più elementi secondo un
precisocriteriodidipendenza.Nelcasopiùsemplicedifunzioniaunavariabile, gli elementi in questione sono due, solitamente indicati
con le lettere x e y, che rappresentano rispettivamente la variabile indipendente e la variabile dipendente della funzione stessa.
Assegnando a x una serie di valori arbitrari, è così possibile associarvi un corrispondente gruppo di valori y, definibili tramite la legge
espressadallafunzione,chevengonoindicaticonl’equazione:
y=f(x)
chesilegge“yugualeeffedix”.
L’insiemedeipossibilivaloriassumibilidaxprendeilnomedidominiodif(x),mentreilcorrispondenteinsiemedivaloriynerappresentail
suocodominio.
Considerandooraunpianocartesianoortogonaleeassegnandoilnomediascissaeordinatarispettivamenteallevariabilixey,èpossibile
tracciareunasuccessionedipuntiP1,P2ecc.,lecuicoordinatesianodatedacoppiedivalori(x1,y1),(x2,y2)ecc.,tralorolegatidalla
funzioneinoggettomedianterelazionideltipoy1=f(x1),y2=f(x2)ecc.L’unionedituttiquestipuntideterminaunalineacherappresenta
ilgraficodellafunzioney=f(x).
Dueesempidisemplicifunzioniaunavariabilesonodatinellafigura.
Pery=x,ilgraficoconsisteinunarettanelpianocartesiano,passanteperl’origineeinclinatadi45°rispettoagliassi.
Pery=x2,ilgraficoèdatodaunalineacurva,dettaparabola,anch’essapassanteperl’origineeconassecoincidenteconl’assey.
Graficidellefunzioniy=xey=x2 .
•Lavelocità
Definizione
Rapportoincrementale
Definizionedimotorettilineouniforme
Leggeorariadelmotorettilineouniforme
Unitàdimisuradellavelocità
Consideriamoledueposizionix1ex2diunmedesimopuntoPinduesuccessiviistantiditempot1et2;
ciòsignificache,nell’intervalloditempot2–t1,sidefiniscevelocitàmedia(vm) di P una grandezza
cheesprimeilrapportotralospaziopercorsox2–x1eiltempoimpiegatoperpercorrerlot2–t1:
(x –x )
vm= 1 2
(t1–t2)
Infisica,lavariazionediunagrandezza(comelospaziox o il tempo t) viene preferibilmente indicata
tramitelaletteragrecamaiuscolaΔ(delta),cherappresentaunincremento;ledifferenzex2–x1ot2–t1
possonovenirequindiespressedallenotazioniΔxeΔt;ladefinizionedivelocitàmediaassumeallorala
forma:
Δx
vm=
Δt
doveilrapportoΔx/Δtèdettorapportoincrementale.
Seconsideriamovariistantisuccessivit1,t2,t3,t4ecc.perogniintervalloditempoconsiderato,questo
rapporto risulta essere costante: si dice che il punto P si muove di moto rettilineo uniforme, cioè
percorre spazi uguali in intervalli di tempo uguali, con velocità data dal vettore v, avente direzione
lungolatraiettoria,versonelsensodelmotoeintensità:
v=vm
Piùingenerale,nelcasodiunmotorettilineouniformeèpossibileesprimerelavelocitàcomerapporto
costantetraspaziopercorsosetempoimpiegatottramitelasemplicerelazione:
s
v=
t
dacuisiricavalaleggeorariadelmotorettilineouniforme:
s=vt
Nel caso in cui, all’istante iniziale t = 0, il corpo in movimento si trovi in una posizione iniziale s0
diversadall’origine(O)delsistemadiriferimento,laleggeorariadelmotorettilineouniformeassumela
formapiùgenerale:
s=s(t)=vt+s0
Questaleggeoraria,rappresentatagraficamenteinunpianocartesianoaventeinascissailtempot e in
ordinatalospazios,corrispondeaunaretta(v.fig.3.2),cheintersecal’asse(s)delleordinatenelpunto
dicoordinate(O,s0).
Figura3.2Rappresentazionegrafica,inunpianocartesiano,dellaleggeorarias=s(t)=vt+s0delmotorettilineouniforme.
Lavelocitàhaledimensionidiunospaziodivisountempo.NelSistemaInternazionale,l’unitàdimisura
dellavelocitàèquelladiuncorpochepercorre1metro(m)dispazioin1secondo(s)ditempo;tale
unitàvieneindicataconilsimbolom/s,chesilegge“metroalsecondo”.Unasecondaunitàdimisuraper
lavelocità,diusocomune,èilchilometroall’ora(km/h),dove1km/h=0,278m/s.Diconseguenza1m/s
=3,6km/h.
3.3Ilmotorettilineononuniforme
Definizione
Quando, considerando istanti successivi, il rapporto Δx/Δt non risulta più essere costante, e quindi il
punto P percorre spazi diversi in tempi uguali, il moto viene definito rettilineo non uniforme e la
velocitàsaràconseguentementedipendentedagliistantitemporaliprescelti;siricorreinquestocasoalla
velocitàistantanea.
•Lavelocitàistantanea
Ilcalcolodellavelocitàistantanea
È detta velocità istantanea del punto P quella posseduta dal corpo in movimento all’istante in cui
essooccupaesattamentelaposizionedefinitadallacoordinatax1.Perdefinirelavelocitàistantanea,
sidevecompiereun’operazionematematica,indicatacomelimitedelrapportoincrementale,consistente
nelconsiderareintervalliditempoΔtsemprepiùpiccoli,facendoavvicinarelacoordinatax2ax1 fino
ad annullare lo spazio percorso dal punto lungo la retta. La velocità istantanea di P nel punto x1 sarà
quindiquellarisultantedalrapportoΔx/Δt,quandoΔttendeadassumerevalorisemprepiùprossimia
zero.Poiché,secondoquantoriportatodall’analisimatematica,questaoperazionedefinisceladerivata
(v. Appendice) della legge oraria s = s (t), che fornisce lo spazio percorso s in funzione del tempo t
impiegato, è dunque possibile ricorrere anche al calcolo differenziale per la definizione delle diverse
grandezzecinematiche.
•L’accelerazione
L’accelerazioneèlavariazionedellavelocitàneltempo
Motouniformementeaccelerato
Unitàdimisuradell’accelerazione
Nel caso di un moto a velocità non costante, può essere introdotta anche una seconda grandezza
vettoriale detta accelerazione, a, avente sempre direzione lungo la retta traiettoria e verso nel
sensodelmoto,ilcuimodulopermettedidescriverelavariazionedellavelocitàneltempo.Comenel
casodeimotiuniformi,èpossibiledefinireinizialmenteun’accelerazionemedia,am:
(v -v ) Δv
am= 2 1 =
(t2-t1) Δt
cherappresentailrapportotralavariazionedellavelocitàdiuncorpoel’intervalloditempoincuitale
variazioneèavvenuta.Nelcasoincuiquestorapportosimantengacostanteneltempo,sipotràparlaredi
un moto rettilineo uniformemente accelerato; in caso contrario potrà essere parimenti introdotto il
concettodiaccelerazioneistantanea,comelimitedelrapportoincrementaleΔv/Δt.
L’accelerazionehaladimensionediunospaziodivisountempoalquadrato.NelSistemaInternazionale,
l’unità di misura dell’accelerazione è quella di un corpo che varia di 1 m/s la propria velocità
nell’intervallodi1s,espressadalsimbolom/s2,chesilegge“metroalsecondoquadrato”.
•Laleggeorariadelmotorettilineouniformementeaccelerato
Formadefinitiva
La legge oraria per il più semplice tipo di moto rettilineo non uniforme, cioè quello uniformemente
accelerato(adaccelerazionecostante),siricavaconsiderandounpuntoPche,inunintervalloditempo
ditsecondi,simuovelungounaretta,variandolapropriavelocitàdaunvalorev0=0all’istanteiniziale
t=0finoaunvalorevtall’istantefinalet.
Nelcasoincuilavelocitàèfunzionelinearedeltempo,lavelocitàmediacoincideconlamediadelle
velocitàinizialeefinale.
Pertanto,ilpuntoPavràvelocitàmedia:
(v +v ) 1
vm= 0 t = vt
2
2
Il caso in esame può quindi essere ricondotto a quello di un punto che si muove di moto rettilineo
uniforme,conunavelocitàcostantepariallametàdellavelocitàfinalevt.Applicandolarelativalegge
delmoto,siottienelarelazione:
1
s=( vt)t
2
che,combinatacon:
vt=at
permettediottenerelaleggeorariadelmotorettilineouniformementeaccelerato:
1
s= at2
2
NelcasodiunpuntoPche,all’istanteinizialet=0,abbiaunavelocitàv0nonnulla,lerelazionifinqui
visteassumerannolaforma:
(v +v )
vm= 0 t
2
1
1
1
s= (v0+vt)t= v0t+ vtt
2
2
2
Ma,essendo:
(v -v )
a= t 0
t
siricavache:
vt=v0+at
dacui:
1
1
s= v0t+ (v0+at)t
2
2
1
1
1
s= v0t+ v0t+ at2
2
2
2
ecioè:
1
s= at2+v0t
2
ConsiderandoinfineunpuntoPcheoccupaunaposizioneiniziales0diversadall’origine,lapiùgenerale
leggeorariadelmotorettilineouniformementeacceleratoassumelaformadefinitiva:
1
s=s(t)= at2+v0t+s0
2
Inunpianocartesiano,laleggeorariadelmotorettilineouniformementeacceleratovienerappresentata
daunacurvadisecondogrado,dettaparabola.
GLOSSARIO
Accelerazione
Grandezza vettoriale che, in un dato sistema di riferimento, esprime la variazione nel tempo della velocità di un punto P; nel Sistema
Internazionalevienemisuratainmetrialsecondoquadrato(m/s2).
Coordinate
Insieme ordinato di numeri che individuano la posizione di un punto P nello spazio, una volta scelto un opportuno sistema di riferimento
rispettoalqualemisurareledistanze.Vengonodettecartesianequando,inunpianobidimensionaleonellospaziotridimensionale,dannola
distanzalinearediunpuntoPrispettivamentedadueotreretteparticolari,alorovoltadetteassicartesiani.
Leggeoraria
ÈlarelazionecheesprimelavariazioneneltempodellecoordinatediunpuntoP,inmovimentoall’internodiundatosistemadiriferimento.
LasuccessionedelleposizionioccupatedaPnecostituiscelatraiettoria.
Velocità
Grandezzavettorialecherappresentailrapportotralavariazionedellaposizionediunpunto,all’internodiunprecisosistemadiriferimento,
e l’intervallo di tempo in cui tale variazione è avvenuta. Nel Sistema Internazionale, la sua intensità viene misurata in metri al secondo
(m/s).
TESTDIVERIFICA
1. Qualèillimitedivaliditàdelleleggidellameccanica?
2. Un’auto percorre la distanza di 150 km nel tempo di 2,5 ore; supponendo che si muova di moto rettilineo uniforme,
qualèlasuavelocitàinkm/h?Einm/s?
3. Un’autoaccelerauniformementeinlinearetta,raggiungendo,neltempodi10secondi,unavelocitàfinaledi80km/h.
Qualesaràilvaloredellasuaaccelerazione?Qualelospaziopercorsodall’auto,supponendolasuavelocitàinizialev 0
=20km/h?
4. Ricavareleleggiorariedeimotirettilineouniformeeuniformementeaccelerato.
4IMOTICURVILINEI
Lostudiodeimoticurvilinei,cioèdiqueimotichehannotraiettorielungolineecurve,permettediestendereiconcettidivelocitàe
accelerazioneapplicandoliadistanzenonsololinearimaancheangolari.Latrattazionedelpiùsemplicetraimoticurvilinei,ilmoto
circolare uniforme, porta alla definizione di nuove entità, quali il periodo e la frequenza della rotazione, nonché di un tipo di
movimentodaessoderivabile,dettomotoarmonico.
4.1Lavelocitàel’accelerazioneneimoticurvilinei
Vettorevelocità
Vettoreaccelerazione
Legrandezzevelocitàeaccelerazionehannounanaturavettorialeleggermentepiùcomplessaquandosiè
inpresenzadimoticurvilinei,cioèditraiettorielungolineecurve.
Quandounpuntosimuovesuunacurva,ladirezionedelsuomotovariaistanteperistanteelavelocità
istantaneadelcorpoètangenteallatraiettorianell’istanteconsideratoedirettanelversodelmovimento.
Più complesso il caso dell’accelerazione, che, nel moto curvilineo, può essere scomposta in due
componenti: una tangenziale (accelerazione tangenziale), dovuta alla variazione della velocità in
modulo e rappresentata tramite un vettore di modulo Δv/Δt, direzione sulla tangente alla traiettoria e
direttanelsensodelmoto;l’altra,direttaperpendicolarmenteallatraiettoria(accelerazionenormale,o
centripeta)conversodirettoallaconcavitàdellalineacurva,cherappresentalavariazionedidirezione
delvettorevelocitàneltempo.
4.2Ilmotocircolareuniforme
Definizione
Periodo
Frequenza
Hertz,unitàdimisuradellafrequenza
Ilcasopiùsemplicedimovimentocurvilineoèilmotocircolareuniforme,incuiunpuntoPsimuove
convelocitàcostantesuunatraiettoriadatadaunacirconferenzadiraggioRecentroO.Inquesto
caso,l’intervalloditempoT,impiegatodalpuntoPpercompiereungirocompletosullacirconferenza,
viene chiamato periodo del moto. Se nell’unità di tempo (1 secondo), il punto P compie f giri di
circonferenza, il periodo impiegato per ogni singolo giro sarà pari a 1/f secondi; il numero f è detto
frequenzadelmotoesimisuraingirialsecondo(giri/s)(l’unitàdimisuradellafrequenzanelSistema
Internazionaleèl’hertz,simboloHz,dove1Hz=1s–1).Ilperiodoelafrequenzainunmotocircolare
uniformesonolegatidallarelazione:
1
1
f= oT=
T
f
Figura4.1 Il vettore velocità nel moto circolare uniforme. Il punto P si muove sulla circonferenza con velocità costante, nel senso
dellelancettedell’orologio.
•Lavelocitànelmotocircolareuniforme
Velocitàevelocitàangolare
NotoilperiodoTdiunmotocircolareuniforme,lasuavelocitàèfacilmentededucibilericordandoche,
per definizione, il punto P compie, in un intervallo di tempo pari a un periodo, esattamente un giro di
circonferenza,coprendocioèunospazioparia2πR.Larelazionetraspaziopercorsoetempoimpiegato
portaquindiaunvalorecostantedatoda:
R
v=2π
T
Oppure,sostituendoalperiodoTlafrequenzaf:
v=2πRf
Stabilito il valore dell’intensità, la velocità come grandezza vettoriale risulta pienamente definita
assegnandolecomedirezionequelladellatangenteallacirconferenzanelpuntoPecomeversoquellodel
sensodelmoto(v.fig.4.1).Lavelocitànelmotocircolareuniformepuòancheessereespressaintermini
divelocitàangolareω(v.riquadrosuccessivo),cherappresentalospostamentodell’angoloαaseguito
delmotodelpuntoPsullacirconferenza.LarelazionetralavelocitàangolareωelavelocitàdelpuntoP
èdatada:
v=ωR
LAVELOCITÀANGOLARE
Quando un punto P si muove di moto circolare uniforme con velocità v, ciò significa che esso percorre archi uguali di circonferenza in
tempi uguali; in altre parole, si mantiene costantementemente uguale a v il rapporto tra la lunghezza l dell’arco e il tempo t impiegato a
percorrerlo:
v=
l
t
(1)
Introducendoalpostodell’arcollamisurainradianti(v.Glossario)delcorrispondenteangoloαsottesoalcentrodellacirconferenza,siha:
α=
l
Ol=α·R
R
Sostituendol=α·Rnella(1),l’espressionedellavelocitàassumelaforma:
v=α
R
t
Ponendougualeaωilrapportoα/tavremo:
v=ωR
dove:
ω=
α
t
vienedettavelocitàangolareerappresentailrapportotral’angolopercorso(misuratoinradianti)eiltempoimpiegatoapercorrerlo.Per
definirel’esattovalorediωsideveconsiderareilcasoparticolareincuil’arcocoincidaconl’interacirconferenza;α,allora,rappresenta
l’angologiro2πradiantietilperiododelmotoT:
ω=
2π
T
La velocità angolare viene espressa in radianti al secondo (rad/s) e ha la dimensione dell’inverso di un tempo [T]–1, essendo il radiante
un’unitàadimensionata(inpratica,unnumeropuro).
La velocità angolare ω ha natura vettoriale; il vettore ω ha intensità 2π/T, direzione uguale a quella dell’asse di rotazione (la retta
perpendicolarealpianodellacirconferenzatraiettoria,passanteperilcentro)eversorivoltoinaltorispettoalpianodellacirconferenzaseil
puntoPruotainsensoantiorario(v.fig).
Ilvettorevelocitàangolareω
•L’accelerazionenelmotocircolareuniforme
Accelerazionetangenzialeecentripeta
Nel moto circolare uniforme, mentre il modulo del vettore velocità rimane costante, la sua
direzione varia continuamente, poiché, al muoversi del punto lungo la circonferenza, cambia
continuamente la posizione della tangente alla curva stessa. È quindi possibile esprimere questa
variazione introducendo un vettore accelerazione. In questo caso la componente tangenziale
dell’accelerazioneènulla,mentresipuòdeterminarelacomponentecentripeta.
Perilcalcolodell’accelerazione,puòessereutilericorrereaunmetodografico,illustratoapartiredalla
figura4.2;suunacirconferenzadiraggioR,sonovisualizzatiivettorivelocitàv1, v2, v3 e v4, relativi
allediverseposizioniP1,P2,P3eP4delpuntoPinquattroistantiditempot1,t2,t3et4.
Siimmaginioraditrasportaretuttiivettorivelocitàparallelamenteasestessifinoafarcoinciderele
loro origini in un unico punto (v. fig. 4.2 B); le loro opposte estremità disegneranno quindi una
circonferenza di raggio pari al modulo v della velocità (questa circonferenza non coincide con
l’originariatraiettoriadelmoto).Lafrecciadelvettorevelocitàsimuovesuquestanuovacirconferenza
inmodotaledacompiereuninterogiroinunperiodoTpariaquellodelmotodiP.
Sfruttandol’analogiatrailvettorevelocitàedilvettoreposizione,nellaformula
2π
v= R
T
si sostituisca a v il modulo dell’accelerazione e a R il modulo della velocità; in tal modo si ottiene il
valoredellaaccelerazione:
2π
a= v
T
SostituendoaltempoilsuovaloreT=(2πR)/v,siottiene:
2π
2
a=2πRv=v
R
v
Sostituendoallavelocitàilsuovalorev=(2πR)/T,siottiene:
4π2R 2π
a= 2 =( )2R=ω2R
T
T
Il vettore accelerazione (o velocità della velocità) avrà poi, sempre in base a quanto detto per i moti
circolariuniformi,direzionetangenteallacurvatraiettoriadellevelocità,cioèdirezioneperpendicolare
alraggiodellacirconferenzacostruitaconivettorivelocitàe,quindi,alvettorevelocitàv.Ma,tornando
allacirconferenzaoriginaria(v.fig.4.2A),vhadirezioneperpendicolarealraggioR,equindiilvettore
dimoduloaavràladirezionedellaperpendicolareallaperpendicolarealraggio,cioèladirezionedel
raggiostesso.
Ilversodia,comevisualizzatonellafigura4.3,punteràalcentrodellacirconferenza;perquestomotivo,
l’accelerazionecosìcostruitavienechiamatacentripeta.
A
B
Figura4.2 Il moto circolare uniforme di un punto in quattro differenti istanti, e i rispettivi vettori velocità (A); in B la costruzione
graficaperdeterminareilvettoreaccelerazionecome“velocitàdellavelocità”delpunto.
Figura4.3Ilvettoreaccelerazionecentripetaa(èdiusocomunedisegnareilvettoreaccelerazionecentripetaapplicatoalpuntoP,
piuttostochealvettorevelocità).
Figura4.4CostruzionedellaproiezioneQdelpuntoPsuldiametroABdellacirconferenzadelmoto.(Qcoincideconl’intersezione
traABelaperpendicolareadABpassanteperP.)
4.3Ilmotoarmonico
A partire dal moto circolare uniforme, è infine possibile definire un altro tipo di movimento, che si
ottieneconsiderando,inogniistante,laproiezionedelpuntoPsuldiametroABdellacirconferenzadel
moto,cioèilpuntoQdelmoto(v.fig.4.4).
MentrePsimuovelungolacirconferenza,ilpuntoQpercorrel’interodiametroAB,muovendosiavantie
indietro,conunparticolaretipodimotodettomotoarmonico.Siconsiderinooraunaseriediarchidi
circonferenzaAP1,P1P2,P2P3,P3P4,P4P5,P5B,cherappresentanolospaziopercorsoinsensoorarioda
PsullacirconferenzadaAversoB,insuccessiviistantiditempotdiugualelunghezza(peresempio,ogni
secondo).
Poichéilmotocircolareèuniforme,tuttigliarchiconsideratidevonoavereugualelunghezza,cosache
invece non accadrà considerando le loro proiezioni sul diametro (v. fig. 4.5) (ciò denota che,
diversamentedaP,Qnonsimuovedimotouniforme).Comesipuòvederedallafigura4.5,mentrePsi
muovedaA(dovecoincideconlapropriaproiezione)versoP3,ilpuntoQpercorresegmentididiametro
semprepiùgrandifinoaraggiungereilcentroOdellacirconferenza,coincidenteconlaproiezionediP3;
dopodichéisegmentisiaccorcianosemprepiù,finchéPraggiungel’oppostaestremitàdeldiametroB,
tornandoarisultarecoincidenteconlapropriaproiezione.Indefinitiva,ilmotodiQ risulta accelerato
dagliestremiversoilcentro,deceleratodalcentroversogliestremi.
Il grafico orario del moto armonico è rappresentato attraverso una sinusoide (v. Appendice),
caratterizzata da un’ampiezza dell’oscillazione, coincidente con il raggio della circonferenza, che
rappresentailvaloremassimodell’elongazionelungoilsegmentoAB,edaunperiodocherappresentala
distanzatraduecresteconsecutivedellacurva.Esempidimotoarmonicosonoilmotodiunpendoloedi
unamolla(v.par.Forzeelasticheemotoarmonico).
Figura4.5IlpuntoPpercorrearchidicirconferenzaugualiintempituguali;neimedesimiistantit,Qpercorresegmentididiametro
semprediversi.
GLOSSARIO
Accelerazionenormale
Èilvettoreche,inunmotocurvilineo,quantificalavariazioneneltempodelladirezionedelvettorevelocità,mantenendodirezionesempre
perpendicolareallatraiettoriadelmoto.Nelmotocircolaretaleaccelerazionevienedettacentripeta,poichélasuadirezionepuntasempre
versoilcentrodellatraiettoria,cheèunacirconferenza.
Accelerazionetangenziale
Rappresenta la variazione nel tempo del modulo della velocità per un punto che si muove di moto curvilineo non uniforme; ha direzione
semprelungolarettatangenteallatraiettoria,nelpuntoincuivienemisuratalavelocitàstessa.
Frequenza
Grandezzascalareutilizzatainfisicaperrappresentarequantevoltenell’unitàditempounfenomenosiripeteinmodocostante,assumendo
ognivoltalamedesimaconfigurazioneiniziale.
Periodo
Nelmotocircolareuniforme,iltempoimpiegatodalpuntopercoprireesattamenteungirodicirconferenza.
TESTDIVERIFICA
1. Costruiteilvettoreaccelerazionecentripetanelmotocircolareuniforme.
2. Checos’èl’hertz?
3. SupponendochelaTerrasimuovadimotocircolareuniformeintornoalSole,qualèilvaloredellasuaaccelerazione
centripeta (si consideri come raggio dell’orbita il valore medio reale R = 150.000.000 km e come periodo T = 365
giorni)?
4. Definitebrevementeilcollegamentotramotocircolareuniformeemotoarmonico.
5LEFORZEEIPRINCIPIDELLADINAMICA
Èunfattointuitivoche,permodificarelostatodiquieteodimotodiuncorpo,occorreesercitaresudiessounacertaazione.Così
una sfera ferma inizia a rotolare su un piano orizzontale se viene spinta, per esempio con una mano, acquistando una certa
accelerazione; la sua accelerazione sarà maggiore se l’azione di spinta è più “energica”. È altrettanto intuitivo che, se si esercita
unastessaspintasuduecorpidifferenti,peresempiounasferadigommaounasferadiacciaiodiugualevolume,essisubiranno
un’accelerazione differente, in quanto opporranno una differente resistenza al moto, o inerzia. La dinamica è la parte della
meccanica che studia il moto dei corpiin relazione alle azioni che lo determinano. Rispetto alla cinematica la dinamica introduce
nuovegrandezze,tracuilaforza (che esprime l’azione) e la massa (che esprime l’inerzia dei corpi). La descrizione dinamica del
motosibasasutreleggifondamentali,formulatedaNewton.
5.1Leforze
Laforzaèlacausachefavariarelostatodiquieteodimotodiuncorpo
Ladinamicastudialeforze,causadelmoto
Larisultantedelleforze
Nellatrattazionecinematicadelmotononsiponeilproblemadistabilireperchéicorpisimuovanoeche
cosamantengaillorostatodimoto,unavoltaattuato,osiaingradodiarrestarli.Intuitivamentesisache
permuovereunabiciclettaoccorreesercitareunosforzosuipedali,perfarrotolareunasferasuunpiano
orizzontalebisognaimprimerleunaspintaecc.Intuttiicasi,pervariarelostatodimotoodiquietedi
uncorpooccorreesercitareun’azione.Tuttiicorpisonosottopostiadazionidivariogenere,chefanno
sì,peresempio,cheunabarcagalleggisull’acqua,chelacorrentescorralungounfiloelettrico,chela
Luna ruoti attorno alla Terra ecc. In fisica questo concetto è espresso attraverso una grandezza
vettoriale,laforza,cherappresentalacausachefavariarelostatodiquieteodimotodiuncorpo.
Che la forza sia la causa esterna del moto dei corpi è un dato fondamentale della fisica, ma questo
concetto è una conquista del pensiero scientifico moderno; infatti, prima di Galileo, la concezione
aristotelicadelmondofisicoprevedevacheilmotodeicorpifosseunalorocaratteristicaintrinseca.Con
losviluppodellafisicapostgalileianalostudiodelleforzecomecausadelmotodivennelabasedella
dinamica.
Tuttelevoltecheuncorpoèsottopostoaun’azione,varialasuavelocità,maquestononsignificache,se
uncorpoèfermo,nonsiasoggettoadalcunaforza:infattipuòancheesseresoggettoadueopiùforzeche
annullanoavicendalapropriaazione.Leforzeacuièsottopostouncorpopossonodunqueesserepiù
diuna,eiloroeffettisisommano.Poichélaforzaèunagrandezzavettoriale(caratterizzatadaunverso,
unadirezioneeun’intensità),lasommadipiùforze,dettarisultante,saràdatadalleregoledellasomma
travettori.
5.2Laprimaleggedelladinamica
Laprimaleggedelladinamica(oprincipiod’inerzia)
Uncorpoinmotosiarrestaacausadell’attrito
Anche se a Galileo spetta il riconoscimento di aver intrapreso per primo l’analisi rigorosa del
movimento e delle cause che lo determinano, va attribuito al fisico inglese I. Newton (1642-1727) il
meritodiavercompletatoesistematizzatoquestistudi,giungendoallaformulazionematematicadelletre
leggi fondamentali della dinamica o leggi di Newton, che rappresentano i principi generali su cui si
basalascienzadelmotodalpuntodivistadinamico.
La prima legge della dinamica (o principio d’inerzia) afferma che un corpo tende a mantenere il
propriostatodiquieteodimotorettilineouniformefinoaquandononintervengonocauseesternea
sollecitarlo.
Questosignificache,seuncorpoèinquiete,resteràintalestatofinoaquandonongliverràapplicatauna
forza,mentresesimuovedimotorettilineouniformecontinueràafarlofinoacheunaforzaesternanon
interverrà a modificare la sua velocità. Nell’esperienza quotidiana il principio di inerzia è facilmente
verificabilenelcasodeicorpiinquieteappoggiatisuunpiano:unasferarestafermafinoaquandononle
siimprimeunaspinta;unavaligiapesantecontinuaarimanerefissaalsuolonellostessopuntoincuiè
stataappoggiatasenonintervienequalcunocheriescaasollevarla.Èmenointuitivoilcasodeicorpiin
moto rettilineo uniforme: l’esperienza ci mostra, per esempio, che un carrello si muove finché persiste
un’azionedispintaeche,inoltre,questaforzadispintadeveesserecontinuamenteapplicatasesivuole
mantenerecostantelavelocitàdelmovimento;quandoilcarrellovieneabbandonato,inesorabilmentesi
ferma. L’interruzione nel movimento non è, però, dovuta alla mancanza di un’azione di spinta, quanto
piuttosto alla presenza di forze che agiscono in senso contrario al moto, ostacolandolo fino al suo
completo annullamento: le forze di attrito (v. par. Le forze di attrito). Se il carrello si muovesse nel
vuotoenellatotaleassenzadiattriti,nonfermerebbemailasuacorsa,proseguendoall’infinitoilproprio
moto,convelocitàcostanteesuunatraiettoriarettilinea.Contrariamentealleapparenze,nonèquindila
presenzadiunaopiùforzeapplicateamantenerecostantelavelocitàdiuncorpoinmovimento,quanto
piuttostolaloroassenzao,meglio,illororeciprocoannullarsi.
Il principio d’inerzia si può quindi riformulare dicendo che un corpo tende a mantenere il proprio
statodiquieteodimotorettilineouniformefinoaquandononintervieneunaforzaesterna,ouna
sommadiforzeesternelacuirisultantesiadiversadazero.
5.3Lasecondaleggedelladinamica
Forzaeaccelerazionesonodirettamenteproporzionali
Lamassaèunamisuradell’inerzia(edellaquantitàdimateria)diuncorpo
Lasecondaleggedelladinamica(oprincipiofondamentaledelladinamica)
Conformementealprincipiod’inerzia,seaunqualsiasicorpo,fermo(oinmotoavelocitàcostante)su
una superficie perfettamente liscia e completamente libero di muoversi in tutte le direzioni orizzontali,
vieneapplicataunaforza(persemplicitàsuppostaparallelaalpianod’appoggio),lasuavelocitàvaria.
Èpossibilecostruireinlaboratorioconsufficienteapprossimazioneunambiente“ideale”doverisultino
minimizzatetuttelepossibiliinterferenzesulmovimentodiuncorpo(gliattriti).
Siconsideri,peresempio,undiscolisciochescorresuunalastradighiaccio,tiratoconunacordaalcui
capooppostovieneapplicataunaforzacostante,esisuppongadifotografarelascenainsequenza,per
mezzo di scatti a intervalli di tempo regolari ed esponendo sempre il medesimo tratto di pellicola: si
otterràunasuccessionediimmaginideldisco,separatedadistanzecrescenti,talidasoddisfarelalegge
delmotorettilineouniformementeaccelerato.Ildiscosimuoveaccelerandocostantemente,nelmedesimo
verso di applicazione della forza. Tutte le volte che si ripeterà l’esperienza, a partire dalle medesime
condizioniiniziali,siotterràlostessorisultatofinale,conunidenticovalorecostantediaccelerazione.
Inoltre, raddoppiando, triplicando ecc. la forza impressa, anche il valore dell’accelerazione risulterà
doppio,triploecc.
Ripetiamo ora l’esperimento con corpi fatti dello stesso materiale, ma di dimensioni crescenti, per
esempioconpallediferrodigrandezzadiversa.Sinoteràchepiùaumentala“quantitàdimateria”dei
corpi(nelnostrocasolaquantitàdiferro)maggioreèlaresistenza,oinerzia,cheessioppongonoalla
forza: come conseguenza, minori saranno, a parità di forza applicata, le accelerazioni che subiscono.
Possiamo allora introdurre una nuova grandezza, la massa (simbolo m) che rappresenta la misura
dell’inerzia–equindiunindicatoredellaquantitàdimateria–diuncorpo(perquestomotivovienedetta
anchemassainerziale).Diremoalloracheduecorpi,sottopostiallamedesimaforzaF,assumonouguale
accelerazione,a,seleloromassem1em2sonouguali,mentreleaccelerazionirisultano,peresempio,
l’unaildoppio,iltriploecc.dell’altraquandoilcorpoconaccelerazionemaggiorehamassaesattamente
pariallametà,aunterzoecc.dell’altro.
Risulta, in altre parole, che l’accelerazione impressa a un corpo di massa nota m è inversamente
proporzionale alla sua massa e direttamente proporzionale all’intensità dell’azione a cui viene
sottoposto,ovveroche:
F
a=
m
Passando alla notazione vettoriale, si può enunciare la seconda legge della dinamica (o principio
fondamentaledelladinamica)chestabilisceche,quandoauncorpodimassamvieneapplicatauna
forzaF,essoacquistaun’accelerazionea,conversoedirezionicoincidentiallaforza,talepercui:
F=ma
•Unitàdimisuradellamassaedellaforza
Ilchilogrammo(kg)èl’unitàdimisuracampionedellamassa
Ilnewton(N)èl’unitàdimisuradellaforza
NelSistemaInternazionale,l’unitàdimisuradellamassacostituisceunadellesetteunitàfondamentalida
cuivengonofatteinseguitoderivaretuttelealtre.Ciòsignificacheperdefinirel’unitàdimassasideve
scegliere un oggetto campione a cui attribuire arbitrariamente un valore unitario. Presso l’Ufficio
InternazionaledeiPesiedelleMisureaSèvres,inFrancia,siconservauncilindrodiplatino-iridio(una
lega che assicura una certa immutabilità nel tempo), che rappresenta l’unità di misura campione della
massa nel Sistema Internazionale; essa viene detta chilogrammo (anche chilogrammo-massa) e
indicataconilsimbolokg(okgm).
Per la seconda legge della dinamica, il modulo della forza ha le dimensioni di una massa per
un’accelerazione.Misurandolamassainchilogrammi(kg)el’accelerazioneinmetrialsecondoquadrato
(m/s2),l’unitàdimisuradellaforzasaràespressainkg•m/s2.Taleunitàèdettanewton(simboloN):
avràintensitàdi1Nquellaforzache,applicataauncorpodimassa1kg,provocaun’accelerazione
di1m/s2.Lostrumentoperlamisuradellaforzaèildinamometro(v.riquadrosuccessivo).
LAMISURADELLAFORZA:ILDINAMOMETRO
La misura dell’intensità di una forza viene eseguita utilizzando uno strumento, detto dinamometro, in grado di paragonare la forza
incognitaadaltrediintensitànota,siaperconfrontodiretto(peresempio,inunabilanciaapiattilaforzapesosconosciutavieneconfrontata
con quella di masse campione), sia indirettamente. Un esempio di dinamometro a misura indiretta è costituito da un cilindro graduato,
contenenteunamollaconun’estremitàlibera;unganciopermettedivincolareilsistemainmodorigido(peresempio,aunsoffitto),mentre
all’estremità libera vengono applicate le forze da misurare. Allo strumento deve poi essere associata una scala graduata tramite
un’operazioneditaratura,chepuòessereeseguitaapplicandoviforzepesonote(inpratica,appendendoviunaseriedimassecampione)e
riportandone il corrispondente allungamento. Questo tipo di strumenti a misura indiretta presenta, però, il difetto intrinseco di non poter
immediatamente fornire misure assolute, a meno che queste non vengano condotte nella medesima località in cui lo strumento è stato
tarato. Infatti, per il variare dell’accelerazione di gravità g con la posizione geografica, varieranno anche gli allungamenti prodotti dalle
masse campione sulla molla del dinamometro. Di ciò si deve tener conto, applicando alla scala graduata un fattore di correzione che
rappresentidiquantosonovariatelatitudineealtezzasullivellodelmarerispettoalleoriginalicondizioniditaratura.
•Ilpeso
Laforzadigravità
L’accelerazionedigravità
Forzapeso
L’applicazionedellasecondaleggedelladinamicapermetteladefinizionediunaforzaparticolare,acui
tutti i corpi sono soggetti, almeno finché rimangono sulla superficie terrestre o nelle sue immediate
vicinanze:laforzadigravità.Questaforza(cheèsoloattrattiva)èesercitatamutuamentedatuttiicorpi
dell’Universodotatidiunamassa(v.anchecap.6).Sesiconsiderauncorpodimassam, tenuto prima
sospesoaunadeterminataaltezzaequindilasciatocaderealsuolo,questosimuovesottol’azionediuna
forzacheloattiraversoilcentrodellaTerra.Inbaseallasecondaleggedelladinamica,sesiindicacon
gl’accelerazioneconlaqualeilcorpovieneattrattoalsuolo,laforza,indicataconP,èdatada:
P=mg
dove g è detta accelerazione di gravità ed è rappresentata da un vettore diretto verso il basso, il cui
modulo, come si può dedurre con una successione di misure, varia leggermente a seconda del luogo
dell’esperimento (in particolare, g assume valore massimo ai poli e minimo all’equatore e diminuisce
anche con la distanza dalla superficie del pianeta. In media, g ha un’intensità pari a 9,8062 m/s2).
L’accelerazione di gravità, in condizioni ideali, cioè in assenza di attriti e misurata in uno stesso
luogo,ècostantepertuttiicorpi(v.riquadrosuccessivo).Questofattoèapparentementesorprendente,
perchécisiaspetterebbechel’accelerazionevariasecondadellamassadell’oggetto,manonècosì.Lo
si può verificare utilizzando un tubo nel quale sia stato fatto il vuoto e facendo cadere oggetti di
dimensioniemassediverse(èclassicoilcasodiunapallinaediunapiuma):capovolgendoiltubo,gli
oggetti arrivano alla sua estremità inferiore tutti nello stesso istante, poiché si è annullata la resistenza
dell’aria.Laleggechedescriveilmotodiunoggettoincadutaliberaèquelladelmotouniformemente
acceleratoesipuòdirechelospaziospercorsodalcorposottopostoall’accelerazionedigravitàginun
tempotèdatada:
1
s= gt2
2
Il vettore forza P prende il nome di forza peso o, più semplicemente, di peso dell’oggetto in esame.
Talvoltailconcettodipesovieneconfusoconilconcettodimassa:èopportunosottolinearechelamassa
èunagrandezzache,oltreadaverenaturascalareenonvettoriale,haunsignificatofisicoassaidiverso
daquellodipeso,ancheseilcomunelessicoquotidianotendeautilizzareidueterminiindifferentemente
(v.riquadrosuccessivo).NelSistemaInternazionaleilpeso,essendounaforza,simisurainnewton,
maaifinipraticisiimpiegaanchecomeunitàdimisurailchilogrammo-peso(simbolokgp),dove1kgp
=9,81N.
LACOSTANZADELL’ACCELERAZIONEDIGRAVITÀ:ILPIANOINCLINATO
Lacomprensionedicomeinunostessoluogodiversicorpiincadutasimuovanotutticonlamedesimaaccelerazionedigravitàfuilrisultato
diunaseriedicelebriesperimenti,coniqualiGalileodiedeformaaunasuaoriginaleintuizione;inunodiquestiesperimentiunaseriedi
sferemetallichefufattarotolarelungounpianoinclinato.Galileo,infatti,sieraresocontodellanecessitàdieliminarel’influenzadell’aria
sui moti di caduta, ma, non disponendo ancora di mezzi atti a creare il vuoto, aveva osservato che era possibile minimizzarne gli effetti
considerando corpi sferici in rotolamento su superfici il più possibile levigate. In questo modo, l’efficacia della gravità aumenta con
l’inclinazione del piano, andando da un valore minimo nullo (piano orizzontale) a uno massimo (piano verticale); in tutte le posizioni
intermedie,risultavapoiagiresoloquellacomponentedellaforzadigravitàparallelaallasuperficiediappoggio.Considerandoquindiangoli
d’inclinazionesufficientementepiccoli,Galileopotéfarrotolarelediversesferetantolentamentedapotermeglioapprezzarequeglieffetti
che, in caso di discesa verticale, venivano mascherati dall’estrema rapidità del movimento. Le sue conclusioni furono quelle ancora oggi
pienamente accettate: le sfere rotolano con accelerazione costante, indipendentemente dalle loro dimensioni e peso, proseguendo la loro
corsa al termine del piano inclinato in senso rettilineo e con velocità costante, fermandosi infine unicamente solo per l’azione degli attriti
esterni.
DIFFERENZATRAPESOEMASSADIUNOGGETTO
Mentrelamassaèunacaratteristicaintrinsecaeuniversaledeicorpi,chemantieneunvalorecostanteinqualunquepuntodellospazio,il
peso dipende strettamente dal valore locale dell’accelerazione di gravità. Per esempio, poiché la forza di gravità sulla Terra è sei volte
maggiorechesullaLuna,unmedesimocorpopeserebbe,sulnostrosatellite,unsestodiquantorisulterebbesullasuperficieterrestre,pur
essendolasuamassasemprelastessa.Semplificando,sipuòintenderelamassacomeil“contenutodimateria”diunoggetto:unsasso,
peresempio,noncambialasuanaturaspostandosidallaTerraallaLunaeinfatti,applicandoglilamedesimaforzainentrambigliambienti,
essoopporrebbesempreun’ugualeresistenza(inerzia)allavariazionedelpropriostato,mantenendocosìcostanteilrapporto
F/a
cheèladefinizionedimassam.Quellochecambia,invece,èlaforzaconcuiiduecorpicelestiloattraggonoversoilpropriocentro,cioè
appuntoilvaloredelsuopeso.
La differenza tra le nozioni di peso e di massa di un corpo richiede una precisazione a proposito dell’unità di misura della massa, il
chilogrammo.Siconsideril’operazionedipesaturadiuncorpoconunabilanciaapiatti:l’oggettovienepostosuunodeiduepiatti,mentre
sull’altrovengonopostedelleunitàcampione,finoastabilirel’equilibriotraiduepiatti.Sequestaoperazionefossecondottaindiversipunti
della Terra o su un altro pianeta, il risultato finale sarebbe sempre lo stesso. La forza di attrazione gravitazionale, infatti, quand’anche
diversanellediverselocalità,agisceallostessomodosututtiicorpipresenti.Seleunitàcampionefosseromultiplidelchilogrammo-massa,
l’operazionedipesatura,condottainquestitermini,permetterebbedidefinirenonilpeso,malamassadelcorpoincognito;eccodadove
nascelanostratendenzaaconfondereiconcettidipesoedimassa.Così,siattribuiscealpesodiunapersonailvaloredi80kgperchélosi
immaginainequilibriosuunabilanciacon80esemplaridimassaunitaria,mentredalpuntodivistafisicoilsuoveropesoèdato:
80kg·9,8m/s2=784N
Quellochenellavitadituttigiornivienedettochilogrammo(echevaintesocomechilogrammo-peso,kg p) corrisponde, in realtà, alla
forza necessaria per sostenere una massa unitaria, cioè a una forza uguale e contraria a quella di attrazione gravitazionale. Il valore del
chilogrammo-pesoèdunqueparia:
1kgp=1kgm·9,8m/s2=9,8N
quindi1Nequivalecircaa1/10kgpedèqualitativamentepariallasensazionefisicachesiprovacercandodisostenere,controlaforzadi
gravità,unoggettodimassaparia1/10circadellamassacampione.
5.4Laterzaleggedelladinamica
Laterzaleggedelladinamica(oprincipiodiazioneereazione)
Ognivoltacheauncorpovieneapplicataunaforza,esisteunaltrocorpochelaesercita.Lanostramano
esercitaunaforzasuunapallaperlanciarla,laTerraesercitaunaforzasullaLunaecc.Nell’eserciziodi
unaforzasonosemprecoinvoltiduecorpi,ovverol’azionenonavvieneinununicosenso,mal’influenza
è reciproca. Si può osservare sperimentalmente che, quando nell’interazione tra due corpi, il corpo A
vienesollecitatodalcorpoBconunaforzaFB(azione),essorispondesollecitandoilcorpoB con una
forzaFA(reazione)ugualeinintensitàedirezione,maoppostainverso:
FB=-FA
La terza legge della dinamica, o principio di azione e reazione, stabilisce che a ogni azione
corrispondeunareazioneugualeecontraria.
Così,uncorpoappoggiatosoprauntavolo(v.fig.5.1)esercitasudiessounaforza–Rugualeecontraria
alla forza R che il tavolo esercita sul corpo. Il modulo di R è uguale a quello di P perché il corpo è
fermo.Indefinitiva:
P=-R
•Laforzacentripetaelaforzacentrifuga:azioneereazione
Quandounosservatoreruotavelocementesusestesso,reggendounafuneallacuiestremitàoppostaviene
legato un peso (per esempio, un sasso), la fune si tende, facendo ruotare il sasso su una traiettoria
circolare(dicuiessastessarappresentailraggio),conunavelocitàche,sel’osservatorenelcentrodi
rotazione presta sufficiente attenzione al proprio moto, si può ritenere con buona approssimazione
costante. In definitiva, si ottiene un buon esempio del moto circolare uniforme. Se viene lasciato
improvvisamente andare, il sasso si allontana seguendo una traiettoria rettilinea, tangente alla
circonferenza nel punto in cui si trovava al momento del rilascio. Che cosa è successo? Riprendendo
l’analisicinematica,sièdettochesuunpuntoPinrotazioneagisceun’accelerazionecentripeta,diretta
versoilcentroediintensitàparia:
2
a=v
R
Interminidinamici,ciòsignificacheilpesoèsoggettoaunaforzacentripetadiintensità:
2
F=mv =mω2R
R
doveωèlavelocitàangolaredelpesocheloobbligaarimanerevincolatoallacirconferenza,incurvando
continuamentelasuatraiettoria.
In un sistema di riferimento rotante, all’azione centripeta corrisponde una forza, detta centrifuga,
diretta in verso opposto. Quando la corda viene lasciata, l’azione viene a mancare e il sasso si trova
liberodiproseguiresuunalinearettafinchéilsuomovimentononvieneannullatodall’attrito.Se,invece,
l’esperimentofossecondottoincondizioniideali,ilsassomanterrebbeindefinitamenteunmotorettilineo
uniforme,convelocitàpariaquellapossedutaalmomentodelrilascio.
A
B
Figura5.1A:ilprincipiodiazioneereazioneapplicatoaduncorpoappoggiatosoprauntavolo.B:ilprincipiodiazioneereazione
applicatoalcasodiunsassolegatoaunafuneefattoruotare.
5.5Leproprietàdellamateriaeleforzedicoesione
Leforzedicoesionefraleparticellecostituentideicorpi(atomiomolecole)nedeterminanolostatodiaggregazione(auna
datatemperaturaepressione)
Leforze,sièdetto,agisconosuicorpipermodificarnelostatodiquieteedimoto.Perlostudiodelle
forze e dei corpi, è essenziale fare un breve cenno alla costituzione della materia e dei suoi stati di
aggregazione, dai quali dipendono le caratteristiche dei corpi stessi. La materia trattata in senso
macroscopico è tutto ciò che occupa un volume e ha una massa; da un punto di vista microscopico, la
materiaècostituitadiparticelle(atomioaggregatidiatomidettimolecole;v.cap.24).Asecondadelle
forzedicoesionetraleparticellediuncorpo,lamateriasipresentaneisuoitrestatidiaggregazione,
solido,liquidoogassoso.
IlvolumeVelamassamdiuncorposonolegatifralorotramiteladensità,simboloρ,definitacomeil
rapportofralamassaeilvolumedelcorpostesso:
m
ρ=
V
elacuiunitàdimisuranelSistemaInternazionaleèilchilogrammopermetrocubo(kg/m3).
La densità di una sostanza diminuisce in genere con l’aumentare della temperatura (fatta eccezione per
l’acqua,chemostraunaumentodelladensitàtra0e4°C).Igassonoingenerelesostanzemenodense,
mentreisolidisonoquelleadensitàmaggiore.
Icorpisolidisonoquellicaratterizzatidaunvolumeedaunaformadefiniti;iliquidisonoquellesostanze
dotate di un volume proprio, ma non di una forma propria, poiché tendono ad assumere la forma del
recipientechelicontiene;lesostanzegassose(oaeriformi)nonsonodotatenédiformanédivolume
propri e assumono quelli del contenitore (v. fig. 5.2). Il fatto che una sostanza assuma uno stato di
aggregazione piuttosto che un altro dipende dalle forze di coesione tra le sue particelle costituenti e
inoltredallatemperaturaedallapressioneacuilasostanzasitrova.Variandoquestidueparametri,la
sostanzapassadaunostatodiaggregazioneaunaltro(v.cap.12).Leforzedicoesionetraleparticelle
diuncorpodiminuisconoall’aumentaredelladistanzareciproca.Icorpisolidipresentanonellamaggior
partedeicasiunastrutturacristallina,doveleparticellesonorigidamentelegateinstrutturegeometriche
(reticoli cristallini) e le forze di coesione che le tengono legate sono molto forti (per cui le particelle
possonosolocompieremovimentivibrazionaliattornoaposizionidiequilibrio).Unaminoranzadicorpi
solidipresentaunastrutturadisordinata(solidiamorfi).
Neiliquidi,leparticellecostituentisonopiùdistanziateeleforzedicoesionesonomenoforti,mentrenei
gas le particelle sono relativamente distanti, sono dotate di un movimento continuo e disordinato e le
forzedicoesionehannouninflussominimo(v.cap.13).
Figura5.2Statidiaggregazionedellamateria:A,statosolidocristallino;B,statoliquido;C,statogassoso.
5.6Leforzediattrito
Leforzediattritopossonoessereditipostaticoodinamico
Abbiamovistoche,inapparentecontraddizioneconlaprimaleggedelladinamica,uncorpolanciatoa
velocità costante su una superficie qualunque dopo un certo tempo rallenta e finisce col fermarsi. La
causadiciòèinrealtàdovutaall’azioneesercitatasulcorpodaparticolaritipidiforze,detteforze di
attrito(oattrito),chesioppongonoalsuomovimento.Leforzediattritorappresentanolaresistenzache
occorre vincere per far muovere un corpo rispetto a un altro con cui è a contatto, o per mantenere un
reciprocomovimento.
Vi sono due tipi fondamentali di attrito: l’attrito statico, che si manifesta quando si vuole mettere in
motouncorpofermo,el’attritodinamico,chesimanifestaquandosivuolemantenereinmotounoggetto
in movimento (distinto a sua volta in attrito radente, che deriva dallo scivolamento di una superficie
solidasuun’altra,einattritovolvente,chenascedalrotolamentodiunoggettosuunasuperficie).
L’attritodipende,oltrechedalleforzeesterneapplicate,dallanaturadeicorpicoinvolti.
Nel caso di attrito radente, si considerino due corpi a contatto, in movimento l’uno rispetto all’altro,
comeperesempiounacassachestrisciasopraunpianoorizzontale.Laforzadiattritoradente,Fa, può
essereespressainmodulodallarelazione:
Fa=μrFn
doveFnèilmodulodellarisultantedelleforzeesternecheagisconoperpendicolarmenteallasuperficie
di contatto tra i due corpi (la forza peso perpendicolare alla superficie d’appoggio nell’esempio della
cassa) e μr una costante di proporzionalità, detta coefficiente di attrito radente, che esprime la
dipendenza dell’attrito dalla natura delle superfici a contatto (poiché μr è il rapporto tra due forze, ne
conseguecheèunagrandezzaadimensionata,cioèunnumeropuro).Quandoiduecorpisonoaripososi
misura,invece,uncoefficientediattritostatico,μs,cherisultasempreleggermentesuperioreaquello
riscontrabilenelcorrispondentecasodinamico.Nelcasodiattritostatico,laformulaprecedentediventa:
Fa≤μsFn
Il segno “=” si riferisce alla massima forza di attrito statico tra le superfici a contatto. La tabella 5.1
riporta una serie di coefficienti di attrito statici e dinamici, misurati per alcune coppie di superfici a
contatto.
Nel caso di attrito volvente (dovuto al rotolamento di un corpo su una superficie) la forza di attrito
(sempre inferiore rispetto al caso dell’attrito radente) risulta ancora direttamente proporzionale alla
componente perpendicolare della forza peso, ma anche inversamente proporzionale al raggio (R) del
corpocherotola:
μF
Fa= v n
R
doveμvèilcoefficientediattritovolvente.
Perleproprietàdell’attritovolventeèquindipreferibilespingereuncarrosuruotedigrandidimensioni,
piuttostochefarlostrisciaresullastradaodotarlodiruotepiùpiccole.
Tabella5.1Coefficientidiattritostatico(μs )edinamico(μr)peralcunecoppiedisuperfici
SUPERFICIACONTATTO
μs
μr
acciaio-acciaio
0,74
0,57
vetro-vetro
0,94
0,40
legno-legno
0,50
0,30
Teflon-Teflon
0,04
0,04
gomma-asfaltoasciutto
0,85
0,70
gomma-asfaltobagnato
0,70
0,50
vetro-legno
0,40
0,25
ghiaccio-acciaio
0,20
0,10
legno-acciaio
0,45
0,30
acciaio-vetro
0,30
0,15
vetro-ghiaccio
0,25
0,10
ghiaccio-legno
0,30
0,15
ghiaccio-ghiaccio
0,65
0,50
piombo-acciaio
0,95
0,95
rame-acciaio
0,53
0,36
nichel-nichel
1,10
0,53
ferro-ferro
1,10
0,15
5.7Leforzeelastiche
L’elasticitàdiuncorpo
Sonodetteforzeelastichequellechesioppongonoalladeformazionediuncorpo.Tuttiicorpisoggetti
all’azione di una forza subiscono una deformazione, che dipende, oltre che dall’intensità della forza
applicata,anchedallanaturadelcorpostesso.Ingenerale,ledeformazionipossonoesserediduetipi:
elastiche, che scompaiono quando la forza non è più applicata, e anelastiche, che permangono anche
successivamenteall’applicazionedellaforza.
Dalpuntodivistadeicorpi,èpossibileintrodurreunadistinzionetracorpirigidi,plasticiedelastici,
sullabasedelcomportamentodelcorpoduranteedopol’applicazionedellaforza,cioèsuquantoessosi
sia prima deformato e abbia poi ripreso o meno il suo aspetto iniziale. I corpi rigidi mantengono
inalterata la propria forma anche a seguito dell’applicazione di una forza; i corpi plastici, deformati
dall’azionediunaforza,nonriprendonoilloroaspettoprimitivo;icorpielasticivengonodeformatima
riprendonoilloroaspettoprimitivoquandovienemenol’azionedellaforza.Questeproprietàvengono
giustificatedalfattoche,alivellomicroscopico,icorpisolidisonoformatidauninsiemediparticelle
condisposizionespazialebendefinita,all’internodelreticolocristallino.Quandouncorposideforma,la
disposizioneinizialedelleparticellesialtera;lasuaelasticitàèquindiunamisuradellatendenzadelsuo
reticolo a ricreare la configurazione iniziale. Quando però l’intensità della forza applicata è troppo
elevata, tutti i corpi si possono deformare permanentemente e, al limite, rompersi; la deformazione
massima a cui un corpo può essere sottoposto senza che esso modifichi permanentemente il proprio
aspettovienedettalimitedielasticità.
•LaleggediHooke
L’intensitàdellaforzaelastica
LaformulazionedellaleggesulleforzeelastichesidevealfisicoingleseR.Hooke(1635-1703),ilquale
stabilì che la forza elastica è direttamente proporzionale all’intensità della deformazione (sempre per
valoriinferioriallimitedielasticità)edèsempreoppostaaquellacheprovocaladeformazionestessa.
Nelcasodiunamolla,peresempio,lasuadeformazione,cioèilsuoallungamento,èmaggiorequantopiù
grande è la forza con cui essa viene tirata. Secondo la legge di Hooke, la forza elastica è data
dall’espressione:
F=-k·x
dove k è una costante positiva, detta costante elastica, caratteristica del materiale considerato, e x il
vettore spostamento, che nel caso della molla è pari al suo allungamento. Il segno meno indica che la
forza ha verso opposto allo spostamento, opponendosi alle deformazioni con un’intensità a loro
direttamenteproporzionale,tendenteariportarelamollaallalunghezzainiziale.
•Forzeelasticheemotoarmonico
Lamollasimuovedimotoarmonico
Ilmotoarmonicopuòesserecinematicamenterappresentatoproiettandoistanteperistante,suldiametro
della circonferenza-traiettoria, un punto P che si muove di moto circolare uniforme. È possibile
dimostrare che questo movimento coincide con quello di una molla ideale che, compressa o allungata,
tendeatornareallapropriaposizionediequilibrio:inaltreparole,ilmovimentodell’immaginedelpunto
Psullacirconferenzaèriconducibileall’applicazionediunaforzaelastica.
L’immagineQ,ottenutaproiettandosuldiametrodellacirconferenza-traiettoriaunpuntoPchesimuove
dimotocircolareuniforme,halacaratteristicadiaccelerareavvicinandosialcentrodellacirconferenza
e di rallentare allontanandosene; nelle estremità del diametro, in particolare, si arresta, per poi
riprendere con accelerazione di verso opposto. Quando il punto P si muove sulla circonferenza con
accelerazionecentripetaaP,lasuaproiezioneQsimuovesuldiametroconun’accelerazioneaQ, che si
ottiene proiettando aP sul diametro. Quando P si muove sulla circonferenza, Q ne segue il
comportamento,conun’accelerazionecheinogniistantehaversooppostoaquellodell’accelerazionedi
P.Esprimendol’accelerazionecentripetadiPinterminidivelocitàangolare(v=ωR)siottiene:
ap=ω2R
el’accelerazionedellaproiezionediPsuldiametroèdatada:
aQ=-ω2x
Questaespressionedefiniscel’accelerazionediQcomeproporzionalerispettoalsuospostamentoxdal
centroOdellacirconferenza,ovverorispettoalcentrodell’oscillazione.
Dallaleggefondamentaledelladinamica,laforzaresponsabiledell’oscillazionerisultadatada:
F=maQ=-mω2x
che,sostituendomω2conlacostantek,rappresental’espressionedellaforzaelastica:
F=-kx
Quindi si può dire che un corpo sottoposto a una forza elastica (per esempio, una molla) si muove di
motoarmonico,convelocitàangolareωeperiodoTrispettivamenteugualia:
•Ilpendolo
Il più importante esempio di moto armonico è fornito dal cosiddetto pendolo semplice: un corpo P di
massam,appesoaunfilodilunghezzal,fissatoaunpuntoOelasciatoliberodioscillare(v.fig.5.3).La
massam,spostatadipocodallasuaposizionediequilibrio,tendeaoscillaresottol’azionediunaforza
elastica, seguendo la legge del moto armonico. Riferendoci alla figura 5.3, la massa m è soggetta alla
propria forza peso P, ma di questa solo la componente Ft (perpendicolare al filo e tangente alla
traiettoria)èresponsabiledelleoscillazionidelpendolo,poichél’azionedellacomponenteparallelaal
filo è annullata dalla corrispondente reazione del filo. Se l’angolo di oscillazione è piccolo, il settore
circolareOPCsipotràapprossimarealtriangoloOPDescrivere,perlasimilitudinetraiduetriangoli
rettangoliPBAeOPD,laproporzione:
F d
=
mg l
Ponendo:
mg
k=
l
eaggiungendoilsegnonegativo,aindicarechel’azionediFèincontrastoconlospostamento,siritrova
ladefinizionediforzaelastica:
F=-kx
dove, sempre per la piccola ampiezza dell’angolo di oscillazione, il segmento d si può approssimare
all’ascissa della massa. A questo punto, usando la relazione tra il periodo T del moto armonico e la
costanteelasticaksiottiene:
Nell’ipotesi delle “piccole oscillazioni”, quindi, il periodo non dipende dalla massa del pendolo, ma
solodallalunghezzadelfiloedalvaloredellalocaleaccelerazionedigravità.Questaleggefuscoperta
da Galileo e rappresenta la legge dell’isocronismo del pendolo, che in sostanza afferma che tutte le
oscillazionidiunpendolosemplicehannosemprelastessadurata.Risolvendorispettoall’accelerazione
digravitàsiottiene:
4π2l
g= 2
T
relazione che permette di determinare il valore di g a partire dalle oscillazioni note di un pendolo
semplice,fattesalvelecorrezioniimpostedallapresenzadegliattriti.
Figura5.3Nelcasodipiccoleoscillazioni,ilcomportamentodiunpendolosempliceèriconducibileallapresenzadiunaforzadi
tipoelastico.
5.8Leforzeapparenti
Leforzeapparentisonoforzefittizie,chenoncorrispondonoaunaveraepropriaazionefisica,mache
vengono introdotte per spiegare le deviazioni nelle accelerazioni dei corpi in taluni sistemi di
riferimento. La scelta del sistema di riferimento assume in dinamica un’importanza rilevante; infatti, le
leggidelladinamicanonsonovalidepertuttiisistemidiriferimento.Inparticolare,sidiconosistemidi
riferimentoinerzialiquellipercuivalgonoleleggidelladinamica,sistemidiriferimentononinerziali
glialtri.
Sonosistemidiriferimentoinerzialiquelliinquieteequellichesimuovonodimotorettilineouniforme,
mentre sono sistemi non inerziali tutti i sistemi accelerati. Se ci troviamo su un treno che si muove a
velocità costante (un sistema di riferimento inerziale), gli oggetti che ci circondano appaiono fermi,
mentreaunosservatorefermosuunabanchinaappaionomuoversiallamedesimavelocitàdeltreno.In
entrambi i casi la situazione appare “normale”. Se il treno frena bruscamente, qualche oggetto cadrà a
terra, come se fosse spinto da una forza dovuta alla brusca accelerazione negativa del treno. Se la
velocità è costante, l’accelerazione è nulla e di conseguenza in un sistema di riferimento inerziale un
corpoèsoggettosoloalleaccelerazionidovutealleforzeimpresse.Quandoilsistemadiriferimentoè
accelerato(iltrenochefrena),ilcorposubiràl’effettodiunaforzaapparente,chenoncorrispondeauna
realeazionefisica,masoloalmoto.
Un altro esempio è dato da un oggetto posto su una piattaforma girevole e libero di muoversi: se la
piattaforma è in moto, l’oggetto tenderà a fuggire dalla piattaforma, per effetto dell’accelerazione
centrifugachesiopponeall’accelerazionecentripeta:laforzaapparentecheoccorreintrodurre,datadal
principio fondamentale della dinamica, per giustificare tale comportamento, è detta forza centrifuga.
Questa non corrisponde alla reazione centrifuga di un sistema vincolato, ma solo al moto relativo
dell’oggetto.
UnterzoesempiodiforzaapparenteèdatodallaforzadiCoriolis–dalnomedelfranceseG.deCoriolis
(1792-1843) che la studiò – che deriva dall’accelerazione di un corpo in moto su un sistema di
riferimento in moto rotatorio, come per esempio la Terra. Quando un corpo si muove sulla superficie
terrestre con una sua velocità, la sua accelerazione comprende un termine in più rispetto a quello che
avrebbe se viaggiasse su un sistema di riferimento fermo (o in moto rettilineo uniforme), che dipende
dallavelocitàdelcorpostessoedallavelocitàdirotazionedelsistemadiriferimento(laTerra,inmoto
attornoalsuoasse,convelocitàangolarecostante).TalecomponenteèdettaaccelerazionediCoriolise
lecorrisponde,perilprincipiofondamentaledelladinamica,unaforza,dettadiCoriolis.L’effettodella
forza di Coriolis sulla Terra dipende dalla latitudine e tende a far deviare verso destra (nel nostro
emisfero, verso sinistra nell’emisfero sud) un oggetto che si muove sulla sua superficie (v. fig. 5.4).
L’effettoprodottodall’accelerazionediCoriolisèparticolarmenteevidentenelmotodellegrandimasse
atmosferiche,ediconseguenzadeiventi,edellemasseoceaniche.
Figura5.4Latraiettoriadiuncorpochesimuovesullasuperficieterrestre,pereffettodellaforzadiCoriolis,apparespostataverso
destranell’emisferoborealeeversosinistrainquelloaustrale.
GLOSSARIO
Attriti
Forze che si oppongono al moto relativo di due corpi a contatto e rappresentano l’opposizione che si deve vincere sia per dare inizio al
movimento(attritistatici),siapermantenerlo(attritidinamici);questiultimisidifferenziano,inoltre,asecondacheicorpistianostrisciando
(attritoradente)orotolando(attritovolvente)l’unosull’altro.
Chilogrammo,ochilogrammo-massa
Unità di misura della massa e una delle unità fondamentali nel Sistema Internazionale. È definita considerando un oggetto campione e
definendolo arbitrariamente come avente massa unitaria; questo oggetto ha la forma di un cilindro di platino-iridio, conservato presso
l’UfficioInternazionaledeiPesiedelleMisure,aSèvres,inFrancia.
Densità
Grandezza fisica che esprime la massa dell’unità di volume di una sostanza e che rappresenta il rapporto tra massa e volume in una
sostanzaqualunque.
Forza
Grandezza fisica vettoriale che rappresenta l’entità in grado di agire su un qualsiasi corpo, anche senza venirne direttamente a contatto,
modificandoneilsuostatodiquieteodimoto,oilsuoaspetto.
Forzaapparente
Forzadovutaaglieffettiprodottisuuncorporilevatiinunsistemadiriferimentononinerziale.
Forzacentripeta
Inunmotocurvilineoèlaforzache,continuamenteapplicataalpuntoinmovimento,neincurvaistanteperistantelatraiettoria,inmododa
costringerloaseguirelalineacurva,impedendoglidisfuggirelungolarettatangenteallamedesima.Èsempredirettaversoilcentrodel
moto(cioèversoilcentrodellatraiettoria).
Forzaelastica
Forzachesiopponealladeformazionediuncorpo,tendendoariportarlonellaconfigurazioneiniziale.Leforzeelastichesonoregolatedalla
leggediHook,chestabiliscechenelcasodiunamolla,peresempio,laforzarisultadirettamenteproporzionaleall’allungamento,tramite
un’appropriatacostanteelasticak.Èpossibiledimostrarechelaconseguenzacinematicadell’applicazionediunaforzaelasticaèilmoto
armonico.
Forzapeso
Forzaconcuiunqualsiasioggetto,postosullasuperficiedellaTerra,vieneattiratoversoilcentrodelpianeta.Èlegataallamassam del
corpo in questione da una relazione di proporzionalità diretta tramite una grandezza g detta accelerazione di gravità, che dipende dalla
latitudinedelluogoedallasuaaltezzasullivellodelmareerappresentalaforzaconcui,inquelpunto,vieneattrattalamassaunitaria.
Massa
Nellasuapiùcompletaaccezionedimassainerziale,rappresentalaproprietàintrinsecadiciascuncorpoaopporsiavariazionidelproprio
statodiquieteodimoto,secondoquantoespressodalprincipiod’inerzia.Semplificando,lamassapuòessereconsideratacomelamisura
della“quantitàdimateria”contenutainuncorpo.
Newton
Unità di misura della forza, ha la dimensione di una massa per un’accelerazione. Per il principio fondamentale della dinamica, 1 N
rappresentalaforzache,applicataaunamassadi1kg,leimprimeun’accelerazionedi1m/s2.
TESTDIVERIFICA
1. Sienuncinoletreleggidelladinamica.
2. Qualèilsignificatodellamassadiuncorpo?
3. Qualèladifferenzatrapesoemassadiunoggetto?
4. IlvaloredelnostropesoinNèmaggioreaipolioall’equatore?Almareoinmontagna?
5. Unpesovienelasciatocaderealsuolodaun’altezzadi50m;trascurandolapresenzadegliattritieassumendog=9,8
m/s 2 ,dopoquantotempotoccheràilsuolo?
6. Qualèlacaratteristicadelperiododioscillazionediunpendolosemplicechecompiadelleoscillazionipiccole?
6LAGRAVITAZIONEUNIVERSALE
Laleggedellagravitazioneuniversalestabiliscecheognicoppiadicorpi,dagliatomiallestelle,siattraeconunaforzailcuimodulo
èdirettamenteproporzionalealprodottodelleloromasseeinversamenteproporzionalealquadratodellerispettivedistanze.Questa
legge,scopertadaNewton,èingradodispiegareilmotodeipianetiattornoalSole,ilmotodeisatellitiartificialilanciatiinorbita
attorno alla Terra e il moto dei gravi sulla superficie terrestre. La strada che avrebbe condotto alla formulazione della legge di
gravitazioneuniversalefuapertadaKeplero,cheavevadescrittopermezzodileggi(letreleggidiKeplero)ilmotosecondoorbite
ellittiche dei pianeti attorno al Sole (ma senza spiegarne le cause dal punto di vista dinamico). La grande intuizione di Newton fu
quelladicapirechelaforzacheregolailmotodeipianetièlastessachefacadereigravisullasuperficiedellaTerraedidarneuna
descrizionematematica.
6.1LafisicacelestedagliantichigreciaCopernico
NelmodellogeocentricolaTerraèalcentrodell’Universo
NelmodelloeliocentricoipianetiruotanoattornoalSole
Ilsistematolemaico
Ilmodellocopernicano
I filosofi greci, attraverso lo studio del moto dei pianeti e delle stelle basato sull’osservazione
sistematica del cielo notturno, arrivarono non solo a tentare misurazioni di distanza tra i corpi celesti
attraversoragionamentitrigonometrici,maancheaformulareteoriecheinfluenzaronofortementelafisica
celestefinoalXVIsecolo.
I primi tentativi di spiegare la struttura dell’Universo (sostanzialmente del sistema solare) da parte di
filosofiprearistotelici,nelIVsec.a.C.,siispiraronoaunmodellogeocentrico,cheponevalaTerraal
centrodell’Universo,conlestelle,ilSoleeipianeticheleruotavanoattorno(secondoquestavisione,
fattapropriainseguitodaAristotele,ilcieloeraimmaginatoformatodaunaseriedisfereconcentriche
dicristallo,sullequalisitrovavanoipianeti,ilSoleelestelle,eilcuicentroeracostituitodallaTerra;
ilmotodellesferesitrasmettevadall’unaall’altraperattrito.)
Ilprimocheproposeunmodelloeliocentricodell’Universo(conilSolealcentroelaTerraeglialtri
pianeti che gli ruotavano intorno) fu Aristarco di Samo (310-230 a.C.), ma la sua idea non venne
accettatapersecoli,perchépresupponevadistanzefralaTerraelestelletroppograndiperapparire,a
quel tempo, veritiere (la posizione delle stelle infatti non sembrava variare sensibilmente da un anno
all’altro e questo appariva giustificabile solo a patto che la Terra fosse fissa al centro dell’Universo,
oppureapattocheledistanzetragliastrifosseroenormementesuperioriaquantocisiaspettava).
Un altro grande studioso di problemi astronomici fu Ipparco (circa 190-120 a.C.), che arrivò a
determinarealcunecaratteristichedelmotodellaTerra,comelaprecessionedegliequinozi,masempre
inunavisionegeocentricadelsistemasolare.LasuaoperaègiuntafinoanoigrazieaClaudioTolomeo
(100-170), che nel suo lavoro l’Almagesto riassunse gran parte della conoscenza astronomica antica e
for-nì una descrizione, in termini di modello geocentrico, dell’Universo, che rendeva conto di tutte le
osservazioni compiute fino ad allora: si tratta del cosiddetto sistema tolemaico, una complessa
configurazione di cerchi concentrici, sui quali i pianeti ruotano intorno alla Terra, fissa al centro
dell’Universo, descrivendo degli epicicli, mentre il centro dell’epiciclo ruota intorno alla Terra. Il
sistemaTolemaico,acuiaderìlaChiesacattolica,nonfumessoindiscussionefinoal1543,quandofu
pubblicato (il giorno della morte del suo autore) il lavoro scientifico di Nicolò Copernico (nome
italianizzato dell’astronomo polacco Nikolaj Kopernik, 1473-1543), il De revolutionibus orbium
coelestium; questa opera, rimettendo il Sole al centro dell’Universo, come suggerito dal modello
eliocentricodiAristarco,gettòlebasiperifuturisviluppidell’astronomia.Nelmodellocopernicanoi
pianetiorbitanoattornoalSole,alcentrodelsistemasolare,seguendoorbitecircolari.Ipianetiallora
conosciuti erano Mercurio, Venere, la Terra, Marte, Giove, Saturno e la Luna, che orbita attorno alla
Terra.
6.2LetreleggidiKeplero
LetreleggidiKeplero
LaprimaleggediKeplerostabiliscecheleorbitedeipianetisonoellissi
LasecondaleggediKeplerodescrivelavelocitàconcuiipianetipercorronoleloroorbite
LaterzaleggediKeplerometteinrelazioneilperiododirivoluzionedeipianeti(iltempocheipianetiimpieganoapercorrere
un’interaorbita)conlalorodistanzadalSole
Unitàastronomiche
Poco più di mezzo secolo dopo la morte di Copernico (tra il 1603 e il 1618), l’astronomo tedesco
Giovanni Keplero (1571-1630), basandosi sul modello copernicano e sullo studio accurato dei dati di
osservazioneraccoltidalsuomaestro,ildaneseTychoBrahe(1546-1601),formulòtreleggi,notecome
letreleggidiKeplero,chedescrivonomatematicamenteilmotodeipianetiattornoalSolesecondo
orbiteellittiche.Keplerononarrivòaspiegarelacausadelmotodeipianeti,maciònullatoglieallasua
geniale intuizione, tenuto anche conto che a quei tempi il moto era considerato una caratteristica
intrinsecadeicorpi,percuinonsenecercavanolacause,macisilimitavaallasuadescrizione.
Keplero, in altre parole, intuì che il Sole esercitava sui pianeti un’azione che li vincolava alle loro
orbite, ma non si chiese di che natura fosse tale forza. In ogni caso, le tre leggi di Keplero
rappresentanounrisultatofondamentaleperlastoriadellameccanicacelesteefuronolabasedeglistudi
successivi di Newton (che pervenne invece alla descrizione delle cause che determinano il moto dei
pianeti e riconobbe nella gravitazione universale la legge che regola il moto di tutti i corpi
nell’Universo).
1.LaprimaleggediKepleroaffermacheipianetiruotanoattornoalSoleseguendoorbiteellittiche,
dicuiilSoleoccupaunodeifuochi.L’ellisseèunafigurageometricabidimensionale,paragonabileaun
cerchioschiacciato,formatadaipuntidiunpianolecuidistanzedaduepuntifissi,dettifuochi,hanno
sommacostante.Leorbiteellittichedeipianetisonoellissipocoschiacciate,vicineallacirconferenza.
2.LasecondaleggediKepleroaffermacheilraggiovettorechecongiungeunpianetaalSolespazza
areeugualiintempiuguali(v.fig.6.1).Ipianetinonsimuovonosullaloroorbitaconvelocitàcostante;
unpianetaèpiùvelocequantopiùèvicinoalSole(alperielio)epiùlentoquantopiùèlontanodalSole
(all’afelio).
3.LaterzaleggediKepleroaffermacheilquadratodelperiododirivoluzionediunpianetaattorno
alSoleèproporzionalealcubodellasuadistanzamediadalSole.IpianetipiùvicinialSolehanno
periodidirivoluzionepiùbrevideipianetipiùesterni.L’“anno”diGioveperesempio,cheèpiùdistante
dellaTerradalSole,dura11,862anni,mentrequellodiVenere,piùvicinadinoialSole,èdi0,615anni.
La terza legge di Keplero (formulata nel 1618, 15 anni dopo le precedenti) si può così esprimere
matematicamente(TèilperiododirivoluzioneeRèladistanzatrailpianetaeilSole):
T2=KR3
doveKèunacostante,ugualepertuttiipianetidelsistemasolare.
Nella tabella 6.1 sono riassunti i periodi di rivoluzione e le distanze medie dal Sole dei pianeti del
sistemasolare.LadistanzamediadalSoledeipianetièespressainUnitàAstronomiche(UA),dove1
UA=1496.1011m,cheèladistanzamediadellaTerradalSole.
Figura6.1RappresentazionegraficadellasecondaleggediKeplero:leareespazzatedalraggiovettore(checongiungeilSolealla
Terra)hannolastessasuperficieeitrattidiorbitacorrispondentisonopercorsidalpianetanellostessotempo.
Tabella6.1DistanzemediedeipianetidalSoleeloroperiododirivoluzione
PIANETA
DISTANZAMEDIADALSOLE(UA)
PERIODODIRIVOLUZIONE(ANNI)
Mercurio
0,387
0,241
Venere
0,723
0,615
Terra
1
1
Marte
1,524
1,881
Giove
5,203
11,862
Saturno
9,539
29,458
Urano
19,19
84,014
Nettuno
30,06
164,79
Plutone
39,53
248,5
6.3Laleggedellagravitazioneuniversale
IlmotodeicorpisullaTerra
Ilmotodeipianetiel’intuizionediNewton
L’elaborazionedellaleggedigravitazioneuniversale
Laleggedellagravitazioneuniversale
LeleggidiKeplerodescrivonoconunacertaprecisioneilmotodeipianeti,manonlelorocause.Ilmoto
dei corpi celesti, prima di Newton, era sempre stato considerato diverso dal moto dei corpi terrestri,
proprioperlaconcezionesecondocuiilmotoeraunacaratteristicaintrinsecadeicorpi.Ilmotodeicorpi
chesimuovonosullaTerraeradescrittodallaleggefondamentale,osecondalegge,delladinamica(v.
par. 5.3) formulata da Newton, secondo cui la causa della variazione dello stato di quiete o di moto
rettilineouniformediuncorpoèunaforza,espressadallarelazione:
F=ma
Dall’osservazionedelmotodeipianeti(partendodalpresuppostochedevesempreesistereunacausaal
moto),Newtonconclusechevidovevaessereunaforza,presumibilmenteattrattiva,cheincurvavalaloro
traiettoriaeperazionedellaqualeipianetinonsimuovonoinlinearettaavelocitàcostante.Ilgeniodi
NewtonintuìchelaforzachetieneipianetiinorbitaattornoalSolefossedellastessanaturadella
forzacheattraeglioggettiversolasuperficieterrestreechequindièunaforzadinaturaattrattiva
chesiesercitatraicorpidotatidimassa.
Il ragionamento di Newton (che lo portò alla formulazione della legge della gravitazione universale)
partìdall’osservazionedelmotodellaLuna(edall’applicazionedellaterzaleggediKepleroalsistema
Terra-Luna) e dall’analisi dei lavori di Galileo Galilei sul moto dei proiettili, che percorrono orbite
curvilineeprimadicaderealsuolo(v.par.6.4).ConoscendoladistanzarL fra la Terra e la Luna e il
periododirivoluzioneTLdellaLuna,sipuòricavarel’accelerazionecentripetaa della Luna nella sua
orbita attorno alla Terra (supponendo per approssimazione che l’orbita lunare non sia ellittica, ma
circolare):
rL
a=ω2rL=4π2 2
TL
Sostituendo nell’espressione dell’accelerazione centripeta il valore del quadrato del periodo di
rivoluzionedellaLuna,ricavatodallaterzaleggediKeplero:
r3
k= 2
T
dove la lettera minuscola k è un valore supposto costante per i satelliti terrestri (analogamente alla K
dellaleggediKeplerochevaleperisatellitidelSole),siottiene:
k
a=4π2 2
rL
Supponendochelaleggefondamentaledelladinamica(F=ma)siavalidaanchealdifuoridellaTerra,
sipuòricavarelaforzadiattrazionefralaTerraelaLuna,FT:
mL
FT=mLa=4π2k 2
rL
ComelaLunaruotaattornoallaTerra,ipianetiruotanoattornoalSole;allora,conragionamentoanalogo,
laforzadiattrazione,FS,cheilSoleesercitasuunpianetagenericodimassampedidistanzarpdalSole
deveessere:
mP
FS=4π2K 2
rP
PoichélacostanteKdellaterzaleggediKepleroèugualepertuttiipianeti,sipuòdirechelaforzadi
attrazione del Sole su un pianeta generico è direttamente proporzionale alla massa del pianeta e
inversamenteproporzionalealquadratodelladistanzafrailSoleeilpianeta.
ConfrontandolecostantikeK,sipuòverificarechequestesonoproporzionalirispettivamenteallamassa
dellaTerraedelSole,ovveroche:
e che quindi la forza di attrazione che un corpo celeste esercita su un altro è proporzionale alla sua
massa.Matematicamente,questosignificachelaforzadiattrazionetraduecorpicelestièproporzionale
al prodotto delle rispettive masse (non ha importanza stabilire se effettivamente Newton arrivò alla
formulazionedellaleggedellagravitazioneuniversaleperquestavia;l’importanteèchearrivòaquesta
conclusione).
Estendendolaformulazionedellaleggediattrazionetraduecorpicelestiaduecorpiqualunque,Newton
ricavòlaleggedellagravitazioneuniversale,chestabiliscechelaforzadiattrazionetraduecorpidi
massa m1 e m2 posti a distanza r è direttamente proporzionale al prodotto delle due masse e
inversamenteproporzionalealquadratodellelorodistanze,ovverovaleinmodulo:
m m
F=G 1 2
r2
LacostanteG,indipendentedallacoppiadiforze,èdettacostantedigravitazioneuniversaleeilsuo
valore,determinatoperlaprimavoltaconesattezzanel1798(v.riquadro),è:
G=6,67·10–11Nm2/kg2
•LaforzagravitazionaledellaTerra
Pesoeforzagravitazionale
LaTerraesercitaunaforzagravitazionalesullaLuna,ilsuosatellite,esututtiicorpicherisiedonosulla
suasuperficie.Inquest’ultimocasolaforzadigravitàèlaforzapeso, che determina un’accelerazione
versoilcentrodellaTerra(accelerazionedigravità)ilcuivaloremedioè:
g=9,8m/s2
Ilvaloredigpuòesserericavatodirettamentedallaleggedellagravitazioneuniversale,uguagliandoalla
forzadigravitazionefralaTerraeuncorpogenericodimassamlaforzapesomg;ilvalorechesene
ricavarappresentailvaloremediodigsullasuperficieterrestre:
g=GmT/r2T
Ladifferenzatrailvaloredigcalcolatoequellomisuratosperimentalmenteinvaripuntidellasuperficie
dipendedalfattochelaTerranonèperfettamentesferica,maèrappresentatadaungeoideschiacciatoai
poli(diconseguenzal’accelerazionedigravitàèmaggioreaipolieminoreall’equatore).
Sempreattraversol’uguaglianzatralaforzapesoelaforzadigravitazioneuniversalesipuòricavareil
valore di g in un punto situato al di sopra della superficie terrestre a una distanza h, aggiungendo
semplicemente h al raggio terrestre rT: anche in questo caso si giunge a una valutazione corretta
dell’accelerazionedigravitàrispettoaivaloriosservati.Ilvaloredigdiminuiscemanmanochecisi
allontanadallaTerraequestosignificacheilpesodiuncorpodiminuisceallontanandosidallaTerra.
Poiché il valore dell’accelerazione di gravità dipende dalla massa del corpo attrattivo, il peso di un
uomosullaLuna(lacuimassaèinferioreaquelladellaTerra)èminoredelpesodellastessapersona
sulla Terra. La massa, che a differenza del peso è una caratteristica universale, mantiene inalterato il
propriovaloreinqualsiasipuntodellospazio.
LADETERMINAZIONEDELLACOSTANTEDIGRAVITAZIONEUNIVERSALEG
Il valore della costante di gravitazione universale G fu misurato con precisione per la prima volta nel 1798 dal fisico inglese Henry
Cavendish(1731-1810),ilqualesiservìdiunostrumentonotocomebilanciaatorsione.Labilanciaatorsioneècostituitadaunsottilefilo
inestensibileappesoaun’estremità,mentreall’altraestremitàèfissataun’asticciolacherecaaiduelatiduesferettedimassamuguale.Un
secondomanubrio,fissatoaunsostegno,recaaisuoilatialtreduesferette,dimassaMmaggioredim.Seilsistemavienelasciatoliberodi
muoversi,inunospaziosenzaattriti,laforzadiattrazionedellesferepiùgrossesuquellepiùpiccoleprovocheràunatorsionedelfiloeuna
conseguenterotazionedellesferesospese.Attraversounapparatoluminoso,sipuòdeterminarel’entitàdellaforzaelasticaditorsionedel
filo, che, uguagliata alla forza gravitazionale con cui si attraggono le sfere, permette di ricavare il valore della costante di gravitazione
universale.
IlvalorecheCavendishmisuròconquestoapparatoèmoltovicinoalvaloreoggiaccettato,misuratoinseguitoconstrumentipiùraffinati,
edè:
G=6,67.10–11Nm2/kg2
•Lemaree
Lemareesonodovuteall’attrazionedellaLuna
Le maree, il fenomeno per cui il livello del mare subisce dei movimenti periodici di abbassamento
(bassamarea)ediinnalzamento(altamarea),sonodovuteallaforzadiattrazioneesercitatadallaLuna(e
in misura assai minore dal Sole) sulla Terra. L’alta marea si verifica quando la Luna passa sul
meridianodiunluogo,mentrelabassamareasiverificaquandolaLunasitrovaadangolorettocon
ilmeridianostesso.Newtonspiegòilfenomenoosservandochelasuperficiedelmaresitrovapiùvicina
allaLunadelcentrodellaTerrastessaediconseguenzasubisceunaforzadiattrazionemaggiore,chene
provocauninnalzamento.
LemareenonsiverificanosolonelpuntopiùvicinoallaLuna,maancheaisuoiantipodi(v.fig.6.2):la
spiegazionediquestofenomenostanelfattocheilsistemaTerra-Lunahailsuocentrodigravità,chenon
è al centro della Terra ma è spostato in direzione della Luna. Nel punto posto agli antipodi della
posizione della Luna prevale l’accelerazione centrifuga, che porta a far allontanare la massa oceanica,
conl’effettodiun’altamarea.
Figura 6.2 Le maree: quando la Luna si trova sul meridiano di un luogo A, si verifica il fenomeno dell’alta marea. Il punto C
rappresentailcentrodigravitazionedelsistemaTerra-Luna:inAèpiùfortelaforzadiattrazionelunare,mentreinB(agliantipodi
diA)èpiùfortelaforzacentrifuga.
•Ilcampogravitazionale
Ilcampodiforzevieneintrodottoperspiegareleforzeadistanza
Intensitàdelcampogravitazionale
Laforzadiattrazionegravitazionaleèunaforzaadistanza,nelsensocheagiscesuduecorpiche
nonsonoincontattotraloro.LostessoNewtonavevadifficoltàadaccettarequestaidea.Perspiegare
un fenomeno analogo, rappresentato dalle forze attrattive delle cariche elettriche tra loro, venne
introdottoilconcettodicampo,estesopoiancheallaforzagravitazionale.Secondoquestavisione,ogni
corpodotatodimassapuòesserevistocomelasorgentediuncampogravitazionale, rappresentato
da una regione di spazio nella quale sia presente una massa e nella quale quindi altre masse
eventualmente presenti risentono della sua influenza. Ponendo un corpo di prova, anch’esso dotato di
massa, all’interno di questa regione di spazio, questo risente della forza gravitazionale esercitata dal
corpo sorgente, ma, e qui sta l’importanza del concetto, il campo gravitazionale esiste anche
indipendentementedallapresenzadelcorpodiprova.
L’intensitàdelcampogravitazionale,H,èdatadallaforzadiattrazionegravitazionaleesercitatadaun
corpo di massa M per unità di massa, ovvero dal rapporto tra la forza gravitazionale tra due corpi di
massaMempostiadistanzar,frattolamassadiprovam:
F GM
H= = 2
m r
Essendolaforzadigravitàunvettore,ilcampogravitazionaleèuncampovettoriale,rappresentatoesso
stessodaunvettore,aventeladirezioneeilversodeiraggientrantinellamassasorgente.
Uncampovettorialediforzevienesolitamenterappresentatoattraversodellelinee,dette,lineediforza,
che sono le tangenti in ogni punto al vettore di campo. Il campo gravitazionale ha le dimensioni di
un’accelerazioneediconseguenzailcampogravitazionaleesercitatodallaTerracoincideconilvettore
dellasuaaccelerazionedigravitàg(v.fig.6.3).
Figura 6.3 Le linee di forza del campo gravitazionale esercitato dalla Terra sono i raggi entranti nella sorgente. Una massa m
risentedellaforzaF=mg.
6.4Ilmotodeiproiettili
Ilcalcolodellatraiettoriadelproiettile
Laparaboladelproiettile
La descrizione del moto di un proiettile sulla superficie terrestre si deve a Galileo Galilei. Egli si
accorsecheilmotodiunproiettileèdatodallacomposizionediduemoti,unodovutoallaforzapeso,
chetendeafarlocadereversoilbasso,el’altrodovutoallasuainerzia,ossiaalmotocheavrebbein
assenza di peso, ovvero un moto rettilineo uniforme. Se eseguissimo un esperimento lasciando cadere
dallamedesimaaltezzaduecorpiidentici,unodeiqualiinverticale,el’altrolanciatoorizzontalmente,i
duecorpigiungerebberoalsuolonelmedesimoistante:questoperchél’unicaforzaacuisonosoggettiè
laforzapeso,ediconseguenzacadrebberoalsuoloconlamedesimaaccelerazione,percorrendosoltanto
dueorbitediverse.
Latraiettoriapercorsadalproiettilelanciatoorizzontalmentesipuòricavareconsiderandoilmotocome
composizionediduemotiindipendenti,unorettilineouniforme,lacuileggeorariasullalinearettaxè:
x=v0t
dovev0èlavelocitàimpressaalproiettile,eunmotodovutoallacadutadelcorpo,lacuileggeorariaè
quelladelmotouniformementeaccelerato(v.cap.3)lungolalineaverticaley:
1
y= gt2
2
conaccelerazionecostanteg.
Ilrisultatograficodellacomposizionediquestiduemotièunaparabola.Ilproiettiledunquepercorreun
arcodiparabolaprimadicaderealsuolo.Quantopiùèaltalavelocitàinizialeimpressaalproiettilev0,
tantopiùampiasaràlagittata,ovverolospazioorizzontalepercorsodalproiettileprimadicadereal
suolo.
A causa della curvatura terrestre, aumentando la velocità iniziale si potrebbe aumentare la gittata, in
modo da far percorrere al proiettile un’intera circonferenza terrestre prima che questo cada al suolo.
Questoèciòcheaccadeconisatellitiartificiali,chesonoinsostanzadeiproiettililanciatiavelocitàtali
dapermetterelorodipercorrereun’orbitacircolareattornoallaTerra.
6.5Ilmotodeisatelliti
Forzadiattrazioneeforzacentripeta
Isatellitigeostazionari
Velocitàdifuga
L’atmosferaterrestreèpercorsadaunenormenumerodisatellitiartificiali,lanciatiinorbitaattornoal
nostro pianeta per gli scopi più disparati: telecomunicazioni, meteorologia, analisi del suolo, analisi
dell’atmosfera ecc. Il moto di un satellite artificiale in orbita attorno alla Terra si può descrivere
imponendochelaforzadiattrazioneesercitatadallaTerrasulsatellite(ilsuopeso)sia uguagliata
alla forza centripeta che agisce su di esso nel percorrere l’orbita circolare, quindi scrivendo
l’espressione:
mv2=GmmT
r
r2
dove m è la massa del satellite, mT è la massa della Terra, v è la velocità del satellite e r il raggio
dell’orbita, cioè la distanza del satellite dal centro della Terra. Da questa espressione si ricava la
velocitàdelsatellite:
Si osservi che la velocità del satellite in orbita è indipendente dalla massa del satellite stesso: ciò
significachelavelocitànecessariaaunoggettoperrestareinorbitanondipendedallasuamassa,
masolodalraggiodell’orbitaedallagravitazioneterrestre.Lavelocitàdelsatellitediminuisceman
manocheaumentailraggiodellasuaorbita:piùl’orbitaèalta,piùilsatellitesimuovelentamente.In
genere i satelliti vengono lanciati con velocità iniziali tali da poter determinare le altezze delle loro
orbite.Esisteunvaloreparticolarmenteinteressantedelraggiodell’orbitadiunsatellite:questovalore
corrispondeaun’altezzasullasuperficieterrestredicirca36.000km.Aquestaquotaunsatelliteimpiega
esattamente24oreapercorrereuninterogiroattornoallaTerra,quindi,sevienelanciatoversoovestal
di sopra dell’equatore, gira con la stessa velocità con cui la Terra gira attorno al proprio asse e di
conseguenza è come se rimanesse fisso sopra un punto della superficie terrestre. Un satellite di questo
generevienedettosatellitegeostazionario;isatellitigeostazionarivengonoutilizzati,peresempio,per
letelecomunicazionieascopimeteorologici(ilsatellitemeteorologicoeuropeo,Meteosat,èunsatellite
geostazionario,einquestomodofotografasemprelastessaporzionediTerra).
Perchéuncorpoabbiasufficientespintaperpotersfuggireall’attrazionegravitazionaledellaTerra(odi
qualunque altro corpo) occorre imprimergli una velocità iniziale sufficiente. Questa velocità è detta
velocità di fuga: per la Terra vale 11.200 m/s ed è la stessa per tutti i corpi, indipendentemente dalla
loromassa(considerandotrascurabiliglieffettidell’aria).
GLOSSARIO
Campogravitazionale
Regionedispaziocherisentel’influenzadiunamassa.
Leggedellagravitazioneuniversale
Definiscelaforzadiattrazionechesiesercitatraduecorpiedicecheiduecorpisiattraggonoconunaforzadirettamenteproporzionaleal
prodottodellerispettivemasseeinversamenteproporzionalealquadratodellalorodistanza.Lacostantediproporzionalitàèdettacostante
digravitazioneuniversale.
LeggidiKeplero
Sonoletreleggifondamentalidellameccanicaceleste;secondolaprima,ognipianetadescriveun’orbitaellitticanelsuomotoattornoal
Sole, di cui il Sole occupa uno dei fuochi; la seconda dice che le aree descritte dai raggi vettori sono proporzionali al tempo impiegato a
descriverle;secondolaterzaiquadratideitempiimpiegatidaipianetiapercorrerelerispettiveorbitesonoproporzionaliaicubideisemiassi
maggioridelleorbitestesse.
Satellitegeostazionario
VeicolopostoinorbitaattornoallaTerraaun’altezzatalepercuiilsuoperiododirivoluzioneattornoallaTerraèdicirca24ore.
Velocitàdifuga
Velocitàcheoccorreimprimereauncorpoperchériescaadabbandonareilcampogravitazionaleterrestre.
TESTDIVERIFICA
1. Seladistanzatraduecorpiraddoppia,diquantodiminuiscelaforzadiattrazionegravitazionaletraiduecorpi?
2. Sulla sua orbita attorno al Sole, la Terra si muove più rapidamente in inverno che in estate: è più vicina al Sole in
invernooinestate?
3. Quantovalel’accelerazionedigravitàaunaquotadi1000kmdallasuperficieterrestre?
4. Qualisonolavelocitàeilperiododirivoluzionediunsatellitechepercorreun’orbitadiraggio6600km,sapendoche
lamassadellaTerraè5,98·10 24 kg?
7LAVORO,ENERGIAEPOTENZA
Tuttelevoltecheunaforzaagisceprovocandolospostamentodiuncorpocompieunlavoroeperciònecessitadiunacertaquantità
dienergia,definitaappuntocomelacapacitàdelcorpodicompierelavoro.L’energiasipresentainnaturasottodiverseforme,come
peresempiol’energiaelettrica,associataalmotodicaricheelettriche,l’energiatermica,associataalmotoincessantedelleparticelle
(atomi e molecole) costituenti della materia, l’energia chimica, associata alla formazione e alla rottura di legami nel corso delle
reazioni chimiche. Poiché l’energia ha la particolarità di trasformarsi da una forma all’altra, in fisica è giustificato parlare di
energiainsensogenerale,senzadoverspecificaretuttelevoltediqualeprocessosistatrattando.L’energiaassociataalmotodiun
corpodovutoall’azionediunaforzaqualsiasipuòesseredistintainenergiacineticaeinenergiapotenziale,laprimaconnessaalla
velocità del corpo, la seconda associata alla posizione del corpo rispetto al campo di forza del quale risente l’azione (forza
gravitazionale, elastica, ma anche elettrica o magnetica ecc.). Per esprimere la rapidità con la quale un sistema (o l’uomo, o una
macchina)producelavoro,siintroduceinfisicalapotenza,cherappresentaappuntoillavoroprodottonell’unitàditempo.Aparità
dilavorosvolto,unamacchinapiùpotenteimpiegamenotempodiunamenopotente.
7.1Illavoro
Illavoroèdatodalprodottodellaforzaperlospostamento
Rapportofralavoroedirezionedellaforza
Lavoromotoreelavororesistente
Joule,unitàdimisuradellavoro
In fisica si parla di lavoro tutte le volte che una forza agisce su un corpo in concomitanza con il suo
spostamento. Se un corpo è appoggiato su una superficie, soggetto alla forza peso, e non si muove per
effettodiforzeesterne,laforzapesononcompiealcunlavoro;seilcorpovienesollevato,laforzacheha
agitosulcorpoperdeterminarnelospostamentohacompiutounlavoro.
Il lavoro compiuto da una forza per innalzare un corpo di un certo tratto rispetto alla sua posizione
originariaèproporzionaleall’entitàdellospostamentodelcorpo:occorreràpiùlavoropersollevareun
corpodi1metropiuttostocheperinnalzarlodi1centimetro.
Dataunaforzacostante,F,che,applicataauncorpo,neprovocalospostamentodiunsegmentoΔs, si
definisce lavoro, L, della forza il prodotto dello spostamento per la componente, Fs, della forza nella
direzionedellospostamento:
L=FsΔs
Illavoroèunagrandezzascalare,quindinonèdotatodiunadirezioneediunverso.
Selaforzaèparallelaallospostamento,illavorosaràdatosemplicementedalprodottodellaforza
per lo spostamento; se invece la forza è perpendicolare allo spostamento, non avrà alcuna
componente nella direzione dello spostamento, quindi il lavoro è nullo. Perciò, una forza
perpendicolare allo spostamento non compie alcun lavoro. Il lavoro sarà massimo in valore assoluto
quandolaforzaèparallelaallospostamentoeminimo(nullo)quandolaforzaèperpendicolare.
A seconda della direzione relativa del vettore forza e del vettore spostamento, il lavoro si divide in
lavoromotoreelavororesistente.
Seledirezionidellaforzaedellospostamentohannoilmedesimoverso,illavoroèpositivoesidice
lavoro motore: quando un corpo cade da una certa altezza, la forza di gravità (diretta verso il basso)
compie un lavoro motore. Se forza e spostamento hanno direzione e verso opposti, il lavoro è
negativo e si dice lavoro resistente: quando una molla viene compressa, la forza elastica, che
tenderebbeariportarlaallasualunghezzaoriginale,compieunlavororesistente.
L’unitàdimisuradellavoroèiljoule(simboloJ),definitocomeillavorocompiutodaunaforzadi1
newtonquandoilsuopuntodiapplicazionesispostadi1metroedimensionalmenteugualeaunaforza
perunospostamento:
1J=1N1m
•Illavorodiunaforzanoncostante
Nel caso più generale di una forza non costante (che cambia intensità mentre compie il lavoro nella
direzionedellospostamento),illavoroèdefinitocomel’areadellapartedipianosottesadallacurva
cherappresentalaforza.
Se, per esempio, la forza è rappresentata da una curva generica (fig. 7.1 A), il lavoro compiuto dalla
forza lungo lo spostamento x è dato dall’area racchiusa dalla curva, che potrà venir calcolata
suddividendolaintantestrisciesottili,dispessoreΔx,nellequalisiconsiderachelaforzasimantenga
costante.
Uncasodiforzanoncostanteèdatoperesempiodallaforzaelastica,espressadallaleggediHooke:
F=–kx
Per comprimere una molla di un tratto x occorre applicare una forza uguale e contraria, F = kx,
rappresentatadaunarettapassanteperl’origine(v.fig.7.1B),lacuipendenzarappresentalacostante
elasticak.Illavorocompiutosullaforzaelasticapercomprimerelamolladiuntrattogenericoxèdato
dall’areadeltriangolochehaperlatiilsegmentoxelaforzakx,quindi:
1
L= kx2
2
Illavorocompiutodallaforzaelastica(lavororesistente)avràsegnoopposto.
Nel caso della forza di gravità, che è rappresentata da una retta parallela all’asse x (v. fig. 7.1 C), il
lavoro che la forza compie quando un oggetto cade liberamente di un tratto h è dato dall’area del
rettangolochehaperbaseilsegmentoheperaltezzalaforzamg:
L=mgh
Per sollevare un corpo si dovrà agire contro la forza gravitazionale e compiere un lavoro resistente,
ugualeeopposto.
Figura7.1IllavorodiunaforzaFsipuòrappresentarecomel’areadellaregionedispaziosottesadallacurvacherappresentala
forza in funzione dello spostamento x. In (A) la forza è descritta da una curva generica e l’area viene calcolata dividendola in
segmenti di spessoreΔx, approssimabili a dei rettangoli i quali, sommati, danno l’area della regione. In (B) il lavoro di una forza
elastica,rappresentatadaunarettachepartedall’origine,lacuipendenzaèlacostanteelastica:illavorocompiutodallaforzaper
spostareilcorposottopostoaunaforzaelasticadiungenericosegmentoxèdatodall’areadeltriangolo.In(C)illavorocompiuto
controlaforzagravitazionaleperportareuncorpodimassamaunaaltezzahdalsuolo,rappresentatodall’areadelrettangolocon
basehealtezzarappresentatadallaforzaF=mg.
7.2Formedienergiaesuetrasformazioni
L’energiahalacapacitàdiconvertirsidaunaformaaun’altra
Ilrendimentodiunatrasformazioneenergetica
L’energiameccanicasidistingueinenergiacineticaeinenergiapotenziale
L’energiaèunagrandezzacheesprimelacapacità,oattitudine,diuncorpoacompierelavoro.
L’energiaentraingiocoinqualunqueattivitàcheimplichiunlavoroedèunconcettoimportantissimoin
fisicaesimanifestasottodiverseforme,chehannolaproprietàdiconvertirsil’unanell’altra.Poichéha
ledimensionidiunlavoro,l’energiasimisurainjoule.
Comunemente si distinguono l’energia meccanica, associata allo spostamento da parte di una forza,
l’energiatermica,ocalore(v.cap.11),associataalmotodiagitazionedelleparticellechecompongono
la materia, l’energia elettromagnetica, o radiante, associata all’emissione di radiazione
elettromagneticaprodottadall’eccitazionedegliatomiedellemolecole(v.cap.24),l’energia chimica,
associata alle forze di legame tra atomi nelle molecole, l’energia elettrica, associata al moto di
particellecaricheelettricamente(v.cap.17),el’energianucleare,derivantedalleforzedilegametrale
particelledelnucleoatomico(v.cap.25).
Le forme di energia che comunemente vengono citate per esprimere i mezzi attraverso i quali l’uomo
produce lavoro, come per esempio l’energia eolica o l’energia solare, fanno parte delle categorie
energetiche elencate sopra: l’energia eolica è energia meccanica che deriva dal moto delle pale di un
aerogeneratore (o di un mulino) mosse dal vento, l’energia solare è energia elettromagnetica emessa
dallasuperficiesolareecc.
L’energia tende a passare da una forma all’altra, così le varie forme di energia non restano
perennemente tali, ma si trasformano le une nelle altre: per esempio, l’energia chimica si trasforma
spessoincaloreetalvolta(comenelcasodellapila,v.riquadroLa pila elettrica) in energia elettrica;
l’energia nucleare e l’energia meccanica si trasformano spontaneamente in calore. La conversione di
energia da una forma a un’altra può avvenire spontaneamente o in maniera indotta, attraverso
macchine o sistemi appositi. Con un generatore elettrico (v. par. Generatori di tensione) si può
trasformare l’energia meccanica in energia elettrica, mentre con un motore elettrico, si trasforma
l’energia elettrica in energia meccanica. Con un motore a scoppio, del tipo utilizzato nelle comuni
automobili,sisfruttal’energiachimicadelcarburante,chevienetrasformata,nelcorsodellacombustione
(cheèunareazionechimica),inenergiatermicaeinseguitoinenergiameccanicaperazionareleruote
dell’automobile. In un comune tubo al neon l’energia elettrica viene trasformata in energia
elettromagnetica,emessadagliatomieccitatidineonsottoformadiradiazioneluminosaoluce.Innatura
le piante, per mezzo di un pigmento verde presente nelle foglie, la clorofilla, intercettano l’energia
radianteprovenientedalSoleelatrasformanoinenergiachimica(fotosintesi).
In generale, per ogni trasformazione energetica è possibile calcolare il rendimento della
trasformazione, che misura in modo percentuale quanta parte dell’energia immessa in una forma è
stataconvertitanellaformafinaledesiderata.Nelcasodelletrasformazionispontaneeilrendimentoè
sempredel100%,mentrenelcasodelletrasformazioniindottedipendedaltipodistrumentoutilizzatoe
dalleformedienergiainizialeefinale.Fralevarieformedienergia,quellatermicahaunacaratteristica
interessante:tuttelealtreformedienergiapossonotrasformarsispontaneamenteinenergiatermica,ma
nonèveroilcontrario.Poichéèlegataalmotodiagitazioneatomico-molecolare,l’energiatermicaèla
formapiùdisordinatadienergia,o,comesidice,lapiùdegradata.
Di tutte le forme di energia citate all’inizio del paragrafo, ci si occuperà ora dell’energia meccanica,
cioè dell’attitudine di un corpo a compiere lavoro, alla quale sono riconducibili anche altre forme di
energia (per esempio, l’energia elettrica o l’energia chimica). L’energia meccanica, che da qui in poi
verràsemplicementeindicatacomeenergia,èdistintainenergiacineticaedenergiapotenziale.L’energia
cinetica che un sistema possiede è quella dovuta al movimento delle diverse parti che lo
compongono: una pallina da ping-pong in movimento possiede energia cinetica, ma anche un elettrone
chescorreinunfiloelettrico.L’energiapotenzialeinvecedipendedaltipodiforzecheagisconosul
sistema:unamassasituatainuncampogravitazionalepossiedeun’energiapotenzialegravitazionale,una
caricaelettricafermainuncampoelettricopossiedeun’energiapotenzialeelettrica.
7.3L’energiacinetica
L’energiacineticasimisurainjoule
L’energiacineticaèquellapossedutadauncorpograziealsuomovimento.Seuncorpodimassamsi
sposta sull’asse x dalla posizione x1 alla posizione x2, il lavoro compiuto dal corpo sarà dato dal
prodottodellaforzaperlospostamentoe,tenendocontodellaleggefondamentaledelladinamica,percui
laforzaèdatadallamassadelcorpomoltiplicataperlasuaaccelerazione,illavorosaràdatoda:
L=ma(x2–x1)
L’accelerazionedelcorponelsegmentoconsideratoèdefinitacomeilrapportotralavelocitàdelcorpo
nelpuntox2menolavelocitànelpuntox1frattol’intervalloditempotrascorso:
(v –v )
a= 2 1
(t2–t1)
Quindiillavoroèdatoda:
(v –v )
L=m 2 1 (x2–x1)
(t2–t1)
Mailrapporto(x2–x1)/(t2–t1)checomparenell’espressionescrittasopraèugualeallavelocitàmedia
delcorponell’intervalloconsiderato,chenelcasoincuil’accelerazionesiacostante,èugualeallamedia
dellevelocitàinizialeefinale(v2+v1)/2;quindiillavoropuòessereinfineespressonellaforma:
(v –v )(v +v ) 1
1
L=m 2 1 2 1 = mv22- mv12
2
2
2
Sidefiniscedunqueenergiacinetica(Ecin)diuncorpo,inmotoavelocitàv,laquantità:
1
Ecin= mv2
2
percuiillavorocompiutodalcorpoeguaglialavariazionedellasuaenergiacinetica.L’energiacinetica
halastessadimensionediunlavoro,quindisimisurainjoule.Sesulcorpovienecompiutounlavoro
positivo (motore), la sua energia cinetica aumenta, mentre se il lavoro è negativo (resistente), la sua
energia cinetica diminuisce. Quando un corpo è fermo e la sua velocità è nulla, non possiede energia
cinetica:inquestosensol’energiacineticaètipicadeicorpiinmovimento.Sesuuncorpoinizialmente
fermosicompieunlavoro,cheneprovocaunospostamento,siavràvariazionedellasuaenergiacinetica.
Ognicorpoinmovimentoèingradodicompiereunlavorograzieallasuaenergiacinetica:l’acquadi
unacascatachemetteinmotounaturbinacompieunlavoro,azionandolaruotadellaturbina;unabiglia
checolpisceun’altrabigliafermaletrasmetteattraversol’urtopartedellasuaenergiacineticaecompie
unlavoro.
7.4L’energiapotenziale
L’energiapotenzialegravitazionale
Laforzagravitazionaleèunaforzaconservativa
L’energiapotenzialeelastica
L’energiapotenzialeèunparticolaretipodienergiadovutaall’azionediunaforza.Uncorpofermo
puòesserespostatodallasuaposizioneoriginariagrazieall’azionediunaforzacheagiscesudiesso,la
quale compie un lavoro. Quindi il corpo possiede una quantità di energia, dovuta al fatto che può
compiereunlavoro.Seperesempiouncorpodimassamèfermoaunaaltezzah1,sottol’azionedella
forzadigravità,evienelasciatocaderefinoall’altezzah2,laforzadigravitàcompieunlavoro:ilcorpo
hainséunaformadienergiaimmagazzinata,dettaenergiapotenzialegravitazionale,lacuivariazione
cambiata di segno rappresenta il lavoro compiuto dalla forza gravitazionale per spostarlo da una
posizioneinizialeaunaposizionefinale:
L=mg(h1–h2)=mgh1–mgh2
Allora:
ΔU=U2–U1=–L=mgh2–mgh1
ComesivedeΔUèladifferenzatradueterminimgh2emgh1,ciascunodeiqualipuòessereconsiderato
il valore dell’energia potenziale a quella particolare altezza. Per questo motivo, è naturale definire
energiapotenzialegravitazionalelagrandezza:
Epot=mgh
possedutadauncorpodimassamchesitrovaaun’altezzahdalsuolo.
Laforzagravitazionalehaun’interessanteproprietà:illavorodaessacompiutoperportareuncorpoda
una quota più alta a una più bassa non dipende dal cammino percorso, ma soltanto dai punti iniziale e
finale;unaforzaperlaqualeillavoronondipendedalparticolarepercorsoseguito,masolodaisuoi
estremi,èdettaforzaconservativa.Illavorodacompierepersollevareuncorpoavràsegnonegativo,
perché è fatto contro la forza gravitazionale (diretta verso il basso), e l’energia potenziale del corpo
aumenta;quandoilcorpocade,illavorodelleforzedelcampogravitazionaleèpositivoelasuaenergia
potenzialediminuisce.
Analogamente a quanto fatto per la forza gravitazionale, si può definire l’energia potenziale elastica,
dovutaallaforzaelastica,peresempiodiunamollache,compressainuntrattoqualunque,èingradodi
compiere un lavoro e ritornare alla sua posizione originaria. Poiché il lavoro compiuto dalle forze
elastichepercomprimerladalpuntox2alpuntox1èdatoda:
kx12 kx22
L=
-
2
2
sidefinisceenergiapotenzialeelasticalagrandezza:
2
Epot=kx
2
la cui differenza, analogamente a quanto detto per la forza di gravità, è pari e opposta al lavoro da
compiere sulle forze elastiche che agiscono sul corpo. L’energia potenziale elastica di una molla può
essere utilizzata per muovere altri corpi, come succede per esempio negli orologi a ricarica. Anche la
forzaelasticaèunaforzaconservativa.
•Dall’energiapotenzialeall’energiacinetica
Ilprincipiodiconservazionedell’energia
Un corpo fermo che risente di una forza, come una massa po​sta a una certa quota, possiede una certa
energia potenziale, dovuta alla sua posizione. La sua energia cinetica però è nulla, perché il corpo è
fermo. Quando il corpo viene messo in moto, per esempio fatto cadere, la sua energia potenziale di​minuisce a favore della sua energia cinetica, che aumenta. Consideriamo uno sciatore che si trova
all’iniziodiunapista,all’estremitàdiunpendio.Quandosimetteinmovimentoeinizialadiscesa,lo
sciatoreperdequotaediconseguenzadi​minuiscelasuaenergiapotenziale,chedipendedallaquota,ma
percontro,manmanocheaumentalasuavelocità,au​mentalasuaenergiacinetica.L’energiapotenziale
dellosciatoresitrasformainenergiacinetica.Infondoalladiscesa,l’energiapotenzialesaràstatatutta
trasformatainenergiacinetica.Questoconcettoappariràpiùchiaronelparagrafo8.2,cheintrodurràil
principiodiconservazionedell’energia,chestabiliscechel’energiatotalepossedutadauncorponon
viene perduta, ma rimane costante, trasformandosi da una forma a un’altra. Gli inevitabili attriti
prodotti dalla neve e dalla resistenza dell’aria sullo sciatore sottraggono energia, ma il principio di
conservazionedell’energiarestavalido,perchél’energiameccanicapersa(datadallasommadienergia
cineticaedenergiapotenziale)vieneinrealtàconvertitaincalore(energiatermica).
7.5Lapotenza
Definizione
Watt:unitàdimisuradellapotenza
In certi casi il lavoro non è una grandezza sufficiente per esprimere le capacità di una forza, o di una
macchina, o dello sforzo muscolare di un individuo: ci si potrebbe, per esempio, chiedere in quanto
tempounadeterminataforzaèingradodicompiereundeterminatolavoro.
Lagrandezzafisicacheesprimelarapiditàattraversolaqualeunaforzaèingradodicompiereun
lavoroèlapotenza,definitaappuntocomeillavorocompiutodallaforzanell’unitàditempo,ovvero:
L
P=
t
L’unitàdimisuradellapotenzanelSIèilwatt(simboloW),definitocomelapotenzasviluppatadauna
forzachecompieunlavorodi1joulein1secondo,ovvero:
1J
1W=
1s
Persollevareuncorpodimassa10kga10mdalsuolo,occorrecompiereunlavorocontrolaforzadi
gravitàparia
L=10kg.9,8m/s2.10m=980J
Percompierelostessolavoropossiamoperòimpiegare10so1s,asecondadiqualemezzoabbiamoa
disposizioneperilsollevamento,equindisviluppareunapotenzadi98Wodi980Wrispettivamente:il
secondo sistema ha una potenza maggiore del primo, perché impiega minor tempo a svolgere lo stesso
lavoro.
Un’unitàdimisuradellapotenzaattualmenteabolitaafavoredelwatt,maqualchevoltaancorautilizzata
inriferimentoalleautomobili,èilcavallovapore(simboloCV),paria735W.L’introduzionedelwatt
consente di definire un’unità di misura dell’energia, legata alla potenza, ancora molto utilizzata per le
macchine e per gli impianti che forniscono energia, il chilowattora (simbolo kWh) definito come
l’energiaprodottainun’oradaunamacchinadipotenza1chilowatt(103W),cioè
1kWh=103W.3,6.103s=3,6.106J
GLOSSARIO
Energia
Grandezza fisica che esprime la capacità di un sistema fisico di produrre un lavoro; esistono diverse forme di energia, tra cui l’energia
meccanica,l’energiaelettrica,l’energiatermica,l’energiachimicael’energianucleare.Lediverseformedienergiapossonotrasformarsi
l’unanell’altra,spontaneamenteoforzatamente.
Energiacinetica
Partedell’energiameccanicadovutaalmotodiuncorpoodelleparticellechecompongonounsistema,proporzionaleallamassadelcorpo
eallavelocitàdelcorpoelevataalquadratofrattodue.
Energiapotenziale
Partedell’energiameccanicadiuncorpoodiunsistema,vistacomeenergiadiposizione,dovutaallaforzaallaqualeilcorpoèsensibile.
L’energiapotenzialegravitazionalediuncorpo,possedutaanchedalcorpoinquiete,èdovutaallaforzagravitazionale;l’energiapotenziale
elasticaèdovutaallaforzaelastica.
Fontidienergia
Sostanze o processi che si possono utilizzare per ottenere energia. Sono fonti di energia primarie quelle che sfruttano direttamente le
proprietàdellasostanzaodelprocesso(energiasolare,energiaeolica,energiageotermicaecc.),mentresonofontidienergiasecondarie
quellederivatedalleprimarie.
Forzaconservativa
Sidicediunaforzaperlaqualeillavorocompiutodalleforzedelcampoperspostareuncorpodaunpuntoinizialeaunofinalenondipende
dalcamminosceltomasolodaiduepunti.Sonoforzeconservativelaforzagravitazionaleelaforzaelastica,mentreènonconservativala
forzadiattrito.
Lavoro
Grandezza fisica definita come l’intensità della componente di una forza moltiplicata per lo spostamento del punto materiale al quale è
applicata,nelladirezionedellospostamento.Illavoroèunagrandezzascalareesimisurainjoule(J),dove1J=1N·1m.
Potenza
Grandezzafisicadefinitacomeillavoroeffettuatodaunaforzanell’unitàditempo;simisurainwatt(W),dove1W=1J/1s.
TESTDIVERIFICA
1. Comesipuòrappresentaregraficamentesulpianoillavorodiunaforzadescrittadaunacurvaqualunque?
2. Qualèillavorodacompierepersollevarediuntrattos=10munacassadimassam=40kg?
3. Che differenza c’è tra energia cinetica ed energia potenziale? Un corpo dotato di massa fermo a una certa altezza
possiedeenergiacinetica?Edenergiapotenziale?
4. Checos’èunaforzaconservativa?
5. AquantikWcorrispondelapotenzadiun’automobiledi45CV?
8LELEGGIDICONSERVAZIONE
Per determinare il comportamento di un sistema fisico, di cui si conoscano le condizioni iniziali, quando è sottoposto all’azione di
determinate forze, non sempre sono sufficienti le tre leggi della dinamica, che descrivono la variazione delle grandezze fisiche
associate al sistema. Quando le forze che agiscono sul sistema non sono costanti, o agiscono per intervalli di tempo molto brevi,
occorre trovare un punto di vista diverso; a questo proposito risultano molto utili in fisica le leggi di conservazione, postulati
fondamentali, suffragati da numerose evidenze sperimentali, che stabiliscono che la quantità totale di una certa grandezza fisica
rimane costante nel tempo durante lo svolgimento di un processo. Così, per esempio, l’energia meccanica di un corpo in moto si
mantiene costante quando il corpo è sottoposto a forze conservative, quali la forza gravitazionale. Quando intervengono forze di
tipo diverso, come le forze di attrito (dette forzedissipative), parte dell’energia viene persa, ma ricompare sotto forma di calore:
poichéilcaloreèessostessounaformadienergia,sipuòdirechel’energiatotalediunsistemasimantienesemprecostante,masi
trasformapassandodaunaformaall’altra.Nellostudiodegliurtirisultamoltoutilesaperechelaquantitàdimotototaledeicorpi,
che per definizione è data dal prodotto della massa dei corpi per la loro velocità, è soggetta a una legge di conservazione che
permettedidedurreletraiettorieelevelocitàdeicorpicheentranoincollisione.
8.1Leleggidiconservazione
Lostudiodiunsistemafisico
Variazioneeconservazione
Lostudiodelcomportamentodiunsistemafisicocostituitodaunoopiùcorpi,sottopostoall’azionedi
forze, si basa sulle leggi della dinamica. Studiare un sistema fisico significa prevedere, istante per
istante,comecambianolegrandezzefisichechelocaratterizzano,comelasuamassa,lasuavelocitàecc.
In certi casi, conoscendo in ogni istante le forze che agiscono sul sistema e le sue caratteristiche, il
compitorisultaparticolarmentesemplice:èpossibile,peresempio,determinareilmotodiuncorpodi
massanotaincadutaliberasoggettoallaforzadigravità,odiunamollasoggettaallaforzaelastica.In
generale,però,lecosesonopiùcomplicate:lamaggiorpartedelleforzecheagisconoinnatura,infatti,
nonsonocostantineltempo,oagisconoperbrevissimiistanti,eoccorrequindidisporredileggipiù
generali dalle quali dedurre l’andamento delle grandezze fisiche variabili, utile per trarre informazioni
sulmotodeisistemi.
Quandounsistemafisicovaincontroaunatrasformazione,sideterminaingenerelavariazionediuna
dellegrandezzefisichechelocaratterizzano:peresempio,uncorpoinquietechevienemessoinmotoda
una forza varia la sua velocità (quindi la sua energia cinetica) oppure una sostanza che subisce una
reazionechimicapuòvariarelasuamassa.Inquesticasi,anzichérivolgerel’attenzioneallegrandezze
variabili del sistema in esame, si può provare a vedere se esistono delle grandezze che rimangono
costanti.
Unaleggediconservazione(oprincipiodiconservazione)èunpostulatofondamentaledellafisicache
stabiliscecheinunsistemafisicolaquantitàtotaledicertegrandezze(comeperesempiol’energiaola
caricaelettrica,v.cap.15),rimanecostanteneltempoanchequandotaligrandezzevengonoscambiatetra
icomponentidelsistema.
Grazie alle leggi di conservazione, a cui i fisici sono giunti in base ai risultati di numerose misure
sperimentali, si possono formulare previsioni generali sul comportamento di un sistema (per esempio,
duecorpichesiurtano,osiscambianoenergia,oreagisconochimicamente)senzaconoscereindettaglio
ilcomplessodiinterazionicoinvolte.Leleggidiconservazionefornisconoinfattiunaconnessionediretta
fralegrandezzefisichechecaratterizzanoilsistemanelsuostatoinizialeenelsuostatofinale.Sapendo
che tali grandezze devono essere complessivamente uguali prima e dopo l’interazione, si possono
scriveredelleequazionichelelegano,dallequalidedurreilcomportamentodelsistemainseguitoalla
trasformazione.
8.2Laleggediconservazionedell’energia
L’energiadiunsistema,definitacomelasuacapacitàdisvolgereunlavoro,sipuòpresentaresottovarie
forme, che possono trasformarsi le une nelle altre. Nel caso delle forze conservative, come la forza
gravitazionale, la forza elastica ecc., la variazione di lavoro è esprimibile in termini di variazione di
energia potenziale e di energia cinetica; ciò significa che, definiti lo stato iniziale e lo stato finale del
sistema (per esempio, stato di moto e stato di quiete), si può esprimere la variazione di energia del
sistemanellatransizionefraiduestati(cioèillavorocompiutodallaforzainquestione),laqualenon
dipende dal percorso seguito, ma solo dai punti iniziale e finale. Nel caso di forze non conservative,
invece, come per esempio l’attrito, alle quali non è possibile associare un’energia potenziale, è
necessario riferirsi più in generale alle variazioni dell’energia totale del sistema e occorre quindi
conoscereesattamentetutteletrasformazionisubitedalsistemanelpassaggiodaunostatoall’altro.
In tutti e due i casi, però, vale una legge di conservazione, che stabilisce che la grandezza fisica
coinvolta,inquestocasol’energia,rimanecostantedurantelosvolgimentodelfenomeno.
Le cose sono particolarmente semplici nel caso delle forze conservative, perché la grandezza che si
conserva è l’energia meccanica, mentre si complicano con le forze non conservative, per le quali è
necessariointrodurreilconcettodidissipazione.
•Laconservazionedell’energiameccanica
L’energiameccanica
L’energiameccanicasiconservainunsistemaisolato
Lavelocitàdicadutaricavatadallaleggediconservazione
Inunsistemasottopostoaforzeconservative(peresempio,laforzagravitazionale)sidefinisceenergia
meccanica totale del sistema E la somma dell’energia cinetica Ecin e dell’energia potenziale Epot del
sistema:
E=Ecin+Epot
L’energiacineticael’energiapotenzialediuncorpochesimuovesottol’azionediunaforzaingenere
cambiano valore da istante a istante, a seconda della velocità e della posizione del corpo. Nel caso
particolare di un corpo che cade da una determinata altezza e inizialmente possiede una certa energia
potenziale, il lavoro compiuto dalla forza gravitazionale per portare il corpo a una quota più bassa è
ugualealladifferenzadell’energiapotenzialedelcorpotraiduepunti;allostessotempo,però,illavoro
delleforzedelcampoèugualealladifferenzadell’energiacineticacheilcorpoacquistanellacaduta.Se
AèilpuntoinizialeeBilpuntofinale,illavorosipuòquindiesprimerecome:
L=EpotA–EpotBoppureL=EcinB–EcinA
Quindi
EcinB–EcinA=EpotA–EpotB
e,sommandoentrambiimembridell’uguaglianza,siottiene:
EcinB+EpotB=EcinA+EpotA
dove i due termini dell’uguaglianza rappresentano per definizione l’energia meccanica del corpo,
rispettivamente nel punto B e nel punto A. Questo risultato può essere generalizzato a ogni sistema,
cosiddetto isolato, nel quale non intervengono forze non conservative (come, per esempio, le forze di
attrito) ed esprime la legge di conservazione dell’energia meccanica, che stabilisce che l’energia
meccanica di un sistema isolato sottoposto a forze conservative si mantiene costante durante il
moto,percuisipuòscrivere:
E=Ecin+Epot=costante
Seunagrandezzarimanecostantesignificachelasuavariazioneènulla,quindilaleggediconservazione
dell’energiameccanicasipuòscrivereanchecome:
ΔE=ΔEcin+ΔEpot=0
I valori delle varie forme di energia (cinetica e potenziale) possono cambiare, ma la loro somma si
mantienecostante.Leforzeconservativesonocosìchiamateproprioperlaloroproprietàdiconservare
l’energiameccanicatotale.
Leleggidiconservazionevengonoutilizzateinfisica,peresempio,pertrovareilvalorediunagrandezza
incognita. Così, attraverso la legge di conservazione dell’energia meccanica è possibile ricavare la
velocitàconcuiuncorpoarrivaalsuoloquandovienelasciatocaderedafermodaunaquotanotah.Alla
quotainizialeilcorpopossiedeenergiapotenzialeEpot=mghedenergiacineticanulla;quandoarrivaal
suolo, invece, possiede energia potenziale nulla, ma ha acquistato un’energia cinetica Ecin = 1/2 mv2.
Poichélasuaenergiatotalerimanecostante,deveessere:
mgh=1/2mv2
Daquestaespressioneèpossibilericavarelasuavelocitàdicaduta,cheèdatada:
•Laconservazionedell’energiatotale
Leforzedissipative
Illavorodelleforzedissipativeèenergiatermica
L’energianonsicreaenonsidistrugge,sitrasforma
Laleggediconservazionedell’energianellaformapiùgenerale
Ingenerale,quandouncorposimuovesuunasuperficieonell’ariaèsoggettoanchealleforzediattrito,
che tendono a frenarne il moto, compiendo quindi un lavoro resistente. Le forze di attrito sono un
esempio di forze non conservative, per le quali il lavoro svolto dipende dal cammino percorso, e
vengono dette forze dissipative. Anche per queste forze si può enunciare una più generale legge di
conservazione dell’energia, che stabilisce che la variazione dell’energia meccanica totale di un
corpo è uguale al lavoro compiuto su di esso dalle forze dissipative; la legge di conservazione
dell’energiaassumelaforma:
ΔE=ΔEcin+ΔEpot=Ld
dove Ld è il lavoro delle forze dissipative. Poiché si tratta di un lavoro resistente, la variazione di
energiameccanicasaràsemprenegativa,ilchesignificachele forze dissipative tendono a diminuire
l’energia meccanica totale del corpo su cui agiscono. Nella maggior parte dei casi, e in modo
particolarenelcasodell’attrito,l’energiadissipatasitrasformainunanuovaformadienergia,l’energia
termica,chesimanifestariscaldandoilsistemainmoto.
Consideriamo,peresempio,unasferettachevienemessainmotosuunpianoinclinatononperfettamente
liscio: nella posizione iniziale la sferetta possiede una certa energia potenziale gravitazionale, dovuta
allaforzadigravità,chetendeafarlascivolareversoilbasso.Nelcorsodelmotolasferettaacquista
energiacineticaaspesedell’energiapotenziale.Lasommadelledue,inunsistemaisolato,cheinquesto
caso è rappresentato da un piano inclinato che non offre attrito, si manterrebbe costante. Nel caso in
esamelacorsadellasferettaversoilbassoperòèfrenatadall’attritooppostodallasuperficie,chetende
a far diminuire la sua energia meccanica e di conseguenza a farla arrivare al suolo con una velocità
inferiore a quella che avrebbe avuto in assenza di attrito. La perdita di energia meccanica, quindi il
lavororesistentecompiutosullasferettadalleforzediattrito,sitrasformainenergiatermicacheprovoca
unaumentodellatemperaturadelsistemacompostodallasferettaedalpianoinclinato.
Ingeneralesipuòdirechel’energiadiunsistemanonvieneperdutanelcorsodellatrasformazione,
ma si trasforma, passando da una forma a un’altra. La legge di conservazione dell’energia viene
estesa ai fenomeni termici dal primo principio della termodinamica (v. par. Il primo principio della
termodinamica).Nelcasopoideifenomenifisicicheavvengonoalivelloatomicoosubatomico(v.cap.
24),doveleleggidellameccanicaclassicanonsonopiùvalide,laleggediconservazionedell’energia
valesempreeassumeunaformaancorpiùgenerale,chetienecontoanchedellepossibilitrasformazioni
dienergiainmateriaeviceversaprevistedallateoriadellarelatività(v.cap.26).
Tenendo conto quindi dell’energia termica, Q, prodotta dalle forze dissipative e dell’energia dovuta a
trasformazionidimateria,chesaràdatadaunterminem0c2(dovem0èlamassaariposodelcorpochesi
trasforma e c = 3•108 m/s è la velocità della luce nel vuoto), la forma più generale della legge di
conservazionedell’energiaèlaseguente:
ΔE+Q+m0c2=0
8.3Laleggediconservazionedellaquantitàdimoto
Ilmotodiuncorpodipendedallasuavelocitàedallasuamassa
Laquantitàdimoto
Leggediconservazionedellaquantitàdimoto
Impulsodiunaforza
Perdescrivereilmotodiuncorpo,grandezzecinematichecomeaccelerazioneevelocitàspessononsono
sufficienti.Sipensiperesempioall’urtotraunasferettafermaeunainmovimento:lavelocitàcheverrà
impressa alla sferetta ferma a seguito dell’urto dipende dalla velocità della sferetta in moto, ma anche
dallerelativemasse.Unasferettadimassapiccolaacquistaaseguitodell’urtounavelocitàmaggioredi
una di massa più grande. Per tener conto della dipendenza della massa sul moto di un corpo, viene
introdottainfisicaunanuovagrandezzavettoriale,laquantitàdimoto,indicataconp,datadalprodotto
dellavelocitàvdiuncorpoinmotoperlasuamassam:
p=mv
Direzioneeversodellaquantitàdimotodiuncorpocoincidonoconquellidellasuavelocità.
Lasecondaleggedelladinamicastabilisceche,quandouncorpoèsottopostoaunaforza,varialasua
velocitàediconseguenzavariaanchelasuaquantitàdimoto.Lasecondaleggedelladinamica:
F=ma
sipuòscrivereancheinterminidivariazionedellaquantitàdimoto.
Laleggescrittacomesopravalesoltantonelcasoincuilamassadelcorporesticostanteduranteil
processo. Se, per esempio, si dovesse studiare la forza alla quale è sottoposto un missile, che perde
grandiquantitàdicombustibilenellancio,odiuncorpoqualsiasilacuimassavariaquandoèsottoposta
a una forza, si dovrebbe utilizzare una diversa formulazione della legge. Poiché l’accelerazione è per
definizionelavariazionedellavelocitàneltempo,lasecondaleggedelladinamicasipuòscriverenel
seguentemodo:
Δv Δ(mv) Δp
F=m( )=
=
Δt
Δt
Δt
cheesprimeilconcettopercuilaforzaagentesuuncorpoèugualeallavariazionedellasuaquantitàdi
motoneltempo.
Nelcasoincuiuncorpononsiasottopostoadalcunaforza(F=0),osiasottopostoaunaseriediforzela
cui risultante è nulla, la seconda legge della dinamica scritta in termini di quantità di moto esprime la
leggediconservazionedellaquantitàdimoto:laquantitàdimotodiuncorposottopostoaforzedi
risultante nulla è costante nel tempo. Analogamente, dato un sistema costituito da più corpi, se si
definiscelaquantitàdimotototaledelsistemacomelasommadellequantitadimotodeisingolicorpi
che lo compongono, si può dire che, in un sistema di corpi sottoposto a forze di risultante nulla, la
quantitàdimotototaledelsistemarimanecostante.
Sidefinisceinfineimpulso,I,diunaforzaFilprodottodellaforzaapplicataauncorpoperl’intervallo
ditempoΔtnelqualedural’applicazione:
I=FΔt
percuilasecondaleggedelladinamicasipuòscriverecome:
I=Δp
asignificarechel’impulsodiunaforzaapplicataauncorpoèugualeallavariazionedellaquantitàdi
motodelcorpostesso.Laleggediconservazionedellaquantitàdimotovieneutilizzataperstudiaregli
urtitraicorpi.
•Quantitàdimotoeurti
Leforzeimpulsiveagisconoperbreviintervalliditempo
Dinamicadiunurtofraduecorpi
Laconservazionedellaquantitàdimotonegliurti
La quantità di moto risulta molto utile nello studio degli urti tra due o più corpi, che avvengono
nell’interazionetraicorpiadistanzemoltoravvicinateeintempibrevissimi.Inquesticasileforzein
causa, che agiscono per intervalli di tempo molto brevi, si dicono impulsive e la loro azione produce
l’effettodicambiareistantaneamenteladirezioneelavelocitàdeicorpichecollidono.
Consideriamoilcasopiùsemplicediurto,quellodovutoalloscontrofraduesferette(indicateconAeB)
inmoto;durantel’urtoconlasferettaB,lasferettaAèsottopostaaunimpulsodatodalprodottodella
forzaesercitatadaB, indicata con FB, per l’intervallo di tempo Δt durante il quale avviene l’urto, che
saràugualeallavariazionedellasuaquantitàdimoto:
FBΔt=ΔpB
Allo stesso tempo, la sferetta B sarà sottoposta a un impulso, dato dalla forza FA esercitata da A, che
uguaglialavariazionedellaquantitàdimotodiB:
FAΔt=ΔpA
Inbaseallaterzaleggedelladinamica,laforzacheAesercitasuBdeveessereugualeecontrariaalla
forzacheBesercitasuA,quindi:
FB=–FA
ediconseguenza:
ΔpB
Δp
=– A
Δt
Δt
Questauguaglianzasipuòscrivereanchecome:
Δ(pA+pB)
=0
Δt
Selavariazioneneltempodellaquantitàdimotototaledelsistemacostituitodalleduesferetteènulla,
significa che la quantità di moto totale del sistema è costante, quindi che vale la legge di
conservazionedellaquantitàdimotoapplicatoalsistemacostituitodalleduesferette:
pA+pB=costante
La quantità di moto totale del sistema non cambia a seguito dell’urto. La collisione ha l’effetto di
ridistribuiretraleduesferettelaquantitàdimotodicuiilsistemadispone,malasommatotalerimane
costante:questosignificachelaquantitàdimotodiciascunasferettapuòvariarediintensità,didirezione
ediverso,malasommadelleduerimanecostante.Suunsistemadiquestotiposièsuppostochenon
agiscanoforzeesternenonequilibrate,macheleunicheforzechecontribuisconoavariareilmotodelle
duesferettesianoprodottedall’interazionetraesse,quindiilsistemasipuòconsiderareisolato.Sipuò
dunque estendere la legge di conservazione della quantità di moto al caso più generale dicendo che la
quantitàdimotototalediunsistemaisolatosiconserva,cioèrimanecostanteneltempo.
Questa legge vale per un numero qualunque di corpi che interagiscono ed è indipendente dalle loro
dimensioni. Inoltre, come la legge di conservazione dell’energia, vale anche per quei sistemi (per
esempio,isistemiatomici)periqualicessadivalerelameccanicaclassicaedèestremamenteutileper
studiare gli urti tra particelle elementari, che permette di ricavare preziose informazioni sulle loro
caratteristiche(comeperesempiolemasse)chenonsonomisurabilidirettamente.
•Urtielasticieurtianelastici
Urtielastici
Urtianelastici
Gliurtitracorpisidividonoingenereinurtielasticieurtianelastici.
Nel caso degli urti elastici, oltre alla quantità di moto totale, si conserva anche l’energia cinetica
totaledelsistema,cioèlasommadelleenergiecinetichedeicorpichelocompongono.Inquestotipodi
urti può avvenire una deformazione temporanea dei corpi che collidono. Le leggi di conservazione
applicate agli urti elastici vengono utilizzate per prevedere il comportamento del sistema a seguito
dell’urto, quindi per determinare le velocità e le traiettorie dei corpi; l’urto fra due palle da biliardo,
fattegeneralmentedimaterialerigidoenondeformabile,puòessereconsideratoelastico.
Negliurtianelasticipartedell’energiacineticavieneutilizzataperdeformareinmodopermanente
(seppureinparte)almenounodeicorpichecollidono.Sihaunurtoanelastico,peresempio,quandouna
freccia viene scagliata contro un bersaglio che viene trafitto e quindi si defoma. Un urto parzialmente
anelastico si verifica quando solo parte dell’energia cinetica viene dissipata sotto forma di calore o
utilizzata per compiere un lavoro: per esempio, quando un sasso colpisce una vetrata parte della sua
energia cinetica viene spesa per rompere il vetro, ma il sasso mantiene una frazione della sua energia
cinetica e continua la sua corsa. Anche negli urti anelastici vale però la legge di conservazione della
quantitàdimoto.
Negli urti elastici valgono entrambe le leggi di conservazione, mentre in quelli anelastici vale solo la
leggediconservazionedellaquantitàdimoto.Lecaratteristichedeiduetipidiurtisonoriassuntenello
schemainbasso.
•Esplosioneepropulsione
Ilfenomenodelrinculo
Imotoriapropulsione
Un’interessanteapplicazionedellaleggediconservazionedellaquantitàdimotoèosservabileneimotori
apropulsione,comequellodeimissili.Percapireilfunzionamentoditalimotorisipensiinizialmenteal
fenomenodelrinculochesegueaun’esplosione:unfucilechesparaunproiettile,peresempio,subisceil
fenomeno del rinculo, cioè rimbalza all’indietro a seguito dello sparo, e questo a causa della legge di
conservazionedellaquantitàdimoto.Laquantitàdimotodelsistemacostituitodalfucileedalproiettile,
infatti, deve restare uguale prima e dopo l’esplosione; prima dell’esplosione fucile e proiettile sono
fermi,dunquelaquantitàdimotototaledelsistemaènulla.Aseguitodell’esplosioneilproiettileviene
sparatoinavanticonunacertavelocitàeacquistaunacertaquantitàdimoto.Lamedesimaquantitàdi
moto,conversocontrario,deveessereacquistatadalfucile,chediconseguenzarinculanelladirezione
oppostaaquelladelproiettile.Ovviamente,poichélamassadelfucileèmoltomaggioredellamassadel
proiettile,lavelocitàdelfuciledopol’esplosioneèpiùbassadiquelladelproiettile.
Unmotoreapropulsionefunzionasfruttandoilmedesimoprincipio:all’internodelmotoreapropulsione
diunrazzobruciadelcombustibilechevieneespulsoaun’estremitàadaltavelocità,comeunproiettile
inunfucile;diconseguenzailrazzovienespintonelladirezioneoppostarispettoaquelladell’uscitadei
gas di combustione. Se il razzo è fissato a un mezzo mobile su ruote, per esempio, questo manterrà il
motofinoaquandoverràmantenutalacombustione.
GLOSSARIO
Forzedissipative
Sidefinisconoforzedissipativequelleforzeperlequaliillavorocompiutodallaforzastessadipendedalcamminosvolto,contrariamente
alleforzeconservative,perlequaliillavoroèindipendentedalcamminopercorso,madipendesolodaipuntiinizialeefinale.
Impulso
Grandezzafisicachemisuraglieffettidell’azionediunaforzasuunsistemafisicoinunintervalloditempo.Èdatadalprodottodellaforza
perl’intervalloditempo.
Leggediconservazionedell’energiameccanica
Stabiliscechel’energiameccanicadiunsistemaisolatosottopostoaforzeconservativesimantienecostanteduranteilmoto.Laleggedi
conservazione dell’energia si può generalizzare a tutti i tipi di forze e in questo caso si enuncia dicendo che la variazione dell’energia
meccanicatotalediuncorpoèugualeallavorocompiutosudiessodalleforzedissipative.
Leggediconservazionedellaquantitàdimoto
Stabiliscechelaquantitàdimotodiuncorpo,odiunsistemadicorpi,sottopostoaforzedirisultantenullaècostanteneltempo.
Leggidiconservazione
Leggi fondamentali della fisica, che stabiliscono l’invariabilità di una grandezza o di una proprietà di un sistema fisico durante il moto o
durantetrasformazioni,reazioniecc.incuientriingiocol’energia.
Quantitàdimoto
Grandezzavettorialeugualealprodottodellamassadiuncorpoperlasuavelocità:nelcasodiunsistemaapiùcorpi,laquantitàdimoto
totaledelsistemaèdatadallasommadellequantitàdimotodeglielementichelocompongono.
Urto
Interazionetraduecorpiinmotorelativo,chesiverificaintempibrevissimieprovocauncambiamentodivelocitàedirezionedeicorpi.
TESTDIVERIFICA
1. Seuncorpodimassam=10kgvienelasciatocaderedaun’altezzah = 10 m, qual è la sua velocità finale? E la sua
energiacineticafinale?Invirtùdiqualeleggesiamoingradodicalcolaretalivalori?
2. Perchéquandouncorpostrisciasuunasuperficiescabrasiproducecalore?
3. Laquantitàdimotoèunagrandezzascalareovettoriale?Perché?
4. Qualigrandezzesiconservanoinunurtoelastico?Einunurtoanelastico?
5. Unasferettadimassam=1kginmotolungounarettaconvelocitàv=10m/scolpiscelungolastessarettauncorpo
di massa M = 4 kg inizialmente in quiete e penetra totalmente nel corpo. Si tratta di un urto elastico o di un urto
anelastico? Con quale velocità V riparte il sistema lungo la retta? Quale legge occorre applicare per trovare il
risultato?
9L'EQUILIBRIOEILMOTOROTATORIODEICORPI
Uncorpoèinequilibrioquandoleforzeacuièsoggettononnemodificanolostatodiquiete.Lapartedellameccanicachestudiae
definiscelecondizionidiequilibriodeicorpièlastatica.Peruncorpochesipossaconsiderarepuntiforme(puntomateriale), tali
condizioni comportano semplicemente che sul corpo devono agire forze di risultante nulla. Un corpo avente dimensioni non
trascurabilièdettocorpoestesoe,inparticolare,senonèsoggettoadefomazioniperl’azionediforze,èdettocorporigido.Nelcaso
diuncorporigidooccorredefinireanchelecondizionipercuiessononsiasottopostoarotazione.Aquestoscoposiintroduceuna
nuovagrandezza,ilmomentodelleforzeagentisulcorpo,percuilacondizionediequilibriocomportanonsolocheleforzeabbiano
risultantenulla,maanchecheilmomentodelleforzeabbiarisultantenulla.Perilmotorotatoriodiuncorporigidovalgonoleleggi
delladinamica,apattodidefinirealcunegrandezzecaratteristichepertalitipidimoti,comeilmomentod’inerziadelcorpo,chene
esprime,analogamenteallamassa,laresistenzaallarotazione,eilmomentoangolare,l’analogodellaquantitàdimoto.
9.1Puntomaterialeecorporigido
Corpopuntiformeepuntomateriale
Corpoestesoecorporigido
Centrodimassadiuncorporigido
Mototraslatorio
Motorotatorio
Leleggidelladinamicaformulateneicapitoliprecedentisonobasatesulpresuppostocheladimensione
dei corpi in moto sia trascurabile rispetto al loro spostamento. Questo significa che la velocità di un
corpo, la sua accelerazione e la sua massa sono considerate come se appartenessero a un corpo
puntiforme. La Terra può essere considerata puntiforme rispetto al suo moto di rivoluzione attorno al
Sole,elostessosipuòdirediuncorpoincadutalibera,sesistudiailmotodelcorponelsuoinsieme(e
nonilmotodellesuevarieparti).Quandouncorpovienetrattatosottoquestopuntodivistasiparladi
puntomateriale.
Nella maggior parte dei casi, però, è necessario prendere in considerazione anche la dimensione dei
corpiinmoto.Siconsideri,peresempio,unaruotachegiraattornoalsuoasse(assedirotazione):non
tuttiipuntidellaruotahannolastessavelocitàdirotazione,maquest’ultimaaumentamanmanochecisi
allontana dal centro della ruota (che è addirittura fermo). Quando non si può prescindere dalle
dimensionidelcorpo,siparladicorpoesteso.Uncasoparticolaredicorpoestesoèrappresentatodal
corpo rigido, nel quale cioè le deformazioni che avvengono a seguito delle forze a cui è sottoposto si
possono considerare trascurabili o, in altre parole, nel quale la distanza tra due punti qualsiasi rimane
costante.
Nello studio del moto dei corpi rigidi è necessario determinare un punto nel quale poter supporre
concentrata tutta la sua massa, detto centro di massa del corpo; inoltre, in relazione al movimento,
occorredistinguereframotitraslatoriemotirotatori.Nelmototraslatoriotuttiipuntidelcorpohanno
lastessavelocitàeleleggidelladinamicapossonoessereriformulateconsiderandoilcorpoconcentrato
nel suo centro di massa. Nel moto rotatorio, invece, i punti del corpo hanno velocità differenti a
secondadelladistanzadall’assedirotazione.Unesempiodimototraslatorioèquellodiuncorpoche
viaggiainlinearettaocurva,odiunsassochecadesottopostoallaleggedigravità.Unesempiodimoto
rotatorioèquello,primafatto,dellaruotachegiraattornoalproprioasse.Esistepoiunmoto,dettomoto
rototraslatorio, che è dato dalla combinazione di quello traslatorio e di quello rotatorio, come per
esempio il moto della ruota di un’automobile, che ruota attorno al proprio asse e contemporaneamente
viaggialungolastrada.
9.2L’equilibrio
Lastatica
Lacondizionediequilibrioperilpuntomateriale
Condizionidiequilibrioperuncorporigido
Coppiadiforzeemomentodellacoppia
Ilmomentodiunaforza
La parte della meccanica che studia le condizioni per cui i corpi, pur essendo soggetti a forze,
rimangono in stato di quiete (le condizioni di equilibrio statico), è la statica. La statica riveste
importanzanellascienzadellecostruzioniperchéfornisceglistrumentiperlostudioelaprogettazionedi
tutti i tipi di strutture (case, ponti, dighe ecc.), per cui le condizioni di equilibrio sono ovviamente
fondamentali.
Ilcasopiùsemplicediequilibriodiuncorpoèquellocheriguardailpuntomateriale.Perchéunpunto
materiale soggetto a forze sia in equilibrio è sufficiente che la somma, o risultante R, delle forze
applicate sia nulla, cioè che sia: R = 0. Un punto materiale appoggiato a un piano, per esempio, è in
equlibrio rispetto alla forza di gravità perché la forza che la base di appoggio esercita sul punto
controbilancialaforzadigravitàediconseguenzalarisultantedelleforzecheagisconosulpuntoènulla.
Quandoilcorpoèestesoerigido(sisupporràsemprecheicorpiestesisianorigidi,persemplicità),la
condizionechelarisultanteRsianullanonèpiùsufficiente.Uncorporigido,qualeperesempiounlibro,
appoggiato su un tavolo è in equilibrio perché la forza di gravità determinata dal suo peso è
controbilanciata dal tavolo. Ora facciamo ruotare il libro, agendo con le mani su due bordi opposti,
applicandodueforzediugualeintensitàediversocontrario:inquestocasolarisultantedelledueforzeè
nullaetuttaviaillibrononèpiùinequilibrio.Perequilibrarel’effettodelledueforze,dettecoppia di
forze, occorre applicare una seconda coppia di forze, che provochi una rotazione uguale e di verso
opposto.Unacoppiadiforzeèdatadaunsistemadidueforzeparallele,lecuidirezioninonsono
allineateesonodiversooppostoeagisconosuuncorpomettendoloinrotazione.L’intensitàdiuna
coppia di forze è determinata da una grandezza, detta momento della coppia (indicato con M), di
intensitàM=Fb,dovebèladistanzatraledirezioniparalleledellaforza,dettabracciodellacoppia,e
Flalorointensità.L’effettodellarotazioneèdovutoalmomentodellacoppia.Ilmomentoèunvettore,
direttolungol’assedirotazionedelcorpoacuivieneapplicatalacoppia,eilcuisensopuntaversoun
osservatorechevedelarotazioneinsensoantiorario(v.fig.9.1).Ingenerale,perchéuncorpononruoti
occorrecheimomentidelleforzechetendonoafarloruotareinunsensosianocompensatidaimomenti
diforzechetendonoafarloruotarenelsensoopposto,inmodocheilmomentototalesianullo,cioèsia:
M=0
Perché un corpo rigido sia in equilibrio, devono verificarsi allora due condizioni, cioè che la somma
delleforzeapplicatesiaugualeazeroelasommadeimomentidellecoppieapplicatesiaugualeazero:
R=0;M=0
Laprimacondizioneimpediscealcorpoditraslare,lasecondadiruotare.
In generale, il momento M di una forza F, applicata in un punto P rispetto a un generico punto O, ha
un’intensitàdatadalprodottodell’intensitàdellaforzaFperladistanzatrailpuntodiapplicazionedella
forzaeilpuntoO,perilqualepassal’assedirotazione,ovveroilsegmentoOP, detto ancora braccio
dellaforza.LadirezionedelvettoreMèperpendicolareallaforzaealsegmentoOPeilsuoversoèdato
dalla regola della mano destra (v. fig. 9.2). Il momento di una forza ne misura la capacità di porre in
rotazioneunoggettorispettoalpuntoO.Peraumentareilmomentodiunaforzaèsufficienteaumentareil
braccio.Ilconcettodimomentodiunaforzasiapplicaalleleve(v.riquadroinalto),macchinesemplici
chehannoloscopodiequilibrareunaforzapiùomenointensaapplicandoneun’altra,menointensamadi
bracciomaggiore,inmododaequilibrareimomentidelleforze.
LELEVE
Lelevesonoilprimotipodimacchinasempliceinventatodall’uomo.Unamacchinasempliceèundispositivoingradodicompierelavoro
eseguendounsemplicemovimento.Leleve,ruotandoattornoaunpuntofisso,dettofulcro,permettonoditrasmettereunaforza,chehalo
scopo di contrastare una forza esterna (la resistenza), tramite l’applicazione di un’altra forza, meno intensa (la potenza). Le leve si
basano sull’equilibrio rotatorio. Poiché l’equilibrio si realizza eguagliando i momenti delle forze, è sufficiente aumentare il braccio di una
forza meno intensa (e quindi aumentare o ridurre la distanza delle forze agenti dal fulcro) per aumentare il suo momento, così da poter
contrastare una forza più intensa. Le leve si dividono in leve di primo genere, di secondo genere e di terzo genere, a seconda delle
reciprocheposizionidelfulcro,dellapotenzaedellaresistenza.
Nellelevediprimogenere il fulcro si trova tra la potenza e la resistenza: sono leve di questo genere il piede di porco e le forbici. In
questa categoria rientra il concetto generico di leva, che si realizza utilizzando una sbarra vincolata a un punto fisso per sollevare un
oggetto:ilvincolorappresentailfulcro,ilpesodell’oggettodasollevarelaresistenzaelaforzaapplicatadall’uomolapotenza.Utilizzando
unalevaèpossibilesollevarecorpimoltopiùpesantidiquantononsiriescaafareconlasolaforzamuscolare.
Nellelevedisecondogenerelaresistenzasitrovatrailfulcroelapotenza:nesonoesempilacarriolaeloschiaccianoci.
Nelleleve di terzo genere, infine, la potenza si trova tra il fulcro e la resistenza: esempi di leve di terzo genere sono le pinzette e il
bracciochesollevaunoggetto.
Figura9.1Ilvettoremomentodiunacoppiadiforze.
Figura9.2IlmomentoMdiunaforzaFapplicatainunpuntoP,rispettoaunpuntofissoO.
•Ilbaricentrodiuncorpo
Ilbaricentrorappresentailcentrodigravità
Laposizionedelbaricentro
Quando si cercano le posizioni di equilibrio di un oggetto di forma qualsiasi, sia esso appoggiato o
vincolato a un punto, nel campo gravitazionale, occorre trovare il suo baricentro, ovvero il punto nel
qualesipuòconsiderareconcentratatuttalasuaforzapeso.Ilbaricentrodiuncorpoèdiversodal
suo centro di massa, che rappresenta un concetto più generale, applicabile anche in assenza di gravità
(mentre il baricentro, detto anche centro di gravità, presuppone l’azione della forza gravitazionale).
Naturalmente,perglioggetticoncuisihanormalmenteachefaresullasuperficieterrestre,ilcentrodi
massaeilbaricentrocoincidono,datocheilcentrodimassaèancheilpuntodiapplicazionedellaforza
peso.
Laposizionedelbaricentrodiuncorpodipendedallasuaformageometricaedalladistribuzionedella
suamassa.Inunasferaomogenea,peresempio,ilbaricentrocoincideconilcentrodellasfera;inuna
laminasottilerettangolareomogeneacoincideconl’intersezionedelleduediagonali;visonoanchecasi
nei quali il baricentro del corpo può essere esterno al corpo. Il baricentro di un corpo può essere
determinato attraverso metodi geometrici, se il corpo possiede elementi di simmetria, o
sperimentalmente, trovando le posizioni di equilibrio del corpo, se questo è vincolato a un punto fisso
(sospeso)oaunasuperficie(appoggiato).
•Equilibriodeicorpisospesi
Corpovincolatoinunpunto
Condizionidiequilibriostabile,instabileeindifferente
Sidefiniscevincolotuttociòchelimitalalibertàdimovimentodiuncorpo,esercitandosulcorpouna
forza,dettaforzavincolare.Uncorposospesoèuncorpovincolatoaunpunto,come,peresempio,un
quadro appeso a una parete. L’azione della forza peso del corpo, in questo caso, o di un’altra forza
esterna applicata al corpo, può dar luogo solo a un movimento rotatorio. Per trovare le posizioni di
equilibriodiuncorpovincolato,occorretrovareilpuntoincuilaforzapesosiabilanciatadallaforza
vincolare, in modo che il corpo non sia libero di ruotare. In particolare, si ottiene l’equilibrio di un
corposospesoinunpuntoquandoilsuobaricentrositrovasullaverticalepassanteperilpuntodi
sospensione, cioè quando la retta coincidente con la direzione della forza peso del corpo passa per il
puntodisospensione.Sesiappendeunquadroinunpuntochenonsiailcentrodiunodeisuoiquattro
lati,ilquadroruota,poichéilsuobaricentrositrovanelpuntochecongiungelesuediagonali,equindi
lungol’assechepassaperilcentrodeisuoilati.
Sipuòavereequilibrioquandoilbaricentrositrovaaldisottooaldisopradelpuntodisospensione,o
anche quando coincide con il punto di sospensione; nei tre casi varranno condizioni di equilibrio
differenti. Se il baricentro si trova al di sotto del punto di sospensione (è il caso più comune
nell’esempio del quadro, appeso per esempio per il lato superiore, v. fig. 9.3 A), allontanando
leggermenteilquadrodallasuaposizionediequilibrioilmomentodellaforzapesorispettoalpuntodi
sospensionetendeafartornareilquadronellasuaposizioneiniziale.Inquestocasosiparladiequilibrio
stabile.Seinveceilbaricentrositrovaaldisopradelpuntodisospensione(v.fig.9.3B),allontanando
ilquadrodallasuaposizionediequilibrioilmomentodellaforzapesotendeafarloallontanaresempre
dipiùdallaposizioneiniziale:inquestocasosiparladiequilibrioinstabile.Ilterzocaso,nelqualeil
puntodisospensioneeilbaricentrocoincidono(v.fig.9.3C),èdettodiequilibrioindifferente;infatti,il
momento della forza peso è nullo perché il punto di applicazione della forza coincide con il punto di
rotazione,quindiallontanandoilquadroleggermentedallasuaposizioneinizialequestorestanellanuova
posizione.
Figura9.3Leposizionidiequilibriostabile(A),instabile(B)eindifferente(C)diuncorposospeso.
•Equilibriodeicorpiappoggiati
Uncorpopesanteappoggiatoèuncorpovincolatoaunasuperficie.Èsoggettoallaforzadigravitàealla
forzavincolare,direttaversol’alto,datadallabasediappoggio.Sel’appoggioèinunpunto,l’equilibrio
si realizza quando il baricentro del corpo si trova sulla verticale del punto di appoggio; anche in
questocasosipossonoverificareletresituazionidiequilibriostabile,instabileoindifferente.Quando,
spostando l’oggetto dalla sua posizione iniziale, il baricentro si sposta verso l’alto (v. fig. 9.4 A)
l’equilibrio è stabile: il corpo tende a tornare nella posizione iniziale. Quando il baricentro si sposta
verso il basso (v. fig. 9.4 B) l’equilibrio è instabile: il corpo si allontana dalla posizione iniziale.
Quandoinfineilbaricentrodelcorporestaallastessaquota(v.fig.9.4C)l’equilibrioèindifferente.
Nel caso più generale in cui l’appoggio sia in più punti, il corpo resta in equilibrio fino a quando la
verticaledelbaricentroèall’internodellabasediappoggio,individuatadallalineachecongiungeipunti
di appoggio più esterni (v. fig. 9.4 D). Per questo motivo, un quadrupede è più stabile di un uomo, il
qualeasuavoltasitrovainunequilibriopiùstabilesetieneipiedidistanziati.Leautodacorsa,che
devono affrontare curve ad alta velocità, sono in genere progettate per avere il baricentro più basso,
mentreuncamionmoltoaltoèpiùsoggettoatrovarsiinunasituazionediequilibrioinstabile(nelcasoin
cuisiinclinassedilato,ilsuobaricentrorischierebbefacilmenteditrovarsialdifuoridellasuperficiedi
appoggio).
Figura9.4Condizionidiequilibriostabile(A),instabile(B)eindifferente(C)peruncorpoappoggiatoaunpuntodiunasuperficie.
Quandol’appoggioèinpiùpunti(D),ilcorpoèinequilibrioselaverticaledelbaricentroèall’internodellabasediappoggio.
9.3Equilibriostabile,instabile,indifferenteedenergiapotenziale
Lecondizionidiequilibriodalpuntodivistadell’energiapotenzialegravitazionale
Aglistatidiequilibriocorrispondonosempreenergieminime
Lecondizionidiequilibriostabile,instabileeindifferentepossonoessereesaminatedalpuntodivista
dell’energia potenziale dei corpi. Come detto nel paragrafo 9.2, un corpo è in equilibrio stabile se,
spostandolo di poco dalla sua posizione di equilibrio, tende naturalmente a ritornarvi; un corpo è in
equilibrioinstabilequando,scostandolodipocodallasuaposizionediequilibrio,tendeadallontanarvisi
ancoradipiù;infineuncorpoèinequilibrioindifferentequando,spostatodipocodallasuaposizionedi
equilibrio,rimanestabilmentenellanuovaposizione.
La differenza fra le tre situazioni di equilibrio può essere esaminata (v. fig. 9.5) dal punto di vista
dell’energia potenziale gravitazionale del corpo (in questo caso è indifferente che si tratti di un corpo
rigidoodiunpuntomateriale).
Seilcorpositrovasuuntrattoorizzontale,A,dienergiapotenziale,ilchesignificachevienespostatodi
poco dalla sua posizione di equilibrio lungo l’orizzontale (per cui mantiene costante la sua energia
potenzialegravitazionale)tenderàarestarenellanuovaposizione:l’equilibrioècioèindifferente.
Seinveceilcorpositrovainuna“buca”dienergiapotenzialegravitazionale,B,e,venendospostatodi
pocodallasuaposizionediequilibrio,lasuaenergiapotenzialegravitazionaleaumenta,tenderàatornare
allaposizioneiniziale:l’equilibrioècioèstabile.
Figura9.5Equilibrioindifferente(A),stabile(B)einstabile(C)dalpuntodivistadell’energiapotenzialegravitazionalediuncorpo.
Infine,seilcorpositrovainequilibriosuuna“vetta”dienergiapotenziale,C,evienespostatodipoco
dallasuaposizionediequilibrio,tenderàadallontanarsiancoradipiùdataleposizione:l’equilibrioè
cioèinstabile.
Insintesi,sipuòdireche,dalpuntodivistadell’energiapotenzialegravitazionale:
●sihaequilibriostabilequandol’energiapotenzialeèminima;
●sihaequilibrioinstabilequandol’energiapotenzialeèmassima;
●sihaequilibrioindifferentequandol’energiapotenzialerimanecostante.
Questo risultato è sempre verificato in natura, dove i sistemi stabili si trovano sempre nello stato di
minimaenergiapossibile.L’esempiodell’energiapotenzialegravitazionaleèsolouncasoparticolaredi
unasituazionegenerale:uncorpolasciatocaderealsuolotendeaportarsinellostatodiminimaenergia
potenzialegravitazionalepossibile(chediventanullaquandoraggiungeilsuolo).Ancheisistemiatomici
enucleari(v.cap.24e25)sonostabilinellacondizionediminimaenergia,mentrediventanoinstabili
quando acquistano energia dall’esterno (e di conseguenza emettono luce o particelle per tornare alla
situazionediequilibrio).
9.4Ilmotorotatorio
Ilmomentodiinerziamisuralaresistenzaallarotazione
Ilmomentoangolareèl’analogodellaquantitàdimoto
Leggediconservazionedelmomentoangolare
Energiacineticarotazionale
Uncorporigido,sottopostoaunaforzadimomentodiversodazero,vienepostoinrotazioneattornoaun
punto o a un asse, che rimane fermo durante la rotazione. Come il moto traslatorio è descritto dalla
velocità v del centro di massa del corpo, il moto rotatorio è descritto dalla velocità angolare ω del
corpo,chemisuralavelocitàdirotazionedelcorpoeche,peruncorporigido,èugualeintuttiipunti
del corpo. La resistenza che un corpo rigido oppone al cambiamento della sua velocità angolare viene
misurata dal momento di inerzia I del corpo, che si comporta esattamente come la massa m nella
secondaleggedelladinamica.Ilmomentodiinerziacambiadacorpoacorpo,manelcasodiunamassa
puntiformeinrotazionepuòesserescrittocome:
I=mR2
dovemèlamassadelcorpoeRrappresentaladistanzadall’assedirotazione.Ilmomentodiinerziaè
unaquantitàscalare,calcolabilegeometricamentenelcasodicorpiomogenei(v.fig.9.6).
Lasecondaleggedelladinamica(v.cap.5)puòessereriscrittaperilmotorotatorio,indicandoconαla
variazioneneltempodellavelocitàangolaredelcorpo(l’analogodell’accelerazione),eprendelaforma:
M=Iα
doveMèilmomentodelleforzeesternecheagisconosulcorpo.Analogamenteallaquantitàdimotoper
il moto traslatorio, si definisce, per il moto rotatorio, il momento angolare P del corpo (o momento
della quantità di moto), una grandezza vettoriale che ne descrive il moto di rotazione. Per un corpo
rigido,ilmomentoangolareèdirettolungol’assedirotazioneelasuaintensitàèespressadalprodotto
dellavelocitàangolaredelcorpoperilmomentodiinerziadelcorpo:
P=Iω
Analogamenteaquantovisto(v.cap.8)perlaquantitàdimoto(lacuiintensitàedatadap=mv), vige
unaleggediconservazionedelmomentoangolare, che stabilisce che se su un corpo o su un sistema
isolatodicorpinonagiscealcunmomentorisultantediforzeesterne,ilmomentoangolaredelcorpoodel
sistema di corpi rimane invariato. La legge di conservazione del momento angolare viene sfruttata per
esempiodalleballerine,cheperaumentarelalorovelocitàdirotazioneallineanolebracciaalcorpo,al
fine di diminuire il loro momento di inerzia: dato che sulla ballerina non agiscono forze esterne, il
momentoangolarerimanecostanteeperaumentarelavelocitàdirotazionedevediminuireilmomentodi
inerzia,avvicinandolebracciaall’assedirotazione.
Nel moto rotatorio si definisce infine l’energia cinetica rotazionale del corpo, anche in questo caso
analogaall’energiacineticatraslazionale,datadall’espressione:
1
Ecinr= Iω2
2
doveIèilmomentodiinerziadelcorpoeωlasuavelocitàangolare.
Figura9.6Momentidiinerziadialcunicorpiomogeneiattornoall’assedelbaricentro.
GLOSSARIO
Centrodimassa
Si dice di un punto del corpo rigido nel quale si suppone concentrata tutta la sua massa. Il centro di gravità, o baricentro, di un corpo è
l’analogodelcentrodimassanelcampogravitazionale,ilpuntodovesisupponeconcentratatuttalasuaforzapeso.
Corporigido
Uncasoparticolaredicorpoesteso,didimensioninontrascurabilirispettoalsuomoto,indeformabiledall’azionedelleforzeapplicate,nel
qualecioèladistanzatraduepuntiqualsiasirimanecostante.
Equilibrio
Inmeccanica,statodiuncorposoggettoaforzechenonsonoingradodimodificarnelecondizionidiquiete.Lapartedellameccanicache
studialecondizionidiequilibrioèlastatica.
Momentoangolare
Vettorechedescriveilmotodirotazionediuncorporigido,direttolungol’assedirotazione,lacuiintensitàèdatadalprodottodellavelocità
angolare del corpo per il momento di inerzia del corpo, P = Iω. In un sistema non sottoposto a momenti di forze esterne, il momento
angolaresiconserva.
Momentodiinerzia
Grandezzachedescrivelaresistenzacheuncorporigidoopponeallarotazione.
Momentodiunaforza
Capacitàdiunaforzadiporreinrotazioneuncorpo.
Motorotatorio
Motonelqualetuttiipuntichecompongonoilcorpoinmotopercorronodelletraiettoriecircolariattornoaunasse,dettoassedirotazione.
Mototraslatorio
Motonelqualetuttiipuntidelcorpochesimuovehannolastessavelocitàeperilqualeleleggidelladinamicapossonoessereriformulate
considerandoilcorpoconcentratonelsuocentrodimassa.
Puntomateriale
Sidicediuncorpoinmotolacuidimensioneètrascurabilerispettoalsuospostamento
Vincolo
Qualsiasilimitazioneallalibertàdimovimentodiuncorpo.
TESTDIVERIFICA
1. Qualèlacondizionediequilibriodiunpuntomateriale?Èsufficienteperuncorporigido?
2. Qualisonoglieffettidiunacoppiadiforzesuuncorpo?
3. Seun’altalenaimperniatanelsuocentroècomplessivamentelunga3m,eaun’estremitàsiedeunbambinodi34kg,
dovesidevesedereunbambinodi40kgperequilibrarel’altalena?
4. Qualèladifferenzatraequilibriostabile,instabileeindifferenteallalucedell’energiapotenzialegravitazionale?
5. Checosarappresentailmomentodiinerzia?
10LAMECCANICADEIFLUIDI
Lameccanicadeifluidistudiailcomportamentodeifluidiinmoto(fluidodinamica)einquiete(idrostatica).Unfluidoèunsistema
allostatoliquidoogassoso,caratterizzatodalfattodinonpossedereunaformapropria,madiassumerelaformadelrecipienteche
locontiene.Unagrandezzafondamentalenellostudiodeifluidièlapressionecheunfluidoesercitasuunasuperficiegraziealsuo
peso(pressioneidrostatica)ograziealsuomovimento(pressionedinamica).Inparticolare,lapressioneatmosfericaèdefinitacome
ilpesoperunitàdisuperficiedellacolonnad’ariachevadalsuoloallimiteesternodell’atmosfera.Ilmotodeifluidièrettodadue
equazioni fondamentali, l’equazione di continuità e l’equazione di Bernoulli, che rappresentano rispettivamente la legge di
conservazionedellamassaedell’energia.Daquesteleggisipossonoricavareiprincipicheregolanoifluidiinquiete.
10.1Leproprietàdeifluidi
Definizionedifluido
Gaseliquidisonofluidi
Un fluido si può definire come un sistema facilmente deformabile, che perciò non ha una forma
propriamaassumequelladelrecipientechelocontiene. La materia si presenta, normalmente, in tre
stati di aggregazione: quello solido, quello liquido e quello gassoso (v. cap. 5); i solidi sono
caratterizzatidaunvolumeedaunaformadefiniti,iliquidipossiedonounvolumeproprio,manonuna
forma propria, mentre i gas non possiedono né forma né volume propri. Liquidi e gas appartengono
collettivamente alla categoria dei fluidi, con la differenza che i liquidi, rispetto ai gas, sono
caratterizzatidaassaipiùintenseforzedicoesionetralemolecolecostituenti.
•Densità
Lemolecoledeiliquidisonoincontattoreciproco,anchesepossonoscorrereleunesullealtre,mentrele
molecoledeigassonoseparatetraloro.Perquestoiliquidihannoingeneredensitàmaggiorerispettoai
gas(ladensità,ρ,èdefinitacomeilrapportotralamassaeilvolumedelfluido).
•Viscosità
Laviscositàèlaresistenzainternadiunfluido
Viscositàetemperatura
Viscositàevelocitàdelfluido
Unitàdimisuradellaviscosità
Lagrandezzafisicachemisuralaresistenzacheleparticellediunfluidoincontranonelloscorrereleune
sullealtreèlaviscosità,chepuòessereconsideratacomel’attritointernodellemolecoledelfluido.La
viscosità si manifesta anche quando un fluido scorre su una superficie solida, o un solido si muove
all’interno di un fluido, ed è maggiore per i liquidi che per i gas. La viscosità dipende dalla
temperatura: nei gas aumenta con la temperatura, poiché aumenta il moto termico tra le particelle del
gas, mentre nei liquidi temperatura e viscosità sono inversamente proporzionali, perché aumentando la
temperatura diminuisce la coesione tra le molecole. La viscosità dipende dalla velocità del fluido in
moto e può essere descritta da una legge dovuta a Newton. Si consideri un fluido contenuto in un
recipiente, sottoposto a una forza orizzontale che provoca lo scorrimento di uno strato su quello
sottostante:seΔvèladifferenzadivelocitàdeiduestratieΔxlalorodistanza,laforza,F,chesioppone
alloscorrimento,dettaresistenzaviscosa,èdatada:
F=-ηA(
Δv
)
Δx
doveAèlasuperficiedicontattoeηunfattorediproporzionalitàdettocoefficientediviscosità,diverso
daunfluidoall’altro.
Nel Sistema Internazionale il coefficiente di viscosità si misura in Ns/m2, ma è più usata l’unità detta
poise(simboloP),dove1P=0,1Ns/m2.L’unitàdelSistemaInternazionaledunqueèildecapoise(daP),
dove 1 daP = 1 Ns/m2. I fluidi che seguono perfettamente la legge di Newton, data dalla formula
sopracitata, sono detti newtoniani (acqua, glicerina, alcol, mercurio ecc.), mentre in alcuni liquidi si
osservauncomportamentodifferente(peresempio,ladipendenzadaltempodellaviscosità).Laviscosità
si misura con strumenti detti viscosimetri, che sfruttano lo scorrimento dei fluidi in tubi capillari di
diametro molto piccolo, o il moto di caduta di sferette di massa e diametro noti in recipienti che
contengonolasostanzainesame.
•Pressione
Lapressioneèunaforzasuunasuperficie
Ilpascal:unitàdimisuradellapressione
LaleggediPascal
Nelcasodeifluidiilconcettodinamicodiforzanonèpiùsufficiente.Applicandounaforzasuunpunto
diunfluido,diversamentedaquantoaccadeperuncorposolido,lemolecoledelfluidoscorronoleune
sullealtre,mailfluidonellasuatotalitànonsubisceun’accelerazione.Perottenerelostessorisultato
dinamico di una forza in un fluido è necessario che la forza venga distribuita su tutti i punti della
superficiedelfluido:peresempio,sipuòmuovereunamassad’acquaspingendolaconl’interasuperficie
dellemani.Aquestoscoposiintroduceunanuovagrandezza,lapressione,p,definitacomeilrapporto
trailvaloredellaforzaF,perpendicolareallasuperficieS,elasuperficiestessa:
F
p=
S
La pressione ha le dimensioni di una forza per unità di superficie e la sua unità di misura nel Sistema
Internazionaleèilpascal(simboloPa),dove1Pa=1N/1m2.
Si può dimostrare che in un fluido la pressione si trasmette uniformemente a tutti i suoi punti. Questa
scoperta si deve allo scienziato francese Blaise Pascal (1623-1662), in onore del quale è stata
denominata l’unità di misura della pressione. Si consideri uno strumento costituito da un cilindro che
contiene un fluido, chiuso da uno stantuffo, nel quale venga inserito un palloncino riempito d’aria:
esercitandounapressionesullostantuffo,ilpalloncinorimpicciolisce,mantenendoperòinalteratalasua
forma.Questosignificachelapressioneesercitatasulfluidoattraversolostantuffohaagitosuognipunto
dellasuperficiedelpalloncino,perpendicolarmenteallasuperficiestessa.Sullabasediquestorisultato
la legge di Pascal stabilisce che la pressione esercitata su una superficie qualsiasi di fluido si
trasmetteconlastessaintensitàatuttalamassadelfluido.
•Comprimibilitàdeifluidi
Coefficientedicomprimibilità
Igassonopiùcomprimibilideiliquidi
Si definisce comprimibilità di un fluido la sua capacità di diminuire di volume quando viene
sottoposto a una pressione esterna. Se un fluido occupa un volume V a una data pressione p e viene
sottopostoaunacompressioneΔp,ilsuovolumesubiràunadiminuzioneΔVdatada:
ΔV=–kVΔp
dove k rappresenta il coefficiente di comprimibilità. Il coefficiente di comprimibilità dipende dalla
pressioneeperiliquidièingeneremoltopiccolo,mentreèassaipiùelevatoperigas.Iliquidisono
quindiquasiincomprimibili,mentreigassonofacilmentecomprimibili.
•Tensionesuperficiale
Definizione
Lebollesiformanograzieallatensionesuperficiale
Formazionedeimenischi
Capillari
Ilfenomenodellacapillarità
La tensione superficiale è la forza di coesione che si esercita fra le molecole superficiali di un
liquido. È dovuta al fatto che, mentre su una molecola interna al liquido le forze esercitate dalle altre
molecole sono simmetriche in tutte le direzioni, su quelle in superficie agiscono solo forze laterali e
versol’internodelliquido.Pertanto,sullemolecolechestannosullasuperficieagisceunaforzarisultante
nonnulladirettaversoilbasso,appuntolatensionesuperficiale,chefasìchelasuperficiedelliquido,in
unacertamisura,sicomporticomeunamembranaelastica.Laformazionedellegocceedellebolleè
dovutaallatensionesuperficiale.Latensionesuperficialetendearendereminimalasuperficiediuna
goccia e per questo motivo le bolle di sapone sono sferiche (infatti, a parità di volume, la sfera è il
solidodotatodiminorsuperficie).Lebollepossonoformarsianchenell’acqua,ma,poichél’acquapura
haunatensionesuperficialemoltomaggiorediquelladell’acquasaponata,lebolleavrebberodimensioni
così piccole da non essere osservabili. La tensione superficiale diminuisce all’aumento della
temperatura.
Uno degli effetti della tensione superficiale è la formazione di menischi sulla superficie libera di un
liquidocontenutoinunrecipiente:lasuperficiedelliquido,acausadellatensionesuperficiale,nonsi
presenta perfettamente piana, ma tende ad assumere una caratteristica forma curva (detta
menisco), con concavità (menisco concavo) o convessità (menisco convesso) rivolta verso l’alto, a
secondacheilliquidobagniononbagnileparetidelcontenitore,asecondacioècheprevalganoleforze
diadesionetralemolecoledelliquidoedelrecipienteoleforzedicoesionetralemolecoledelliquido.
Seilliquidoècontenutoinuntubomoltosottile,didiametrointernoinferiorea0,1mm,dettocapillare,
leforzeditensionesuperficialesonomoltoevidenti.Neicapillari,infatti,lasuperficieliberadelliquido
è talmente piccola che il fenomeno del menisco interessa praticamente tutta la superficie. Il capillare
presentainoltreun’altracaratteristica:sesiimmergeuncapillareinunliquidocontenutoinunrecipiente,
il livello del liquido nel capillare non raggiunge lo stesso livello del liquido nel recipiente, come
succederebbe per un tubo di dimensioni maggiori (v. par. successivo), ma subisce un innalzamento
anomalo,dovutoallatensionesuperficiale.Seilliquidoformaunmeniscoconcavo,illivellodelliquido
subisce un innalzamento (fig. 10.1 A); se il menisco è convesso, il livello del liquido subisce un
abbassamento (fig. 10.1 B). L’entità del dislivello è calcolabile mediante una legge (detta di Jurin-
Borrelli),chestabiliscecheildislivellohèdirettamenteproporzionaleallatensionesuperficialeτdel
liquidoeinversamenteproporzionalealladensitàρdelliquidoealraggiordelcapillare:
2τ
h=
ρgr
dove g = 9,8 m/s2 è l’accelerazione di gravità. Il fenomeno, detto capillarità, si riscontra per esempio
nelle spugne e nelle carte assorbenti e assume in natura particolare importanza nella salita della linfa
lungo i fusti delle piante, che avviene contro la forza di gravità, e nella circolazione periferica del
sangue.
Figura10.1Fenomenodellacapillarità:in(A)ilmeniscoèconcavoeillivellodelliquidosiinnalza;in(B)ilmeniscoèconvessoeil
livellodelliquidosiabbassa.
10.2Ladinamicadeifluidi
Ilmodellodifluidoperfetto
Flussolaminareeflussoturbolento
Motostazionario
L’equazionedicontinuità
Portatadimassa
Laconservazionedellaportata
La dinamica dei fluidi, o fluidodinamica, studia il comportamento dei fluidi in moto, in relazione alle
causechelodeterminano.Perricavareleequazionicheregolanoilmotodeifluidiènecessarioricorrere
a un modello teorico di fluido, il fluido perfetto, o ideale, supposto del tutto incomprimibile e non
viscoso, cioè senza attrito interno. La maggior parte dei fluidi reali non sono fluidi perfetti, ma il loro
comportamento, benché a volte si discosti notevolmente da quello dei fluidi perfetti, in molti casi può
essereassimilabileaquellodeifluidiperfetti.
Le leggi che descrivono il moto dei fluidi perfetti hanno forme relativamente semplici, che possono
veniremodificatecasopercasoquandositrattanoifluidireali(igas,invece,facilmentecomprimibili,
non sono fluidi perfetti, anche se in certi casi particolari, come nel caso dell’aria in moto a basse
velocità,visipossonoavvicinare).
La differenza principale tra un fluido perfetto e un fluido reale è la presenza della viscosità, che
tende a ostacolare il moto del fluido imponendo che nelle equazioni del moto siano introdotti termini
correttivi che tengano conto della dissipazione di energia causata dall’attrito interno tra le molecole.
Inoltre,unfluidoreale,adifferenzadiunfluidoperfetto,puòpresentareduemodalitàdiscorrimento:in
uncasopuòscorrereinstratichescivolanol’unosull’altrosenzamescolarsi(flussolaminare),mentrein
unaltrocasopuòscorrereconmescolamentodiporzionidifluido,cioèinmododisordinatoecaotico
(flusso turbolento), e in queste condizioni le equazioni che ne regolano il moto sono molto più
complesse.
Il modo più semplice per studiare il moto di un fluido è quello di incanalarlo in un condotto, di
dimensioneecurvaturavariabile.Sidicecheunfluidosimuoveinregimedimotostazionario quando
tuttelemolecoledelfluidocheattraversanounasezionequalsiasidelcondottohannolastessavelocitàin
tuttiisuccessiviistanti.Inoltre,nelregimestazionariolemolecoledelfluidosimuovonoconlastessa
velocitàinqualsiasipuntodellasezione,indipendentementedalladistanzadallepareti.
In regime di moto stazionario i fluidi seguono una legge espressa dall’equazione di continuità, che
derivadallaleggediconservazionedellamassa,perlaqualesipuòdirechelamassadiunfluidoche
attraversaunasezionediuncondottonell’unitàditempoècostante:inaltreparole,inunasezione
qualsiasidiuncondotto,nelqualenonvisianoperditeoguadagnidifluido,sidovràtrovarelamedesima
quantità di fluido che in qualunque altra sezione. Allora, se Δm è la massa di fluido che attraversa la
sezionedicondottonell’unitàditempoΔt,deveessere:
Δm
=costante
Δt
Esprimendolamassainterminididensità,ricordandocheΔm=ρΔV(doveρèladensitàdelfluidoeΔV
ilvolumedelcondottodisezioneSedispessoreΔx)sipuòscrivere:
ΔV
Δx
ρ( )=ρS( )=costante
Δt
Δt
Osservandoche:
Δx
=v
Δt
èlavelocitàdelfluido,sipuòscrivereinfine:
ρSv=costante
cherappresental’equazionedicontinuità.LaquantitàρSvvienedettaportatadimassadelfluidoinmoto
esimisurainkg/s;piùfrequentementesiricorreallaportatavolumica,datadaSv=V/t,chesimisurain
m3/s.
L’equazione di continuità, applicata a due diverse sezioni S1 e S2 di un condotto, nelle quali il fluido
scorra con velocità rispettivamente v1 e v2, supponendo che la densità del fluido rimanga inalterata in
tuttoilcondotto(ossiacheilfluidosiaomogeneo)sipuòscriverenellaforma:
S1v1=S2v2
edicecheinuncondottoasezionevariabileincuiscorraunfluidoomogeneoconflussostazionario
la portata volumica è costante, ossia quanto maggiore è la sezione del fluido tanto minore è la sua
velocità.
Conseguentemente,quandoilfluidopercorreunastrozzaturadelcondottolasuavelocitàaumenta:questo
èilmotivopercuineglistrettipassaggioneitunnelspessosembraessercivento,perchél’ariaècostretta
adaumentarelasuavelocitànelpassareattraversouncondottoasezioneminoredell’ariaaperta.
•EquazionediBernoulli
L’equazionediBernoulliesprimelaleggediconservazionedell’energia
L’equazionedell’idrodinamica
Laleggefondamentaledellafluidodinamicaèespressadall’equazionediBernoulli,dalnomedelfisico
franceseD.Bernoulli(1700-1782)chelaricavò,edesprimelaleggediconservazionedell’energianel
caso particolare dei fluidi. Si perviene alla legge della conservazione dell’energia considerando un
piccolo volume di fluido perfetto che scorre in regime stazionario, con velocità v1, in un condotto di
spessoreS1,situatoallaquotah1dalsuolo(v.fig.10.2).
Sottolaspintadellapressionep1,ilfluidosalenelcondottofinoadarrivareallasezioneS2,maggioredi
S1,dovequindiilfluidoavràvelocitàv2minorediv1.Ilpiccolovolumedifluidosubiràunavariazione
di energia cinetica, ΔEcin, dovuta alla variazione della sua velocità e una variazione di energia
potenziale, ΔEpot, dovuta alla variazione della quota; tali variazioni devono uguagliare il lavoro Lp
compiutodalleforzedipressione,cioè:
Lp=ΔEcin+ΔEpot
IllavorodelleforzedipressionechetendonoaspingereilfluidodaS1aS2èdatoda:
Lp=p1S1Δx1–p2S2Δx2
Ricordandoledefinizionidienergiacineticaedienergiapotenzialegravitazionalediuncorpoqualsiasi
(v.cap.7),siottiene:
1 2
1
mv 1+mgh1+p1S1Δx1= mv22+mgh2+p2S2Δx2
2
2
Ricordandocheilfluidoèincomprimibile,percui:
S1Δx1=S2Δx2=ΔV
e introducendo la densità del fluido, si ottiene la forma più comune dell’equazione di Bernoulli (o
equazionedell’idrodinamica):
p+ρgh+1/2ρv2=costante
dove p è la pressione che spinge il fluido nel condotto, ρ la sua densità e h l’altezza della sezione. Il
termineρgh,aventeledimensionidiunapressione,rappresentailpesodellacolonnadifluidoagentesu
unasuperficieunitariaevienedettopressioneidrostatica,mentreiltermineρv2/2vienedettopressione
dinamica,esercitatadaunfluidoperilfattodiessereinmovimentoconvelocitàv.
Figura10.2Rappresentazioneschematicadell’equazionediBernoulli.
10.3L’idrostatica
IlprincipiodiStevino
Ivasicomunicanti
LaleggediArchimede
Dall’equazionediBernoulliderivanoalcuneleggi(notecomeprincipiodiStevinoeleggediArchimede)
che regolano i fluidi nel caso in cui la loro velocità sia nulla, pertinenti cioè a quella parte della
meccanica dei fluidi detta idrostatica, che studia il comportamento dei fluidi in quiete (si parla di
idrostatica perché la maggior parte degli esperimenti furono effettuati con l’acqua, ma le sue leggi si
applicano a tutti i fluidi). Sia il principio di Stevino sia la legge di Archimede furono ricavati
sperimentalmente prima che Bernoulli enunciasse la legge che porta il suo nome, ma sono ricavabili
entrambidall’equazionedell’idrodinamica.
Il principio di Stevino, enunciato dal matematico fiammingo S. Stevin (1548-1620), stabilisce che la
pressione in un fluido omogeneo contenuto in un recipiente, indipendentemente dalla forma del
recipiente,aumentaconlaprofonditàedipendedalladensitàdelfluidoedalladistanzaverticaledal
peloliberodelliquidodellasuperficieconsiderata;ciòèespressodallarelazione:
p=p0+ρgh
dovepèlapressioneaprofonditàhep0lapressionesullasuperficie.Questoprincipioimplicachela
pressioneesercitatadaunfluidoinunrecipientenondipendedallaquantitàdifluidocontenutonel
recipiente,masolodallasuaquota:lapressioneesercitatadalfluidosupiùrecipientichecontengono
quantitàdifluidodifferentiallamedesimaquotaèlastessa.
Daquestoprincipioderivaanchelaleggedeivasicomunicanti,contenitoridiformadiversacollegatitra
loro da un condotto orizzontale; introducendo un liquido omogeneo in un sistema di vasi comunicanti,
questisiriempionoallostessolivello,perchélapressioneesercitatadalfluidodipendesolodall’altezza,
chedeveesserelastessapertuttiicontenitoriaffinchéilsistemasiainequilibrio.
Uno dei principi fondamentali dell’idrostatica si deve al greco Archimede di Siracusa (287-212 a.C.),
che scoprì la relazione che regola il galleggiamento dei corpi immersi in un liquido (legge di
Archimede). Il fatto che alcuni corpi galleggino in un fluido suggerisce l’esistenza di una forza:
Archimedescoprìchetaleforza,direttaversol’alto,èproporzionalealpesodelfluidospostato(anche
questaleggepuòesserericavatadall’equazionediBernoullinelcasodifluidoinquiete).
Si consideri un corpo immerso in un fluido: la forza esercitata dal fluido sul corpo, supposto per
semplicitàdiformacubica,èdatadallapressioneesercitatadalfluidomoltiplicataperlasuperficiedi
contatto.Lesuperficisucuilapressionedelfluidoèattivasonoquellasuperioreequellainferioredel
corpo,poichélapressioneesercitatasullefaccelateraliènullainvirtùdelprincipiodiPascal,vistoche
quella esercitata su una di tali facce è annullata da quella esercitata sulla faccia opposta. La forza
esercitatadalfluidosullafacciasuperioreèdatada:
F1=Sp1
mentrequellaesercitatasullafacciainferioreèdatada:
F2=Sp2
doveSèlasuperficiedelcorpo.Poiché,perilprincipiodiStevino:
p2>p1
laforzarisultanteagisceversol’altoedèparia:
F=F2–F1=Sρgh
dove h = h2 – h1 è l’altezza del corpo; quindi Sh = V è il volume del corpo immerso e la legge di
Archimedesipuòscrivere:
F=ρVg
cherappresentalaspintacheilcorporicevedalbassoversol’altoecheèesattamenteparialpesodel
fluidospostato.
Figura10.3IlbarometrodiTorricelli:untubochiusoaun’estremitàvieneriempitodimercurioe,tenutotappatoall’altraestremità,
viene inserito in una vaschetta anch’essa contenente mercurio. La colonnina di mercurio scende fino a che la pressione del fluido
nonraggiungel’equilibrioconlapressioneatmosferica.
10.4Lapressioneatmosferica
L’atmosfera è l’involucro gassoso che circonda la Terra, trattenuto dalla forza di gravità, che agisce
graziealsuopeso.Ècostituitadaunamisceladigas,principalmenteazoto(circa78%)eossigeno(circa
21%), accanto ad alcuni gas minori, tra cui argo, vapor d’acqua e diossido di carbonio, o anidride
carbonica. L’atmosfera esercita una pressione su tutti i corpi che vi sono immersi, la pressione
atmosferica, dovuta alla pressione esercitata dal peso della colonna d’aria, dal livello del mare al
limiteesternodell’atmosfera.LaprimamisuradellapressioneatmosfericasidevealfisicoitalianoE.
Torricelli(1608-1647),cheinventòilbarometroamercurio.IlbarometrodiTorricelliècostituitoda
unavaschettacontenentemercurioedauntubo,anch’essocontenentemercurio,deldiametrodicirca1
cmelungocirca1m,chiusoaun’estremitàeinseritocapovoltoall’internodellavaschetta(v.fig.10.3).
All’internodeltubolacolonnadimercuriosiabbassafinoachenonvieneraggiuntol’equilibriotrala
suaforzapesoelapressioneatmosferica,chegravasullasuperficieliberadelmercuriocontenutonella
vaschetta:allivellodelmare,l’equilibriosiottienequandoilmercurioneltuboraggiungeundislivelloh
rispettoallasuperficiedellavaschettataleche:
h=76cm
Lapressioneatmosfericaimpediscealtubodisvuotarsicompletamentee,poichélapressioneesercitata
dal mercurio e quella esercitata dall’atmosfera sono in equilibrio, si può dire che al livello del mare
l’atmosferaesercitamediamenteunapressionepariaquellaesercitatadaunacolonninadimercurio
alta 76 cm. Il valore della pressione nell’unità del Sistema Internazionale (il pascal, Pa) può essere
calcolatodallarelazione:
p=ρgh
doveρ=13.590kg/m3èladensitàdelmercurio,ottenendosi:
p=101.325Pa
Questo valore corrisponde a una pressione atmosferica media definita normale, misurata al livello del
mare, a 45º di latitudine e a 0 ºC. Tali specificazioni sono molto importanti poiché la densità del
mercurio dipende dalla temperatura, l’accelerazione di gravità dipende dalla latitudine e la pressione
atmosfericadiminuisceconl’altezzadallivellodelmare(poichésalendodiquotadiminuiscelostratodi
atmosfera e quindi il suo peso). Accanto al pascal, sono in uso altre unità di misura della pressione
atmosferica (v. riquadro). La pressione atmosferica varia infine da luogo a luogo e a seconda delle
condizioni meteorologiche, come si può verificare ripetendo l’esperimento varie volte. Lo studio della
distribuzioneorizzontaledellapressioneatmosfericacostituiscelabasedellameteorologia,chesiserve
di carte geografiche sulle quali vengono tracciate le linee che congiungono i punti di uguale pressione
atmosferica (le isobare), perché dalla distribuzione della pressione è possibile ricavare il movimento
dellemassed’aria.
LEUNITÀDIMISURADELLAPRESSIONEATMOSFERICA
Poichéilvaloredellapressioneatmosfericamisuratoinpascalrisultaunnumerotroppogrande,sonostateintrodottedelleunitàdimisura
piùcomode.Perconvenzionesidefinisceatmosfera(simboloatm)lapressioneesercitataallivellodelmaredaunacolonnadimercurio
alta76cm(o760mm),ovvero:
1atm=101.325Pa
Un’altraunitàdimisuraèilbar:
1bar=105Pa
eilsuosottomultiplo,ilmillibar(mbar),usatoinmeteorologia:
1mbar=102Pa
èsostituitooggiconl’ettopascal(hPa),dove
1mbar=1hPa
Secondo quest’ultima unità di misura, accettata comunemente oggi dai fisici dell’atmosfera, la pressione atmosferica media al livello del
mareincondizionistandardvale1013,2hPa.
GLOSSARIO
Comprimibilità
Proprietàdeicorpididiminuiredivolumequandosonosottopostiacompressioniesterne.
EquazionediBernoulli
Esprimelaleggefondamentaledellafluidodinamicaerappresentalaleggediconservazionedell’energianelcasodiunfluidoperfetto.
Equazionedicontinuità
Rappresentalaleggediconservazionedellamassanelcasodiunfluidoperfetto.
Fluido
Sostanza allo stato liquido o gassoso, che non ha una forma propria ma assume quella del recipiente che la contiene. La meccanica dei
fluidisidivideinfluidodinamica,chestudialadinamicadeifluidi,eidrostatica,chenestudialecondizionidiequilibrio.
Fluidoperfetto
Sidicediunfluidoidealeperfettamenteincomprimibileenonviscoso,utilizzatocomemodellosemplificatodiunfluidorealeperricavare
equazionisemplicidelmoto.
LeggediArchimede
Stabiliscecheuncorpoimmersoinunfluidoriceveunaspintadalbassoversol’altoparialpesodelfluidospostato.
LeggediPascal
Stabiliscechelapressioneesercitatasuunasuperficiequalsiasidifluidositrasmetteconlastessaintensitàatuttalamassadelfluido.
Pressione
Grandezza fisica che esprime il rapporto tra l’intensità di una forza che si esercita perpendicolarmente a una superficie, misurata nel
SistemaInternazionaleinpascal(Pa),dove1Pa=1N/1m2.Lapressioneidrostaticaprodottadaunfluidoèperdefinizioneilpesodella
colonna di fluido che agisce su una superficie. Analogamente, la pressione atmosferica è il peso della colonna d’aria che agisce su una
superficieunitaria.
PrincipiodiStevino
Stabiliscechelapressioneinunfluidoomogeneocontenutoinunrecipienteaumentaconlaprofonditàedipendedalladensitàdelfluidoe
dalladistanzaverticaledalpeloliberodelliquidodellasuperficieconsiderata.
Tensionesuperficiale
Forzachesimanifestaincorrispondenzadellasuperficiediseparazionetradueliquidiimmiscibili,otraunliquidoel’aria,echefasìchelo
stratosuperficialedelliquidosicomporticomeunasottilepellicola.
Viscosità
Grandezza fisica che descrive l’attrito interno dei fluidi, ossia la sua resistenza interna alle deformazioni prodotte dal moto di uno strato
sull’altro.
TESTDIVERIFICA
1. Checos’èunfluido?
2. ComeèdefinitalapressioneecomesimisuranelSistemainternazionale?
3. Quanto vale la spinta di Archimede su una sfera di ferro di raggio 6 cm immersa in acqua, sapendo che la densità
dell’acquavale1kg/dm3 ?
4. Achecosaèdovutalapressioneatmosfericaedacosadipende?
CALOREETERMODINAMICA
11ILCALOREELATEMPERATURA
Latermologiaèilsettoredellafisicachestudiaifenomenilegatialcaloreeallasuapropagazionetracorpi.Caloreetemperatura
sonoconcettichevengonospessoconfusinell’usocomune,masonoinrealtàduegrandezzefisichebendistinte.Entrambisonolegati
almotodiagitazionetermicacheanimagliatomielemolecoledellamateria,intuttiisuoistatidiaggregazione,malatemperatura
di un corpo misura il grado di agitazione delle particelle che lo compongono, mentre il calore è una forma di energia, che ha la
tendenzaatrasferirsidaicorpiatemperaturamaggioreaquelliatemperaturaminore.
11.1Iconcettidicaloreeditemperatura
Latemperatura
Ilcaloreèunaformadienergia
Latrasmissionedelcalore
Il calore e la temperatura sono concetti familiari, che nell’uso comune vengono spesso utilizzati come
sinonimi, per indicare la sensazione di caldo e di freddo procurata da un corpo. La distinzione tra un
corpocaldoeuncorpofreddoèlegataallasensazionecheciprocurailcontattoconilcorpo,olasua
vicinanza,echiunqueèingradodidistinguerelediversesensazioniprocuratealcontattoconuncubetto
di ghiaccio o con un calorifero. Si tratta comunque di una sensazione e perciò di un concetto relativo.
Tuttavia, calore e temperatura sono due proprietà o grandezze fisiche ben definite, e come tali
misurabili,eincarnanodueconcettifisicidistinti,ancheseentrambisonoinstrettarelazioneconla
strutturaintimadellamateria.Lamateriaècostituitadiparticelleindivisibili,ounitàelementari:atomi
oaggregatidiatomidettimolecole;atomiemolecolesonolepiùpiccoleunitàcostitutivedellesostanze
(elementiecomposti),cheneconservanoleproprietà;nellesostanzequesteunitàsonotenuteinsiemeda
forze attrattive che sono intense nei solidi, deboli nei liquidi e ancora più deboli nei gas. Mentre nei
solidi le particelle costituenti possono solo oscillare intorno a posizioni fisse, nei liquidi e nei gas
acquistanounalibertàdimovimentoviaviamaggiore:sonocioèanimatedaunmotocaotico,dettomoto
diagitazionetermica(v.motodiagitazionetermica).
La temperatura di un corpo rappresenta l’indice del grado di agitazione delle sue particelle
costituenti ed è direttamente correlata alla velocità media, e quindi all’energia cinetica media, di
queste ultime. Avvicinando due corpi a temperatura diversa, una parte dell’energia cinetica posseduta
dalleparticelledelcorpoatemperaturamaggiore(aenergiacineticamediamaggiore)verràtrasferitaa
quelle del corpo a temperatura minore (a energia cinetica media minore), che acquisteranno maggiore
velocità media: ne consegue un aumento della temperatura del corpo più freddo e una diminuzione di
temperaturadelcorpopiùcaldo.Sipuòdirequindichetraiduecorpivièuntrasferimentodiunaforma
dienergiaequestaenergiatrasferitavienedettacalore,oenergiatermica.Ilcaloredunqueèunaforma
dienergia,chevienetrasferitadauncorpoaunaltrocondifferentetemperatura.Perquantodetto
sopra, il calore è associato all’energia cinetica posseduta dagli atomi e dalle molecole che
compongono una sostanza: in questo senso riscaldare una sostanza significa fornire energia alle sue
particelle.
Spessosiparlaimpropriamentedicalorepossedutodauncorpo,mainrealtàilcaloreèun’energiain
transito, che ha la tendenza a passare da un corpo a un altro. La natura del calore come forma di
energiafuchiaritanellasecondametàdel’700,mentreprecedentementesiritenevacheilcalorefosse
unaproprietàdellamateria,paragonabileallacaricaelettricaoallamassa(v.riquadroinbasso).
Latrasmissionedelcaloreavvienespontaneamentesolodauncorpoatemperaturamaggioreverso
un corpo a temperatura minore. L’energia termica di un sistema, anche in assenza di scambi con
l’esterno,puòvenirevariatainseguitoaprocessiqualilereazionichimiche,checomportanoscambidi
energiasottoformadicalore,dovutiavariazionicheintervengononeilegamichimicidellesostanzeche
costituisconoilsistema.
L’INTERPRETAZIONEDELLANATURADELCALORE
La natura del calore, nel corso del ‘600 e del ‘700, era un argomento di grande interesse per il mondo scientifico. Poiché il calore
influenzava in modo evidente le reazioni chimiche, le ricerche nel campo dei fenomeni termici erano svolte principalmente da chimici (a
queltempotuttaviafisicaechimicanoneranodisciplinecosìdistintecomelosonooggi).Apropositodellanaturadelcaloreesistevanodue
teoriecontrapposte.
Laprimateoria,inlineaconlamodernaconcezionedelcalore,pensavacheilcalorefosseprodottodalmovimentodelleparticelle(atomi)
nelle sostanze riscaldate ed era sostenuta da alcuni scienziati, tra cui Newton (sostenitori dell’atomismo). La seconda teoria, invece,
interpretava il calore come una sostanza, una materia sottile, o calorico, che entrava e usciva dai corpi, ed era sostenuta fra gli altri da
Cartesio.
L’elaborazione della teoria microscopica dell’origine del calore, che lo collegava al moto di agitazione delle particelle, diede ragione alla
primaconcezione.
LADILATAZIONETERMICA
Ilfenomenodelladilatazionetermicalineare,caratteristicodituttiicorpisolidi,consistenell’allungamentodiunasbarrettadelmaterialein
esamedovutoall’aumentodellatemperatura.Pertuttiisolidiladilatazionetermicaèespressadaunalegge,secondolaqualesel0 è la
lunghezzadellasbarrettaallatemperaturat=0ºC,lalunghezzalallagenericatemperaturatsaràdatadallarelazione:
l=l0(1+λt)
dove λ è detto coefficiente di dilatazione lineare. Su questa legge si basano i termometri a dilatazione dei metalli. Per avere un’idea
delladilatazionedeimateriali,sipensicheunasbarralunga1mdiunqualsiasimaterialesiallungadicirca1mmselasuatemperatura
aumentadi100ºC.
Piùingenerale,uncorposolidoounfluidocontenutoinunvolumeVsidilatanointutteledirezioni,secondounalegge,dettadidilatazione
volumica,cheinteressal’interovolumedelcorpo,analogaallaprecedente.SeV0èilvolumedelcorpoallatemperaturat=0ºC,ilvolume
Vallatemperaturagenericatseguelalegge:
V=V0(1+αt)
dove α è detto coefficiente di dilatazione cubica. Per i corpi solidi α = 3λ. Nel caso di un corpo come quello considerato
precedentemente,ovverounasbarra,ladilatazionevolumicasiritienetrascurabilerispettoaquellalineare,perchéledimensionidispessore
elarghezzasonotrascurabilirispettoallalunghezza.
I liquidi hanno coefficienti di dilatazione molto maggiori di quelli dei solidi (v. tab.). I gas a pressione costante (in questo caso occorre
aggiungerequestaprecisazione,poichéilvolumediungasdipendeanchedallapressioneacuièsottoposto,v.cap.13)sonosoggettialla
stessaleggedidilatazionedeglialtricorpi.
Coefficientididilatazionedialcunimateriali,solidieliquidi
coefficientididilatazionelineare
SOSTANZA
λ(K-1)
alluminio
23·10–6
ferro
12·10–6
piombo
29·10–6
vetro
9·10–6
coefficientididilatazionecubica
SOSTANZA
α(K-1)
etanolo
1,12·10–3
mercurio
0,18·10–3
glicerina
0,53·10–3
11.2Lamisuradellatemperatura
Definizione
Iltermometro
Latemperaturaèunagrandezzafisicachedefinisceilgradodiagitazionetermicadelleparticelle
costituentiicorpielasuamisuravieneeffettuatapermezzodistrumentidettitermometri.Itermomentri
sibasanosulfattochealcunegrandezzefisiche,comeperesempiolalunghezzadiunacolonninaliquida
odiunfilometallico(maanchealtrecaratteristichedeimateriali,legatiallorocomportamentoelettrico
odottico),varianoconlatemperatura:ciòrendepossibilestabilireunarelazionefralatemperaturaela
grandezza variabile (v. riquadro in alto). Dotando il termometro di una scala graduata, o scala
termometrica,direttamentedipendentedallavariazionedellalunghezzadelmateriale,sipuòeffettuare
laletturadelvaloredellatemperatura,senzaulterioricalcoli.
•Scaletermometriche
Una scala termometrica definisce l’unità di misura della temperatura; per determinare una scala
termometricaoccorrescegliereduepuntidiriferimento,unochefungadapuntodipartenzadellascala
(lo zero della scala) e uno che funga da punto di arrivo, e dividere poi l’intervallo tra i due punti di
riferimento in un numero definito di intervalli, in modo che a ciascuno corrisponda una misura della
temperatura.
La scala termometrica comunemente usata è la scala centigrada Celsius, elaborata nel 1742
dall’astronomo svedese A. Celsius (1701-1744). La scala Celsius ha come estremi la temperatura di
congelamento dell’acqua (alla quale si assegna il valore 0) e la temperatura di ebollizione dell’acqua
(allaqualesiassegnailvalore100):l’unitàdimisura,datadallacentesimapartedell’intervallotrale
due temperature, è il grado centigrado (o grado Celsius), indicato con ºC. Il punto di ebollizione
dell’acquacorrispondea100ºC,mentreilpuntodicongelamentoa0ºC;ivaloriditemperaturaaldi
sottodelpuntodicongelamentodell’acquasonodefiniticonunnumeronegativo.
Figura11.1RapportotralascalacentigradaCelsiuselascalakelvin.
L’unità di misura della temperatura nel Sistema Internazionale è il kelvin (simbolo K), basato su una
scaladitemperaturaideatanel1848dalordW.T.Kelvin(1824-1907),unfisicoinglesecuisidevono
moltissimescopertenelcampodellacalorimetria.LascalakelvinhacomeorigineilvaloreK=–273,15
ºC, valore detto zero assoluto perché rappresenta la temperatura più bassa ipotizzabile in via teorica
sullabasedelleleggideigas(v.par.Leleggideigas).Igradidellascalakelvincorrispondono(v.fig.
11.1)aigradiCelsius(cioè1K=1°C),inmodochelaconversionedaunascalaall’altra,utilizzandola
convenzionediindicarecontlatemperaturamisurataingradicentigradieconTlatemperaturamisurata
inkelvin,èdatada:
T(inK)=t(in°C)+273
percui,peresempio,0°Ccorrispondea273Ke20°Ccorrispondea293K.
Inambitoscientificolamisuradellatemperaturaègeneralmenteespressaingradikelvin.
•Tipiditermometro
Termometrialiquido
Termometriamassimaeaminimaemassima
Termometriavariazionedipressione
Termometribimetallici
Esistono vari tipi di termometri, a seconda della proprietà termometrica sfruttata e della sostanza
termometricautilizzata.
I termometri a liquido sono costituiti da un bulbo di vetro riempito di un liquido (mercurio, alcol,
toluene ecc.), che sbocca in un lungo vaso capillare dotato di una scala graduata. La dilatazione o la
diminuzione di volume del liquido (v. riquadro precedente), dipendenti dalla temperatura, lo fanno
risalire o scendere nel capillare, permettendo la lettura dei livelli sulla scala graduata. I termometri a
liquidoconsentonolamisurazioneditemperaturecompresetra–180ºCe650ºC,conunaprecisioneche
vadalmillesimodigradoneitermometridalaboratorioalmezzogradoneitermometriindustriali.
Nei termometri a liquido sono molto usati i termometri a massima, che registrano la temperatura
massimadelcorpodaanalizzare:nefannoparteitermometriamercurio,utilizzatipermisurarelafebbre,
nei quali una strozzatura nella cannula impedisce al mercurio di refluire. In meteorologia sono usati i
termometriaminimaemassima,ingeneretermometricombinatiamercurioealcol,cheregistranola
temperaturaminimaelamassimaraggiunteinuncertoperiododitempo.Latemperaturaminimaviene
registrata su una colonnina contenente alcol, munita di un’asticella che si muove con la colonnina di
liquido e viene trascinata verso i valori bassi della gradazione quando il liquido si contrae. Quando
l’alcol torna a espandersi, e quindi sale verso valori più alti della scala, l’asticella non lo segue e il
valore minimo della temperatura dell’aria rimane registrato dalla posizione dell’asticella. Il valore
massimoèregistratocomeneitermometriclinici.
I termometri a variazione di pressione misurano le variazioni di pressione di un gas (idrogeno, elio
ecc.)indottedavariazioniditemperatura.Ilgasècontenutoinunbulboatenuta,collegatomedianteun
capillare con un manometro, su cui è graduata la scala termometrica. I termometri a gas misurano
temperaturetra–270ºC(prossimeallozeroassoluto)e1700ºC,conunaprecisionedell’1%.
I termometri bimetallici sfruttano la dilatazione termica dei metalli: sono costituiti da due strisce
formate da due metalli con diversi coefficienti di dilatazione, saldati insieme a forma di spirale. La
diversadilatazionedeimetallialvariaredellatemperaturaprovocaunallungamentoounaccorciamento
del sistema, collegato a un indice rotante su una scala graduata. Termometri di questo tipo misurano
temperaturetra–50ºCe500ºC,conunaprecisionemassimadimezzogrado.
11.3Lamisuradelcalore
L’unitàdimisuradelcalore:iljoule
Lacaloria
Poichésitrattadiunaformadienergia,ilcalorevienemisuratonelSistemaInternazionaleinjoule
(J).Perlungotempo,però,èstatausatacomeunitàdimisuradelcalorelacaloria(simbolocal),definita
comelaquantitàdicalorenecessariaperportarelatemperaturadi1gdiacquadistillatada14,5ºCa
15,5ºC,apressionestandard(1atmo101,325Pa).Larelazionetracaloriaejouleèdatada:
1cal=4,1855J
Ancoraoggi,peresprimereilcontenutoenergeticodiunalimentovieneusatounmultiplodellacaloria,
lakilocaloria(1kcal=1000cal).
•Ilcalorespecifico
Definizionedicalorespecifico
Capacitàtermica
Quandosiforniscecaloreauncorpo,l’aumentoditemperaturacheneconseguedipendedallamassae
dallanaturadelcorpostesso,ovverodalmaterialedicuiècostituito.Sidefinisceaquestopropositoil
calorespecificodiunasostanza(esiindicaconc)laquantitàdicaloredafornireall’unitàdimassa
diquelladeterminatasostanzaperinnalzarelasuatemperaturadi1ºC.NelSistemaInternazionaleil
calorespecificosimisurainJ/kgK,maancheinquestocasoèancorainusol’unitàdimisurariferitaalla
caloria cal/g ºC (la scelta convenzionale della caloria fu fatta proprio per rendere il calore specifico
dell’acquaparia1cal/gºC).
Il calore specifico di una sostanza varia leggermente con la temperatura ed è caratteristico di ogni
sostanza(v.tab.11.1).Lasostanzachepossiedeilcalorespecificopiùelevatoèl’acqua(occorrecioè
una maggiore quantità di calore per innalzare di una unità la temperatura di una certa massa d’acqua,
piuttostocheperinnalzarelatemperaturadiunaugualemassadiun’altrasostanza).Ilcalorespecifico
deigasvariaasecondachevengamisuratomantenendonecostanteilvolumeoppurelapressione.
Ilprodottodelcalorespecificodiuncorpoedellasuamassaèdettocapacità termica del corpo e si
indicageneralmenteconC.
Tabella11.1Calorispecificidialcunesostanze
SOSTANZA
CALORESPECIFICO
(cal/g°C)
(J/kgK)
acqua
1,00
4186
alluminio
0,21
880
vetro
0,1-0,2
800
ferro
0,11
460
rame
0,09
387
La quantità di calore Q necessaria per provocare una variazione ΔT nella temperatura di una massa
qualsiasimdiunasostanza,dipendedunquedallamassaedalcalorespecificoc,secondolarelazione:
Q=mcΔT
LavariazionedellatemperaturaΔTpuòesseremisurataindifferentementeingradicentigradioinkelvin,
poichéiduesiequivalgono,mageneralmenteinfisicasiusalanotazioneriferitaalkelvin(einquesto
casolatemperaturavieneespressadallaTmaiuscola).
•Ilcalorimetro
Struttura
Funzionamento
Lostrumentopermisurarelequantitàdicaloreceduteoassorbitedauncorpoodaunasostanza,
nonchéleproprietàtermichedellasostanza(come,peresempio,ilcalorespecifico)èilcalorimetro.
Il calorimetro è costituito da un recipiente isolato termicamente, che contiene una massa nota di acqua
della quale si conosce la temperatura. Si basa sul principio della conservazione dell’energia, che in
questo caso significa che tutto il calore assorbito o ceduto dall’acqua contenuta nello strumento resta
all’interno dello strumento stesso e di conseguenza viene utilizzata per innalzare la sua temperatura.
Medianteuntermometroinseritonelcalorimetrosimisuranolevariazioniditemperatura,legatealcalore
assorbitoocedutoattraversolarelazioneQ=mcΔT.
Ilcalorimetrovieneusato,inparticolare,permisurareilcaloreprodottoduranteunacombustione(v.fig.
11.2), una reazione chimica di ossidazione di una sostanza (il combustibile) con un’altra sostanza (il
comburente) che sviluppa grandi quantità di calore. In questo caso la reazione viene innescata con una
resistenzaelettricaall’internodiunacameradireazioneimmersainunamassamdiacquadivalorenoto.
Il calore che si sviluppa nella reazione si trasferisce all’acqua e ne innalza la temperatura, la cui
variazione viene misurata con un termometro. Nel calorimetro viene generalmente inserito anche un
agitatore,ilcuiscopoèquellodiuniformarelatemperaturadellamassad’acqua.
Figura11.2Calorimetroperlamisuradeicaloridicombustione.
11.4Lapropagazionedelcalore
Modidipropagazionedelcalore
La trasmissione del calore tra due corpi avviene, come si è visto, spontaneamente da un corpo a
temperaturamaggioreauncorpoatemperaturaminoreeilprocessocontinuafinoacheiduecorpinon
hannoraggiuntolastessatemperatura.Questostatoèdettostatodiequilibriotermico.Asecondadelle
caratteristiche dei corpi coinvolti, la propagazione del calore può avvenire secondo tre meccanismi
differenti:laconduzione,laconvezioneel’irraggiamento.
•Laconduzione
Ilmeccanismodellaconduzione
Conducibilitàtermica
Conduttorieisolantitermici
Gradientetermico
Iltrasferimentodicaloreperconduzionehaluogotraduecorpiacontatto,otrapartidiunostesso
corpo,chesitrovanoatemperaturedifferenti.Inquestocaso,nellazonadicontattotraiduecorpi,le
particelle del corpo a temperatura maggiore, che possiedono un’energia cinetica più elevata, urtandosi
con le particelle del corpo a temperatura minore, che possiedono un’energia cinetica più bassa,
trasferisconolorounapartedellaloroenergiacinetica.Nellaconduzioneilcaloresipropagaattraverso
gli urti tra le particelle. La conseguenza è un aumento della temperatura del corpo più freddo e una
diminuzionedellatemperaturadelcorpopiùcaldo.Riscaldandoperconduzionel’estremitàdiunasbarra
metallica,peresempio,ilcaloresipropagaall’internodellasbarraperurtifraleparticelledelmetallo,
riscaldandogradatamenteanchel’altraestremità.Laconduzioneèilsolometododipropagazionedel
caloredeicorpisolidi(mentreneiliquidièaccompaganataanchedaunaltroprocesso,laconvezione).
La capacità di trasferire calore per conduzione, ovvero la quantità di calore trasmesso nel processo,
dipende strettamente dalla natura del materiale, attraverso una grandezza, la conducibilità termica,
caratteristica del materiale stesso. Le sostanze che hanno un’elevata conducibilità termica sono buoni
conduttoridicalore,mentrequellepercuilaconducibilitàèbassasonodetteisolantitermici.Ingenere
imetallisonobuoniconduttoridicaloreelaragionemicroscopicaèlegataallalorostrutturainterna:nei
metalliunapartedeglielettronipresentinegliatomièliberadimuoversiattraversoilmetalloequesti
elettroni,chesonoresponsabilianchedell’elevataconducibilitàelettricadiquestimateriali(v.cap.15)
sonoancheiresponsabilidellaconduzionedelcalore.Illegno,ilvetro,l’ariaealcunimaterialiplastici
particolarmenteporosi(come,peresempio,ilpolistirolo)sonoinveceisolantitermicievengonoinfatti
impiegatiperisolareleabitazionidaeventualifughedicaloreversol’esterno.Latabella11.2riportala
conducibilitàtermicadialcunimateriali.
La quantità di calore trasmesso per conduzione per unità di tempo tra due punti è direttamente
proporzionaleallasuperficiesucuicuiavvieneloscambiotermicoealladifferenzaditemperaturatrai
duepunti(ilgradientetermico).Lacostantediproporzionalitàèilcoefficientediconducibilitàtermica,
chedipendedallanaturadelcorpo.
Tabella11.2Coefficientediconducibilitàtermicadialcunesostanze
SOSTANZA
CONDUCIBILITÀTERMICA(W/m°C)
argento
460
rame
380
alluminio
200
ferro
67
legno
0,2
vetro
0,6
acqua
0,4
ariasecca
0,025
•Laconvezione
Correnticonvettive
La convezione è il processo di trasferimento di calore tipico dei fluidi. I fluidi hanno una capacità
termicamoltobassaeilprocessodiconduzioneèdiconseguenzamoltolento.Laconvezioneinunfluido
è legata al trasporto di materia: quando si riscalda un fluido, la sezione che viene riscaldata per
conduzione (per esempio attraverso il contatto con una parete a temperatura maggiore di quella del
fluido)sispostaall’internodelfluido,trasportandoenergiatermica.Sicreanocosìall’internodelfluido
delle correnti convettive, in modo che le molecole di fluido più ricche di agitazione termica si
trasferiscono in un’altra parte del fluido stesso, trasportando il calore all’interno della massa del
fluidostesso.Riscaldandounapentolad’acquasuunfornello,peresempio,lapartediacquaacontatto
conlasuperficieinferioredellapentolasiriscaldaprima,vienesospintaversol’altoacausadellasua
minore densità (dovuta alla maggiore temperatura), mentre l’acqua più fredda viene sospinta verso il
basso: le correnti che si creano trasportano il calore da un punto all’altro della massa d’acqua,
riscaldandoinbrevetuttoilfluido.
•L’irraggiamento
L’irraggiamentoèilmeccanismodipropagazionedelcalorenelvuoto
Leondeelettromagnetichesitrasformanoincalore
Nei processi di conduzione e di convezione del calore è necessaria la presenza di materia: nel primo
casoduecorpidevonoessereacontatto,nelsecondocasoviètrasferimentodimateriadiunfluido.Ma
il calore si può propagare anche nel vuoto, senza contatto o senza trasferimento di materia.
L’irraggiamentoèilmeccanismodipropagazionedelcalorenelvuotoedèilmodoincuilaTerra
riceve calore dal Sole. Lo spazio interplanetario si può considerare prevalentemente vuoto, poiché la
densità di materia al suo interno è molto bassa. Eppure la Terra è riscaldata dal Sole (v. riquadro in
basso). I corpi caldi, come il Sole, la cui superficie è a circa 6000 K, emettono radiazione
elettromagnetica(v.riquadroL’effettoserra),costituitadaondegeneratedacampielettriciemagnetici,
che si propagano nello spazio vuoto alla velocità della luce (circa 300.000 km/s). La radiazione
elettromagneticatrasportaenergia(energiaelettromagnetica),chequandoinvesteuncorpositrasferisce
allesueparticelle,provocandoneunaumentodell’energiacinetica.L’irraggiamentoèiltrasferimento
dicaloredovutoall’assorbimentodiradiazioneelettromagnetica.Inquestocasononviètrasporto
di calore, ma di un’altra forma di energia, che si trasforma in calore a causa dell’assorbimento di
ondeelettromagnetiche.Laquantitàdienergiaelettromagneticaemessadauncorpodipendedallasua
temperatura e la quantità di energia assorbita dal corpo colpito dalla radiazione dipende dalla natura
dellasuperficie.Unasuperficiechiarariflettemaggiormentelaradiazioneelettromagneticadiquantola
assorbe,mentreunasuperficiescuraassorbepiùradiazionediquantaneriflette.Unadistesadighiaccio
odineveriflettemaggiormentelaradiazionesolare,mentreunadistesaerbosaneassorbepiùdiquanta
neriflette.Ilrapportotraradiazioneriflessaeradiazionetotaleincidentesullasuperficiediunpianetaè
detto albedo: l’albedo terrestre varia considerevolmente a seconda del tipo di superficie e della
coperturanuvolosaehaunvaloremediodi0,35.
ILSOLESCALDALATERRA
Il riscaldamento della Terra da parte del Sole è dovuto a una mescolanza dei tre processi di trasferimento del calore descritti: il Sole
riscalda la superficie terrestre per irraggiamento; gli strati d’aria a contatto con la superficie vengono riscaldati per conduzione e
trasmettonoillorocaloreaglistratid’ariasoprastantiperconvezione,attraversocorrenticonvettive.SullaTerrailcalorevienetrasferito
anche orizzontalmente, a causa del diverso riscaldamento da parte del Sole della superficie terrestre, che dipende dalla latitudine. La
quantità di radiazione elettromagnetica proveniente dal Sole che colpisce la superficie della Terra è infatti maggiore a latitudini minori
(vicino all’equatore) perché i raggi solari devono attraversare una porzione minore di atmosfera, in quanto giungono pressoché
perpendicolariintuttelestagioniehannodiconseguenzamenoprobabilitàdivenireassorbitidalleparticellechecompongonol’atmosfera.
A latitudini maggiori, dove i raggi arrivano obliqui sulla superficie terrestre, il riscaldamento della superficie è minore. La differenza di
temperatura che si crea fra gli strati d’aria equatoriali rispetto a quelli polari è la causa delle correnti che rappresentano la circolazione
atmosferica,nellequalisihatrasportodiariaperconvezionealloscopodiristabilirel’equilibriotermico.
GLOSSARIO
Agitazionetermica
Movimentodisordinatoalqualesonosottoposteleparticelle(atomiemolecole)diunasostanza,solida,liquidaogassosa.
Calore
Particolare forma di energia la cui attitudine è quella di passare da un corpo a un altro di differente temperatura. Nel Sistema
Internazionaleilcaloresimisurainjoule(simboloJ),sebbenesiaancorainusol’unitàdimisuradellacaloria,dove1cal=4,1855J,che
rappresentalaquantitàdicalorenecessariaperportare1gdiacquadallatemperaturadi14,5ºCallatemperaturadi15,5ºC.
Calorespecifico
Quantitàdicalorecheoccorrefornireall’unitàdimassadiunasostanzaperinnalzarediun’unitàlasuatemperatura.
Calorimetro
Strumentopermisurarelaquantitàdicalorecedutaoassorbitadaunasostanza.
Conduzione
Processo di trasferimento di calore (tipico dei corpi solidi) tra due corpi a contatto, o tra due parti di un medesimo corpo, basato sul
trasferimentodienergiacineticadalleparticelledelcorpoatemperaturamaggioreaquelledelcorpoatemperaturaminore.
Convezione
Processo di trasferimento del calore caratteristico dei fluidi, che implica il trasferimento di materia tra parti diverse del fluido tramite
correnticonvettive.
Irraggiamento
Forma di trasferimento di energia, che si traduce in calore, che non richiede un mezzo materiale, ovvero può avvenire nel vuoto, basato
sull’assorbimentodiradiazioneelettromagnetica.
Temperatura
Indice del grado di agitazione delle particelle di un corpo, che ne descrive l’attitudine a cedere o a ricevere calore. La temperatura si
misuranelSistemaInternazionaleinkelvin(simboloK).Laprimaunitàdimisuradellatemperaturainternazionalmenteusatafuilgrado
centigrado(simboloºC),basatosulladivisionecentesimalediunascalailcuizerocorrispondealpuntodicongelamentodell’acquaeilcui
valore100corrispondealpuntodiebollizionedell’acqua.
Termometro
Strumento per misurare la temperatura di un corpo o di un ambiente, basato sulla dipendenza di alcune grandezze fisiche delle sostanze
(lunghezza,volumeecc.)avariareconlatemperatura.
TESTDIVERIFICA
1. Qualèladifferenzatracaloreetemperatura?
2. Quantovalgono20ºCinkelvin?Aquantocorrispondono320Kingradicentigradi?
3. Seunpezzodiferroda0,5kgvienescaldatodi10K,sapendocheilsuocalorespecificovale45J/kgK,quantovaleil
caloreassorbitodall’oggetto?
4. Qualeprocessoditrasferimentodelcaloreavvieneanchenelvuoto?
12ICAMBIAMENTIDISTATO
Lamateria,nellenormalicondizioniambientali,puòpresentarsiintredifferentistatifisici,ostatidiaggregazione:lostatosolido,lo
stato liquido e lo stato aeriforme (distinto in stato gassoso e stato di vapore). Sottoponendo una sostanza a una variazione di
temperaturae/odipressione,èpossibileoperarneilpassaggiodaunostatodiaggregazioneaunaltro,cioèuncambiamentodistato
di aggregazione. Ogni cambiamento di stato avviene, a parità di pressione, a una temperatura determinata, caratteristica di ogni
sostanza, e che si mantiene costante durante l’intero processo. In tutti i cambiamenti di stato la sostanza interessata scambia con
l’ambienteenergiasottoformadicalore;talecalorevienecedutodall’ambienteallasostanzaodallasostanzaall’ambientee,perla
legge di conservazione dell’energia, è pari rispettivamente al calore ceduto dalla sostanza all’ambiente o a quello ceduto
dall’ambienteallasostanzanelcambiamentodistatoinverso.Ilcalorescambiatofraunasostanzael’ambiente,riferitoall’unitàdi
massadellasostanza,èdettocalorelatente.
12.1Statidiaggregazionedellamateriaecambiamentidistato
Lamateriapuòpassaredaunostatodiaggregazioneaunaltro
Asecondadell’intensitàtraleforzedicoesionetralemolecole,lamateriapuòpresentarsiinunodeitre
stati di aggregazione (o fasi): quello solido, quello liquido e quello aeriforme. Le sostanze nello stato
solido sono caratterizzate da un volume e da una forma definiti; quelle nello stato liquido sono
caratterizzate da un volume proprio, ma non da una forma propria; le sostanze nello stato aeriforme,
infine, non possiedono né forma né volume propri e assumono quelli del contenitore. Liquidi e gas
vengononelloroinsiemeclassificaticomefluidi.Perchésiverifichiuncambiamento di stato, cioè il
passaggio di una sostanza da uno stato di aggregazione a un altro occorre modificare l’intensità delle
forzedicoesionetralemolecoledellesostanze,variandolaloroenergiacinetica.
•Glistatidiaggregazione
Isolidi,cristallinieamorfi
Lostatoliquido
Lesostanzeaeriformi:gasevapori
La maggior parte delle sostanze esistenti in natura sono, a temperatura ordinaria, allo stato solido e in
prevalenza le loro particelle costituenti (atomi o molecole) sono disposte nello spazio con precisa
regolarità geometrica: sono, in altre parole, solidi cristallini. Esempi di solidi cristallini sono il
diamante,lozuccheroeilghiaccio.Unaminoranzadisostanzepresentaunastrutturadisordinata:queste
sostanzesonodettesolidiamorfi,ofalsisolidi,inquantolalorostrutturaèanalogaaquelladeiliquidi,
tantochepotrebberoessereconsideratideiliquidiadaltaviscosità(v.cap.10).Unesempiodisolido
amorfoèilvetro.Uncorposolidopuòdiventareliquidoquandoleforzedicoesionetraleparticelleche
locompongonovengonoindebolitefinoaromperelastrutturaregolarechelelegainsieme.
Lesostanzenellostatoliquidosonocaratterizzatedaforzedicoesionetraleparticellepiùdeboli
rispetto allo stato solido: le particelle non sono fisse in posizioni regolari, ma possiedono sufficiente
energiacineticaperchépossanomuoversiconunacertalibertà,scorrendoleunesullealtre.
Nelle sostanze nello stato aeriforme, infine, l’energia cinetica delle particelle (v. cap. 13) prevale
sulle forze di reciproca attrazione e di conseguenza queste tendono a occupare tutto lo spazio
disponibile;perquestomotivogliaeriforminonpossiedonoformanévolumepropri.Lesostanzenello
stato aeriforme sono distinte in gas e vapori. Si dicono vapori quegli aeriformi che, a temperatura
ambiente, si trovano allo stato liquido, mentre si dicono gas quegli aeriformi che si trovano
normalmenteallostatoaeriforme.Unvapore(peresempio,ilvapord’acqua)puòessereportatoallo
stato liquido per semplice compressione, senza variarne la temperatura, mentre un gas (per esempio,
l’idrogeno) può essere portato allo stato liquido per compressione solo se la sua temperatura viene
abbassata al di sotto di un determinato valore, detto temperatura critica (v. temperatura critica), che in
certicasièestremamentebassa.
•Icambiamentidistato
Icambiamentidistatoavvengonoatemperaturedeterminate
Ilcalorelatente
Alvariaredellatemperaturaedellapressione,ognitipodimateria,cioèognisostanza,può passare
da uno stato di aggregazione a un altro, cioè subire un cambiamento di stato. Un cambiamento di
stato è sempre accompagnato da uno scambio di calore fra la sostanza interessata e l’ambiente
circostante. In generale, fornendo calore a una sostanza si favorisce il passaggio da uno stato in cui le
particellesonoassociatenelmodopiùcompatto(lostatosolido)astatiincuisonoassociateinformavia
viamenocompatta(glistatiliquidoegassoso).Sottraendocaloreavvieneilcambiamentoinverso.
Per quanto riguarda la pressione, essa agisce in maniera inversa alla temperatura: un aumento della
pressione favorisce i passaggi dallo stato gassoso allo stato liquido o dallo stato liquido allo stato
solido,mentreunasuadiminuzionefavorisceipassaggiinversi.
Tuttiicambiamentidistatoavvengonoatemperaturebendeterminate,ilcuivaloredipendedalla
pressione alla quale si opera (in genere si fa riferimento alla pressione atmosferica normale, pari a
1013,2hPa).Finchétuttalamassadellasostanzacoinvoltanelcambiamentodistatononsiètrasformata
(per esempio, da solido a liquido o da liquido a gas), la sua temperatura si mantiene costante. Per
esempio, quando l’acqua bolle e passa dallo stato liquido allo stato di vapore (v. par. La
vaporizzazione), nonostante si continui a fornirle energia come calore la sua temperatura non varia.
Questaquantitàdicalore,chevienefornitoatemperaturacostante,vieneimmagazzinatanelvaporechesi
forma, che a sua volta lo restituirà all’ambiente circostante all’atto della trasformazione inversa, cioè
della sua condensazione da vapore a liquido. Questo calore riferito all’unità di massa viene detto
calore latente e, a seconda del passaggio di stato interessato, si parla di calore latente di fusione,
calore latente di evaporazione, calore latente di ebollizione ecc. Ogni passaggio di stato è
accompagnato quindi da assorbimento o liberazione di calore. Quando, per esempio, avviene la
fusione di un solido e l’evaporazione di un liquido, occorre fornire calore dall’esterno, mentre nella
condensazionediunvaporeenellasolidificazionediunliquidovienecedutocaloreversol’esterno.
Laquantitàdicalorenecessaria,peresempio,perfondereunamassamdiunsolidoèdatada:
Q=mcf
dovecfèilcalorelatentedifusione(l’unitàdimisuradelcalorelatente,nelSistemaInternazionale,èil
J/kg).Nellatabella12.1sonoelencatelevariemodalitàdipassaggiodistato.
Tabella12.1Ivaritipidipassaggidistato
DENOMINAZIONE DEFINIZIONEEDESEMPI
fusione
passaggiodallostatosolidoallostatoliquido(fusionedelghiaccioodiunmetallo)
solidificazione
passaggiodallostatoliquidoallostatosolido(congelamentodell’acquaosolidificazionediunmetallo)
evaporazione*
passaggiodallostatoliquidoallostatoaeriformedivaporecheavvieneinunmodolentoetranquilloe
interessasololasuperficiedelliquido(evaporazionedell’acquadapanniumidi,dell’alcolacontattocon
lemani)
ebollizione*
passaggiodallostatoliquidoallostatoaeriformedivaporecheavvieneinmodotumultuosoeinteressa
tuttalamassaliquida(ebollizionedell’acqua)
condensazione
passaggiodallostatoaeriformedivaporeallostatoliquido(formazionedirugiadaedipioggia)
liquefazione
passaggiodallostatoaeriformedigasallostatoliquido(liquefazionedell’idrogeno)
passaggio diretto dallo stato solido allo stato aeriforme di vapore e viceversa (sublimazione della
naftalina)
*collettivamentedenominativaporizzazione
sublimazione
12.2Lafusioneelasolidificazione
Lafusione
Calorelatentedifusione
Temperatura(opunto)difusione
Influenzadellapressione
Lasolidificazione
Influenzadellapressione
Lafusioneèilpassaggiodiunasostanzadallostatosolidoallostatoliquido.Pertrasformareunsolido
in liquido è necessario fornire calore alla sostanza, mantenendo costante la sua pressione; quando il
solido raggiunge una determinata temperatura, ha inizio il processo di fusione. Per trasformare l’intera
massadisolidoinliquidoènecessariocontinuareafornirecalore,ancheselatemperaturadellasostanza
rimanecostante.Ilcalorefornito,dunque,noncontribuisceadaumentarelatemperaturadelsistema,ma
vieneutilizzatoperridurreleforzedicoesionetraleparticelledellasostanza,trasformandolainliquido.
Talequantitàdicalore,dettacalorelatentedifusione,èquellacheoccorrefornireall’unitàdimassadi
unsolidopertrasformarlocompletamenteinliquido.Latemperaturaallaqualehainizioilprocessodi
fusioneèdettatemperaturadifusione(opuntodifusione)evariadasostanzaasostanza,apressione
costante(v.tab.12.2).Perl’acqua,allapressioneatmosfericanormale,latemperaturadifusioneèdi0
°C(o273K)eilcalorelatentedifusionevalecirca334•103J/kg(questosignificacheperfondereun
bloccodighiaccioda1kga0°Coccorrefornirgliunaquantitàdicaloreparia334.000J/kg).
Nel passaggio da solido a liquido di norma le sostanze si dilatano, cioè aumentano di volume: un
innalzamento di pressione ostacola quindi il processo di fusione. L’acqua fa eccezione a questa
regola: infatti, il ghiaccio fondendo diminuisce di volume e un aumento della pressione esterna,
favorendonelacontrazione,neaccelerailprocessodifusione,cheavvienequindiatemperatureinferiori
alpuntodifusionedelghiaccio.Questofenomenoèfacilmenteverificabileattraversounesperimento:se
si prende un blocco di ghiaccio e si preme sulla sua superficie con un fìlo metallico, la pressione
esercitatadalfilo,superioreaquellaatmosferica,fafondereilghiaccioatemperatureinferioria0°C.Il
filoperòapparepassareattraversoilghiaccio,perchél’acquachesiformadallafusione,trovandosia
temperature inferiori a quella di fusione, e nuovamente sottoposta solo alla pressione atmosferica, si
ritrasformarapidamenteinghiaccio,ricostruendoilbloccooriginario.
Per la legge di conservazione dell’energia, il calore latente di fusione viene restituito all’ambiente
circostante(dall’unitàdimassadellasostanza)duranteilprocessoinversoallafusione,cioèilpassaggio
dallostatoliquidoallostatosolido,osolidificazione.Persolidificareunliquidooccorreabbassarela
suatemperaturafinoallatemperaturadisolidificazione(opuntodisolidificazione),checoincideconla
temperaturadifusionedellasostanza,allamedesimapressione.Ancheinquestocasolatemperatura
restacostantedurantetuttoilprocesso(finoaquandotuttoilliquidosiètrasformatoinsolido).Peruna
datasostanza,ilcalorelatentedifusioneeilcalorelatentedisolidificazionedunquecoincidonosempre,
come anche la temperatura di fusione e la temperatura di solidificazione (purché la pressione rimanga
costante). Variando la pressione esercitata sul liquido, varia il punto di solidificazione. L’acqua,
sottoposta a pressioni superiori a quella atmosferica, ghiaccia a temperature inferiori a quella di
solidificazione:perquestomotivounagrandemassad’acqua,comeperesempiounlago,ghiacciasoloin
superficie ma resta liquida in profondità, anche a temperature inferiori a zero, perché la pressione
esercitata sul fondo del lago è data dalla pressione atmosferica esterna più la pressione esercitata dal
liquidosovrastante.
Tabella 12.2 Temperature di fusione di alcune sostanze e calori latenti di fusione a pressione
normale
SOSTANZA
TEMPERATURADIFUSIONE
°C
K
(·106J/kg)
elio
–269,7
3,5
0,005
idrogeno
–259,3
13,9
0,059
ossigeno
–218,8
54,4
0,014
alcoletilico
–114,0
159,2
0,105
mercurio
–39,0
234,2
0,012
0
273,15
0,334
piombo
327,3
600,5
0,025
argento
960,8
1234
0,105
acqua
CALORELATENTE
12.3Lavaporizzazione
L’evaporazione
Equilibrioliquido-vapore
Tensionedivapore
Volatilità
L’ebollizione
Temperaturadiebollizione
Influenzadellapressione
Lavaporizzazioneèilpassaggiodallostatoliquidoallostatoaeriformeepuòavveniresecondodue
modalitàdistinte,l’evaporazioneel’ebollizione.
L’evaporazioneèilpassaggiodaliquidoavaporecheavvieneinmodolentoeregolareeinteressa
soltanto gli strati superficiali del liquido. Le particelle superficiali del liquido, meno legate di quelle
interne, possono abbandonare il liquido e trasformarsi in vapore. L’evaporazione avviene a tutte le
temperature, ma con diverse intensità: un aumento della temperatura infatti aumenta l’energia cinetica
delle molecole del liquido e di conseguenza aumenta l’evaporazione. La quantità di particelle che
evaporano dipende inoltre dalla superficie libera del liquido: più estesa è la superficie, maggiore è la
probabilitàcheavvengal’evaporazione.Sel’evaporazioneavvieneinambientechiuso,siraggiungeuna
condizionediequilibriotrailliquidoeilvaporetalepercuiilnumerodelleparticellediliquidochesi
trasformanoinvaporesimantieneneltempougualealnumerodiparticelledivaporechesitrasformano
inliquido.Inquestecondizionisidicecheilvaporeèsaturoelapressioneallaqualesihaequilibrioè
detta tensione di vapore (o pressione di vapore saturo). La tensione di vapore è diversa per ogni
liquidoeaumentaconlatemperatura(v.fig.12.1),maèdeltuttoindipendentedallamassadelliquido.
Latensionedivaporediunasostanzamisuralasuavolatilità,ovverolasuacapacitàaevaporare,a
unadatatemperatura:l’alcol,peresempio,èpiùvolatiledell’acquaatemperaturaambiente.
Sidefiniscecalorelatentedievaporazionelaquantitàdicalorenecessariaafarevaporareunamassa
unitariadiliquido.Quandounliquidoevapora,sottraeall’ambienteunaquantitàdicaloreparialcalore
latente di evaporazione (tale calore verrà restituito durante il processo inverso). Questo spiega, per
esempio,lasensazionedifreddochesiprovaquandoilsudoreevaporasullanostrapelle.
Figura12.1Variazionedellatensionedivaporeditreliquidiinfunzionedellatemperatura.Letemperaturecorrispondentiallelinee
verticalisonoquellediebollizionedelletresostanze.
L’ebollizione è il passaggio da liquido ad aeriforme (gas o vapore) che avviene in modo veloce e
tumultuosoeinteressal’interamassadelliquido.Intuttiiliquidisonopresentibollicinegassose,nelle
quali sono intrappolate molecole del liquido allo stato di gas o vapore. Quando la temperatura del
liquidoaumenta,lebollicinesidilatanoe,quandolalorotensionedivaporecoincideconlapressione
esterna, si ha il fenomeno dell’ebollizione, nel quale le bollicine risalgono in superficie e liberano il
vapore, o il gas, contenuto. L’ebollizione di un liquido, a una data pressione esterna, avviene a una
determinata temperatura, detta temperatura di ebollizione (o punto di ebollizione), che resta costante
durantetuttoilprocessodiebollizione.Sidicecheilliquidobolleaquelladeterminatatemperatura.La
temperatura di ebollizione corrisponde alla temperatura alla quale la tensione di vapore del liquido
uguaglialapressionepresentesullasuperficiedelliquidostesso.Latemperaturadiebollizionevaria
con la pressione: aumenta all’aumentare della pressione esterna e diminuisce al diminuire della
pressioneesterna.Sediminuiscelapressioneesterna,diminuiscelapressioneallaqualepuòavvenire
l’ebollizione, e di conseguenza quest’ultima può avvenire a temperatura più bassa, e viceversa
all’aumentaredellapressioneesterna.Latemperaturadiebollizionedell’acqua,peresempio,apressione
atmosferica normale (101,32 kPa), è di 100 °C; a pressioni pari a metà della pressione atmosferica
normale(circa50kPa),condizionechesiverificaperesempioacirca5500mdiquota,l’acquabollea
86°C.Aumentandolapressioneesterna,l’acquabolleatemperaturesuperioria100°C,comeavviene
per esempio nella pentola a pressione. La quantità di calore necessaria a provocare la completa
ebollizionediunamassaunitariadiliquidoèdettacalorelatentediebollizione.Nellatabella12.3sono
indicati i valori delle temperature di ebollizione di alcuni liquidi a pressione normale e dei rispettivi
calorilatenti.
Tabella12.3Temperaturediebollizioneecalorilatentidialcunesostanzeapressionenormale
SOSTANZA
TEMPERATURADIEBOLLIZIONE
CALORELATENTE
°C
K
(·106J/kg)
elio
–268,9
4,22
0,021
idrogeno
–252,9
20,3
0,452
ossigeno
–182,9
90,2
0,213
alcoletilico
78
351
0,854
acqua
100
373,15
2,253
mercurio
357
630,2
0,272
piombo
1750
2023,2
0,871
argento
2193
2466,2
2,336
12.4Laliquefazioneelacondensazione
Ungasliquefa,unvaporecondensa
Influenzadellapressione
Temperaturacritica
Il passaggio di stato da aerifome a liquido viene detto liquefazione quando si tratta di un gas e
condensazione quando si tratta di un vapore. Liquefazione e condensazione possono avvenire per
abbassamento della temperatura della sostanza aeriforme, a pressione costante, o per compressione, a
temperaturacostante.
Se si diminuisce la temperatura di un aeriforme, sottraendo calore alla sostanza, si raggiunge una
temperatura (pari alla temperatura di ebollizione della medesima sostanza allo stato liquido),
caratteristica di ogni aeriforme, alla quale ha inizio il processo di liquefazione o di condensazione.
Durante tutto il processo, ovvero fino a che tutto l’aeriforme non si è trasformato in liquido, la
temperaturarimanecostante.Ilcalorecedutoall’ambientedurantelaliquefazioneolacondensazione(da
unamassaunitariadisostanza)èdettocalorelatentediliquefazioneodicondensazione,edèparial
calorelatentedivaporizzazione(immagazzinatonellasostanzanelprocessodivaporizzazione).
Lapressioneinfluenzailprocessodicondensazione:sièvistoche,quandoinunrecipienteapertola
tensione di vapore del liquido in esso contenuto eguaglia la pressione atmosferica, il liquido bolle.
Analogamente,seunvaporenonsaturoaunadatatemperaturavieneportatoaunatemperaturaallaquale
la tensione di vapore coincide con la pressione del vapore non saturo alla temperatura precedente, il
vapore condensa. In generale, il vapore condensa più facilmente su superfici fredde, come accade per
esempioalvapord’acquaininvernosuivetridellefinestrediunambienteriscaldato,lacuisuperficieè
acontattoconl’esterno,osuunbicchierechecontieneghiaccioinungiornocaldoeumido(v.riquadro
allapaginaseguente).Lacondensazionediunvaporesipuòottenereanchecomprimendolofinoachela
suapressionenonraggiungalatensionedivaporeaquelladatatemperatura.
Ladistinzionetragasevaporièdataperòdalfattocheperogniaeriformeesisteunatemperatura,detta
temperaturacritica,aldisopradellaqualelasostanzanonpuòessereliquefattanécondensata,siache
sitrattidiungassiachesitrattidiunvapore,nemmenosesottopostaafortissimepressioni.Nelcasodei
vaporitaletemperaturaèmoltoalta(perilvapord’acquaè,peresempio,di365°C)equindiinquasi
tutte le condizioni è possibile condensarli per compressione. I gas, invece, hanno temperature critiche
anche molto basse (–240 °C per l’idrogeno, v. tab. 12.4) e risulta impossibile liquefarli per
compressione.Perquestomotivo,atemperaturaambienteigassitrovanoallostatoaeriforme,mentrei
vaporisitrovanoallostatoliquido.
Tabella12.4Temperaturacriticadialcunigas
GAS
TEMPERATURACRITICA
°C
K
azoto
-147,1
126,1
elio
-267,9
5,3
idrogeno
-239,9
33,3
neon
-228,7
44,5
ossigeno
-118,7
154,5
ILVAPORD’ACQUANELL’ATMOSFERA
Il vapor d’acqua, pur essendo presente nell’atmosfera terrestre in quantità molto piccole e variabili, è uno dei suoi componenti più
importanti,perchédallasuacondensazionehannooriginetuttiifenomenimeteorologici.Laquantitàdivapord’acquainatmosferasimisura
come umidità dell’aria: si dice umiditàrelativa il rapporto percentuale tra il vapor d’acqua presente in un volume d’aria e la quantità
massima di vapore che l’aria potrebbe contenere a quella temperatura senza che avvenga la condensazione. Quando l’umidità relativa
raggiungeil100%,l’ariaèsaturaehainiziolacondensazionedelvaporeinessacontenuto.Lacondensazioneavvieneattornoasuperfici
solideoliquide,inassenzadellequalil’ariapuòcontenerepiùvaporesenzacheavvengalacondensazione:inquestecondizionisidiceche
l’aria è soprassatura. La condensazione del vapor d’acqua presente in atmosfera può avvenire al suolo, producendo il fenomeno della
rugiada (o della brina, se la temperatura è inferiore a 0 °C), oppure in aria, producendo la formazione delle nubi, delle nebbie e delle
precipitazioni.Ilprocessodiformazionedellenubiedelleprecipitazionièpiuttostocomplessoedèsubordinatoallapresenzainatmosferadi
corpuscolichefungonodanucleidicondensazioneperilvapord’acqua,comeperesempioparticelledisalemarino,difumo,particelle
risultantidall’erosionedelterrenoecc.Quandolatemperaturadiunamassad’ariascendealdisottodelpuntodisaturazione,ilvaporein
essacontenutocondensaattornoainucleidicondensazione.Siformanocosìdellegocciolineodeipiccolicristallidighiaccio(aseconda
dellatemperaturadell’aria)cheformanolenubi.Scontrandosiconaltregoccioline,questepossonoingrandirsifinoaquando,pergravità,
noncadonoall’internodellanube.Nellalorocadutatendonoaingrossarsisemprepiùperchésifondonoconaltregoccepresentinellanube
e,sesonosufficientementepesanti,giungonoalsuolosottoformadipioggiao,selatemperaturadell’ariaèsufficientementebassadurante
tuttoilpercorso,dineve.Seilprocessodiformazionedellanubesiverificavicinoalsuolosihalanebbia,lecuigocciolinedivapord’acqua
condensatoriduconolavisibilità.
12.5Lasublimazione
Ilbrinamentodell’acqua
Consublimazionesiindicailpassaggiodirettodiunasostanzadallostatosolidoallostatoaeriforme
e viceversa, che si verifica senza il passaggio intermedio allo stato liquido. Alcuni solidi, come la
canfora,lanaftalinaeloiodio,atemperatureinferioriallalorotemperaturadifusionesonocaratterizzati
da una tensione di vapore superiore a quella atmosferica e tendono a passare direttamente dallo stato
solido a quello aeriforme. Tali solidi possono esistere allo stato liquido solo se sottoposti a forti
pressioni. Tutti i solidi possono sublimare, ma occorre portarli in condizioni opportune di pressione e
temperatura,poichélamaggiorpartediessi,allapressionenormale,quandovieneriscaldataaldisopra
dellalorotemperaturadifusione,passaallostatoliquido.
Nelcasodell’acquailpassaggiodirettodallostatoaeriformeallostatosolidoèdettobrinamento e
siverificanelcasodellaformazionedellabrina:nellenottiserene,selatemperaturaalsuoloèinferiore
a0°C,glistratid’ariaimmediatamenteadiacentialsuolosiraffreddanorapidamenteeilvapord’acqua
presentenell’ariasidepositaalsuolosottoformadiaghidighiaccio.Selatemperaturaèsuperiorea0
°C,sihainvecelaformazionedellarugiada.
Lafigura12.2illustraivaricambiamentidistato.
12.6Ilpuntotriplo
Per ogni sostanza esiste un valore di temperatura, detto punto triplo, in corrispondenza del quale
coesistonoitrestati(solido,liquidoegassoso)inreciprocoequilibrio.Ilpuntotriploperunasostanza
si può determinare costruendo un diagramma che riporta l’andamento della pressione in funzione della
temperaturadellasostanza.Ilpuntotriplodell’acquavale0,01°Cel’equilibriofraitrestati(ghiaccio,
acqualiquidaevaporeacqueo)sirealizzaallapressionedi4,58mmHg,cherappresentalatensionedi
vaporesaturodell’acquainequilibrioconilghiaccioel’acquadifusione.Ilpuntotriplodell’acquaè
stato adottato nel 1954 in sostituzione del punto di fusione del ghiaccio per la taratura della scala
termometrica.Inquestomodoilkelvinèdefinitocome1/273,16delpuntotriplodell’acqua.
Figura12.2Schemadeipassaggidistato:ingrigioletrasformazionicheavvengonoconassorbimentodicalore
GLOSSARIO
Calorelatente
Quantitàdicalorenecessariapermodificarelostatodiaggregazionediunasostanzaatemperaturacostante.
Condensazione
Passaggiodiunasostanzadallostatodivaporeallostatoliquido.
Fusione
Passaggiodiunasostanzadallostatosolidoallostatoliquido.
Liquefazione
Passaggiodiunasostanzadallostatogassosoallostatoliquido.
Solidificazione
Passaggiodiunasostanzadallostatoliquidoallostatosolido.
Sublimazione
Passaggiodirettodiunasostanzadallostatosolidoallostatoaeriforme,eviceversadallostatoaeriformeaquellosolido,senzapassareper
lostatoliquido.
Tensionedivapore
Pressione che un vapore saturo esercita sul liquido con il quale si trova in equilibrio. La tensione di vapore cresce con la temperatura e
indicailgradodivolatilitàdiunasostanza,ovverolafacilitàdellasostanzaaevaporare(oasublimare,sesitrattadiunsolido).
Vaporizzazione
Passaggiodiunasostanzadallostatoliquidoallostatoaeriforme,chepuòavvenireseguendoduemeccanismi,l’evaporazione,cheavviene
sullasuperficiedelliquido,el’ebollizione,cheinteressainvecetuttalamassadelliquido.
TESTDIVERIFICA
1. Quali sono i passaggi di stato accompagnati dall’assorbimento di energia da parte della sostanza coinvolta? Come si
chiamal’energiaassorbita?
2. Cosaaccadeallatemperaturadiunliquidodurantelasolidificazione?
3. Qualèladifferenzatraebollizioneedevaporazione?
4. Perchéunliquidosiraffreddaquandoevapora?
13LATEORIACINETICADEIGAS
Lateoriacineticadeigasdescriveleproprietàmacroscopichediungas(volume,pressioneetemperatura)apartiredalmotodelle
particellechelocompongono.Siriferisceaunmodelloidealedigas,dettogasperfetto,chepossiededeterminatecaratteristiche.I
gasperfettisoddisfanoleleggideigas,riassumibiliattraversol’equazionedistatodeigasperfetti,cheleganotralorolegrandezze
che li caratterizzano, come volume, pressione e temperatura assoluta. Attraverso la teoria cinetica dei gas è possibile ricavare
l’energia cinetica media delle particelle che compongono il gas, che risulta essere direttamente proporzionale alla temperatura
assoluta del gas stesso. In questo senso la temperatura assoluta fornisce una misura del grado di agitazione delle molecole della
sostanza,cheperquestomotivovienedettaagitazionetermica.
13.1Igasperfetti
Motodiagitazionetermica
Ilmodellodigasperfetto
Ilgasreale
I gas (insieme ai vapori) costituiscono lo stato di aggregazione della materia propriamente denominato
statoaeriforme,nelqualeleparticellecostituenti(atomiemolecole)possiedonoun’energiacineticache
prevale sulle forze di coesione. Per questo motivo i gas non sono caratterizzati da una forma e da un
volumepropri,matendonoaoccuparetuttolospaziodisponibile.Leparticelledelgassonoanimateda
unmotorapidoecasuale,dettomotodiagitazionetermica,acausadelqualeesseurtanocontinuamente
traloroeconleparetidelrecipientechelecontiene;sebbenelaforzaesercitatadaciascunaparticella
singolarmente sia trascurabile, gli urti avvengono in numero così elevato che la forza totale è
significativa:gliurticontroleparetideterminanolapressioneesercitatadalgas.
Perlostudiodelcomportamentodiungasèutileriferirsiaunmodelloidealedigas,dettogasperfetto,
chesoddisfaleseguenticaratteristiche:
● le particelle che costituiscono il gas, che possono essere trattate come delle sferette rigide, hanno
tutte ugual massa e hanno un volume proprio (covolume) trascurabile rispetto a quello occupato
dall’interogas;
● le particelle interagiscono tra loro solo attraverso urti elastici (dove viene conservata l’energia
cineticatotale),ovverosipossonoriteneretrascurabilileforzedicoesioneequalunquetipodienergia
delleparticellediversadall’energiacinetica.
Inungasrealelasituazioneègeneralmentepiùcomplessa,perchéesistono,sepurdeboli,delleforzedi
coesione e le molecole del gas possiedono una certa energia potenziale (per esempio, gravitazionale)
anch’essapiccola.Inoltre,inungasrealefortementecompressoledistanzetraleparticellesonotroppo
piccoleperpotertrascurarelereciprocheforzedicoesione,mentreinungasatemperaturamoltobassa
gli urti tra le particelle divengono talmente sporadici da non essere significativi. Tuttavia, il
comportamentodiungasreale,acondizionechesiasufficientementerarefatto,puòessereassimilatoa
quellodiungasperfetto.
•LamoleeilnumerodiAvogadro
L’atomo
Lamassaatomicarelativaelamassamolecolarerelativa
Ladefinizionedimole
NumerodiAvogadro
Prima di procedere oltre nella trattazione del comportamento di un gas, occorre soffermarsi sul
significatodialcuniconcetticheverrannoutilizzatiinseguito.Igas,comeognisostanza,sonocostituiti
daparticellechepossonoessereatomiomolecole.Unatomoèlapiùpiccolaporzionediunelemento
chimico che ne conserva le caratteristiche chimico-fisiche. Una molecola è un aggregato di due o più
atomi(diunostessoelementoodielementidiversi),cherappresentalapiùpiccolapartediunasostanza
cheneconservalecaratteristichechimico-fisiche.Gliatomipossiedonounnucleocentrale,costituitoda
duetipidiparticelle,dettineutronieprotoni,circondatodaunterzotipodiparticelle,detteelettroni,il
cuinumeroinunatomoneutroèugualealnumerodeiprotonidelnucleo.Ilnumerodiprotonidiunatomo
(detto numero atomico, Z) caratterizza ogni elemento chimico, mentre il numero di neutroni, N, è
variabile per lo stesso elemento. Atomi con ugual numero di protoni e differente numero di neutroni
vengono detti isotopi dello stesso elemento. La somma del numero dei protoni (Z) e del numero dei
neutroni(N)delnucleosidefiniscenumerodimassa(A):
A=Z+N
Si definisce massa atomica relativa (peso atomico) il rapporto tra la massa di un atomo e 1/12 della
massadell’atomodicarbonio(perlaprecisione,dell’isotopocarbonio-12).Perunasostanzaformatada
molecole(segliatomisonodiversisiparladicomposto)sidefiniscemassamolecolarerelativa(peso
molecolare),M,lasommadellemasseatomicherelativedegliatomicostituenti.Peresempio,lamassa
molecolarerelativadell’acqua(lacuiformulaèH2O),costituitadadueatomidiidrogeno(H,conmassa
atomicarelativa=1)edaunodiossigeno(O,conmassaatomicarelativa=16),è:
M=2+16=18
(poiché gli elementi si presentano in due o più isotopi, la massa atomica relativa è spesso espressa in
decimali,essendolamediaponderaledellemasseatomicherelativedegliisotopi;diconseguenzaanche
lamassamolecolarerelativaèespressadaunnumerodecimale).
Si definisce mole (simbolo mol) di una sostanza una quantità di sostanza espressa in grammi e
numericamenteugualeallasuamassaatomicarelativaoallasuamassamolecolarerelativa.Inuna
molediognisostanzaècontenutolostessonumerodiatomiodimolecole,paria:
N=6,022•1023
doveNvienedettonumerodiAvogadro.
L’attualedefinizionedimole,comeunitàfondamentaledelSistemaInternazionale,èlaquantitàdimateria
diunsistemachecontienetanteunitàelementari(atomiomolecole)quantesonoquellecontenutein0,012
kgdell’isotopocarbonio-12.
13.2Leleggideigas
Pressione,volumeetemperaturasonolevariabilidistato
LaleggediBoyleaTcostante
LaleggediCharlesapcostante
LaleggediGay-LussacaVcostante
L’equazionedistatodeigasperfetti
Ilcomportamentodiungasperfettoècompletamentedefinitodatrevariabiliindipendenti,dettevariabili
di stato, che sono la pressione (simbolo p) che il gas esercita sul recipiente, il volume (simbolo V)
occupatodalgaselatemperatura(simboloT,misuratainkelvin).Lerelazionitralevariabilidistato,
dette leggi dei gas, definiscono completamente il comportamento di un gas in tutte le situazioni
fisiche. Mantenendo costante una delle tre grandezze, e variando le altre due, si ottengono le tre leggi
empirichedeigasperfetti,ricavatesperimentalmenteprimadelXVIIIsecolo.
Una trasformazione che avviene in un gas mantenendo costante la sua temperatura, e facendo variare
pressione e volume, si dice trasformazione isoterma; una trasformazione a pressione costante si dice
isobara,mentreunatrasformazioneavolumecostantesidiceisocora.
La legge di Boyle (v. fig. 13.1 A), enunciata nel 1662 dal chimico irlandese R. Boyle (1627-1691),
stabiliscecheatemperaturacostanteilvolumediungasèinversamenteproporzionaleallasuapressione,
ovveroche:
pV=costante
LaleggediCharles(v.fig.13.1B),formulatanel1787dalfisicofranceseJ.Charles(1746-1823),dice
cheapressionecostanteilvolumediungasèdirettamenteproporzionaleallasuatemperaturaassoluta:
V=T•costante
LaleggediCharlesfuricavatacomeleggedidilatazionedeigasallorchéCharlesscoprìchetuttiigas,a
pressione costante, subiscono la stessa dilatazione all’aumentare della temperatura, secondo una legge
datadallarelazione:
V=V0(1+αt)
dovelatemperaturaèmisurataingradicentigradi,V0èilvolumedelgasat=0°Ceαèilcoefficiente
di dilatazione termica del gas. Secondo questa formulazione deve esistere una temperatura limite
(inferiore a 0 °C) tale per cui il gas non occupa alcun volume. Tale temperatura si può ricavare
uguagliandoazeroilterminetraparentesidelsecondomembrodellaleggediCharles,esiottiene:
t=–273,15°C
parialvaloreT=0Knellascalakelvin,dettaanchedelletemperatureassolute.
LaleggediGay-Lussac(v.fig.13.1C),formulatanel1801dalchimicoefisicofranceseJ.Gay-Lussac
(1778-1850), stabilisce che a volume costante la pressione di un gas è direttamente proporzionale alla
suatemperaturaassoluta:
p=T•costante
Analogamente al caso precedente, la legge di Gay-Lussac fu formulata come legge che esprimeva la
dipendenzadellapressionedallatemperaturainungasmantenutoavolumecostante,nellaforma:
p=p0(1+αt)
doveαèlostessocoefficientedidilatazionetermicadellaleggediCharles.Latemperaturadellozero
assolutoètalepercuiilgasnonesercitapiùalcunapressione.
A
B
C
Figura 13.1 Rappresentazione grafica indicativa delle leggi dei gas perfetti: (A) legge isoterma di Boyle; (B) legge isobara di
Charles;(C)leggeisocoradiGay-Lussac.
Le tre leggi dei gas descritte sopra sono riassunte dall’equazione di stato dei gas perfetti, che
stabiliscechelapressionediungas,moltiplicataperilsuovolume,èdirettamenteproporzionaleallasua
temperaturaassolutaealnumerodimoli,n,delgassecondolarelazione:
pV=nRT
doveR=8,31J/Kmolèdettacostantedeigas.
SeNèilnumerodimolecoledelgas,en=N/NAilnumerodimoli,l’equazionedistatodeigasperfetti
sipuòscrivereanchenellaforma
pV=NkT
dovek=R/NA=1,3807•10–23J/KèdettacostantediBoltzmann.
•L’equazionedistatodeigasreali
L’equazionedistatodeigasreali,odivanderWaals
Incondizioniditemperaturaepressionevicineaquelleambientalilamaggiorpartedeigassegue
con buona approssimazione l’equazione di stato dei gas perfetti. Alle alte pressioni e alle basse
temperature si manifestano invece deviazioni più o meno marcate da tale legge, in quanto il volume
propriopossedutodallemolecoleeleforzediattrazionereciprochetralemolecoleetralemolecoleeil
recipiente non si possono più considerare trascurabili. Ne consegue che il volume libero entro cui si
muovono le molecole del gas risulta inferiore a quello teorico, mentre le forze di coesione creano una
pressioneinternaeunadiminuzionedellapressionedelgassulleparetidelrecipiente.Pertenercontodi
questi fattori, sono state introdotte varie equazioni di stato, modificate per i gas reali; tra queste si
segnala quella proposta attorno al 1881 dal fisico olandese J.D. van der Waals (1837-1923), detta
equazionedivanderWaalsperigasreali,chesiesprimenellaforma:
a
(p+ 2)(V–b)=RT
V
doveaebsonoduecostanti,caratteristichediognigas,ricavatesperimentalmente.
13.3Lateoriacineticadeigas
Lateoriacineticadeigasusalameccanicastatistica
LapressionediungascheoccupaunvolumeV
Lapressioneinterminidienergiacinetica
L’energiacineticadellemolecolediungasatemperaturaT
LavelocitàdellemolecolediungasatemperaturaT
La teoria cinetica dei gas si basa sul modello di gas perfetto, supposto costituito da particelle
approssimativamente sferiche, indipendenti le une dalle altre, animate da un moto rapido e casuale e
interagenti reciprocamente solo attraverso urti elastici (il volume del gas nel suo insieme deve inoltre
esseremoltomaggioredelvolumeoccupatodaciascunaparticella).Sperimentalmenteleparticelledella
teoriacineticasiidentificanoconlemolecoledelgas,ciascunadellequalipossiedeundiametrodicirca
10–10 m, e il cui comportamento è regolato dalle leggi della meccanica classica. L’elevato numero di
molecoleall’internodiunvolumedigas(atemperaturevicineaquellaambiente,1litrodigascontiene
circa 2,6 • 1022 molecole) impedisce di calcolare la traiettoria di ciascuna particella separatamente.
Quindi, il comportamento complessivo del gas può essere descritto usando, nell’ambito della teoria
cinetica, le regole della meccanica statistica (v. riquadro), che consente di prevedere il
comportamentomedioenonquellodiognisingolamolecolacomponente.
Attraversolateoriacineticadeigasèpossibilericavarelapressionecheilgasesercitasulrecipiente,
dovuta agli urti delle numerosissime molecole gassose contro le pareti del recipiente che le contiene.
Secondol’ipotesidigasperfetto,gliurtitraleparticelledelgasetraquesteeilrecipientesonoelastici,
perciò devono valere le leggi di conservazione dell’energia cinetica e della quantità di moto. Questo
significa che, ogni volta che le molecole del gas colpiscono le pareti del recipiente, cedono loro una
partedellaloroquantitàdimoto.Sesiindicaconvlavelocitàmediadellemolecoledelgas,laquantità
dimotocedutaallaparetedaciascunurtoèdatada:
mv
SesiconsiderailgascontenutoinunrecipienteaformadicubodilatoL,iltempomediocheciascuna
particellaimpieganell’attraversareilrecipiente(andataeritorno)èdatoda:
2L
Δt=
v
Quindiilnumerodivoltechemediamenteunamolecolaimpiegaacolpireunaparetenell’unitàditempo,
cioèlafrequenzadegliurti,èdatoda:
v
2L
(1)
Per trovare la pressione, definita come la forza che agisce sulla parete per unità di superficie, si può
ricorrereallaleggefondamentaledelladinamica,scrittainterminidiquantitàdimoto:
Δ(mv)
F=
Δt
DoveΔ(mv)/Δtèlavariazionedellaquantitàdimotodellaparticellanell’unitàditempo.Moltiplicando
lavariazionedellaquantitàdimotodellaparticella,paria2mv(inquantolaparticellacompieuntragitto
diandataeritorno),perilnumerodivoltecheunaparticellacolpiscelaparetenell’unitàditempo,dato
dalla(1),siottieneilvaloredellaforzachemediamenteagiscesuunaparetedelrecipienteinseguito
all’urtodiciascunaparticella:
2
v
F=2mv =mv
2L
L
Lapressione,datadaquestovaloredivisoperlasuperficiedellaparete,L2,valequindi:
2
mv2
p= 3 =mv =ρv2
V
L
(2)
Dove V = L3 è il volume del recipiente e ρ = m/V la densità del gas che occupa il recipiente. Il
ragionamentoespostoèstatofattoconsiderandosolounacomponentedellavelocitàdelleparticelle,ma,
supponendochenelletredirezionilemolecoleabbianougualevelocitàechesolo1/3delleparticellesi
muova nella direzione considerata (poiché si suppone uguale probabilità di movimento in tutte e tre le
direzioni),lapressionemediainunadelletredirezionisaràpiùpropriamentedatada:
2 1
1
p= •mv = ρv2
3 V 3
SenelrecipientesonocontenuteNmolecole,lapressionesaràdatada:
1 Nmv2
p= •
3
V
(3)
Quindi,lapressionecheilgascomplessivamenteesercitasulrecipienteèproporzionalealnumerototale
dimolecoleeinversamenteproporzionalealvolumeoccupatodalrecipiente.Comprimendoperesempio
ilgas,cioèdiminuendoilsuovolume,lapressioneaumenta,inaccordoconlaleggediBoyle.
RicordandoinfinecheEcin=1/2mv2èl’energiacineticamediadiciascunadelleparticelledelgas,la(3)
sipuòscrivereanchecome:
2
pV= NEcin
3
e,ricordandol’equazionedistatodeigasperfetti,sigiungeallarelazionetral’energiacineticamediadi
ciascunaparticellaelatemperaturaassolutadelgas,ovvero:
3n
Ecin= RT
2N
incuiNèilnumerototaledimolecolecontenutenelrecipiente,nilnumerodimoli.
Daquestaequazionesideducechel’energiacineticamediadellemolecoledelgasdipendeinmaniera
direttamenteproporzionaledallasuatemperaturaassoluta,ovverocrescealcresceredellatemperatura.
Analogamente, tornando alla definizione di energia cinetica, si può ricavare la definizione della
temperaturaassolutainterminidivelocitàdelmotodelleparticelle,ovvero:
2
T=Mv
3R
dove M = mN/n rappresenta la massa molecolare relativa del gas. Questa relazione indica che la
temperatura assoluta fornisce un indice del grado di agitazione termica del gas ed è proporzionale al
quadrato della velocità media delle molecole del gas. In altri termini, la temperatura assoluta misura
l’energiacineticamediadellemolecoledelgas.Maggioreèlatemperatura,piùlemolecolesimuovono
velocemente, quindi aumentano la loro energia cinetica. Ricavando la velocità dall’espressione che
rappresentalatemperatura,siottiene:
ilcuivaloreè,peresempioperl’elio(He,ilcuipesomolecolareè4g/mol),v=1370m/s,unvalore
relativamenteelevato.Mentrel’energiacineticamediadipendesolodallatemperatura,enondaltipodi
gas,lavelocitàdipendeanchedalparticolaregas,poichévicompareilpesomolecolare,ediminuisce
all’aumentare del peso molecolare. Per l’ossigeno biatomico, per esempio (simbolo O2), il cui peso
molecolareèpiùaltodiquellodell’elio(32g/mol),lavelocitàmediadellemolecoledelgasècircav=
476m/s.
LAMECCANICASTATISTICA
Lameccanicastatisticaèquellapartedellafisicachestudia,mediantemetodistatistici,ilcomportamentodiinsiemidiungrandenumero
di particelle (atomi, molecole ecc.), allo scopo di prevederne le proprietà macroscopiche (per esempio, volume, densità, pressione,
temperatura ecc.). Fu sviluppata dall’austriaco L. Boltzmann (1844-1906), che elaborò una statistica, detta di Maxwell-Boltzmann,
fondamentaleperstudiareinsiemidiparticellesottopostealleleggidellameccanicaclassica(incuisonotrascurabili,cioè,glieffettidovuti
alla meccanica quantistica, v. cap. 24). Quando intervengono invece influenze quantistiche (per esempio, nello studio delle particelle
elementari, v. par. Le particelle elementari, come protoni, mesoni, ecc.) bisogna considerare fattori correttivi, che portarono alla
formulazionedimeccanichestatistichedifferenti,notecomestatisticadiBose-EinsteinestatisticadiFermi-Dirac,dainomidegliscienziati
cheleformularono.EntrambesiriduconoallastatisticadiMaxwell-Boltzmannquandoladensitàdelleparticelleèbassa.
GLOSSARIO
Equazionedistatodeigasperfetti
Equazione fondamentale dei gas che stabilisce che pressione (p), volume (V) e temperatura (T) in un gas perfetto sono legati dalla
relazionepV=nRT,dovenèilnumerodimolieRlacostantedeigas.
EquazionedivanderWaals
Equazione di stato dei gas reali, che apporta alcune correzioni all’equazione di stato dei gas perfetti nel caso più generale che il gas
consideratononpossaesseretrattatocomegasperfetto.
Gasperfetto
Si dice di un aeriforme ideale il cui comportamento è perfettamente aderente alle leggi della teoria cinetica dei gas. I gas reali si
comportano,atemperaturaepressioneambiente,conbuonaapprossimazione,comedeigasperfetti.
LeggediBoyle
Leggedeigaschestabilisceche,atemperaturacostante,ilvolumediungasèinversamenteproporzionaleallasuapressione.
LeggediCharles
Leggedeigaschestabilisceche,apressionecostante,ilvolumediungasèdirettamenteproporzionaleallasuatemperaturaassoluta.
LeggediGay-Lussac
Leggedeigaschestabilisceche,avolumecostante,lapressionediungasèdirettamenteproporzionaleallasuatemperaturaassoluta.
Meccanicastatistica
Ramodellafisicachestudial’evoluzionedeisistemicostituitidaunelevatonumerodielementi(peresempio,atomiomolecole),considerati
identicitraloro,attraversoleggistatistiche.
Mole
UnitàdimisuradelSistemaInternazionale(simbolomol)dellaquantitàdisostanza,ugualeallaquantitàdisostanzachecontieneunnumero
dientitàelementaripariaquellepresentiin0,012kgdell’isotopodelcarboniodenominatocarbonio-12;èunadellesetteunitàfondamentali.
Pesomolecolare
Massadiunamolecolaottenutadallasommadeipesiatomicideglielementichelacompongono.
Teoriacineticadeigas
Teoriachespiegaleproprietàmacroscopichediungasapartiredaimovimentidiagitazionetermicadellemolecolechelocompongono,
tramitelameccanicastatistica.
TESTDIVERIFICA
1. Chedifferenzac’ètraungasrealeeungasperfetto?
2. Cosa accade alla pressione esercitata da un gas se, mantenendo costante la sua temperatura, si diminuisce il suo
volume?
3. Qualepressioneesercitaunamolediungasche,allatemperaturadi25°C,occupaunvolumedi4dm3 ?
4. Perchélatemperaturaassolutaèunindicedelgradodiagitazionedellemolecolediungas?
14LATERMODINAMICA
La termodinamica è il ramo della fisica che studia gli scambi di calore tra un sistema e l’ambiente circostante e poggia su due
principifondamentali:ilprimoprincipio,dettoancheprincipiodiconservazionedell’energia(secondoilqualel’energianonsipuò
creare né distruggere, ma si conserva, anche se si può manifestare sotto forme differenti), e il secondo principio, che nella sua
formulazionepiùsempliceeintuitivaaffermacheilcalorenonpuòpassarespontaneamentedauncorpopiùfreddoaunopiùcaldo.
Ilsecondoprincipiohagranderilevanzaperilfunzionamentodellemacchinetermiche,realizzateperconvertirecaloreinlavoro,e
stabilisceche,mentreillavoropuòsempreeintegralmenteessereconvertitoincalore,ciònonsiverificaperilpassaggioinverso.
Conl’introduzionediunagrandezza,l’entropia,cherappresentaunindicedelgradodidisordinediunsistema,ilsecondoprincipio
puòessereformulatodicendocheinunsistemaisolatol’entropiatendeadaumentareesoloseilprocessoèreversibilel’entropiasi
conserva. Se si considera l’Universo un sistema termodinamico isolato, nel quale non avvengono scambi di calore con l’esterno,
l’entropia dell’Universo tende ad aumentare, poiché i processi naturali (o, come si dice, spontanei) sono tutti sostanzialmente
irreversibili.
14.1Isistemitermodinamici
Latermodinamica
Definizionedisistematermodinamico
Evoluzionedellatermodinamica
Latermodinamica(ilcuinomederivadalleparolegrechethermon=caloreedinamis=forza)è quel
ramo della fisica che studia i fenomeni nei quali avvengono scambi di calore tra un sistema e
l’ambiente circostante. In particolare, la termodinamica si occupa delle trasformazioni del calore in
lavoro e viceversa, e più in generale delle reciproche trasformazioni tra le varie forme di energia in
sistemiinteragentitraloro.
Per sistema termodinamico si intende una porzione di materia idealmente isolata dal resto
dell’Universo, che viene considerato come ambiente esterno. Un sistema termodinamico non viene
trattatodalpuntodivistadellecaratteristichemicroscopichedellasuastrutturainterna,madalpuntodi
vistamacroscopico.Lesuecaratteristichesonoidentificatemediantegrandezze,qualilatemperatura,la
pressione e il volume, che si possono misurare direttamente e che vengono dette coordinate
termodinamiche. Le basi concettuali della termodinamica poggiano su due principi fondamentali, il
primoeilsecondoprincipiodellatermodinamica(v.oltre),chehannocaratteregeneraleeaiqualisono
soggettituttiisistemiesistentiinnatura,indipendentementedallelorocaratteristicheinterne.
FinoagliinizidelXIXsec.lascienzadelcalore(dettatermologia)costituivaunfiloneaséstantedella
fisica e, benché già nel XVIII sec. fossero state realizzate macchine che convertivano calore in lavoro
(comeperesempiolemacchineavapore),lascienzanoneraancorariuscitaachiarireconcettualmenteil
collegamentoesistentefraquesteduegrandezze.AnchegrandiscienziaticomeGalileoeNewton,chesi
interessarono anche di problemi legati al calore, non riuscirono a intuire tale legame, che avrebbe in
seguitoavutoenormiconseguenzenellastoriadell’uomo,poichéfulachiavedivoltadellarivoluzione
industriale. La termodinamica classica ha come basi un insieme di conoscenze che si svilupparono
lentamenteenonsenzadifficoltànelcorsodelXIXsec.,peroperadigrandiscienziaticomeS.Carnot,J.
Joule, lord Kelvin e altri. Originariamente finalizzata allo studio delle conversioni energetiche, la
termodinamicasièinseguitoestesa,attraversolostudiodeiprocessiedelleproprietàdellamateria,a
tutti i settori della fisica, della chimica e della biologia, configurandosi come disciplina scientifica di
importanzacentraleperlesueconnessioniconivaricampidelsaperescientifico.
14.2Letrasformazionitermodinamiche
Equilibriotermodinamico
Trasformazionetermodinamica
Un sistema termodinamico è perfettamente descritto da tre coordinate termodinamiche, pressione,
temperaturaevolume,malaconoscenzadiduequalunquedelletregrandezzedeterminalaconoscenza
della terza. Un esempio è dato dall’equazione di stato dei gas perfetti, che lega le tre coordinate
termodinamicheattraversolarelazionepV=nRT,doveèsufficienteconoscere,peresempio,peT per
ricavareV.
Unsistematermodinamicositrovaallostatodiequilibriotermodinamicoquandoletregrandezzechelo
caratterizzanosonocostantineltempo.Ungasperfettoinunrecipientechiuso,isolatodall’esterno,peril
qualevalel’equazionedistatodeigasperfetti,sitrovaallostatodiequilibrio.Seperòilrecipienteche
contieneilgasèchiusodaunpistone,alzandooabbassandoilpistoneilgassubiràunatrasformazione
termodinamica,dovelasuapressionevaria(aumentaodiminuisce)esolodopoundeterminatoperiodo
ditemposiristabiliscel’equilibrio.Unatrasformazionetermodinamicaècaratterizzatadalpassaggiodi
unsistematermodinamicodaunostatoiniziale(chechiameremoA)aunostatofinale(chechiameremo
B), attraverso una successione di stati intermedi. Una trasformazione di questo tipo viene in genere
rappresentatasuunpianocartesianoriportandoinascissaivaloridelvolumeVdelsistemaeinordinata
i valori della pressione p del sistema. Un sistema in equilibrio è rappresentato da un punto nel piano
pressione-volume (o piano p,V), mentre una trasformazione è rappresentata da una linea, o da una
successionedilinee,cheportailsistemadaunpuntoaunaltro(v.fig.14.1).
Figura14.1Rappresentazionegraficadiunatrasformazionetermodinamicanelpianop,V.InAlostatodiequilibriodiunsistema
termodinamico,inBunatrasformazionedaunostatoinizialeAaunostatofinaleB.
Unatrasformazionetermodinamicasidicereversibilesepuòesserecompiutaneiduesensisenzachevi
siatraccianell’ambienteesterno,ovverose,dataunatrasformazionedaunostatoinizialeAaunostato
finaleB,passandoperilsegmentoAB,èpossibileripercorrerelatrasformazionenelsensoBAeriportare
ilsistemaallostatoiniziale.Seperesempiounsistema,nelpassaredaunostatoaunaltro,cedecalore
all’ambiente circostante, la trasformazione inversa non sarà più possibile, e dunque in questo caso si
parladitrasformazioneirreversibile.Lamaggiorpartedelletrasformazionicheavvengonoinnaturasono
irreversibili,perchéèimpossibileeliminaregliscambidicaloreconl’esterno(dovutiancheagliattriti).
Unatrasformazionetermodinamicapuòavvenireinmodocheunadelletrecoordinaterimangacostante:
si parla di trasformazione isotermica se la temperatura rimane costante durante il processo, di
trasformazioneisobaraseavvieneapressionecostanteeditrasformazioneisocora (o isometrica) se
avviene a volume costante. Infine, una trasformazione termodinamica che avviene a calore costante,
ovverosenzacheavvenganoscambidicaloretrailsistemael’ambientecircostante,sidiceadiabatica.
•Equivalenzacalore-lavoro
Caloreelavoro
Ilrapportotrajouleecalorie
Il calore è una forma di energia che viene scambiata tra due corpi a temperatura differente. Si può
dimostrare che, compiendo un lavoro meccanico su un corpo, si aumenta la sua temperatura, e di
conseguenzasiproducelavoro.Illavorofatto,peresempio,controleforzediattritoproducecalore,
mentreillavorocompiutopercomprimereungasall’internodiunrecipienteneaumentalatemperaturae
diconseguenzaproducecalore.Viceversa,fornendocaloreauncorpo,èpossibileottenerelavoro,come
avviene,peresempio,nellemacchinetermiche(v.par.successivo).Indefinitiva,sipuòdirechecaloree
lavorosonoequivalenti,ovverochesonodueaspettidiunastessaentità.
Figura14.2IlmulinellodiJoule,costituitodauncalorimetrochenonpermettescambidicaloreconl’esterno,edaunalberoapala,
chevienemossomeccanicamentedallacadutadelpeso.
Ilprimoesperimentochedimostròl’equivalenzatracaloreelavorofucompiutoattornoal1840daJoule,
il quale utilizzò uno strumento chiamato mulinello di Joule, costituito da un calorimetro che contiene
acqua: nell’acqua viene immerso un albero a pale, che può essere messo in rotazione attraverso una
carrucola(v.fig.14.2)collegataaunpesodimassamnota.Quandoilpesovienelasciatocadere,diun
trattoh,lasuaenergiapotenzialegravitazionalediminuiscediunaquantitàmghesitrasformainenergia
cinetica, che mette in rotazione l’albero all’interno del calorimetro. Il moto delle palette provoca un
riscaldamentodell’acquaperattritoe,poichéilcalorimetrogarantiscechenonvisianoscambidicalore
conl’ambientecircostante,sipuòdirechetuttal’energiapotenzialedelpesosiètrasformataincalore.
Joule misurò il rapporto fra il lavoro prodotto dalle forze del campo gravitazionale per far cadere il
peso,datodaL=mgh,eilcaloreprodottoall’internodelcalorimetro,datodaQ=McΔt,doveMèla
massadell’acqua,cilsuocalorespecifico,misuratoincal/(g°C)eΔtl’aumentoditemperatura(in°C)
dell’acqua,etrovòchetalerapportoèsemprerappresentatodaunvalorecostante:
J=4,186J/cal
chechiamòequivalentemeccanicodelcalore,talepercui:
L
=J
Q
L’esperimento di Joule dimostra che è possibile trasformare una certa quantità di lavoro meccanico in
caloreecheilfattorediconversionetralacaloria(cal),l’unitàdimisuradelcalore,eiljoule(J),l’unità
dimisuradellavoro,è:
1cal=4,186J
Esprimendoilcaloreinjoule(l’unitàdimisuradelSistemaIntenazionale),sipuòscrivereche:
L
=1
Q
ovverocheL=Q(doveLèillavoroeQilcalore).
Inunsistemaqualunque,tuttavia,oltreall’energiacineticaeaquellapotenzialegravitazionale,acuiva
aggiuntoilcalore,occorreconsiderareanchel’energiainterna,cherappresentaunasortadidepositodi
energiaimmagazzinatanelsistema.
•L’energiainterna
L’energiainternaèunafunzionedistato
Tuttiicorpi,inqualunquestatodiaggregazione,hannoimmagazzinataallorointernounacertaquantitàdi
energia, dovuta all’energia delle particelle che li compongono (atomi o molecole), legate tra loro da
forzedivarianatura.Sitrattadienergiadivarianatura,dovutaalleproprietàinternedelsistema,comeil
moto molecolare e le forze intermolecolari, che comprendono forme di energia di natura elettrica, che
legaglielettroniall’atomo,dienergiadinaturanucleare,chelegaleparticelledelnucleotraloro,odi
energia dovuta alla massa a riposo delle particelle che compongono il complesso sistema atomico e
nuclearediognielemento:tuttequesteformedienergiacheuncorpoconcentraalsuointernopossono
essere scambiate in una trasformazione e nel loro complesso prendono il nome di energia interna del
corpo.(Nelcalcolodell’energiainternadiuncorpononvannocompresequelleformedienergiadovute,
peresempio,alsuostatocomplessivodimoto–energiacinetica–ol’energiapotenzialecheilcorpo
possiedenelsuoinsieme,come,peresempio,l’energiapotenzialegravitazionalecheilcorpopossiede
sepostoaunacertaaltezzadalsuolo.)L’energiainternadiuncorpodipendedallostatoincuiilsistema
si trova – per esempio, dalla sua temperatura e, in misura minore, dalla sua pressione – ma il calcolo
completodiquestagrandezzanoninteressalatermodinamica;quellocheinteressasonolesuevariazioni,
cheavvengononelcorsodiunatrasformazionetermodinamica.
La caratteristica fondamentale dell’energia interna di un sistema termodinamico è che la sua
variazione non dipende dalla particolare trasformazione che il sistema subisce, ma solo dagli stati
inizialeefinaledelsistema.Unagrandezzatermodinamicadiquestotipovienedettafunzionedistato:
l’energia interna, che viene indicata con U, è una funzione di stato e, se il sistema passa da uno stato
inizialeAaunostatofinaleB,lavariazionedellasuaenergiainterna,definitacome:
ΔU=UB–UA
aparitàdistatoinizialeefinaleèsempreugualeenondipendedaltipoditrasformazionecheilsistema
hacompiutoperpassaredaAaB,cioèindefinitivanondipendedallacurvacheilsistemahaseguito,nel
graficopressione-volume,perpassaredaAaB.
14.3Ilprimoprincipiodellatermodinamica
Ilprimoprincipiodellatermodinamicarappresentalaleggediconservazionedell’energia
Ilprimoprincipioavolumecostante
Ilprimoprincipioinunatrasformazioneadiabatica
Ilprimoprincipioatemperaturacostante
Ilprimoprincipiodellatermodinamicarappresentaunaformulazionedelprincipiodiconservazione
dell’energiaeaffermachel’energiadiunsistematermodinamicononsicreanésidistrugge,masi
trasforma,passandodaunaformaaun’altra.SesiindicaconQilcalorecheilsistemascambiacon
l’ambientecircostante(cheèpositivosevieneassorbitodalsistema,negativoseinveceèilsistemaa
cederecaloreall’ambientecircostante)esiindicaconLillavoro(ancheinquestocasoillavorosarà
positivo se si tratta di lavoro compiuto dall’ambiente sul sistema, negativo se è il sistema che compie
lavoro),allorailbilancioenergeticodelsistematermodinamico,cherappresentailprimoprincipiodella
termodinamica,siscrive:
ΔU=Q+L
e si dice che la variazione di energia interna di un sistema termodinamico è uguale alla somma
(algebrica)delcaloreedellavoroentrantinelsistema.
Ilprincipiodiconservazionedell’energianondistinguetraunaformadienergiaeun’altra(sipuòdire
cheessocogliel’aspettoquantitativodell’energiasenzacogliernel’aspettoqualitativo).
Sesiriscaldaungasmantenendoloavolumecostante–ponendo,peresempio,deipesisulcoperchioa
pistone di un contenitore per evitare che avvenga l’espansione del gas – il primo principio della
termodinamicasiriduceallasempliceuguaglianza:
ΔU=Q
poiché il gas non compie lavoro (L = 0) e il calore assorbito dal gas va ad aumentare la sua energia
interna.
Inunatrasformazioneadiabatica–compiuta,peresempio,isolandotermicamenteilgas,inmodochenon
visiaalcunoscambiodicaloreconl’ambientecircostante(Q = 0), e diminuendo la pressione del gas
(peresempio,togliendomanmanoipesidalpistonechechiudeilcontenitore)–perespandersiilgas
compie un lavoro (che sarà quindi negativo) e il primo principio della termodinamica si riduce
all’uguaglianza:
ΔU=–L
Sempre in una trasformazione adiabatica, se si aumenta la pressione sul coperchio del contenitore, il
lavoro(positivo)compiutodalsistemauguaglialasuavariazionedell’energiainterna,quindi:
ΔU=L
Se,infine,sicompiesulsistemaunatrasformazioneisoterma(atemperaturacostante)esidiminuiscela
suapressione,ilgassiespandemantenendoinvariatalasuaenergiainterna,quindiperilprimoprincipio
dellatermodinamicasiavrà:
Q=L
ILMOTOREACOMBUSTIONEINTERNA
Ilmotore a combustione interna, utilizzato nella maggior parte dei veicoli, è un esempio di motore termico, che trasforma in energia
meccanica l’energia che si sviluppa nella combustione, al suo interno, di un combustibile liquido o gassoso. Il più comune motore a
combustioneinternaèilmotoreaquattrotempi,ilcuiprimoesempiofucostruitodauningegneretedesco,N.Otto,nel1877.Ilmotorea
quattrotempiècostituitodaduepartiprincipali:uncarburatore,dovesiformaunamiscelaesplosivadiariaecombustibile,euncilindro
(comunementecenesonoquattro),chiusoatenutadaunpistone.L’ingressoalcilindroèregolatodaduevalvole,lavalvoladiammissione
elavalvoladiscarico,efornitodiunacandela,cheproducelascintilla.Aognipistoneècollegataunabiella,chetrasmetteilmovimentodel
pistone all’albero di trasmissione. Il funzionamento del motore a combustione interna avviene in quattro differenti fasi: nella prima fase,
dettafasediaspirazione,ilpistonechedevecontenereilfluidocombustibilepassadaunvolumeminimoaunvolumemassimo,creandoal
suointernounadepressionecheaspiralamiscelaaria-carburanteattraversolavalvoladiammissione.Nellasecondafase,dettafase di
compressione,nellaqualelevalvolesonochiuse,ilpistoneritornaallaposizionediminimovolume,comprimendolamiscelaalsuointerno
finché essa raggiunge un punto di massima compressione nel piccolo volume rimasto (detto camera di combustione o di scoppio). Nella
terzafase,lafasedicombustioneedespansione,lascintillaprovocatadallacandelainnescalacombustionedellamiscelacompressa,la
qualeesplodeproducendocaloreeliberandounamassadigas.Igassiespandono,spingendoilpistonefinoalsuomassimovolume.Daqui,
con la valvola di scarico aperta, comincia la quarta fase, la fase di scarico, nella quale il pistone si riabbassa e il sistema è pronto per
ricominciare il ciclo dalla prima fase. Il ciclo di un motore a scoppio, detto ciclo di Otto, può essere rappresentato su un piano p,V,
analogamentealciclodiCarnot(v.par.IlciclodiCarnot),sostituendoleduefasiadiabaticheconduefasiavolumecostante.
•Letrasformazionicicliche
Unciclotermodinamicoèrappresentatodaunacurvachiusa
InuncicloΔU=0
Lemacchinetermiche
Ilprimoprincipioperunatrasformazioneciclica
Intermodinamicaunatrasformazioneciclica,opiùsemplicementeunciclo termodinamico, è data da
unaserieditrasformazionifisichecompiutesuunsistema(peresempio,ungas),nellequaliallafine
legrandezzechecaratterizzanoilsistema(temperatura,pressioneevolume)hannovaloriidenticia
quelliiniziali.Unciclotermodinamicoèrappresentatosulpianop,Vdaunacurvachiusa,inmodoche
allafinedellaserieditrasformazioniilsistemaritornaallostatoiniziale.L’arearacchiusadallacurva
che rappresenta il ciclo è il lavoro erogato o assorbito dal sistema. Poiché l’energia interna di un
sistemaèunafunzionedistato,inunciclononsihavariazionedienergiainterna,ovveroΔU=0,ein
questocasoilprimoprincipiodellatermodinamicasiscriveQ=L,doveilcalorerappresentalasomma
totale del calore assorbito o ceduto dal sistema e il lavoro rappresenta la somma totale del lavoro
compiuto o subìto dal sistema. Un sistema che compie una trasformazione ciclica è detto macchina
termica,ilcuiscopoèquelloditrasformareinlavoromeccanicounapartedelcaloreassorbitodauna
sorgente a una data temperatura. In particolare, se si indica con L il lavoro totale (dato dall’area
racchiusadallacurvachiusanelpianop,V)esidistinguonoilcalorecedutodalsistema,Qc,eilcalore
assorbitodalsistema,Qa,ilprimoprincipiodellatermodinamicaperunciclosiscrive:
L=Qa–Qc
Questarelazione,confermatadalsecondoprincipiodellatermodinamica(v.par.14.4),affermachenon
tuttoilcalorefornitoaunamacchinatermicapuòessereconvertitoinlavoro,maunapartediesso,quella
ceduta all’ambiente, deve essere restituita. Un esempio di macchina termica è dato dal motore di
un’automobile (v. riquadro precedente), che trasforma parte del calore dato dalla combustione della
benzinainlavorocheservepermuoverelamacchina.
14.4Ilsecondoprincipiodellatermodinamica
LaformulazionediClausiusdelsecondoprincipio
LaformulazionediKelvindelsecondoprincipio
Uguaglianzatraledueformulazioni
Secondoilprimoprincipiodellatermodinamicanonesistelimitazioneteoricaalpassaggiodicaloreda
un corpo più freddo a uno più caldo, poiché anche questa eventualità soddisfa il principio di
conservazionedell’energia.Sipuòdimostrarequestaaffermazioneconunsempliceesempio:sesipone
uncubettodiacciaiofreddoinunbicchierediacquacalda,sperimentalmentesiosservachel’acciaiosi
scaldael’acquasiraffredda.Perilprimoprincipiodellatermodinamica,infatti,l’acquacedepartedella
suaenergiainternaall’acciaio,chesiriscalda.Sempreperilprimoprincipio,però,potevaverificarsi
teoricamente anche che l’acqua si riscaldasse ulteriormente, aumentando la sua energia interna, e
l’acciaio si raffreddasse ulteriormente, diminuendo la sua energia interna della medesima quantità,
poiché anche questa seconda possibilità rispetta il principio di conservazione dell’energia. Questa
osservazione ha aperto la strada al secondo principio della termodinamica, che afferma, nella sua
forma più semplice, dovuta al fisico tedesco R. Clausius (1822-1888), che il calore non può passare
spontaneamentedauncorpopiùfreddoaunopiùcaldo.
Ilsecondoprincipiohaunagranderilevanzaperlemacchinetermiche,checonvertonocaloreinlavoro;
nellaformulazionechesidevealordKelvin(che,comevedremopocooltreèequivalenteaquelladi
Clausius), stabilisce che, mentre il lavoro può sempre e integralmente essere convertito in calore, ciò
nonavvieneperilpassaggioinverso,ovveroèimpossibilerealizzareunatrasformazioneilcuiunico
risultato sia quello di assorbire calore da una sorgente e trasformarlo integralmente in lavoro. Il
secondo principio della termodinamica pone, in sostanza, le limitazioni alle quali è soggetta la
trasformazionedicaloreinlavoro.
Per dimostrare l’uguaglianza tra le due formulazioni (di Clausius e di Kelvin) del secondo principio
bisognaprocedereperassurdo,ipotizzandocioècheunadelleduesiafalsaedimostrarecherisultafalsa
anche la seconda. Se, per esempio, si assume che il postulato di Kelvin sia falso, sarebbe possibile,
utilizzando il calore fornito da una sorgente, ottenere come unico risultato lavoro. Se, per esempio, la
sorgente si trovasse a temperatura T1 e il lavoro prodotto su un corpo, a temperatura iniziale T2 >T1,
venissetrasformatoincalore,questoandrebbeadaumentarelatemperaturadelcorpoecomerisultatosi
avrebbe il passaggio di calore da un corpo a temperatura minore a uno a temperatura maggiore, in
contraddizioneconquantoaffermal’enunciatodiClausiusdelsecondoprincipio.
Viceversa, se si suppone falso l’enunciato di Clausius, si teorizza la possibilità di operare una
trasformazionecheabbiacomerisultatoilpassaggiodicaloredauncorpoatemperaturaminoreT1auno
a temperatura maggiore T2: quindi sarebbe possibile realizzare una macchina termica che utilizzasse il
calore della sorgente a temperatura T2 e ne cedesse una parte alla sorgente a temperatura minore,
producendolavoro:l’unicorisultatosarebbelatrasformazionedicaloreinlavoro,aspesedellasorgente
atemperaturaminore,incontraddizioneconl’enunciatodiKelvin.
In definitiva, il secondo principio della termodinamica sostiene che una macchina termica, per
operare,richiedealmenoduescambidicaloreconduesorgentiadiversatemperatura,concessione
dicaloreallapiùfreddaeassorbimentodicaloredallapiùcalda.Questoperché,nelletrasformazioni
ciclichetipichedellemacchinetermiche(cherichiedonochelecondizionifinalicoincidanoconquelle
iniziali),nontuttoilcalorepresodaun’unicasorgentepuòesseretrasformatocompletamenteinlavoro:
una parte del calore che non si trasforma in lavoro (e che non va ad aumentare l’energia interna del
sistema)devevenirecedutaaun’altrasorgente–peresempio,all’ambientecircostante–eindefinitiva
vienepersa.
•Ilrendimentodiunamacchinatermica
SidefiniscerendimentoηdiunamacchinatermicailrapportotraillavoroLcompiutodallamacchinae
ilcaloreQaassorbito:
L
η=
Qa
PoichéillavoroinunamacchinatermicaèL=Qa–Qc,sipuòscrivereilrendimentocome:
(Q –Qc)
Q
η= a
=1= c
Qa
Qa
Il rendimento quindi rappresenta la frazione del calore fornito alla macchina effettivamente utilizzabile
per produrre lavoro. Il secondo principio della termodinamica implica che il rendimento di una
macchinatermicasiasempreinferiorea1.
•IlciclodiCarnot
IlrendimentonelciclodiCarnot
IlciclodiCarnotèunparticolaretipodiciclotermodinamico,studiatodalfisicofranceseS.N.Carnot
(1796-1832), che rappresenta il ciclo ideale di trasformazioni termodinamiche seguito da un
qualsiasi motore termico (per esempio, il motore di un’automobile o un motore a vapore). Il ciclo di
Carnotconsentedideterminareilrendimentomassimoraggiungibiledaunmotoretermico.Sisvolge
in quattro fasi distinte, rappresentabili sul piano p,V attraverso due curve isoterme e due curve
adiabatiche,attraversocuiilsistematornaallaposizionedipartenza(v.fig.14.3).Nellaprimafase(da
1 a 2) di espansione isoterma (a temperatura costante) il sistema (per esempio, un gas) si espande e
assorbeunaquantitàdicaloreQ1daunasorgenteatemperaturainfinita(cioètalechelasuatemperatura
nonvariduranteilprocesso),mentrelatemperaturarimanecostante.Nellasecondafase,diespansione
adiabatica(da2a3),cioèsenzascambidicaloreconl’esterno,ilsistemasiespandesenzascambiare
calore, si raffredda e la sua temperatura passa da T1 a T2, dove T2 < T1. La terza fase (da 3 a 4)
rappresentaunacompressioneisoterma,nellaqualeilsistemavienecompressoacontattotermicoconun
pozzodicalore (una sorgente termica in grado di assorbire il calore senza variazioni di temperatura),
allatemperaturacostanteT2;durantequestafaseilsistemacedeunaquantitàdicaloreQ2.Nellaquarta
fase(da4a1)dicompressioneadiabatica,ilsistemavienecompressosenzacheavvenganoscambidi
calore con l’ambiente circostante, la sua temperatura aumenta e ritorna al valore iniziale T1. Il lavoro
compiutoduranteilcicloèparialladifferenzatrailcaloreassorbitoeilcaloreceduto,chenelnostro
casoèdatoda:
L=Q1–Q2
Ilrendimento,definitocomeilrapportotraillavoroerogatoeilcaloreassorbito,puòessereespresso
dallaformula:
T2
η=1-
T1
doveT1èlatemperaturadellasorgentecheforniscecaloreeT2èlatemperaturadellasorgenteacuiil
calore viene ceduto. Il rendimento è tanto più alto quanto maggiore risulta la temperatura T1 e quanto
minore risulta la temperatura T2, e in ogni caso è sempre inferiore all’unità poiché non è possibile
ottenere più energia di quanta ne viene immessa nel ciclo. Il rendimento in un ciclo di Carnot dipende
peròsolodalrapportotraleduetemperatureenondallecaratteristichedelfluidoutilizzato:èsufficiente
mantenereinalteratotalerapporto,cambiandoilsistema(peresempio,scambiandoungasperfettoconun
gasreale,oconunfluidoqualsiasi),eilrendimentorestainalterato.Quantoèmaggioreladifferenzadi
temperatura,tantopiùaltoèilrendimento.
Figura14.3RappresentazioneschematicadelciclodiCarnotnelpianop,V:ilsignificatodellecurveèdescrittonellafiguraA.InB
ilciclopercorsoinsensoantiorario,dettociclofrigorifero.
Nel ciclo di Carnot è possibile invertire il senso di percorrenza del ciclo, assorbendo calore dalla
sorgente fredda e cedendolo alla sorgente calda. In questo modo il ciclo assorbe lavoro invece di
erogarlo:èciòcheavvieneinunfrigoriferodomestico(v.riquadroafronte),nelqualeilmotoreassorbe
energiaelettricapersottrarrecaloredall’internodelfrigoriferoetrasferirloall’ambienteesterno.
ILFRIGORIFERO
Unamacchina frigorifera è una macchina termica in grado di prelevare una quantità di calore da una sorgente a bassa temperatura
cedendone un’altra quantità a una sorgente a temperatura più alta, in modo da raffreddare ulteriormente una sorgente fredda. Questo è
quanto accade nei normali frigoriferi domestici, nei quali la sorgente fredda è rappresentata dalla cella frigorifera e la sorgente calda
dall’ambientecircostante.
Nelciclofrigoriferounasostanzaaeriformevienecompressamedianteuncompressoreesubisceuninnalzamentoditemperatura;quindi
viene inviata a uno scambiatore di calore, che la riporta alla temperatura originaria senza variarne la pressione. In seguito viene fatta
espandereinunambienteapressioneminoreel’abbassamentoditemperaturacheneconsegueconsentedisottrarrecaloreall’ambiente.
Inquestafasesihal’effettofrigoriferodesiderato.Illavoroinunciclofrigoriferoènegativoeilciclo,descrittonelpianop,V,èanalogoa
un ciclo di Otto (v. riquadro precedente) percorso in senso antiorario. Un frigorifero per funzionare necessita quindi che venga fornito
lavorodall’esterno(illavorofattodalcompressorealimentatodall’energiaelettrica).
14.5L’entropia
Ilcaloreèunaformadegradatadienergia
Isistemifisicitendonoversolostatodimassimodisordine
L’entropiaèunindicedelgradodidisordinediunsistemafisico
L’unitàdimisuradell’entropia
Formadelsecondoprincipiodellatermodinamicainterminidientropia
L’entropiadell’Universoèincontinuoaumento
Se,comesièvistoneiparagrafiprecedenti,ilprimoprincipiodellatermodinamicasipuòformularein
manierageneraledicendochel’energiatotaledell’Universoècostante,perilsecondoprincipioquesta
energia non può trasformarsi liberamente da una forma a un’altra, ma esistono delle limitazioni. Per
esempio, l’energia termica non può passare da un corpo più freddo a uno più caldo, o meglio è
estremamente improbabile che questo accada. Inoltre, sempre per il secondo principio della
termodinamica, la produzione di lavoro è sempre accompagnata da un riscaldamento. Questo significa
cheesistenell’Universounatendenzaspontaneaalpassaggioversounaformadienergia(ilcalore)
chenonècompletamenteritrasformabileinun’altraformadienergia,cioèunatendenzaversouna
forma“degradata”dienergia,chenonèpiùutilizzabile.
Inaccordoconilsecondoprincipiodellatermodinamica,sipuòdirequindicheesisteneisistemifisici
unatendenzaalladegradazionedell’energiaequindiallasuadispersionenell’ambiente.Questoconcetto
è strettamente legato al fatto che ogni trasformazione fisica spontanea avviene in un verso
determinato: per esempio, il calore passa da un corpo più caldo a uno più freddo, ma non viceversa;
l’acqua presente su una superficie libera tende a evaporare, ma il vapore acqueo prodotto non tende
spontaneamentearitrasformarsiinliquido;unapallalasciatarimbalzarealsuolotendeacadereversoil
basso, fino a fermarsi a causa dell’attrito. Il processo inverso di questi tre esempi è in accordo con il
primoprincipiodellatermodinamica,perchél’energiadiunsistemaincuiilcalorepassadauncorpo
piùfreddoaunopiùcaldo,peresempio,siconserva,manonloèconilsecondo.
Figura14.4InAilrecipiente1contienelemolecolediungas(peresempio,argo),mentreilrecipiente2èvuoto.Aprendolavalvola
(B),partedellemolecolesitrasferiscenelsecondorecipienteeilsistemapassaaunostatodimaggioredisordine.
Si consideri un sistema fisico costituito da un recipiente contenente un gas, libero di espandersi in un
altro contenitore vuoto, collegato al primo tramite una valvola (v. fig. 14.4): inizialmente tutte le
molecole del gas si trovano nel primo contenitore, ma se la valvola viene aperta il gas tende
spontaneamente a passare nel secondo contenitore, e le sue molecole si distribuiscono uniformemente
all’internodell’interovolumedisponibile,rappresentatodaiduecontenitori.Nullavietachelemolecole
del gas restino nel primo contenitore, o, analogamente, si trasferiscano interamente nel secondo,
svuotandoilprimo,maquestononaccade.Unavoltacheilprocessoèavvenuto,ovverounavoltache
tutte le molecole si sono uniformemente distribuite all’interno dei due contenitori, è altamente
improbabilecheilsistemaritornispontaneamenteallostatodipartenza,ovverochetuttelemolecoledel
gasritorninospontaneamentenelprimocontenitore.Ilprocessodunqueèirreversibile.
Il sistema tende spontaneamente a passare da un iniziale stato più ordinato (tutte le molecole nel
primo contenitore) a uno finale più disordinato (le molecole distribuite uniformemente nei due
contenitori). Un esempio analogo è quello del passaggio del calore da un corpo più caldo a uno più
freddo, che, una volta avvenuto, non tende spontaneamente a verificarsi in senso contrario: anche in
questocasoilsistemaèpassatodaunostatoinizialediordine(uncorpocaldoeunofreddo)aunostato
finaledidisordine(iduecorpiaugualetemperatura)eilprocessononavvienespontaneamenteinsenso
inverso,ovveroèirreversibile.
Generalizzando,sipuòdirecheunsistemafisicoisolatosoggettoatrasformazionispontaneetendeverso
ilsuostatodimassimodisordine.
Perchiarirequestoconcettovieneintrodottainfisicaunagrandezza,dettaentropiaeindicatasolitamente
conS,cheesprimeilgradodidisordinediunsistemafisico.Interminidientropia,ilsecondoprincipio
della termodinamica si formula dicendo che ogni trasformazione spontanea di un sistema fisico
isolatoèirreversibileeportaaunaumentodell’entropia. L’entropia è una funzione di stato, ovvero
dipendesolodallostatoinizialeefinaledelsistema,edèindipendentedaltipoditrasformazionisubite
dal sistema nel passare da uno stato all’altro. In un sistema termodinamico che subisce una
trasformazione,lavariazionedientropiadiunprocessoreversibilesidefiniscecomeilrapportotrala
quantitàdicalorescambiatodalsistemaelatemperaturaassolutaacuiavvieneloscambio,ovvero:
Q
ΔS=
T
L’unità di misura dell’entropia nel Sistema Internazionale è il J/K, joule su grado kelvin. L’entropia
dunqueèunagrandezzamisurabileerappresentaunindicedellostatodidisordinedelsistemafisico.Il
secondoprincipiodellatermodinamicaassumequindilaforma:
Q
ΔS≥
T
doveilsegnodiuguaglianzavaleperiprocessireversibili,mentrequellodidisguaglianzaperiprocessi
irreversibili.
Se si considera l’intero Universo come un sistema isolato termicamente, nel quale tutti gli scambi di
calore con un eventuale ambiente esterno sono nulli e nel quale le trasformazioni spontanee sono
irreversibili,ilsecondoprincipiodellatermodinamicasipuòscrivere:
ΔS>0
che stabilisce che l’entropia dell’Universo è in continuo aumento. Questo, per quanto detto
precedentemente,implicaanchechel’energiatotaledell’Universo,purmantenendosicostanteinaccordo
conilprimoprincipiodellatermodinamica,vadaversoungradodimassimadegradazione,ovveroche
l’energiautiledell’Universo(quellachepuòesseretrasformataspontaneamenteinlavoro)èincontinua
diminuzione,mentrecrescelafrazionedienergiatermica,ocalore,acausadegliattriti.
GLOSSARIO
Energiainterna
Funzionedistatocherappresental’energiapossedutadaunsistemaacausadelmotointernodeisuoiatomiemolecole.
Entropia
Funzionedistatodiunsistemachemisurailgradodidisordinemolecolare.
Equilibriotermodinamico
Statotermodinamicodiunsistemanelqualelegrandezzepressione,volumeetemperaturarimangonocostantineltempo.
Equivalentemeccanicodelcalore
Rapportotral’energiameccanicael’energiatermica,paria4,1868·107.
Funzionedistato
Grandezzatermodinamicacaratterizzatadalfattochelasuavariazionenondipendedallaparticolaretrasformazionecheilsistemasubisce,
masolodallesueposizioniinizialeefinale.
Macchinatermica
Sistema che compie una trasformazione termodinamica ciclica, il cui scopo è quello di trasformare in lavoro meccanico una parte della
quantità di calore assorbita da una sorgente. Si definisce rendimento della macchina termica il rapporto tra il lavoro compiuto dalla
macchinaelaquantitàdicaloreassorbita.
Primoprincipiodellatermodinamica
Formulazione del principio di conservazione dell’energia, che afferma che l’energia totale di un sistema termodinamico non si crea né si
distrugge,masitrasforma,passandodaunaformaaun’altra.
Secondoprincipiodellatermodinamica
Principio che afferma che solo una parte del calore assorbito da un sistema può essere trasformato in lavoro, ovvero che il calore può
passare solo da un corpo più caldo a uno più freddo. In termini di entropia, si esprime dicendo che un sistema isolato soggetto a
trasformazionispontaneetendeversounostatodimassimaentropia.
Termodinamica
Partedellafisicachestudiaiprocessineisistemicheinteragisconotraloroconscambidicaloreevariazioniditemperatura.
Trasformazionetermodinamica
Trasformazionecaratterizzatadalpassaggiodiunsistematermodinamicodaunostatoinizialeaunostatofinale,attraversounasuccessione
distatiintermedi,rappresentatasuunpianocartesianop,V.Inunatrasformazioneciclicailsistematornaallostatoiniziale.
TESTDIVERIFICA
1. Checosasiintendeperenergiainternadiuncorpo?
2. Perchél’energiainternaèunafunzionedistato?
3. Il passaggio di calore da un corpo più freddo a uno più caldo sarebbe in contrasto con il primo principio della
termodinamica?
4. Qualèilrendimentomassimodiunamacchinatermica?
5. Qualèlaformadienergiamenoutile?
6. Comevarial’entropiadell’Universo?
L’ELETTROMAGNETISMO
15L'ELETTRICITÀSTATICA
L’elettrostatica, che studia i fenomeni connessi alle cariche elettriche in quiete e le forze che si esercitano tra esse, rappresenta il
primo gradino di quella parte della fisica che si occupa dei fenomeni elettrici e dei fenomeni magnetici. Elettricità e magnetismo
sono strettamente correlati in un impianto teorico molto ricco e complesso: la massima sintesi è fornita dalla teoria
dell’elettromagnetismo dovuta a Maxwell, che descrive le interazioni tra i fenomeni elettrici e i fenomeni magnetici e il
comportamento dei fenomeni ondulatori connessi, le onde elettromagnetiche. I fenomeni elettrici sono noti fin dall’antichità, ma
soltantonell’800neèstatadataun’interpretazionescientificarigorosaenesonostatecompreseleimplicazionitecnologiche.Finoal
’700,infatti,l’elettricitàvenivastudiatasolocomeunacuriositàdalaboratorioenessunoavevaimmaginatoquantoquestifenomeni
avrebberocambiatotuttigliaspettidellanostravitaquotidiana.
15.1Naturadell’elettricità
Atomoeparticelleelettricamentecariche
L’elettricità è una delle proprietà fondamentali della materia: si manifesta attraverso attrazioni o
repulsionitracorpiederivadalleproprietàatomichedellamateria.Icorpidotatidiquestaproprietà
sidiconoelettricamentecarichi;lagrandezzachelicaratterizzasidicecaricaelettrica.
Lamateriaècostituitadaunitàdetteatomi(v.par.L’atomo),untemporitenutiindivisibili,mache,come
è stato dimostrato all’inizio del ’900, sono costituiti da particelle. Un atomo è formato da tre tipi di
particelle: protoni e neutroni, riuniti in un nucleo centrale, ed elettroni, che si muovono intorno al
nucleo.Ciascunprotoneportaunacaricaelettrica positiva, mentre i neutroni non possiedono carica;
ciascun elettrone porta una carica elettrica negativa. La carica positiva del protone e la carica
negativadell’elettrone,disegnoopposto,sonougualiinvaloreassoluto.Incondizioninormaliunatomo
possiede un ugual numero di protoni (detto numero atomico Z) e di elettroni e perciò è elettricamente
neutro.Diconseguenzasononeutriancheicorpiformatidaquestiatomi.Incertecircostanzegliatomi
possono perdere o acquistare elettroni (gli elettroni sono “mobili”, a differenza dei protoni, che
possiedono una massa assai maggiore e inoltre sono aggregati nel nucleo). Quando gli atomi di una
sostanza acquistano elettroni, la caricano negativamente, cioè la sostanza possiede un eccesso di
elettroni;viceversa,quandoperdonoelettroni,lasostanzaècaricapositivamente,cioèèindifettodi
elettroni.
•Mobilitàdeglielettroniestrutturaelettronica
Elettronielivellienergetici
Ionipositivieioninegativi
Glielettronidell’atomosipossonopensaredispostiattornoalnucleoinstraticherappresentanodei
livellienergetici.Fornendoosottraendoenergiaaunatomo,glielettronisaltanodaunostrato(cioèdaun
livello)energeticoaunaltro.Quandoforniamoaunatomosufficienteenergiapervincereleforzeche
tengonounitiglielettronidellostratopiùesternoalrestodell’atomo,questisarannoliberidipassareda
uncorpoall’altroo,comecapitaperalcunimateriali(peresempio,imetalli),dimuoversiall’internodel
materialeedicondurrelalorocaricaelettricadaunpuntoall’altrodelmateriale.Perquestosidiceche
gli elettroni di un metallo sono i portatori della carica elettrica: in un metallo alcuni elettroni
debolmente “legati” al nucleo atomico si comportano non come se appartenessero a un determinato
atomo,maalmaterialenelsuocomplessoesonoliberidimuoversineglispazitragliatomi.Inaltritipi
di materiali, invece, gli elettroni sono fortemente “legati” agli atomi ed è necessaria una quantità di
energiamoltopiùelevataperrenderliliberidimuoversi.
Unatomochehapersounoopiùelettroni,echequindiècaricopositivamente,èdettoionepositivo;gli
elettroni persi da un atomo possono anche essere ceduti ad altri atomi, che diventano carichi
negativamente,trasformandosiinioninegativi(cioèinatomichehannoacquistatounoopiùelettroni).
15.2Elettrizzazionediuncorpo
Già nel VI secolo a.C. il filosofo greco Talete di Mileto aveva notato che un pezzetto di ambra (in
grecoélektron,dacuiderivailtermineelettricità)strofinatoconunpannodilanaacquistalacapacità
di attrarre corpi leggeri (per esempio, piccole pagliuzze) e che doveva entrare in gioco una forza
diversadaquellagravitazionale,perchél’ambranonstrofinatanonavevaquestacapacità.L’esperimento
ètuttoraripetutonelleprimelezionisull’elettricitàintuttelescuole:èsufficientestrofinareconunpezzo
dilanaunabiroeavvicinarlaaunmucchiettodipezzettinidicartadiquadernoelabiroattrarràipezzetti
dicarta.Quandouncorpohaacquistatotalecapacitàsidicecheèelettrizzato,ocaricodielettricità
statica;aifenomenichesimanifestanoaseguitodiquestacondizionesidàilnomedifenomenielettrici.
Uncorpopuòvenireelettrizzatointremodidiversi:perstrofinio,percontattooperinduzione.
•Elettrizzazioneperstrofinio
Attrazioneerepulsionetracorpicarichielettricamente
Conduttorieisolanti
Neiconduttorilecarichesonoliberedimuoversi
Negliisolantilecaricherestanodovesiproducono
Vi sono alcune sostanze (come l’ambra, il vetro, la plastica e la ceralacca) che possono venire
elettrizzateperstrofinio–peresempio,conunpannodilana–eacquistanolacapacitàdiattrarrecorpi
neutri.Sestrofiniamoduebacchettedivetroconunpannodilanaeleavviciniamotraloro,tenderannoa
respingersi.Seinvecestrofiniamounabacchettadivetroeunadiplastica,questetenderannoadattrarsi.
Esistonoquindiduetipidielettrizzazioneodicaricaelettrica,chefuronochiamatipositivaenegativa
dalloscienziatoamericanoBenjaminFranklin(1706-1790),chesioccupòdifenomenielettriciattornoal
1750.
Due corpi elettrizzati si attraggono o si respingono a seconda della natura della loro carica elettrica:
cariche dello stesso segno (entrambe positive o entrambe negative) si respingono, cariche di segno
opposto(unapositivael’altranegativa)siattraggono.Quandouncorpovieneelettrizzatoperstrofinio
conunsecondocorposihauntrasferimentodicaricheelettrichedauncorpoall’altro,cosìcheunodei
duecorpisicaricapositivamenteel’altrosicaricanegativamente.Inbaseaquantodettorelativamente
allanaturaatomicadellacaricaelettrica,sestrofiniamoconunpannodilanaunabacchettadiplastica,
che in questo modo si carica negativamente, gli elettroni passano dalla lana alla plastica: la plastica
acquistaelettroni,mentrelalananeperdeesicaricapositivamente.
Inrelazioneallacapacitàdielettrizzarsiperstrofinio,icorpisidividonoinconduttorieisolanti.
Esistonodeimaterialicheapparentementenonvengonoelettrizzatiperstrofinio.Seproviamoastrofinare
unabacchettadimetalloconunpannodilanaeadavvicinarlaaunabacchettadivetroprecedentemente
elettrizzataperstrofinio,vedremochelabacchettadimetallononesercitaalcunainfluenzasuquelladi
vetro.Questoavvieneperchéimetallisonoconduttoridielettricità,quindi,quandovengonoelettrizzati,
le cariche elettriche che si producono sulla loro superficie non restano confinate dove sono state
generate, ma scorrono liberamente al loro interno, passano alla nostra mano (anche noi siamo
conduttori)elungoilnostrocorposiscaricanoaterra.
Imaterialicomelaplastica,ilvetroelaceramica,invece,chenonlascianosfuggirelecarichedalpunto
incuivengonogenerate,sonodettiisolanti.
Se alla bacchetta di materiale conduttore applicassimo un manico di plastica, o di un’altra sostanza
isolante, questo impedirebbe alle cariche di lasciare il materiale, e quindi di scaricarsi al suolo
attraversoilnostrocorpo.Inquestocasoanchelabacchettadimetallopotrebbevenireelettrizzataper
strofinioedeserciterebbeunaforzasullabacchettadivetro.
Nei conduttori gli elettroni esterni sono liberi di muoversi e di portare la carica elettrica da un punto
all’altrodellasuperficiedelmateriale,negliisolantiglielettronisonomoltofortementelegatiagliatomi
erestanoconfinati.Esistonoinoltredeimaterialichehannodellecaratteristicheintermedietraquelledei
conduttori e quelle degli isolanti, i semiconduttori, molto usati nell’industria microelettronica (v.
riquadroallapaginaprecedente).
ISEMICONDUTTORI
I semiconduttori sono sostanze che presentano caratteristiche di conduttività elettrica intermedia tra quella dei conduttori e quella degli
isolanti.Sonosemiconduttorimaterialicomeilsilicio,ilgermanioecomposticomel’arseniurodigallio.Ilcomportamentodeisemiconduttori
puòesserespiegatoconsiderandolalorostrutturaatomica.Glielettroniesternideisemiconduttorisonofortementelegatiaciascunatomoe,
contrariamenteaglielettroniesternidiunconduttoremetallico,hannoscarsissimapossibilitàdimuoversi.Perchésiapossibilelaconduzione
elettrica,ènecessariochealcunidiquestielettroniacquistinoenergiasufficienteapassaredalivellienergeticichevengonodettibandadi
valenza (in cui gli elettroni esterni, o di valenza, degli atomi sono legati strettamente agli elettroni di valenza degli atomi vicini) a livelli
energeticichecostituisconolacosiddettabandadiconduzione(incuialcunielettronisonoliberidimuoversi).Mentreneimetallinonè
necessaria in pratica nessuna energia in più per passare dalla banda di valenza alla banda di conduzione, nei semiconduttori il dislivello
energeticoèpiuttostoalto,enegliisolantièancoramaggiore(v.fig.).Questospiegaancheunacaratteristicapeculiaredeisemiconduttori,
ovveroladipendenzadellaloroconduttivitàelettricadallatemperatura:fornendocalore,sifornisceadalcunielettronil’energianecessaria
persuperareildislivellotraleduebandeedesserecosìliberidimuoversiall’internodelmateriale,soggettialleforzeelettriche.Quandoun
elettronepassadallabandadivalenzaallabandadiconduzione,lascialiberounposto,chevienedettolacuna,obuca,echesicomportaa
tuttiglieffetticomeunacaricapositiva:inpresenzadiforzeelettricheesterne,unelettronevaaoccupareunalacuna,formandoquindiuna
nuovalacunachevieneoccupatadaunnuovoelettroneecosìvia,dandol’impressionechevisiaunmotodellelacune,ugualeecontrarioa
quello degli elettroni. Per aumentare la conduttività dei semiconduttori si usa introdurre a livello atomico delle quantità molto piccole di
sostanzeopportune,chevengonodetteimpurità;questaoperazioneèdefinitadrogaggio.Dosandoopportunamenteleimpuritàall’interno
di un semiconduttore e regolando la temperatura, si può ottenere un semiconduttore con un numero fissato di portatori di carica, quindi
regolarne molto precisamente la conduttività. Per le loro proprietà elettriche particolari questi materiali vengono largamente impiegati
nell’industriaelettronica;ilsilicio,peresempio,èl’elementobasedeichipdeglielaboratorielettronici.
Neimetallinonesistedivarioenergeticotralabandadivalenzaelabandadiconduzione,chepraticamentecoincidono;negli
isolantitaledivario(ogapenergetico)è10voltesuperioreaquellopresenteneisemiconduttori.
•Elettrizzazionepercontatto
L’elettroscopioafoglie
Imaterialiconduttoripossonovenireelettrizzatiponendoliacontattoconuncorpoelettricamentecarico,
cioèpossonoessereelettrizzatipercontatto.Ancheinquestocasosihauntrasferimentodicariche
elettrichedauncorpoaunaltro:ilcorpoelettricamentecaricocedepartedellesuecariche(positiveo
negative)alcorponeutro,rendendolocarico.
Unostrumentobasatosullaproprietàdeiconduttoridivenireelettrizzatipercontatto,dettoelettroscopio,
permette di verificare se un corpo è elettricamente carico. L’elettroscopio (v. fig. 15.1) è costituito da
un’asta metallica verticale alla cui estremità inferiore sono attaccate due sottili lamelle di metallo
(generalmente oro o alluminio). Il tutto è racchiuso in un contenitore di vetro, da cui esce soltanto un
pomello,anch’essodimetallo.Sel’astadell’elettroscopiononècaricaelettricamente,sottol’influenza
della forza di gravità le due lamine si dispongono verticalmente. Se invece tocchiamo il pomello
dell’elettroscopioconuncorpocarico,lacaricaelettricatrasmessaalpomellopasseràall’astaequindi
allefoglioline,che–caricatedellostessosegno–sirespingerannoesiallontanerannotraloro.
L’elettroscopio può venire usato anche per verificare se un corpo è un conduttore o un isolante. Se
poniamo in contatto con il pomello dell’elettroscopio caricato elettricamente un isolante, le lamelle
resteranno divaricate, mentre se il contatto avviene con un conduttore l’elettroscopio si scarica,
trasferendolesuecarichealconduttore,eleduelamellesiriavvicineranno.
Figura 15.1 Se si tocca la sferetta esterna di un elettroscopio con un oggetto elettrizzato, le lamelle metalliche all’interno della
bocciadivetrosielettrizzanoalorovolta,caricandosidellostessosegno,eperciòsiseparano.
•Elettrizzazioneperinduzione
Laseparazionedellecaricherendeilcorpoelettrizzato
Corpoinduttoreecorpoindotto
Ilparafulmine
Unterzomodoperelettrizzareuncorponeutroèbasatosulfenomenodell’induzione elettrostatica (v.
fig. 15.2). Supponiamo di avvicinare due sfere metalliche, isolate da terra mediante un manico di
plastica, l’una carica positivamente e l’altra neutra. Per effetto della forza di attrazione elettrica, gli
elettroni liberi presenti sulla superficie della sfera neutra tenderanno a concentrarsi nella parte della
sfera più vicina alla sfera carica positivamente, mentre sulla parte più lontana si produrrà una
concentrazione di cariche positive. Sulla sfera neutra si dice che è stata indotta una separazione di
cariche.Allontanandonuovamentelasferacarica,lecarichesullasferaneutratornanoaneutralizzarsie
siristabiliscel’equilibrio.Lasferacaricavienedettacorpoinduttoreelasferasullaqualesiproducela
separazione di cariche viene detta corpo indotto. In questo tipo di elettrizzazione non si ha
trasferimentodicariche,cioèilcorpoindottorimanenelsuocomplessoelettricamenteneutro,masiha
una separazione di cariche sulla sua superficie, a seguito della quale il corpo diviene in grado di
esercitareunaforzaelettricasuunaltrocorpocarico.
Figura15.2 L’induzione elettrostatica: A è il corpo induttore e B il corpo indotto: gli elettroni liberi presenti sulla superficie del
corpoindottotendonoaconcentrarsinellazonapiùprossimaalcorpoinduttore,caricopositivamente.
Il fenomeno dell’induzione elettrostatica viene sfruttato, per esempio, nei parafulmine, il cui scopo è
quellodiimpedirechelescaricheelettricheprodottedaifulminicolpiscanogliedifici.Ilparafulmineè
costituito da un’asta metallica appuntita, posta sulla sommità dell’edificio da proteggere e collegata a
terra mediante un conduttore. Il passaggio di una nuvola carica di elettricità induce sulla punta del
parafulmineunacaricadisegnoopposto.Èdimostratocheglioggettiappuntitisonoingradodiattrarre
maggiormente le cariche di segno opposto, poiché il fenomeno dell’induzione su una punta porta alla
migrazione di molte cariche in una superficie ridotta: questo fa sì che la forza attrattiva di un oggetto
affusolato,comeappuntoilparafulmine,siamaggiore.Questofenomenosidiceeffettopunta.Lacarica
indottasulparafulminefavorisceilprodursidiunascaricaelettricatralanuvolacaricadielettricitàeil
parafulmine stesso, il quale, collegato a terra, permette in tal modo al fulmine di scaricarsi e di non
danneggiarel’edificio.
Loschemadellafigura15.3riassumeimetodidielettrizzazionedeicorpi,imaterialineiqualiqueltipo
di elettrizzazione è più facilmente osservabile e le conseguenze in termini di cariche elettriche
(ricordiamo che anche un conduttore può venire elettrizzato per strofinio, ma occorre isolarlo, ovvero
montarloperesempiosuunmanicodimetallo).
Figura15.3Materialiisolantieconduttorierelativimetodidielettrificazione.Neiprimiduetipidielettrizzazione,perstrofinioeper
contatto,siverificauntrasferimentodicarichedalcorpoelettrizzantealcorpoelettrizzato,mentrenell’elettrizzazioneperinduzione
le cariche complessive del corpo rimangono invariate, ma per effetto della separazione delle cariche sulla sua superficie, il
conduttorediventaingradodiattrarrecorpicarichi.
15.3Lacaricaelettrica
Unitàdimisura:ilcoulomb
L’elettronepossiedelacaricaelettricapiùpiccola
La carica elettrica, come ogni altra grandezza fisica, è misurabile, ovvero è possibile stabilire quanta
carica elettrica possiede un corpo carico in base a un’unità di misura della carica. Nel Sistema
Internazionale l’unità di misura della carica elettrica è il coulomb (simbolo C), dal nome del fisico
franceseCharlesAugustinCoulomb(1736-1806).Ilcoulombèdefinitoapartiredallacorrenteelettrica
(costituitadalmovimentoordinatodellecaricheelettriche;v.cap.17,p.XXX)edèpariallacaricache
transitain1secondoattraversolasezionediuncircuitopercorsodaunacorrentedi1ampere(A),l’unità
dimisuradellacorrente.
Per il momento ci interessa definire il valore della carica elettrica più piccola esistente, quella
dell’elettrone,chevieneindicataconeevale:
e=1,6021.10–19C
Tuttelealtrecaricheelettriche,esistentiinnaturaoprodotteartificialmente,sonomultipledellacarica
dell’elettrone,cheperquestomotivovieneanchedettacaricaelettricaelementare (la carica elettrica
dell’elettronequindièestremamentepiccolaedèperquestomotivochenonèstatasceltacomeunitàdi
misura della carica elettrica; la quantità di carica prodotta da un fulmine è per esempio di 10 C, che
corrisponderebberoa1020voltelacaricadell’elettrone).
•Lacaricaelettricasiconserva
Lacaricaelettricanonsicreaenonsidistrugge
In analogia con quanto visto per la massa e l’energia (v. cap. 8, p. 78), esiste anche una legge di
conservazione della carica elettrica: in un sistema fisico isolato, la quantità totale di carica elettrica
rimane invariata nel tempo, anche quando vengano scambiate cariche elettriche tra le parti del sistema
(cioèinunsistemaisolatononc’ècreazionedicaricheelettriche,maquestepassanodauncorpoaun
altro, conservandosi in quantità). Quando strofiniamo una bacchetta di vetro con un panno di lana, la
bacchetta si carica positivamente, ma gli elettroni in eccesso passano sul panno, che si carica
negativamente: la carica elettrica totale del sistema bacchetta-panno si conserva, ovvero rimane
invariata.
La legge di conservazione della carica deve valere anche a livello dell’atomo: perciò, quando in una
reazione atomica o nucleare (v. cap. 25) si ha produzione di una particella carica negativamente, deve
venireprodottaancheunacaricapositiva.
15.4LaleggediCoulomb
LaleggediCoulomb
LacostantediCoulomb
Analogiaconlaleggedigravitazioneuniversale
Èstatodettoinprecedenzachetraduecorpielettricamentecarichisiesercitaunaforza,attrattivaseidue
corpihannocarichedisegnoopposto,repulsivanelcasocontrario.
Nel 1785, servendosi di una bilancia a torsione (v. riquadro alla pagina seguente), Coulomb dedusse
sperimentalmenteunalegge,notacomeleggediCoulomb,secondolaqualelaforzaF che si esercita
tra due cariche elettriche puntiformi q1 e q2, poste nel vuoto a distanza d l’una dall’altra, è
direttamenteproporzionalealprodottodelleduecaricheeinversamenteproporzionalealquadrato
dellalorodistanza:
qq
F=k 1 2
d2
dovekèunfattorediproporzionalitàchevienedettocostantediCoulomb(paria9.109Nm2/C2).
La costante di Coulomb k si può esprimere anche come k = 1/4πε, dove ε è detta costante dielettrica
assolutaedipendedallasostanzacheseparaleduecariche.Lacostantedielettricaassolutaèilprodotto
diduegrandezze,ε0,lacostantedielettricadelvuoto,chevaleε0=8,859.10–12C2/Nm2,edεr,lacostante
dielettricarelativa,cheèunnumeropuroilcuivalorevadall’unità(nelvuoto)aqualchedecina.
LaleggediCoulombindicaancheselaforzaesercitatatraiduecorpicarichièattrattivaorepulsiva:se
leduecarichehannolostessosegno,illoroprodottosaràpositivoelaforzachesiesercitatraloroavrà
segnopositivo,quindisaràrepulsiva.Selecarichehannosegniopposti,illoroprodottoènegativoela
forzachesiesercitatralorohasegnonegativo,quindièattrattiva.
La legge di Coulomb, relativa all’interazione elettrostatica, ha la medesima struttura della legge di
gravitazioneuniversale(v.ap.62):entrambeleforzesonodirettamenteproporzionalialprodottodelle
proprietà dei due corpi (la massa nel caso della forza gravitazionale, la carica elettrica nel caso della
forza elettrostatica) e inversamente proporzionali al quadrato della loro distanza. Va comunque
rammentatochelaforzadigravità,adifferenzadiquellaelettrica,èsempreesoloattrattiva.Inoltrela
forzaelettricaèmoltopiùintensadiquellagravitazionale(laforzaelettricadiattrazionefraunprotonee
un elettrone all’interno dell’atomo di idrogeno è di ben 1039 volte superiore rispetto alla forza
gravitazionaletraledueparticelle).
LABILANCIAATORSIONE
PerdeterminarelaleggediinterazioneelettrostaticaCoulombutilizzòunapparatostrumentale,chiamatobilanciaatorsione,costituitoda
unfilosottilecherecaaun’estremitàunabacchettadimaterialeisolante;aidueestremidellabacchettasonoposteduesferettemetalliche,
che chiameremo A e A’. La sferetta A è carica e la sferetta A’ le fa da contrappeso, in modo che la bacchetta sia disposta sul piano
orizzontale.Ilsistemadelleduesferettepuòruotareattornoalcentrodellabacchetta,ilpuntoincuièfissatoilfilo.Messaincontattocon
un’altrasferettacaricaB,fissaeisolataelettricamentedaunpiccolomanubriodimaterialeisolante,lasferettaA subisce una forza che
provocalarotazionedellabacchetta:misurandol’angolodirotazionedellabacchettasuunascalagraduatasipuòrisalireall’intensitàdella
forzachesiesercitatraleduesferette.Dopoparecchiesperimenti,Coulombsiaccorsecheseutilizzavasferettemoltopiccole,checon
unaapprossimazionepossonoessereconsideratepuntiformi,laforzaseguivaunaleggepiuttostosemplice,cheformalizzòsottoformadella
leggediCoulomb.
GLOSSARIO
Caricaelettrica
Grandezzafisicafondamentaledefinitacomelaquantitàdielettricitàpossedutadauncorpo.L’unitàdimisuraèilcoulomb.
Conduttore
Corpoincuilacaricaelettricanonrestalocalizzata,maèliberadimuoversialsuointerno.
Coulomb
Unitàdimisuradellacaricaelettrica:1coulombèdefinitocomelacaricachetransitain1secondoinuncircuitopercorsodaunacorrente
di1ampere.
Elettricità
Unadelleproprietàfondamentalidellamateria,chesimanifestaattraversoattrazioniorepulsionitracorpi,quandosudiessisianopresenti
dellecaricheelettriche.
Elettrone
Particella atomica con carica elettrica negativa; la carica elettrica dell’elettrone vale e = 1,6021.10–19 C ed è detta carica elettrica
elementareperchétuttelealtrecarichenesonomultiple.
Elettrostatica
Studiodeifenomeniconnessiallecaricheelettricheinquieteedelleforzechesiesercitanotraloro.
Isolante
Sostanzaaconducibilitàelettricamoltopiccola,incuilacaricarestaconfinatadoveèstataprodotta.Ènecessariaunagrandequantitàdi
energiaperrimuovereunelettronedaunatomodiunisolante.
Protone
Particella atomica con carica elettrica positiva, uguale e contraria a quella dell’elettrone. Grazie alla presenza di protoni ed elettroni, gli
atomisononellorocomplessoelettricamenteneutri.
TESTDIVERIFICA
1. Qualispeciedicarichesirespingonoequalisiattraggono?
2. Indicaretresistemipercaricareelettricamenteuncorpo.
3. Inchecosalacaricadell’elettronedifferiscedallacaricadelprotone?
4. Comevarialaforzaelettricatraduecarichequandolalorodistanzaraddoppia?Equandotriplica?
5. Per quali aspetti la legge di Coulomb e la legge di gravitazione universale si assomigliano, e per quali aspetti
differiscono?
16ILCAMPOELETTRICO
Ilconcettodicampodiforzesiincontrainfisicatuttelevoltechevièlanecessitàdispiegareunaforzacheagisceadistanza.Una
carica elettrica esercita una forza su un’altra carica, ma è meno immediato spiegare che cosa accade a questa forza quando una
delleduecarichevienerimossa.Sidiceperciòcheesisteunaregionedispazioattornoallacaricacherisentedellaforzaelettrica:a
questaregionedispaziosidàilnomedicampoelettrico. Analogamente al campo gravitazionale, il campo elettrico è un campo di
forze conservativo, quindi è possibile introdurre il potenzialeelettrico: la differenza di potenziale elettrico fornisce una misura del
lavorodacompiereperspostareunacaricaall’internodelcampo.
16.1Ilconcettodicampoelettrico
Unacaricaelettricageneraattornoaséuncampoelettrico
Ilcampoelettricoèvettorialeeconservativo
Il campo elettrico è la regione di spazio in cui agiscono le forze elettriche su altre cariche
eventualmente presenti. Come per il campo gravitazionale, si dice che una carica elettrica, o una
distribuzione di cariche elettriche, genera attorno a sé un campo elettrico, nel senso che modifica le
proprietà dello spazio circostante in modo che una qualunque altra carica posta nelle vicinanze viene
sollecitatadaunaforzadinaturaelettrica.
Il campo elettrico è un campo vettoriale, perché caratterizzato da una forza, quella elettrica, ed è
conservativo,perchéillavorochesicompieperpassaredaunpuntoaunaltrodelcamponondipende
dalcamminoscelto,masolodaipuntiinizialeefinale.
•Ilvettorecampoelettrico
L’intensitàdelcampoelettricodiminuisceallontanandosidallacaricachelogenera
Perverificarel’esistenzadelcampoelettricogeneratodaunacaricaQsiintroduceunacaricadiprovaq,
di intensità molto più piccola, nella regione di spazio occupata da Q (è importante sottolineare che il
campo generato da Q esiste indipendentemente dalla presenza della carica di prova q). La forza
esercitatadaQsuq,divisaperilvalorediq,èindipendentedallacaricadiprova.Questagrandezzasi
definiscevettorecampoelettrico,esiindicaconE.Perdefinizionequindi:
F
E=
q
rappresenta la forza che agisce su una carica unitaria; nel Sistema Internazionale si misura in
newton/coulomb(N/C).
PoichéinbaseallaleggediCoulombl’intensitàdellaforzaè:
Qq
F=k 2
d
operandolasostituzionediFnella(1),l’intensitàdelcampoelettricoèdatada:
Q
F
E= =k 2
q
d
dove d è la distanza tra la carica Q e il punto nel quale viene misurato il campo (con la carica q).
L’intensitàdelcampoelettricodunquenondipendedallacaricadiprovaq,madalladistanzaallaqualeil
campovienemisurato(v.fig.16.1):allontanandosidallacaricaQgeneratricedelcampo,lasuaintensità
diminuisce.
•Lelineediforza
Un campo elettrico può essere rappresentato graficamente attraverso le linee di forza (v. fig. 16.2):
ciascuna di esse corrisponde, in ogni punto, alla traiettoria che verrebbe percorsa da una carica
elettrica posta in quel punto (ricordiamo che la carica deve essere abbastanza piccola da non
modificareinmodosensibileilcampopreesistente).Inoltreinognipuntodiunalineadiforzal’intensità
del campo è rappresentata da un vettore tangente alla linea in quel punto. Le linee di forza sono
orientate:illoroversovadallacaricapositiva(odaicorpipositivi)allacaricanegativa(oaicorpi
negativi). La rappresentazione attraverso le linee di forza è abituale in fisica per visualizzare i campi
vettoriali,mavasottolineatochenoncorrispondeaqualcosadirealmenteesistente,bensìèunacomoda
astrazione che viene usata per rappresentare la variazione del campo nello spazio, ovvero per
individuaredirezioneeversodelcampoinognipuntodellospazio.
Figura16.1LacaricaQèlasorgentedelcampodiintensitàE=kQ/d2,misuratoinunpuntoadistanzad.Lacaricaqrisentediuna
forzaF=qE.
Figura16.2Lelineediforzadiuncampoelettricogeneratodaduecariche:sonouscentidallacaricapositivaedentrantiinquella
negativa.
16.2Ilpotenzialeelettrico
Lavoropositivoelavoronegativo
Potenzialeelettrico
Ilvoltmisuraladifferenzadipotenziale
Come è stato anticipato, il campo elettrico è un campo conservativo: infatti, il lavoro che occorre
compiere per portare una carica da un punto a un altro all’interno del campo è indipendente dal
percorsosceltoedipendesoltantodaipuntiinizialeefinale.Se,peresempio,volessimoavvicinareuna
carica positiva +q a distanza d da una carica positiva +Q, che consideriamo la sorgente del campo
elettrico,occorrerebbecompiereunlavorocontroleforzedelcampo,cheinquestocasotenderebberoa
respingere le due cariche. Il lavoro da compiere quindi sarebbe un lavoro positivo (perché “fornito”
dall’esterno rispetto al sistema di cariche). Se, invece, volessimo allontanare una carica negativa –q a
distanza d da +Q, dovremmo vincere le forze attrattive tra le due cariche e quindi compiere un lavoro
negativo. In entrambi i casi, il lavoro da svolgere sarebbe indipendente dalla strada che sceglieremmo
perportarelacarica±qadistanzaddallacarica+Q.Sipuòdimostrareche,sevolessimofarcompierea
una carica positiva un percorso chiuso all’interno del campo elettrico generato da +Q, il lavoro totale
sarebbenullo:illavoro(positivo)svoltocontroleforzedelcampoperavvicinarlaa+Qsarebbeuguale
econtrarioallavoro(negativo,perchésvoltodalsistemadicariche)necessarioperriallontanarla,ela
sommadarebbezero.Ciòèveroancheperunacaricanegativa–q.(Sidiceperciòchelacircuitazionein
uncampoconservativoènulla.)
Si definisce potenziale elettrico, e si indica con V, il lavoro che occorre compiere per portare una
carica unitaria da un punto qualsiasi del campo elettrico all’infinito (un punto infinitamente lontano
esternoalcampo).Ilpotenzialeelettricovariadapuntoapuntoinuncampo:apuntidiversidellospazio
corrispondono potenziali diversi. Il lavoro da compiere per portare una carica unitaria da un punto A
(potenzialeelettricoVA)aunpuntoB(potenzialeelettricoVB),entrambiinternialcampo,saràdatodalla
differenzadipotenziale(Δ)traiduepuntidelcampo:
L=VA–VB
Talelavoroè,comeabbiamogiàdetto,indipendentedalpercorsosceltoperandaredaunpuntoall’altro,
madipendesoltantodallaposizionerelativadeiduepunti(v.fig.16.3).
L’unità di misura del potenziale è il volt (simbolo V), dove 1 V = 1 J/1 C. Quindi tra due punti di un
campoelettricovièunadifferenzadipotenzialedi1voltseilcampoelettricocompieunlavorodi1
joulequandounacaricadi1coulombpassadaunpuntoaunaltrodelcampo.
Selacaricaspostatanonèunitaria,mavalegenericamenteq,illavorodacompiereperspostarladaun
puntoAaunpuntoBdelcampoelettricosiottienemoltiplicandoladifferenzadipotenziale(Δ)perla
carica:
L=q(VA–VB)
Questaformulacidicetral’altrocheseilpotenzialenelpuntoAèugualealpotenzialenelpuntoB, il
lavorodacompiereperportareunacaricadaAaBènullo.Lesuperficidiuncampoelettricodoveil
potenziale rimane invariato si chiamano superfici equipotenziali: lo spostamento di una carica su
queste superfici non richiede lavoro. In un campo elettrico generato da una carica puntiforme, per
esempio, le superfici equipotenziali sono le sfere che hanno per centro la carica, mentre in un campo
generatodaunacaricapianasonoipianiparalleliallacarica.
Quando tra due punti esiste una differenza di potenziale, significa in conclusione che occorre
compieredellavoroperspostareunacaricaall’internodelcampoelettrico.Esistedunqueunasorta
didislivelloelettrico,chevieneanchedettotensioneelettrica.
Figura16.3IllavorochesidevecompiereperportarelacaricaqaunadistanzalBdaQdipendesolodaipuntiAeBenondalla
traiettoriascelta.
•Larelazionetracampoelettricoepotenziale
Seilcampoelettricoèuniforme(costanteinintensità,direzioneeverso),sipuòricavarelarelazionetra
campo elettrico e potenziale. Ricordando la relazione tra forza e lavoro (il lavoro è dato dal prodotto
dellaforzaperlospostamento),possiamoscriverecheillavoroelettricoèdatoda:
L=Fs
dovesèlospostamento,FlaforzaelettricaeLillavoro.
Poiché
F=qE
doveEèilcampoelettrico,possiamoscrivereche
L=qEs
Dalladefinizionedidifferenzadipotenziale(Δ)
L
s
ΔV= =qE =Es
q
q
larelazionetradifferenzadipotenzialeecampoelettricoèsemplicemente:
ΔV
E=
s
Questaformulacidicecheinuncampoelettricouniforme,conoscendoladifferenzadipotenzialetradue
punti, possiamo esprimere l’intensità del campo elettrico. La direzione e il verso del campo saranno
direttidaipuntiapotenzialepiùaltoaipuntiapotenzialepiùbasso.
•Ladistribuzionedellecariche
Inunconduttorelecarichesidistribuisconouniformemente
Lamessaaterra
Quando carichiamo un conduttore isolato, le cariche si distribuiscono sulla sua superficie in modo
chetuttelepartidelconduttoreabbianocampoelettriconullo,ovveroinmodochetuttiipuntiabbiano
lostessopotenziale.Allostessomodo,quandoponiamoincontattodueconduttori–peresempio,due
sferecariche–lecarichesullalorosuperficiesidistribuirannoinmodocheilsistemacompostodaidue
conduttoriabbiapotenzialeuniforme,ovveroinmodocheidueconduttoriabbianolostessopotenziale.
Seunadelleduesferepossiedeunacaricasuperioreall’altra,quandosonomesseincontatto,partedella
caricapresentesullasfera“più”caricafluiscesullasfera“meno”carica,eilflussodicarichesiarresta
soloquandoleduesferehannoilmedesimopotenziale.
Allalucediquesteinformazionisipuòchiarireilsignificatodeltermine“messaaterra”.LaTerrapuò
essereconsiderataunagrandesferaconduttrice.Datelesuedimensioni,laforzarepulsivaesistentetrale
cariche presenti sulla Terra è sempre bassa, e di conseguenza lo è il suo potenziale. Se un conduttore
carico viene messo in contatto con la Terra, le sue cariche fluiscono verso la Terra senza che il
potenziale di quest’ultima vari in maniera apprezzabile. “Mettere a terra” un conduttore significa
eliminarelesuecaricheineccessoeportarloalpotenzialedellaTerra.
16.3Comeimmagazzinarecaricheelettriche
LabottigliadiLeida
Durante i primi studi sull’elettricità, attorno alla metà del sec. XVIII, alcuni scienziati iniziarono a
chiedersisefossepossibileimmagazzinareinunconduttoreunacertaquantitàdicaricaelettricaefarein
modochequestanonvenissedispersa.
Ilprimostrumentochevennecostruitoconquestoscopoèlabottiglia di Leida (che deve il suo nome
allacittàolandesenellaqualelostudiosoPietervanMusschenbroeklacostruìnel1745).Labottigliadi
Leida era costituita da una bottiglia di vetro rivestita sia internamente sia esternamente da un foglio di
cartastagnolaopportunamentecaricato;unacatenelladimaterialeconduttoreincontattoconlastagnola
veniva fatta fuoriuscire dal tappo (isolante) della bottiglia. Se si toccava la catenella, si avvertiva una
forte scossa elettrica, a dimostrazione che la bottiglia era un accumulatore di cariche elettriche. La
bottiglia di Leida rappresenta il primo esempio di condensatore, un mezzo molto semplice per
immagazzinarecaricaelettricainuncorpo.
•Ilcondensatore
Strutturadelcondensatore
Condensatorepiano
Lacapacitàelettricadelcondensatore
Ilfarad:unitàdimisuradellacapacitàelettrica
Lacapacitàdiuncondensatorepiano
Uncondensatoreèundispositivoingradodiimmagazzinarequantitàconsistentidicaricaelettrica.
Generalmente è formato da due conduttori (che vengono chiamati armature) con cariche di uguale
intensitàmadisegnoopposto,separatiunodall’altrodaunisolante.
Un tipo molto semplice di condensatore è il condensatore piano, costituito da due lamine metalliche
poste a piccola distanza tra loro e separate da un isolante (anche l’aria secca è un buon isolante).
Caricandounadelleduelamineconunacaricapositiva+Qeponendol’altraaterra,quest’ultimaverrà
caricataperinduzioneconunacarica–Q.Traleduelaminesiformeràquindiunadifferenzadipotenziale
ΔV, che dipenderà dall’intensità della carica: se si raddoppia la carica, raddoppierà il lavoro che
occorre compiere per portare una carica da una armatura all’altra, quindi raddoppierà la differenza di
potenzialetraleduearmature;sesitriplicalacarica,sitriplicaancheladifferenzadipotenziale.
Il rapporto tra la carica del condensatore e la differenza di potenziale tra le due armature resta però
costante.Talerapportorappresentalacapacitàelettricadelcondensatoreedèdefinitoda
Q
C=
ΔV
L’unitàdimisuradellacapacitàèilfarad(F),definitocomelacapacitàdiuncondensatorechepresenti
unadifferenzadipotenzialedi1voltquandosudiessoèpostaunacaricadi1coulomb:
1C
1F=
1V
Ilfaradèun’unitàpiuttostoelevataeicondensatorihannocapacitàdell’ordinedelmicrofarad(1μF=
10–6F)odelpicofarad(1pF=10–12F).
Nelcasodelcondensatorepianosipuòdimostrarechelacapacitàvale:
S
C=ε
d
dove ε è la costante dielettrica del mezzo isolante interposto tra le due armature, S la superficie delle
armatureed la loro distanza. La capacità di un condensatore piano è quindi indipendente dalla sua
carica,madipendesoltantodalledimensionidellearmatureedalladistanzainterpostatraesse (e
dal tipo di materiale isolante, naturalmente). Avvicinando le due armature, o aumentando la loro
superficie, si ottiene una capacità maggiore, quindi una maggiore efficienza di accumulo di carica
elettrica.
Untipodicondensatoremoltousatoèformatodaduesottilistriscedimaterialeconduttore(peresempio,
stagno o alluminio) tra le quali viene interposta una striscia di materiale isolante (carta paraffinata o
plastica).Questocondensatoreèdettocilindricoedèlargamenteimpiegatoneicircuitielettrici(v.par.I
circuitielettrici)perchéraggiungecapacitàmoltoelevateeoccupapocospazio.
GLOSSARIO
BottigliadiLeida
Primo dispositivo, costruito nel 1745, per immagazzinare cariche elettriche, costituito da una bottiglia di vetro ricoperta esternamente e
internamentedaunfogliodicartastagnolacaricoelettricamente.
Campoelettrico
Campo di forze generato da una carica elettrica o da una distribuzione di cariche elettriche. La direzione del campo elettrico è
rappresentatagraficamentedallesuelineediforza.
Capacitàelettrica
Rapportocostantetralacaricaelacorrispondentedifferenzadipotenzialediuncondensatore.Lacapacitàsimisurainfarad.
Condensatore
Sistema,costituitodadueconduttoriseparatidaunisolante,capacediimmagazzinareunacaricaelettrica.
Farad
Unitàdimisuradellacapacitàelettrica,ugualeallacapacitàdiuncondensatorenelqualeladifferenzadipotenzialeelettricotralearmature
variadi1Vquandolacaricaelettricadi1Cèpostasuun’armatura.
Potenzialeelettrico
Lavoro da compiere contro le forze del campo elettrico per portare una carica unitaria dall’infinito a un punto interno al campo. Si dice
differenzadipotenzialetraduepuntiillavorodacompiereperportareunacaricaunitariadaunpuntoall’altro.Ladifferenzadipotenziale
simisurainvolt.
Volt
Unità di misura del potenziale elettrico, pari alla differenza di potenziale che esiste tra due punti di un conduttore se il campo elettrico
compieunlavorodi1Jperspostareunacaricadi1Cdaunpuntoaunaltro.
TESTDIVERIFICA
1. Illustrateilconcettodicampoelettrico.
2. Checosarappresentailpotenzialeelettricoinunpunto?Eladifferenzadipotenzialetraduepunti?
3. Acosaservonoicondensatori?
4. Comesidefiniscelacapacitàdiuncondensatore?
5. Comesipuòaumentarelacapacitàdiuncondensatorepiano?
17LACORRENTEELETTRICA
La maggior parte delle applicazioni dell’elettricità ha a che fare con la corrente elettrica: quando accendiamo un apparecchio
elettrico,unalampada,unelettrodomesticoounaradio,questisimettonoinmotoperchéinessifluiscecorrenteelettrica.Lastoria
dell’elettricitàedeisuoiutilizzipraticisegnaunasvoltaproprionelpassaggiodall’elettricitàstatica,chetrattalecaricheinquiete,
all’elettricitàdinamica,chehaachefareconlecaricheinmovimento,equindiconlacorrente.Elasvoltaavvieneattornoal1800,
per opera di un fisico italiano, Alessandro Volta, che ideò il primo generatore di corrente, la pila, in grado di mantenere per un
temporelativamentelungoilflussodicaricheelettricheinunconduttore.
17.1Checos’èlacorrenteelettrica
Lacorrenteèunflussodicaricheelettriche
L’ampere,unitàdimisuradell’intensitàdicorrente
Correntecontinuaealternata
Sesiavvicinanodueconduttoricarichi,traiqualivisiaunadifferenzadipotenziale,siproduceunflusso
di cariche elettriche negative dal conduttore a potenziale minore verso il conduttore a potenziale
maggiore (o un flusso di cariche elettriche positive in senso contrario). Il flusso di cariche elettriche
costituiscelacorrenteelettricaehaloscopodiristabilirel’equilibrioelettricotraidueconduttori;
taleflussosiarrestaquandoquestihannoraggiuntolostessopotenziale.
Lecaricheelettricheinmotopossonoesseredidiversanatura.Neiliquidieneigas(vedipar.17.5)la
corrente elettrica è costituita da cariche positive e da cariche negative (ioni positivi e ioni negativi),
mentre nei conduttori metallici la corrente è dovuta alle sole cariche negative, gli elettroni. Per
convenzione, il verso positivo della corrente elettrica è quello in cui si muovono le cariche positive,
perciò la corrente procede dai punti a potenziale maggiore verso quelli a potenziale minore. Nei
conduttorimetallici(ipiùusati),incuisimuovonosologlielettroni,illoroversoquindiècontrarioal
versoconvenzionaledellacorrente.
Si definisce intensità della corrente elettrica I il rapporto tra la quantità di carica ΔQ che passa
attraversounasezionedelconduttoreel’intervalloditempoΔtincuiavvieneilpassaggio:
ΔQ
I=
Δt
L’intensitàdicorrenteèunagrandezzascalareelasuaunitàdimisuraèl’ampere(simboloA)inonore
del fisico francese André Marie Ampère (1775-1836); 1 ampere è definito come l’intensità di una
correntechetrasporta,attraversolasezionedelconduttore,lacaricadi1coulombin1secondo:
1C
1A=
1s
La corrente elettrica può cambiare da momento a momento; quando è unidirezionale e la sua intensità
rimane costante nel tempo, si dice che la corrente è continua; se l’intensità e il verso variano
periodicamenteneltempo,lacorrentesidicealternata.
17.2Generatoriditensione
Ungeneratoreditensionemantieneladifferenzadipotenzialeagliestremidiunconduttore
Idifferentigeneratorielettrici
Traipolidiungeneratorecircolacorrente
Ilflussodicaricheelettricheinunconduttore,ovveroilflussodicorrenteelettrica,continuafintanto
che alle estremità del conduttore persiste una differenza di potenziale. Quando si è ristabilito
l’equilibrio, ovvero quando il potenziale elettrico è uguale in tutti i punti del conduttore, il flusso di
correntecessa.Ciòpresentaanalogiaconquantoaccadeconlacorrentediunfluido(sevièdifferenzadi
pressione tra due zone atmosferiche, la corrente d’aria tende a fluire dalla zona a pressione maggiore
versoquellaapressioneminore)oconquantosiverificatraduecorpiatemperaturadiversa(avvieneun
passaggiodicaloredalcorpopiùcaldoaquellopiùfreddo,finoacheiduecorpinonraggiungonola
stessatemperatura).Allostessomodo,lacorrenteelettricafluisceinunconduttorefinoachetuttiipunti
diquest’ultimononhannoraggiuntoilmedesimopotenziale.
Se si vuole fare in modo che la corrente continui a fluire e non si interrompa una volta raggiunto
l’equilibrioelettrico,occorrel’interventodiundispositivochemantengaladifferenzadipotenziale,
cioè che fornisca a un conduttore (o a un sistema di conduttori) l’energia necessaria per mantenere la
corrente elettrica al suo interno: un tale dispositivo si chiama generatore di tensione (o generatore
elettrico); la sua funzione è quella di controbilanciare l’effetto del moto delle cariche elettriche
attraversoilconduttore,chetendeadannullareladifferenzadipotenziale.
Sipuòcapiremoltobeneilruolodelgeneratorericorrendoaun’analogiaidraulica.Supponiamodiavere
un serbatoio d’acqua sospeso a una certa altezza dal suolo e collegato, tramite un tubo, con una vasca
sottostante. L’energia potenziale gravitazionale dell’acqua la fa passare spontaneamente dai punti a
energiapotenzialemaggiore(ilserbatoio)aquelliaenergiapotenzialeminore(lavasca),quindiinpoco
tempo l’acqua si trasferirà dal serbatoio alla vasca. Se volessimo riportare l’acqua dalla vasca nel
serbatoio, dovremmo ricorrere a un dispositivo, una pompa idraulica, che compia un lavoro contro le
forze del campo gravitazionale. La funzione del generatore è del tutto simile a quella della pompa
idraulica.
Sonogeneratoriditensionelepileelettriche,lebatteriedelleautomobilieledinamo,chetrasformano
energia di diversa natura in energia elettrica. Le pile (v. riquadro alla pagina precedente) e le batterie
delle auto trasformano energia chimica in energia elettrica; la dinamo si basa sulla produzione di
elettricità dovuta a un campo magnetico (v. par. La scoperta dell’induzione elettromagnetica e Il
generatore elettrico di corrente alternata). Il primo generatore di corrente fu proprio la pila e venne
costruitonel1800dalfisicoitalianoAlessandroVolta(1745-1827).
Ungeneratoreèsolitamentedotatodiduemorsettidettipolonegativo(–),apotenzialepiùbasso,epolo
positivo(+),apotenzialepiùalto.Ilgeneratoreditensioneaccumulalecarichepositivealpolopositivo
elecarichenegativealpolonegativo,compiendounlavorocontroleforzedelcampoelettrico.Unendo
tra loro con un conduttore (per esempio, un filo metallico) i poli opposti del generatore, le cariche
scorrono entro il conduttore: un generatore permette quindi di ottenere corrente elettrica per un lungo
periododitempo.
LAPILAELETTRICA
Lapilaelettricaèundispositivoingradoditrasformarel’energiachimicaprodottainunareazionechimicadiossido-riduzioneinenergia
elettrica.TuttelepilederivanodallapiladiVolta,chesostanzialmenteeracostituitadaunaseriedidischididuemetalli(elettrodi)diversi
(per esempio, zinco e rame) separati da un disco di carta impregnata di una soluzione acida (elettrolita); i vari dischi erano impilati
verticalmente(daquiilnomepila).Collegandoilprimoel’ultimodischettodellapilasirealizzavauncircuitoincuifluivacorrenteelettrica.
Unapilaelettricaèingeneraleunsistemacostituitodaduescompartidistinti(semicelle)collegatitralorodaunpontesalinoodaunsetto
poroso,contenenticiascunounelettrolita(chepuòessereliquido,comeunasoluzioneionicanellapilaDaniell,osolido,comenellepilea
secco oggi in uso) in cui è immerso un elettrodo di materiale conduttore a bassa resistenza (v. fig.). La soluzione di una semicella è
ossidante(cioèriceveelettronidall’elettrodoinessaimmerso,chevienechiamatacatodo),mentrequelladell’altraèriducente(cedecioè
elettroniall’elettrodoinessaimmerso,chevienechiamatoanodo).Ladifferenzadipotenzialechesistabiliscetraidueelettrodicostituisce
laforzaelettromotricedellapila.Seidueelettrodivengonocollegaticonunconduttore,siproduceunmotodeglielettronidalcatodo
versol’anodo(lacorrenteelettrica),chetenderebbearistabilirel’equilibrioelettricotraidueelettrodi,malereazionichimichechehanno
luogoall’internodellapilamantengonoladifferenzadipotenzialetraiduepolielapilacontinuaagenerarecorrente.Dopouncertoperiodo
ditempolereazionichimicheall’internodellapilacessanodiavvenire,poichéilprocessogeneradellesostanzechealteranoilrapportotra
elettrolitaedelettrodo,elapilalentamentesiscaricaecessadifornireenergiaelettrica.
Lepileasecco,opileLeclanché,noncontengonounelettrolitaliquidoedesistonoinversioneacidaobasica.Lapilaacidaècostituita
daunrivestimentodizincochefunzionadaanodoedaunasbarrettadicarbone(ilcatodo)immersainunelettrolitasolido,unapastadi
biossidodimanganese,clorurodiammonioepolveredicarbone.Nellaversionealcalinailclorurodiammonioèsostituitodaidrossidodi
potassio.Rispettoallaprecedente,quellaalcalinahaunaduratamaggiore,perchél’anododizincoinquestocasoèpiùstabileesicorrode
piùlentamente.Tralepileaseccooggisonomoltodiffusequelleadargento,incuil’anodoèdizincoeilcatododiossidodiargento,e
quelleamercurio(lepileabottone)usatesoprattuttoperlecalcolatrici,gliorologielemacchinefotografiche.
In A la pila Daniell, in cui la corrente è generata dal flusso di elettroni ceduto dall’elettrodo di zinco a quello di rame. In B,
spaccatodiunapilaaseccocarbone-zinco.
17.3Icircuitielettrici
Circuitoelettricosemplice
Ilresistore
Circuitochiuso
Collegamentiinserieeinparallelofraelementidiuncircuito
Uncircuitoelettricoècostituitoingeneraledauninsiemediconduttori,collegatitraloroecollegati
aipolidiungeneratoreditensione.Ilpiùsemplicecircuitoelettricopuòesserecostruitocollegandoai
poli di una pila un filo metallico. All’interno del filo metallico passa la corrente elettrica, nel verso
convenzionalechevadalpolopositivoalpolonegativo.Setagliamoilfilometallicoinunpuntoealle
due estremità del filo colleghiamo una lampadina, la corrente che circola nel filo verrà spesa per
accenderelalampadina.Lapilafornisceallecarichel’energiasufficienteamuoversi,ovveroaprodurre
una corrente elettrica, che, muovendosi lungo il filo metallico, giunge alla lampadina dove si ha la
trasformazione dell’energia da elettrica a luce e calore (in una lampadina a incandescenza la corrente
passa attraverso il filamento, che si scalda fino a divenire incandescente e produce calore e luce).
Quando le cariche hanno ceduto la loro energia alla lampadina ritornano al polo negativo della pila a
“fare rifornimento” e il processo si ripete. Il componente del circuito nel quale l’energia elettrica
vienespesa(nelnostrocasolalampadina)vienedettoresistoreocarico.
Quando i conduttori di un circuito sono collegati tra loro in modo continuo (cioè se non vi sono
interruzioninelpercorsodellecariche),ilcircuitosidicechiuso.Selacorrentesiinterrompeancheinun
solopunto,ilcircuitoèaperto.Inuncircuitoapertolacorrentenoncircola.
Ivarielementidiuncircuitopossonoesserecollegatiinsvariatimodi,madiquestiipiùfrequentisonoil
collegamentoinserieeilcollegamentoinparallelo.Dueconduttoricollegatiinseriesonoattraversati
dalla stessa corrente, in successione, mentre in due conduttori collegati in parallelo la corrente si
divideinduerami,perpoiriunirsidopoaverpercorsoidueconduttori.Inuncircuitoicuielementi
sonocollegatiinserietuttiglielementidevonofunzionarecontemporaneamente,mentreinuncircuitoin
parallelo è possibile aprire una parte di circuito, mentre la restante parte continua a funzionare. In un
circuito i cui elementi sono collegati in serie, se brucia un elemento del circuito questo si apre e non
circolapiùcorrente;perquestomotivoneicircuitidomesticiicollegamentisonoinparallelo.
Figura17.1Relazionetral’intensitàdicorrentechecircolainunconduttoremetallicoeladifferenzadipotenzialeapplicataaisuoi
estremi.
•LaresistenzaeleleggidiOhm
PrimaleggediOhm
Definizionediresistenzaelettrica
L’ohm
SecondaleggediOhm
Laresistività
Resistivitàdiconduttorieisolanti
Ilvaloredell’intensitàdellacorrenteinpresenzadiunacertadifferenzadipotenzialedipendedal
mezzo entro cui la corrente scorre. Questo significa che la relazione tra differenza di potenziale e
correntecircolantenonèugualepertuttiiconduttori,mavariadaconduttoreaconduttore.
Per i conduttori metallici e per le soluzioni acquose di elettroliti, cioè di acidi, basi e sali, il fisico
tedescoGeorgSimonOhm(1787-1845)ricavòsperimentalmentedueleggi,detteprimaesecondalegge
diOhm.
La prima legge di Ohm stabilisce che, a temperatura costante, la differenza di potenziale (ΔV)
applicata agli estremi di un conduttore è direttamente proporzionale all’intensità della corrente (I)
cheloattraversa:
ΔV=RI
dovelacostantediproporzionalitàRèdettaresistenzaelettricaevariadaconduttoreaconduttore.La
resistenzaelettricaèconnessaalladifficoltàchelacorrenteincontraquandocircolaall’internodi
un conduttore (tale difficoltà dipende dalla natura del conduttore e si manifesta attraverso la parziale
dissipazionedellacorrenteelettricacomecalore,pereffettoJoule,descrittoallepp.189-190).Quanto
piùRègrande,tantominoreèquindilacorrentecheattraversailconduttoreperunadatadifferenzadi
potenziale: ciò significa che, per ottenere una data corrente, in conduttori con resistenze maggiori
dovremoapplicaredifferenzedipotenzialemaggiori(v.fig.17.1).
L’unitàdimisuradellaresistenzaelettricanelSistemaInternazionaleèl’ohm,(simboloΩ).Sidiceche
unconduttorepresentaunaresistenzadi1ohmse,sottopostoallatensionedi1volt,èpercorsodauna
correntedi1ampere:
1V
1Ω=
1A
La seconda legge di Ohm stabilisce che se a parità di materiale si fanno variare la lunghezza L e la
sezioneSdelconduttore,laresistenzaRdelconduttoreèproporzionalealrapportoL/S:
ρL
R=
S
dovelacostantediproporzionalitàρ,chedipendedalmaterialeconcuièfattoilconduttore,prendeil
nomediresistivitàeindical’attitudinediunmaterialeacondurrelacorrenteelettrica,riferitaaun
campionedisezioneedilunghezzaunitari.
NelSistemaInternazionalelaresistivitàsiesprimeinohmpermetro(Ωm),ma,poichénormalmente
lasezionediunconduttoresimisurainmm2elasualunghezzainm,percomoditàdicalcolosipreferisce
esprimerlainΩmm2/m.
Le due leggi di Ohm non valgono soltanto per i conduttori ma, sia pure con qualche approssimazione,
anchepergliisolanti.Dalvaloredellaresistivitàdiunmaterialesiricavalasuacapacitàdicondurre
elettricità: così, per un buon conduttore i valori di resistività vanno da 10–8 a 10–5 Ωm, mentre per un
buon isolante devono essere tra a 1011 e 1017 Ωm; certe sostanze con caratteristiche intermedie, i
semiconduttori, hanno valori intermedi di resistività. La resistività dei conduttori cresce con la
temperaturasecondounaleggelineare.Atemperatureprossimeallozeroassoluto(–273°C=0K)la
resistività assume in genere valori molto bassi, ma per alcuni materiali, detti superconduttori (v.
riquadrosuccessivo),laresistivitàatemperaturemoltobassesiarrestabruscamente.
Nella tabella 17.1 sono riportati i valori della resistività per alcuni materiali conduttori a temperatura
ambiente.
Tabella17.1Resistivitàdialcuniconduttoriallatemperaturadi20°C
MATERIALECONDUTTORE
RESISTIVITÀ(Ωmm2/m)
argento
0,0164
rameelettrolitico
0,0176
oro
0,023
alluminio
0,028
tungsteno
0,055
ferro
costantana
carbone
ISUPERCONDUTTORI
0,1÷0,15
0,5
20÷100
Isuperconduttorisonoparticolarimaterialiche,seraffreddatifinoatemperaturemoltobasse,ecomunquealdisottodiunatemperatura
Tc,dettatemperaturacritica(moltoprossimaallozeroassoluto,0K=–273°C,ecaratteristicadiognimateriale),vedonobruscamente
annullarsi la loro resistività elettrica. Si comportano come superconduttori circa 30 elementi e molte loro leghe e composti (v. tab.). Il
fenomeno della superconduttività fu scoperto nel 1911 dal fisico tedesco Heike Kamerlingh Onnes (1853-1926), osservando che la
resistività del mercurio, a valori prossimi a zero (circa 4 K), si annullava bruscamente, anziché assestarsi su valori minimi (v. fig.). In
pratica, però, raggiungere temperature così basse è tecnicamente molto difficile, quindi il fenomeno rimase a lungo una curiosità
accademica.Permoltiannilatemperaturacriticapiùaltamairaggiuntarimase23K,perunalegadiniobio.
La superconduttività iniziò a destare interessi anche pratici a partire dal 1986, quando i fisici J.G. Bednorz e K.A. Muller, dei laboratori
dell’IBM,scoprironochecertimaterialiabasediossididirame,lantanidiemetallialcalino-terrosidivenivanosuperconduttoriatemperature
digranlungasuperioriaquellenotefinoadallora.Inricerchesuccessivefuronosviluppatimaterialicontemperaturecriticheattornoa90
K,superioriallatemperaturadell’azotoliquido,unrefrigeranteassaimenocostosodiquelliusatiperraffreddareisuperconduttorimetallici.
La principale applicazione di un superconduttore risiede nel fatto che esso non dissipa calore per effetto Joule, avendo resistività
praticamentenulla.Conuncavosuperconduttoreèpossibilequinditrasportarecorrenteancheagrandidistanzesenzadisperdereenergia,
anche se resta tuttora il problema del raffreddamento del conduttore. Un’altra applicazione interessante è la realizzazione di magneti
superconduttoricapacidigenerarecampimagneticimoltointensi,comequellirichiestiperesempiodallarisonanzamagnetica.
SUPERCONDUTTIVITÀ:TEMPERATURACRITICADIALCUNIELEMENTI
ELEMENTO
K
alluminio
1,20
mercurio
4,16
piombo
7,22
zinco
0,54
gallio
1,09
indio
3,40
titanio
0,39
zirconio
0,55
Temperatura critica (in K) di alcuni materiali superconduttori. I valori sono indicativi (infatti essi variano se il materiale viene
sottopostoauncampomagneticoeasecondadeltrattamentotermicoomeccanicoricevuto).
Andamentodellaresistivitàdiunsuperconduttoreinfunzionedellatemperaturaassoluta(T):aldisottodiunatemperaturadetta
critica(Tc),ilvaloredellaresistivitàsiannullabruscamente.
•Lapotenzaelettrica
Lapotenzadiunalampadinaèl’energiaelettricaspesainunsecondoperfarlafunzionare
L’unitàdimisuradellapotenzaèilwatt
Imultiplidelwatt
In un circuito elettrico viene spesa energia elettrica, prodotta da un generatore, per far funzionare un
dispositivo: per esempio, una lampadina. L’energia spesa è energia potenziale elettrica, trasportata
dallecariche,chevienetrasformatainaltreformedienergia(caloreelucenelcasodellalampadina).
Laquantitàdienergiaspesanell’unitàditempoèlapotenzaelettrica(inmeccanicalapotenzaèdata
dalprodottodellavorocompiutoperiltempoimpiegatoacompierlo).
NelcasodiuncampoelettricoE,illavorodelleforzeelettrichepertrasferirelacaricaqdall’inizioalla
finediunconduttoredilunghezzas,traicuiestremiesisteunadifferenzadipotenzialeΔV,èdatoda:
L=qΔV
quindilapotenzaelettricaPèdatada:
qΔV
P=
t
epoichéq/tèl’intensitàdicorrente,I,siha:
P=ΔVI
Quindi,uncircuitoincuicircolaunacorrentediintensitàIeaicuiestremivieneapplicataunadifferenza
dipotenzialeΔVconsumaunapotenzaP=ΔVI.
L’unità di misura della potenza è il watt (simbolo W) pari a 1 joule al secondo. Una lampadina che
consuma100W,consuma100Jin1s.Maperdareun’indicazionecompletadelconsumo,gliapparecchi
elettricidevonofornireancheilvaloredell’intensitàdellacorrenteallaqualeildispositivofunziona.In
uncircuitoalimentatodaunatensionedi220V(comeneicircuitidomestici),unalampadinada100Wè
percorsadaunacorrentedi0,45A.DallarelazioneP=ΔVIsiricavache1W=1V.1A,dunqueun
dispositivoelettricoassorbeunapotenzadi1Wseinessocircolaunacorrentedi1Aquandoaisuoi
estremièapplicataunadifferenzadipotenzialedi1V.Nelcasodellalampadinada100W,sihaquindi:
100W
I=
=0,45A
220V
Poichéilwattèunamisurarelativamentebassa(unalampadinaconsumainmedia60W,unaspirapolvere
domestico 800 W), in genere si usano dei multipli di questa grandezza, come il kilowatt, dove 1
kW=1000W(pervalutareiconsuminegliimpiantidomesticisiusanoikilowattora,kWh,chemisurano
la potenza consumata dal circuito in 1 ora), oppure i megawatt (1 MW = 1.000.000 W, l’ordine di
grandezzadellapotenzaprodottainunacentraleelettrica),oigigawatt(1GW=1miliardodiwatt).
•Laforzaelettromotrice(f.e.m.)
F.e.m.edifferenzadipotenziale
Laforzaelettromotrice,comunementeindicataconf.e.m.,èladifferenzadipotenzialemassima che
un generatore elettrico può fornire. La f.e.m. è un valore limite, che viene raggiunto soltanto in un
circuito aperto, in cui la corrente che circola è uguale a zero. La f.e.m. e la differenza di potenziale
(ΔV)chesimisuraaicapidelgeneratorenonsonolastessacosa:infattiilgeneratore,comequalsiasi
altro apparecchio elettrico che venga inserito in un circuito, ha una propria resistenza interna R, che
modificalecaratteristichedelcircuito,facendosìcheunapartedellatensioneprodottavengaassorbita
dalgeneratorestesso.
Quindi la tensione ΔV che rimane disponibile per mantenere la corrente I nel circuito è minore della
f.e.m.diunaquantitàRI:
ΔV=f.e.m.–RI
Inuncircuitochiuso,ladifferenzadipotenzialeelaf.e.m.diventanougualisolonelcasoidealeincuiR
= 0, che nella pratica è però impossibile da realizzare (spesso, tuttavia, la resistenza interna del
generatoreèmoltominoredellaresistenzadeglialtrielementidelcircuitoepuòveniretrascurata).
•Resistoriinserieeinparallelo
Definizione
Collegamentodiresistoriinserie
Collegamentodiresistoriinparallelo
SichiamaresistoreunconduttorecheseguelaprimaleggediOhm(ΔV=RI).Poichéogniresistoreè
caratterizzatodaundeterminatovalorediresistenza,iresistorivengonospessochiamatiimpropriamente
“resistenze”.Iresistorisonocomponentifondamentalideicircuitielettricie,comeglialtrielementidel
circuito,possonovenirecollegatiinserieoinparallelo(v.fig.17.2).
In un circuito con più resistori collegati in serie (disposti l’uno di seguito all’altro) l’intensità della
correnteèlastessainognipuntodelcircuito,mentreladifferenzadipotenzialedelcircuitoèparialla
somma delle differenze di potenziale ai lati dei resistori; per un circuito composto da n resistori (e
percorsodallacorrenteI)ladifferenzadipotenziale,perlaprimaleggediOhm,saràdatada:
ΔV=ΔV1+ΔV2+ΔV3+…+ΔVn=I(R1+R2+R3+…+Rn)
La resistenza complessiva del circuito costituito da più resistori collegati in serie è dunque data dalla
sommadelleresistenzedeiresistoridelcircuito.
Inuncircuitoicuiresistorisonocollegatiinparallelo,leloroprimeestremitàsonocollegatetraloroe
a un nodo del circuito, le seconde estremità sono collegate tra loro e a un secondo nodo del circuito;
pertantociascunresistoreèautonomodaglialtri.Inquestocasol’intensitàdellacorrentetotaleche
circola nel circuito (I) è data dalla somma delle intensità di corrente che circolano nei rami del
circuito,mentreladifferenzadipotenzialeinognipuntoèlastessachevièaipolidelgeneratore(ΔV).
Quindil’intensitàdellacorrentechecircolainuncircuitocostituitodanresistoricollegatiinparalleloè
datada:
1
1
1
1
I=I1+I2+I3+...+In=( + + +...+ )ΔV
R1 R2 R3
Rn
Nelcasodipiùresistoricollegatiinparallelol’inversodellalororesistenzacomplessivaèugualealla
sommadegliinversidelleresistenzedeisingoliresistori.
Figura17.2Collegamentiditreresistoriinserie(A)einparallelo(B).
•Dispositividisicurezzaedimisurazione
Fusibili
Interruttori
Salvavita
Cortocircuito
Amperometroevoltmetro
Nei circuiti domestici o negli apparecchi elettrici di uso comune vengono in genere inseriti dei
dispositivi di sicurezza che impediscono che nel circuito si formino sovraccarichi di corrente. Per
esempio i fusibili, molto comuni, sono dei piccoli tratti di metallo che interrompono il circuito se
l’intensitàdellacorrentesuperadeterminativalori.
Icircuitielettricisonosempredotatidiinterruttori,peraprireochiudereilcircuitoincasiparticolari,o
diinterruttoridisicurezzachehannolostessoruolodeifusibili,ovveroapronoilcircuitointerrompendo
ilpassaggiodicorrentesequestasuperavaloridisicurezza.Analogamente,ilsalvavita,cherilevaanche
piccolissime variazioni della corrente, interrompe il circuito ogni volta che interviene una variazione
nell’intensitàdellacorrente,dovutaperesempioauncortocircuitooaunsovraccarico.Inunimpianto
domesticosipuòavereuncortocircuitoquandosiformauncollegamentoaccidentaletraduepunticon
unadeterminatadifferenzadipotenzialeconunaresistenzamoltopiùpiccoladelnormale.Lecorrentiche
si stabiliscono nel circuito elettrico in presenza di un cortocircuito tendono ad assumere valori molto
maggioridiquelliinbaseaiqualiilcircuitoèstatodimensionato.Poichélaquantitàdicalorecrescecon
ilquadratodellacorrentechevicircola(v.par.successivo),latemperaturadeicomponentiinteressati
assume rapidamente valori che possono compromettere l’integrità dei materiali isolanti e provocare la
fusionedeiconduttori.
Altridispositivicheintervengonosullacorrenteelettricasonoidiodieitransistor(v.riquadroinbasso).
Permisurarel’intensitàdellacorrenteinuncircuitosiusaunostrumentochiamatoamperometro,mentre
permisurareladifferenzadipotenzialetraduepuntidiuncircuitosiusaunvoltmetro.Naturalmente,per
misurarel’intensitàdicorrenteoccorrechel’amperometroalteriilmenopossibilelacorrentechefluisce
nel circuito, quindi che abbia una resistenza molto bassa. Analogamente, perché un voltmetro alteri il
menopossibilelapotenzadelcircuitodicuidevemisurareladifferenzadipotenziale,occorrechelasua
resistenzasiarelativamentealta.
Nellatabella17.2sonoriportatiiprincipalisimboligraficiutilizzatineglischemielettrici.
DIODIETRANSISTOR
Undiodo(v.fig.)èuncomponenteelettronicochepermetteilpassaggiodellacorrenteinunasoladirezione.Poichéildiodolasciapassare
lacorrentechecircolainunsenso,vieneusatoperraddrizzarelacorrentealternatadegliimpiantielettrici(chescorreperiodicamenteinun
sensoenell’altrodelcircuito)etrasformarlaincorrentecontinua(chescorreinveceinunsolosenso).Iprimitipididiodisonostatiidiodia
vuoto,oagas,iltipopiùsemplicedituboelettronico,mentreoggisonodiffusiidiodiagiunzione,costituitidamaterialisemiconduttori.
I diodi a semiconduttore sono costituiti in genere da una piastrina di germanio o di silicio in forma cristallina. Durante la lavorazione
vengonointrodottedelleimpuritànelcristallodiunapartedellapiastrina,secondounprocedimentochiamatodrogaggio,inmodochealcuni
elettroni possano muoversi con facilità. Questa parte viene chiamata regione n; un’altra parte viene drogata con sostanze diverse, che
creanonelcristallodellelacunepositive,cioèspazichepossonoessereoccupatidaunelettrone;questaregionevienechiamatap.Lazona
diseparazionetraleduepartièdettagiunzionep-n.Quandolaregioneditipopvienecollegataconilpolopositivodiungeneratore,ela
regioneditiponconilpolonegativo(polarizzazionediretta), gli elettroni possono passare dalla parte naquellap e quindi la corrente
circola.Seicollegamentisonoinvertiti(polarizzazioneinversa),lacorrentenonpassa.
Circuitocondiodoasemiconduttore.InApassacorrente,inBnonpassacorrente.
Iltransistor è essenzialmente costituito da una doppia giunzione p-n-p o n-p-n (v. fig.) e viene usato come amplificatore del segnale
elettrico.Iltipopiùtradizionaleditransistorèquellobipolare,nelqualepartecipanoallaconduzionesiaglielettronisialelacune.Ècostituito
daunapiastrinadigermanioodisilicio,chepresentazonedidrogaggiopondistribuitealternativamenteintrestrati.Laregionemediana,
piùsottile,èdettabaseeleregionidaessaseparateprendonoilnomediemettitoreedicollettore.L’emettitorepuòinviarecaricheal
collettoreattraversolabaseeilcollettoreinvialacorrentealterminaleinuscita.Collegandountransistorn-p-naduealimentatori,inmodo
che tra l’emettitore e il collettore sia mantenuta una tensione di polarizzazione inversa e tra la base e l’emettitore una tensione di
polarizzazionedirettaedivaloreinferiore,sideterminaunflussodielettroni,diintensitàIedall’emettitoreallabase.Poichélabaseèmolto
sottile,lamaggiorpartedeglielettronigiungeràalcollettore.InpraticatracollettoreedemettitorecircolaunacorrenteIcmoltopiùintensa
dellacorrenteIb chefluiscetrabaseedemettitore.InognicasosihacheIc+Ib =Ie.InoltreilrapportoIb /Icèpraticamentecostantee
vienedefinitoguadagnodicorrente.Ciòsignificacheunapiccolavariazionedellatensionedibase,dovutaperesempioaunsegnalein
ingresso,provocaun’ampiavariazionedellacorrenteIcdelcollettoreequindiun’ampiavariazionedelsegnaled’uscita.Inquestosensoil
transistorfunzionacomeamplificatoredicorrente.Untransistorp-n-pfunzionainmodoanalogo,mailtrasportodicorrenteèoperadelle
lacuneinvecechedeglielettroni.
Strutturaesimboliditransistorditipon-p-nep-n-p(A).Sotto(B),schemadelcircuitoincuiuntransistorn-p-nvieneusatocome
amplificatore.
17.4L’effettoJoule
Unresistoreattraversatodacorrentesiscalda
L’effettoJoule
Resistenzemaggioriproduconopiùcalore
Ilmotivopercuil’energiaelettricaècosìutileall’uomoècheessapuòfacilmenteessereconvertita
inaltreformedienergia,inparticolareenergiatermica(calore).Ciòpuòesserefacilmenteosservato
inunresistore,chequandoèpercorsodaunacorrenteelettricasiriscalda,ovveroliberaodissipauna
parte dell’energia elettrica sotto forma di calore. Anche nella lampadina il principale effetto del
passaggiodicorrenteèilcalore,chefadiventareincandescenteilfilamento,sviluppandodiconseguenza
energialuminosa.Unferrodastiroounastufettaelettricasfruttanoproprioquestaproprietà.
È detto effetto Joule, dal nome del fisico inglese James Prescott Joule (1818-1889) che lo scoprì, il
fenomenopercuiilpassaggiodicorrenteelettricaattraversounconduttoreèaccompagnatodallo
sviluppodicalore.
LapotenzadissipatadaunresistorepercorsodacorrentediintensitàI,eaicuiestremièapplicatauna
differenzadipotenzialeΔV,èdatada:
P=ΔVI
DallaprimaleggediOhm:
ΔV=RI
quindilapotenzasipuòscrivere:
P=RI2
Laquantitàdienergiaelettricachevienetrasferitaalresistorenell’intervalloditempoΔtèquindièpari
aRI2Δt.Setuttaquestaenergiavienetrasformataincalore,siricavalaquantitàdicaloreQprodottoda
unconduttorediresistenzaR,attraversatodaunacorrenteI,nell’intervalloditempoΔt:
Q=RI2Δt
IlcaloreprodottopereffettoJoulequindièdirettamenteproporzionaleallaresistenzadelconduttoreeal
quadratodell’intensitàdellacorrentecheloattraversa.
Possiamoaquestopuntodefinirelaresistenzaelettricacomel’attitudinediunconduttoreatrasformare
l’energiaelettricachelopercorreincalore.
Quandoinunapparecchioelettricosirichiedechelapercentualedienergiaelettricaconvertitaincalore
sia molto alta, occorrerà aumentare il più possibile la resistenza dell’apparecchio. Questo avviene per
esempionellestufeoneiferridastiro.Inaltricasi,invece,èessenzialechevengadispersamenoenergia
possibilee,benchénonsiapossibileeliminarecompletamentel’effettoJoule,sicercadiminimizzareil
riscaldamentoutilizzandomaterialiabassaresistenza,comel’oro,l’argentooilrame.Perquestomotivo
icavichecolleganotralorogliapparecchielettricioquellicheportanol’elettricitànellecasesonodi
rame.
17.5Lacorrenteneiliquidieneigas
Elettrodi:anodoecatodo
Elettroliti
Laconducibilitàelettricadiliquidiegasdipendedallaformazionediioniallorointerno,cioèdiatomi
o molecole di segno negativo o positivo, perché hanno acquistato o perso uno o più elettroni: sono gli
ionichediventanoiveicolidellacorrenteelettrica.Infatti,mentreneiconduttorimetallicilacorrenteè
trasportatasolodaparticelledicaricanegativa,glielettroni,neiliquidieneigasiltrasportodicorrente
avvieneattraversocarichenegativeepositive,gliioniappunto.
Perverificareseunliquidoèconduttoreoisolantesicolleganoduelaminemetalliche(elettrodi) a un
generatore e le si immergono in un recipiente con il liquido da analizzare. La lamina collegata con il
polopositivodelgeneratoreprendeilnomedianodo,quellacollegataconilpolonegativodicatodo.
Sesieseguequestaoperazioneperl’acquadistillatacollegandounamperometro,risulteràchenonviè
alcunpassaggiodicorrente:l’acquadistillataèunbuonisolante,tantocheseapplichiamounadifferenza
dipotenzialeallesuemolecolequestenonsonoliberedimuoversinelcampoelettrico.Lostessovale
per altri liquidi, come per esempio l’alcol e l’olio. Se però sciogliamo nell’acqua un sale, come il
cloruro di sodio (NaCl), o un acido, come l’acido cloridrico (HCl), o altre sostanze, la soluzione
acquosadiventaunconduttore.Lasostanzachediscioltanell’acqualarendeunconduttoreprendeilnome
di elettrolita e l’insieme dei processi che accompagnano il passaggio della corrente in una soluzione
vienedettoelettrolisi.
AncheperiliquidivalelaleggediOhm,percuil’intensitàdellacorrentecheliattraversaèdirettamente
proporzionale alla differenza di potenziale applicata agli elettrodi. La resistività dei liquidi varia da
liquido a liquido. Gli elettroliti sono in genere conduttori di seconda classe, poiché hanno resistività
moltopiùaltediquelledeiconduttorimetallici,chesonodetticonduttoridiprimaclasse(v.tab.17.3).
Tabella17.3Classidiconduttorielettricieordinedigrandezzadellerispettiveresistività
CLASSE
MATERIALE
ρA20°C[Ωm(m·lo]
prima
conduttorimetallici
<2·10–6
seconda
elettroliti,gasionizzati
0,01÷100
terza
isolanti
106÷1016
•L’elettrolisi
Definizione
Dissociazioneionicadeglielettroliti
Cationieanioni
Ladissociazioneelettrolitica
Riduzione
Ossidazione
L’elettrolisi è quel complesso di fenomeni che avvengono in seguito al passaggio di una corrente
elettrica in una soluzione di un elettrolita. Per comprendere il motivo della presenza di particelle
caricheall’internodiunasoluzionedielettrolitaoccorrerifarsialleforzechetengonolegateleparticelle
(atomi o ioni) in un composto. In presenza di un solvente (in genere ci si riferisce all’acqua), alcuni
composti chimici, come gli acidi, le basi o i sali, che chiameremo elettroliti, passano in soluzione
dissociandosiinioni,cioèinatomiogruppidiatomidotatidicaricaelettrica.Ionipositivisonodetti
cationieioninegativisonodettianioni(neglielettrolitiioniciilegamichimicisistabilisconotraioni
dicaricaopposta,inseguitoadattrazioneelettrostatica;legamidiquestotiposichiamanolegamiionici).
Lamolecoladell’acqua,compostadadueatomidiidrogenoedaunatomodiossigeno,sicomportacome
undipoloelettrico(undipoloelettricoèunsistemacostituitodaduecarichediugualeintensitàedisegno
opposto,separatedaunapiccoladistanza),conunafrazionedicaricanegativasull’atomodiossigenoe
un’equivalentefrazionedicaricapositivasuidueatomidiidrogeno.Quandounelettrolitavienedisciolto
in acqua, le molecole dell’acqua si insinuano tra quelle dell’elettrolita e circondano con l’estremità
negativaicationieconquellapositivaglianioni,dissociandocosìl’elettrolita.Questofenomenoprende
ilnomedidissociazioneelettrolitica(v.fig.17.3).
Sottol’azionedelcampoelettricogeneratodaglielettrodi,gliionipresentinell’elettrolitamigrano:
quellidicaricapositiva(icationi)versoilcatodo,quellidicaricanegativa(glianioni)versol’anodo.
Giunti a contatto con il catodo, i cationi acquistano elettroni (si riducono) e possono formare specie
neutre.Peresempio,possonodarluogoaungas,comel’idrogeno,odepositarsisull’elettrodo,comenel
casodialcunimetalli(ilprocessodideposizionedeimetallisuglielettrodimediantel’elettrolisiviene
sfruttatoindustrialmente:peresempio,perrivestired’oro,d’argentoodicromomaterialimetallici).
Gli anioni, giunti a contatto con l’anodo, cedono elettroni (si ossidano), formando anch’essi specie
neutre. Per esempio, nel corso dell’elettrolisi del cloruro di sodio, al catodo si forma sodio metallico
(Na)eall’anodosiformaclorogassoso(Cl2)(v.fig.17.4).
Le numerose applicazioni dell’elettrolisi sono, oltre al rivestimento di oggetti di strati metallici,
l’estrazione di metalli quali l’alluminio, il magnesio ecc., la raffinazione di metalli impuri o la
produzionedielementi,comeperesempioilcloro,apartiredailorocomposti.Ancheilfunzionamento
dellapilasibasasull’elettrolisi.
Figura17.3Schemadelfenomenodelladissociazioneelettrolitica,dovutaall’interazionetralemolecolepolaridell’acquaegliioni
positivienegativipresentinelcristallodiunsale,inquestocasoilclorurodisodio;lemolecolediacquasiinsinuanotragliioni,
circondandolietrascinandoliinsoluzione.
•LeleggidiFaradaysull’elettrolisi
PrimaleggediFaraday
SecondaleggediFaraday
Studiando il fenomeno dell’elettrolisi, Michael Faraday (1791-1867), chimico e fisico inglese, scoprì
che il processo segue delle leggi ben determinate, che sono ricordate oggi come leggi di Faraday
sull’elettrolisi.
La prima legge di Faraday afferma che la quantità di materia trasformata durante l’elettrolisi è
proporzionaleallaquantitàdicorrentecheattraversalasoluzione.
La seconda legge di Faraday dice che la massa di sostanza depositata o liberata agli elettrodi, in
seguitoalpassaggiodiunadeterminatacaricaelettrica,èproporzionaleall’equivalentechimicodella
sostanza.L’equivalentechimicoèilrapportotrailpesoatomicodiunelementoelasuavalenza,mentre
la valenza rappresenta il numero di elettroni che un atomo di quella sostanza può perdere o acquistare
quandoformaunlegamechimico.
Figura17.4Schemadelprocessodielettrolisidelclorurodisodio,NaCl.Stabilitaunadifferenzadipotenzialetracatodoeanodo,
al catodo migrano i cationi Na +, mentre all’anodo gli anioni Cl– . Al catodo si verifica un processo di riduzione e all’anodo un
processodiossidazione,talipercuialcatodosidepositasodiometallicoeall’anodoclorogassoso.
•Laconducibilitàneigas
Ungasionizzatoconducecorrenteelettrica
Scintillaescaricaabagliore
Fluorescenza
Raggicatodici
Diodiavuoto
Ifulmini
Incondizioninormali,ungasnoncontieneportatoridicaricaedèperciòunbuonisolante.Tuttavia,
se viene sottoposto all’azione di un agente ionizzante, che produce al suo interno coppie di ioni,
ancheungaspuòdiventareunconduttore.AgentiionizzantisonoperesempioiraggiX,laluceealtri
tipidiradiazionielettromagnetiche(v.cap.22),chefornisconoaglielettronipiùesternidegliatomiche
compongono il gas l’energia necessaria per rompere il legame che li tiene uniti ai nuclei atomici. Si
formano così ioni positivi e ioni negativi, che, trasportando la corrente elettrica, fanno del gas un
conduttore.
I conduttori gassosi non seguono la legge di Ohm: la legge che lega l’intensità di corrente alla
differenzadipotenzialeinungasnonèlineare,maèpiùcomplessaedipendedallapressionedelgas.
Il fenomeno più comune che avviene all’interno di un gas in cui siano posti due elettrodi ai quali sia
applicataunadifferenzadipotenzialeèlascintilla.Selascintillavienefattascoccareall’internodiun
tuboincuiilgasèapressionemoltobassa,invadelentamentetuttoiltuboesihaunascaricaabagliore:
suquestoprincipiosibasanoicomunitubialuminescenzausatiperl’illuminazione.
Diminuendoulteriormentelapressioneall’internodiuntuboascarica,ilmotodelleparticelleionizzate
diventapressochénullo,datalararefazionedelgas,macompareunaluminescenza(fluorescenza) sulla
paretedeltubooppostaalcatodo,dovutaaunflussodielettroniemessidalcatodoseladifferenzadi
potenziale è sufficientemente elevata. Data la loro origine, questi raggi di elettroni vennero chiamati
raggi catodici. L’emissione dei raggi catodici viene sfruttata per esempio nella formazione delle
immaginitelevisive(v.riquadrosuccessivo).Iltipopiùsemplicedituboelettronicoèildiodoavuoto,o
agas;all’internodiun’ampolladivetroincuièfattoilvuoto,unfilamento,riscaldatodalpassaggiodi
corrente,emetteelettroni.All’internodell’ampollac’èancheunaplaccametallica:sequestaèportataa
potenzialepositivorispettoalfilamento,chequindiènegativo,glielettroniemessidalfilamentopossono
essere raccolti dalla placca e circola corrente. Se si invertono le polarità, gli elettroni emessi sono
respintidallaplaccaelacorrentenoncircola.Ildiodoquindi,comequelloasemiconduttore,fapassare
lacorrentesoloinunsenso.Idiodiagasdifferisconodaquelliavuotoperchénell’ampollavieneposto
ungasrarefattoalpostodelvuoto.
Ifulminisonounadellemanifestazionidelpassaggiodellacorrenteall’internodiungas,inquestocaso
l’aria.Comunementel’ariaèunbuonisolante,maesistonosemprenell’ambientedegliagentidebolmente
ionizzanti,comelaradiazionesolareoiraggicosmici:quandotralanubeeilsuolo,otranubeenube,si
produce una forte differenza di potenziale, si può formare una enorme scintilla, il fulmine. Il calore
sviluppatodall’intensacorrenteelettricariscaldal’ariaelasuaimprovvisaespansioneprovocaun’onda
sonora,iltuono.
ILTUBOARAGGICATODICI
Iraggicatodiciconsistonoinunflussodielettroniemessidauncatodoeacceleratidaunanodo.Inuntuboaraggicatodiciglielettroni
sono emessi da un filamento (v. fig.) riscaldato dalla corrente generata per esempio da una batteria: se la temperatura è abbastanza
elevata, alcuni elettroni acquistano l’energia sufficiente ad allontanarsi dal metallo (effetto termoelettrico). Questi elettroni vengono
accelerati dalla differenza di potenziale esistente tra l’anodo e il catodo. Attraverso un minuscolo foro praticato nell’anodo, un piccolo
fascio di elettroni colpisce uno schermo, ricoperto per esempio da un sottilissimo strato di fluoruro di zinco, che causa una forte
fluorescenzanelpuntocolpito.Sesiapplicaunadifferenzadipotenzialeadueplacchepostelungounasseverticalelungoilcamminodel
fasciodielettroni,ilfasciovienedeviatoeilpuntoluminososulloschermosispostaverticalmente.Unadifferenzadipotenzialeapplicataa
dueplaccheposizionatelungol’asseverticaledelfasciocausainveceunospostamentodelpuntoluminosoinsensoorizzontale.Applicando
contemporaneamente differenze di potenziale alle due coppie di placche, il punto luminoso può essere spostato istantaneamente in
qualunque punto dello schermo. Il tubo catodico viene usato per la formazione di immagini in alcuni strumenti di misura, come
l’oscilloscopio,onegliapparecchitelevisivi.
Formazionedell’immaginesulloschermoSinuntuboaraggicatodici.L’anodoeilcatodosonorispettivamente a ec. Agendo
sulle placche P e Q il punto luminoso O può essere spostato a piacere in qualunque punto dello schermo per produrre
un’immagine.
GLOSSARIO
Ampere
Unità di misura del Sistema Internazionale per l’intensità della corrente elettrica, indicato con A, pari all’intensità di una corrente che
trasporta,attraversolasezionedelconduttore,lacaricadi1coulombin1secondo:1A=1C/1s.
Amperometro
Strumentopermisurarel’intensitàdellacorrenteelettricainuncircuitoelettrico.
Anodo
Elettrodoopolopositivodiunacellaelettrolitica,versocuimigranogliioninegativi.
Catodo
Elettrodoopolonegativodiunacellaelettrolitica,versocuimigranogliionipositivi.
Circuitoelettrico
Seriedicomponentielettricieconduttoriattraversocuiscorrecorrenteelettrica.
Correntealternata
Correnteelettricadiintensitàeversovariabili.
Correntecontinua
Correnteelettricaunidirezionalediintensitàcostanteneltempo.
Correnteelettrica
Movimento ordinato delle cariche elettriche; generalmente si parla di intensità della corrente, definita come la carica che attraversa una
superficieinunintervalloditempo.Lacorrenteelettricasimisurainampere.
Cortocircuito
Connessioneaccidentaletraelementinonconsecutividiunimpiantoelettrico.
Diodo
Componenteelettronicoadueterminalichepermetteilpassaggiodellacorrentesoloinunadirezione.
EffettoJoule
Produzionedicaloreinunconduttoreprovocatadalpassaggiodicorrenteelettrica.
Elettrodo
Elementoconduttoredicollegamentotrauncircuitoelettricoeunmezzoentrocuidevecircolarelacorrente.
Elettrolisi
Complessodeifenomeniprovocatidalpassaggiodicorrenteelettricainunasoluzionedielettrolita.
Elettrolita
Compostochimicocheinsoluzioneacquosasidissociainionipositivienegativi(sonoelettrolitigliacidi,lebasieisali).
Forzaelettromotrice(f.e.m.)
Differenzadipotenzialemisurabileacircuitoapertoaimorsettidiungeneratore.
Generatoreditensione(ogeneratoreelettrico)
Dispositivochetrasformainenergiaelettricaun’altraformadienergia.
Ohm
UnitàdimisuranelSistemaInternazionaledellaresistenzaelettrica,indicatoconΩ;sidicecheunconduttorepresentaunaresistenzadi1
ohmse,sottopostoallatensionedi1volt,èpercorsodallacorrentedi1ampere:1Ω=1V/1A.
Pilaelettrica
Sistemaelettrochimicocompostodadueelettrodiimmersiinunelettrolita(conduttoredisecondaclasse),chetrasformaenergiachimicain
energiaelettrica.
Potenzaelettrica
Quantitàdienergiaelettricaspesainunintervalloditempo;lapotenzaelettricaèdatadalprodottodelladifferenzadipotenzialetradue
puntidiuncircuitoelettricoel’intensitàdellacorrentechetransitanelcircuito.
Raggicatodici
Radiazioniemessedalcatododiuntuboascaricainungasrarefatto,costituitedaunfasciodielettroni,chesimanifestacomebagliore
fluorescentesullaparetedeltubooppostaalcatodo.
Resistenza
Grandezzafisicacheindical’attitudinediunconduttoreatrasformarel’energiaelettricachelopercorreincalore.L’unitàdimisuradella
resistenzaelettricaèl’ohm.
Resistività
Grandezzafisicacheindical’attitudinediunconduttoreafarsiattraversaredallacorrenteelettrica.
Superconduttività
Fenomeno fisico che consiste nel brusco annullamento della resistività di alcuni materiali per valori di temperatura prossimi allo zero
assoluto.
Transistor
Componenteelettronicoasemiconduttoreusatoneicircuitielettricicomeamplificatoredisegnale.
Voltmetro
Strumentochevieneutilizzatopermisurareladifferenzadipotenzialeailatidiuncircuitoelettrico.
Watt
UnitàdimisuranelSistemaInternazionaledellapotenzaelettrica,indicataconW,pariallapotenzacorrispondenteallavorodi1joulein1
secondo:1W=1J/1s.
TESTDIVERIFICA
1. Comesidefiniscel’intensitàdellacorrenteelettrica?
2. Sesiraddoppialadifferenzadipotenzialeagliestremidiunconduttorearesistenzacostante,cosaaccadeall’intensità
dellacorrentecheloattraversa?
3. Setreresistoridiresistenzaparirispettivamentea12Ω,24Ωe36Ωsonocollegatiinserieinuncircuito,qualèla
resistenzaequivalentedelcircuito?Esesonocollegatiinparallelo?
4. Qualefunzionehaunfusibileinuncircuitoelettrico?
5. Perchéunconduttoresiriscaldaquandoèattraversatodallacorrenteelettrica?
6. L’acquaèunisolanteounconduttore?
18ILMAGNETISMO
Leproprietàattrattivedeimagnetisononoteall’uomodamigliaiadiannielalorocapacitàdiindicareilnordgeograficoèutilizzata
nellabussoladaalmenosettesecoli.Ancheilmagnetismoperò,comel’elettricità,èdivenutoqualcosadipiùdiunameracuriosità
scientificasolonell’800,quandoèstatoscopertoilsuostrettolegameconifenomenielettrici.Leapplicazionitecnologichediquesta
scoperta sono numerosissime e vanno dal telefono alla registrazione magnetica; anche imotorielettrici, di cui le nostre case sono
piene,sibasanosull’interazionetraelettricitàemagnetismo.
18.1Proprietàmagnetichedellamateria
Magnetiteemagneti
Sostanzeferromagneticheemagnetizzazione
Sostanzediamagnetiche
Sostanzeparamagnetiche
Permeabilitàmagneticarelativa
Alcune sostanze, come la magnetite, hanno la proprietà di attrarre la limatura di ferro e di attrarsi a
vicenda. Questa caratteristica era già nota agli antichi Greci che, nei dintorni di Magnesia, nell’Asia
Minore, scoprirono un minerale che aveva queste capacità attrattive, e lo chiamarono Magnes lithos
(pietradiMagnesia),ogginotacomemagnetite,dacuiderivailterminedimagnete,chedesignatuttii
mineralidotatidiquestaproprietà.
La magnetite è un magnete naturale, ma esistono anche delle sostanze, come il ferro e le sue leghe
(acciai), il cobalto e il nichel, che, messe a contatto o nelle vicinanze di un magnete, ne acquistano le
proprietàattrattivecaratteristiche:sidicechevengonomagnetizzati.
Tuttequestesostanze,chesonofortementeattrattedaunmagnete,sonodetteferromagnetiche.
La magnetizzazione di una sostanza ferromagnetica può essere permanente o temporanea. La
magnetizzazione permanente si verifica per esempio nell’acciaio che, in presenza di un magnete,
acquistaunamagnetizzazionechepermaneanchequandoilmagnetechel’haprovocatavieneallontanato
(il materiale, cioè, diventa a sua volta un magnete). La magnetizzazione temporanea, riscontrata per
esempionelferrodolce,permaneinvecefintantocheèpresenteilmagnetechel’haprovocata.
Accantoallesostanzeferromagnetiche,venesonoaltrechesonopocosensibilialleforzeesercitatesudi
esse da un magnete, e che in base al loro comportamento sono distinte in altre due categorie:
diamagneticheeparamagnetiche.
Sono diamagnetiche quelle sostanze che, come l’acqua, il piombo, la grafite e il quarzo, vengono
debolmenterespintedaunmagnete;sonoparamagnetichelesostanze,comel’alluminioeilsodio,che
vengonodebolmenteattrattedaunmagnete.
Ilgradodimagnetizzazionediunasostanzavieneespressodallapermeabilitàmagneticarelativa (μr).
Nelle sostanze ferromagnetiche i valori della permeabilità magnetica possono raggiungere l’ordine di
grandezzadellecentinaiadimigliaia,mentrenellesostanzediamagneticheeinquelleparamagnetichela
permeabilità è molto vicina all’unità: leggermente superiore per le sostanze paramagnetiche, più bassa
perquellediamagnetiche(v.tab.18.1).
Tabella18.1Valoridipermeabilitàmagneticarelativa(μr)dialcunesostanze
MATERIALI
μr
diamagnetici
acqua
0,99999
argento
0,99998
germanio
paramagnetici aria
ossigeno
gassoso
platino
0,9999232
1,0000004
1,00133
1,0002019
ferromagnetici ferropuro
5000
lega ferrosilicio
10000
leghespeciali
1000000
•Ipolimagnetici
Lacalamita
Ipolimagnetici
Nelmagnetenonesistonopoliisolati
Lacalamita,termineconilqualesiindicanoinlinguaggiocomuneimagnetipermanenti,èunavarietà
della magnetite. Le proprietà attrattive della calamita sono concentrate alle sue estremità, mentre nella
zona centrale una calamita è neutra. In genere una calamita è sagomata a ferro di cavallo o, più
comunemente,abarretta:lesueestremitàvengonodettepolimagnetici.Ipolimagneticidiunacalamita
attiranolalimaturadiferroopiccolipezzettidiferropostinellesuevicinanze.Lasciataliberadiruotare,
unacalamitaaformadibarretta(odiago)sidisponenaturalmenteconunadellesueestremità(esempre
la stessa) in una direzione che individua approssimativamente il polo Nord geografico della Terra
(questofenomenoèallabasedell’invenzionedellabussola;v.riquadroallapaginaseguente):perciòil
polomagneticochepuntaversoilNordgeograficovienechiamatopolonord e l’altro polo sud (per il
magnetismoterrestrev.par.successivo).
Comeavvieneperlecaricheelettriche,duepolimagneticidellastessanaturasirespingono,mentredue
polidinaturaoppostasiattraggono:così,avvicinandoduecalamiteliberediruotare,essesidisporranno
inmodocheilpolonorddell’unasiavvicinialpolosuddell’altra.Seavviciniamotraloroipolinord(o
sud) di due calamite, questi tenderanno a respingersi. Allo stesso modo in cui cariche elettriche dello
stessosegnosirespingonoecaricheelettrichedisegnooppostosiattraggono.
Mal’analogiaconlecaricheelettrichesifermaqui,poichénelcasodeimagneti,adifferenzadiquanto
accade per le cariche elettriche, non esistono poli isolati. Questo significa che un magnete è sempre
compostodiunpolonordediunpolosud. Se proviamo a tagliare un magnete al centro, sperando di
divideretraloroiduepoli,otterremosoltantounmagnetepiùpiccolo,maalledueestremitàvisaranno
sempreunpolonordeunpolosud.Ancheriducendoilmagneteadimensionimicroscopichesiottengono
sempreduepoli,odipolo:èimpossibileottenereunpolomagneticoisolato,ounmonopolo(v.fig.18.1).
LABUSSOLAMAGNETICA
La bussola magnetica è uno strumento che sfrutta il magnetismo terrestre ed è costituita da un agomagnetico, una sottile sbarretta di
materialemagneticomontatasuunpernoinmodochesialiberadiruotarenelpianoorizzontalesenzaattrito:lontanodaaltrimagnetiche
potrebberoinfluenzarneilcomportamento,l’agomagneticosiorientaspontaneamenteindirezioneNord-Sud,lungoimeridianiterrestri.In
genere le bussole sono dotate di un quadrante suddiviso in 360 gradi, sul quale vengono segnati i punti cardinali, così da permettere
l’orientamento. Sembra che la bussola fosse già nota in Cina (VIII sec.) e in Arabia (XI sec.) prima di divenire di uso comune in
Occidente,manoncisonofontisicureaquestoriguardo.Laprimadescrizionedettagliatadellabussolaedelsuofunzionamentorisaleal
1269 ed è dovuta a uno studioso francese, noto come Peter Peregrinus, il quale dette anche il nome di polo sud e di polo nord alle due
estremitàdell’agomagnetico.Labussolafuperfezionataediffusasoprattuttodagliamalfitani(FlavioGioia)nelXIVsec.
Figura 18.1 Le cariche magnetiche possono esistere solo in coppia: suddividendo un magnete si ottengono sempre altri magneti
completi.
18.2Ilcampomagnetico
Definizione
Lineadiforzadelcampo
Se, avvicinando due magneti, questi si attraggono o si respingono a seconda dell’orientamento dei
rispettivipoli,significacheesercitanol’unosull’altrounaforzaadistanza.Comeperifenomenielettrici
eperleforzegravitazionali,risultautiledescrivereleinterazionimagneticheutilizzandoilconcettodi
campo.
Sidicecheunmagneteesercitaattornoaséuncampomagnetico,oppurecheuncampomagneticoèla
regionedellospazioincuisonosensibilileforzediattrazioneerepulsioneesercitatedaunmagnete
o da un insieme di magneti. Il campo magnetico è un campo di forze, quindi, analogamente al campo
elettricoealcampogravitazionale,èuncampovettoriale.
Direzione e verso del campo magnetico vengono descritti dalle linee di forza del campo, che
rappresentano,inognipuntodellospazio,ladirezionelungolaqualesidisporrebbeunmagnetino(usato
comemagnetediprovaperstudiareilcampo)postoinquelpunto.Comeperglialtricampivettoriali,le
lineediforzadelcampomagneticosonotangentialladirezionedelcampoinognipuntoesonotantopiù
fittequantopiùelevataèl’intensitàdelcampo.
Le linee di forza del campo magnetico prodotto da un magnete sono visualizzabili con un’esperienza
moltosemplice.Uncartoncinoricopertodilimaturadiferrovieneappoggiatosopraunmagnete;dando
delle leggere scosse al cartoncino, la limatura di ferro si magnetizza e ogni piccolo aghetto che la
componesidisponelungoilcampomagnetico,componendoildisegnodellaproiezionesulpianodelle
lineediforzadelcampo.Nelcasodiunasbarramagneticalelineediforzasonolineechiusecheescono
dalpolonordedentranonelpolosud;ilversovaquindidalpolonordalpolosud(v.fig.18.2).
Figura18.2Lelineediforzadiuncampomagneticocreatodaunmagneteabarra.
•Ilcampomagneticoterrestre
Come abbiamo visto, un ago magnetico libero di ruotare si dispone spontaneamente lungo i meridiani,
con il polo nord diretto verso il Nord geografico: questo significa che la Terra è sede di un campo
magnetico. Questo campo viene chiamato campo magnetico terrestre, o campo geomagnetico. Il
campomagneticoterrestrepuòessereassimilatoalcampoprodottodaunmagneteasbarretta(undipolo)
lecuilineediforzaesconodalpoloSudgeografico(cheinrealtàèunpolonordmagnetico),entranonel
poloNordgeografico(cheinrealtàèunpolosud,einfattiattraeilpolonorddell’agodiunabussola)e
sonoorientatecomeimeridiani(v.fig.18.3;v.anchepar.18.3).
Figura18.3Lelineediforzadelcampomagneticoterrestre.
18.3Legametraforzeelettricheeforzemagnetiche
Lascopertadell’elettromagnetismo
Unacorrenteelettricagenerauncampomagnetico
Nel 1820 il fisico danese Hans Christian Oersted (1777-1851) fece una delle scoperte più importanti
della storia della fisica, a quanto pare in modo del tutto inatteso: osservò che esisteva un legame tra
magnetismo ed elettricità, ponendo le basi di quel ramo della fisica noto con il nome di
elettromagnetismo.Avendoinviatounacorrenteelettricalungounfilodiramecollegatoaiduepolidi
una pila, Oersted osservò che l’ago di una bussola posta nelle vicinanze dell’apparecchiatura,
inizialmente diretto parallelamente al filo in direzione Nord-Sud, subiva una rotazione di 90° e si
disponevaperpendicolarealfilo.Invertendoilversodellacorrente,l’agoruotavadi180°,invertendola
posizione dei suoi poli ma restando perpendicolare al filo percorso da corrente. La corretta
interpretazione di Oersted fu che un filo elettrico percorso da corrente genera attorno a sé un campo
magnetico.
Più in generale, l’esperienza di Oersted dimostra che una corrente elettrica genera un campo
magnetico.Primadiquestoesperimentosieratentatoditrovareunlegametralecaricheelettricheei
magneti, ma senza risultato, poiché di fatto un campo magnetico non ha alcun effetto su una carica
elettricainstatodiquiete,masoltantosuunacaricainmovimento.Infattisololecariche elettriche in
motoproduconouncampomagnetico.
•Lelineediforzadiuncampomagneticoprodottodaunfilopercorsodacorrente
Ladirezionedellelineediforza
Ilsolenoide
L’elettromagnete
Lelineediforzadelcampomagneticogeneratodaunfilopercorsodacorrentesonoperpendicolari
allacorrenteinognipunto:ciòsignificachesonorappresentatedacerchiconcentriciattornoalfilo.Il
versodellelineediforza(ladirezionedelpolonorddelmagnetinodiprova)èdatodallaregoladella
manodestra:afferrandoilfiloconlamanodestraepuntandoilpolliceindirezionedellacorrente,ledita
dellamanoindicanoilversodellelineediforzadelcampomagneticogeneratodalfilo.Lelineediforza
inoltresonotantopiùfittequantopiùèintensalacorrentechepassanelfiloequantominoreèladistanza
dalfilostesso.
Nelcasoincuilacorrentepercorraunfiloavvoltoaspiraanzichéunfilorettilineo,lelineediforzadel
camposonoancoraperpendicolarialfiloinognipuntoeilsuoversoèquellodiunavitedestrorsache
percorre il filo nel senso della corrente. Un filo percorso da corrente avvolto a spirali ravvicinate
costituisceunsolenoide.Unsolenoidepercorsodacorrenteproduceanch’esso,naturalmente,uncampo
magnetico, prodotto dalla somma dei campi magnetici di ciascuna spira del solenoide. All’interno del
solenoidelelineediforzadelcampomagneticosonoparallele,ovveroilcampoèuniforme.Ilcampo
magneticoprodottodaunsolenoidepercorsodacorrentepuòperciòessereassimilatoaquelloprodotto
daunasbarrettamagnetica,icuipolisonopostiagliestremidelsolenoideedipendonodalversodella
corrente.
L’intensitàdelcampomagneticoprodottodaunsolenoidepuòesserenotevolmenteaumentataapplicando
all’interno delle spire del solenoide una sbarra di ferro o di un altro materiale ferromagnetico: il
solenoidemagnetizzailferroeilcampomagneticoprodottodalsolenoidesisommaaquelloprodottodal
magnete artificiale. Un sistema di questo tipo viene chiamato elettromagnete. Gli elettromagneti sono
molto usati nelle applicazioni tecnologiche: la forza di attrazione che possono esercitare dipende dal
numero di avvolgimenti e dall’intensità della corrente che circola nelle spire e può raggiungere valori
estremamenteelevati.Piccolielettromagnetisitrovanoperesempioneicampanellieneglialtoparlanti,
mentre grossi elettromagneti sospesi a gru permettono di sollevare grandi quantità di materiali ferrosi
negliimpiantiditrattamentodeimetalli.
•Forzatrafilipercorsidacorrente
Nel1831MichaelFaradayscoprìcheunfilopercorsodacorrente,immersoinuncampomagnetico(per
esempio, posto tra i poli di una calamita), subisce una forza la cui direzione è perpendicolare sia al
campomagnetico,siaallacorrentecheattraversailfilo.
Non solo quindi un filo percorso da corrente esercita una forza su un magnete, generando un campo
magnetico,mavaleancheilviceversa,ovverounmagneteesercitaunaforzasuunfilopercorsoda
corrente. Un campo magnetico genera dunque una forza che non si risente soltanto su un magnete, ma
anchesuunconduttorepercorsodacorrente.MapoichéOersteddimostròcheunconduttorepercorsoda
corrente genera un campo magnetico, Ampère ne dedusse che due fili percorsi da corrente devono
esercitare una forza l’uno sull’altro, ovvero attrarsi o respingersi a seconda del verso reciproco delle
rispettivecorrenti.Einfattidueconduttorirettilineipercorsidacorrentetendonoadattrarsisesono
percorsi da correnti che viaggiano nello stesso verso e tendono a respingersi se le due correnti
hannoversiopposti(v.fig.18.4).
Sull’attrazionetraduefilipercorsidacorrenteèbasataladefinizionedell’unitàdimisuradellacorrente
elettrica,l’ampere:l’ampereinfattièdefinitocomelacorrenteche,percorrendodueconduttorirettilinei
paralleli,dilunghezzainfinita,postinelvuotoaunadistanzadi1ml’unodall’altro,producefradiessi
unaforzadi2•10–7newtonperognimetrodilunghezza.
Poichélamateriaècostituitadiparticelleelettricamentecaricheinmovimento,illegametraelettricitàe
magnetismo scoperto da Oersted può venirci in aiuto per spiegare il motivo per cui differenti sostanze
hanno un differente comportamento rispetto ai fenomeni magnetici: la spiegazione risiede nel
comportamentodegliatomi(odellemolecole)quandovengonosottopostiauncampomagnetico.
Figura18.4 Due fili percorsi da corrente esercitano l’uno sull’altro una forza attrattiva (a) se la corrente nei due fili fluisce nello
stessoverso,repulsiva(b)sefluisceinversiopposti.
•Spiegazioneatomicadelmagnetismo
Nellesostanzediamagnetiche
Nellesostanzeparamagnetiche
Nellesostanzeferromagnetiche
DominidiWeiss
Per spiegare gli effetti di magnetizzazione sulle differenti sostanze, e di conseguenza la differente
permeabilità magnetica relativa delle diverse sostanze, occorre spiegare cosa accade a livello
microscopico quando gli atomi (o le molecole) di una sostanza sono sottoposti a un campo magnetico
esterno.Ipossibilieffettidiuncampomagneticoesternosuunasostanzasonodue:ladistorsionedel
motodeglielettroniel’orientamentodegliatomi(odellemolecole)nelladirezionedelcampoesterno.
Nelle sostanze diamagnetiche, che vengono debolmente respinte da un campo magnetico, prevale
l’effettodidistorsionedelmotodeglielettroni:quandoapplichiamouncampomagneticoesternoauna
sostanzadiamagnetica,glielettroniinmotonegliatomi(onellemolecole)dellasostanzasubisconouna
forza, poiché un campo magnetico esercita una forza su una carica in movimento. Il risultato di questa
forza è una magnetizzazione degli elettroni, che – si può dimostrare – è opposta a quella del campo
magneticoapplicato.Ildiamagnetismoèunaproprietàintrinsecadiogniatomoemolecola;quandoinuna
sostanzaferromagneticaoparamagneticaprevaleuncomportamentooppostoèperchéprevaleuneffetto
diversoepiùforte,cheproducel’attrazionemagnetica,maildiamagnetismoèancorapresente.
Nellesostanzeparamagnetiche,debolmenteattratte,prevalel’effettodiorientamentodeglielettroni:
gli atomi (o le molecole) delle sostanze paramagnetiche, in presenza di un campo magnetico esterno,
tendono a orientarsi tutti lungo il campo esterno, dando luogo così a una leggera magnetizzazione
addizionale. Il paramagnetismo aumenta al diminuire della temperatura e dà luogo a fenomeni anche
abbastanzaintensiatemperatureprossimeallozeroassoluto.
Lesostanzeferromagnetiche,fortementeattrattedauncampomagneticoesterno,presentanoalivello
microscopico una magnetizzazione permanente, ovvero una naturale tendenza a orientare tutti i loro
atomi (o le loro molecole) nella stessa direzione. Inoltre, la magnetizzazione delle sostanze
ferromagnetiche dipende fortemente dall’intensità del campo magnetico applicato e dalla temperatura:
per temperature superiori a un certo valore il ferromagnetismo scompare e la sostanza diventa
paramagnetica.
Un fisico francese, Pierre Weiss (1865-1940), postulò l’esistenza nelle sostanze ferromagnetiche di
minuscolezone,dettedominidiWeiss,all’internodellequaligliatomi,chepossonoessereconsiderati
dei piccoli magneti, si allineano in modo da rafforzare le loro proprietà. Queste regioni sono
magnetizzate anche in assenza di campo esterno. In presenza di un campo magnetico esterno i domini
subiscono delle variazioni che dipendono dall’intensità del campo applicato e che portano alla
magnetizzazione del materiale: possono deformarsi, e dunque quello allineato con il campo esterno
prende il sopravvento sugli altri, o, per campi più intensi, possono orientarsi tutti nella direzione del
campo,rafforzandolaloromagnetizzazione.
•IpolimagneticiterrestrielefascediVanAllen
Poligeomagnetici
Declinazionemagnetica
FascediVanAllen
Dalle misure del campo magnetico terrestre si è trovato che i poli magnetici (che per comodità
continueremo a chiamare rispettivamente nord e sud in corrispondenza dei poli geografici) non
coincidonoesattamenteconipoligeografici.L’assechelicongiunge(assedeldipolo)formaconl’asse
di rotazione della Terra un angolo di 11º 05’ e incontra la superficie della Terra in due punti situati
rispettivamentevicinoaThule,inGroenlandia(poloNordgeomagnetico)evicinoaVostok,inAntartide
(poloSudgeomagnetico).
L’angolo di declinazione magnetica, formato dai piani del meridiano astronomico e del meridiano
magnetico (contenente la direzione dell’ago magnetico), varia da punto a punto della Terra e non è
costanteneltempo.
Leoriginidelcampomagneticoterrestrenonsonoancoradeltuttocerte.Inizialmentesipensavacheil
campogeomagneticopotesseesseredovutoallapresenzadisostanzemagneticheposteinprossimitàdei
poli magnetici, ma oggi si pensa che sia più probabilmente generato da correnti elettriche prodotte nel
nucleofluidodellaTerra.
StrettamenteconnesseconilcampomagneticoterrestresonolefascediVanAllen,veriepropriflussidi
particelle cariche (protoni ed elettroni) derivanti dal bombardamento dell’atmosfera prodotto dai
raggicosmici,cherimangonointrappolatenellevicinanzedellaTerraacausadelsuocampomagnetico.
18.4Intensitàdelcampomagnetico
Lamisurazione
Vettoreinduzionemagnetica
L’unitàdimisura:iltesla
Permisurarel’intensitàdiuncampomagnetico,analogamenteaquantofattoperilcampoelettricoper
ilqualesiusaunacaricadiprova,siusauna“correntediprova”,ovverounfilopercorsodacorrente.A
questoscoposiconsiderauntrattodifilodilunghezzal,percorsodaunacorrenteI,postotraipolidi
unacalamita,ovveroimmersoinuncampomagnetico.
ComedimostratodaAmpère(v.par.precedente),ilfilosubisceunaforza,lacuidirezioneeversosono
ricavabili mediante la regola della mano sinistra: con l’indice rivolto nella direzione del campo e il
medio perpendicolare all’indice, nella direzione della corrente, la direzione della forza è data dal
pollice, perpendicolare a entrambi (v. fig. 18.5). Se si misura la forza F con un dinamometro, questa
risultaproporzionaleallalunghezzadelfiloleall’intensitàdellacorrenteI:
F=B•l•I
dovelacostantediproporzionalitàBrappresental’intensitàdelvettorecampomagnetico.
SidefiniscequindivettorecampomagneticoB,dettopiùpropriamentevettoreinduzionemagnetica,
quel vettore che ha come direzione e verso quelli delle linee di forza del campo magnetico e intensità
data dalla forza esercitata su un conduttore rettilineo per unità di lunghezza e per unità di corrente
elettrica.
L’unitàdimisuradell’intensitàdelcampomagneticonelSistemaInternazionaleèiltesla (simbolo
T).Sidicecheuncampomagneticohaintensitàdi1teslaquandoesercitaunaforzadi1newtonsuunfilo
conduttoredellalunghezzadi1mpercorsodaunacorrentedi1ampere:
1N
1T= 1A
1m
Laforzaesercitatadauncampomagneticosuunfilopercorsodacorrenteèsfruttataneimotorielettrici
pertrasformareenergiaelettricainenergiameccanica(v.riquadro).
Figura18.5Laforzacheagiscesuunconduttorerettilineo(valelaregoladellamanosinistra).
ILMOTOREELETTRICO
In un motore elettrico l’energia elettrica fornita a una spira percorsa da corrente viene trasformata in energia meccanica. L’energia
meccanicacosìprodottapuòpoivenireutilizzatapermuovereperesempiolepalediunventilatoreoilcestellodiunalavatrice.Unmotore
elettrico è costituito generalmente da una parte fissa (statore) e da una mobile (rotore). Una spira rettangolare di filo conduttore rigido,
montatasuunassesulqualeèliberadiruotare,èimmersainuncampomagneticouniformeperpendicolareall’assedirotazione,generato
peresempiodaipolidiunmagnete.Quandolaspiraèpercorsadacorrenteelettrical’azionedelmagneteproduceunacoppiadiforzeche
lacostringonoaruotare.Laspiraruotadi90°primadifermarsi:quandoinfattiilpianodellaspiraèperpendicolarealcampomagnetico,la
forzaesercitatasullaspiraènullaequestasiferma;ma,pereffettodell’inerzia,laspirapercorreinrealtàunangololeggermentesuperiore
a90°elacoppiadiforzeprodottadalcampomagneticonellanuovaposizione,oppostaallaprecedenteperchésisonoinvertiteledirezioni
delle correnti nei due rami verticali della spira, la costringerebbe a tornare indietro. Se a questo punto, mediante uno speciale dispositivo
dettocollettore,siinverteilsensodellacorrentenellaspira,vieneinvertitaanchel’azionedelleforzeelaspiracontinualarotazionenello
stessosenso.Larotazionedellaspiravienetrasmessaaunalberogirevoleepuòfarfunzionareunapparecchioelettrico.
Unmotoreelettricorealeingenereèunpo’piùcomplessodiquellodescritto(puòesserecostituitoperesempiodabobine,anzichédauna
singolaspiranellapartemobile),mailprincipiodifunzionamentorimaneinvariato.
•Intensitàdelcampomagneticogeneratodaunfilopercorsodacorrente
L’intensitàdelcampomagneticogeneratodaunfilorettilineopercorsodaunacorrentediintensitàIè
inversamente proporzionale alla distanza d dal conduttore e direttamente proporzionale alla
corrente:
I
B=k
d
dove la costante di proporzionalità k si scrive per convenzione k = μ0/2π, con μ0 che rappresenta la
permeabilitàmagneticanelvuotoevaleμ0=12,56•10–7Tm/A.
•Intensitàdelcampomagneticogeneratodaunaspirapercorsadacorrente
Nel caso di una spira di raggio r percorsa da una corrente I, il campo magnetico ha intensità
direttamenteproporzionaleallacorrenteeinversamenteproporzionalealraggiodellaspirar:
I
B=k
r
elacostantediproporzionalitàkèancoraquelladelcasoprecedente.
•Intensitàdelcampomagneticogeneratodaunsolenoidepercorsodacorrente
All’internodiunsolenoideilcampomagneticoèuniformeesipuòdimostrarechelasuaintensitàè
direttamenteproporzionalealnumerodispirenchecompongonoilsolenoide,all’intensitàdicorrenteI
chepercorreilsolenoideeinversamenteproporzionaleallalunghezzaldelsolenoide:
nI
B=μ
l
Inquestocasolacostantediproporzionalitàdipendedalmezzopostoall’internodelsolenoide;sealsuo
internoc’èaria(chepercomoditàsupporremoavereunapermeabilitàmagneticaparagonabileaquella
delvuoto),lacostantediproporzionalitàsaràsemplicementeμ=μ0.Seall’internodelsolenoideviene
postounmezzomaterialeconpermeabilitàmagneticarelativapariaμr,lacostantediventaμ=μ0μreil
campodiventatantopiùintensoquantopiùaltaèlapermeabilitàmagneticaμrdelmezzo.
18.5LaforzadiLorentz
Calcolodell’intensitàdellaforzadiLorentz
DirezionedellaforzadiLorentz
Se un campo magnetico esercita una forza su un conduttore percorso da corrente, è lecito pensare che
ogni particella carica che si muove in un campo magnetico subisce una forza, poiché la corrente è
costituita da cariche in movimento. Questa forza è la forza di Lorentz, così detta dal nome del fisico
olandeseHendrikAntonLorentz(1853-1928),premioNobelperlafisicanel1902.
Per calcolare l’intensità della forza di Lorentz partiamo dalla forza esercitata su un tratto di filo di
lunghezzalpercorsodaunacorrenteI:
F=B•I•l
Una particella con carica q che si muove in quel tratto di filo produce una corrente data dalla sua
intensitàdicaricanell’unitàditempo,quindi:
I=
q
t
Selaparticellasimuoveconvelocitàuniformev,percorreuntrattolinuntempotelacorrentesipuò
scrivere:
qv
I=
l
cosìl’intensitàdellaforzadiLorentzdiventa:
F=qvB
La direzione della forza di Lorentz è perpendicolare alla velocità della particella e perpendicolare al
campomagnetico;ilsuoversoèquellodelpollicenellaregoladellamanosinistra(comeperlaforza
esercitatasuunfilopercorsodacorrente),selacaricaèpositiva(ilversoconvenzionaledellacorrente
infattièquellodellecarichepositive),edèquellooppostoselacaricaènegativa.
Essendosempreperpendicolarealladirezionedellaparticellacarica,laforzadiLorentzfungedaforza
centripetaperunaparticelladivelocitàperpendicolarealladirezionedelcampomagneticoecostringela
particella a curvare la sua traiettoria lungo un percorso circolare, il cui raggio r si può ricavare
uguagliandolaforzadiLorentzallaforzacentripeta:
2
qvB=mv
r
Questo effetto è sfruttato negli acceleratori di particelle ad anello (v. riquadro Gli acceleratori di
particelle), che, attraverso l’uso di campi magnetici, costringono le particelle cariche a rimanere
confinate su traiettorie circolari. Conoscendo l’intensità dei campi magnetici applicati, e misurando la
velocità e il raggio della traiettoria della particella, la formula data sopra può essere utilizzata per
determinarelamassadiparticellecarichesconosciute.
GLOSSARIO
Campomagnetico
Campodiforzegeneratodamagnetiodacaricheelettricheinmovimento.
Elettromagnete
Dispositivocostituitodaunabobinadifiloisolato(solenoide)avvoltoattornoaunnucleodimaterialeferromagnetico,chesimagnetizzaal
passaggiodicorrenteelettricanellabobina.
Ferromagnetismo
Tipo di magnetismo permanente che si manifesta in alcuni materiali, come il ferro e le sue leghe, particolarmente sensibili ai campi
magneticiesterni.
ForzadiLorentz
Forzacheuncampomagneticoesercitasuunacaricaelettricainmoto.L’effettodellaforzadiLorentzsuunacaricaèladeviazionedella
suatraiettoria.
Magnetismo
Partedellafisicachestudiaifenomenidiattrazionetipicidialcunesostanze,dettemagneti,eleproprietàdellamateriaconnessecontali
fenomeni.Imagneti,liberidimuoversi,assumonoparticolareorientazioneneiconfrontidiuncampomagneticoesterno.Nellabussolaun
agomagneticosiorientanaturalmentelungounmeridianoterrestre.
Polomagnetico
Ciascunadelleestremitàdiunmagnetenaturale,dovesonoconcentratelesueproprietàmagnetiche.Unmagneteèsempredotatodidue
poli,dettipolosudepolonord.
TESTDIVERIFICA
1. Ponendoduecalamiteabarraunaaccantoall’altra,inqualecasoquestesiattraggonoeinqualecasosirespingono?
2. Qualisonoleanalogieequaliledifferenzetralecaricheelettricheeipolimagnetici?
3. Quali sono le caratteristiche delle linee di forza di un campo magnetico generato da un magnete a barra, da un filo
percorsodacorrenteedaunsolenoidepercorsodacorrente?
4. Qual è l’intensità del campo magnetico prodotto da un filo rettilineo percorso da una corrente di 10 A, a 2 cm di
distanzadalfilo?
5. Seunelettroneentrainuncampomagneticoconunadirezioneperpendicolarealcampo,qualetraiettoriadescriverà
pereffettodelcampo?Qualèlaforzaresponsabiledellasuadeviazione?
19L'INDUZIONEELETTROMAGNETICAELE
EQUAZIONIDIMAXWELL
LascopertadellaforzaesercitatadaunmagnetesuunfilopercorsodacorrentedapartediFaradayportaacompimentoilciclodi
scopertesull’interazione tra i fenomeni elettrici e i fenomeni magnetici, che verrà sintetizzata da Maxwell nella teoria del campo
elettromagnetico.QuestascopertaèperfettamentesimmetricaaquelladiOersted,secondocuicaricheelettricheinmotoproducono
campimagnetici,estabiliscechecampimagneticivariabiliproduconocorrentielettriche.Aquestecorrentisidàilnomedicorrenti
indotte e al fenomeno di induzione elettromagnetica. Tra le applicazioni tecnologiche dell’induzione elettromagnetica la più
importanteperlanostravitaquotidianaèforselaproduzionedicorrentealternata,lacorrentecheentracomunementenellenostre
caseealimentatuttiinostriapparecchielettrici.
19.1Lascopertadell’induzioneelettromagnetica
Uncampomagneticoinmotoinducecorrenteinunconduttore
Forzaelettromotriceindotta(f.e.m.)
Dopo la scoperta di Oersted, secondo cui una corrente elettrica è in grado di produrre un campo
magnetico, fu naturale da parte dei maggiori scienziati del tempo chiedersi se potesse valere anche
l’inverso,ovverose,einqualicondizioni,uncampomagneticofosseingradodigenerareunacorrente
elettrica.Larispostapositivavennenel1831daMichaelFaraday,ilqualeebbeilmeritodiintuireche,
come si era osservato nella produzione di un campo magnetico da parte di una carica, anche in questo
casolachiavedivoltafosseilmovimento.Unacaricainquietenongenerauncampomagnetico,mentre
una carica in movimento (ovvero una corrente elettrica) è in grado di spostare l’ago di una bussola.
Analogamente,uncampomagneticostazionariononprovocaalcunmotodicaricheinuncircuito,maun
campomagneticoinmovimento(peresempio,unmagneteinmotoall’internodiunsolenoide)determina
unacorrenteinunconduttore.AllacorrenteprovocatainquestomodoFaradaydetteilnomedicorrente
indottaealfenomenoconnessoquellodiinduzioneelettromagnetica.
Muovendounmagnetenellevicinanzediunconduttoreverràindottaunacorrenteelettricaall’internodel
conduttore;quandoilmovimentodelmagnetecessa,siarrestaancheilflussodicorrenteall’internodel
conduttore. Lo stesso avviene se il conduttore è in movimento all’interno di un campo magnetico in
quiete,infatticiòchegenerailfenomenodell’induzioneelettromagneticaèilmovimentorelativotra
unconduttoreeuncampomagnetico.
In conclusione si può dire che si ha produzione di corrente indotta, e quindi di forza elettromotrice
indotta(f.e.m.),tuttelevoltecheuncircuitoelettricovieneattraversatodauncampomagneticoche
varianeltempo.
Figura19.1Unmagnete(A)ounsolenoide(B)inmotoinvicinanzadiuncircuitoCvi inducono una corrente elettrica rilevabile
conungalvanometroG.
19.2Laf.e.m.indotta
Ilgalvanometroverificalecorrentiindotte
Perverificarel’instaurarsidellacorrenteindottainuncircuitocostituitodaunsolenoidesicolleganoi
dueestremidelfiloconduttoreavvoltoattornoallabobinaaungalvanometro,unostrumentochemisura
piccolevariazionidicorrente.Seilsolenoidenonècollegatoaungeneratoreditensioneilgalvanometro
nonregistracorrente.Seperòavviciniamoalsolenoideunmagnete(ocircuitoinducenteformatodaun
altro solenoide attraversato da corrente), si verifica un movimento dell’ago del galvanometro, che
segnalaunpassaggiodiunacorrenteelettricaindotta.Lostessoavvieneseteniamofermoilmagnete(oil
circuitoinducente)emuoviamoilcircuito:ilgalvanometromisureràunavariazionedicorrente(v.fig.
19.1).Lacorrentesiinterrompequandoiduesistemisonoinquietel’unorispettoall’altro.
Se all’interno del circuito si produce una corrente elettrica, significa che agli estremi del circuito si è
prodotta una differenza di potenziale, ovvero una forza elettromotrice (f.e.m.): alla f.e.m. prodotta in
questomodosidàilnomedif.e.m.indotta.
L’esperienza descritta, che a grandi linee è quella eseguita da Faraday, dimostra che ogni volta che il
numero delle linee di forza di un campo magnetico attraverso un solenoide varia nel tempo
(aumentandoodiminuendo)siproduceunaf.e.m.indottanelsolenoide.Quandoavviciniamoilmagnete
al solenoide, il numero delle linee di forza del campo magnetico generato dal magnete aumenta
all’interno del solenoide: nel solenoide passa corrente. Se il magnete è fermo rispetto al solenoide, il
numerodellelineediforzanonvariaelacorrentecessa.
Ilvaloredellaf.e.mindotta,secondounaleggedovutaaFaraday,è direttamente proporzionale alla
variazione del numero delle linee di forza del campo attraverso il solenoide, espresso attraverso il
flussodelcampomagnetico.
•Ilflussodelcampomagnetico
Definizione
Laf.e.m.indottaèproporzionaleallavariazionediflussodelcampomagnetico
Si definisce flusso del campo magnetico Φ (o più semplicemente flusso magnetico) attraverso una
superficieSilprodottodellacomponentedelcampomagneticoperpendicolareallasuperficieperla
superficiestessa:
Φ=B⊥S
Seθèl’angolotrailvettorecampomagneticoBelasuperficieS,ilflussoattraversolasuperficieèdato
da:
Φ=SBsenθ
Ilflussodiuncampomagneticorisultadunquemassimonelcasoincuilelineediforzadelcamposiano
perpendicolariallasuperficieSenullonelcasoincuisianoparallele.Tuttelealtrevolteilflussoèdato
dallaproiezionedelvettorecampomagneticosullasuperficieSmoltiplicatoperlasuperficie.
NelSistemaInternazionale,ilflussomagneticosimisurainweber(simboloWb),dove1Wb=1T•1m2.
Interminidiflussosipuòdirechesihacorrenteindottainuncircuitoquandosihavariazioneneltempo
delflussodiuncampomagnetico.Interminiquantitativi,laleggediFaradayenunciataprima,cheprende
ilnomedileggediFaraday-Neumann,stabiliscechelaf.e.m.indottadauncampomagneticoconflusso
Φsuuncircuitoèproporzionaleallavariazionedelflusso(ΔΦ)neltempo(Δt):
19.3Ilgeneratoreelettricodicorrentealternata
Schemadifunzionamento
Differenzatrageneratoreemotoreelettrici
Produzionedicorrentealternata
Ungeneratoreelettricoèunostrumentochetrasformaenergiameccanicainenergiaelettrica,ilcui
principio di funzionamento si basa sul fenomeno dell’induzione elettromagnetica. Se, tramite la
variazione di un campo magnetico, è possibile indurre una corrente in un circuito, la corrente prodotta
puòancheessereutilizzata,peresempioperaccendereunalampadina.
I generatori elettrici impiegati negli impianti per la produzione di elettricità sono strumenti piuttosto
complessi,mailloroprincipiodifunzionamentoèmoltosemplice.Schematicamentesonocostituitida
uno o più avvolgimenti di filo conduttore (bobine), ai quali viene fornita energia meccanica per farli
ruotareall’internodiunintensocampomagnetico.L’energiameccanicapuòesserefornitaperesempioda
una turbina mossa dall’acqua in un impianto idroelettrico, o dalla combustione in un impianto
termoelettrico.Labobina,liberadiruotare,vienedettarotore,mentreilmagnetefissovienedettostatore.
Quello che avviene in un generatore di corrente è esattamente l’inverso di quello che avviene in un
motoreelettrico,dovelaforzaesercitatadalmagnetesulcircuitopercorsodacorrentesitraduceinuna
coppia di forze che imprimono al rotore un moto rotatorio, che può venire trasmesso a un albero e far
funzionareunapparecchioelettrico(inpratical’energiaelettricafornitaalrotoreètrasformatainenergia
meccanica). Nel caso del generatore elettrico, invece, nel circuito non passa inizialmente corrente, ma
attraversounaqualcheformadienergiameccanicaglisiimprimeunarotazione.
Percomprendereilsistemadifunzionamentoimmaginiamodiavereunabobinasemplicecostituitadauna
spira quadrata. Il moto rotatorio della spira relativamente al campo genera il fenomeno dell’induzione
elettromagnetica, ovvero genera una corrente sulla spira stessa. L’intensità della corrente, come
l’intensità della f.e.m. indotta, sarà proporzionale al flusso del campo magnetico: quando la spira è
perpendicolarealcampomagneticol’intensitàdellacorrenteindottasaràmassima;diminuiràmanmano
chelaspiraruotaversoposizionipiùobliquerispettoallelineediforzadelcampomagnetico,finoad
arrivareazeroquandolaspirasitrovainposizioneparallelaalcampo(inquestaposizioneilflussodel
camporispettoallaspiraènullo).Continuandoafarruotarelaspira,ilversodellacorrentesiinvertee
l’intensitàricominciaadaumentaremanmanochelaspiratornaaoffriremaggioresuperficieallelineedi
forza del campo, fino a un nuovo valore massimo, uguale al precedente ma di segno contrario, che va
diminuendoancoraconilproseguiredellarotazionedellaspira.Lacorrenteprodottadaungeneratoredi
questo tipo, quindi, non ha un’intensità costante, ma segue un andamento sinusoidale: una corrente di
questotipoèdettacorrentealternata.Ilcorrispondentegeneratoredicorrentesidicealternatore.
Di solito le bobine di un alternatore sono collegate tra loro in modo da costituire tre generatori di
correntealternatasfasatetraloro:sidicechel’alternatoreproduceunacorrentetrifase,cheèquellache
vieneerogatanellenostrecase.
Figura19.2Graficochemostralavariazionedellacorrentealternataalruotaredellaspiradiunalternatore.Lacurvasichiama
sinusoide.I0rappresental’ampiezzadellacorrentealternataeTilperiodo.
•Caratteristichedellacorrentealternata
Ampiezza,periodoefrequenza
Tensioneefficaceecorrenteefficace
Utilizzazionedellacorrentealternata
In una corrente alternata si dice ampiezza il valore massimo I0 della corrente, mentre il periodo T è
l’intervalloditempotraduevalorimassimisuccessivi(v.fig.19.2)Lafrequenzadellacorrente,chesi
misura in herz, è l’inverso del periodo e rappresenta il numero di giri della bobina in un secondo. La
frequenzadelleretielettrichecherifornisconolenostrecaseèdi50Hz.
Lapotenzadiungeneratoredicorrentealternataèdata,comeperlacorrentecontinua,dalprodottodella
differenza di potenziale per l’intensità di corrente. Contrariamente a quanto accade per la corrente
continua,però,inquestocasosialatensionesial’intensitàdicorrentenonsonocostanti,mavarianonel
tempo.
In genere si è soliti esprimere l’intensità e la tensione di una corrente alternata in termini di tensione
efficace e di corrente efficace, dove per corrente efficace si definisce la corrente continua che
produrrebbeinunresistore,nell’unitàditempo,lamedesimaquantitàdicaloregeneratadallacorrente
alternata.Larelazionetracorrenteefficace(Ieff)eampiezza(I0)dellacorrentealternataè:
(analoga reazione vale per la tensione efficace). Quando diciamo dunque che nelle nostre case circola
unacorrenteelettricadi220V,indichiamoconquestovalorelatensioneefficacedeinostriimpianti.La
tensionemassimasaràinvece220V•0,707=circa310V.Usandolatensioneelacorrenteefficaciper
uncircuitoacorrentealternatasipuòcalcolareperesempiolapotenzadelsistemacomesesitrattassedi
unsistemaacorrentecontinua.
Lacorrentealternataèmoltoutilizzatanellegrandiproduzionidienergia,perchéèfaciletrasformarlain
un’altra corrente, caratterizzata da valori diversi di tensione e corrente efficaci, e questo risulta molto
comodopoichéingenere,nell’ambitodellagenerazione,delladistribuzioneedeltrasportodell’energia
elettrica,vengonoutilizzativaloriditensionemoltodifferenti.Latensionechearrivaallenostrecaseè
generalmentebassa(220V)perragionidisicurezza,maneltrasportosiutilizzanovaloriditensionealti
(220-380kV)perridurrealminimolasezionedeiconduttori.Sichiamatrasformatore(v.riquadro)lo
strumento capace di trasformare una corrente alternata caratterizzata da una data tensione efficace in
un’altracaratterizzatadaunatensioneefficacedifferente,conpiccoleperditedienergia.
ILTRASFORMATORE
Il trasformatore è una macchina elettrica capace di trasferire energia elettrica da un circuito (detto primario) in un altro circuito (detto
secondario) modificando la tensione e la corrente. Il trasformatore riceve energia elettrica con una tensione V1 e una corrente I1 e la
restituisceconunatensioneV2eunacorrenteI2,talidasoddisfarelarelazione:
V1I1=V2I2
Nellasuaformapiùsemplice,untrasformatore(v.fig.)ècostituitodaduesolenoidiisolatitraloroelettricamente,maavvoltisullostesso
magnete. Uno dei due circuiti è il primario, l’altro è il secondario. Facendo passare corrente alternata sul primario, si genera un campo
magneticochevariaconlastessafrequenzadelcircuitoprimario.Lelineediforzadelcampomagneticorestanoconfinateentroilmagnete
epassanoattraversoilcircuitosecondario,provocandosulsecondariounaf.e.m.indottachehalamedesimafrequenzadellatensionedel
primario.SeN1èilnumerodispiredelprimarioeN2ilnumerodispiredelsecondario,inuntrasformatoredevevalerelarelazione:
V1
=
V2
N1
N2
Il rapporto N1/N2 è detto rapporto spire: variando opportunamente questo rapporto si possono ottenere le tensioni desiderate nel
secondario.QuandoN1<N2iltrasformatoreèdettoelevatoreditensioneeproducecorrentiinuscitacontensionimaggiori;quandoN1>
N2iltrasformatoreèdettoabbassatore(oriduttore)eproducecorrentiinuscitacontensioniminori.
Schemadiuntrasformatoreabbassatoreditensione:ilnumerodispiredelprimarioèmaggiorediquellodelsecondario.
19.4LaleggediLenzel’autoinduzione
LeggediLenz
LeggediFaraday-Neumann-Lenz:ilversodellef.e.m.indottaètaledaopporsiallacausachel’haprodotta
Avvicinandounmagneteauncircuito,lavariazionediflussodelcampomagneticoproducenelcircuito
unacorrenteindotta.Questacorrentegeneraasuavoltauncampomagnetico,ilcuieffettosulcircuitoè,
come dimostrato sperimentalmente, quello di opporsi al campo magnetico esterno. In altre parole, il
verso della f.e.m. indotta è tale da opporsi alla causa che l’ha prodotta. Questo significa che se, per
esempio,laf.e.m.èstatageneratadaunaumentodelflussodelcampomagneticoconcatenatocolcircuito,
essa tende a far circolare una corrente di verso tale da produrre un flusso di verso opposto a quello
inducente.
QuantodettoèriassuntodallaleggediLenz,chestabiliscechelacorrenteindottacircolasemprecon
versotaledaopporsiallevariazionidiflussochel’hannogenerata.QuindilaleggediLenzpermette
diprevederequalesaràilversodellacorrenteindottainuncircuitodauncampomagneticovariabile.
La legge di Faraday-Neumann, integrata con la legge di Lenz (legge di Faraday-Neumann-Lenz),
stabiliscechelaf.e.m.indottainuncircuitosiaesprimibileattraversolarelazione:
ΔΦ
f.e.m.indotta=–
Δt
doveΔΦèlavariazionediflussoneltempo(Δt)eilsegnomenotienecontodellaleggediLenz.
•L’autoinduzione
Definizione
Poiché si ha una “forza controelettromotrice” ogni volta che interviene una variazione di flusso di un
campomagnetico,seconsideriamounsolenoidenelqualesifacciavariare–peresempio,aumentare–
l’intensità della corrente, si produrrà un campo magnetico variabile. Man mano che l’intensità della
correnteaumenta,aumentaancheilflussodelcampomagneticogeneratodallacorrentestessa,quindisul
solenoide si produrrà una corrente indotta, il cui effetto è quello di opporsi all’aumento della corrente
inducente.Questofenomenoprendeilnomediautoinduzioneelaf.e.m.chesigeneraprendeilnomedi
f.e.m.autoindotta.Insintesi,quandoilflussodicampomagneticoconcatenatoconuncircuitovaria
per effetto della variazione dell’intensità della corrente del circuito stesso, la f.e.m. è detta di
autoinduzione.Loschemadellafigura19.3riassumeifenomeniprincipaliconnessiaimagnetismi.
Figura19.3Schemadeifenomeniconnessialmagnetismo.
19.5IlcampoelettromagneticoeleequazionidiMaxwell
Teoriadelcampoelettromagnetico
EquazionidiMaxwelleondeelettromagnetiche
IlsignificatodellequattroequazionidiMaxwell
Terzaequazione
Quartaequazione
LescopertediOerstedediFaradaydimostraronomoltochiaramentecheilcampoelettricoeilcampo
magneticosonodueentitàinterdipendentiechesoloindeterminatecondizioni–peresempio,inassenza
di cariche in movimento – si presentano distinti. Negli anni successivi alle scoperte di questi due
scienziati, il fisico scozzese James Clerk Maxwell (1831-1879) formulò la sua teoria del campo
elettromagnetico,secondocuianchenelvuotocampielettricivariabiliproduconocampimagneticie,
viceversa,campimagneticivariabiliproduconocampielettrici.Leazionielettromagnetichesubitedaun
corposonodunquedovuteallemodificazioninellospaziodelleproprietàfisichediunaregione,ilcampo
elettromagnetico,generatadacaricheelettricheedamagneti.
La teoria di Maxwell è sintetizzata dalle equazioni di Maxwell, formulate dal fisico scozzese nel
1873, che descrivono il comportamento del campo elettromagnetico e permettono di prevedere
l’esistenzadiondechevisipropaganoealtempostessolotrasportano,detteonde elettromagnetiche
(v.cap.22),dicuifannoparteancheleondeluminose(cheviaggianonelvuotoallavelocitàdellaluce,
pariacirca300.000km/s).
LequattroequazionidiMaxwell(v.riquadrosuccessive)colleganotraloroicampielettricoemagnetico
enedescrivonolemutueinterazioni.
Le prime due descrivono i campi elettrico e magnetico e concernono l’esistenza di “cariche” che li
producono; in particolare, la prima descrive il campo elettrico generato da cariche ferme, secondo la
legge di Coulomb; la seconda stabilisce che non esistono cariche magnetiche isolate, diversamente da
quantoaccadeperlecaricheelettriche,macheilpolonorddiunmagneteèsemprelegatoaunpolosud.
LaterzaequazionediMaxwellesprimelaleggedell’induzioneelettromagneticadiFaraday-Neumann,
secondocuiuncampomagneticovariabileneltempoproduceuncampoelettrico.
LaquartaequazionediMaxwellaffermacheunaqualsiasicorrentegenerauncampomagnetico,siauna
corrente continua sia un campo elettrico variabile nel tempo: in quest’ultimo caso si introduce una
quantità detta corrente di spostamento, che non viene generata da cariche elettriche in movimento, ma
produceeffettimagneticiparagonabiliaunacorrenteveraepropria.
LeequazionidiMaxwellperifenomenielettriciemagneticisipossonoconsiderarel’equivalentedelle
equazioni di Newton per la meccanica, perché permettono di conoscere, almeno in via di principio, la
situazioneinunistantepassatoofuturo,conoscendolecondizioniiniziali.
LEEQUAZIONIDIMAXWELLINFORMADIFFERENZIALE(OLOCALE)
LacomprensionedellaformulazionematematicadelleequazionidiMaxwellrichiedelaconoscenzadialcuniconcettidianalisimatematica
(v. Appendice), quali le derivate parziali (simboleggiate con ∂), la divergenza (div) e il rotore (rot) di un vettore. I campi elettrico e
magneticosonoespressiattraversoivettoriE(campoelettrico)eB(campomagnetico).
NellaquartaequazionecomparelagrandezzaJ,cherappresentaladensitàdicorrente,mentrecèlavelocitàdellalucenelvuotoeρè
ladensitàdicaricaelettrica.
divE=4πρ
divB=0
rotE=-
1
c
∂B
∂t
rotB=-
1
c
∂E
+
∂t
4π
J
c
LamancanzadisimmetrianelleequazionidiMaxwellrispettoaicampiBedEèdovutaallapresenzadicaricheelettricheedicorrente
elettricadiconduzione.Nelvuoto,doveρeJsononulli,leequazioniperiduecampidiventanosimmetriche.
GLOSSARIO
Autoinduzione
Fenomenopercuiilflussomagneticoconcatenatoconuncircuitovariapereffettodellavariazionedell’intensitàdellacorrentechecircola
nelcircuitostesso.
Correntealternata
Correnteelettricadiintensitàeversovariabili.L’intensitàdellacorrentealternatasegueunandamentosinusoidale.
EquazionidiMaxwell
Equazioni che descrivono il campo elettromagnetico, ovvero il campo generato dalla mutua interazione tra campi elettrici e magnetici
variabili.LeequazionidiMaxwellprevedonol’esistenzadiondeelettromagnetichecheviaggianonelvuotoallavelocitàdellaluce.
Flussodelcampomagnetico
Attraverso una superficie, è il prodotto della componente del campo perpendicolare alla superficie per la superficie stessa. Il flusso
magneticosimisurainweber,dove1Wb=1T·1m2
Generatoreelettrico
Macchinachetrasformaenergiameccanicainenergiaelettrica.Selacorrenteprodottaèalternata,ilgeneratoresichiamaalternatore.
Induzioneelettromagnetica
Fenomenopercuiinuncircuitoelettrico,concatenatoconunflussomagneticovariabile,vieneprodottaunaf.e.m.(chevienedettaf.e.m.
indotta) direttamente proporzionale alla variazione del flusso nel tempo. Nel circuito circolerà una corrente elettrica, che viene detta
correnteindotta.Lacorrenteindottaèdiversotaledaopporsiallacausachel’haprodotta.
TESTDIVERIFICA
1. Introducendounmagneteall’internodiunsolenoide,sisegnalailpassaggiodicorrentesuungalvanometro.Perché?
2. Quantovaleilflussodiuncampomagneticoattraversounasuperficieparallelaalcampostesso?Perché?
3. Cherapportoc’èfralacorrenteefficaceel’ampiezzadiunacorrentealternata?
4. Perchélacorrentechecircolanegliimpiantidomesticièalternataenoncontinua?
5. Untrasformatorehaunavvolgimentoprimariodi1200spireeunsecondariodi200spire.Selatensioneiningressoè
220V,qualesaràlatensioneinuscita?
LEONDE
20IFENOMENIONDULATORI
I fenomeni ondulatori sono essenzialmente interpretabili come un meccanismo attraverso cui avviene la propagazione di energia
nellospazio,apartiredaunasorgente,senzachevisiatrasportodimateria.Ilmeccanismodipropagazioneperonderiguarda in
particolareilsuonoelaluceedèsimileaciòchesiosservaquandosigettaunsassosullasuperficiedell’acqua.Intutteleondeviè
una grandezza oscillante, che può essere l’altezza dell’acqua in un’onda del mare, la pressione dell’aria in un’onda sonora o
l’intensitàdelcampoelettricoedelcampomagneticoinun’ondaluminosa.Lapropagazionedell’ondapuòrichiederelapresenzadi
un mezzo materiale, ma nel caso delle onde luminose avviene anche nel vuoto. Il comportamento delle onde può essere descritto
secondo modelli generali, definiti dalla meccanica ondulatoria, che permettono di interpretare fenomeni come la riflessione, la
rifrazione,ladiffrazione,l’interferenzaelarisonanza.
20.1Definizioneetipidionde
Nellapropagazionedelleondenonviètrasportodimateria
Laluceeilsuonosonoesempidimotoondulatorio
Un’ondaèun’oscillazioneche,generatainunpunto,sipropaganellospazio, trasportando energia
manonmateria.
Gliesempipiùimmediatisonooffertidalleondechesiproduconosuunospecchiod’acquaquandovisi
getta un sasso e si propagano in cerchi concentrici, o dalle onde del mare, provocate dall’azione del
vento. In entrambi i casi l’acqua, perturbata, oscilla in senso verticale senza che la sua massa venga
spostataorizzontalmente(cioènonviètrasportodimateria).Senelleondevifossetrasportodiacqua,
questa si accumulerebbe progressivamente sulle rive, sommergendole, ma ciò non accade. Possiamo
renderci facilmente conto che l’acqua oscilla solo verticalmente se collochiamo un corpo galleggiante
nellazonaperturbatadall’onda:vedremochenonètrasportatodalleonde.
Esistono moltissimi tipi di onde, apparentemente molto diverse tra loro, ma tutte sono descrivibili
mediantecaratteristichecomuni.Lapropagazionedelsuononell’ariaavvienemediantemotoondulatorio,
l’oscillazione impressa all’estremità di una fune si trasmette all’altra estremità sotto forma di onda, la
luceviaggianellospaziocomeondedetteelettromagnetiche.Intutteleondevièunagrandezzache
varia periodicamente nel tempo, cioè che oscilla, nella zona di spazio interessata dall’onda. Per
esempio, in un’onda prodotta sulla superficie del mare questa grandezza è l’altezza del livello
dell’acqua, nelle onde sonore è la pressione dell’aria e nelle onde elettromagnetiche l’intensità del
campoelettrico(ediquellomagneticoaessoconcatenato).Neiprimiduecasiavvienelapropagazione
dienergiameccanica;nelterzocasoavvienelapropagazionedienergiaelettromagnetica(v.cap.22).
•Comesiclassificanoleonde
Inbasealmezzo:ondemeccanicheedelettromagnetiche
Inbasealmododipropagazione:ondetrasversalielongitudinali
Inbaseallaformadelfronted’onda:ondepiane,circolariesferiche
Comportamentoondulatoriodelleparticelleatomiche
Visonovarimodiperclassificareleonde,secondoleproprietàchesivoglionoevidenziare.
• Un primo criterio di classificazione divide le onde in due categorie, a seconda che abbiano bisogno
oppure no di un mezzo materiale nel quale propagarsi. Le onde meccaniche, od onde elastiche (per
esempio, le onde sulla superficie del mare o le onde sonore), necessitano di un mezzo nel quale
propagarsi. Le onde elettromagnetiche, come le onde luminose, la radiazione infrarossa (calore) e le
onderadio,viaggianoanchenelvuoto.
• Un secondo criterio, basato sul modo in cui si propagano, divide le onde in onde trasversali, che
vibranoindirezioneperpendicolarealladirezionedipropagazione,eondelongitudinali,chevibrano
indirezioneparallelaalladirezionedipropagazione.Sonoondetrasversaliquelleelettromagnetiche,
maancheleondedelmare,chesispostanoorizzontalmenteevibranoverticalmente.Sonoinveceonde
longitudinali le onde sonore, che si propagano producendo compressioni e rarefazioni dell’aria nella
direzioneincuisimuovono.
•Lasuperficiechedelimitaun’onda,ovverolasuperficiedefinitadaipuntiequidistantidallasorgente
dellavibrazione,èdettafronted’onda.Inbaseallaformadelfronted’ondaleondesipossonodividere
inpiane,circolariesferiche.
Sono onde piane quelle il cui fronte d’onda è descritto da una retta, come le onde del mare in mare
apertoequelleprodottenell’acquadaunalaminavibrante.
Sonoondecircolariquelleilcuifronted’ondaèunacirconferenza,comeperesempioleondeprodotte
gettando un sasso in uno stagno, che si propagano in cerchi concentrici attorno al punto in cui cade il
sasso(lasorgente).
Sonoinfineondesferichequellechesipropaganouniformementenellospaziointutteledirezionienelle
quali la forma del fronte d’onda è una sfera, come per esempio le onde sonore e le onde
elettromagnetiche.
Lo schema riportato nella figura 20.1 riassume i vari modi di classificare le onde e le principali
caratteristichedeivaritipidionde.
Anche il moto delle particelle di materia all’interno dell’atomo e del nucleo (v. par. Proprietà
ondulatorie della materia) può essere descritto in forma di onda: le particelle atomiche e subatomiche
hanno,percertiversi,uncomportamentotipicamenteondulatorio,ovverocaratteristicodelleonde.Per
questomotivosidicechehannouncomportamentodualeonda-particella.Questotipodiondeèdescritto
dallameccanicaquantistica.
Figura20.1Classificazionedelleonde.
20.2Caratteristichedelleonde
Leondesidescrivonomediantesinusoidi
Ampiezzad’onda
Lunghezzad’onda
Periodo
Frequenza
Velocitàdipropagazione
Lunghezzad’ondaefrequenzasonoinversamenteproporzionali
Poiché le onde meccaniche sono le più facilmente osservabili, esse verranno di seguito usate come
riferimentoutileperdescrivereilcomportamentoelecaratteristicheprincipaliditutteleonde.
Il moto ondulatorio, qualunque sia il tipo di onda, è descrivibile attraverso alcune caratteristiche
fondamentali.Lagrandezzacheoscilla(l’altezzadellivellodell’acquanelcasodelleondedelmare,il
campoelettriconelcasodelleondeelettromagnetiche,lapressionedell’arianelcasodelleondesonore
ecc.) segue un movimento sinusoidale, ovvero descrive una curva, detta sinusoide, caratterizzata da
creste (i punti più alti dell’oscillazione) e avvallamenti, o ventri (i punti più bassi dell’oscillazione)
successivi(v.fig.20.2).
Iprincipaliparametrichecaratterizzanoilmotoondulatoriosono:
•ampiezzadell’onda(A),rappresentatadallavariazionemassimadellagrandezzaoscillante. Onde
conampiezzamaggioretrasportanomaggioriquantitàdienergia:perprodurreun’ondaconun’ampiezza
maggiore occorre compiere più lavoro. Venti più forti, per esempio, producono onde più alte sulla
superficiedelmaree,quandoimprimiamounmovimentooscillanteaunafune,maggioreèlaforzache
conferiamoallespintemaggioresaràl’ampiezzadell’oscillazionedellafune;
• lunghezza d’onda (λ), data dalla distanza minima (misurata in metri) fra due creste o due ventri
successivi;
• periodo (T), l’intervallo di tempo (misurato in secondi) in cui avviene un’oscillazione completa,
ovverol’intervalloditempoimpiegatodall’ondaperritornarenellamedesimaposizione(peresempio,il
tempointercorsotraduecresteotradueventrisuccessivi);
• frequenza (ν), data dal numero di oscillazioni in un secondo compiute dall’onda. La frequenza si
misurainhertz(simboloHz),dove1Hz=1s–1,edèl’inversodelperiodo:
1
ν=
T
• velocità di propagazione dell’onda (υ), che è la velocità con cui l’oscillazione si sposta nella
direzionedipropagazione.Poichéinuntempolungoquantounperiodo(T)l’ondasispostadiuntratto
esattamente uguale alla sua lunghezza d’onda (ν), il rapporto tra la velocità di propagazione e gli altri
parametricaratteristicidell’ondaèdatodallerelazioni:
λ
υ=
T
oppure,tenutocontodellarelazionetrailperiodoelafrequenza(ν=1/T):
υ=λν
Questo significa che, a parità di velocità di propagazione, onde con lunghezza d’onda maggiore
avrannofrequenzeminorie,viceversa,ondeconlunghezzad’ondaminoreavrannofrequenzemaggiori.
Lavelocitàdipropagazionediun’ondadipendedalmezzomaterialenelqualel’ondasipropaga.Leonde
luminose, e in genere le onde elettromagnetiche, che non necessitano di un mezzo materiale per
propagarsi,viaggianonelvuotoconvelocitàdipropagazionealtissima
υ=3•106m/s
questovaloreèilrapportodiproporzionalitàinversacheesistetralafrequenzaelalunghezzad’ondadi
un’ondaelettromagnetica(v.par.Velocitàdipropagazionedelleondeelettromagnetiche).
Figura20.2Rappresentazionegraficadiun’ondaedellesuecaratteristicheprincipali;lalunghezzad’ondacoincideconilpercorso
dell’ondainuntempopariaunperiodo.
20.3Comportamentodelleonde
Quandoun’ondaincontraunostacolosulsuocammino,oppurepassadaunmezzodipropagazioneauno
diverso,hannoluogofenomenichesonocomunialleondeelasticheealleondeelettromagnetiche.Tali
fenomeni sono la riflessione, la rifrazione, la diffrazione. Un altro fenomeno ondulatorio, che avviene
quandodueondesiincontrano,èl’interferenza.Infine,selasorgentediun’ondasimuoverispettoaun
osservatore, quest’ultimo rileverà un’onda con caratteristiche differenti a seconda che il moto sia di
avvicinamentoodiallontanamento:questofenomeno,dettoeffetto Doppler, viene trattato nel capitolo
21.
•Lariflessione
Sihariflessionequandoun’ondaincontraunostacolonontrasparente
Leggedellariflessione
La riflessione avviene quando un’onda incontra un ostacolo che non può attraversare e viene
rinviata indietro verso la sorgente. Questo accade, per esempio, quando un raggio luminoso incontra
unasuperficieriflettenteoun’ondadelmareincontraunabarriera.
Se consideriamo un’onda piana e la rappresentiamo mediante un diagramma a raggi, dove il raggio
dell’ondarappresentaladirezionedipropagazionedell’onda,sidefinisceangolodiincidenzadell’onda
sull’ostacolo(chesupponiamoanch’essopianopersemplicità)l’angoloformatotrailraggiodell’onda
incidenteelarettaperpendicolareallasuperficieincidenteeangolodiriflessione l’angolo che l’onda
riflessaformaconlaperpendicolareallabarriera.
Secondo la legge della riflessione, l’angolo di incidenza (i) è uguale all’angolo di riflessione (r) e
questidueangoligiaccionosullostessopiano.
Quandoun’ondavieneriflessa,essavieneinoltrecapovolta.
Selariflessioneètotale,ovverononvièassorbimentodell’onda,l’ondariflessatrasportalamedesima
quantitàdienergiadell’ondaincidente.
•Larifrazione
Siharifrazionenelpassaggiodaunmezzoaunaltro
L’esperimentoattraversol’ondoscopio
Indicedirifrazione
Larifrazioneavvienequandoun’ondapassadaunmezzomaterialeaunaltro,condensitàdiversa,
percuilasuavelocitàelasuadirezionedipropagazionesubisconodellevariazioni.
In un’onda superficiale prodotta sull’acqua, il fenomeno della rifrazione avviene anche quando l’onda
passa attraverso una superficie che delimita due zone di profondità diversa, poiché le due zone si
comportano sull’onda come due mezzi differenti. Questa prerogativa viene sfruttata per studiare il
fenomeno della rifrazione attraverso un ondoscopio, uno strumento dotato di una lamina o di una punta
vibranti in un piccolo specchio d’acqua, che producono rispettivamente onde piane e onde circolari.
Utilizzandounalaminavibranteefacendotransitareun’ondasuduesuperficiaprofonditàdifferente,si
osservano facilmente la deviazione dell’onda dalla sua direzione di propagazione iniziale e una
variazionedellasualunghezzad’onda.Inparticolare,quandoun’ondapassadaunazonadovel’acquaè
piùprofondaaunazonadovel’acquaèmenoprofonda,lasualunghezzad’ondadiminuisce.Perillegame
tra la lunghezza d’onda e la velocità di propagazione, se diminuisce la lunghezza d’onda diminuisce
anchelavelocitàdipropagazione.
Nel caso generale, se indichiamo con υ1 la velocità dell’onda nel primo mezzo e con υ2 la velocità
dell’onda nel secondo mezzo, si definisce indice di rifrazione relativo del secondo mezzo rispetto al
primo(n12)ilrapportotraiduevaloridivelocità:
υ
n12= 1
υ2
Quandoun’ondaluminosapassadalvuotoaunmezzo–peresempio,l’aria–l’indicedirifrazionedel
mezzorispettoalvuotosidiceindicedirifrazioneassolutodelmezzostesso(v.par.Lariflessioneela
rifrazionedellaluce).
•Ladiffrazione
Sihadiffrazionequandoun’ondaaggiraunostacolodipiccoledimensioni
Ilfenomenodelladiffrazione avviene quando un’onda incontra un ostacolo di piccole dimensioni o,
analogamente,unafendituradipiccoledimensionisuunabarriera; se l’ostacolo o la fenditura hanno
dimensioniparagonabiliallalunghezzad’ondadell’ondaincidente,l’ondaaggiral’ostacoloesipropaga
anchenellapartediostacolochedovrebbeessereinombra.
Se,peresempio,un’ondapianaincontraunostacoloounafenditura,l’ondapassaattraversol’ostacolo,
maquandoemergedallaparteoppostadell’ostacolononèpiùun’ondapiana,masièincurvataaibordi
della fenditura. Se poi la fenditura o l’ostacolo sono dell’ordine di grandezza della lunghezza d’onda
dell’ondaincidente,l’ondapianaformaaldilàdellafendituradelleondecircolari,chesicomportano
comeondegeneratedaunasorgentepostanellafendituraosull’ostacolo.
Ladiffrazionesiosservaperesempionelleondedelmarecheaggiranounpalopiantatosulfondoeche
sporgeallivellodell’acqua,oincorrispondenzadimoliofrangiflutti:leondenonsilimitanoapassare
aldilàdegliostacoli,mainvadonoanchelospazioretrostantegliostacolistessi.Nelleondeluminoseil
fenomeno della diffrazione è molto evidente (v. cap. 22) se si utilizzano fenditure od ostacoli molto
piccoli.
•L’interferenza
Sihainterferenzanell’incontrofradueonde
Principiodisovrapposizione
Interferenzacostruttivaeinterferenzadistruttiva
L’interferenzasiverificaquandodueondesiincontranosullorocammino. Se gettiamo due sassi in
uno stagno l’uno vicino all’altro, le onde prodotte dai due sassi si sovrappongono. Allo stesso modo,
quandoduebarchesiincrocianosulmare,leondeprodottedalloropassaggiosisovrappongono.
Ingenerale,quandoinunmezzoviaggianodueopiùonde,valeilprincipiodisovrapposizione (v. fig.
20.3):quandodueondesisovrappongono,l’ondarisultantesiottienesommandotraloro,inogniistantee
inognipunto,glispostamentirelativiaciascunaonda,tenendocontosiadell’intensitàsiadelverso(la
risultanteèquindilasommavettorialedelledueondeoriginarie).
Un’importantecaratteristicadell’interferenzatraondeèdatadalfattochel’ondarisultante,descrittadal
principio di sovrapposizione, non altera le due onde originarie, le quali, al di là della zona di
sovrapposizione,mantengonolelorocaratteristicheoriginarie.
Figura20.3Sommadidueondesecondoilprincipiodisovrapposizione.
Siparladiinterferenzacostruttiva(v.fig.20.4)quandoledueondesisommanoadareun’ondadi
ampiezzamaggiore.Nelcasoincuiledueondeabbianougualeampiezzaeugualefrequenzaesianoin
concordanzadifase,cioèdisposteinmodochecresteeventridellaprimacorrispondanoaglistessipunti
dellaseconda,l’ondarisultantehalamedesimafrequenzadelleprimedueeampiezzadoppia.
Quando un’onda viene fatta passare attraverso una doppia fenditura, per il fenomeno della diffrazione
ciascuna fenditura si comporta come una sorgente di onde circolari; se le due fenditure sono poste
sufficientementevicinel’unaall’altra,aldilàdellestessesiverificanoanchefenomenidiinterferenzatra
leonde“generate”dallefenditure.Leonderisultantidafenomenidiinterferenzaprodottidadiffrazione
su una doppia fenditura sono verificabili per esempio con un ondoscopio, facendo passare l’acqua
attraversounabarrieradotatadiunadoppiaaperturadellamedesimalunghezzadellalunghezzad’onda
dell’onda generata sullo strumento: come si può osservare, si producono delle figure, dette figure di
interferenza.Lefigurediinterferenzasonomoltobenverificabilievisibiliancheconleondeluminose
(v.par.Ladiffrazioneel’interferenza).
Si parla invece di interferenza distruttiva quando due onde producono un’onda di ampiezza
inferiore, fino al caso limite in cui, se le due onde che interferiscono sono in opposizione di fase (le
creste dell’una corrispondono ai ventri dell’altra) e possiedono ampiezza e frequenza pari, esse si
annullanoavicendael’oscillazionerisultanteènulla.Sipuòavereinterferenzaancheconunasolaonda,
quandoquestaincontraunostacoloevieneriflessa:l’ondaincidenteel’ondariflessaformanofiguredi
interferenzaesattamentecomesesitrattassedidueondedistinte.
Figura 20.4 Interferenza costruttiva (A) nel caso in cui si abbia concordanza di fase, pari ampiezza e pari intensità: l’onda
risultante(I+II)haampiezzadoppiaeugualefrequenzadelleprimedue.Interferenzadistruttiva(B) quando le due onde sono in
opposizionedifaseehannougualeampiezzaeintensità:l’ondarisultante(I+II)ènulla.
LEONDESTAZIONARIE:NODI,ANTINODIERISONANZA
Inodisonofruttodiinterferenzadistruttivatraonde,gliantinodisonofruttodiinterferenzacostruttiva.Leondestazionariesonofiguredi
interferenzatraondeidentichechesimuovonoinsensoopposto:leondestazionariesonocaratterizzatedapuntichenonoscillanomai(i
nodi) e punti in cui l’oscillazione è sempre massima (gli antinodi). È facile produrre un’onda stazionaria su una corda legata a
un’estremità:facendooscillarelacordaall’estremitàlibera,l’ondasipropagalungolacorda.Quandogiungeall’estremitàvincolata,l’onda
viene riflessa e l’onda riflessa è capovolta rispetto all’onda incidente. Ogni volta che l’onda giunge a un estremo della corda, quello
vincolato o quello legato alla nostra mano, viene capovolta e riflessa e l’onda risultante è data dall’interferenza delle onde incidenti e
riflesse.
Si possono ottenere onde stazionarie a uno o più nodi, a seconda della lunghezza d’onda dell’onda principale. Nei nodi, dove si ha
interferenza distruttiva tra l’onda incidente e quella riflessa, la corda resta immobile, mentre negli antinodi, dove si ha interferenza
costruttiva,lacordaoscillaconlamassimaampiezza.Ladistanzatraduenodiconsecutiviinun’ondastazionariaèmetàdellalunghezza
d’ondaoriginaria,λ/2,eledueestremitàdellacordasonosempresedediduenodi.Seregoliamolafrequenzaconcuifacciamooscillarela
corda (per esempio, per mezzo di un vibratore applicato a uno degli estremi della corda) e quindi la sua lunghezza d’onda, possiamo
otteneredifferentiondestazionarie.Selalunghezzad’ondavieneregolatainmodotalechelalunghezzadellacordasiaesattamenteuguale
a λ/2, avremo un’onda stazionaria con due nodi agli estremi e un antinodo al centro. Se regoliamo la frequenza in modo tale che la
lunghezzadellacordasiaugualea2λ/2,l’ondastazionariaavràtrenodi,unoalcentroeduealleestremitàdellacorda,edueantinodinel
puntodimezzotraduenodi.Continuandoadaumentarelalunghezzad’ondadellavibrazioneimpressaallacorda(diminuendolafrequenza),
siavrannoondestazionarietuttelevoltechelalunghezzadellacordarisulteràunmultiplointerodiλ/2.
Le lunghezze d’onda corrispondenti alla formazione di un’onda stazionaria, e le corrispondenti frequenze, sono dette lunghezze d’onda e
frequenzedirisonanza.Incorrispondenzadiquestivalorisidicechelacordaentrainrisonanza,cioèoscillaconampiezzerelativamente
alte,anchesel’ampiezzadioscillazioneimpressaledalvibratore(odallanostramano)èpiccola.
Riassumendopossiamodirecheperparticolarivaloridifrequenza,dettidirisonanza,lacordadiventasedediondedetteondestazionarie,
caratterizzatedanodieantinodi,neiqualirispettivamentel’oscillazioneènullaomassima.Quandounacordaèsedediun’ondastazionaria,
sembrafermaperchéinodisonofissiegliantinodivibranoconunadataampiezza.Sinotichelefrequenzedirisonanzadipendonosolo
dallalunghezzadelmezzodipropagazioneesonoindipendentidallanaturadelmezzo,quindisipossonoottenereanchefacendovibrareun
filometallicooqualunquealtromateriale.
GLOSSARIO
Ampiezzadell’onda
Variazionemassimadellagrandezzaoscillante.
Diffrazione
Fenomenocaratteristicodelleonde,chesiverificaquandoquesteincontranounostacolo(oun’apertura)didimensioniparagonabiliaquelle
della loro lunghezza d’onda: in questi casi le onde superano l’ostacolo o l’apertura, occupando anche le zone in ombra. Se la grandezza
dell’ostacoloèugualeallalunghezzad’ondadell’ondaincidente,l’ostacolosicomportacomelasorgentediondecircolari.
Frequenza
Numerodioscillazionialsecondoeseguitedall’onda;lafrequenzaèl’inversodelperiodoesimisurainhertz(Hz).
Fronted’onda
Superficiedeipuntiequidistantidallasorgente.Asecondadellaformadelfronted’ondaleondesidividonoinondepiane(retta),circolari
(circonferenza)esferiche(sfera).
Interferenza
Fenomenofisicogeneratodallasovrapposizionedidueopiùondediugualefrequenza;sihainterferenzadistruttivaquandol’ondarisultante
haintensitàinferiorerispettoalleondeoriginarie;sihainterferenzacostruttivaquandol’ondarisultantevibraconintensitàmaggiore.
Lunghezzad’onda
Distanzatraduecresteodueventrisuccessiviinun’onda.
Onda
Oscillazionechesipropaganellospazio,trasportandoenergiamanonmateria;inun’ondac’èunagrandezzacheoscilla,ossiachevaria
periodicamentenellospazio.
Ondestazionarie
Onde prodotte dall’interferenza tra più onde, caratterizzate da alcuni punti che non oscillano mai (nodi) e da altri la cui oscillazione è
sempremassima(antinodi).
Periodo
Tempo impiegato da un’onda a ritornare nella medesima posizione, per esempio a occupare due creste consecutive. Rappresenta
l’intervalloditempoincuiavvieneun’oscillazionecompleta.
Riflessione
Fenomenopercuiun’ondavienerinviataindietronelsuomotoincontrandounostacolo.
Rifrazione
Fenomenochesiverificaquandoun’ondaincontralasuperficiediseparazionetraduemezzievienedeviata.
Velocitàdipropagazione
Velocitàconcuisispostal’oscillazionelungoladirezionedipropagazione.
TESTDIVERIFICA
1. Perché,aumentandolafrequenzadiun’onda,diminuiscelasualunghezzad’onda?
2. Cosasuccedeaun’ondachepassadaunmezzoaunaltrodidensitàdifferente?
3. Quale deve essere la relazione tra le caratteristiche dell’onda e le dimensioni di un ostacolo perché si verifichi il
fenomenodelladiffrazione?
21ILSUONO
Lapartedellafisicachestudiailsuonoelecausecheloproduconoèl’acustica.All’originedelsuonovièilmotovibratoriodelle
particelle di un materiale che funge da mezzo di propagazione – l’aria, l’acqua o anche un corpo solido – che stimola il senso
dell’udito. Il suono si propaga nei mezzi materiali sotto forma di onda e soggiace quindi a tutte le leggi che regolano i fenomeni
ondulatori.A seconda delle caratteristiche dell’onda (ampiezza, frequenza ecc.) il suono cambia in altezza e in intensità, mentre a
secondadellaformadell’ondailnostroorecchiopercepisceunsuonocomeunamelodiaocomeunosgradevolerumore.Ifenomeni
della riflessione, dell’interferenza e della risonanza, caratteristici di tutti i tipi di onde, hanno in acustica applicazioni
particolarmentesignificative.
21.1Leondesonore
L’ondasonora
Unsuonoèprodottodallavibrazionedell’aria
Lavelocitàdipropagazionedelsuono
Ilsuonoèprodottodallavibrazionediuncorpoinunmezzomateriale,comel’ariaol’acqua.Quando
un corpo – per esempio, una lamina metallica o la corda di uno strumento musicale – vibra, mette in
vibrazione le particelle d’aria (o genericamente quelle del mezzo nel quale è immerso) che gli sono
immediatamente adiacenti e trasmette a distanza la vibrazione attraverso un’onda elastica, detta onda
sonora(oacustica).Dunque,perpropagarsileondesonorehannobisognodiunmezzomateriale,lecui
molecolevibrinoetrasmettanoilsegnalesonoro(nelvuoto,infatti,ilsuonononsipropaga).
Quandounacordasollecitatavibra,producenell’ariacircostanteunaserieritmicadicompressioniedi
rarefazionichesipropaganoversol’esterno.Levariazionidellapressionedell’ariaattornoaunvalore
medio,associateallaregolarealternanzadicompressionierarefazioni,rappresentanol’ondasonora.La
perturbazione si allarga in modo concentrico dalla sorgente e, poiché si tratta di un’onda, non vi è
trasporto di materia. Le onde sonore sono onde longitudinali, poiché la direzione di vibrazione delle
molecole d’aria (o di ogni altro mezzo nel quale si propaghi l’onda) è parallela alla direzione di
propagazionedell’onda.
La sorgente di un’onda sonora può essere la vibrazione della corda di una chitarra, dell’ancia di un
clarinetto,dellamembranadiuntamburooanchelavibrazionedellenostrecordevocali.Neglistrumenti
a fiato, come il flauto, l’aria che viene soffiata nel bocchino dello strumento mette in vibrazione la
colonna d’aria contenuta nello strumento stesso. Nel pianoforte le corde dello strumento vengono
percosse da un martelletto e indotte a vibrare. Il pianoforte, poi, funziona da cassa armonica e vibra
assiemeallecorde:sonolevibrazioniprodottenell’ariadallacassaarmonicachenoipercepiamocome
suoni(v.par.Comportamentodelleondesonore).Inunaltoparlantelevibrazionidiunamembranasono
indotte da impulsi elettrici e a loro volta inducono la vibrazione dell’aria, producendo un suono (v.
riquadro).
Lavelocitàdipropagazionedelleondesonoredipendedalmezzomaterialenelqualesipropagano
(che può essere ogni mezzo elastico, sia esso un gas, un liquido o un solido). Nell’aria la velocità di
propagazione delle onde sonore è di circa 330 m/s, mentre nei liquidi e nei solidi essa è molto
maggiore: nell’acqua, per esempio, la velocità di propagazione del suono è di 1400 m/s, mentre
nell’acciaioèdicirca6000m/s.Lavelocitàdipropagazionedelsuononell’ariaèmoltoinferiorealla
velocitàdipropagazionedellaluce,cheèdicirca300.000km/snelvuoto,equestoèilmotivopercui
duranteuntemporale,peresempio,ituoniassociatiailampivengonouditiconuncertoritardoditempo,
che dipende dalla distanza alla quale si è verificato il fenomeno. Misurando dopo quanti secondi o
frazionidisecondoudiamountuonodopoavervistounlampo,inbaseallavelocitàdelsuonopossiamo
calcolareapprossimativamenteaqualedistanzasièprodottoilfulmine.
L’ACUSTICA
L’acustica è la scienza che studia il suono, inteso sia come agente fisico, cioè come onda elastica prodotta da una sorgente (un corpo
vibranteodoscillante)ingradodistimolarel’orecchioumano(chefungedarivelatore),siacomesensazionesoggettiva(psichica)incuiil
cervellotraducelostimolosonoro(questoaspettoètrattatospecificamentedallapsicoacustica).Delsuonocomeagentefisicosioccupa
l’acustica fisica, mentre l’elettroacustica ha per oggetto le basi teoriche e lo sviluppo di dispositivi elettronici per trasformare onde
sonoreeoscillazionimeccanicheinsegnalielettriciemagnetici.Isuonimusicalisonostudiatidall’acusticamusicale, mentre l’acustica
fisiologica si interessa dei meccanismi dell’udito e della fonazione. Altre suddivisioni dell’acustica, riunite nell’ambito dell’acustica
applicata, comprendono l’aeroacustica, l’acustica atmosferica, l’acustica ambientale, l’acustica architettonica ed edilizia,
l’acusticasubacquea.
L’ALTOPARLANTE
L’altoparlante è un dispositivo che trasforma un segnale elettrico in segnale acustico. È costituito da un circuito elettrico, al quale è
applicatoilsegnaledaconvertire,edaunorganoche,vibrandosottol’azioneditalesegnale,generaondesonore.Perprodurrevibrazioni
proporzionalialsegnaleelettricoapplicatosiutilizzanoprincipifisicidiversi,dacuiivaritipidialtoparlante.L’altoparlanteabobinamobile,
cheèilpiùdiffusoperlasuafedeltàdirispostaentrounampiocampodifrequenze,ècostituitodaunabobina,solidaleconunamembrana
diformatroncoconicafissataelasticamenteaunsupporto,edaunmagnetepermanente.Labobina,ilcuiassecoincideconquellodella
membrana,èdispostatraleespansionipolaridelmagnetepermanentee,quandoèpercorsadallacorrentedaconvertire,èsoggettaauna
forzadirettasecondol’assedellabobinastessa.Poichéilversoel’intensitàdellaforzadipendonodalversoedall’intensitàdellacorrente,la
membranaèsollecitataavibrareconlastessaleggedellacorrente,ecioèdelsegnale.
21.2Comepercepiamoilsuono
Strutturadell’orecchio
Comefunzional’orecchio
L’organoattraversoilqualepercepiamoilsuonoèl’orecchio.L’orecchioumanoèdivisointreparti:
orecchio esterno, orecchio medio, orecchio interno. L’orecchio esterno è composto dal padiglione
auricolareedalcondottouditivocheconvoglianoilsuonofinoallamembranatimpanica.Quihainizio
l’orecchio medio, a struttura ossea, dove si trova la catena degli ossicini (martello, incudine e staffa),
cheservonoadamplificareetrasmetterelostimolosonoroall’orecchiointerno.Quest’ultimoèformato
daunaseriedicanalicolideiqualifapartelacoclea,chenelloroinsiemeprendonoilnomedilabirinto
osseo.Lacocleahalaformadiungusciodichiocciolaetrasmettelostimolosonoroalnervoacustico.
Quandoleondesonorepercorronoilcanaleuditivoesterno,comprimendolemolecoled’ariapresenti,
esercitano una pressione sulla membrana timpanica che si incurva verso l’interno. Questo movimento
mette in moto la catena degli ossicini dell’orecchio medio e l’energia viene trasferita dalla membrana
timpanica alla finestra ovale. L’onda di pressione del segnale sonoro si trasmette poi alla coclea,
provocandoladeflessionediun’altramembrana,lamembranabasilare,chemetteinvibrazionelecellule
diunorganodell’orecchiointerno,l’organodelCorti,edeterminalatrasformazionedelsegnalesonoro
inunsegnaleelettrico.Ilsegnalegiungecosìalnervoacustico,chelotrasportaalcervellodoveverrà
analizzatoericonosciutocomesuono.
Figura21.1 Struttura dell’orecchio umano e principali componenti. Il suono, convogliato dal condotto uditivo, passa all’orecchio
medio e successivamente alla coclea nell’orecchio interno, che lo trasmette al cervello. L’orecchio è in collegamento con la cavità
nasaleattraversoletrombediEustachio.
21.3Caratteridistintividelsuono
Ildiapason
L’intensitàdelsuonodipendedall’ampiezzadell’ondasonora
Illivellosonorosimisuraindecibel
L’altezzadelsuonodipendedallafrequenzadell’ondasonora
Infrasuonieultrasuoni
L’analisiarmonica
Ogni suono è rappresentabile attraverso un’onda, più o meno complessa, a seconda che si tratti di un
suono puro, come per esempio quello trasmesso da un diapason, oppure di un rumore, prodotto dalla
sovrapposizionedimolteonde.Peranalizzarelecaratteristichediun’ondasonoraèutileriferirsial
suonodiundiapason,unostrumentocostituitodaunabarrettadiacciaiopiegataaU,icuidueramisono
dettirebbi:percuotendoconunmartellettodigommaunodeiduerebbi,ildiapasonentrainvibrazioneed
emette un suono puro (cioè di una determinata frequenza). Le onde emesse da un diapason sono
sinusoidali,dovel’ampiezzadell’ondarappresentailmassimodell’oscillazionedeirebbi.
• La prima delle caratteristiche del suono è l’intensità e dipende dall’ampiezza dell’oscillazione: a
suonipiùintensicorrispondonoampiezzemaggiorieasuonimenointensi,cioèpiùdeboli,corrispondono
ampiezzeminori.Secolpiamoconpiùforzairebbideldiapasonotteniamounsuonopiùforteel’onda
corrispondente avrà ampiezza di oscillazione maggiore. Più precisamente, l’intensità è definita come
l’energiaemessanell’unitàditempodallasorgentesonorasuunasuperficiediunmetroquadratoed
è proporzionale al quadrato dell’ampiezza della vibrazione della sorgente. Nel Sistema Internazionale
l’intensitàdelsuonosimisurainwatt/m2.
Poiché l’orecchio umano è sottoposto a una vasta gamma di suoni di intensità molto diverse, si usa
misurare il livello sonoro, che fornisce una misura della sensazione sonora che il nostro orecchio
percepisce.Illivellosonorosimisuraindecibel(dB):alvaloredelsuonopiùdeboleudibiledalnostro
orecchio viene assegnato il valore di 0 dB e corrisponde a circa 10–12 W/m2. All’aumentare
dell’intensità del suono aumenta il livello sonoro; per valori di livello sonoro superiori a 120 dB, la
sensazione percepita dall’orecchio diventa dolorosa e quel valore viene detto soglia del dolore. Se il
nostroorecchioperòvienesottopostocostantementeasuonidilivelloanchelievementeinferiore,attorno
a90dB,l’uditotendeadalterarsi:perchièespostocostantementeadambientiparticolarmenterumorosi
l’alterazione può risultare definitiva (per questo motivo chi lavora vicino a macchine particolarmente
rumorosedeveportaredellecuffieprotettive).
• La seconda caratteristica dell’onda sonora è l’altezza e dipende dalla frequenza dell’oscillazione,
chedistingueisuonigravidaquelliacuti.Isuonipiùgravicorrispondonoaondedifrequenzaminore
(quindi di lunghezza d’onda maggiore), mentre i suoni più acuti corrispondono a onde di frequenza
maggiore(quindiminorilunghezzed’onda).
Figura21.2Spettrosonoro:l’areaingrigioindicailimitientroiqualiisuonisonoudibili.
I suoni percepibili dall’orecchio umano hanno frequenze comprese tra circa 16 Hz e 20.000 Hz: al di
sottodi16Hzisuonisonoclassificaticomeinfrasuoni,aldisopradi20.000Hzcomeultrasuoni. Gli
ultrasuoninonsonoudibilidapartedell’uomo,malosonodapartedialcunianimali,comeicani,ecome
ènotosonoutilizzatinelmondoanimale,peresempiodaipipistrellicheliproduconoperlocalizzaregli
ostacoli.Esistonodispositiviartificialiperprodurreultrasuoni,chetrovanoapplicazioneneicampipiù
diversi.Lariflessionedegliultrasuonièsfruttataneisonar,dispositividilocalizzazionesubacquea,ein
medicinaperlavisualizzazionedegliorganiinterni(ecografia).
Laterzacaratteristicadelsuonoèiltimbroedipendedallaformadellavibrazione.Duesuoniemessi
da due strumenti diversi che possiedano stessa intensità e stessa altezza differiscono sempre per il
timbro, che è determinato dalla forma dell’onda prodotta dallo strumento. Il diapason emette un suono
puro,dettoarmonica,ilcuiandamentoèdescrittodaunasinusoide.Unostrumentomusicale,peresempio
una chitarra, emette un suono complesso, la cui onda è determinata dalla sovrapposizione di più onde,
ovvero di più armoniche. L’onda corrispondente a un rumore, invece, essendo composta da un elevato
numerodiondesonorechesisovrappongonodisordinatamente,assumeunaspettomoltoirregolare.
Ogni suono può essere ricondotto alle sinusoidi che lo compongono mediante l’analisi armonica di
Fourier, che stabilisce che un segnale periodico non sinusoidale è sempre composto di un numero
variabile di sinusoidi, e quindi in qualche misura riproducibile attraverso la sovrapposizione di più
armoniche. La sinusoide che ha la stessa frequenza del segnale da scomporre si chiama armonica
fondamentale, mentre le altre sono dette armoniche successive. Il timbro dipende dalle armoniche: i
computerchericonosconoleparoleleanalizzanomediantel’analisiarmonicadeisuonicheemettono.
Figura21.3Tretipidisuoni:in(A)l’ondacorrispondenteaunsuonopuro,comequellodiundiapason;in(B)l’ondaprodottada
uno strumento musicale, ancora regolare perché composta da più suoni armonici secondo rapporti regolari; in (C) l’onda
corrispondenteaunrumore.
21.4Comportamentodelleondesonore
Leondesonoreseguonoleleggidellameccanicaondulatoriaesonosoggetteatuttiifenomenitipicidella
propagazioneperonde,comelariflessione,l’interferenza,larisonanza,giàdescrittenelparagrafo20.3e
chequiriprenderemointerminipiùspecifici.Tratteremoinfinedelfenomenochesiverificaquandola
sorgente che emette le onde è in movimento rispetto all’osservatore, nato come effetto Doppler (tale
fenomeno,comuneatuttiitipidionde,siprestaparticolarmenteaesseredescrittonell’ambitodelleonde
acustiche).
•Riflessione
Eco,rimbombo,ecomultipla
Quando un’onda sonora incontra un ostacolo può accadere che lo superi, ovvero che venga trasmessa,
oppure che venga assorbita o riflessa. La riflessione avviene quando un’onda sonora incontra un
ostacolodigrandidimensionierimbalzaall’indietro.Perlaleggedellariflessione(chevalepertuttii
tipidionde),l’angolodiincidenzaèugualeall’angolodiriflessione.L’orecchioumanopercepiscecome
distinti due suoni intervallati da almeno un decimo di secondo. In tale tempo le onde sonore, che in
condizioninormaliviaggianoacirca330m/s,percorronocirca33metri.
Seladistanzatralasorgentedelsuonoel’ostacoloèalmenolametàditalevalore(circa16,5m),l’onda
incidenteequellariflessanonsisovrappongonoel’ultimapartedelsegnaleemesso(peresempio,una
sillabanelcasodiunaparola)dallasorgentesipercepiscedistintamentecomeripetuta.Talefenomenoè
conosciutoconilnomedieco;seladistanzatrasorgenteeostacoloèmaggiore,aumental’intervallodal
segnale percepibile; se invece la distanza è minore, i due suoni si sovrappongono parzialmente
originando il fenomeno del rimbombo. Se poi le superfici riflettenti sono più di una, si origina un’eco
multipla,ovveroilsuonovieneripetutopiùvolte.
•Interferenzaacustica
Ibattimenti
L’interferenzaacusticasiverificaognivoltachedueondecheviaggianonelmedesimomezzo,con
medesima frequenza e relazione di fase costante, si sovrappongono rinforzandosi o annullandosi.
Cosìdueondesonoredellastessafrequenzachesianoinopposizionedifasesielidonoavicenda,quindi
puòcapitarecheduesuoni–emessi,peresempio,daduediapason–sommandosidianocomerisultatoil
silenzio per un ascoltatore posto nelle vicinanze. Se invece le due sorgenti dei suoni fossero poste in
modochelecrestedell’ondasonorageneratadallaprimasorgentecorrispondesseroallecrestedell’onda
sonorageneratadallasecondasorgente,ilsuonorisultantesarebbepiùforte,cioèdiampiezzamaggiore.
Se due sorgenti vibrano con uguale ampiezza, ma con frequenze leggermente diverse, la
sovrapposizionedelleondeprodottedàluogoalfenomenodeibattimenti(v.fig.21.4):leonde,cioè,
risultano in accordo o concordanza di fase in certi punti, per poi mettersi fuori fase dopo un certo
intervalloedesseretotalmenteinopposizionedifaseinaltripunti.Neipuntiincuisonoinconcordanza
di fase, le due onde sommeranno le loro ampiezze, mentre nei punti di opposizione di fase le loro
ampiezze si sottrarranno o si annulleranno, secondo le leggi dell’interferenza. L’onda che risulta sarà
quindi caratterizzata da regioni di ampiezza maggiore di quella delle onde originarie e da regioni di
ampiezza minore, disposte a intervalli regolari (l’ampiezza, cioè, oscilla tra un valore massimo e un
valoreminimo).Ibattimenticostituisconoleregionidimaggioreampiezza,cioègliintervallidisuoni
piùforti.Ilfenomenodeibattimentivienesfruttatoperaccordareglistrumenti,oingenereperverificare
che due sorgenti sonore vibrino con la stessa frequenza. Allo stesso modo può essere utilizzato per
imporreaunasorgentesonoradivibrareallastessafrequenzadiun’altra,tenendofissalafrequenzadella
sorgentediriferimentoevariandolasecondafinoachescompareilfenomenodeibattimenti.
Figura 21.4 Il fenomeno dei battimenti: le due onde che si sommano hanno uguale ampiezza e frequenza leggermente diversa.
L’ondarisultantepresentadellezonediampiezzamaggioreintervallatedazonediampiezzanulla.
•Risonanzaacustica
Larisonanzanellamusica
Lasperimentazionedellarisonanzainunacolonnad’aria
Ilfenomenodellarisonanzainacusticaèdeltuttoanalogoalfenomenodellarisonanzanelcasogenerale,
percuil’ampiezzadiunavibrazioneaumentasevisiapplicaunaforzadellamedesimafrequenza.
Moltistrumentimusicalisfruttanoilfenomenodellarisonanzaperrinforzareisuoni:ilflautoel’organo
funzionanocomerisuonatori,maanchelecassearmonichedeglistrumentiacorda,comelachitarra,sono
casse di risonanza. Negli strumenti a fiato le vibrazioni della colonna d’aria presente nel tubo dello
strumento entrano in risonanza con le vibrazioni prodotte dall’aria che entra dal bocchino, mentre nel
caso della chitarra la cassa armonica entra in risonanza con le vibrazioni della corda della chitarra e
amplificadeterminatefrequenze.Lostessoaccadeperlacassadelpianoforte.
Lasituazionechesicreainunflautooinunorganoèdeltuttoanalogaaquellavistarelativamenteauna
cordalegataaunaestremità,dovesiformanoleondestazionarie.Persperimentarelaformazionedionde
stazionarieinunacolonnad’ariasipuòusareuntubovuotoimmersoparzialmenteinacqua,inmodoche
la sua estremità immersa in acqua possa essere alzata o abbassata, variando la lunghezza del tubo. Un
diapason posto all’estremità aperta del tubo mette in vibrazione la colonna d’aria all’interno del tubo.
L’ondasonorachesiproduceneltubosicomportacomel’ondaprodottasullacorda:l’ondasonoraviene
riflessa all’estremità chiusa del tubo (ovvero dalla superficie dell’acqua) e produce, per determinate
lunghezze del tubo, un’onda stazionaria, con nodi e antinodi. Variando la lunghezza del tubo, cioè
alzandolo e abbassandolo sulla superficie dell’acqua, si sente il fenomeno della risonanza, ovvero si
sentono suoni alternativamente forti e deboli. Un tubo chiuso di questo tipo entra in risonanza per
lunghezzepariaλ/4,3λ/4,5λ/4ecc.doveλèlalunghezzad’ondadeldiapason.
•EffettoDoppler
Un’ondachesiavvicinahafrequenzapiùalta
L’effettoDopplerconsistenelcambiamentodellafrequenzadiun’ondarilevatoquandolasorgente
dell’onda e l’osservatore sono in moto l’uno rispetto all’altro. Il fenomeno prende il nome dal suo
scopritore,ilfisicoaustriacoJ.C.Doppler(1803-1853),chestabilìchelafrequenzadiun’ondasonora
emessadaunasorgentechesiavvicinaaunosservatoreaumenta(l’osservatorepercepisceunsuonopiù
acutoperchériceveunnumeromaggiorediondenell’unitàditempo),mentrediminuiscenelcasoincui
l’ondasiaemessadaunasorgentechesiallontanadall’osservatore(questipercepisceunsuonopiùgrave
perchériceveunnumerominorediondenell’unitàditempo).L’effettoDopplerriguardatuttiifenomeni
di propagazione delle onde, quindi anche le onde luminose, le onde radio ecc., ma è particolarmente
facile osservarlo nel caso del suono: per esempio, la sirena di un’autoambulanza manda un suono più
acutomanmanochesiavvicinaementresiallontanailsuosuonosembradiventarepiùgrave.
GLOSSARIO
Acustica
Scienzachestudiaifenomenirelativiallaproduzioneeallapropagazionedelleondesonore.
Altezzadelsuono
Grandezzachecaratterizzailsuonodaacutoagraveechedipendedallafrequenzadell’onda:suoniacutihannofrequenzealte,suonigravi
frequenzebasse.
Battimenti
Fenomenodeterminatodallasovrapposizionedidueondediugualeampiezzaefrequenzaleggermentediversa,chesimanifestasoprattutto
nelleondesonore.
Eco
Fenomenoacusticocheconsistenellaripetizionediunsuono,dovutoallariflessionediun’ondasonoradapartediunostacolo.
EffettoDoppler
Fenomeno per cui la frequenza delle onde emesse da una sorgente varia in modo percepibile da un osservatore, quando sorgente e
osservatoresonoinmotol’unorispettoall’altro.
Infrasuoni
Complessodelleondeacustichedifrequenzainferioreallimitediudibilitàdell’orecchioumano(circa16Hz).
Intensitàdelsuono
L’energia emessa nell’unità di tempo per unità di superficie dalla sorgente sonora; l’intensità è proporzionale al quadrato dell’ampiezza
dell’ondasonora.
Livellosonoro
Fornisceunamisuradellasensazionesonoracheilnostroorecchiopercepisce.Illivellosonorosimisuraildecibel(dB):alvaloredelsuono
piùdeboleudibiledalnostroorecchiovieneassegnatoilvaloredi0dBecorrispondeacirca10–12W/m2.
Ondasonora
Ondalongitudinaleprodottadallevibrazionidiunmezzomateriale,comel’ariaol’acqua,cheproduconoseriealternatedicompressionie
rarefazionidelmezzostesso.Lavelocitàdipropagazionedell’ondadipendedalmezzomateriale:nell’ariailsuonoviaggiaacirca330m/s.
Risonanzaacustica
Fenomenopercuil’ampiezzadiun’ondasonorarisultaamplificatasesollecitatadaunaforzadifrequenzaopportuna.
Timbro
Una delle caratteristiche del suono, rappresentata dalla forma dell’onda emessa dalla sorgente. Due suoni di uguale intensità e uguale
altezzapossonodifferireperiltimbro.
Ultrasuono
Complessodelleondeacustichedifrequenzasuperioreallimitediudibilitàdell’orecchioumano(circa20.000Hz).
TESTDIVERIFICA
1. Perché,setogliamogradatamentel’ariadaunacampanachecontieneuncampanello,inassenzadiarianonsiodepiùil
suonodelcampanello?
2. Perchégliindigeniamericaniappoggiavanol’orecchioallerotaieperudireiltrenoavvicinarsi?
3. Inchemodosipuòvalutareachedistanzasièprodottounfulmine?
4. Qualèilfenomenopercuiilsuonodiun’ambulanzavariaasecondachesistiaavvicinandooallontanando?
22ILSUONO
Leondeelettromagnetichesonogeneratedacampielettriciemagneticivariabili,secondoquantoprevistodallateoriadiMaxwell,e
viaggiano nello spazio anche vuoto alla velocità di circa 300.000 km/s. Sono onde elettromagnetiche la luce; le onde radio, sulle
qualiviaggianolamaggiorpartedelleinformazionichelemodernetecnologieportanonellenostrecase;lemicroonde,chevengono
utilizzate per usi domestici ma anche per molte applicazioni tecnologiche; i raggi X, usati in medicina diagnostica; le radiazioni
ultraviolette,provenientidalSoleoprodottedaspecialilampade.Tuttequesteonde,seppurecosìdiversetraloro,sonogenerateda
caricheinmovimento,didiversaorigineedidiversedimensioni.
22.1Proprietàdelleondeelettromagnetiche
Ilcampoelettromagnetico
Ilcampoelettromagneticosipropaganellospaziosottoformadionde
Leondeelettromagnetichesonounacombinazionedicampielettriciecampimagneticivariabili,chesi
propaganonellospazioconlecaratteristichedelmotoondulatorio.
A seguito della scoperta dell’induzione elettromagnetica da parte di H.C. Oersted e M. Faraday –
secondo cui un filo percorso da corrente induce un campo magnetico e un magnete in movimento in un
solenoide (dispositivo formato da un conduttore avvolto a spirale attorno a un isolante) induce una
correnteelettrica–ilfisicoingleseJ.C.Maxwellformulòlateoriadelcampoelettromagneticoinbase
alla quale, anche in assenza di conduttori, un campo elettrico variabile induce un campo magnetico e,
viceversa,uncampomagneticovariabileinduceuncampoelettrico.Lavariazionedelflussodiunodei
due campi genera linee di forza dell’altro e in entrambi i casi queste linee di forza sono chiuse e
perpendicolari a quelle dell’altro campo. Queste scoperte indussero Maxwell a stabilire che il campo
elettromagnetico si propaga nello spazio sotto forma di onde, le onde elettromagnetiche, il cui
comportamentoèregolatodaunsistemadiequazionicheportanoilsuonome:leequazionidiMaxwell.
Le sue ipotesi furono confermate dieci anni dopo la sua morte, nel 1889, dal fisico tedesco H. Hertz
(1857-1894),cheideòundispositivoperprodurreerilevareleondeelettromagnetiche(v.riquadroalla
paginaseguente).DaHertzderivailterminediondehertziane,concuivengonospessoindicateleonde
elettromagnetiche.
LAPRODUZIONEDIONDEELETTROMAGNETICHE
Lostrumentoutilizzatoperprodurreun’ondaelettromagnetica,odondahertziana(dalnomedelfisicotedescoH.Hertzcheperprimole
produsse), è l’antenna trasmittente, costituita da un conduttore metallico alimentato da un circuito oscillante a corrente alternata. Il
circuitoègeneralmentecostituitodauncondensatorecollegatoinserieconunsolenoide(obobina):l’energiavieneimmagazzinatasotto
forma di campo elettrico nel condensatore. Se si stacca il generatore, il condensatore si scarica e la corrente che fluisce nel solenoide
genera un campo magnetico. Quando il condensatore si è scaricato, il campo magnetico si annulla e si sviluppa una forza
controelettromotricechericaricailcondensatore,producendounacorrentedisegnocontrarioallaprecedente.Poiilciclosiripete,conla
conversionedell’energiaelettricainenergiamagnetica.Uncircuitooscillantediquestotipogeneracampielettriciemagneticiconcatenati,
perpendicolaril’unoall’altro,chesiallontananodall’antenna,collegataaicapidelcondensatore,nellospaziocircostante.Iltipopiùsemplice
diantennaèdettaadipolosempliceedècostituitadaunconduttorelineare(appartengonoaquestotipoleantenneperautoradioeper
telefonicellulari).
Le dimensioni dell’antenna determinano la lunghezza d’onda della radiazione elettromagnetica che si desidera produrre: quanto questa è
piccola, tanto minori devon o essere le dimensioni dell’antenna. Lunghezze d’onda molto grandi richiedono antenne di grandi dimensioni,
chepossonoarrivareancheadalcunimetriperleondelunghe.Lalunghezzadiun’antennalinearedeveessereingenerepariametàdella
lunghezzad’ondachedeveprodurre.
Perricevereondeelettromagnetichesiutilizzanoantennericeventi,anch’essecostituitedaunoopiùconduttori:quandoquestivengono
investitidaunfasciodiondeelettromagnetiche,generanocorrentiche,rivelateeamplificate,riproduconoilsegnale.
Altritipidiantenne,oltreaquellecostituitedaunconduttorelineare,sonoperesempioleantenneaparaboloide,munitediunriflettorea
forma parabolica, molto diffuse per la produzione e la ricezione delle microonde, o antenne a più elementi, come quelle usate per la
ricezionedelleimmaginitelevisive.
Poiché il campo elettrico e il campo magnetico oscillano perpendicolarmente alla direzione di
propagazionedell’onda(v.fig.22.1),leondeelettromagnetichesonoondetrasversali.
Figura22.1Un’ondaelettromagneticacomeformadipropagazionediuncampoelettricoediuncampomagneticoassociatitraloro.
Inoltre, a differenza delle onde meccaniche (prodotte, per esempio, da una corda vibrante), le onde
elettromagnetiche non hanno bisogno di un mezzo materiale nel quale propagarsi: i campi elettrico e
magneticosigeneranoinfattipermutuainduzioneanchenelvuoto.
Figura22.2Lospettroelettromagneticoconlefrequenzeelelunghezzed’ondarelativeaciascuntipodiradiazione.
•Velocitàdipropagazionedelleondeelettromagnetiche
Laluceèun’ondaelettromagnetica
Lavelocitàdipropagazionedelleondeelettromagnetiche
Sulla base di calcoli teorici, Maxwell concluse anche che la velocità di propagazione delle onde
elettromagnetiche nel vuoto fosse di circa 300.000 km/s, pari cioè alla velocità della luce nel vuoto
(valoregiànotoaqueitempi);questacircostanzaloindusseapensarechelalucefosseunparticolare
tipodiondaelettromagnetica(Caratteristichedellaluce).Oggisappiamochel’intuizionediMaxwellera
esattaecheleondeelettromagnetiche,oltreaquelleluminose,comprendonoun’ampiagammaditipidi
ondechedifferisconotraloroperlalunghezzad’ondaλo,ciòcheèlostesso,perlafrequenzaν,doveλ
eνsonolegatedallarelazione:
υ
ν=
λ
ugualeaquellachevalepertutteleondeingenerale,doveυèlavelocitàdipropagazione.Lavelocità
dipropagazionedelleondeelettromagnetichedipendedalmezzonelqualesipropagano:nelvuotovale
2,9979.108m/s,mentrenell’ariadiminuiscedell’1%circaenelvetrosiriduceacirca1.108m/s.
Comeglialtritipidionde,anchequelleelettromagnetichesonosoggetteaifenomenitipici(v.cap.20),
comelariflessione,larifrazione,ladiffrazioneel’interferenza,enoncomportanotrasportodimateria
ma di energia: si tratta di energia elettromagnetica o radiante, che viene trasportata in quantità
proporzionaleallafrequenzadell’ondaelettromagnetica.
Quando un’onda elettromagnetica incontra un mezzo materiale, la sua energia può essere assorbita dal
mezzo o può venire trasmessa. L’interazione delle onde elettromagnetiche con la materia dipende
sensibilmentedallalorofrequenza.
22.2Lospettrodelleondeelettromagnetiche
Raggiγ
RaggiX
Raggiultravioletti
Radiazionevisibile
Raggiinfrarossi
Onderadio
L’insieme delle onde elettromagnetiche di differente frequenza (e quindi lunghezza d’onda) è detto
spettroelettromagnetico. Oltre alle onde luminose (v. cap. 23), fa parte delle onde elettromagnetiche
un’ampia gamma di altre onde, che differiscono tra loro per la lunghezza d’onda, e quindi per la
frequenza, ma che sono sempre generate da campi elettrici e magnetici vibranti e si propagano con la
medesimavelocità,aparitàdimezzoattraversato.
A causa della differenza della loro frequenza, le diverse onde elettromagnetiche interagiscono
diversamente con la materia che attraversano e, poiché il campo di variabilità delle frequenze è molto
ampio, i comportamenti, e di conseguenza gli impieghi e le applicazioni tecnologiche, delle onde
elettromagnetiche sono molto diversi. Le onde elettromagnetiche vengono anche dette radiazioni
elettromagnetiche,perchéviaggiandoirradianoenergia.
Procedendo nel senso decrescente delle frequenze, nello spettro elettromagnetico (v. fig. 22.2) si
incontrano:
• i raggi γ (gamma), che hanno frequenze dell’ordine delle centinaia di miliardi di GHz, che vengono
emessidainucleidielementiradioattivi(v.radiazioniγ);
•iraggiX,lecuifrequenzearrivanofinoacirca107GHz;
•iraggiultravioletti,oradiazioneultravioletta,difrequenzacompresatra107GHze7,5.105GHz;
•iraggivisibili,oradiazionevisibile,cioèlaluce,checorrispondeaunaporzionemoltopiccoladello
spettroelettromagnetico,difrequenzacompresatra7,5.105GHze4,1.105GHz;
•iraggiinfrarossi,oradiazioneinfrarossa,difrequenzacompresatra4,1.105GHze3.102GHz;
•leonderadio,lecuifrequenzehannouncampodivariabilitàmoltovasto:lefrequenzepropriedelle
onderadiovannodacirca300GHza300Hz(lelorocorrispondentilunghezzed’ondavannodacirca1
mmacirca1000km).
Tutteleondeelettromagnetichesonoprodottedacaricheaccelerate,maladimensionedellasorgentedi
emissione determina la lunghezza d’onda dell’onda generata. In generale, vale la regola secondo cui il
dispositivodiemissionediun’ondaelettromagneticadeveesseretantopiùpiccoloquantominoredeve
essere la lunghezza d’onda dell’onda che si vuole generare. Quindi le onde radio, che occupano una
regionedellospettroincuilelunghezzed’ondasonolepiùgrandi,necessitanodidispositivielettronicie
antennedigrandidimensioniperessereprodotte,mentreleradiazioniinfrarosse,visibilieultraviolette
sono prodotte all’interno delle molecole e degli atomi e le radiazioni gamma all’interno dei nuclei
atomici.
22.3IraggiγeiraggiX
Iraggiγ
IraggiX
Laradiografia
Lacristallografia
Dallatodellospettrochepresentalunghezzed’ondaminori(quindifrequenzemaggiori),leprimeonde
chesiincontranosonoiraggiγeiraggiX.
I raggi γ, che hanno lunghezze d’onda inferiori a 10–12 m (e frequenze superiori a 3.109 GHz), sono
emessidallestelleneiprocessiditrasformazionenucleareeinprocessididecadimentoradioattivo(v.
cap.25).Sonoradiazionimoltopenetrantietrasportanograndiquantitàdienergia,ediconseguenzasono
moltopericolosepergliesseriviventiperchésonoingradodiionizzaregliatomidicuisonocostituitii
tessuti.
IraggiXvenneroscopertiaccidentalmentenel1895dalloscienziatotedescoW.Roentgen(1845-1923):
accelerando un fascio di elettroni all’interno di un tubo a vuoto e applicando una forte differenza di
potenziale agli elettrodi, Roentgen vide che, quando gli elettroni colpivano l’anodo metallico, il tubo
emettevaunchiarorecheegliattribuìaunaradiazionedinaturasconosciutaechechiamòX.
Oggi sappiamo che i raggi X sono onde elettromagnetiche prodotte da elettroni, accelerati mediante
differenzedipotenzialesuperioria20.000V,iqualiurtanolamateria.Hannolunghezzed’ondacomprese
tra10–8e10–12m(frequenzecompresetracirca1011GHze107GHz)esonomoltopenetranti.
I raggi X impressionano le lastre fotografiche e, poiché i tessuti molli del corpo umano li lasciano
passarementreleossalitrattengono,vengonolargamenteusatiascopodiagnostico(radiografia,v.fig.
22.3)perottenereimmaginidellastrutturaossea(laprimaradiografiadellastoriaeffettuataconraggiX
fu quella che Roentgen eseguì sulla mano di sua moglie). I raggi X, però, hanno un’elevata capacità
ionizzanteediconseguenzapossonorecaredanniallecellule.
InoltreiraggiXvengonousatilargamenteincristallografia,perchéinviandoneunfasciosuuncristalloè
possibile, tramite le interazioni della radiazione con la materia, scoprire la struttura del reticolo del
cristallostesso.Questatecnicavieneusataancheperscoprirelastrutturadimolecolemoltocomplessee
fupropriograzieaquestometodocheF.CrickeJ.WatsonscoprironolastrutturaadoppiaelicadelDNA
nel1953.
Figura22.3Esameradiografico:iraggiXattraversanoilcorpoecolpisconolalastrasensibile.Seincontranostrutturecapacidi
intercettarli, come per esempio le ossa, o corpi estranei, le parti sottostanti della lastra non vengono impressionate e rimangono
bianche,mentrelealtreappaionoscure.
22.4Leradiazioniultraviolette,visibilieinfrarosse
Iraggiultravioletti
L’ozonoatmosfericoassorbepartedeiraggiultravioletti
Laradiazionevisibile
Iraggiinfrarossi
Leimmaginiall’infrarosso
Le radiazioni ultraviolette, o raggi ultravioletti (UV), fanno parte di quella regione dello spettro
elettromagnetico che si estende dai raggi X alla radiazione visibile e che comprende lunghezze d’onda
chevannodacirca4a400nm,quindifrequenzecompresetracirca107GHze7,5.105GHz.Perrivelare
iraggiUVsiusanospecialilastrefotografiche.Leradiazioniultraviolettesonoemessedacorpimolto
caldi, come le stelle, o prodotte artificialmente attraverso apposite lampade a incandescenza o tubi a
scarica a bassa pressione. Sono radiazioni dal forte potere ionizzante e favoriscono le reazioni
fotochimiche.IlSoleemetteradiazioniultravioletteconlunghezzed’ondacompresetra0,25e0,36μm;
labandacompresatra0,25e0,31μmcomprendeleradiazionipiùenergetiche,elepiùdannosepergli
organismiviventi.GranpartediquesteradiazioniprovenientidalSolevieneperòassorbitadallostrato
diozono(unaformaallotropicadell’ossigeno)presentenellanostraatmosferaaunaquotacompresatra
25e40kmcirca.GliUVmenoenergetici,invece,lecuilunghezzed’ondasonocompresetra0,31e0,36
μm,sonoresponsabilidell’abbronzaturadellapelleperchéattivanolamelanina.
Le radiazioni visibili, ovvero la luce (v. cap. 23), occupano la piccolissima zona dello spettro
elettromagnetico compresa tra la radiazione ultravioletta e la radiazione infrarossa. Le sue lunghezze
d’ondavarianotra400e750nm.Ilnostroocchiopercepiscelediverselunghezzed’ondacomedifferenti
colori:ilrosso(conλtra750e640nm),l’arancio(λtra640e580nm),ilgiallo(λtra580e570nm),il
verde(λtra570e490nm),ilblu(λtra490e450nm,l’indaco(λtra450e420nm)eilvioletto(λtra
420e400nm).Aldifuoridiquestelunghezzed’ondal’occhioumanoè“cieco”.
Laregionedelleradiazioniinfrarosse (IR) copre lunghezze d’onda comprese tra 0,75 μm e 1 mm. Le
radiazioni IR sono invisibili all’occhio umano, ma possono impressionare pellicole fotografiche
opportunamente trattate. Vengono emesse da qualunque corpo caldo, anche dal corpo umano, e la loro
emissione aumenta all’aumentare della temperatura. Quando un corpo assorbe radiazioni infrarosse si
scalda,quindiaesseèassociatoiltrasportodicalore.Peresempio,lamaggiorpartedell’energiaemessa
daunalampadinaèrappresentatadaradiazioniIR.LeradiazioniIRemessedalSolescaldanolaTerrae
costituisconolaprincipalefontedienergiadeiprocessibiologici.LeradiazioniIRhannonumerosissime
applicazioni. Poiché impressionano apposite pellicole fotografiche, vengono usate per realizzare
particolarifotografiechefornisconounamappadellostatotermicodelcorpofotografato.Molteimmagini
da satellite, per esempio, sono all’infrarosso e forniscono mappe che vengono usate nei più svariati
campi:incampomilitareperlocalizzareaerei,naviodepositidiarmi,incampoagricolopercensirele
coltureeincampometeorologicoperdeterminarelatemperaturadellemassed’aria.Inambitomedico
diagnostico le applicazioni della radiazione IR riguardano la misurazione a distanza della temperatura
dellapelleedellazonasottostante,perrivelareprocessiinfiamatori,infettiviotumorali.
L’EFFETTOSERRA
LaTerrariceveenergiadalSolesottoformadiradiazioneelettromagnetica.IlSole,lacuisuperficiehaunatemperaturadicirca6000°C,
emetteradiazioneprincipalmentenellefrequenzetipichedelvisibileedell’ultravioletto.Lasuperficieterrestre,conlasuatemperaturadi
qualche decina di grado centigrado, emette a sua volta la radiazione che riceve dal Sole, ma sotto forma di radiazione infrarossa. Le
molecole dei gas di cui è composta l’atmosfera trasmettono o assorbono la radiazione elettromagnetica in modo diverso a seconda della
loro lunghezza d’onda: mentre sono praticamente trasparenti alla radiazione visibile, assorbono in parte la radiazione ultravioletta
proveniente dal Sole e la radiazione infrarossa proveniente dalla Terra. Per quanto riguarda la radiazione infrarossa, questo accade
principalmente a opera del vapor d’acqua (H2O) e soprattutto dell’anidride carbonica (o diossido di carbonio, CO2), che assorbono
fortementelaradiazionedilunghezzed’ondacompresetra4000e7000nmetra13.000e19.000nm.Visonoaltrigas,qualiilmetano,il
protossidod’azotoealcunicompostidelcloro,cheassorbonoradiazioneinfrarossanell’intervallodilunghezzed’ondacompresetra7000e
13.000nm,mentreunapartediquestaradiazionevienepersanellospazio.
L’effetto serra è esattamente quel fenomeno per cui l’energia emessa dalla superficie terrestre verso lo spazio viene parzialmente
assorbita da alcuni gas presenti in atmosfera (che perciò vengono detti gas di serra) e da questi irradiata nuovamente verso la Terra.
Poiché la Terra emette verso lo spazio una quantità di radiazione superiore a quella che riceve dal Sole, in assenza di effetto serra la
temperaturamediadellaTerrasarebbeinferioredicirca15°Cdiquantononsiainrealtà.Ma,poichéunaparteditaleradiazionenonviene
perdutamaassorbitadall’atmosferaeconseguentementereirradiataversolasuperficie,ilbilanciotermicoèinpareggio.L’effettoserra,
dunque,haperlavitasullaTerrauneffettobeneficoedessenziale.Ilproblemaèchenegliultimi150annicircal’uomohaprovocatouna
progressiva crescita delle concentrazioni dei gas di serra, principalmente dell’anidride carbonica, a seguito dell’uso massiccio dei
combustibili fossili, crescita che secondo molti scienziati porterebbe all’intensificazione del fenomeno dell’effetto serra e di conseguenza
all’aumentodellatemperaturamediadellasuperficieterrestre.Questopotrebbeportare,tralealtrecose,all’assottigliamentodeighiacciai
perennieall’innalzamentodellivellodeimari.
Il nome effetto serra deriva dal fatto che, analogamente a quanto avviene in una serra, mentre la radiazione visibile passa, la radiazione
infrarossarimaneintrappolataneglistratibassidell’atmosferaeneprovocaunriscaldamento.
22.5Lemicroondeeleonderadio
Iforniamicroonde
Le microonde e le onde radio, che comprendono frequenze inferiori a 300 GHz, sono utilizzate
prevalentementecomeveicoliperlacomunicazionedelleinformazioniadistanza,poichésipropagano
nell’ariasenzaessereassorbite,sonorelativamentesemplicidagenerareesonosufficientementelunghe
da propagarsi anche oltre la curvatura terrestre. Dopo la loro scoperta da parte di Hertz nel 1888, il
primo che intuì che potevano essere utilizzate per inviare segnali a distanza fu l’inventore italiano
GuglielmoMarconi(1874-1937),cheaprìlastradaallecomunicazioniradiofoniche.
Le microonde sono particolari onde radio situate nella regione dello spettro appena successivo a
quello delle radiazioni infrarosse e hanno lunghezze d’onda che vanno da 1 mm a 30 cm. Trovano
numerosiimpieghinelcampodelletelecomunicazionieinapparecchiaturedirilevamentocomeiradar.
Nei radar un apparecchio trasmettitore emette onde delle frequenze tipiche delle microonde, le quali,
quando incontrano un ostacolo riflettente, tornano indietro, permettendo a un apparecchio ricevente di
ricostruirnelaformaeladistanza.
Nei forni a microonde, che vengono usati per la cottura rapida dei cibi, viene sfruttata l’azione del
calorechesigeneraall’internodeglialimentiinseguitoall’assorbimentodell’energiaelettromagneticadi
frequenzeopportune.L’azionedellemicroondesiesercitasullemolecoled’acquapresentineglialimenti:
lemolecoled’acquasicomportanocomedipolielettricietendonoadallinearsilungoilcampoelettrico
oscillante generato dalle microonde. Di conseguenza entrano in rapida oscillazione e, urtandosi le une
con le altre, producono calore all’interno della sostanza da riscaldare o da cuocere, in un tempo assai
inferioreaquellonormalmentenecessario.
Figura22.4Modulazionediampiezzaemodulazionedifrequenza.Nellamodulazionediampiezzal’ondavieneottenutamodulando
l’ampiezza dell’onda portante con quella del segnale da trasmettere. Nella modulazione di frequenza l’onda modulata è ottenuta
modificandolafrequenzadell’ondaportanteinmodoproporzionaleall’ampiezzadell’ondamodulante.
•Leonderadio
Lamodulazione
Modulazionediampiezzaemodulazionedifrequenza
Leradiofrequenze
Leonderadio(oradioonde)occupanolafasciadellospettrodellelunghezzed’ondamaggiori,comprese
tra 10 cm e 1 km, e sono prevalentemente usate per le trasmissioni radiofoniche e televisive. Le onde
radio viaggiano da un radiotrasmettitore a un radioricevitore. Le informazioni che si vogliono far
viaggiare (conversazioni nella radiotelefonia, parole o musica nella radiodiffusione, immagini e suoni
nelle trasmissioni televisive ecc.) vengono prima convertite da un trasduttore in segnali elettrici di
ampiezzavariabile.Inseguitotalisegnaliagisconosuun’onda,dettaportante,diampiezzaefrequenza
costante,generataneltrasmettitoreattraversounprocessodettodimodulazione.Lamodulazioneconsiste
nel variare, istante per istante, una delle grandezze caratteristiche del segnale periodico (ampiezza o
frequenza) usato come “vettore” per la trasmissione (la portante), in conformità con le variazioni del
segnale che contiene le informazioni da trasmettere, detto modulante. Il segnale portante modificato è
detto modulato. Nella modulazione di ampiezza (AM) le informazioni vengono trasmesse nel circuito
modulandol’ampiezzadell’ondaportante,mentrenellamodulazionedifrequenza(FM)leinformazioni
vengonotramessemodulandolafrequenzadellaportante(v.fig.22.4).Ilsegnale,amplificato,èinviato
all’antenna,cheloirradianellospaziosottoformadiondaelettromagnetica.Iradioricevitoricaptanole
onde elettromagnetiche mediante un’altra antenna e, dopo un processo di amplificazione e
demodulazione,ricavanoinuscital’informazioneemessaintrasmissione.
Perlalorograndelunghezzad’onda,leonderadiononvengonofermatenellorocamminodaostacolidi
medie dimensioni, come le case o gli alberi (vengono bloccate però dalle montagne, che costituiscono
dellezoned’ombra),epossonoesseretrasmesseadistanzaperchévengonoriflessedaglistratiionizzati
dell’atmosfera.Iripetitoriintercettanoleondeelereirradianodopoaverlenuovamenteamplificate,allo
scopo di far arrivare il segnale con una potenza efficace a grandi distanze. Il notevole aumento del
trafficoradiohaportatoall’adozionediripetitori,posizionatisusatellitigeostazionari,cheruotanonello
spazioconlastessavelocitàdellaTerraediconseguenza“vedono”semprelastessaareageografica.
Le frequenze utilizzate per le radiocomunicazioni (v. tab. 22.1) sono comprese tra 3 kHz e 300 GHz e
all’interno di questo spettro sono ulteriormente divise in bande: le onde a bassa frequenza (Low
Frequency, LF), vanno da 30 a 300 kHz e sono usate principalmente per applicazioni quali la
navigazioneaereaonavale;leondemedie(MediumFrequency,MF),da300kHza3MHzsonousate
perlaradiodiffusioneamodulazionediampiezza;leondecorte(HighFrequency,HF)da3MHza30
MHz,sonoutilizzateperletelecomunicazionisatellitari;leondeultracorte(VeryHighFrequency,VHF),
difrequenzecompresetra30MHze300MHz,elemicroonde(UltraHighFrequency,UHF)sonousate
perlatrasmissioneradiofonica,televisiva,perletrasmissionidamezzimobilieperiradar.
Lefrequenzedilavororelativeaivariserviziradiovengonosceltenell’ambitodiintervallidifrequenza
(obande)chevengonodefiniteinsedeinternazionale,inmododaevitareilpiùpossibileinterferenzeo
sovrapposizioni.
Tabella22.1Spettrodelleradiofrequenzepiùutilizzate
DENOMINAZIONE
BANDA
DELLA GAMMA
FREQUENZE
DI GAMMA
D’ONDA
DI
LUNGHEZZE IMPIEGHI
bassafrequenza
oLowFrequency(LF):
ondelungheochilometriche
da30
a300kHz
da10km
a1km
applicazionispeciali
mediafrequenza
oMediumFrequency(MF):
ondemedieoettometriche
da300kHz
a3MHz
da1km
a100m
radiodiffusione
amodulazione
diampiezzaeradiofari
altafrequenza
oHighFrequency(HF):
ondecorteodecametriche
da3MHz
a30MHz
da100m
a10m
comunicazioniagrandi
egrandissimedistanze
altissimafrequenza
da30MHz
da10m
televisione,
oVeryHighFrequency(VHF):
ondeultracorteometriche
a300MHz
frequenzaultraalta
oUltraHighFrequency(UHF):
microondeoondedecimetriche
da300MHz
a3GHz
a1m
da1m
a10cm
radiodiffusione
a
modulazione
frequenza,
pontiradio,radar
di
GLOSSARIO
Microonde
Particolaretipodionderadioadaltafrequenza(difrequenzesuperioria300MHz)usatesoprattuttoperlecomunicazionisatellitarienei
radar.
Ondaelettromagnetica
Perturbazioneconnessaacaricheelettricheoscillanti,chegeneranouncampoelettricoeuncampomagneticovariabiliassociatitraloro.Si
propaga nello spazio sotto forma di onda e nel vuoto viaggia a circa 300.000 km/s. Il comportamento delle onde elettromagnetiche è
descrittodalleequazionidiMaxwell.
Onderadio
Radiazioni elettromagnetiche di frequenza pari o inferiore al GHz usate principalmente per le telecomunicazioni, per le comunicazioni
telefoniche,televisiveeradiofoniche.
Radiazioneinfrarossa
Insiemedelleradiazionielettromagnetichedifrequenzacompresatra4,14.105GHzecirca102GHzemessedaicorpicaldi.
Radiazioneultravioletta
Insiemedelleradiazionielettromagnetichedifrequenzecompresetra107GHze7,5.105GHz,presentianchenellaradiazionesolare.
Radiazionevisibile
Radiazioneelettromagneticaallaqualel’occhioumanoèsensibile,lecuilunghezzed’ondasonocompresetra400e750nm.
Raggiγ
Radiazionielettromagnetichedifrequenzesuperioria3.109GHz,emessedainucleiatomicidialcunesostanze.
RaggiX
Radiazionielettromagneticheprodottedaelettroniacceleratimediantedifferenzedipotenzialesuperioria20.000V,cheurtanolamateria.
Hannofrequenzecompresetracirca1011GHze107GHzesonomoltopenetranti.
Spettroelettromagnetico
Insiemedellefrequenzedelleondeelettromagnetiche.
TESTDIVERIFICA
1. Seuncanaletelevisivotrasmettesuunafrequenzadi85MHz,qualèlalunghezzadell’ondaemessa?
2. Seuncanaletelevisivotrasmettesuunafrequenzadi60MHzeunaltrosuunafrequenzadi200MHz,qualedeidue
canalinecessitadiun’antennapiùlungaperesserericevuto?
3. Aqualeintervallodilunghezzed’ondacorrispondonoleondecheilnostroocchiopuòvedere?
4. Comefunzionanoiforniamicroonde?
5. Perchélaradiogeneralmentenonsisentesottolegallerie?
23LALUCE
Laluceèunapiccolaporzionedellospettroelettromagnetico,mapermoltiaspettisipuòconsiderarelapiùimportante.Insiemeal
suono, la luce costituisce per l’uomo uno dei principali canali di conoscenza del mondo fisico. Attraverso la luce riflessa dagli
oggetti che ci circondano, gli occhi ricevono un’enorme quantità di informazioni. Le proprietà della luce sono quelle tipiche di
un’onda e le sue interazioni con la materia producono i fenomeni della riflessione, della rifrazione, della diffrazione e
dell’interferenza.Lariflessioneelarifrazionedellalucesuspecialisuperfici(specchielenti)hannoapplicazionimoltointeressanti,
allabasedituttiglistrumentiottici.Lapartedellafisicaclassicachestudialaluce,isuoicomportamentielesueinterazioniconla
materiaèl’ottica.
23.1Caratteristichedellaluce
Iprimimodellidellaluce:lateoriaondulatoriaelateoriacorpuscolare
LateoriaelettromagneticadiMaxwell
Lalucesipropagainlinearetta
L’ottica
Otticageometricaeotticaondulatoria
La luce è il fenomeno fisico che permette la visione degli oggetti. Lo studio della luce, associato a
quello dei meccanismi della visione, è antichissimo, ma solo a partire dalla fine del XVII sec.
cominciarono a essere elaborati modelli su basi scientifiche nel tentativo di interpretare la natura dei
fenomeni luminosi, ponendo così le fondamenta dell’ottica. Alla fine del XVII sec. coesistevano due
teorieinterpretativedellaluce:unateoriaondulatoriaeunateoriacorpuscolare.
Secondo la teoria ondulatoria, dovuta al fisico olandese C. Huygens (1629-1695), la luce veniva
considerata come un insieme di onde dovute alla vibrazione di un mezzo non precisato, l’etere che
riempival’Universo;allesuedifferenzedifrequenzaeranoassociatiidiversicolori.
La teoria corpuscolare, formulata da Newton più o meno nello stesso periodo, sosteneva che la luce
fosse composta di corpuscoli di massa diversa (da cui deriverebbe la differenza di colore), che si
propaganoinlinearetta.
InizialmentelateoriacorpuscolarediNewtongodettedimaggiorifavoriperlasuasemplicitàeperla
difficoltàdidefinireemisurarel’etere,maquando,all’iniziodelXIXsec.,vennerostudiatiifenomeni
dell’interferenza e della diffrazione, tipici dei fenomeni ondulatori, la teoria ondulatoria si impose su
quellacorpuscolare.Nellasecondametàdell’800,scoprendocheilcampoelettromagneticosipropaga
per onde (dovute alle oscillazioni del campo elettrico e del campo magnetico) la cui velocità di
propagazione nel vuoto coincide con la velocità della luce (v. riquadro), Maxwell avanzò l’ipotesi
tuttora valida che la luce fosse un tipo di onda elettromagnetica appartenente a un particolare
intervallodifrequenza.Poichéicampielettricoemagneticovibranosupianiperpendicolaritraloroe
perpendicolarialladirezionedelraggio,leondeluminosesonoondetrasversali,chesipropaganoin
linearettanelvuotoallavelocitàdicirca300.000.000m/s.
Lalucerappresentaquellaporzionediradiazioneelettromagneticaallaqualeèsensibilel’occhioumano,
le cui frequenze sono comprese tra circa 4,1.1014 Hz (estremo violetto) e circa 7,5.1014 Hz (estremo
rosso):fraquestiestremisonoriunitelefrequenzecorrispondentiaicoloridellospettroluminoso (v.
fig.23.1).ComunementesiindicaconlucebiancalalucechesiricevedalSole,oquellaemessadauna
lampadinaaincandescenza:questaluceèinrealtàformatadall’insiemedituttiicoloridellospettro(v.
par.successivo).
La parte della fisica che studia i fenomeni connessi all’emissione, alla propagazione e alla
rivelazionedellaluceèl’ottica.Lecaratteristichedellalucesonoquelletipichedellapropagazioneper
ondee,nell’interazioneconlamateria,lalucesubisceifenomenidellariflessione,dellarifrazione,della
diffrazione e dell’interferenza. Per lo studio dei fenomeni della riflessione e della rifrazione, che si
verificanoquandolaluceincontraunasuperficieuniforme,risultamoltocomodoservirsidiunmodello
semplificato, che si basa sull’ipotesi che la luce si propaghi in linea retta e che i raggi rettilinei siano
indipendenti tra loro, trascurando il fatto che si tratti di un’onda. Questa semplificazione costituisce il
presupposto per lo studio della luce in un indirizzo dell’ottica detto ottica geometrica. Nell’altro
indirizzo,dettootticaondulatoria(dicuifaparteanchelatrattazionedellaluceintesacomefenomeno
elettromagnetico),siassumechelalucesipropaghisottoformadiondetrasversalieilraggioluminosoè
definito come la traiettoria perpendicolare alla direzione dell’onda. L’ottica geometrica rappresenta
quindiun’approssimazionedell’otticaondulatoria,utileperspiegareinparticolareifenomeniluminosi
neiqualiledimensionideisistemicheinteragisconoconlalucesonomoltomaggioridellasualunghezza
d’onda(peresempio,lelentieglispecchi).
LAMISURADELLAVELOCITÀDELLALUCE
Laprimamisuramodernadellavelocitàdellalucefueseguitadall’astronomodaneseO.Roemernel1675.Inseguitosiutilizzaronometodi
nonastronomici:nel1849ilfisicofranceseH.-L.Fizeauottenneunamisuraconunerroredel15%circarispettoalvaloreoggiaccettato.
Nelsec.XIXfumisurataconprecisionelavelocitàdellalucenell’acqua,cherisultòinferioreaquellanelvuoto(onell’aria),comeprevisto
dalla teoria ondulatoria: questo confermò l’inadeguatezza del modello corpuscolare formulato da Newton, che prevedeva invece una
velocitàpiùelevataneimezzidensi(peresempio,l’acquaoilvetro)rispettoalvuoto.LamisuraeseguitadaMichelsoneMorleynel1887
indicòchelavelocitàdellaluceèindipendentedalsistemadiriferimentoincuisieffettualamisura,unrisultatospiegatoinseguitodalla
teoriadellarelativitàspecialediEinstein.
Figura23.1Icoloridellaradiazionevisibileconlerispettivelunghezzed’onda.
•Leunitàdimisuradellaluce
Corpiluminosiecorpiilluminati
Lacandelaèl’unitàdimisuradell’intensitàluminosa
Illuxèl’unitàdimisuradell’intensitàdiilluminazione
Iparametrichecaratterizzanolaradiazioneluminosacomprendono,oltreallafrequenza(misuratainHz)
eallalunghezzad’onda(misuratainm),l’energia(misuratainJ)elapotenza(misuratainW,dove1W=
1J/1s).
Sperimentalmente si osserva che la luce viene emessa dai corpi caldi, portati a temperature
sufficientementeelevate,equestipossonoessereconsideratilesorgentiluminose(ocorpiluminosi); il
nostroocchiopercepisceancheicorpicheriflettonolaluceemessadallesorgenti(ocorpi illuminati).
IlSole,peresempio,èunasorgentediluce,equindiuncorpoluminoso,mentreipianetisonovisibili
perchériflettonolaluceemessadalSoleequindisonocorpiilluminati.Perstabilirelaquantitàdiluce
emessaointercettatadauncorposidefiniscononelSistemaInternazionaledellegrandezzemisurabilie
lerelativeunitàdimisura.
Sidefinisceintensitàluminosalaquantitàdienergiaemessadauncorpoluminoso(unasorgentediluce)
nell’unità di tempo e in tutte le direzioni. La sua misura è la candela (simbolo cd), corrispondente
all’intensitàluminosaemessadaunalampadacampionedepositataall’ArchivioPesieMisurediParigi
(paria1/60dell’intensitàluminosaemessadauncentimetroquadrodiuncorpoportatoallatemperatura
difusionedelplatinoapressionestandard).
Pericorpiilluminatisidefinisceintensitàdiilluminazionel’energiachecolpisceun’unitàdisuperficie
nell’unitàditempoesimisurainlux(simbololx),definitocomel’illuminazioneprodottadaunasorgente
luminosa di intensità pari a una candela su una superficie perpendicolare alla direzione dei raggi
luminosi,postaalladistanzadi1metrodalcorpo.L’intensitàdiilluminazionediminuiscemanmanoche
lasuperficieilluminatasiallontanadallasorgentediluce.
Figura23.2Incidendosuunasuperficiediseparazionetraduemezzidiversi(A),l’ondavieneinparteriflessaeinparterifratta.
Nellariflessione(B)valelaleggepercuil’angolodiincidenzaièugualeall’angolodiriflessioner.
23.2Lariflessioneelarifrazionedellaluce
La riflessione e la rifrazione della luce si possono spiegare utilmente supponendo che la luce si
propaghi sotto forma di raggi rettilinei (ottica geometrica). Quando un raggio di luce che viaggia in un
mezzomaterialetrasparente–come,peresempio,l’aria–incontraunasuperficiediseparazioneconun
altromezzotrasparente–peresempio,l’acqua–sidividenormalmenteindueraggi:unovieneriflesso
dallasuperficieel’altroentranelsecondomezzovariandolasuadirezionedipropagazione,cioèviene
rifratto(v.fig.23.2).
Quando la superficie incontrata è perfettamente riflettente, non si ha rifrazione e la luce viene
completamente riflessa, seguendo le leggi della riflessione caratteristiche delle onde: l’angolo di
incidenza, i, è uguale all’angolo di riflessione, r, e i due angoli giacciono sullo stesso piano,
perpendicolareallasuperficieriflettente.
Larifrazioneèladeviazionecheunraggioluminososubiscenelpassaredaunmezzotrasparentea
unaltro,perladifferenzadellavelocitàdipropagazioneneiduemezzi(v.fig.23.3).Seilprimoèmeno
denso del secondo (per esempio l’aria rispetto all’acqua), il raggio di luce devia avvicinandosi alla
perpendicolareallasuperficiediseparazione,mentreseilprimomezzoèpiùdensodelsecondo(l’acqua
rispetto all’aria) il raggio devia allontanandosi dalla perpendicolare. Per questo motivo un bastoncino
immersonell’acquasembraspezzato.
Figura 23.3 Deviazione del raggio luminoso nel passaggio da un mezzo a un altro con diversa densità. Nel passare dall’aria
all’acqua,ilraggiosiavvicinaallaperpendicolareallasuperficiediseparazionetraiduemezzi(A);nelpassaredall’acquaall’aria,
ilraggiosiallontanadallaperpendicolare(B).
Sidefinisceindicedirifrazioneassolutodiunasostanzailrapporto, n, fra la velocità della luce nel
vuotoelavelocitàdellaluceinquellasostanza.
La legge della rifrazione stabilisce che l’angolo di incidenza e l’angolo di rifrazione giacciono sullo
stessopianoesonolegatitralorodallarelazione:
n1seni=n2senr
doven1en2sonogliindicidirifrazioneassolutideiduemezzi.
Figura23.4Riflessionesuunospecchiopiano:S’èl’immaginevirtualediSriflessadallospecchioA.
•Riflessionesuunospecchiopiano
Glispecchisfruttanolariflessionedellaluce
Immaginevirtuale:ilpuntodoveconvergonoiprolungamentideiraggi
L’immagineriflessadaunospecchioèsimmetrica
Quandounasorgenteluminosa(ouncorpoilluminato)vienepostadifronteaunasuperficieriflettente,
detta specchio, sembra che in un punto all’interno dello specchio vi sia un’altra sorgente di luce. In
realtà,all’internodellospecchiovièsoloun’immaginedell’oggetto,prodottadallariflessionedellaluce
emessadalcorpo.
Unasuperficieriflettentepianaèdettaspecchiopiano.Siimmaginidiosservareunasorgenteluminosa
puntiformeSdifronteaunospecchiopiano(v.fig.23.4):iraggiluminosiemessidallasorgentevengono
riflessidallospecchio,seguendoleleggidellariflessione(l’angolodiincidenzaèugualeall’angolodi
riflessione).Sesitraccianoiprolungamentideiraggiriflessialdilàdellospecchio,essiconvergonoin
unpunto,S’,simmetricorispettoaS,chesembraesserelasorgentedeiraggiluminosichecolpisconoil
nostroocchio.S’vienedettaimmaginevirtualediS,perchénonesisteinrealtàinS’unaveraepropria
sorgentediraggiluminosi(S’èsoloilpuntodoveconvergonoiprolungamentideiraggicheoriginano
dall’oggettoreale).
Applicando la legge della riflessione a ogni singolo punto di un oggetto non puntiforme, è possibile
costruirnel’immaginevirtuale,aventeleseguenticaratteristiche:
•halestessedimensionidell’oggettoreale;
•sitrovaallastessadistanzadallospecchiodell’oggettoreale;
•èperfettamentesimmetricarispettoall’oggettoreale.
L’immagine della mano destra restituita da uno specchio piano sarà quella della mano sinistra e
viceversa.Analogamente,unaparolariflessainunospecchiopianoapparesimmetrica,scrittadadestra
versosinistraanzichédasinistraversodestra.
•Riflessionesuspecchisferici
Strutturageometricadeglispecchisferici
Lacostruzionediun’immagineinunospecchiosferico
Specchioconcavo
Aberrazionesferica
Specchioconvesso
Gli specchi sferici sono superfici riflettenti aventi la forma di calotte sferiche: possono essere
concavioconvessi,asecondachelariflessioneavvengasullasuperficieconcava(laparteinternadella
calottasferica)osullasuperficieconvessa(laparteesternadellacalottasferica)dellospecchio.
Inunospecchiosfericosidistinguono:
•ilverticeVdellacalottasferica;
•ilcentroCdellasferacuivirtualmenteappartienelacalottasferica;
•l’asseCV,dettoasseottico,passanteperilcentrodellacalottasferica;
• il fuoco F, che è il punto in cui convergono tutti i raggi riflessi dai raggi incidenti parallelamente
all’asseottico;ilfuocositrovaaunadistanzapariametàdelsegmentoCV,ovveroalraggiodicurvatura
dellacalotta.
Lacostruzionediun’immaginesuunospecchiosfericosibasasulleseguentiregole:iraggiriflessidai
raggi incidenti paralleli all’asse ottico passano tutti per il fuoco e i raggi che passano per il fuoco
vengonoriflessiparallelamenteall’asseottico.
Nelcasodellospecchioconcavol’immaginechesiformapuòesserereale(ricavatadairaggiriflessie
non dai loro prolungamenti) o virtuale, rimpicciolita o ingrandita, diritta o capovolta, a seconda della
posizionedell’oggettorispettoaipunticaratteristicidellospecchio:
•sel’oggettositrovafrailcentroCel’infinito,l’immaginesaràreale,capovoltaerimpicciolita;
•sel’oggettositrovafraCeF,l’immaginesaràreale,capovoltaeingrandita;
• se l’oggetto si trova a una distanza dallo specchio minore di F, l’immagine sarà virtuale, diritta e
ingrandita.
Selospecchioconcavoègrande,iraggiriflessidairaggiparalleliall’asseotticopiùlontanidall’asse
stesso passano per un punto che non coincide con il fuoco, ma gli è solo vicino: di conseguenza
l’immagine di una sorgente puntiforme è un disco, anziché un punto. Questo fenomeno è detto
aberrazione sferica. Per avere specchi senza aberrazione sferica, per esempio per i grandi telescopi,
dove si ha necessità di far convergere la luce delle stelle nel fuoco dello specchio, si costruiscono
specchiparabolici,ellitticioiperbolici,chenonpresentanoquestofenomeno.
L’immaginesuunospecchioconvesso,costruitaprolungandooltrelospecchioiraggiriflessi,èsempre
virtuale,rimpicciolitaediritta.
Nellafigura23.5sonoillustratiivaricasidiriflessionesuspecchisferici.
Figura23.5 Riflessione su uno specchio concavo: in 1 l’immagine A’B’ dell’oggetto AB è reale, capovolta e rimpicciolita; in 2 è
reale,capovoltaeingrandita;in3l’immagineèvirtuale,dirittaeingrandita.In4riflessionesuunospecchioconvesso:l’immagineè
semprevirtuale.
•Lariflessionetotale
Angololimite
Lefibreottiche
Quando,nelpassaggiodaunmezzopiùdensoaunomenodenso(peresempiodalvetroall’aria),la
luce raggiunge la superficie di separazione con un angolo di incidenza superiore a un valore
(caratteristicodiognisostanza)dettoangololimite,siverificailfenomenodellariflessionetotale, nel
qualeilraggiovienecompletamenteriflessoenonvièrifrazione.Nelpassaredaunmezzoall’altro,
la luce si allontana dalla perpendicolare alla superficie di separazione, quindi l’angolo di rifrazione è
superioreall’angolodiincidenza:sel’angolodiincidenzaèsuperiorealvalorelimite,ilraggiononesce
dalprimomezzomateriale,mavieneriflessoall’internodellostessomezzo.Perangoliesattamentepari
all’angolo limite, l’angolo di rifrazione sarà di 90˚, parallelo alla superficie di separazione. L’angolo
limiteperilvetroèdicirca42˚.Questopermettediutilizzaredeiprismiconangolidi45˚-45˚-90˚per
ottenerelariflessionetotaledellaluceanzichéutilizzaredeglispecchi,peresempioneiperiscopi.Sulla
riflessione totale si basa anche l’impiego delle fibre ottiche, sottili fili di vetro che fungono da guide
d’onda per la luce, che vengono usate per la trasmissione a distanza di informazioni codificate sotto
formadisegnaliluminosi.
•Dispersionedellaluceattraversounprisma
Ilprismascomponelalucebiancaneicoloridellospettro
L’arcobaleno
Spettricontinuiespettriarighe
Facendopassareunfasciodilucebianca(peresempiolalucesolare)attraversounprismadivetrodi
formatriangolare,all’uscitadelprismalaluce, raccolta su uno schermo, risulta scomposta nei colori
fondamentalidellospettroluminoso(v.fig.23.6).Questofenomeno,dettodispersionedellaluce,viene
spiegatoattraversolarifrazione.Lavelocitàdellaluceinunmezzomaterialecomeilvetrorisultainfatti
leggermentediversaasecondadellasualunghezzad’onda.Poichéadifferentilunghezzed’ondalaluce
presentadiversicolori,el’indicedirifrazionedipendedallavelocitàdellalucenelmezzo,all’uscitadel
prismailraggiodiluceavràangolidirifrazioneleggermentediversiasecondadelcolore:minoreèla
lunghezzad’onda,maggioreèl’angolodirifrazione.
Questo fenomeno fu studiato per la prima volta da I. Newton nel 1666. Noto soprattutto per le sue
scoperte nel campo della meccanica, ma grande studioso di ottica, Newton dimostrò con questo
esperimentochelalucebiancaèinrealtàformatadatuttiicolori,secondounospettrochevadal
rossoalvioletto(v.riquadroinbasso).Asostegnodiquestaasserzione,Newtonfecepassareunraggio
dilucecolorata,ottenutadallascomposizione,inunsecondoprisma:inquestocasolalucenonsubiva
ulteriorescomposizione.Lascomposizionedellaluceèunfenomenoreversibile:seilventagliodiluce
colorata viene fatto passare attraverso un secondo prisma, capovolto rispetto al primo, la luce bianca
riappare,perchéilsecondoprismainvertelasituazionestabilitasiconilprimo.Lascomposizionedella
luce nei colori dello spettro è all’origine del fenomeno dell’arcobaleno: passando attraverso le
goccioline d’acqua presenti nell’atmosfera e attraverso quelle di pioggia, che fungono da minuscoli
prismi,lalucedelSolesiscomponeneicoloridellospettroeformal’arcocoloratonelcielo.
Figura23.6 Diffusione della luce bianca attraverso un prisma di vetro: l’angolo di rifrazione della luce rossa rR è leggermente
maggiorediquellodellaluceviolettarVelaluceproiettatasuunoschermovienescompostanellospettrodeicolori.
Ingenere,lospettroformatodallalucebiancaprovenientedalSoleèunospettrocontinuo,nelsensoche
appare come una striscia continua composta dai vari colori. Anche la luce di una lampadina a
incandescenzaproduceunospettrocontinuo.Lesostanzegassosefortementeriscaldateproduconoinvece
uno spettro di emissione a righe, tipico della sostanza, caratterizzato da una successione di righe
colorate,separatetraloro,sufondoscuro.Attraversol’analisideltipodispettroprodottodaunacerta
sostanza, portata per riscaldamento allo stato gassoso, è possibile risalire alla composizione chimica
dellasostanza:lospettrodiemissionefungedafirmaperciascunelemento.
ICOLORIDEGLIOGGETTI
Ilcolorediuncorpoilluminatoèdovutoalfattochequandolalucebiancaincidesuundeterminatooggetto,unasuapartevieneassorbita
dalla sua superficie, mentre un’altra parte (quella che vediamo) viene riflessa. Nella luce riflessa percepiamo solo il colore generato da
questa componente (o da una sua somma). Se si illumina con la luce solare un uovo, l’albume appare bianco perché riflette tutte le
componenti della luce bianca, mentre il tuorlo appare rosso perché riflette solo il rosso. Se si illumina l’uovo con una luce rossa non si
distinguepiùiltuorlodall’albume,perchéentrambiriflettonosololalucerossaincidente.Unoggettoappareneroquandoassorbetuttala
luceincidenteenonneriflettenemmenounaparte.
23.3Lelentieglistrumentiottici
Lelentisfruttanolarifrazionedellaluce
Lentisferiche:convergentiedivergenti
Glielementicaratteristicidellelenti
Lediottrie
Le lenti, elementi base di strumenti ottici quali il microscopio e il cannocchiale, o di strumenti atti a
potenziarelecapacitàvisivedell’organodellavista,l’occhio,sonocostituitedamaterialitrasparenti
(vetrooplastica)edelimitatedasuperficisfericheingradodirifrangerelaluce.
Se negli specchi le immagini si costruiscono con le leggi della riflessione, nelle lenti si costruiscono
sfruttandoleleggidellarifrazione.Iraggiluminosi,passandoattraversolesuperficichecostituisconole
lenti, vengono rifratti e danno luogo a immagini reali o virtuali, ingrandite o rimpicciolite, diritte o
capovolteasecondadeltipodilenteedelladistanzatralalenteel’oggetto.
Sebbene le lenti possano essere delle forme più disparate, in genere si considerano le lenti sferiche,
distinte in lenti convergenti e lenti divergenti. Le lenti convergenti sono più spesse al centro che ai
bordi,percuiiraggiluminosichevipassanoattraversoconvergonoinunpunto;lelentidivergentisono
piùspesseaibordichealcentroeiraggiluminosichevipassanoattraversodivergonopereffettodella
rifrazione.
Glielementicaratteristicidiunalentesonoiseguenti(v.fig.23.7):
•l’asseottico,chepassaperilcentrodellasferadacuilalenteèricavata;
•iverticiVeV’,ipuntiincuil’asseotticoincontralesuperficidellalente;
•ilcentrootticoO,ilcentrodellalente,talepercuiiraggichepassanoperquestopuntononvengono
deviati;
• i fuochi F e F’, i punti (due per ogni lente) verso cui si concentrano i fasci di luce nelle lenti
convergentieiloroprolungamentiinquelledivergenti.
Figura23.7GlielementidiunalentesonoilcentrootticoO,icentriCeC’dellesferecheformanolelenti,iraggidicurvaturaRe
R’,iverticiVeV’incuil’asseotticoincontralesuperficidellalente,ifuochiFeF’eledistanzefocalifef’.
Viene detta distanza focale, f, di una lente la distanza tra ciascun fuoco; il suo inverso è detto potere
diottricoesiesprimeindiottrie.
Seladistanzafocaleèespressainmetri,unalentecondistanzafocaleugualeperesempioa0,8mhaun
poterediottricodi1,25diottrie.
Sefèladistanzafocalediunalenteepèladistanzadell’oggettodalcentrodellalente,sipuòmisurare
ladistanzaqallaqualesiformal’immaginedell’oggettoattraversolarelazione:
1 1 1
+ =
p q f
dettaformuladellelentisottili.Perlelentidivergentiladistanzafocalehavalorenegativo.
Nello studio delle lenti in genere si ammette che il loro spessore sia trascurabile rispetto al raggio di
curvatura delle loro due superfici: questa condizione viene detta approssimazione delle lenti sottili,
necessariaperchéifuochisianopuntiformi.
•Laformazionedelleimmagininellelenti
Leregoleperlacostruzionedelleimmaginiattraversolelenti
Lentidivergenti
Per costruire le immagini attraverso una lente si utilizzano leggi analoghe a quelle che si usano per la
costruzionedelleimmaginiriflessedaunospecchio.Inparticolare,siconsideranoduetipidiraggi,che
partono dal punto oggetto e passano attraverso la lente, venendo rifratti: il raggio parallelo all’asse
ottico, che una volta rifratto converge nel fuoco delle lente, e il raggio passante per il centro della
lente,chenonsubiscedeviazioni.
Seponiamounasorgenteluminosadavantiaunalenteconvergenteeraccogliamol’immagineprodotta
al di là della lente su uno schermo, l’immagine sarà reale o virtuale, diritta o capovolta, ingrandita o
rimpicciolitaasecondadellaposizionedell’oggettorispettoaipunticaratteristicidellalente.
Sel’oggettovienepostoaunadistanzadallalenteconvergentesuperioreaduevolteladistanzafocale
f,l’immagineprodottaoltrelalentesaràreale,capovoltaerimpicciolita.
Se l’oggetto si trova a una distanza inferiore al doppio della distanza focale, ma oltre il fuoco,
l’immaginerisultantesulloschermosaràreale,capovoltaeingrandita.
Seinfinel’oggettositrovafralalenteeilfuoco,l’immaginesaràvirtuale,dirittaeingrandita(v.fig.
23.8).
Le lenti sferiche divergenti danno sempre immagini virtuali, poiché l’immagine è data sempre dal
prolungamentodeiraggirifratti,esemprediritte,qualunquesialadistanzadell’oggettodallalente.
Figura23.8Composizionedelleimmaginiinlenticonvergentiedivergenti.Conunalenteconvergente,sel’oggettoABvienepostoa
unadistanzadallalentesuperioreaduevolteladistanzafocale(1),l’immagineA’B’prodottaoltrelalentesaràreale,capovoltae
rimpicciolita. Se l’oggetto si trova a una distanza inferiore al doppio della distanza focale, ma oltre il fuoco, l’immagine risultante
sulloschermo(2)saràreale,capovoltaeingrandita.Seinfinel’oggettositrovatralalenteeilfuoco(3)l’immaginesaràvirtuale,
dirittaeingrandita.Lelentisferichedivergentidannoimmaginivirtualiediritte,qualunquesialadistanzadell’oggetto(4).
•L’aberrazionecromatica
Poichéibordidellelentisicomportanocomeunprisma,nell’attraversareunalenteidiversicoloriche
compongonolalucebiancapossonovenirerifrattisecondoangolidirifrazionediversi,dandoluogoa
un’immaginecircondatadaunalonecolorato.Questofenomenoèdettoaberrazionecromatica e viene
eliminatoutilizzandounacoppiadilentichedisperdonolaluceinmododacompensarsireciprocamente.
Ingeneresiusanoaccoppiamentidilenticoncaveeconvesseconindicidirifrazionedifferenti,inmodo
che l’effetto prodotto da una delle due lenti venga annullato da quello prodotto dalla seconda. Le lenti
cosìaccoppiate,dettelentiacromatiche,sonoutilizzatenellamaggiorpartedeglistrumentiottici.
•L’occhioeidifettidellavista
Strutturadell’occhio
Miopia
Ipermetropia
L’occhioèl’organodeputatoallafunzionevisiva(v.fig.23.9).Èunorganodiformaquasisferica(bulbo
oculare)circondatodatrerivestimenti:lasclera,opacaefibrosa,chesuldavantidell’occhiovienedetta
cornea,trasparente;lacoroide,chesuldavantidivental’insiemedicorpociliareeirideechepresenta
l’orifiziodellapupilla,einfinelaretina,nervosa,dicuifannoparteirecettoridetticoniebastoncelli,i
primi sensibili ai colori e alla visione diurna, i secondi deputati alla visione in scarse condizioni di
illuminazione. La retina è collegata mediante il nervo ottico ai corrispondenti centri della corteccia
cerebrale. Nella cavità interna dell’occhio si trovano i mezzi di rifrazione, costituiti da umore acqueo,
cristallinoecorpovitreo.Ilcristallinoèlalentedell’occhio,aformadilentebiconvessa,situatatrala
cameraanterioreeilcorpovitreo,unamassagelatinosacheriempietuttolospaziofrailcristallinoela
retina.
Figura23.9Sezionedell’occhioumanocontuttelesueparti.
Nellavisionenormale,iraggiluminosi,passandoattraversoilcristallinoelacornea,sifocalizzanosulla
retina.Ilcristallinopuòveniremodificatodaimuscolidell’occhioperpermetterelavisionedioggettia
differenti distanze. Nei principali difetti della vista (v. fig. 23.10), correggibili con l’uso di lenti, la
focalizzazionedelleimmaginiavvienedavantiallaretina(miopia,visionedalontanooffuscata)odietro
laretina(ipermetropia,visionedavicinooffuscata).Lamiopia,incuiilbulboocularerisultaallungato
rispettoalnormale,sicorreggeconl’usodilentisferichedivergenti,grazieallequaliiraggiluminosi
divergonoprimadiarrivareall’occhio,allungandocosìillorotragittofinoallaretina.
Se l’immagine invece si forma oltre la retina, nel caso dell’ipermetropia, dovuta a un bulbo oculare
accorciato,siusanolentisfericheconvergenti,inmodocheiraggiluminosiconvergano,accorciandoil
lorocamminoversolaretina.
Figura23.10Idifettidellavista:nelcasodellamiopia(A)l’immaginesiformadavantiallaretinaelacorrezioneavvieneutilizzando
lentidivergenti;nell’ipermetropia(B)l’immaginesiformaoltrelaretinaelacorrezioneavvieneconlenticonvergenti.
•Glistrumentiottici
Ilcannocchialeastronomico
Ilcannocchialeterrestre
Ilmicroscopio
Unostrumentootticosicomponediunasuccessionedilentichepermettonodiingrandireorimpicciolire
un oggetto la cui visione a occhio nudo sarebbe impossibile. Sono strumenti ottici per esempio gli
occhiali, che permettono una visione più nitida degli oggetti, il cannocchiale, per l’osservazione di
oggettilontani,eilmicroscopio,chehalafunzionediingrandireoggettimoltopiccoli.
Traicannocchialisidistinguonoilcannocchialeastronomicoeilcannocchialeterrestre.
Loscopoprincipaledelcannocchialeastronomicononèquellodiingrandireglioggetti celesti (che
solitamentesonotroppolontanierimarrebberopuntifomiancheseingranditi),maquellodiraccogliereil
maggiornumeropossibilediraggiluminosiediavereunangolovisualemaggiore. Un cannocchiale
astronomicosempliceècostituitodauntuboaicuiestremisonoposteduelenticonvergenti:
•laprimalente,dettaobiettivo,formaunaprimaimmaginerimpicciolitadell’oggettodaosservare;
•lasecondalente,dettaoculare,servepervederel’immagineformatadall’obiettivo.
Se l’oggetto da osservare è molto lontano, i raggi da esso provenienti possono essere considerati
paralleli: l’obiettivo forma dunque un’immagine dell’oggetto reale, rimpicciolita e capovolta.
Regolando la lunghezza del cannocchiale si fa in modo che tale immagine si formi tra il fuoco
dell’oculareel’ocularestesso,cosìchel’ocularetrasmettaunasecondaimmagineingrandita,chearriva
all’osservatore. L’inconveniente del cannocchiale astronomico è che l’immagine dell’oggetto da
osservarerisultacapovoltae,sequestononhagrandeimportanzanell’osservazionedeglioggetticelesti,
èinvececrucialeperl’osservazionedioggettiterrestri.
In un cannocchiale terrestre viene posta tra obiettivo e oculare una serie di prismi (o di lenti), che
hanno lo scopo di raddrizzare l’immagine. Il cannocchiale, che serve a ingrandire immagini lontane,
differiscedaltelescopio, il cui scopo tuttavia è sempre l’osservazione di oggetti molto lontani, perché
quest’ultimo al posto dell’obiettivo dispone di uno specchio concavo riflettente, che forma l’immagine
dell’oggetto.
Ilmicroscopioserveaingrandireoggettimoltopiccolie,nellasuaformapiùsemplice,ècostituitoda
unsistemadiduelenticonvergenti,unobiettivoeunoculare:l’oggettodaosservaresitrovaappenadopo
ilfuocodell’obiettivoelasuaimmagineèdunqueingranditaecapovolta.L’oculare,postoinmodochela
primaimmaginesitroviprimadelsuofuoco,trasformaquestaimmagineinunasecondaimmagine,questa
voltavirtuale,dirittarispettoallaprimaeulteriormenteingrandita.Unmicroscopiootticopuòingrandire
gli oggetti fino a qualche migliaio di volte e può venire impiegato per l’osservazione di oggetti delle
dimensioni di un milionesimo di millimetro (come, per esempio, i batteri) senza perdere in nitidezza.
Oltretalilimiti(perl’osservazioneperesempiodegliatomi),occorreusaretecnichediversedaquelle
ottiche(microscopioelettronico).
23.4Ladiffrazioneel’interferenza
Ladiffrazionedellaluce
L’interferenza
I fenomeni della diffrazione e dell’interferenza della luce si possono spiegare solo ammettendo che la
luceviaggisottoformadionde(otticaondulatoria).
Ilfenomenodelladiffrazioneavvienequandoun’ondaincontraunostacolodidimensioniparagonabili
alla sua lunghezza d’onda e invade in parte la zona che dovrebbe essere “in ombra”. Nel caso delle
ondesonore,peresempio,èpossibileudireunavoceanchesechiparlasitrovaaldilàdiunaporta,
perchél’ondasonoraaggirainpartel’ostacolo.Nelcasodellaluceilfenomenodelladiffrazioneavviene
solosel’ostacolohadimensionimoltopiccole,qualisonoquelledellasualunghezzad’onda,(10–7 m),
nonvisibilidall’occhioumano.Èperciòdifficileosservarneglieffetti,perchélasualunghezzad’ondaè
molto piccola rispetto alla dimensione degli oggetti di uso comune (di fatto, nella nostra esperienza
quotidiana,quandolaluceincontraunostacoloproducedietrodiessoun’ombradaicontorninetti).Per
osservare il fenomeno della diffrazione si illumina con luce monocromatica un oggetto di piccole
dimensioniesiproiettalasuaombrasuunoschermo.Osservandoattentamentel’ombra,sivedecheessa
nonècompletamentebuia,mapresentadellezonechiareescureincorrispondenzadelbordo.L’ostacolo
sicomportacomeunasorgentediondecircolari.
Unesperimentoanalogosipuòfareutilizzandounafendituraalpostodell’ostacolo:lamacchiadiluce
corrispondente alla fenditura risulta contornata da una serie di zone chiare e scure, invece di essere
concentrata su un’unica zona. La diffrazione su una doppia fenditura, o su una serie di fenditure, e la
successiva interferenza delle onde diffratte, produce frange alternate di buio e di luce, dette figure di
interferenza,prodottedall’interferenzacostruttivaedistruttivadelleondechevengono“generate”dalle
fenditure.Lefrangeluminosesonoprodottedall’interferenzacostruttiva(leondesisovrappongonoin
fase dando luogo a un’onda di ampiezza maggiore), mentre le zone di buio sono determinate
dall’interferenzadistruttiva(leondesisovrappongonoinopposizionedifasedandoluogoaun’ondadi
ampiezzanulla).
23.5L’effettoDopplerelospostamentoversoilrosso
Unindiziochel’Universoèinespansione
Ilfenomenodello“redshift”
Nel caso della radiazione luminosa, l’effetto Doppler, che si verifica quando la sorgente della
radiazione e l’osservatore sono in moto relativo l’uno rispetto all’altra, provoca variazioni di colore:
all’aumento della frequenza associato all’avvicinamento tra sorgente e osservatore corrisponde uno
spostamento della radiazione verso l’estremità violetta dello spettro; alla diminuzione della frequenza
associataall’allontanamentorelativocorrispondeunospostamentoversoilrosso.
Su questo fenomeno si basano le teorie astronomiche secondo cui il nostro Universo non sarebbe
stazionario,maincontinuaespansione:lerighespettralidellaluceprovenientedallestelleedallealtre
galassie appaiono tutte spostate verso l’estremità rossa dello spettro, rispetto alle corrispondenti righe
spettrali della luce proveniente da sorgenti situate sulla Terra. Lo spostamento verso frequenze minori
viene chiamato con il termine inglese di redshift (letteralmente spostamento verso il rosso) e sta a
indicarechelesorgentidiluceprovenientidaaltregalassiesistannoallontanandodallanostra. Lo
spostamento verso il rosso delle galassie lontane è tanto maggiore quanto maggiore risulta la distanza
dellagalassiadallaTerrae,inbaseall’entitàditalespostamento,sipuòcalcolarelavelocitàconcuiuna
galassia o una stella si allontanano dalla Terra. L’allontanamento delle galassie dalla Terra può dare
l’impressionechelaTerrasitrovialcentrodell’Universo,mainrealtà,sesipensaall’Universocomea
unasuperficiesfericachesidilata,comeunpalloncinochevienegonfiato,tuttiipuntidellasuperficiesi
allontanano gli uni dagli altri. Se l’Universo è in continua espansione, in passato doveva possedere
dimensioni inferiori alle attuali e, al suo stato iniziale, aver posseduto una dimensione estremamente
compressa,dovetuttalamateriapresenteattualmentepossedevaunadensitàmoltoelevata:questeipotesi
stannoallabasedellateoriadelBigBang,secondocuil’Universosisarebbeformatoperesplosionedi
questamassaestremamentedensa.
GLOSSARIO
Aberrazionecromatica
Fenomenopercui,nell’attraversareunalente,idiversicolorichecompongonolalucebiancapossonodareluogoaun’immaginecircondata
daunalonecoloratoacausadellarifrazione.
Aberrazionesferica
Fenomeno che si presenta negli specchi sferici concavi quando la superficie riflettente è troppo grande e tale per cui i raggi paralleli
all’asseotticochepassanopiùlontanidall’assestessopassanoperunpuntodellospecchiochenonèesattamentecoincidenteconilfuoco,
maglièsolovicino:inseguitoaquestofenomeno,l’immaginediunasorgentepuntiformediventaundisco,anzichéunpunto.
Cannocchiale
Strumentootticoperl’osservazionedioggettilontani.Uncannocchialeastronomicoècostituitodauntubocontenenteduelenticonvergenti,
chefornisconoun’immaginedell’oggettoingranditamacapovolta.Uncannocchialeterrestrecontieneunaseriediprismipostitraledue
lenti,cheraddrizzanol’immagine.
Colore
Ciascunodeidiversiintervallidilunghezzad’ondadellaradiazionevisibile.
Corpoluminoso
Sorgentediluce.Uncorpoilluminato,invece,èvisibilegraziealfattocheriflettelaluceemessadauncorpoluminosoeladiffondeintutte
ledirezioni.
Immaginevirtuale
Apparenzaotticaprodottadaunoggetto,costruitaprolungandoiraggiriflessidaunospecchio,orifrattidaunalente,cheapparecomeuna
sorgentediraggiluminosi.
Intensitàdiilluminazione
È definita come l’energia che colpisce un’unità di una superficie nell’unità di tempo e si misura in lux (simbolo lx), definito come
l’illuminazione prodotta da una sorgente luminosa di intensità pari a una candela su una superficie perpendicolare alla direzione dei raggi
luminosi,postaalladistanzadiunmetro.
Intensitàluminosa
Èdefinitacomelaquantitàdienergiaemessadaunasorgentenell’unitàditempoeintutteledirezioni.Lasuaunitàdimisuraèlacandela
(simbolo cd), definita come l’intensità luminosa di una lampada campione depositata all’Archivio Pesi e Misure, pari a 1/60 dell’intensità
luminosaemessadauncentimetroquadrodiuncorpoportatoallatemperaturadifusionedelplatinoeapressionestandard.
Ipermetropia
Difettodellavistapercuil’immaginesifocalizzaoltrelaretina,correggibileconlentisfericheconvergenti.
Lente
Sistema ottico generalmente costituito da superfici ricurve (o sferiche) di materiale trasparente alla luce, che consente di formare
un’immaginevirtualeorealediunoggetto.Unalentepuòessereconvergenteodivergenteasecondadellaformadellesuesuperfici.
Microscopio
Strumentootticochepermettediingrandireoggettipiccoli,costituitodaduelenticonvergenticoassiali.
Miopia
Difettodellavistapercuil’immaginesiformadavantiallaretina,correggibileconlentisferichedivergenti.
Occhio
Organodeputatoallafunzionevisiva,diformaquasisferica,icuielementipiùimportantidalpuntodivistadellavisionesonolaretina,dove
sifocalizzanoleimmagini,eilcristallino,chefungedalente.
Ottica
Ramo della fisica che studia l’emissione, la propagazione e la rivelazione della luce; si distinguono due indirizzi fondamentali, l’ottica
geometricael’otticaondulatoria,cheincludel’otticaelettromagnetica.
Prisma
Poliedrodimaterialetrasparente,generalmentedivetro,attraversoilqualesiverificailfenomenodelladiffusionedellalucebiancanello
spettrodeicolorifondamentali.
Riflessionetotale
Fenomeno per cui quando un raggio luminoso passa da un mezzo più denso a un mezzo meno denso, e raggiunge la superficie di
separazionetraiduemezziconunangolodiincidenzasuperioreaunvaloredettoangololimite,l’ondavienecompletamenteriflessaenon
vièrifrazione.
Specchio
Superficieperfettamenteriflettente.Unospecchiopuòesserepianoosferico,asecondadellaformadellasuasuperficie.Asuavolta,uno
specchiosfericopuòessereconcavooconvessoasecondachelaradiazionelocolpiscasullatoconcavoosullatoconvesso.
TESTDIVERIFICA
1. Chedifferenzac’ètrauncorpoluminosoeuncorpoilluminato?
2. Qualispecchiformanoimmaginivirtualidiritte?
3. Inchecosadifferisceun’immaginerealedaun’immaginevirtuale?
4. Qualisonoiprincipalidifettivisividell’occhioecomevengonocorretti?
5. Sel’immaginediunoggettochesitrovaaunadistanzadi70cmdalcentrodiunalenteconcavasiformaa30cm,qual
èladistanzafocaledellalente?
6. Perosservareunarcobalenoneltardopomeriggio,inqualedirezioneoccorreguardare?
LAFISICAMODERNA
24LAMECCANICAQUANTISTICAEL’ATOMO
AgliinizidelXXsecololostudiodellastrutturadell’atomoedeisuoicomponentihasegnatoperlafisicaunpuntodisvoltacheha
costretto la scienza a capovolgere gran parte delle certezze sulle quali si basavano le discipline fisiche classiche. Da un lato, la
scoperta del quanto di luce, elemento fondamentale per la formulazione della prima meccanica quantistica, riporta in vita la
discussionesullanaturadellalucee,dall’altro,laconcezioneondulatoriadellamateriacostringegliscienziatiatrattareradiazione
emateriaallostessomodoattraversounmodelloduale,ammettendocheentrambepresentinocomportamentiondulatorioparticellari
asecondadell’esperimentocondotto.Conlameccanicaquantistica,einparticolareconilprincipiodiindeterminazione,secondoil
qualeèimpossibilemisurarecontemporaneamenteconprecisioneduegrandezzediunaparticella,risultaevidentel’impossibilitàdi
scindereilcomportamentodellamateriadall’osservazionedellastessaeleduecosevengonostrettamentecorrelate.L’interpretazione
probabilisticadelletraiettoriedelleparticelleatomichespazzainfinelastradadairesiduidideterminismo,introducendoelementidi
incertezzanelleequazionidelmotocheriguardanoisistemimicroscopici.
24.1Versolameccanicaquantistica
Lateoriadeiquanti
L’energiapuòassumeresolovalorimultiplidel“quanto”
Lameccanicaquantisticaèlapartedellafisicachestudiaisistemiatomiciesubatomici (molecole,
atomi,nuclei,particelleecc.),lecuidimensionisonodell’ordinedi10–10moinferiorieperiqualinon
valgonoleleggidellameccanicaclassica,ingradodidescrivereilmotodisistemimacroscopici.
Lameccanicaquantisticapreseilviadallecontraddizioniravvisatenelcomportamentodialcunisistemi
fisici, comportamento che non poteva essere spiegato secondo le leggi della fisica classica. La
formulazionematematicadellameccanicaquantisticavennecompiutadopoil1925peroperadelfisico
tedescoW.Heisenberg(1901-1976)edell’austriacoE.Schrödinger(1887-1961),mafuprecedutadauna
teoriaprovvisoria(lateoriadeiquanti)formulatanel1900dalfisicotedescoM.Planck(1858-1947).
Planck,neltentativodispiegarelaradiazioneemessadauncorpoperfettamenteassorbente,detto“corpo
nero”, introdusse il concetto di quantizzazione dell’energia della radiazione elettromagnetica, per cui
l’energiapuòassumeresolovalorimultipliinteridiunvalorefondamentale,dettoquanto.Lostesso
Plancknonconsideravadefinitival’introduzionedelquantodienergia,maloritenevaunmeroartificiodi
calcoloperricavarelacurvachedescrivel’emissionedeicorpicaldi;quandoperòquestorisultòutile
perspiegarefenomeninondescrivibilialtrimenti,lateoriadeiquantivenneaccettataecostituìlabase
concettualesullaqualesisviluppòl’edificiodellameccanicaquantistica.
L’avventodellateoriadeiquantielameccanicaquantisticacheneseguìrappresentanounodiqueicasiin
cuiinfisicaunavecchiateoria(cheinquestocasoèrappresentatadall’interoimpiantodellameccanica
classica e dell’elettromagnetismo) non viene abbandonata, ma rimpiazzata da una nuova teoria soltanto
peralcunicasi(isistemididimensionimicroscopiche).Ilmotodeicorpimacroscopicicontinuaadavere
una corretta interpretazione nella meccanica classica, ma per il moto delle particelle di dimensioni
atomiche e subatomiche bisogna ricorrere alla meccanica quantistica. Anche la radiazione
elettromagnetica, che risulta per molti suoi comportamenti perfettamente spiegabile attraverso le leggi
dell’elettromagnetismoclassico,haindeterminaticasiuncomportamentoquantistico.
•Proprietàcorpuscolaridellaradiazioneelettromagnetica
Icorpicaldiemettonoradiazioneelettromagnetica
Ilcorponero
LeggediStefan-Boltzmann
LacostantediPlanck
L’energiadellaradiazionedicorponeroassumesolovaloridiscreti
L’effettofotoelettrico
Laluceviaggiasottoformadiquanti,ifotoni
L’energiainfunzionedellalunghezzad’onda
Ifotonipossonoessereconsideraticorpuscolari
Naturaondulatoriaeparticellaredellaluce
Ildualismoonda-particella
Uncorpocaldoemetteradiazioneelettromagnetica,lacuifrequenzavariasecondolatemperatura.
Anche i corpi a temperatura ambiente emettono radiazione elettromagnetica, sotto forma di radiazione
infrarossa (calore); all’aumentare della temperatura del corpo, aumenta la frequenza della radiazione
emessaesipassadall’infrarossoalvisibileeall’ultravioletto.Perstudiarelospettrodiemissionediun
corpo caldo si fa uso in fisica di un modello, rappresentato da un corpo emissivo ideale, detto corpo
nero,cheassorbetuttalaradiazionechericeveediconseguenzaemetteradiazionedituttelelunghezze
d’onda.Persimularesperimentalmenteuncorponero,siricorreingenereauncorpocavochecomunichi
conl’esternoattraversounpiccoloforo.Quandolaradiazioneincidesullacavità,lapartediradiazione
cheentranelfororimaneintrappolata,subisceinnumerevoliriflessionievienecompletamenteassorbita:
ilforoquindisipuòconsiderareconbuonaapprossimazioneuncorponero.
Laquantitàtotaledienergiaemessadalcorponeroèdirettamenteproporzionaleallaquartapotenzadella
temperatura(leggediStefan-Boltzmann),mentrelacurvacherappresental’intensitàdell’emissionein
funzione della frequenza (lo spettro) presenta un massimo di emissione in corrispondenza di una
frequenzacaratteristica,chevariaasecondadellatemperatura(v.fig.24.1).Lospettrodiemissionedi
un corpo nero è indipendente dal materiale di cui è costituita la cavità e dipende solo dalla sua
temperatura, ma la forma della curva non è spiegabile attraverso le leggi della fisica classica che
descrivonolaradiazioneelettromagnetica.
Figura24.1Lospettrodiradiazionedelcorponero.Lecurvecorrispondonoadiversivaloridellatemperaturaassoluta,infunzione
dellalunghezzad’ondadellaradiazioneemessa.
Nel 1900 M. Planck trovò la legge che descrive la curva di questo spettro (v. riquadro a p. 278),
introducendo però un’ipotesi del tutto nuova, ovvero che gli scambi energetici tra la radiazione
elettromagneticaelamateriapossonoavveniresolopermultipliinteridiunaquantitàelementare:
E=hν
(1)
doveνèlafrequenzadellaradiazioneehunacostantediproporzionalità,dettacostantediPlanck,che
vale6,626.10–34Js.
L’energia,dunque,nonassumevaloricontinui,madiscreti,multiplidiunaquantitàchePlanckchiamò
quanto:l’energiadiciascunquanto,inbasealla(1),èdirettamenteproporzionaleallafrequenzadella
radiazione(equindiinversamenteproporzionaleallasualunghezzad’onda).
Laprimaconfermadell’esistenzadeiquantivennedatapochiannipiùtardidaA.Einstein(1879-1955),
chenel1905proposeun’interpretazioneperunaltrofenomenochenontrovavaspiegazionesecondole
leggidellafisicaclassica,l’effettofotoelettrico(sucuisibasanolecellulefotoelettricheoggilargamente
usate).
L’effetto fotoelettrico consiste nell’emissione di elettroni da parte di una sostanza colpita da
radiazioneluminosa.Ilfenomenosipuòverificareattraversounapparatostrumentalecostituitodadue
laminemetallicheseparatetraloroecollegatedauncircuitoelettrico,posteall’internodiun’ampolladi
vetro in cui sia stato fatto il vuoto. Se una delle due lamine viene investita da radiazione luminosa di
determinate lunghezze d’onda, nel circuito si produce corrente: ciò significa che la lamina emette
elettroni, i quali, colpendo la seconda lamina, chiudono il circuito. L’intensità della corrente (quindi il
numerodeglielettroniemessi)dipendedall’intensitàdellaradiazioneluminosa,maesisteunafrequenza
minima (detta frequenza di soglia) al di sotto della quale non si verifica alcuna emissione,
indipendentementedall’intensitàdellaluceincidente.Perspiegarequestasecondacaratteristica,chenon
trova riscontri nella teoria classica della radiazione luminosa, Einstein propose che la luce viaggiasse
sottoformadi“pacchettidiscreti”dienergia,iquanti,ofotoni(comevennerochiamatiinseguito),lacui
energia è proporzionale alla frequenza secondo la relazione (1) stabilita da Planck. Soltanto quando
l’energiadiunsingolofotoneèugualeomaggioreall’energiachetienelegatol’elettroneall’atomo
delmetallo,questovieneemesso.Ilnumerodielettroniemessidipendedunquedallaquantitàdeifotoni
incidentiinpossessodell’energiasufficiente(l’intensitàdellaradiazione)edallalorofrequenza.
L’energiaEdiunquantodiluce,ricordandochelafrequenzaνelalunghezzad’ondaλdellaradiazione
elettromagneticasonolegatedallarelazione
c
ν=
λ
èdatada:
c
E=h
λ
dovehèlacostantediPlanckecèlavelocitàdellaluce.
Unaspettoimportanteconnessoalfenomenodell’effettofotoelettricoèchel’interazionetraifotoniegli
elettronidegliatomideveavveniresecondoilmodellodegliurtitraparticelle:daquestopuntodivista,i
fotonisipossonoconsiderareallastreguadicorpuscoli.
Dopo una lunga serie di interpretazioni diverse sulla sua natura (v. a p. 254), la luce (e in generale la
radiazione elettromagnetica) torna a essere considerata come un fascio composto di particelle
(concezionechericordalateoriacorpuscolaredellaluceformulatadaNewton).Inrealtà,laconcezione
ondulatoriadellalucenonvieneaffattoabbandonataaseguitodiquestanuovainterpretazione,masi
ammettechelaluceposseggaunadoppianatura,ondulatoriaeparticellare(ocorpuscolare),echene
rivelil’unaol’altraasecondadeltipodiesperimentoeffettuato.Lameccanicaquantisticahaindicato
inoltre che questa doppia natura non è propria solo delle onde elettromagnetiche, ma anche delle
particelleelementari,qualiperesempiol’elettrone,ilprotoneeilneutrone,chemostranoindeterminate
condizioniuncomportamentotipicamenteondulatorio.Questoconcettovienericordatoconl’espressione
dualismoonda-particella.
LALEGGEDELCORPONERO
Lospettrodiemissionedelcorponero(v.fig.24.1ap.276)èrappresentatodaunacurvacheesprimeilpotereemissivoinfunzionedella
lunghezzad’ondadellaradiazioneemessa:aognivaloreditemperaturadelcorponerocorrispondeunadiversacurvadellospettro.Prima
che Planck elaborasse la teoria dei quanti, lo studio dell’emissione di un corpo nero aveva condotto alla formulazione di leggi ricavate
empiricamente:laleggediStefan-BoltzmannelaleggediWien.
La legge di Stefan-Boltzmann stabilisce che la quantità totale di energia E emessa da un corpo nero a una data temperatura è
proporzionaleallaquartapotenzadellatemperaturastessaT(espressaingradikelvin);informula:
E=σT4
doveσèunacostantediproporzionalità,dettacostantediStefan-Boltzmann,chevale5,669.10–8W/m2K4.
La legge di Wien stabilisce il legame tra la temperatura del corpo nero e la lunghezza d’onda (o, analogamente, la frequenza)
corrispondentealmassimodiemissione:osservandolacurvadellospettro,sinotacheall’aumentaredellatemperaturalalunghezzad’onda
a cui corrisponde il massimo nel potere emissivo si sposta verso valori più bassi. La legge di Wien dice che la lunghezza d’onda
corrispondentealmassimodiemissione,λmx,moltiplicataperlatemperatura,T,èsempreugualeaunacostante,b:
λmxT=b
doveb=2,8978.10–3mKèdettacostantediWien.
AllafinedelXIXsec.tuttiitentativiperspiegareattraversoleleggiclassicheilcomportamentodellospettroeranofalliti,finoaquando,nel
1900,M.Plancksuggerìchegliatomidellacavitàsicomportasserocomedeglioscillatoriarmonici,difrequenzaν,echeciascunodiessi
potesse assorbire o emettere energia solo in quantità proporzionali alla loro frequenza secondo una costante, detta costante di Planck,
secondoun’espressionedeltipo:
E=hν
Secondoleleggidell’elettromagnetismoclassico,un’ondairradiaenergiasuunospettrocontinuodifrequenze,mentrel’ipotesidiPlanck
implicavachel’energiafossequantizzataediconseguenzachel’energiatotaledelradiatorepotesseassumeresolovalorideltipo:
E=nhν
dovenèunnumerointeroqualsiasi.AttraversoquestaassunzionePlanckricavòlaleggedelladensitàdienergianellaradiazionedelcorpo
neroinfunzionedellasuafrequenza:
E(ν)=
8πhν3
c3
1
ehν/kT-1
dove c è la velocità della luce e k è una costante, detta costante di Boltzmann. Questa legge, detta legge di Planck, si accorda
perfettamenteatuttiirisultatisperimentaliedaessaèpossibile,attraversoprocedimentimatematicirelativamentesemplici,ricavareleleggi
diStefan-BoltzmannediWien.L’energiatotaledellaleggediStefan-Boltzmannèrappresentatadall’arearacchiusadallacurvadescritta
dallaleggediPlanck(v.fig.24.1),mentrelaleggediWiensiottienetrovandoilpuntocorrispondentealmassimodellacurvadiPlanck.
•Proprietàondulatoriedellamateria
Leparticellesicomportanocomeonde
Lalunghezzad’ondadiunaparticella
Diffrazionediunfasciodielettroni
In analogia con il fatto che la luce possiede per certi aspetti le caratteristiche proprie della materia,
ovvero che si può considerare composta di particelle elementari (i fotoni), il fisico francese L.V. de
Broglie (1892-1987) propose nel 1924 che le particelle materiali, come gli elettroni, i protoni e i
neutroni,avesseroalcuneproprietàcaratteristichedelleondeechetalicaratteristichefosseroesprimibili
attraverso i concetti di lunghezza d’onda e frequenza. In particolare egli affermò che a ogni particella
potesseessereassociataun’ondadilunghezzad’ondaλ,dettalunghezzad’ondadideBroglie,paria:
h
λ=
p
dovep=mvèilmodulodellaquantitàdimoto(v.ap.82)delcorpoehlacostantediPlanck.
L’ipotesidideBroglieebbeunaconfermasperimentalequalcheannopiùtardi,quandovenneroeseguiti
esperimentididiffrazioneattraversounadoppiafenditurautilizzandofascidiparticelle.Facendopassare
unfasciodielettroniattraversounadoppiafendituraeraccogliendoilfasciosuunalastrafotografica,si
ottieneunafiguradeltuttosimileallafiguradiinterferenzachesiottieneconlaradiazioneluminosa(v.
par.23.4),costituitadafrangealternativamenteluminoseebuie,caratteristicadeifenomeniondulatori.
Lalunghezzad’ondadiunelettrone,acceleratoattraversounadifferenzadipotenzialedi103Vèλ=10–
11 m, cioè dello stesso ordine di grandezza della lunghezza d’onda dei raggi X e delle distanze
interatomiche(v.par.24.5).Perquestomotivoglielettronipossonovenireusati,comeancheiraggiX,
per indagare la struttura interna dei cristalli, dove gli atomi sono tenuti insieme rigidamente secondo
strutture geometriche regolari: la struttura attraverso la quale gli atomi sono legati tra loro funge da
reticolodidiffrazioneperleparticelleincidentiel’interpretazionedellafiguradiinterferenzarivelala
disposizionedegliatomi.
•Ilprincipiodiindeterminazione
Illimitedimisurabilitàdelleparticelle:ilprincipiodiindeterminazione
Velocitàeposizionediunaparticellanonpossonoesseremisuratenellostessomomentoconesattezza
Poiché la fisica si basa sull’osservazione di entità misurabili, anche le caratteristiche dei corpi
microscopici e delle onde devono essere misurabili. I due aspetti della natura delle particelle e della
radiazione,quelloondulatorioequellocorpuscolare,possonovenireverificatiattraversogliesperimenti
descritti.Esisteperòunalimitazioneallamisurabilitàdialcunecaratteristichedelleparticelle,chefu
espressa da Heisenberg attraverso il principio di indeterminazione. Quando si osserva il
comportamento di un corpo macroscopico – per esempio, il moto di una palla da biliardo –
l’osservazionedelfenomenononinterferisceconilfenomenostessoedèpossibiledefinireconunacerta
esattezzalasuaposizioneelasuavelocità(salvoerroridimisura,v.cap.1).Seperòsitrattadistabilire
lavelocità(oanalogamentelaquantitàdimoto)elaposizionediunelettrone–peresempio,utilizzando
un fascio di luce – l’osservazione interferisce sulla misura, poiché le lunghezze d’onda dei due corpi
hannoordinidigrandezzaparagonabilielaquantitàdimotodellaparticelladamisurareverràalterata
dall’urto con i fotoni. Il principio di indeterminazione di Heisenberg stabilisce che è impossibile
misurarecontemporaneamenteconesattezzalaposizionexelaquantitàdimotopdiunaparticella
elementare. Il prodotto delle due indeterminazioni nelle misure (cioè degli errori che si compiono
nell’effettuare la misura) non può essere inferiore al valore della costante di Planck divisa per 2π,
ovverovalelarelazione:
h
ΔxΔp>
2π
doveΔxrappresental’incertezzanellamisuradellaposizione,Δpl’incertezzanellamisuradellaquantità
dimotoehèlacostantediPlanck.Neconseguechetantomaggioreèlaprecisionediunadelledue
misuretantominoresaràlaprecisionedellaseconda.Ilprincipiodiindeterminazioneèintrinseco,
cioènondipendedaltipodiparticellanédalsistemadiosservazione:èilprocesso di misurazione
stesso che perturba il sistema osservato. Questo principio vale anche per i corpi macroscopici, per
esempioancheperlapalladabiliardo,madatal’esiguitàdellacostantediPlanckèapprezzabilesolonel
casodelmondomicroscopico.
24.2L’atomo
Ilconcettodiatomonellastoria
Laleggedelleproporzionimultiple
Definizionediatomo
La meccanica quantistica è un potente ausilio matematico per descrivere la composizione e il
comportamentodellamateria,maancheprimadellasuaformulazioneichimicieifisicieranogiuntiad
alcunescopertefondamentaliriguardoallastrutturadellamateriastessa.L’ideafondamentalesecondocui
ognicosaèfattadiatomirisalealVsec.a.C.Ilprimoasostenerel’esistenzadi“elementiminimi”di
materia,aldisottodeiqualiognielementononpuòvenireulteriormenteframmentato,fuilfilosofogreco
Democrito (circa 460-370 a.C.), che chiamò tali unità elementari “atomi” (dal greco atomos,
indivisibile).IragionamentidiDemocritoeranopuramentefilosoficielateoriaatomicadellamateriafu
in seguito abbandonata a favore di altre teorie, fino alla fine del XVIII sec., quando una serie di
osservazioni sperimentali condotte dai chimici dell’epoca mise in luce alcune regolarità nel
comportamentodeglielementinellereazionichimiche.Inparticolare,ilchimicoingleseJ.Dalton(17661844),acuisidevelaprimaspiegazionescientificamentevalidadellateoriaatomica,enunciòtralealtre
la legge delle proporzioni multiple. Questa legge dice che quando due elementi si combinano per
formare composti diversi, le masse di uno dei due elementi, combinate con una massa fissa dell’altro,
stanno tra loro secondo un rapporto espresso da numeri interi. Dalton ne dedusse che la materia è
compostadaparticelleelementari,gliatomi,indivisibilieinalterabili,echegliatomidiundeterminato
elementosonoidenticitraloro.
Oggisisachel’atomononèindivisibile,maèessostessocostituitodiparticelle:sidefinisceatomola
più piccola parte di materia che ne conserva inalterate le proprietà chimico-fisiche. La struttura
internadell’atomosaràl’argomentodellarestantepartediquestocapitolo.
•Iprimimodelliatomici
L’atomodiThomson
L’atomonuclearediRutherford
Per descrivere la struttura e il comportamento degli atomi, che non potevano essere osservati
sperimentalmente, i fisici ricorsero all’uso di modelli che giustificassero quegli esperimenti che si
potevanocondurre.
Il primo modello atomico fu formulato attorno al 1904 dal fisico inglese J.J. Thomson, il quale in
precedenza(1897)avevadimostratochel’elettrone,unaparticellaconcaricanegativa,èuncostituente
degli atomi degli elementi. A seguito di questa scoperta egli ipotizzò che, poiché la materia è
complessivamenteneutra,dovesseesistereall’internodell’atomounacaricapositivataledacompensare
lacaricanegativadell’elettrone.Egliimmaginòl’atomocomeunasferadimateriadicaricaelettrica
positiva,all’internodellaqualeeranounifomementedistribuitiglielettroni.
Nel 1911 il fisico inglese E. Rutherford (1871-1937), a seguito di esperimenti eseguiti bombardando
una sottile piastra d’oro con un fascio di particelle cariche positivamente (dette particelle alfa o
radiazionealfa,v.cap.25),scoprìchelecaricheelettricheall’internodegliatominonpotevanoessere
distribuiteinmodouniforme,comepropostodaThomson.Selecaricheelettrichenegliatomidelmetallo
fossero state distribuite uniformemente, le particelle alfa non avrebbero dovuto subire deviazioni
rilevanti dalla loro traiettoria, mentre i risultati dell’esperimento mostravano che le particelle positive
subivano forti deviazioni (anche di 90º). Questo, secondo le leggi dell’elettromagnetismo, si poteva
spiegare supponendo che la carica elettrica positiva all’interno dell’atomo fosse concentrata in uno
spazio ristretto. Rutherford ipotizzò quindi che gli atomi possedessero un nucleo centrale, di
dimensionimoltominoridell’atomo,nelqualeèconcentratatuttalacaricapositiva,cherespingeva
lacaricapositivaportatadalleparticellealfa.
L’atomo di Rutherford è rappresentabile secondo un modello planetario, con un nucleo centrale,
caricopositivamente,attornoalqualeruotanoglielettronicarichinegativamente.
•Composizionedell’atomo
Leparticellechecompongonol’atomo
Definizionedielementochimico
Gliisotopi
Salvo alcuni problemi di instabilità dovuti alla natura elettrica dell’atomo, che vedremo in seguito, il
modellopropostodaRutherfordèsostanzialmenteesatto.L’atomoècompostodaunnucleocentrale,nel
qualeèconcentratalaquasitotalitàdellasuamassaetuttalacaricapositiva,attornoalqualestannogli
elettroni.
Ledimensionidelnucleo,ricavatedagliesperimenticondottidaRutherford,sonodell’ordinedi10–15m,
mentreledimensionidell’atomonelsuocomplesso(comprendendoinquestocasoancheleorbitesucui
sipresumonoruotareglielettroni)sonodi10–10m:l’atomoquindisipuòconsiderareprevalentemente
“vuoto”.
Glielettroni(simboloe)sonoparticellecarichenegativamente,lacuicaricaelettricaèlapiùpiccola
caricaesistenteinnatura(v.cap.15)evale1,6022•10–19Celacuimassa(me)vale9,11•10–31kg.
Il nucleo è a sua volta composto da due tipi di particelle, i protoni (p), carichi positivamente, e i
neutroni (n), elettricamente neutri (v. tab. Proprietà dei tre costituenti fondamentali dell’atomo). I
protonihannocaricaelettricaugualeedisegnocontrarioaquelladell’elettroneelaloromassa(mp)èdi
1,6726•10–27 kg, mentre i neutroni hanno carica elettrica nulla e massa (mn) paragonabile a quella del
protone,(1,6749•10–27kg).Lamassadelprotoneequelladelneutronesonocirca2000voltemaggioridi
quelladell’elettrone:quindinelnucleoèconcentratalaquasitotalitàdellamassadell’atomo.Poiché
lamateriaècomplessivamenteneutra,ilnumerodeiprotonideveeguagliarequellodeglielettroni;questo
numero viene chiamato numero atomico, indicato con Z, ed è caratteristico di ogni singolo elemento
chimico.Unelementochimicoèunasostanzanondecomponibilepermezzodireazionichimichein
sostanzepiùsempliciedècostituitodaatomidellostessotipo,aventicioèlostessonumeroatomico.
IlnumerodineutronièindicatoconN,elasommadelnumeroatomicoedelnumerodineutroni,detta
numerodimassa,indicataconA:
A=N+Z
indicailnumerodiparticelledelnucleo.
DueopiùatomipossonopresentarediversonumerodimassaAeugualenumeroatomicoZ:questiatomi,
chedifferisconoperilnumerodineutroninelnucleo,appartengonoaunmedesimoelementoesonodetti
isotopi.
Glielementichimicifinoraidentificatisono110(dicuicirca90sononaturali)esonoclassificatiinbase
al numero atomico nella tavola periodica (v. par. L’atomo a più elettroni). L’elemento con il numero
atomicopiùbasso(Z=1)èl’idrogeno(H),ilcuinucleocontieneunsoloprotone;l’elementonaturale
conilnumeroatomicopiùelevatoèl’uranio(U)conZ=92.
•Glispettriatomici
Lospettrodell’idrogeno
Facendo passare un fascio di luce emesso da una sostanza elementare attraverso un prisma, si può
analizzarelospettrocorrispondente.Seunasostanzafortementeriscaldatasitrovaallostatogassoso,ei
suoiatominonsonoimpacchettatiinunastrutturarigida,lospettrodiemissionedellasostanzaèuno
spettro a righe, caratteristico dell’elemento. Gli atomi di ciascun elemento presentano uno spettro a
righediversodaquellodeglialtrielementi,cosicchél’analisidellospettropermettediidentificareitipi
diatomi.Peranalizzarelospettrodiunasostanzagassosasipuòapplicareunadifferenzadipotenzialea
due elettrodi posti in un tubo contenente la sostanza, per esempio idrogeno gassoso. Gli elettroni
accelerati dalla differenza di potenziale applicata eccitano gli atomi di idrogeno, i quali emettono
radiazione luminosa. La luce così prodotta viene fatta passare attraverso un prisma e raccolta su uno
schermoperstudiarelaformadellospettro.
Prima che venissero formulate ipotesi sulla struttura dell’atomo dell’idrogeno, il fisico svizzero J.J.
Balmer(1825-1898)avevastudiatolospettroarighedell’idrogenoeavevatrovatounaleggeempirica
chelegalasuccessionedellesuerighecaratteristiche.
LaformuladiBalmerpermettedicalcolarelelunghezzed’onda,λ,dellerighedellospettrodell’atomodi
idrogenoinbaseallarelazione:
1
1 1
=R( - 2)
λ
4 n
doveRèdettacostantediRydbergenassumevaloriinteripositivimaggiorididue,aciascunodeiquali
corrispondeunarigadellospettro.Inseguito,altriscienziatiscoprironochel’idrogenoemetteanchealtre
seriedirighecaratteristicheefuronotrovatelerelazionitraleloroposizionielalunghezzad’ondadelle
righe, tutte fondamentalmente ricavabili dalla formula di Balmer. La giustificazione teorica di questo
comportamentofudataqualcheannopiùtardidalfisicodaneseN.Bohr,checonilsuomodellodiatomo
riuscìanchearisolverealcunecontraddizionipresentinelmodellodiRutherford.
•L’atomodiBohr
Laprimaipotesi:quantizzazionedelleorbitedeglielettroni
Lasecondaipotesi:l’energiadiunsaltodilivellodell’elettrone
L’atomodiBohrspiegalospettrodell’atomodiidrogeno
Dimensionidelraggioatomico
Livellofondamentaleelivellieccitati
Il modello atomico di Rutherford, pur giustificando molte evidenze sperimentali, presentava delle
incongruenze di carattere teorico. La maggiore difficoltà stava nel fatto che la forza elettrostatica di
attrazionefraelettronieprotoniavrebbedovutofarcollassareilsistema.Inoltreunacaricaaccelerata,
secondo le leggi dell’elettromagnetismo classico, dovrebbe perdere energia perché emette onde
elettromagnetiche e l’elettrone su un’orbita circolare (o curvilinea in genere) sarebbe soggetto a
un’accelerazione centripeta. Dunque sarebbe costretto a percorrere orbite sempre più strette, fino a
caderesulnucleo.
Per risolvere queste contraddizioni, N. Bohr (1885-1962) propose nel 1913 un nuovo modello di
atomo,basatosulmodelloanucleodiRutherford,introducendoperòdueipotesifondamentali.
La prima ipotesi stabilisce che gli elettroni possono occupare, senza irraggiare, solo determinate
orbite circolari attorno al nucleo, dette orbite stazionarie, il cui raggio può assumere solo valori
multipli interi del raggio di Bohr (corrispondente al raggio dell’orbita più interna). A ogni orbita
corrisponde un valore dell’energia e si dice che l’elettrone si trova su un determinato livello
energetico.
La seconda ipotesi sostiene che, quando un elettrone passa da un livello energetico superiore
(corrispondenteaun’orbitapiùesterna)aunlivelloenergeticoinferiore(corrispondenteaun’orbitapiù
interna), emette la differenza di energia come energia elettromagnetica. La quantità di energia
emessa nel salto da un livello all’altro corrisponde all’energia di un fotone, secondo la relazione di
Planck:
Ei–Ef=hν
dove Ei ed Ef sono rispettivamente l’energia dell’elettrone nello stato, o livello, iniziale e l’energia
dell’elettronenellostato,olivello,finale.
LaquantizzazionedelleorbitediBohrèlegataallaquantizzazionedelmomentoangolaredeglielettroni
atomici: Bohr assunse che le orbite stazionarie fossero quelle per cui il momento angolare p
dell’elettrone (dato dal prodotto del momento della quantità di moto dell’elettrone mv per il raggio
dell’orbitar)soddisfalaseguenterelazione:
h
p=mυr=n π
2
dovenèunnumerointeropositivo,hlacostantediPlanckemlamassadell’elettrone.
Sulla base di calcoli desunti dalla fisica classica, integrati dalle ipotesi quantistiche (v. riquadro alla
paginaseguente),Bohrricavòivaloridell’energia(quindidifrequenza)dell’atomoaunsoloelettrone,
ovverol’atomodiidrogeno:
En=-
1 me2 1
ε02 8h n2
dove ε0 è la costante dielettrica nel vuoto ed e la carica dell’elettrone. A tali valori corrispondono i
possibilivaloridelraggiodell’orbitadatida:
2 h2
rn=ε0n =n2a0
2
π me
dovea0=5,2917•10–11mèilraggiodiBohr.Nelpassaredallivellon2allivellon1l’energiaemessa
dall’elettroneèdatada:
me4 1 1
E2-E1= 2 2( 2 2)
8ε0 h n1 n2
e tale valore risulta in perfetto accordo con i valori ottenuti sperimentalmente da Balmer
nell’osservazionedellospettrodell’atomodiidrogeno(ricordandochel’energiaelalunghezzad’onda
sonoinversamenteproporzionali).
Sinoticheivaloridell’energiasononegativi:questosignificachel’elettronesitrovainunostatolegato,
chelovincolaalnucleo,echeperliberarlooccorreforniglidell’energiapariallasuaenergiadilegame.
Illivellodiminimaenergia,piùvicinoalnucleo,èdettolivello(ostato)fondamentale,mentreilivelli
(ostati)eccitatihannoenergiemaggiori.
DERIVAZIONEDEILIVELLIENERGETICIDELL’ATOMODIIDROGENO
Perricavareivaloridienergia,equindidifrequenza,corrispondentiallerighedellospettrodell’atomodiidrogenotrovatidaBalmer,Bohr
utilizzò le leggi della meccanica e dell’elettromagnetismo classici, unitamente all’ipotesi della quantizzazione delle orbite. L’energia totale
dell’elettrone deve essere uguale alla somma della sua energia cinetica e della sua energia potenziale coulombiana (negativa perché la
caricadell’elettroneènegativa)ecioè:
E=
1 2
mv -
2
1
4πε0
e2
r
(1)
Per ricavare la velocità dell’elettrone che compare in questa formula si utilizza un’equazione di bilancio, che stabilisce che la forza che
tiene unito l’elettrone al nucleo, la forza di Coulomb (v. cap. 15), deve uguagliare la forza centripeta che tende a far uscire l’elettrone
dall’orbita,quindi:
mv2=
r
1
4πε0
e2
r2
(2)
Sostituendoilvaloredellavelocitàdell’elettronericavatodaquestarelazionenella(1)siottiene:
E=-
1
8πε0
e2
r
(3)
Introducendoaquestopuntol’ipotesidiBohr,secondocuileorbitepossibilidell’elettronedell’atomodiidrogenosonoquellepercuiilvalore
delmomentoangolarevalemvr=nh/2π,einserendoilvaloredellavelocitàdell’elettronericavatodaquestarelazionenella(2),siricavail
raggiodell’orbitainfunzionedelnumeron:
rn=ε0
n 2
π
h2
me2
(4)
Il raggio corrispondente alla prima orbita dell’atomo di idrogeno (n = 1) vale r = 55,2917·10–11 m. Infine, sostituendo l’espressione del
raggionella(3)siottiene:
En=-
1
π02
me2
8h
1
n2
(5)
Ilprimolivelloenergeticodell’atomodiidrogeno(n=1)haun’energiaparia:
E=–2,178·10–18J=–13,607eV
Infisicaatomicaivaloridell’energiasiesprimonoingenereinelettronvolt,cherappresental’energiacineticadiunelettronechesimuove
inuncampoelettricouniformesottounadifferenzadipotenzialedi1V(v.cap.15),perchésitrattadivaloritroppobassiperesprimerliin
joule.
24.3Ondediprobabilità
Il modello di Bohr spiega molto bene i livelli energetici dell’atomo di idrogeno, ma presenta invece
alcuniproblemiall’aumentaredelnumerodeglielettroni,quandocomincianoadiventaredeterminantile
forzedirepulsionecoulombianetraglielettronistessi.Inrealtàparlarediorbite(cioèdimotirotatori
descrittidalleequazionidellameccanicaclassica)perl’elettroneèpraticamenteimpossibile.
Persuperarequestoscoglio,ilfisicoaustriacoE.Schrödinger(1887-1961),cheformulòlaprimateoria
matematica della meccanica quantistica, dette un’interpretazione probabilistica al significato di
orbitadeglielettroniattornoalnucleo.
•L’equazionediSchrödinger
Definizionedell’orbitainsensoprobabilistico:l’orbitaleatomico
Ilnuovomodelloatomico
L’ondadiprobabilità
Per Schrödinger ogni elettrone in un atomo può essere descritto mediante una funzione, detta
funzioned’onda(checombinailcomportamentoondulatorioequelloparticellaredellamateria),la cui
forma è determinata da un’equazione, detta equazione di Schrödinger, dalla cui risoluzione si
ricavanoilivellienergeticideglielettroniatomici.L’equazionediSchrödingerèun’equazionepiuttosto
complessa, che tiene conto di tutte le forze che agiscono sul sistema e quindi diventa ancora più
complessa all’aumentare del numero di elettroni. La soluzione dell’equazione di Schrödinger non
fornisceleorbitedeglielettroniinsensoclassico,madeterminaqualisonoleorbite più probabili che
l’elettrone occupa. Si definisce in questo modo una regione di spazio detta orbitale atomico, che
rappresentalaregioneall’internodellaqualeèpiùprobabile trovare l’elettrone, in accordo con il
principio di indeterminazione. L’atomo quindi cessa di essere visualizzato come un piccolo modello
planetario, dove gli elettroni si muovono lungo traiettorie circolari attorno al nucleo, e diviene
compostodaunnucleocentrale,circondatodanubielettronicheall’internodellequalisitrovanogli
elettroni.Laformaditalinubièdeterminatadall’equazionediSchrödinger.
Per quanto riguarda i livelli energetici dell’atomo di idrogeno, l’equazione di Schrödinger si trova in
perfetto accordo con i risultati ottenuti da Bohr e al suo interno compare la quantizzazione dei livelli
previsti da quel modello. L’innovazione introdotta da Schrödinger sta nell’abbandono della
concezione deterministica della fisica: fino a questo momento si era pensato che, date le condizioni
iniziali, si potesse sempre trovare un modo per descrivere, attraverso un’equazione del moto, la
traiettoriadiunaparticella.Ilfattoperòcheinunsistemafisicomicroscopicononsianomisurabilicon
esattezzaposizioneevelocitàcostrinseifisiciadabbandonareilconcettoditraiettoriaeasostituirlo
con il concetto di onda di probabilità. L’introduzione dell’indeterminazione in fisica incontrò alcune
resistenze,mailsuosviluppoportòaunadescrizionesoddisfacentedell’atomoefuinfineaccettata.
Con l’introduzione delle onde di probabilità venne risolto anche il problema dell’irraggiamento degli
elettroni:Bohravevapostulatocheglielettronichesitrovanosulleorbitestazionarienonirraggiassero,
ma questo appariva in contraddizione con la fisica classica. Secondo il modello di Schrödinger gli
elettroni non si muovono di moto circolare attorno al nucleo, ma occupano delle regioni di spazio
all’internodellequalinonvièflussodicariche,quindinonirraggianoenergia.
•LaformulazionediHeisenberg
Laformulazionematematicadellameccanicaquantistica
Isaltienergetici
Contemporaneamente a Schrödinger, il problema della formulazione matematica della meccanica
quantistica venne affrontato anche da Heisenberg, il quale, pur partendo da un punto di vista
completamente diverso da quello di Schrödinger, ottenne gli stessi risultati. Il formalismo usato da
Heisenberg differisce da quello di Schrödinger dal punto di vista matematico, perché Heisenberg
descrisseilmotodeglielettroniattraversodellematrici(v.Appendice)dipendentidaquantitàdiscrete,
cherappresentanoivaloriinizialeefinaledelsaltodienergiadescrittodaBohr.Egliabbandonòquindi
l’ideadirappresentarequantitàclassichecomelaposizioneelavelocitànelladescrizionedelmoto
delle particelle, in quanto queste si erano rivelate sperimentalmente inosservabili, e basò la sua
descrizionesolosullequantitàosservabili(isaltienergetici).
LedueformulazionidellameccanicaquantisticadiSchrödingereHeisenbergsonotuttaviaequivalenti,
ovveroqualsiasirisultatoottenutodaunapuòessereraggiuntoanchedall’altra.Ilpuntoimportanteèche
si tratta in entrambi i casi di teorie statistiche, che possono prevedere solo la probabilità di
accadimento di un evento (per esempio, che una particella possieda una certa velocità o una certa
posizione).
24.4L’atomoapiùelettroni
Ilivellienergetici
Inumeriquantici
Numeroquanticoprincipale
Numeroquanticoazimutale
Numeroquanticomagnetico
Lospindell’elettrone
L’atomoquantisticoècostituitodaunnucleocentrale,circondatodaunaseriedistratichecorrispondono
ailivellienergeticideglielettroninelsensochiaritonelparagrafoprecedente.Aognilivelloenergetico
(caratterizzato dal numero n) corrispondono uno o più orbitali di forma differente e di diversa
orientazionespaziale.
Ogni elettrone presente in un determinato orbitale viene identificato da quattro parametri, detti numeri
quantici(v.tab.24.1):
•ilnumeroquanticoprincipale(n);
•ilnumeroquanticosecondario,oazimutale(l);
•ilnumeroquanticomagnetico(m);
•ilnumeroquanticodispin(ms).
Tabella24.1Iquattronumeriquanticieillorosignificato
NUMEROQUANTICO
SIMBOLO
GRANDEZZA
principale
n
energia
secondario
l
formadell’orbitale
magnetico
m
orientazionenellospaziodell’orbitale
spin
ms
momentoangolare
Numero quantico principale, n. Definisce il livello energetico dell’elettrone e può assumere valori
interiepositivi:
n=1,2,3,4,5,6ecc.
Numero quantico secondario o azimutale, l. Definisce il numero dei sottolivelli energetici in cui si
differenzia ciascun livello; ogni sottolivello corrisponde a orbitali aventi la stessa forma, definita dal
valoredilcheècompresotra0en–1:
l=0,1,…,n–1
Perl=0sihannoorbitaliditipos,asimmetriasferica(v.fig.24.2A);perl=1sihannoorbitaliditipo
p(v.fig.24.2B);perl=2sihannoorbitaliditipodconsimmetriapiùcomplicataecosìvia.
Numeroquanticomagnetico,m.Definisceilnumerodiorbitaliappartenentiaciascunsottolivelloeil
loroorientamentonellospazio.Ilnumeroquanticompuòassumeretuttiivaloricompresitra–l e + l,
compresolozero.Lerelazionitraivaloridin,lemeiltipoeilnumerodiorbitalicorrispondentiai
sottolivellisonoindicatinellatabella24.2(limitatamenteaiprimi3livelli).
Numero quantico di spin, ms . Rappresenta la quantizzazione del momento angolare intrinseco
dell’elettrone.L’elettrone,infatti,ruotaattornoalproprioasse:questacircostanzadàluogoaunmomento
angolareintrinseco(dettospin),quantizzato.Ilnumeroquanticoassociatopuòassumeresoloduevalori:
ms=+1/2
(iduevaloridellospinvengonoanchedetti“su”e“giù”,dall’inglesespinupespindown).
Figura24.2Orbitaliditipos(A)editipop(B),conlerelativeorientazionispaziali.
Tabella24.2Relazionitraivaloridin,l,merispettiviorbitali
n l
m
TIPODIORBITALIDELSOTTOLIVELLO
NUMERODIORBITALIDELSOTTOLIVELLO
1 0
0
1s
1
2 0
0
2s
1
1
-1,0,+1
2p
3
3 0
0
3s
1
1
-1,0,+1
3p
3
3d
5
2 -2,-1,0,+1,+2
•Riempimentodegliorbitali
IlprincipiodiesclusionediPauli
Loschemadidistribuzionedeglielettroninegliorbitali
Classificazionedeglielementichimici
Inumeriquanticiaiutanonellacomprensionedellastrutturadell’atomoapiùelettroni.Ilivellieirelativi
sottolivelli vengono riempiti di elettroni, all’aumentare del numero atomico Z, secondo regole
relativamentesemplici.Laprimaregoladicecheognielettronesitrovanellostatodiminimaenergia
disponibile,ovverocheiprimilivelliavenireriempitisonoquellipiùinterni(cioèpiùvicinialnucleo).
Lasecondaregolafondamentale,dovutaalfisicoaustriacoW.Pauli(1900-1978),notacomeprincipiodi
esclusione,stabiliscechedueelettroniinunatomononpossonoaverelastessaquaternadinumeri
quantici, ma devono differire per almeno uno di essi: in altre parole ciò significa che in uno stesso
orbitalepossonotrovarepostoalmassimodueelettroniconspinopposto.
Inbaseaquesteregoleilprimolivello(n=1)chehaunsoloorbitales,indicatocon1s,puòcontenereal
massimodueelettroni;ilsecondolivello(n=2)haunorbitale2setreorbitali2p,chepossonoospitare
intutto8elettroni(acoppieconspinopposto);ilterzolivello(n=3)haunorbitale3s,treorbitali3pe
cinqueorbitali3decosìvia.
Laconfigurazioneelettronicadegliatomièloschemadidistribuzionedeirispettivielettronineivari
livelli e sottolivelli energetici, cioè nei singoli orbitali atomici. L’atomo più semplice, quello di
idrogeno(Z=1),haunsoloelettronenell’orbitale1s,nelqualeèdisponibileun’altraposizione.L’atomo
dielio(Z=2)hadueelettroninell’orbitale1s,percuiillivellon=1ècompleto.PergliatomiconZ
compresofra3e10glielettronioccuperannomanmanoleottoposizionidisponibilinellivellon = 2:
duerelativeall’orbitale2seseirelativeagliorbitali2p(v.tab.24.3).Perilriempimentodegliorbitalip
edeisuccessivi,primacheunaltroelettronepossavenireinseritooccorrechetuttigliorbitalidiquel
sottolivellocontenganoalmenounelettrone:èilcasoperesempiodell’azoto,doveitreelettronidegli
orbitalipoccupanotuttietregliorbitaliconunelettroneesoloallora(perl’elementosuccessivo,cheè
l’ossigeno)ilsuccessivoelettronesiaccoppieràalprimodeitre.
Gli elementi chimici vengono riuniti secondo uno schema noto come tavola periodica degli elementi.
L’interpretazione della struttura atomica fornita in questo paragrafo spiega molte delle caratteristiche
chimiche degli elementi. Quando il livello più esterno è completamente riempito, come succede per
esempio nel caso dei gas nobili, l’atomo è particolarmente stabile. Per gli altri elementi il
comportamentochimicoèstrettamentelegatoalnumerodielettronipresentinellivelloenergeticoesterno
(elettronidivalenza).Se,peresempio,unostessonumerodielettronidivalenzaèdispostoinorbitalidi
tipo s, anche se appartenenti a differenti livelli(per esempio, 2s o 4s), gli elementi corrispondenti
presentano proprietà chimiche e fisiche molto simili; in effetti i vari gruppi della tavola periodica
riunisconoelementichehannolostessonumerodielettronidivalenzaepertaleragionepresentanoun
comportamento chimico relativamente omogeneo. La ricorrenza periodica di elementi con
caratteristichecomuniderivadallaricorrenzaperiodicadelleconfigurazionielettroniche.
24.5Emissioneeassorbimentodifotoni
Unatomoionizzatohapersopartedeisuoielettroni
Energiadiionizzazione
Gli elettroni, quando si trovano sui loro livelli energetici stazionari, non irraggiano energia.
L’irraggiamentoavvienesoloquandounelettronevieneatrovarsisuunostatoeccitato,dalquale
tendespontaneamentearitornareallostatofondamentale.Ilsaltoenergeticodaunlivellosuperiore
a un livello inferiore è accompagnato dall’emissione di un fotone. Per portare un elettrone dal livello
fondamentaleaunlivelloeccitatooccorrefornirgliunaquantitàsufficientedienergia,pariomaggiore
delsaltoquanticotraiduelivelli.Inquestocasoilsaltoèaccompagnatodall’assorbimentodiunfotone.
Seglivienefornitasufficienteenergia,puòsuccederechel’elettronevengaseparatodalnucleoe
diventiindipendente:inquestocasol’atomositrasformainunoionepositivoesidicecheèionizzato.
L’atomo privato di una o più delle sue cariche negative non perde però le sue caratteristiche fisicochimiche, il che significa che si tratta dello stesso elemento chimico, carico positivamente, poiché a
questopuntoilnumeroZdiprotoniall’internodelnucleo(checaratterizzal’elementochimico)rimane
invariato,marisultamaggioredelnumerodielettroniediconseguenzalalorocaricapositivanonèpiù
controbilanciata dalla carica negativa degli elettroni. L’energia che occorre fonire a un atomo per
separareunelettronedalnucleovienedettaenergiadiionizzazione.
Ilfenomenodell’emissionedifotonicheaccompagnailpassaggiodiunelettronedaunlivellosuperiore
aunoinferiorepuòvenireindottoartificialmenteinunsistemaatomico,fornendoall’elettroneun’energia
esattamente pari alla differenza di energia tra due salti quantici predefiniti: in questo caso si parla di
emissionestimolataesuquestofenomenosibasailprincipiodifunzionamentodellaser(v.riquadro).
ILLASER
Illaser,acronimodiLightAmplificationbyStimulatedEmissionofRadiation(amplificazionediluceattraversoemissionestimolatadi
radiazione)èundispositivochepermettediottenerefascidilucemoltointensiche,adifferenzadellaluceordinaria(come,peresempio,
quelladelSoleodiunacomunelampadina),èmonocromatica(tuttadellastessalunghezzad’onda)ecoerente(ifotonirisultanotuttiin
fasenellostessoistante).Inunfasciodilucecomuneifotoni,oltreadifferireperlunghezzad’onda,interferisconotraloroeviaggianoin
direzionidiverseeinpartesidisperdononellospazio.Inunfasciodilucecoerente,comeillaser,èpossibileconcentrareinunpiccolissimo
spazio una grande quantità di energia e il fascio di luce è facilmente direzionabile, il che lo rende molto utile per un gran numero di
applicazioni diverse (misure a distanza, sistemi di puntamento, taglio e saldatura di metalli nell’industria, interventi chirurgici di precisione
ecc.).
L’emissionestimolatadiradiazioneavvieneattraversolasomministrazionediunaquantitàdienergiaparialladifferenzadienergiatradue
livelli quantici, in modo che l’elettrone viene portato a un determinato livello energetico. Nel ritornare allo stato fondamentale, l’elettrone
emette sia il fotone assorbito, sia quello dovuto al salto stesso: i fotoni emessi possono a loro volta stimolare l’emissione di altri elettroni
presenti sul medesimo livello energetico iniziale. Poiché il salto avviene sempre tra gli stessi livelli, i fotoni emessi hanno tutti la stessa
energiaelastessalunghezzad’onda,quindilaradiazionechesigeneraèmonocromatica.Ilmeccanismodell’emissionestimolataproduce
l’emissionedifotoniinconcordanzadifase,perchéilprocessodiemissioneavalangastimolatoavvienecontemporaneamenteeilfascio
chenerisultaècostituitodaondeinfase,esidicecheèunfasciocoerente.Lastrutturadiunlaserècostituitadaunmaterialeattivoda
cuivieneemessalaluce,materialechepuòessereuncristallo,ungasounasoluzione,edaundispositivodestinatoafornireenergiaagli
atomidelmaterialeattivo.Normalmenteilmaterialeattivoèpostotraduespecchipianieparallelitraloro,unocompletamenteriflettentee
l’altro semiriflettente, in modo che i fotoni emessi, rimbalzando sugli specchi, attraversano più volte il materiale attivo e contribuiscono a
stimolare il maggior numero di emissioni prima di uscire dallo specchio semiriflettente. Poiché i fotoni vengono emessi tutti nella stessa
direzione,ilfasciorisultantedaunlaserèaltamentecollimato.
GLOSSARIO
Atomo
La più piccola frazione di un elementochimico (una sostanza non decomponibile per mezzo di reazioni chimiche in altre sostanze più
semplici) in grado di conservarne le caratteristiche fisico-chimiche. L’atomo è composto da un nucleo centrale, dove è concentrata la
quasitotalitàdellasuamassa,edaunnumerovariabiledielettroni,carichinegativamente.Ilnucleoèasuavoltacompostodaduetipidi
particelle, i protoni, carichi positivamente, e i neutroni, elettricamente neutri. In un atomo elettricamente neutro il numero di elettroni
eguaglia il numero dei protoni, caratteristico di ogni elemento chimico e detto numeroatomico (simbolo Z). La somma del numero dei
protoniedelnumerodeineutronièdettanumerodimassa(simboloA).Duenucleidelmedesimoelementochimicoconugualenumerodi
protonimadiversonumerodineutronisidiconoisotopi.
Corponero
Sidicediuncorpoidealecheassorbetutteleradiazionichelocolpiscono.Lostudiodellacurvachedescrivel’intensitàdienergiadella
radiazione del corpo nero venne spiegata ipotizzando che questa venisse assorbita ed emessa sempre in quantità discrete di energia, i
quanti.
Dualismoonda-particella
Ipotesi secondo cui le onde elettromagnetiche hanno proprietà corpuscolari e le particelle hanno proprietà ondulatorie. Seguendo tale
analogia viene definita la lunghezza d’onda di de Broglie di una particella come λ = h/mv, dove h è la costante di Planck e mv è il
momentodellaquantitàdimotodellaparticella.
Effettofotoelettrico
Emissione di elettroni da parte di una sostanza colpita da radiazione luminosa, interpretato attraverso la visione corpuscolare della luce
secondocuil’energiavienescambiatasottoformadifotoni(oquantidiluce),inmodochelaquantitàdielettroniemessirisultiproporzionale
allaquantitàdifotoniassorbiti.
EquazionediSchrödinger
Equazionechedescrivelaposizioneeilmotodeglielettroniattornoalnucleoattraversounafunzioned’onda,checaratterizzal’elettrone,
cherappresentalaprobabilitàditrovarel’elettroneinunadataposizione.
Meccanicaquantistica
Partedellafisicachestudiaisistemiatomiciesubatomici(molecole,atomi,nuclei,particelleecc.),lecuidimensionisonodell’ordinedi10–
10moinferiorieperiqualinonvalgonoleleggidellameccanicaclassica.Lameccanicaquantisticasibasasulconcettodiquanto,percui
legrandezzechecaratterizzanotalisistemipossonoassumeresolovalorimultipliinteridiunvalorefondamentale.Inparticolare,l’energia
elettromagneticascambiatainunsistemaquantisticoèpariallacostantediPlanckh(h=6,6256·10–34Js)moltiplicataperlafrequenza
dellaradiazioneE=hn.Ilquantodienergiaelettromagneticaèdettoanchefotone.
Modelloatomico
Rappresentazioneschematicaperspiegarelastrutturaeilcomportamentodell’atomo.Secondoilmodelloquantisticodiatomo,glielettroni
non percorrono delle vere e proprie orbite attorno al nucleo, ma occupano delle regioni di spazio attorno al nucleo che rappresentano le
zonedoveèmassimalaprobabilitàditrovarli.Latransizionetraduelivellienergeticiinunatomoavvienepersaltidienergiaproporzionali
allacostantediPlanck.
Numeriquantici
Insiemediquattronumericheidentificanoglielettroniall’internodiunatomo:ilnumeroquanticoprincipalerappresentaillivelloenergetico
dell’elettrone; il numero quantico azimutale la forma dell’orbitale; il numero quantico magnetico l’orientazione nello spazio dell’orbitale; il
numeroquanticodispinrappresentalospindell’elettrone,schematizzabilecomeunmomentoangolaredirotazionedell’elettroneattornoal
suo asse. Per gli elettroni vale il principio di esclusione che stabilisce che due elettroni in un atomo non possono avere la medesima
quaternadinumeriquantici.
Orbitaleatomico
Regionedispazioattornoalnucleodiunatomoincui,secondol’interpretazionequantistica,èmassimalaprobabilitàditrovareunelettrone.
Gliorbitalisidifferenzianoperformasecondoinumeriquanticidell’elettrone.
Principiodiindeterminazione
Principiofondamentaledellameccanicaquantisticasecondocuièimpossibiledeterminarecontemporaneamenteconesattezzalaposizione
xelaquantitàdimotop=mvdiunaparticellaelementare.IlprodottodelleincertezzedelleduemisuredevesoddisfarelarelazioneΔxΔp
>h/2p.
Tavolaperiodica
Schemaperiodicodiclassificazionedeglielementichimicilegatoalnumerodielettronipresentiinundeterminatotipodiorbitaleatomico.
TESTDIVERIFICA
1. Comesipuòdeterminaresperimentalmentel’aspettoondulatoriodiunfasciodiparticelle?
2. Se l’energia cinetica dell’elettrone dell’atomo di idrogeno è E = 13,65 eV, qual è la sua velocità e qual è la sua
lunghezzad’ondadiBroglie?
3. PerchéilmodelloatomicodiRutherfordequellodiThomsonfuronoabbandonati?
4. Quantielettronitrovanopostonell’orbitale1seperché?
5. Quantielettronidivalenzahal’atomodelcarbonio?
25ILNUCLEOELEPARTICELLEELEMENTARI
Lostudiodellafisicanuclearerisaleaiprimidecennidel’900esièmossosuduepianiparalleli.Daunlatovifulascoperta,da
parte di Rutherford, della struttura dell’atomo, costituito da un nucleo centrale, che dette l’impulso allo studio dei costituenti del
nucleo (protoni e neutroni) e dei loro comportamenti, dall’altro la scoperta della radioattività (che risale alla fine dell’800), che
rimaseunfenomenomisteriosofinoaquandononsiindividuòcheleradiazioniprovenientidallamateriaavevanoorigineproprio
all’interno del nucleo atomico. Grazie all’uso di tecnologie sempre più potenti, la struttura del nucleo e la natura dei suoi
componentisonostatechiariteelafisicafondamentalerivolgeoralasuaattenzioneaicostituentiultimidellamateria,leparticelle
elementari, la cui indagine si ritiene strettamente correlata allo studio della cosmologia. Si pensa infatti che le altissime energie
raggiungibiliattraversol’urtofraparticelleelementarinegliacceleratoridiparticellepossanoricrearequellocheful’ambientedei
primiistantidivitadell’Universo,dopoilBigBangcheglidiedeorigine.
25.1Composizionedelnucleoatomico
Caratteristichedelprotone
Caratteristichedelneutrone
Numeroatomicoenumerodimassa
Gliisotopi
Ilnuclide
Lastabilitàdelnucleodipendedalrapportoprotoni/neutroni
L’unitàdimisuradellemasseatomiche
Il nucleo è la parte centrale dell’atomo, con dimensioni dell’ordine di 10–15 m, (circa 10.000 volte
inferioriaquelleatomiche),dovesiconcentralaquasitotalitàdellamassadell’atomo.Ilnucleoècarico
positivamente e, poiché l’atomo è complessivamente neutro, la sua carica è tale da controbilanciare la
carica negativa degli elettroni atomici. Rutherford ipotizzò (1911) che il nucleo fosse costituito da
particelle cariche positivamente, dette protoni, in numero pari agli elettroni presenti negli orbitali
atomici. I protoni erano stati osservati in anni precedenti (quando ancora si ignorava la presenza del
nucleo)comenuovicostituentidiunaradiazioneprovenientedauntuboaraggicatodicicheviaggiavain
direzioneoppostaagliabitualiraggicatodiciediessisiconoscevanolamassaelacarica.Lacaricadel
protoneèugualeaquelladell’elettrone,madisegnoopposto,(+1,6022·10–19C),mentrelasuamassaè
circa1860voltemaggiorediquelladell’elettrone(1,6726·10–27kg).
Lamassatotaledeinucleidialcunielementituttavia,misurataripetutamenteinquegliannidaRutherford
edaisuoicollaboratori,chetentavanodidaregiustificazioneallastrutturadelnucleo,noncorrispondeva
alla somma delle masse dei protoni presenti, ma era quasi doppia nella maggior parte degli elementi
considerati.Questoliindusseapensarecheall’internodelnucleofossepresenteunasecondaparticella,
elettricamente neutra, con una massa paragonabile a quella del protone (1,6749·10–27 kg), in numero
quasipariaquellodeiprotoni.Taleparticellafuchiamataneutroneedeffettivamenteosservatanel1932
daunallievodiRutherford,ilfisicoingleseJ.Chadwick(v.tab.25.1).
Neutroni e protoni vengono indicati anche come nucleoni. Il numero dei protoni in un nucleo è il
numero atomico Z e caratterizza un elemento chimico, mentre il numero totale dei nucleoni (dato dal
numerodiprotonipiùilnumerodineutroni)èindicatocomenumerodimassa,A.Ladifferenza:
A-Z=N
fornisceilnumerodeineutroni,chepuòvariareall’internodeinucleidiunostessoelemento.
Prendonoilnomediisotopinucleidiunostessoelementoconugualenumeroatomicoediversonumero
dimassa.
Lanotazioneutilizzataperindicareunisotoposiriferisceallacomposizionedelnucleoconsideratocome
un’entitàaséstante,dettanuclide,indicatodalsimbolodell’elemento,conilnumeroatomicoZscrittoin
bassoasinistraeilnumerodimassaAinaltoasinistra.Peresempio,nelcasodelnucleodelcarbonio
(simboloC)conZ=6eA=12ilnuclidecorrispondenteèindicatocome:
12 C
6
Ilcarboniopossiedealtriisotopi,condifferenteA,tracui:
13 C,14 C,15 C
6
6
6
Una seconda notazione più sintetica utilizzata per indicare gli isotopi di un elemento, omette il numero
atomico (che per ogni elemento è fisso) e indica solo il numero di massa, per esempio 12C o, in
alternativa,carbonio-12.
Il numero di protoni Z e il numero di neutroni N determinano la stabilità del nucleo: per taluni
rapportiZ/Ninucleisonostabilietendononaturalmenteamantenereintattoillorocorredodinucleoni,
mentreinucleiinstabili,conrapportidiversitraprotonieneutroni,tendonoatrasformarsi,perperdita
oacquistodiunoopiùnucleoni,inunnucleostabile,nonnecessariamenteappartenenteallostesso
elementochimico(èquestalacausaall’originedelfenomenodellaradioattività,v.par.successivo).Per
Z bassi (fino a circa Z = 30) i nuclei stabili sono quelli che possiedono un numero di protoni pari al
numerodineutroni,mentreperZaltiilnumerodineutroniinunnucleostabiletendeaesseresuperioreal
numerodiprotoni(l’eccessodineutronitendeastabilizzareinuclei,perchéallontananoiprotoni,lecui
carichepositivealtrimentidarebberoluogoaelevatissimeforzerepulsive,talidadisgregareilnucleo).
Se si costruisce un grafico dei nuclei noti, riportando in ascissa il numero atomico Z e in ordinata il
numerodineutroniN,inucleistabilitendonoastareall’internodiunafascia,dettabandadistabilità(v.
fig. 25.1), che per Z < 20 occupa la retta a 45°, corrispondente a N = Z, mentre, all’aumentare di Z, i
nucleistabilihannoN>Z.
Lamassadeinucleoni,ediconseguenzaquelladeinucleideglielementichimici,viene generalmente
espressainun’unitàdimisura diversa dal chilogrammo, detta unità di massa atomica (simbolo amu,
dall’inglese atomic mass unit), dove 1 amu = 1,6604·10–27 kg è definita come 1/12 della massa del
carbonio-12.Secondotaleunitàilprotonehaunamassaparia1,0073amu(approssimatoa1amu),il
neutronedi1,0089amu(∼1amu),mentrelamassadell’elettronevale0,000549amu.
Tabella25.1Proprietàdeitrecostituentifondamentalidell’atomo
PARTICELLA
SIMBOLO
CARICA
MASSA
protone
p
+1,6022·10–19C
1,6726·10–27kg
elettrone
e
–1,6022·10–19C
9,109534·10–31kg
neutrone
n
nulla
1,6749·10–27kg
Figura25.1Bandadistabilitàperinuclei:sullarettaa45°,corrispondenteaN=Z,tendonoaposizionarsiinucleistabiliperZ
bassi.
•Leforzenucleari
Lacoesionetranucleonièdovutaall’interazioneforte
Energiadilegame
Nell’atomoglielettronisonotenutiinsiemealnucleodaforzeditipoelettrico,acausadell’attrazionetra
gli elettroni, negativi, e il nucleo, carico positivamente. Le forze elettriche non possono però
giustificarelacoesionetraiprotoniall’internodelnucleo,chetenderebberoarespingersiavicenda
(repulsionecoulombianatracarichedellostessosegno).Leforzedicoesionetrainucleoninelnucleo
devonoperciòesserepiùfortidelleforzedinaturaelettrica,pervincerelarepulsionecoulombiana.
Per questo motivo la forza nucleare è detta interazione nucleare forte. L’interazione forte ha
un’intensitàmoltoelevata,mahaunraggiod’azioneestremamentepiccolo,limitatoalledimensionidel
nucleo(dell’ordinedi10–15m),aldifuoridelqualesiannulla.
L’energianecessariaavincereleforzenuclearieaestrarreunnucleonedalnucleoèmoltomaggioredi
quella necessaria a estrarre un elettrone dalla sua orbita atomica (qualche milione di elettronvolt, o
qualche megaelettronvolt, simbolo MeV, rispetto a una decina di elettronvolt, simbolo eV) ed è detta
energiadilegame.Diconseguenzaleenergieliberateneiprocessidifissione(frantumazione)delnucleo
sonomoltomaggioridiquelleliberatenellereazionichimiche.
•L’energiadilegame
Relazionemassa-energia:E=mc2
Difettodimassa
Energiadilegame
Ordinedigrandezzadell’energiadilegamenucleare
Nellasuateoriadellarelativitàspeciale(oristretta)formulataattornoal1905(v.cap.26),A.Einstein
stabilì che un corpo di massa m possiede un’energia E data dalla seguente relazione, nota come
equazionediEinstein:
E=mc2
dovecèlavelocitàdellalucenelvuoto(costante).
Sesimisuranolamassadiunnucleoelasommadellemassedeisuoicomponentiisolati(cioèliberi)si
ottieneunrisultatoapparentementesorprendente,cioèchelasommadellemassedeinucleonièsempre
maggiore della massa del nucleo nel suo complesso. In realtà questo è spiegabile alla luce
dell’equazionediEinstein,sesipensacheall’attodellaformazionedelnucleounapartedellamassadei
nucleoni, cioè la massa mancante, si è trasformata in energia, quella necessaria per tenerli insieme;
questastessaenergiaèquellacheoccorrefornirealnucleoperseparareinucleoni,ovveroèl’energiadi
legame. La differenza, Δm, tra la somma delle masse dei nucleoni e la massa del nucleo viene detta
difettodimassa:
mnucleoni–mnucleo=Δm>0
AldifettodimassaΔmcorrispondelaquantitàdienergiaΔEdatadall’equazionediEinstein:
ΔE=Δm·c2
cherappresental’energiadilegame.
Peresempio,l’energiadilegamedelnucleodell’isotopodell’idrogeno 21H,chiamatodeuterio(D),che
possiedeunneutroneeunprotone(A=2,Z=1),èdatada:
ΔE=(mp+mn)·c2-mD·c2=Δm=2,224MeV
Il valore dell’energia di legame del deuterio risulta circa un milione di volte superiore all’energia
elettrostaticachetieneunitol’elettronealnucleodell’idrogeno:circa13,6eV.
In una reazione nucleare, data l’entità delle energie coinvolte, si osservano sempre delle variazioni di
massa (le variazioni che avvengono anche nelle reazioni chimiche non sono praticamente apprezzabili,
perché le energie liberate sono di gran lunga inferiori). L’energia di legame media per nucleone, data
dall’energia di legame divisa per il numero di massa (ΔE/A), ha un valore relativamente basso per i
nuclei leggeri e cresce rapidamente fino ai nuclei con numero di massa di circa 50; diminuisce poi
andandoversoinucleipiùpesanti(mapiùlentamentediquantosiaprimaaumentata).Questoandamento
lascia prevedere che verrà liberata energia se due nuclei leggeri si uniscono (fusione) per formare un
nucleopiùpesante,oseunnucleopesantevienespezzato(fissione)indueopiùnucleipiùleggeri(v.par.
Lafissioneelafusionenucleari).
•Imodellinucleari
Modelloagoccia
Modelloashell(strati)
Modelliunificati
Analogamente al caso dell’atomo, la struttura del nucleo viene descritta tramite modelli schematici e
relativamente approssimativi. Data l’impossibilità di descrivere con esattezza matematica le forze che
tengono uniti i nucleoni, e dato il gran numero di particelle coinvolte, i modelli nucleari sono più
complessi di quelli atomici e di conseguenza non verranno qui illustrati per esteso. Riassumendo le
conoscenzefinquiraggiuntesipuòdirecheesistonodueprincipalimodellinucleari,asecondachesi
tenganoinconsiderazioneomenoglieffettiprodottidallevarieparticellesulmotodiognunadiesse.
Ilmodelloagocciadescriveilnucleocomeunliquido,nelqualeleforzechetengonoinsiemeinucleoni
sonoanalogheaquellechetengonoinsiemelemolecolediunliquidoinunagoccia,quindimoltointense
e a raggio d’azione limitato. Il modello a goccia è molto utile nella spiegazione delle reazioni che
avvengono in nuclei altamente eccitati, ma risulta di poca utilità per la spiegazione degli stati
fondamentalideinucleoni.
Ilmodelloashell(strati) è analogo al modello usato per descrivere i livelli energetici degli elettroni
nell’atomoeforniscerisultatiinteressantisullastabilitàdeinuclei.Secondoquestomodelloinucleonisi
dispongono su livelli energetici nucleari secondo un principio analogo al riempimento degli orbitali
atomici, caratterizzati da numeri analoghi ai numeri quantici, rispettando il principio di esclusione di
Pauli,ealriempimentodideterminatilivellicorrispondononucleiparticolarmentestabili(analogamente
a quello che accade negli atomi con i gas nobili). I nuclei con numero di nucleoni corrispondente a
determinatinumeri,dettinumerimagici(2,8,20,28,50,82ecc.),presentanocaratteristichedistabilità
ricorrenti.
Esistono poi modelli unificati che cercano di conciliare le due interpretazioni, nei quali le
caratteristichedelnucleovengonodivoltainvoltainterpretateinbasealmotodeisingolinucleoni(come
nelmodelloashell)ointerminidimotocollettivo(comenelmodelloagoccia).
25.2Laradioattività
Inucleiinstabilisonoradioattivi
Radiazionialfaeradiazionibeta
Radiazionigamma
Laradioattivitàèunprocessonucleare
Inunareazionenuclearesiconservanomassaedenergia
I nuclei instabili tendono naturalmente a raggiungere uno stato stabile trasformandosi in un altro
nucleoedemettendoparticelledivarianatura.Questofenomeno,osservatoancheprimachefossero
disponibilileprimeinformazionisullastrutturainternadeinuclei,èdettoradioattivitàeinuclei(ogli
elementi)coinvoltisonodettinuclei(oelementi)radioattivi,oancheradioisotopioradionuclidi.
LascopertadellaradioattivitàsidevealfisicofranceseH.Becquerel(1852-1908),ilqualenel1896,
mentrestudiavailfenomenodellafosforescenza,osservòcheuncompostodell’uranio(simboloU,Z =
92)anneriva(cioèimpressionava)unalastrafotografica(sucuieraappoggiato),ancheselalastranon
erastataespostaallaluce.Questoloindusseapensarechel’uranioemettessedelleproprieradiazioni,di
cui però non fu in grado di identificare la natura. I suoi studi vennero proseguiti dai coniugi francesi
Pierre(1859-1906)eMarieCurie(1867-1934),entrambifisici,chescoprironocheancheunaseriedi
altri elementi (tra cui il radio) emetteva radiazioni fino ad allora sconosciute. Il termine radioattività
derivapropriodailorostudisuicompostidelradio(simboloRa,Z=88).
Ilavoridiquestitrescienziativennerostrutturatiattornoal1899daRutherford,cheeseguendonumerosi
esperimenti su elementi radioattivi riuscì a distinguere i tipi di radiazioni emesse dagli elementi
radioattiviincategorieeaindividuarnelecaratteristiche.Scoprì,peresempio,chel’uranioemettedue
tipidiradiazioni,chechiamòradiazioniα(alfa)eradiazioniβ(beta),entrambecostituitedaparticelle
cariche ma di massa differente, e in seguito ne dimostrò l’origine. Arrivò a concludere anche che la
radioattivitàèunprocessocaratteristicodelletrasformazionisubatomiche,ancoraprimadiproporreil
suomodellodiatomocheprevedeval’esistenzadelnucleo(v.cap.24).
Nellostessoperiodovenneindividuatounterzotipodiradiazioni,chiamateradiazioniγ(gamma),molto
penetranti e non influenzate da campi magnetici, che vennero subito individuate come radiazioni
elettromagnetichealparideiraggiX,daiqualidifferisconosoloperlalunghezzad’onda.
Quando fu individuata la struttura del nucleo, la radioattività divenne ben presto un oggetto di studio
fondamentaledellaneonatafisicanucleareeleemissioniradioattivevenneroinfineinterpretatecome
conseguenzadeiprocessicheaccompagnanoletrasformazioninucleari.
L’emissione di radioattività è caratteristica dei nuclei instabili (con energie di legame relativamente
basse), che in tal modo si trasformano in nuclei differenti (cioè di un diverso elemento chimico) più
stabili. Esistono diverse modaltà di emissione radioattiva a seconda del tipo di nucleo coinvolto. Il
processo di emissione di radiazioni viene anche detto decadimento e un nucleo emettitore si dice che
decadeinunaltronucleo.
Le reazioni nucleari vengono espresse tramite una notazione analoga a quella utilizzata per le reazioni
chimiche,doveiradionuclidisonorappresentaticonlanotazionedescrittanelparagrafoprecedenteperi
nuclei.Inunareazionenuclearedevonovalereleleggidiconservazionedellamassaediconservazione
dell’energia:lastessaquantitàdimassaelastessaquantitàdienergiadevonoessereritrovateneidue
membridell’equazione,daunaparteedall’altradellafreccia.
Di seguito vengono riportati alcuni dei tipi più comuni di decadimento radioattivo e le loro
caratteristiche.
•Decadimentoα
Alcuni nuclei con Z elevato (circa Z > 80) emettono spontaneamente particelle α (o radiazione α),
costituite dai nuclei di un isotopo dell’elio, con due protoni e due neutroni (42He). Quando un nucleo
emette una particella α il suo numero atomico Z decresce di due unità e il suo numero di massa A
decrescediquattrounità.Unatipicareazionedidecadimentoαriguardal’uranio-238,chesitrasforma
intorio-234emettendounaparticellaα,echevienecosìrappresentata:
238 U→α+234 Th(α=4 He)
92
90
2
•Decadimentoβ
Decadimentoβ– eβ+
Emissionediradiazioneelettromagneticadalnucleo
Ilneutrino
Neutrinoeantineutrinobilancianolereazionideldecadimentoβ
Ildecadimentoβconsistenell’emissionediunelettrone(decadimentoβ–)odiunaparticellaavente
la stessa massa dell’elettrone e carica uguale e contraria, detta positrone (decadimento β+),
l’antiparticella dell’elettrone (v. par. Le particelle elementari). Questo tipo di decadimento avviene in
genereneinucleiinstabilichehannounrapportoN/Zdiversoda1(N/Z>1eccessodineutroni,N/Z<1
difettodineutroni).Quandounnucleoemetteunelettrone,ilsuonumeroatomicoZcrescediunaunitàeil
suonumerodimassanoncambia:unneutroneèrimpiazzatodaunprotone.Quandounnucleoemetteun
positrone,ilsuonumeroatomicodecrescediunaunitàeilsuonumerodimassanoncambia:unprotoneè
rimpiazzatodaunneutrone.
Ilnucleoresiduocherisultaaseguitodiunaemissioneβèspessoinunostatoenergeticoeccitatoe
per tornare allo stato fondamentale emette radiazione γ, ovvero un fotone, analogamente a quanto
accade nei processi atomici: come nell’atomo, anche nel nucleo infatti un nucleone può passare da un
livelloenergeticoaunaltroeilfenomenoèaccompagnatodall’emissionediunfotone,dienergiaperò
moltopiùelevata,corrispondenteallafrequenzatipicadelleradiazioniγ.
Lereazioninuclearicheriguardanol’emissioneβsembranononsoddisfareleleggidellaconservazione
dell’energia: a ogni trasformazione nucleare è associata la liberazione di una certa quantità di energia,
che deve risultare trasportata da una delle particelle coinvolte nella reazione. In questo caso una parte
dell’energiacoinvoltasembraandarepersa.Sviluppandoun’ipotesidelfisicosvizzeroW.Pauli(1931),
ilfisicoitalianoE.Fermi(1901-1954)propose(1934)chequellapartedienergiacheapparivadispersa
fossetrasportatadaunaparticellaneutraepressochéprivadimassa,chechiamòneutrino,emessadal
processodidecadimento.L’esistenzadelneutrinofuquindiinizialmentesoloprevistateoricamente,mala
particella fu effettivamente osservata vent’anni più tardi. In particolare, in un decadimento β– viene
emesso un antineutrino (una particella analoga al neutrino, con alcune caretteristiche opposte a quelle
delneutrino),indicatoconν,mentreinundecadimentoβ+vieneemessounneutrino,indicatoconν.
Esempidireazioninuclearididecadimentoβ–eβ+sonorispettivamente:
234 Th→234 Pa+e-(β– )+ν
90
91
13 N→13 C+e+(β+)+ν
7
6
•Leleggideldecadimento
Tempodidimezzamento,ovitamedia
Inseguitoaldecadimentoradioattivo(ditipoα,β+oβ–) il numero dei nuclei dell’elemento originario
diminuisce progressivamente, poiché essi si trasformano in nuclei diversi, secondo una legge
esponenziale.Ilnumerodinucleipresentialtempot,N(t),èdatodallarelazione:
N(t)=N0e–λt
dove N0 è il numero di nuclei presenti all’istante iniziale (il momento in cui inizia il conteggio del
tempo), “e” è la base dei logaritmi naturali (e = 2,71828...) e λ è detta costante di disintegrazione,
caratteristicadelfenomenoinesame.Perogninucleoradioattivosipuòdefinireunintervalloditempo
fisso, detto tempo di dimezzamento, o vita media, dell’elemento radioattivo, necessario perché il
numerodinucleiinizialisiriducadellametà.Iltempodidimezzamento,T1/2,èlegatoallacostantedi
disintegrazioneλdallarelazione:
T1/2=0,693/λ
Iltempodidimezzamentovariaconsiderevolmenteasecondadeidiversielementi.Peresempio,peril
torioeperl’uranioessovalealcunimiliardidianni,mentreperilradon-226valemenodiquattrogiorni.
Nellatabella25.2sonoelencatiitempididimezzamentodialcunielementiradioattivi.
Tabella25.2Tempididimezzamentodialcunielementiradioattivi
ELEMENTO
NUCLIDE
TEMPODIDIMEZZAMENTOT1/2
TIPODIDECADIMENTO
calcio
45 Ca
20
164giorni
beta
carbonio
14 C
6
5730anni
beta
cesio
137 Cs
55
30anni
beta,gamma
fosforo
32 P
15
14,3giorni
beta
idrogeno
3 H(trizio)
1
12,26anni
beta
iodio
131 I
53
8,07giorni
beta
potassio
40 K
19
1,3·109anni
beta,gamma
radio
226 Ra
88
1590anni
alfa,gamma
rado
222 Rn
86
3,82giorni
alfa
sodio
24 Na
11
15ore
beta
stronzio
90 Sr
38
28,1anni
beta
tecnezio
99 Tc
43
6,02ore
gamma
torio
230 Th
90
8·104anni
alfa,gamma
uranio
238 U
92
4,51·109anni
alfa
•Lefamiglieradioattive
Catenedidecadimenti
LadatazionedellaTerra
Unnucleochedecadesitrasformanell’isotopodiundiversoelemento,chespessoèanch’essoinstabilee
sitrasformaasuavoltainunnuovonucleo,ilqualepuòessereancorainstabileecosìvia,secondoun
processoacatena,chehaterminesoloquandoilprodottofinaledeldecadimentoèunnucleostabile.Gli
elementi coinvolti in una catena di decadimenti costituiscono una famiglia radioattiva, o serie
radioattiva. In natura si conoscono tre grandi famiglie radioattive, che partono rispettivamente
dall’uranio,daltorioedall’attinio,eicuiprodottifinalisonotuttiisotopidelpiombo.Lafamigliapiù
importante è quella che prende il via da un isotopo dell’uranio, l’uranio-238, e che termina con il
piombo-206.Dall’abbondanzainnaturadell’uranio-238sipuòricavarel’etàdellaTerra.Questoisotopo
dell’uranio ha un tempo di dimezzamento di circa 4,5 miliardi di anni e tale può essere considerata
approssimativamente l’età del nostro pianeta; infatti nelle rocce più antiche presenti sulla Terra si
trovanougualiquantitàdeidueelementi,capostipiteeprodottofinaledellacatenadeldecadimento.Da
ciòsipuòdedurrechecircalametàdell’uraniopresentenelleroccesiètrasformatainpiomboechedi
conseguenzalaTerrahaun’etàparagonabilealtempodidimezzamentodiquestoisotopo.
•Laradioattivitàartificiale
Reazioninucleariindotte
Gliisotopiradioattiviconosciutiinnaturaderivanotuttidalletrefamiglieradioattiveprimacitate,ma
esistono anche famiglie radioattive artificiali, derivate cioè da reazioni effettuate in laboratorio.
Questereazionivengonoindotteingenerebombardandonucleidiatomidielementistabiliconfascidi
neutroni(inducendocioènelnucleouneccessodineutronichelorendeinstabile).Ilnucleocosìprodotto
tende spontaneamente ad acquistare stabilità, emettendo generalmente particelle β (cioè inducendo la
trasformazionediunodeineutroniineccessoinunprotone).Ilbombardamentopuòavvenireanchecon
particellecariche,comeleparticelleα,mainquestocasolaprobabilitàchelaparticellavengaassorbita
dal nucleo è inferiore a causa della repulsione coulombiana tra le particelle α e i protoni nucleari (di
conseguenza è necessaria una maggiore quantità di energia, cioè le particelle α devono essere
maggiormenteaccelerate).Attraversoquestiesperimentisipossonoottenereradioisotopiartificiali.
•Applicazionidellaradioattività
Applicazioniincampomedico
Traccianti
Ladatazioneradioisotopica
Poiché le radiazioni α, β e γ sono altamente ionizzanti (cioè sviluppano elettroni agli atomi e alle
molecole delle sostanze che attraversano trasformandoli in ioni), esercitano un’azione biologica sulle
celluleviventi,chesitraducespessonellamorteonell’alterazione(anchegenetica)deitessuti.Questa
caratteristica, che rappresenta un pericolo molto elevato per chi si espone alle radiazioni, viene
utilizzatainmanieracontrollataincampomedico,peresempioperdistruggereitessuticancerosioper
rallentarne la crescita. A questo scopo generalmente si usa un isotopo del cobalto, il cobalto-60, che
emetteradiazioniγ.Unisostopodelloiodio(iodio-131)vieneusatopercuraredisturbiallatiroideoper
ottenerneparticolariradiografie(scintigrafie).
Altriimpieghidegliisotopiradioattivisfruttanoilfattocheessihannolestesseproprietàchimichedei
corrispondenti isotopi stabili e quindi reagiscono allo stesso modo: per questo vengono usati come
tracciantidaintrodurrenegliorganismiperseguirneilpercorsoestudiarneilcomportamentoeitempi
ditrasformazione.
Uno degli usi più interessanti della radioattività è la datazione di campioni geologici (di cui si è già
accennatonelcasodell’uranio-238)odirepertibiologiciantichi(dietàcomunquenonsuperiorea5060.000 anni). Per quest’ultimo scopo si ricorre a un isotopo radioattivo del carbonio, il carbonio-14
(146C),chehauntempodidimezzamentorelativamentebreve(5730anni).Ilcarbonio-14vieneprodotto
naturalmentenell’atmosferadall’azionedeiraggicosmici(apartiredall’azoto)elepianteloassimilano
comediossidodicarbonio,oanidridecarbonica(CO2),equindilotrasferisconoaglianimaliattraverso
la catena alimentare. Alla morte degli organismi, l’isotopo 146C inizia a disintegrarsi e la sua quantità
diminuisceprogressivamenterispettoall’isotopostabiledelcarbonio(126C).Poichéilrapporto146C/126C
ènotoesiconsiderachesiarimastorelativamentecostanteneltempo,dallaquantitàattualmenterilevata
di146Csipuòconbuonaapprossimazionerisalireall’etàdelreperto.
25.3Lafissioneelafusionenucleari
Nellafissioneilnucleosispezzaeliberaenergia
Nellafusioneduenucleisifondonoeliberanoenergia
A seguito di un processo di trasformazione nucleare vengono liberate grandi quantità di energia
(corrispondenti al difetto di massa dei nuclei, secondo l’equazione di Einstein), che possono venire
utilizzateperscopipratici.Èciòchesiverificanellafissionenucleareenellafusionenucleare.
Perfissione nucleare si intende la scissione di un nucleo pesante in due (raramente tre) nuclei più
leggeri: la massa del nucleo iniziale è maggiore della somma delle masse dei nuclei più leggeri e la
differenzadimassavieneliberatacomeenergia.
Perfusionenuclearesiintendel’unionediduenucleileggeri,cheportiallaformazionediunnucleo
più pesante, la cui massa totale è inferiore a quella complessiva dei nuclei originari (anche in questo
casolamassamancantesiritrovatrasformatainenergia).
•Lafissionenucleare
Lafissioneindottaconbombardamentodineutroni
Neutronilenti
Lareazioneacatena
Lafissionenuclearepuòavvenirespontaneamente(maèunprocessomoltoraroinnatura),oppure
puòvenireindottaartificialmenteattraversoilbombardamentodeinucleiconfascidineutroni. Si
verificaingenereinalcuninucleipesantiinstabiliedèstatasperimentatainizialmentenell’uranio-235.
Questo isotopo rappresenta circa lo 0,7% dell’uranio presente in natura, formato prevalentemente da
uranio- 238. Bombardato opportunamente con neutroni, l’uranio- 235 si scinde in due frammenti, per
esempiobario-139ekripto-94,eliberaaltridueotreneutroni(v.fig.25.2).Duranteilprocesso,oltreai
neutroni viene liberata una grande quantità di energia (circa 200 MeV), corrispondente al difetto di
massa,chesimanifestasottoformadienergiacineticadeiframmentidellafissioneedienergiatermica.
ComefuscopertodaFermi,perpoterinnescareemantenereilprocessodifissioneineutronidevono
essereabassaenergia(neutronilenti),perchéinquestomodohannopiùprobabilitàdivenirecatturati
dai nuclei dell’elemento. I neutroni vengono rallentati introducendo nella massa dell’uranio particolari
sostanzedettemoderatori,allequaliineutronicedonoperurtopartedellaloroenergiacinetica.
Ineutroniliberatidallareazione,incondizioniopportune,possonoalorovoltaindurrelafissionedialtri
nuclei di uranio, dalla quale si liberano altri neutroni e, se il processo non viene controllato, si può
generareunareazioneacatenachesviluppaenormiquantitàdienergia.
Lareazioneacatenanoncontrollataèquellachevieneprodottanellebombeatomicheafissione,incui
vengonocompressiinunospazioridottoquantitàdiuranioediunaltroelementofissile(generalmenteun
isotopodelplutonio),lecuimassesuperanounamassa,dettacritica,aldisopradellaqualeilprocesso
direazioneacatenavieneinnescatomoltofacilmente.Inquestocasotuttiineutroniliberatinelprocesso
vengonousatiperinnescarenuovefissioni,innumerosemprecrescente(reazioneacatenadivergente).
Seinvecealcunineutronivengonoassorbitidaun’altrasostanza,esolounapartediquelliliberativiene
lasciata libera di innescare altre fissioni, il processo di fissione si dice controllato. Sul processo di
fissionecontrollatosibasanoireattorinucleariafissione(v.riquadroallapaginaprecedente).
Figura 25.2 Rappresentazione schematica della fissione nucleare: un neutrone colpisce il nucleo dell’uranio-235, che si scinde
emettendotreneutroni,iqualialorovoltacolpisconoaltrinucleieinnescanounareazioneacatena.
IREATTORINUCLEARI
Ilprimoreattorenucleareafissionefucostruitonel1942aChicagodaEnricoFermiedaisuoicollaboratori,cheglidiederoilnomedi
pilaatomica.Ilsuoprincipiodifunzionamentoèsostanzialmenteugualeaquellodeireattorituttorainesercizio.Inquelperiodo,incuisi
combattevalasecondaguerramondiale,losviluppodellafissionenuclearefuimmediatamentelegatoallesuepossibiliimplicazionimilitari.
Nelgirodipochianni,periltimorechelaGermaniadiHitlersiimpadronissedellatecnologianucleare,gliStatiUniticostruironolaprima
bomba atomica (sganciata su Hiroshima il 6 agosto 1945), nell’ambito del cosiddetto “Progetto Manhattan”, che vide riuniti i maggiori
scienziatiatomicienuclearidelmondosottolaguidadelfisicostatunitenseJ.Oppenheimer(1904-1967).Dopolafinedellaguerravenne
promossa l’utilizzazione unicamente pacifica dell’energia nucleare: i primi reattori nucleari per usi pacifici, per la produzione dell’energia
elettrica,furonocostruitiapartiredal1955-56.
Ireattorinuclearisonocentralidienergiachetrasformanol’energiadilegamedeinucleonidialcunielementiinenergiatermica,cheviene
convertita in energia elettrica. I reattori si basano sul processo di fissione e usano come materiale attivo prevalentemente isotopi
dell’uranio.Sonoschematicamentecostituitidaunastrutturaincuisitrovailcombustibilenucleare,dettanocciolo,nellaqualeavvengono
le reazioni di fissione, e da un insieme di apparecchiature ausiliarie che provvedono a trasportare il calore prodotto dalla fissione ed
eventualmente a trasformarlo in altre forme di energia. All’interno del nocciolo il combustibile è presente sotto forma di barre, o di
pastiglie, intercalate da un altro materiale (acqua, acqua pesante o grafite), che ha la funzione di moderatore, per il rallentamento dei
neutroniprodottidallafissione.Percontrollarelareazionesiinserisconodellebarredicontrollodimaterialecapacediassorbireineutroni
ineccesso.Irischidell’usodell’energianuclearesonolegatisoprattuttoallosmaltimentodellescorie,poichéiprodottidellafissionesono
spesso elementi a loro volta radioattivi, con tempi di dimezzamento molto lunghi, per i quali quindi è difficile prevedere sistemi di
conservazione che ne impediscano la fuoriuscita. Un altro problema è rappresentato dalla sicurezza, poiché, data la pericolosità degli
elementichecompongonoilcombustibileeisuoiresti,risultadivitaleimportanzaridurrealminimoilrischiodiincidenti,che(comeaccadde
peresempioaChernobylnel1986)possonoprovocarelamortediungrannumerodipersoneeliberanonell’ambientegrandiquantitàdi
sostanzetossiche.
•Lafusionenucleare
Lafusionenellestelle
Iproblemidellafusioneindotta
La fusione nucleare può essere considerata il processo inverso rispetto alla fissione, nel quale due
nucleidiunelementoconbassonumeroatomicosiunisconoperformareunnucleodinumeroatomico
superiore.
Il processo tipico della fusione è quello che ha luogo naturalmente nelle stelle, e quindi anche nel
Sole, dove come risultato complessivo quattro nuclei di idrogeno (quindi quattro protoni, 11H) si
“fondono”dandoorigineaunnucleodielio(formatodadueprotoniedueneutroni,42He).
Il processo si svolge attraverso una serie di reazioni intermedie (tra le quali la trasformazione di due
protoni in due neutroni) ed è accompagnato dalla liberazione di grandi quantità di energia. I nuclei di
idrogeno,chesullestellesonopresentiinabbondanzaallostatoionizzato,hannoenergiecinetichecosì
elevate, dovute alle alte temperature presenti all’interno delle stelle, che vincono le repulsioni
elettrostaticheesiunisconoaformarenucleipiùpesanti(ungasdiparticelleionizzateèdettoplasma).
Perché due nuclei riescano ad avvicinarsi tra loro a sufficienza affinché avvenga la fusione, le
temperature devono essere attorno ai milioni o alle decine di milioni di gradi e per questo motivo è
molto difficile innescare artificialmente processi di fusione che forniscano quantità di energia
superioreaquellachevienespesaperprodurli.
Nella fusione prodotta in laboratorio non si usano i nuclei dell’idrogeno comune, ma quelli dei suoi
isotopi:ildeuterio(21H),formatodaunprotoneeunneutrone,eiltrizio(31H),formatodaunprotonee
dueneutroni,cheproduconoeliosecondolareazione:
2 H+3 H→4 He+n(n=neutrone)
1
1
2
Inquestareazionevieneliberataun’energiaparia17,6MeV,dovutaancheinquestocasoalladifferenza
tra le masse iniziali e finali. Per utilizzare l’energia prodotta dalla fusione, occorrerebbe costruire un
reattore a fusione in grado di “trattenere”, cioè confinare il plasma e di riscaldarlo a temperature di
decinedimilionidigradi.Quasituttiitipidireattoriafusionesperimentaliallostudioutilizzanocampi
magneticielevatiperconfinareilplasma,sfruttandoilfattocheleparticelleallostatoionizzato,quindi
elettricamente cariche, risentono della forza magnetica. Il riscaldamento del plasma può avvenire per
opera di correnti elettriche molto intense. La possibilità di sfruttamento della fusione nucleare, che è
consideratalafontedienergiadelfuturo,richiedeilsuperamentodiformidabiliproblemitecnologiciche
comportano elevatissimi costi di ricerca nella fase iniziale. Gli studi in corso in varie nazioni hanno
permesso di conseguire alcuni importanti risultati sperimentali, che fanno ritenere ragionevole l’attesa
cheincapoaqualchedecenniosipossagiungereallarealizzazionediunprototipodicentralenuclearea
fusione.
25.4Leparticelleelementari
Leprimeparticelleelementari
Oggisononotepiùdi200particelle
Particelleeforze
Particelleesubparticelle
All’inizio degli anni ’30 le particelle considerate fondamentali individuate erano quattro: il neutrone
appenascoperto(1932),ilprotone,l’elettroneeilfotone.Èproprioapartiredaqueglianniche,grazie
alprogressodelletecnichedirivelazioneeallanascitadegliacceleratoridiparticelle(v.riquadroalla
pagina seguente), il numero di particelle osservate direttamente o indirettamente è andato aumentando,
fino a raggiungere l’attuale numero di circa 200 (destinato probabilmente ad aumentare). Nello stesso
anno (1932) in cui fu identificato il neutrone, il fisico statunitense C.D. Anderson scoprì la prima
particella di antimateria (v. oltre), il positrone (antiparticella dell’elettrone, o antielettrone), la cui
esistenza era stata prevista teoricamente qualche anno prima (occorsero più di vent’anni prima che
venisseindividuatalaseconda,l’antiprotone,malateoriacominciavaadareisuoifrutti).Semprenegli
anni’30sifecestradal’ideacheleforzeadistanza,attraversolequaliinteragisconoicorpi,fossero
spiegabiliinterminidiparticellediscambio,chefunzionanodacollante(omediatori)perl’interazione,
nel senso che lo scambio di tali particelle è ciò che dà origine all’interazione. Questa teoria, con
opportuniaggiustamenti,èallabasedellemoderneteoriefisiche,fondatesull’elettrodinamicaquantistica
(v. oltre), che permisero di mettere ordine nella compagine delle particelle via via scoperte,
classificandoleinbaseall’interazioneacuisonosensibili.
Lanozionestessadiparticellaelementareèstrettamentelegataaimetodidiindaginedisponibiliinuna
dataepocastorica:neglianni’60vennepropostal’ipotesichealcuneparticelle,tracuiilneutroneeil
protone,fossero“menoelementari”dialtre,ovverochefosseroalorovoltacostituitedaaltreparticelle
(i quark, v. oltre), difficilissime da osservare. La fisica delle particelle ha acquistato una struttura
concettuale coerente, confermata da un gran numero di evidenze sperimentali, grazie alle altissime
energie raggiungibili con i moderni acceleratori di particelle. Si pensa che attraverso lo studio della
materia alle alte energie si possa arrivare a simulare i primi istanti dell’Universo e a scoprire il
comportamentodellamaterianelmomentodelBigBang.
GLIACCELERATORIDIPARTICELLE
Gliacceleratoridiparticellesonostrumentidiindaginedellamateriachepermettonodiaccelerare,tramitecampielettromagnetici,particelle
elettricamentecariche(comeprotoniedelettroni)eioni,perfarlecollidereleuneconlealtreopercolpirebersagliopportunialloscopodi
studiare le interazioni che subiscono. L’energia prodotta dalla collisione può inoltre dare origine a nuove particelle, di vita media
estremamentebreve,chenonesistonoincondizioninormali.Gliacceleratorisonoingenereclassificatiinbasealsistemadiaccelerazionee
alla traiettoria seguita dal fascio. Quelli in cui la traiettoria è rettilinea sono gli acceleratori lineari, che vengono usati per accelerare
protoni,elettroni,particelleαeioni:sonocostituitidatubiinsuccessionedilunghezzacrescente,inseritiinunastrutturalineare,neiqualile
particellevengonoacceleratemediantecampielettricialternatieinviatealbersaglio.L’acceleratorelinearepiùpotenteèloSLC(Stanford
LinearCollider),negliStatiUniti,cheraggiungeenergiedioltre100GeV.
Negliacceleratoricircolari(ciclotrone,betatrone,sincrotroneecc.)latraiettoriadelleparticellevienecurvatadallacosiddettaforzadi
Lorentz generata da un campo magnetico e l’accelerazione è impressa da campi elettrici o magnetici variabili. Uno dei più potenti
acceleratoricircolarièilLEP(LargeElectron-PositronAccelerator)delCERNdiGinevra:ilLEPèunanellodiaccumulazione,lungo27
km, che opera su due fasci di particelle (in questo caso elettroni e positroni) che viaggiano in direzioni opposte, facendole scontrare
frontalmente.IlLEPraggiungeenergiedi200GeV,masulsuoanelloèattualmenteincostruzioneunnuovoepiùpotenteacceleratore,il
LHC(LargeHadronCollider), con magneti estremamente più potenti che permetteranno di raggiungere energie dell’ordine di 14 TeV
(teraelettronvolt=1012eV).
•L’antimateria
Aogniparticellacorrispondeun’antiparticella
Materiaeantimateriasiannullanoavicenda
Lascopertadelpositrone, di cui si è accennato trattando il decadimento β, con la stessa caratteristica
dell’elettrone ma con carica positiva, fu la prima conferma dell’ipotesi che a tutte le particelle
materiali corrisponda un’antiparticella, avente uguale massa ma con altre caratteristiche (tra cui la
carica) opposte. L’esistenza dell’antimateria, ipotizzata teoricamente dal fisico inglese P.A.M. Dirac
(1902-1984), ebbe una seconda conferma nel 1956, con la scoperta dell’antiprotone (il protone con
caricanegativa),cuiseguìlascopertadell’antineutrone(chedifferiscedalneutroneperunaproprietà
magnetica).
Materiaeantimaterianonpossonocoesistere:quandounaparticellaincontralasuaantiparticellaavviene
ilprocessodell’annichilazione,cioèentrambescompaionoevengonosostituitedaunacoppiadifotoni
energetici, dai quali a loro volta si creano nuove particelle, con liberazione di energia (è per questo
motivo che le antiparticelle sono difficili da osservare). I fisici ritengono che nei primi istanti di vita
dell’Universo materia e antimateria fossero presenti in misura quasi uguale, ma la materia ebbe il
sopravvento grazie alla presenza di una particella, detta bosone di Higgs, di cui si spera di trovare le
tracceconnuoviepotentiacceleratoriattualmenteincostruzione.
•Iquark
Icomponentideinucleoni
Saporiecolorideterminanolecaratteristichedeiquark
Lacromodinamicaquantistica
Iquarknonesistonoisolati
Attornoal1960ilfisicostatunitenseM.Gell-Mannintrodussel’ipotesi,oggilargamenteaccettata,chele
particelle che compongono il nucleo, protoni e neutroni, sono a loro volta costituite da una
combinazione di tre particelle fondamentali, che chiamò quark (il nome quark fu probabilmente
suggeritoaGell-ManndaunoscuropassaggiodelromanzodiJamesJoyceLavegliadiFinnegan,dove
silegge:“ThreequarksforMusterMark!”).Iquarkhannocaricaelettricafrazionaria(paria1/3o2/3
dellacaricaelementaredell’elettrone),positivaonegativa,epossiedonounospinparia1/2.Gell-Mann
ipotizzò l’esistenza di sei diversi tipi di quark, ciascuno caratterizzato da un particolare sapore
(un’espressionedipurafantasiachenonrappresentaquellochecomunementesiintendeconsapore),che
ne determina il comportamento. I sei sapori dei quark (v. tab. 25.3) sono up (su), down (giù), strange
(stranezza),beauty(bellezza),charm(fascino)etop(alto).Inseguito,pernoninfrangereilprincipiodi
esclusione di Pauli, che deve valere per tutte le particelle a spin semintero, introdusse una seconda
caratteristica,ilcolore(ancheinquestocasononvièalcunacorrelazioneconicolorinelsensocomune
deltermine),percuiogniquarkpuòpresentarsiinunodeitrecolori:rosso,blueverde.
Saporiecoloripossonoesserevisticomeinumeriquanticideiquark,ostatidiversidiunostessoquark,
di cui esistono nove combinazioni possibili (sei sapori per tre colori). La teoria che spiega il
comportamentodeiquarkinbaseallalorodistinzioneincolorièlacromodinamicaquantistica.Perogni
quarkesisteilrelativoantiquark,caratterizzatodalcorrispondenteantisaporeeconunanticolore.Tutte
leparticelledellastessafamigliadelneutroneedelprotone(dettebarioni)sonocostituitedatrequark,
mentre particelle più leggere ne contengono solo due (i mesoni). La composizione in termini di quark
delleparticelleèillustratanellatabella25.5.Lasommaalgebricadellecarichefrazionariedeiquarkin
un neutrone è zero (e infatti la carica del neutrone è nulla), ma la presenza di cariche al suo interno
potrebbegiustificarealcuneproprietàmagnetichedelneutronealtrimentiinaspettate.
Secondoilmodelloaquarkdeinucleoni,iquarknonpossonoessereosservatisingolarmente perché
l’interazionefortechelitieneunitiaformareilnucleonediventamanmanopiùintensaquandoiquark
vengonoallontanati,comesesitrattassediunamolla.Leconfermesperimentalidell’esistenzadeiquark
sono solo indirette. L’ultima risale al 1994 ed è avvenuta al Fermilab di Chicago, dove un gruppo di
fisicidirettidall’italianoGiorgioBellettinihaindividuatotraccedell’unicoquarkancoranonosservato,
ilquarktop,nell’acceleratorediprotoniCDF(ColliderDetectoratFermilab).
Tabella25.3Iseiquarkelelorocaratteristicheprincipali
SAPORE SIMBOLO
MASSA(GeV)
CARICA(UNITÀELETTRONICHE)
CONFERMASPERIMENTALE
up
u
0,0005
+2/3
1963
down
d
0,010
–1/3
1963
strange
s
0,15
–1/3
1974
charm
c
1,35
+2/3
1974
top
t
>89
+2/3
1994
beauty
b
4,5
–1/3
1977
•L’interazionedeboleeleinterazionifondamentali
Laquartainterazionefondamentale:l’interazionedebole
Imediatoridelleinterazionifondamentali
LaTeoriadellaGrandeUnificazione
L’elenco delle possibili interazioni che si esercitano tra corpi comprende, oltre all’interazione
gravitazionale (v. cap. 6), all’interazione elettromagnetica (v. cap. 15) e all’interazione nucleare forte,
responsabiledellacoesionedeinuclei,unquartotipodiforza,dettainterazionedebole,chesiesercita
traparticolaritipidiparticelleelementarichiamateleptoni(dicuifannopartel’elettroneeilneutrino)
edèresponsabiledeldecadimentoradioattivoβneinuclei.L’interazionedeboleècirca10–10voltemeno
intensa dell’interazione elettromagnetica e ha un raggio d’azione 10–2 volte più piccolo di quello
dell’interazione forte. Come per l’interazione forte, anche per quella debole non esiste un’espressione
matematicachenedescriveilcomportamento.
In un’interpretazione moderna della fisica (secondo una teoria detta elettrodinamica quantistica) le
quattrointerazionifondamentalisonovisteattraversoloscambiodiunquantod’azione tra i corpi
cheinteragiscono:leinterazioniavvengonoattraversoloscambiodiunaparticella,caratteristicadi
ogniinterazione(v.tab.25.4).Perl’interazionegravitazionaleilquantod’azionesarebbeunaparticella
detta gravitone, che però a tutt’oggi non è stata osservata; per l’interazione elettromagnetica il quanto
d’azioneèilfotone;perl’interazioneforteèilgluone,anch’essosoloprevistoteoricamente.Infine,per
l’interazionedeboleèilbosoneintermedio,osservatoperlaprimavoltanel1983dalgruppodiCarlo
RubbianeilaboratoridelCERNdiGinevra.
Percapirecomefunzionailmediatorediunaforza,siconsideriildecadimentoβ:secondoilmodelloa
quark dei nucleoni, il decadimento β avviene per fasi, nelle quali uno dei quark che compongono il
nucleonesitrasformainunaltroconl’emissionediunbosoneintermedio,chedecadeasuavoltainun
positrone(oinunelettrone,asecondadeltipodidecadimentoβ,v.par.precedente)einunneutrino(oin
unantineutrino).
Uno degli sforzi principali della fisica attuale è quello di unificare teoricamente le interazioni
fondamentaliinununicomodello,nelqualeciascunadiesserappresentiundiversomododiappariredi
un’unica forza originaria, ipoteticamente presente nei primi istanti dell’Universo. Le forze
elettromagneticaedebolesonostateraggruppate,secondounateoriarisalenteall’iniziodeglianni’70,in
unaforzachevienedettaelettrodebole,maglisforziperincludereglialtritipidiinterazione,sehanno
portato finora alla formulazione di teorie molto sofisticate dal punto di vista matematico, non hanno
tuttaviaancoraavutoconfermenegliesperimenti.Lateoriachestudialeinterazionifondamentalielaloro
possibileunificazioneèlaTeoriadellaGrandeUnificazione(GUT,daGrandUnifiedTheory).
Tabella25.4Lequattrointerazionifondamentalielelorocaratteristiche
INTERAZIONE
MEDIATORI
INTENSITÀRELATIVA
RAGGIOD’AZIONE
gravitazionale
gravitoni
10–39
infinito
elettromagnetica
fotoni
10–2
infinito
nucleareforte
gluoni
1
10–13cm
nuclearedebole
bosoniintermedi
10–13
10–15cm
•Lefamigliediparticelle
Classificazionedelleparticelle
Imediatori
Ileptoni
Gliadroni
Leparticelleelementaricitatefinora,elemoltealtreancorascopertegrazieall’impiegodeipiùmoderni
acceleratori di particelle in esercizio, vengono in genere classificate secondo uno schema che le
raggruppa in tre grandi famiglie (v. tab. 25.5) e divise a seconda del tipo di interazione della quale
risentono.
La prima famiglia riunisce le particelle che sono considerate i mediatori delle forze fondamentali: il
fotone,chetrasportalaforzaelettromagnetica;ilgluone,chetrasportalaforzaforte;ibosoniintermedi,
chetrasportanolaforzadebole;evirtualmenteilgravitone,mediatoredellaforzagravitazionale.
Lasecondafamigliaèrappresentatadaileptoni,checomprendonol’elettrone,ilneutrino,ilmuoneela
particella tau. I leptoni interagiscono attraverso la forza debole e attraverso quella elettromagnetica,
hanno masse relativamente piccole o quasi nulle (come i neutrini) e sono particelle fondamentali, cioè
nonulteriormentedivisibili.
Laterzafamiglia,piùpopolatadelleprecedenti,èrappresentatadagliadroni. Gli adroni interagiscono
attraversol’interazionenucleareforteesonosuddivisiinduecategorie:imesonieibarioni. I mesoni
comprendonoparticelledettepioni,kaonieleparticelleeta,mentreibarioni,piùpesanti,comprendono
iduenucleoni(protoneeneutrone),leparticellelambda,leparticellesigmaeleparticellexi.Tuttigli
adroni sono a loro volta costituiti da quark e non sono quindi particelle fondamentali. I barioni sono
formati ciascuno da tre quark (non necessariamente diversi), mentre i mesoni da un quark e da un
antiquark,nonnecessariamentedellostessotipo.
Tabella25.5Classificazionedelleparticelleelementarielorocaratteristiche
TIPODIPARTICELLA
SIMBOLO
QUARK
COMPONENTI
CARICA
ELETTRICA
ANTIPARTICELLA
o fotone
γ
-
0
-
gluone
g
-
0
-
bosone
W+
-
-1
-
W-
-
-1
-
Z0
-
0
-
leptoni
elettrone
e-
-
-1
e+
neutrino
elettronico
νe
-
0
νe
muone
μ-
-
-1
μ+
neutrinomuonico
νμ
-
0
νμ
tauone
τ-
-
-1
τ+
neutrinotauonico
ντ
-
0
ντ
adroni
mesoni pione
π+
ud
+1
π-
mediatori
portatori
kaone
K+
us
+1
K-
barioni protone
p
uud
+1
p-
neutrone
n
ddu
0
n0
lambda
Λ0
sud
0
Λ0
sigma
Σ+
uus
+1
Σ+
Σ-
dds
-1
Σ-
xi
Ξ0
uss
0
Ξ0
Ξ-
dss
-1
Ξ+
GLOSSARIO
Antiparticella
Particellaelementaredimassaugualeallasuacorrispondenteparticella,maconaltrecaratteristiche(tracuilacaricaelettrica)opposte.
Datazione
Determinazionedell’etàdiunaroccia,diunfossileodialtro,basatasuldecadimentoradioattivo.
Difettodimassa
Differenzatralasommadellemassedeinucleonidiunnucleoatomicoelamassadelnucleostesso.SecondolarelazionediEinsteinche
lega la massa all’energia, il difetto di massa corrisponde all’energia di legame del nucleo, ovvero all’energia necessaria per separare un
nucleonedalnucleo.
Famigliadiparticelle
Ciascuna delle tre grandi famiglie nelle quali vengono divise le particelle elementari: i vettori dell’interazione, i leptoni (che comprendono
elettronieneutrini)egliadroni,divisiinbarioni(checomprendonoprotonieneutroni)emesoni.
Famigliaradioattiva
Ciascunadelletreprincipaliserie(ofamiglie)dielementiradioattivinaturali,ilcuicapostipitedecadeinunelementoinstabile,chesubiscea
suavoltaunprocessodidecadimento,ecosìviafinoadarrivareaunelementostabile.
Fissionenucleare
Divisionediunnucleoatomicodiunelementopesanteinpiùframmenti,costituitidanucleidielementipiùleggeri.Ilprocessodifissioneè
accompagnatodall’emissionedineutroniedallaliberazionedigrandiquantitàdienergia.Iprotoniprodottinelprocessopossonoindurreuna
reazioneacatena.
Fusionenucleare
Reazione nella quale due nuclei di un elemento leggero si uniscono per formare il nucleo di un elemento più pesante, con liberazione di
energia.
Interazionedebole
Una delle quattro interazioni fondamentali, responsabile del decadimento β. Le quattro interazioni fondamentali sono l’interazione
gravitazionale,l’elettromagnetica,l’interazioneforteeladebole.Leinterazionifondamentalisonoveicolatedaaltrettanteparticelle,dette
quantid’azione,ovettoridell’interazione.Ilquantod’azioneperl’interazionedeboleèilbosoneintermedio,quelloperl’interazioneforteil
gluone,perl’interazioneelettromagneticailfotoneeinfineperl’interazionegravitazionaleilgravitone,maiosservato.
Interazionenucleareforte
Tipo di interazione fondamentale responsabile della coesione dei nucleoni nel nucleo, caratterizzata da una forte intensità e da un corto
raggiod’azione,limitatoalledimensionidelnucleo.
Isotopi
Nucleiconugualenumerodiprotoniediversonumerodineutroni.Ilrapportotraiduenucleonideterminalastabilitàdiunnucleo.Inuclei
naturalmenteinstabilitendonoaraggiungereunostatostabileemettendounaparticella.
Neutrino
Particellaelementarecaratterizzatadaunapiccolissimamassaeprivadicarica,emessaneldecadimentoβ.
Nucleone
Termine con il quale vengono designati i due componenti del nucleo atomico, il protone, di carica positiva, e il neutrone, elettricamente
neutro.IlnumerodiprotoniinunnucleoèdatodalnumeroatomicoZ,ilnumerodineutronidalnumeroNeilnumerodimassaA=Z+N
indicailnumerototaledeinucleoni.
Particelleelementari
Costituentidellamateria,alcunideiqualifondamentali(nonulteriormentedivisibili)ealtricompostialorovoltadaparticelle.
Quark
Particellaelementare,osservatasoloindirettamente,costituentefondamentaledialcuneparticelle,tracuiprotonieneutroni.
Radioattività
Fenomeno per il quale il nucleo di alcuni atomi si trasforma emettendo radiazioni corpuscolari o elettromagnetiche. Si dice che il nucleo
subisce un processo di decadimento. Esistono tre tipi principali di decadimento radioattivo, il decadimento α, nel quale il nucleo emette
nuclei di elio, il decadimento β, nel quale il nucleo emette elettroni negativi o positivi (positroni), e il decadimento γ, che comporta
l’emissionediradiazionefortementeionizzante.
Tempodidimezzamento
Tempooccorrenteperchéilnumerodinucleidiunelementoradioattivosiriducadellametà.
Unitàdimassaatomica
Unitàdimisurautilizzataperisistemiatomicienucleari,definitacome1/12dellamassadell’isotopodelcarbonio-12.
TESTDIVERIFICA
1. Quantineutroniequantiprotonicisononell’isotopo238 92 U?
2. Perchél’energiadilegamediunnucleoeildifettodimassasonocorrelati?
3. Checosaaccadedelnumeroatomicoedelnumerodimassadiunnucleochesubisceunprocessodidecadimentoα?
4. Perchénelprocessodifissionesipuòinnescareunareazioneacatena?
5. Dichecosasonocostituitigliadroni?Eileptoni?
26LARELATIVITÀ
LateoriadellarelativitàfuenunciatadaA.Einsteinall’iniziodel’900conl’intentoprincipalediunificaretutteleleggidellafisica
in un unico corpo omogeneo. Fino ad allora, infatti, le leggi della meccanica classica godevano di una posizione privilegiata
rispetto a quelle dell’elettromagnetismo e dell’ottica, perché potevano essere considerate invarianti per tutti i sistemi di riferimento
inerziali; tuttavia, la costanza della velocità della luce, che non dipende dalla velocità della sorgente, sembrava contraddire i
principidirelativitàclassici.Lateoriadellarelativitànascepropriodaltentativodiunificaretutteleleggidellanaturaesidividein
duegrandicapitoli:lateoriadellarelativitàristretta,ospeciale,elateoriadellarelativitàgenerale,enunciatedaEinsteinadistanza
diunadecinadianni.Nellarelativitàristretta(1905)vengonotrattatiisistemichesimuovonodimotorettilineouniforme,mentrela
relatività generale (1915) estende i concetti di relatività ai sistemi che si muovono di moto qualunque. La grande importanza
dell’introduzione dei concetti relativistici di spazio, ma soprattutto di tempo, nella fisica ha rivoluzionato la precedente visione del
mondo,dovespazioetempoeranoindipendenti,ehainfluenzatoinseguitomoltealtrediscipline,finoainvestirelaculturanelsuo
insieme.
26.1Checos’èlarelatività
Lateoriadellarelativitàèun’interpretazionecomplessa,cheabbraccialanaturadellospazio,deltempo,
dell’energia e della gravitazione; fu formulata da A. Einstein nel tentativo di unificare i fenomeni
meccanici, che sottostavano alle leggi della meccanica classica di Newton, e i fenomeni elettrici e
magnetici, descritti dalla teoria dell’elettromagnetismo di Maxwell. I due gruppi di equazioni erano
basatisudueipotesifondamentalmentediverse.Secondolameccanicaclassicaiconcettidispazioedi
temposonoconcettiassolutieleleggicheregolanoilmotodeicorpidevonovalere,invariate,perun
osservatoreinquieteeperunosservatoreinmotorettilineouniforme.Secondol’elettromagnetismole
ondeelettromagnetichesipropaganoconunavelocitàfinita,lavelocitàdellaluce,indipendentedal
motodellasorgente,eciòappareincontrastoconleleggidellameccanicaclassica.
All’inizio del XX secolo i fisici teorici si impegnarono nel tentativo di superare il dualismo tra i
fenomenimeccaniciequellielettromagneticiediinquadrarlientroununicoschema,adattandoisecondi
alleleggidellameccanicaclassica.Einsteinintuìchenoneranoleleggidell’elettromagnetismoche
dovevanoesserecambiate,bensìquelledellameccanica,introducendoiconcettidispazioeditempo
relativi;inparticolare,eglicompresecomedevonoesseredescrittiglieventiquandovengonoosservati
daduediversisistemidiriferimento.LaprimapartedellateoriadellarelativitàdiEinstein,enunciatanel
1905 e applicata ai sistemi in moto rettilineo uniforme, viene detta teoria della relatività ristretta (o
speciale)efuestesaaisistemiinmotoacceleratonel1915,conlateoriadellarelativitàgenerale.
26.2Isistemidiriferimentoinerziali
Isistemidiriferimentoinerziali
Ilprincipiodirelativitànellafisicaclassica
Ilmotorelativo
TrasformazionidiGalileo
Lacomposizionedellevelocitànonvaleperlaluce
Laconfermasperimentaledell’invarianzadellavelocitàdellaluce
Lavelocitàdellaluceècostante
Unsistemadiriferimento(v.cap.3)èl’insiemedeglielementigeometricicheservonoperdeterminarela
posizione di un punto nello spazio e per descrivere il suo moto e le azioni che agiscono su di esso.
Particolareimportanzainfisicaassumonoisistemidiriferimentoinerziali,periqualiappuntovalgonole
leggifondamentalidellameccanicaclassica.
Inunsistemadiriferimentoinerzialeuncorpoinquieteoinmotorettilineouniformepermanenellasua
condizione fino a che non interviene una forza a modificarne lo stato: in particolare, quindi, in un tale
sistemadiriferimentovaleilprincipiodiinerzia;unsistemachesimuovedimotorettilineouniformeè
unsistemadiriferimentoinerziale,mentrenonloè,peresempio,unsistemarotante.
Nell’ambitodellameccanicaclassicaunprincipiodirelativitàfuformulatoperlaprimavoltadaGalileo
Galilei nel 1630; si tratta del cosiddetto principio di relatività galileiana, secondo cui le leggi della
meccanica (sistematizzate in seguito da Newton) devono valere identiche per due osservatori che
assumanocomesistemidiriferimentoduesistemiinerziali(definitiinquestocasocomeisistemisolidali
conlestellefisseodognialtrosistemadiriferimentoinmototraslatorioavelocitàcostante,convelocità
qualsiasi,rispettoaquellodellestellefisse).IlprincipiodirelativitàdiGalileoimplicachenonesiste
alcunmodoperdeterminareconesperimentiseunosservatoresitrovisuunsistemainquieteosu
unsistemainmotorettilineouniformeeche,diconseguenza,hasensosoloparlaredimoto relativo
deiduesistemil’unorispettoall’altro,manonhaalcunsensostabilirequaledeiduesistemièinquietee
qualeinmotoripettoall’altro.Peresempio,leleggicheregolanoilmotodiuncorposonolestesseper
unosservatoreinquieteeperunosservatorecheviaggiasuuntrenoavelocitàcostante:ciòsignificache
idueosservatorinonhannoalcunmodoperstabilire,attraversoesperimentidimeccanica,sesitrovano
inmotooinquiete.Diconseguenza,perilprincipiodirelativitàdiGalileo,sipuòugualmentedirecheil
treno si muove rispetto all’osservatore in quiete o che l’osservatore si muove rispetto al treno. Ciò
implica, utilizzando un formalismo matematico, che le leggi della meccanica sono invarianti se,
considerandoduesistemidiriferimentoOeO’,aventirispettivamentecomeassix,y,zex’,y’,z’,conil
sistemaO’inmototraslatorioavelocitàcostantevrispettoalsistemaOlungoilversopositivodell’asse
x,sieffettuanoleseguentitrasformazioni,notecometrasformazionidiGalileo:
x’=x–vt
y’=y
z’=z
t’=t
L’ultima trasformazione implica che il tempo è un concetto assoluto, invariato nei due sistemi di
riferimento, e che quindi, in particolare, due eventi che sono simultanei in un sistema di riferimento si
possonoconsideraresimultaneiinqualunquealtrosistemadiriferimentoinerzialenelqualeessivengano
osservati.
Setutteleleggidellanaturadevonovalereinvariateinqualunquesistemadiriferimentoinerziale,anche
le leggi dell’elettromagnetismo devono sottostare a tale principio. Ma la teoria dell’elettromagnetismo
implica che la velocità della luce sia una costante universale e di conseguenza invariante rispetto al
sistemadiriferimento.Se,peresempio,siconsideraunosservatorecheviaggiasuuntrenoallavelocità
costantedi80km/h,chelanciainavantiunoggettoallavelocitàdi20km/h,perunosservatorechesi
trova fermo alla stazione l’oggetto sta viaggiando a una velocità di 100 km/h, secondo le leggi di
composizionedellevelocitàderivatedalletrasformazionidiGalileo(lavelocitàdeltrenopiùlavelocità
dell’oggetto).Unaluceemessadaunasorgentechesitrovaconl’osservatoresultreno,però,viaggiaalla
medesima velocità, sia per l’osservatore che si trova sul treno, sia per quello fermo alla stazione, in
apparente contraddizione con le trasformazioni di Galileo. La costanza della velocità della luce che
comparenelleequazionidiMaxwellnonsembradipenderedaalcunsistemadiriferimento.Peruncerto
periodo, alla fine del XIX sec. si pensò che la luce, anziché propagarsi nel vuoto, si propagasse in un
ipoteticomezzotrasparente,chefuchiamatoetere,rispettoalqualelasuavelocitàeradi300.000km/s.
Nel1886unesperimento,notosoprattuttoperchéfornìunrisultatocontrarioaquellocheisuoiideatori
desideravanoottenere,dimostròdefinitivamentel’invarianzadellavelocitàdellaluceperognisistemadi
riferimento.Duefisiciamericani,A.MichelsonedE.Morley,costruironounapparatosperimentaleallo
scopodideterminarelavelocitàdellaTerrarispettoall’etere,confrontandolavelocitàdellalucequando
simuovenelladirezionedelmototerrestreconlasuavelocitàperpendicolarmentealmotodellaTerra.
LadifferenzatraquesteduevelocitàavrebbedovutodareunavalutazionedellavelocitàdellaTerranella
suaorbitarispettoall’etere.Ilrisultato,chedalloropuntodivistafusemplicementenulloeliportòa
credere che l’apparato costruito non fosse adatto per quel tipo di determinazione, fu che non esisteva
alcunadifferenza,ovverochelavelocitàdellaluceècostante.Questoimplicachelavelocitàdellaluce
nondipendedalmotorelativodellasorgente.
26.3Larelativitàristretta
Ilprimopostulatodellarelativitàristretta
Ilsecondopostulatodellarelativitàristretta
Lateoriadellarelativitàristretta,ospeciale,fuformulatadaEinsteinattornoal1905,neltentativodi
spiegare le contraddizioni insite nella fisica classica, e si applica ai sistemi che si muovono di moto
rettilineo uniforme. In seguito venne estesa, attraverso la teoria della relatività generale, ai sistemi in
moto qualunque. La teoria della relatività ristretta tratta quindi i fenomeni che avvengono in sistemi di
riferimentoinerzialiesibasaessenzialmentesuduepostulatifondamentali.
Ilprimopostulato,oprincipiodirelatività,stabiliscecheleleggidellafisicasonolestesseintuttii
sistemidiriferimentoinerzialierappresentasostanzialmenteun’estensioneatutteleleggidellanatura
delprincipiodirelativitàdiGalileo(chericonoscevacheleleggidellameccanicadovesserovalereper
tuttiisistemidiriferimentoinerziali).Questosignificacheirisultatidiqualunqueesperimentodevono
essereglistessiperqualunquesistemadiriferimentochesimuovadimotorettilineouniforme.
Ilsecondopostulato,notocomeprincipiodicostanzadellavelocitàdellaluce,affermachelalucesi
propaganelvuotoconunavelocitàfinita,paria:
c=2,988•108m/s
indipendentementedallavelocitàdellasorgentechel’haemessa.Questasecondaasserzione,sebbene
oggi sia ampiamente accettata, appare in contraddizione con l’esperienza quotidiana, che sembra
implicare che un oggetto che si muove verso un osservatore abbia una velocità maggiore se
contemporaneamentel’osservatoresimuoveindirezionedell’oggetto,secondounaregolaintuitivadelle
composizionidellevelocità,ovverochelavelocitàdiunoggettodipendaeffettivamentedalsistemadi
riferimento.Questononvaleperlaluce.
IduepostulatidiEinstein,chenonpossonoesseredimostrati,mahannoricevutoconfermedamoltidati
sperimentali, hanno mutato profondamente le nozioni di spazio e di tempo, che non possono essere più
considerati assoluti. Una delle maggiori conseguenze della teoria della relatività è che due eventi che
sono simultanei in un sistema di riferimento possono non esserlo in un altro. Altre sorprendenti
conseguenze sono date dal fatto che, a velocità relativistiche, cioè paragonabili a quelle della luce, si
riscontrano una dilatazione dei tempi, una contrazione delle lunghezze e un aumento della massa degli
oggetti.
•LetrasformazionidiLorentz
Larelativitàgalileianavaleancorapervelocitàmoltoinferioriaquelladellaluce
RelazionetraduesistemidiriferimentoinerzialiperlarelativitàdiEinstein
Iltempononèassoluto
Quandolevelocitàdiunqualsiasicorpoinmovimentosonomoltoinferioriallavelocitàdellalucec,
perpassaredaunsistemadiriferimentoinerzialeaunaltrosempreinerzialevalgonoletrasformazionidi
Galileo anche per la fisica moderna. Come nel caso della meccanica quantistica (v. cap. 24), le leggi
della fisica classica non vengono confutate dalla nuova teoria, che in questo caso è la teoria della
relativitàristretta,maillorodominiodiappartenenzasirestringeaunnumerolimitatodifenomeni.Per
quasi tutti i tipi di moti sperimentati nella vita quotidiana (quello di un treno, di un’automobile, di un
palloneecc.)nonc’èbisognodiricorrereatrattazionirelativistiche,perchésitrattadivelocitàdigran
lunga inferiori a quella della luce. Quando invece le velocità si avvicinano a quella della luce, le
trasformazionidiGalileovengonosostituitedaunnuovogruppoditrasformazioni,dettetrasformazionidi
Lorentz,introdotteinizialmentenel1904(inunaformaleggermentediversadaquelladerivatainseguito
daEinstein)dalfisicoolandeseH.A.Lorentz(1853-1928)pergiustificareilfallimentodell’esperimento
diMichelsoneMorley.
DatiduesistemidiriferimentoinerzialiOeO’,dicoordinaterispettivamentex,y,zex’,y’,z’,doveO’
è in moto traslatorio rispetto a O nel verso positivo dell’asse x, con velocità costante υ, le
trasformazionidiLorentzassumonolaforma:
Sinotichenonsololatrasformazione(1)lungoladirezionedelmovimentoèmoltodiversadaquelladi
Galileo, ma anche quella che riguarda il tempo (4), il che implica che il tempo non è un concetto
assolutoeindipendente,madipendedalsistemadiriferimento.L’uguaglianza(4)haimplicazioniche
a prima vista potrebbero sembrare paradossali, ma che sono una diretta conseguenza del principio di
relatività:percomprenderleoccorreliberarsidellaconcezioneabitualeditempo.Leconseguenzedelle
trasformazionidiLorentzsonoriassuntenelseguitodiquestoparagrafo.
•Simultaneitàdidueeventi
Dueeventisimultaneiperunsistemadiriferimentopossonononesserloperunaltro
Dueeventisidiconosimultaneiseavvengonoesattamentenellostessoistanteditempo:secondolateoria
della relatività, occorre tuttavia specificare l’osservatore che può stabilire che i due eventi avvengono
allostessoistanteditempo.
Sipuòaffermarechedueeventisonosimultaneiquandounosservatorericevedaentrambi,nellostesso
istanteditempo,unsegnalechetrasmettel’evento:peresempio,sipuòdirechedueflashsonosimultanei
se un osservatore riceve nel medesimo istante i due lampi di luce. Immaginiamo che l’osservatore sia
fermo e che un secondo osservatore, che si muove di moto rettilineo uniforme rispetto al primo
spostandosi nella direzione di uno dei due flash, si trovi in corrispondenza del primo osservatore
nell’istante in cui, secondo quest’ultimo, vengono scattati entrambi i flash. Negli istanti successivi,
l’osservatoreinmotositroveràpiùvicinoaunodeiflashericeveràprimaquellampodiluce,inquanto
lalucehaunavelocitàfinitaediconseguenzaimpiegamenotempoacoprireunadistanzaminore.Per
l’osservatoreinmoto,dunque,idueflashnonsonoscattatisimultaneamente.Inquestoragionamentonon
haimportanzaqualedeidueosservatorisiainquieteequaleinmotorispettoall’altro,poichéilsecondo
postulato della relatività afferma che la velocità della luce ha lo stesso valore in tutti i sistemi di
riferimentoinerziali,siachelasorgentesiainquietesiachesimuovadimotorettilineouniforme.
Sipuòaffermare,inconclusione,chedueeventi,simultaneiperunosservatore,possonononesserlo
perunsecondoosservatore.
•Ladilatazionedeltempo
Unintervalloditempoèpiùlungoperunoggettoinmoto
Confermedelladilatazionedeltempo
Ilparadossodeigemelli
L’astronavenonèunsistemadiriferimentoinerziale
Come conseguenza delle trasformazioni di Lorentz, anche la durata di un fenomeno dipende dal
sistemadiriferimentorispettoalqualeèmisurata.Sesiriprendel’esempiodeidueflash,cheperil
primoosservatoresonoscattatisimultaneamentementreperilsecondoadueintervallidifferenti,sipuò
pensare di misurare l’intervallo di tempo che intercorre tra i due eventi. Per il primo osservatore tale
intervallo è nullo, poiché egli vede i due eventi simultanei, mentre il secondo misura un certo valore,
diverso da zero, fra gli scatti dei due flash. La durata (Δt0) di un fenomeno misurata in un sistema di
riferimento in quiete è quindi inferiore alla durata (Δt) misurata in un sistema di riferimento in moto
rispettoalprimo:sipuòdirecheneisistemiinmovimentoiltemposidilata.Larelazionefraledue
durate,seilsecondosistemaèinmotorispettoalprimoconvelocitàcostanteυ,èdatada:
La dilatazione del tempo ha ricevuto un’evidenza sperimentale attraverso la fisica delle particelle
elementari dell’atomo (v. cap. 25), in particolare nel decadimento delle particelle dette muoni (v.
riquadro).
La dilatazione del tempo ha messo in luce un apparente paradosso, noto con il nome di paradosso dei
gemelli.Siimmaginicheunodiduegemellidi20anniintraprendaunaspedizionesuun’astronaveche
viaggia ad alta velocità, in una direzione qualunque, e che dopo un certo tempo sia di ritorno, mentre
l’altro rimanga sulla Terra. Il gemello sull’astronave dovrebbe invecchiare di meno di quello rimasto
sulla Terra. Mentre trascorrono, per esempio, 20 anni per il gemello che resta a Terra, per l’altro
potrebbepassarneunosolo,asecondadellavelocitàdell’astronave;quindi,alsuoritornoilgemelloche
haviaggiatoavrebbesolo21anni,mentrequellorimastoaTerraavrebbe40anni.Secondoilpuntodi
vista del gemello astronauta, però, la situazione è ribaltata, perché non esistono sistemi di riferimento
inerzialipreferibili,esipotrebbedirecheilgemellorimastosullaTerraèinmotomentrequellocheha
viaggiatoèfermo.Dunque,ainvecchiaresarebbeilgemelloastronautaearimaneregiovanesarebbeil
gemello fermo. Ma, naturalmente, non possono avere entrambi ragione. In realtà si tratta solo di un
apparenteparadosso,poiché,secondolateoriadellarelativitàristretta,ladilatazionetemporalesipuò
applicare ai sistemi di riferimento inerziali e, se la Terra può essere considerata con buona
approssimazione un sistema di riferimento inerziale, non può esserlo l’astronave, che nel suo tragitto
devesubiredelleaccelerazioniperiniziareilviaggioeperterminarlo.Ladilatazionedeltempononvale
quindi per il sistema di riferimento costituito dall’astronave e il suo punto di vista non può essere
considerato corretto. La teoria della relatività generale, che tratta i sistemi accelerati, conferma questo
risultato.
LADILATAZIONEDELTEMPONELDECADIMENTODEIMUONI
Ladilatazionedeltempopuòoggiesseremessainevidenzadaldecadimentodiunparticolaretipodiparticelleelementari,imuoni,prodotte
neigrandiacceleratoridiparticelle,maeragiàprecedentementestataosservataneldecadimentodellostessotipodiparticelleprodotteper
effettodell’interazionedeiraggicosmiciconl’atmosfera.
Iraggicosmicisiformanoacirca10kmdialtezzae,viaggiandoaunavelocitàquasiugualeaquelladellaluce,impieganocirca3·10–5
secondi per raggiungere la superficie terrestre. I muoni però decadono in 1,52 · 10–6 secondi, un tempo circa 20 volte inferiore, e non
dovrebbero quindi riuscire a raggiungere il suolo. Poiché si muovono così velocemente, la dilatazione del tempo diventa consistente e i
muonidecadonoinuntempomoltomaggiore,riuscendoquindiadattraversarel’atmosfera.
•Lacontrazionedellelunghezze
Unoggettoinmotoèpiùcortodiunoggettofermo
Unaltroeffettorelativisticoèquellodenominatocontrazionedellelunghezze;consistenelfattochela
misura di un oggetto, quando esso è in movimento rispetto al sistema di riferimento in cui avviene la
misura,èminoredelvaloremisuratoquandoessoèfermorispettoalmedesimosistemadiriferimento(o,
analogamente, se il sistema di riferimento è, rispettivamente, in moto o fermo rispetto all’oggetto da
misurare).Lamisuradell’oggettoeffettuatadafermovienedettalunghezzapropria.SeLèlalunghezza
dell’oggettomisuratadalsistemadiriferimentoinmotoeL0èquellamisuratadalsistemadiriferimento
inquiete,valelarelazione:
che significa che l’oggetto in movimento risulta più corto dell’oggetto fermo. Gli effetti di questa
relazionesonotantopiùevidentiquantopiùlavelocitàυsiavvicinaac,mentrepervelocitàinferiorila
contrazionedellelunghezzeètrascurabile.
•Lospazio-tempo
Lecoordinatechedescrivonouneventosonoquattro
Lo spazio-tempo, in accordo con la teoria della relatività, è uno spazio quadridimensionale che
descrive la geometria dell’Universo, in cui alle tre coordinate spaziali (x, y, e z) è associata la
coordinatatemporalet.Mentrenell’Universoconcepitodallafisicaclassicalaposizionediunoggetto
in movimento (descritta dalle tre coordinate spaziali) e il tempo che trascorre durante il moto
dell’oggetto sono grandezze fisiche indipendenti e separate, i postulati della teoria della relatività
richiedono che intervalli di spazio e intervalli di tempo siano strettamente correlati tra loro. Le
lunghezze di un oggetto in moto relativistico si contraggono, ma, contemporaneamente, gli intervalli di
temposidilatano:leduegrandezzesonointimamenteconnesse.Questaconsiderazionehaportatoall’idea
che a un evento relativistico generico possano venire associate quattro coordinate, in grado di
descriverne lo stato fisico: tre coordinate spaziali (x, y, z) e una quarta coordinata temporale t. Nella
fisicaclassicaaunmedesimoeventosonoassociate,induesistemidiriferimento,duetriplettedivalori
delletrecoordinatespazialiinundatoistante;nellafisicarelativistica,aunmedesimoeventoduesistemi
di coordinate associano nello spazio-tempo (detto anche cronotopo) due quadruplette di valori delle
coordinatex,y,z,tex’,y’,z’,t’collegatetralorodalletrasformazionidiLorentz.
•Lamassarelativistica
Lamassadiuncorpoinmotoèmaggiorediquelladiuncorpofermo
Calcolodellamassadiuncorpoinmoto
LasecondaleggediNewtonriscrittasecondolarelatività
Le tre grandezze fondamentali che descrivono un sistema meccanico sono la lunghezza, il tempo e la
massa. Secondo la teoria della relatività ristretta, le prime due sono relative, ovvero dipendono dal
sistemadiriferimentonelqualevengonomisurate.Cisipotrebbeaspettarechelosiaanchelaterza.E
infattiEinsteindimostròchelamassadiunoggettocrescealcresceredellasuavelocità.Insostanza,
occorre abbandonare il concetto classico che assume la massa come una grandezza costante. Un corpo
che,quandoèfermorispettoalsistemadiriferimentoincuiavvienelamisura,haunamassam0, detta
massaariposo,quandoèinmotoavelocitàυhaunamassam,legataallamassaariposodallarelazione:
Nella fisica delle particelle elementari, per esempio negli esperimenti con i muoni, la crescita
relativisticadellamassadelleparticelleèstataconfermatanumerosevolteelarelazionescrittasoprasi
èdimostratavalida.Poichélamassadiunoggettononècostante,madipendestrettamentedallavelocità
dell’oggettoinmoto,nellameccanicarelativisticalarelazionediNewton,cioèilprincipiofondamentale
delladinamica:
F=ma
deveesseresostituitadallarelazione:
(Δmv)
F=
Δt
checorrettamentesiscrive:
dovelanotazioned/dtrappresentaladerivata(v.Appendice)temporaledellagrandezzaespressanella
parentesi.
•Equivalenzamassa-energia
Lamassaèunaformadienergia
EquazionediEinstein
Confermedell’equivalenzamassa-energia
Secondolarelazionerelativisticaperlamassadiuncorpo,quandolasuavelocitàsiapprossimaaquella
dellalucelasuamassaaumenta.Lavelocitàcrappresentaunlimitesuperiorenonvalicabile:infattisev
=c,nellarelazione(1)cherappresentalamassadelcorpolaquantitàadenominatoresarebbeugualea0
e di conseguenza il corpo assumerebbe una massa infinita. La velocità della luce, quindi, si conferma
comevelocitàlimite,chenonpuòesseresuperata.
Quandosiapplicaunaforzaaunoggetto,questoaumentalasuavelocità.Quandolavelocitàdelcorposi
avvicinaaquelladellaluce,nonpuòpiùaumentare,perchénonpuòsuperareilvalorec.Questosignifica
cheillavorocompiutosulcorpovaadaumentarelasuamassa,mentrenormalmenteillavorocompiuto
suuncorpoaumentalasuaenergia.Massaedenergia,secondolateoriadellarelativitàristretta,sono
grandezzeintercambiabili,cioèlamassaèunaformadienergia(comeèstatoaccennatonelcapitolo
25). La relazione che lega la massa di un corpo alla sua energia, nota come equazione di Einstein, o
relazionediequivalenzamassa-energia,èdatada:
E=mc2
Questarelazione,cherappresentailcuoredellateoriadellarelativitàdiEinstein,haavutonellafisica
nucleare e nella fisica delle particelle numerosissime conferme e ha portato all’idea fondamentale
secondocui,selamassaèunaformadienergia,allorapuòessereconvertitainaltreformedienergia,
cosa che infatti avviene nei decadimenti delle particelle e, in particolare, nei processi di fissione e di
fusione nucleare (si è osservato, per esempio, che particelle quali i pioni quando decadono si
trasformanocompletamenteinfotoni,puraenergiaelettromagnetica).
La teoria della relatività ristretta, così come è stata esposta in questo paragrafo, non ha al momento
ricevuto smentite dai dati sperimentali, mentre ha ricevuto numerose conferme nel campo della fisica
dellealteenergie.
26.4Larelativitàgenerale
Lateoriadellarelativitàgeneraleèancheunateoriadellagravitazione
Lacurvaturadellospazio-tempo
Larelativitàperisistemidiriferimentononinerziali
Ilprincipiodiequivalenza
Confermedellarelativitàgenerale
Ibuchinerisonoprevistidallarelativitàgenerale
La teoria della relatività generale estende i concetti di base della relatività speciale ai sistemi di
riferimento non inerziali, che sono cioè in moto a velocità non costante e quindi soggetti a
un’accelerazione. L’idea centrale di questa teoria, che Einstein sviluppò attorno al 1916, è che nei
sistemidiriferimentononinerzialisiproducanoeffettianaloghiaquelliassociatiallaforzadigravità.In
questosensolateoriadellarelativitàgeneralerappresentaunateoriadellagravitazione.
PerEinstein,insostanza,lacausadelmotodeglioggetti,einparticolarediquellisottopostiallaforza
di gravità (per esempio, i pianeti attorno al Sole), non è una forza che agisce a distanza, nel senso
newtoniano della forza di gravità, ma la modifica della geometria dello spazio nel quale si muove
l’oggetto.Lospazio-temponelqualel’oggettosimuovevieneincurvatoacausadellapresenzadigrandi
masse e questa curvatura determina la traiettoria dell’oggetto (v. fig. 26.1). Si può spiegare
semplicemente questo fenomeno pensando a un foglio di plastica sospeso su un’intelaiatura rigida, sul
quale venga fatta rotolare una palla pesante: la palla tende a incurvare il foglio e di conseguenza ogni
altrooggettochevengapostosulfogliotenderàadavvicinarsiallapallaacausadellacurvaturachesiè
prodotta.Ilmotodiunapietrachecadeinuncampogravitazionaleèdeterminatonondallaforzaprodotta
dalla massa che genera il campo, ma dalla curvatura dello spazio-tempo nel punto in cui si trova la
pietra. Lo spazio-tempo controlla la massa “dettandole” il moto, mentre la massa, a sua volta,
controllalospazio-tempodeterminandonelacurvatura.
Alla base della relatività generale risiede l’idea per cui, se è impossibile per la relatività ristretta
distingueretraduesistemidiriferimentoinerziali,alloraleleggidellafisicadevonoesserelestesseper
tutti i sistemi di riferimento inerziali. Ma che cosa succede se il sistema di riferimento è accelerato?
Einstein riteneva che tutti i sistemi di riferimento dovessero essere equivalenti per quanto riguarda la
formulazione delle leggi fisiche. Questa affermazione rappresenta il principio di invarianza, alla base
dellateoriadellarelativitàgenerale.
Per incorporare i sistemi di riferimento non inerziali Einstein formulò il principio di equivalenza, che
stabiliscechenonèpossibiledistingueretraifenomeniosservatiinuncampogravitazionaleuniformee
quelli osservati in un sistema mobile con accelerazione costante. Al riguardo egli propose il noto
esperimento dell’ascensore: un osservatore in moto in un ascensore in caduta libera in un campo
gravitazionaleuniformesperimentaimedesimieffettidiunosservatorechesitrovisuunascensoreposto
nelvuotoadaccelerazionecostante.IlprincipiodiequivalenzadiEinsteinoltrecheperleleggidella
meccanicavaleanchepertutteleleggifisiche,compresol’elettromagnetismo.Nonsololamassaè
soggetta alla curvatura dello spazio-tempo, ma anche la luce, la cui traiettoria può venire deflessa in
corrispondenzadiuncampogravitazionale.
Duranteil1919,un’eclissitotalediSolepermiseadalcuniscienziatidimisurareladeflessionesubita
dallalucedellestellenelpassarevicinoalSole,eladeflessioneerainbuonaccordoconquellamisurata
teoricamente da Einstein. Questo episodio venne considerato la prima conferma della teoria generale
dellarelatività.
Figura26.1Curvaturadellospaziotempodeterminatadalpesodiunamassa.
Poiché la teoria della relatività generale può essere considerata una teoria della gravitazione, essa
rappresenta lo strumento teorico ideale per la trattazione dei fenomeni astrofisici e cosmologici. Ed è
appunto da queste discipline che vengono le conferme alla validità della teoria di Einstein. Una delle
maggioriconfermeallateoriaèconsideratalaspiegazionedell’avanzamentodelperieliodiMercurio.Il
perielioèilpuntodell’orbitaellitticadiunpianetanelqualeessositrovapiùvicinoalSole;secondole
leggidellameccanicaclassica,ilperieliodiunpianetasidovrebbetrovaresemprenellostessopunto.
Considerando gli effetti di perturbazione sull’orbita, dovuti all’attrazione degli altri pianeti, si era
pervenuti anche prima della teoria di Einstein a una correzione dell’avanzamento del perielio di
Mercurio, che si discostava però ancora dalle misure di 43 secondi d’arco ogni secolo. Questa
discrepanzatrovalasuaspiegazionesoloattraversolarelativitàgenerale,cheprevedechelacurvatura
dello spazio dovuto alla massa del Sole produca esattamente questo avanzamento. Recenti misure del
moto del pianeta hanno confermato l’esattezza delle previsioni sulle misure con uno scarto inferiore
all’1%.
L’esistenza dei buchi neri è considerata un’altra conferma alla relatività generale. Un buco nero è un
oggettocelestedimassaedensitàtalmentegrandichenessunaltrooggetto,lucecompresa,puòsfuggire
allasuaattrazione.Ancheinquestocasolarelativitàpuòdareunaspiegazionedelfenomenointerminidi
curvatura dello spazio-tempo, pensando che la massa del buco nero sia tanto grande da deformare
totalmente,fino“arichiuderlodietrodisé”,lospazio-tempoattornoaunoggettoconlecaratteristichedi
unbuconero.
GLOSSARIO
Equivalenzamassa-energia
Relazionetralamassadiuncorpoelasuaenergiasecondol’equazioneE=mc2.
Massaariposo
Massadiuncorpofermorispettoalsistemadiriferimentonelqualeavvienelamisura.Quandoilcorpoèinmotoavelocitàprossimea
quelladellalucelamassadelcorpoaumenta.
Principiodellacostanzadellavelocitàdellaluce
Secondopostulatodellarelativitàristrettachestabiliscechelalucesipropaganelvuotoaunavelocitàcostantec,indipendentementedalla
velocitàdellasorgentechel’haprodotta.
Principiodiequivalenza
Principiodellarelativitàgeneralechestabiliscechenonèpossibiledistingueretraifenomeniosservatiinuncampogravitazionaleuniforme
equelliosservatiinunsistemamobileconaccelerazionecostante.
Principiodiinvarianza
Principio fondamentale della relatività generale che stabilisce che tutti i sistemi di riferimento sono equivalenti per quanto riguarda la
formulazionedelleleggifisiche.
Principiodirelatività
Postulatofondamentaledellarelativitàristretta,chestabiliscecheleleggidellafisicasonolestesseintuttiisistemidiriferimentoinerziali.
Principiodirelativitàgalileiana
Stabiliscecheleleggidellameccanicaclassicadevonovalereidenticheperduesistemidiriferimentoinerziali.
Relativitàgenerale
Estensionedellarelativitàristrettaaisistemidiriferimentononinerziali,cioèdotatidimotononuniforme.
Relativitàristretta,ospeciale
Teoriachespiegaglieffettirelativisticiprodottineisistemidiriferimentoinerziali.
Sistemadiriferimentoinerziale
Sistema di riferimento nel quale vale il principio di inerzia, secondo cui un corpo in quiete o in moto rettilineo uniforme permane nel suo
statofinoachenonintervieneunaforzaesternaamodificarlo.
Spazio-tempo
Spazioaquattrodimensioni,dicuitrespazialieunatemporale,chedescrivelageometriadell’Universosecondoleregoledellarelatività.
TrasformazionidiLorentz
Relazionitragrandezzemisurateinduesistemidiriferimentoinerzialisecondolarelativitàristretta.
TESTDIVERIFICA
1. Cos’èunsistemadiriferimentoinerziale?Undiscochegiraavelocitàangolarecostanteèunsistemadiriferimento
inerziale?
2. Qualèladifferenzatrailconcettoditemponellarelativitàclassicaequellonellarelativitàristretta?
3. Perchéèdifficileosservareleconseguenzedellarelativitàristrettanellavitaquotidiana?
4. Comevarialamassadiuncorpoconlavelocità?
5. Perchéleconfermesperimentaliallateoriadellarelativitàgeneralesonotuttenelcampoastrofisicoecosmologico?
CALCOLIPERLAFISICA
1.Illimiteeladerivatadiunafunzione
Limite
Derivata
L’operazionedilimiteperunafunzionediunavariabiley = f(x), definita nel riquadro a pagina 28 del
capitolo 3, costituisce la base del calcolo infinitesimale. Il limite di una funzione si ottiene facendo
tenderelavariabileindipendentexaunvalorelimitex0,chepuòesserefinitooinfinito.Inparticolare,il
limiteèrappresentatodaquelvaloreincorrispondenzadelqualecadonotuttiivaloridellafunzionef(x),
quandoxassumevalorisemprepiùprossimiax0.Lasimbologiautilizzataperindicarequestaoperazione
è:
esilegge:limitedif(x)perxchetendeax0.
Sesiconsideraoraunvaloredixprossimoax0, e lo si indica con x0+h, dove h è una quantità molto
piccola,mamainulla,geometricamentelaquantità:
f(x0+h)-f(x0)
h
rappresentalapendenzadellarettache,inunpianocartesiano,intersecailgraficodiy=f(x)neipuntidi
coordinate A=(x0, f(x0)) e B=(x0+h, f(x0+h)). Eseguendo il limite di tale quantità, il punto B tende ad
avvicinarsialpuntoA,lungolacurvadelgraficodiy=f(x) e la retta tende ad assumere la posizione
dellatangenteinAdellacurva.
Il limite della quantità scritta sopra rappresenta la derivata di f(x) nel punto x0 e viene indicata col
simbolof ’(x0):
Ilsignificatogeometricodelladerivataèdatodall’inclinazionesull’assedelleascissedellarettatangente
allacurvanelpuntoconsiderato.
Piùingenerale,laderivatadiunafunzionef(x)rappresentaunafunzionedellavariabilex,cheassumein
ciascunpuntoilvaloredelladerivatadellafunzionef(x)inquelpunto,evieneindicataconilsimbolo:
df(x)
f ’(x)=
dx
Poichéladerivatadiunafunzioneèessastessaunafunzione,èpossibileapplicarepiùvolteilconcetto
diderivataalladerivatastessa,ottenendocosìlederivatediordinesuperiore: la derivata seconda di
unafunzioney=f(x)risultaquindi,peresempio,laderivatadellasuaderivataesiscrive:
df ’(x) d2f(x)
f ’’(x)=
= 2
dx
dx
Dall’analisimatematicarisultanonotealcuneregoleperilcalcolodellefunzionipiùcomuniedelleloro
composizioni.
•Lederivateparziali
Per una funzione di più variabili, per esempio una funzione delle tre variabili spaziali x, y e z, scritta
come y = f(x, y, z), si definiscono le derivate parziali rispetto a una delle variabili come le derivate
della funzione della sola variabile considerata, ottenuta tenendo fissi i valori delle altre variabili. Per
esempio, la derivata parziale di f(x, y, z) rispetto alla sola variabile x si ottiene facendo il limite del
rapporto incrementale del valore della funzione per x che tende a x0, tenendo fissi i valori di y e z, e
analogamenteperlealtreduevariabili,esiscriveusandolaterminologiarispettivamenteperlederivate
parzialidellafunzionerispettoax,rispettoayerispettoaz:
δf δf δf
δx’ δy’ δz’
Analogamente, se una grandezza fisica risulta anche funzione del tempo, oltre che di una o di tutte le
variabilispaziali,sipuòdefinireladerivataparzialerispettoaltempodellafunzionecherappresentala
grandezza,tenendofisselevariabilispaziali.
2.Ilgradiente,ladivergenzaeilrotore
Gradiente
Divergenza
Rotore
Il gradiente, la divergenza e il rotore, che compaiono per esempio nelle equazioni di Maxwell, sono
particolaritipidioperatori,ovverooperazionieseguitesuscalariosuvettorichefannocorrispondere
agliscalarioaivettoriconsideratialtrettantequantitàscalariovettoriali.
Il gradiente esprime la variazione di una grandezza fisica scalare per unità di lunghezza in una data
direzione.Peresempio,siparladigradientetermicoperesprimerelavariazionedellatemperaturalungo
una direzione scelta, o di gradiente di pressione, analogamente, per esprimere la variazione della
pressionelungounaparticolaredirezione.
Sidefiniscegradientediunafunzionescalaref(x,y,z),ilvettore,indicatocongradf, dato dalla somma
delletrederivateparzialiprimedellafunzionelungoletredirezioni,identificateattraversoitreversori
(che rappresentano i vettori di norma unitaria e di direzione e verso dei tre assi cartesiani x, y e z)
indicaticonleletterei,jek.Insimboli:
δf
δf
δf
gradf= i+ j+ k
δx
δy
δz
Ilgradientetrasformaunoscalareinunvettore.
Ladivergenzaèunoperatorechefacorrispondereaunvettoreunaquantitàscalare,datadallasomma
delle tre derivate parziali delle tre componenti del vettore lungo le direzioni x, y e z. In simboli, se il
vettoreèindicatoconv,hacomponentirispettivamentevx,vyevzlungoitreassicartesiani,ladivergenza
div,chesiscrivedivv,èdatada:
δv δv δv
divv= x+ y+ z
δx δy δz
La divergenza trasforma un vettore in uno scalare. Un campo vettoriale nel quale la divergenza del
vettorechelorappresentaènullaèdettocamposolenoidale:neèunesempioilcampomagneticoB, la
cuidivergenzaènullaperleequazionidiMaxwell,eciòesprimeilfattocheperilcampomagneticonon
esistonosorgenti.
Ilrotore,infine,èunoperatorevettorialecheassociaaunvettoreunaltrovettorelecuicomponentisono
datedalledifferenzetralederivateparzialidellecomponentidelvettorerispettoaitreassi,combinatea
dueadue.Ilrotorediunvettorev,dicomponentivx,vyevzlungoitreassicartesiani,siindicaconrotv,
edèdatoinparticolaredallarelazione:
δv δv
δv δv
δv δv
rotv=( z– y)i+( x– z)j+( y– x)k
δy δz
δz δx
δx δy
Ilrotorediunvettoreèancoraunvettore.
3.Lefunzionisenoecoseno
Seno
Coseno
Seno e coseno sono due funzioni periodiche che rappresentano molte grandezze fisiche che hanno
caratteristiche periodiche, come per esempio la radiazione elettromagnetica (v. cap. 19) o l’equazione
chedescriveilmotoarmonico.Lefunzionisenoecosenovengonodefinitedallatrigonometriapiana,la
parte della matematica che si occupa della misura dei lati e degli angoli di un triangolo, e viene
largamenteusatapercalcolaredistanzedigrandidimensioni,peresempioinastronomia.
Considerandountriangolorettangolo,conangoloαacuto,sidefinisceilsenodell’angoloα,esiindica
con sen α, il rapporto tra il cateto opposto ad α e l’ipotenusa; si definisce analogamente coseno
dell’angoloα,esiindicaconcosα,ilrapportotrailcatetoadiacenteadαel’ipotenusa(v.fig.1).
Se si considera una circonferenza di raggio unitario, con centro nell’origine di un sistema di assi
cartesiani, la funzione seno e la funzione coseno possono essere definite a partire dalla misura
dell’angolo α, percorrendo la circonferenza: si ottengono due funzioni periodiche (v. fig. 2), indicate
rispettivamentecony=senxey=cosx.L’estensionediquestefunzioniadangolisiapositivi(misuratiin
senso antiorario), sia negativi (misurati in senso orario), e di qualsiasi valore, dà luogo a funzioni del
tiposinusoideecosinusoide,ilcuigraficomostraunandamentoperiodico.
Le grandezze con andamento sinusoidale e cosinusoidale sono caratterizzate da un’ampiezza, data dal
valoremassimodellafunzionemisuratosull’assedelley,daunperiodo,datodalvalorecheintercorre
traduevaloriugualidellafunzione,sull’assedellex,edaunafrequenza,datadall’inversodelperiodo.
Figura1Significatodelsenoedelcosenodiunangoloinuntriangolorettangolo.
Figura2Senoecosenocomefunzionitrigonometriche,apartiredallacirconferenzaunitaria.
4.Lematrici
Matricequadrata
Calcolomatriciale
Le matrici, in matematica, sono insiemi di numeri organizzati in una tabella rettangolare, composta da
righeecolonne.UnamatriceAconmrigheencolonnesiidentificaattraversoilsimbolo:
Due matrici con uguale numero di righe e di colonne vengono dette simili e una matrice con uguale
numerodirigheedicolonnevienedettamatricequadrata.Duematricisipossonosommareelasomma
diduematricièdataasuavoltadaunamatrice,nellaqualeognielementoèlasommadeglielementidi
ugualpostodelleduematrici,osottrarre,conanalogadefinizione.Lamoltiplicazionediunamatriceper
unnumero(unoscalare)èdatadallamatricechehaperelementiilprodottodeglielementidellamatrice
originariaperloscalare.Esistonoinfinedelleregoleperdefinireilprodottodiduematrici.
Lo studio delle operazioni sulle matrici viene detto calcolo matriciale. Il calcolo matriciale viene
introdottoinmatematicacomeausilionellarisoluzionediproblemichealtrimenticomporterebberodei
calcoligravosi,comeperesempionellarisoluzionedeisistemidiequazionialgebriche,ehannoassunto
una rilevanza notevole in fisica, per esempio nella meccanica quantistica (v. cap. 24), a partire dalla
qualefusviluppatalameccanicamatriciale.
Principalicostantifondamentali
NOME
SIMBOLO
VALORE
costantedigravitazione
G
6,670·10–11newton·m2/kg2
numerodiAvogadro
NA
6,02252·1023mol–1
costantediFaraday
F
9,6487·104coulomb/mole
costantediBoltzmann
k
1,38054·10–23joule/K
costantedeigasperfetti
R
8,3143joule/mole·K
velocitàdellalucenelvuoto
c
2,9979246·108m/s
caricadell’elettrone
e
1,60219·10–19coulomb
costantedielettricadelvuoto
e0
8,8544·10–12coulomb2/N·m2
permeabilitàmagneticadelvuoto
m0
1,3566·10–6m·kg/coulomb2
massaariposodell’elettrone
me
9,1091·10–31kg
massaariposodelprotone
mp
1,6725·10–27kg
massaariposodelneutrone
mn
1,6748·10–27kg
raggioclassicodell’elettrone
re
2,81777·10–15m
costantediStefan-Boltzmann
s
5,6697·10–8joule/m2·s·K
costantediPlanck
h
6,62559·10–34joule·s
costantediRydberg
R•
1,09737·107m–1
costantediBohr
a0
0,529177·10–10m
costantedistrutturafine
a
1/137,036
Indice
Checos’èlafisica
1Ilmetodosperimentale
1.1Ilmetodosperimentale
1.2Grandezzefisicheeunitàdimisura
1.3Errorinellemisure
LAMECCANICA
2Ivettori
2.1Grandezzescalariegrandezzevettoriali
2.2Operazioniconivettori
3Ilmetodosperimentale
3.1Sistemadiriferimentoecoordinate
3.2Ilmotorettilineouniforme
3.3Ilmotorettilineononuniforme
4Imoticurvilinei
4.1Lavelocitàel’accelerazioneneimoticurvilinei
4.2Ilmotocircolareuniforme
4.3Ilmotoarmonico
5Leforzeeiprincipidelladinamica
5.1Leforze
5.2Laprimaleggedelladinamica
5.3Lasecondaleggedelladinamica
5.4Laterzaleggedelladinamica
5.5Leproprietàdellamateriaeleforzedicoesione
5.6Leforzediattrito
5.7Leforzeelastiche
5.8Leforzeapparenti
6Lagravitazioneuniversale
6.1LafisicacelestedagliantichigreciaCopernico
6.2LetreleggidiKeplero
6.3Laleggedellagravitazioneuniversale
6.4Ilmotodeiproiettili
6.5Ilmotodeisatelliti
7Lavoro,energiaepotenza
7.1Illavoro
7.2Formedienergiaesuetrasformazioni
7.3L’energiacinetica
7.4L’energiapotenziale
7.5Lapotenza
8Lavoro,energiaepotenza
8.1Leleggidiconservazione
8.2Laleggediconservazionedell’energia
8.3Laleggediconservazionedellaquantitàdimoto
9L’equilibrioeilmotorotatoriodeicorpi
9.1Puntomaterialeecorporigido
9.2L’equilibrio
9.3Equilibriostabile,instabile,indifferenteedenergiapotenziale
9.4Ilmotorotatorio
10Lameccanicadeifluidi
10.1Leproprietàdeifluidi
10.2Ladinamicadeifluidi
10.3L’idrostatica
10.4Lapressioneatmosferica
CALOREETERMODINAMICA
11Ilcaloreelatemperatura
11.1Iconcettidicaloreeditemperatura
11.2Lamisuradellatemperatura
11.3Lamisuradelcalore
11.4Lapropagazionedelcalore
12Icambiamentidistato
12.1Statidiaggregazionedellamateriaecambiamentidistato
12.2Lafusioneelasolidificazione
12.3Lavaporizzazione
12.4Laliquefazioneelacondensazione
12.5Lasublimazione
12.6Ilpuntotriplo
13Lateoriacineticadeigas
13.1Igasperfetti
13.2Leleggideigas
13.3Lateoriacineticadeigas
14Latermodinamica
14.1Isistemitermodinamici
14.2Letrasformazionitermodinamiche
14.3Ilprimoprincipiodellatermodinamica
14.4Ilsecondoprincipiodellatermodinamica
14.5L’entropia
L’ELETTROMAGNETISMO
15L’elettricitàstatica
15.1Naturadell’elettricità
15.2Elettrizzazionediuncorpo
15.3Lacaricaelettrica
15.4LaleggediCoulomb
16Ilcampoelettrico
16.1Ilconcettodicampoelettrico
16.2Ilpotenzialeelettrico
16.3Comeimmagazzinarecaricheelettriche
17Lacorrenteelettrica
17.1Checos’èlacorrenteelettrica
17.2Generatoriditensione
17.3Icircuitielettrici
17.4L’effettoJoule
17.5Lacorrenteneiliquidieneigas
18Ilmagnetismo
18.1Proprietàmagnetichedellamateria
18.2Ilcampomagnetico
18.3Legametraforzeelettricheeforzemagnetiche
18.4Intensitàdelcampomagnetico
18.5LaforzadiLorentz
19L’induzioneelettromagneticaeleequazionidiMaxwell
19.1Lascopertadell’induzioneelettromagnetica
19.2Laf.e.m.indotta
19.3Ilgeneratoreelettricodicorrentealternata
19.4LaleggediLenzel’autoinduzione
19.5IlcampoelettromagneticoeleequazionidiMaxwell
LEONDE
20Ifenomeniondulatori
20.1Definizioneetipidionde
20.2Caratteristichedelleonde
20.3Comportamentodelleonde
21Ilsuono
21.1Leondesonore
21.2Comepercepiamoilsuono
21.3Caratteridistintividelsuono
21.4Comportamentodelleondesonore
22Leondeelettromagnetiche
22.1Proprietàdelleondeelettromagnetiche
22.2Lospettrodelleondeelettromagnetiche
22.3IraggiγeiraggiX
22.4Leradiazioniultraviolette,visibilieinfrarosse
22.5Lemicroondeeleonderadio
23Laluce
23.1Caratteristichedellaluce
23.2Lariflessioneelarifrazionedellaluce
23.3Lelentieglistrumentiottici
23.4Ladiffrazioneel’interferenza
23.5L’effettoDopplerelospostamentoversoilrosso
LAFISICAMODERNA
24Lameccanicaquantisticael’atomo
24.1Versolameccanicaquantistica
24.2L’atomo
24.3Ondediprobabilità
24.4L’atomoapiùelettroni
24.5Emissioneeassorbimentodifotoni
25Ilnucleoeleparticelleelementari
25.1Composizionedelnucleoatomico
25.2Laradioattività
25.3Lafissioneelafusionenucleari
25.4Leparticelleelementari
26Larelatività
26.1Checos’èlarelatività
26.2Isistemidiriferimentoinerziali
26.3Larelativitàristretta
26.4Larelativitàgenerale
Appendice
Calcoliperlafisica
1.Illimiteeladerivatadiunafunzione
2.Ilgradiente,ladivergenzaeilrotore
3.Lefunzionisenoecoseno
4.Lematrici
Principalicostantifondamentali
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