tesi con bibliografia introduzione e conclusioni definitiva

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1.3 Principio dell'”etica degli affari”
Se nella nostra società assistiamo alla incompiutezza dell'etica
cristiana, laica e della responsabilità, nel mondo del lavoro il termine “etica
degli affari” si sta diffondendo nelle pratiche manageriali come un nuovo
metodo nella gestione dei rapporti umani all'interno delle aziende. A questo
punto, prima di proseguire è necessario definire in modo il più preciso
possibile questo termine. Secondo la definizione di Nicola Abbagnano nel
suo dizionario di filosofia, l'etica è in generale “la scienza della condotta”.
Nelle due concezioni fondamentali di questa definizione abbiamo quella che
la considera come “scienza del fine cui la condotta degli uomini dev'essere
indirizzata e dei mezzi per raggiungere tale fine; e deduce sia il fine che i
mezzi della natura dell'uomo.” La seconda concezione la definisce come
“quella che la considera come la scienza del movente della condotta umana
e cerca di determinare tale movente in vista di dirigere e disciplinare la
condotta stessa.” Queste due diverse concezioni servono per distinguere
come l'etica rappresenti da una parte l'ideale a cui l'uomo è indirizzato dalla
sua natura, la seconda invece considera i motivi e le cause della condotta
umana.10
Secondo la dottrina morale di Kant, ciò che realmente risulta
importante è il movente, non il fine, Kant ritiene che “il concetto del bene e
del male non deve essere determinato prima della legge morale ma soltanto
dopo di essa e attraverso di essa”11. Questo significa che Kant condivide la
concezione dell'etica del movente. In questo senso ha inteso la norma
morale come una forma assoluta di comando che si distingue appunto dagli
altri imperativi ipotetici che fanno capo alla tecnica.
10 N. Abbagnano: dizionario di filosofia, TEA, 1993
11 Kant I.: Critica della ragion pura EBOOK, APPLE, 2011
16
Partendo la questa definizione, parlare di etica degli affari come viene intesa
attualmente da molti amministratori di grandi società appare come un
paradosso. Infatti la maggior parte delle aziende che adottano principi di
etica degli affari non considerano la portata delle loro affermazioni. Molti di
questi, partono dal presupposto che operare determinate scelte a livello
organizzativo su come debba essere condotta un'attività e semplicemente
usando termini come “etico” o “sostenibile” sia sufficiente a significare che
l'uomo e l'ambiente sono al centro delle loro scelte. Molte di queste inoltre,
tendono a confondere il termine etica con etichetta e mirano a compiere
dichiarazioni relative al lavoro senza la minima base di autorevolezza. Si
pensi ad esempio alle multinazionali che dichiarano di essere attente alla
tutela sia delle persone che dell'ambiente ma nella realtà svolgono la loro
attività di produzione in paesi dove la manodopera risulta essere sottocosto,
sottopagata e viene molto spesso impiegata in ambiti al di sotto di ogni tutela
sia ambientale che sanitaria. Le giustificazioni dove molto spesso queste
società mascherano la palese mancanza di etica nei paesi legati alla
produzione sono relative al fatto che viene dichiarato di seguire e rispettare
le norme igienico sanitarie e di sicurezza del lavoro in base a quanto stabilito
nel paese dove viene svolto il lavoro. Ovviamente è fuor di dubbio che le
norme europee sono di gran lunga più limitanti e severe rispetto a quelle che
ci possono essere in altri paesi in via di sviluppo. Questo non significa che
rispettare esclusivamente le norme che in un altro paese prevedono che un
soggetto possa lavorare senza un minimo di tutela in quanto stabilito per
legge è un argomento valido per dichiararsi etici. In senso etico, l'impresa
dovrebbe esportare le norme che consentano di garantire le stesse
condizioni lavorative che nel paese dove risiede sarebbe costretta a
rispettare. In questo senso il caso più ecclatante è stato quello che nel 1997
ha sollevato l'opinione pubblica e riguarda il caso dello sfruttamento da parte
della NIKE di bambini dai 5 anni di età che venivano impiegati per cucire i
17
palloni ed i vestiti della società con sede in America. Tali bambini venivano
impiegati per 14-16 ore al giorno in condizioni igieniche pessime, per portare
avanti lavori massacranti, in fabbriche buie e malsane. Nel luglio 2002 la
Nike annuncia che i suoi stabilimenti saranno controllati dall'Organizzazione
Internazionale del Lavoro per salvaguardare lo sfruttamento minorile.12
Nell'aprile 2007 in 20.000 sfilano contro la multinazionale nel più grosso
sciopero della storia del Vietnam. Gli operai denunciano uno stipendio
inferiore a un paio di scarpe.13
A livello mondiale ormai le grandi multinazionali pensano allo stesso
modo, per poter guadagnare di più è necessario spostarsi in altri luoghi dove
il profitto possa essere sempre alto ma abbassando i costi della
manodopera.
12 http://it.wikipedia.org/wiki/Nike_(azienda)
13 http://www.repubblica.it/2008/04/sezioni/esteri/vietnam-sciopero/vietnam-sciopero/vietnamsciopero.html
18
1.4 Le “carte etiche” e loro contraddizione
Le aziende dall'inizio degli anni '90 hanno cominciato a dotarsi di
“carte etiche” intese a illustrare e motivare il loro impegno nell'attenzione ai
valori morali e di tutela dell'ambiente. Le carte etiche vengono introdotte per
offrire al lavoratore ed alla collettività l'illusione che l'azienda operi
rispettando una precisa condotta morale nel normale svolgimento del lavoro.
Importata dagli Stati Uniti la nozione di etica degli affari ha già
conquistato molte aziende in Europa. Moralizzare il mondo del lavoro
sembra oggi diventata una priorità per restituire fiducia agli investitori e
lavoratori. Numerose multinazionali fanno dunque sempre maggior ricorso a
concetti quali responsabilità sociale e sviluppo sostenibile. Molte di queste
addirittura danno vita a fondazioni, si impegnano nella difesa dell'ambiente e
finanziano scuole nei paesi in via di sviluppo, compiono dichiarazioni sui
diritti umani come L'OREAL che nel suo “Rapport développement durable
2006” (Rapporto sullo sviluppo sostenibile) afferma di voler adottare un
comportamento “irreprensibile” affinché l'azienda “riesca a trasformarsi
realmente in un modello di azienda attenta alle esigenze delle persone”14.
Sembrerebbe quindi che l'etica degli affari riesca a sottrarre l'azienda al
paradigma economico classico, ovvero la separazione tra mondo degli affari
e sfera morale. In questo senso viene a cadere quello che, secondo la
Scuola di Chicago e del cuo capofila Milton Friedman, sosteneva, ovvero
che in un'economia di mercato di tipo capitalista l'unico dovere di un
imprenditore è quello di soddisfare gli azionisti15. Il caso L'OREAL ha rivelato
come l'azienda, per mezzo dello slogan “Tutti coloro che lavorano con e per
L'OREAL hanno il diritto a un ambiente di lavoro salutare, sicuro e protetto”
14 M. Marzano: Estensione del dominio della manipolazione, OSCAR MONDADORI, 2010 pag. 57
15 F. Milton: Capitalismo e libertà, PORDENONE, STUDIO TESI, 1995 p. 149
19
ha instaurato dei processi di controllo sui dipendenti per mezzo di una
campagna interna non solo nell'ambito lavorativo ma nella vita privata
facendola passare per apprensione nei confronti del lavoratore. In questo
modo, creando una sorta di spirito paternalistico da parte dei responsabili, in
realtà, si cercava di indagare sulle vite private dei dipendenti per scoprire
eventuali motivazioni legate alla loro magari scarsa efficienza lavorativa.16
La domanda in questo senso è la seguente: quali sono le reali
intenzioni di coloro i quali difendono l'azienda come se fosse un attore
sociale dotato di responsabilità morale nei confronti della società?
Con tutta probabilità ci troviamo di fronte ad una nuova forma di
ipocrisia che, travestita da etica punta in realtà a sfruttare al meglio gli esseri
umani. Le carte etiche sono delle vere e proprie dichiarazioni d'intenti,
queste carte si rivelano molto importanti per ciò che riescono a suggerire
relativamente all'ideologia di un gruppo o di un'epoca
Analizzando quelle che sono le prerogative indicate nelle carte etiche
troviamo alcuni punti chiave per raggrupparle in diverse modalità di
intervento nei confronti del dipendente:
1. uno dei principi cardine è lo sviluppo della professionalità di tutti i
16 La carta di L'Oréal risulta eloquente in quanto venivano proposti alcuni esempi, sotto forma di
domanda e risposta. “D: Il mio supervisore si dice preoccupato, pensa che io non dorma a
sufficienza e mi ha suggerito di non uscire così spesso la sera dopo il lavoro. Dice di aver paura
che io mi addormenti e abbia un incidente. Ok, una volta o due ero un po' assonnato...ma sono
comunque in grado si svolgere il mio lavoro. Sicuramente non sono affari suoi cosa faccio dopo
l'orario di lavoro, giusto? Non ho il diritto di avere una vita privata? Penso di che si stia
comportando in modo meschino. Che devo Fare? R: I dipendenti trascorrono le loro serate come
desiderano. Ma se la stanchezza mette loro e gli altri a rischio, il supervisore ha ragione a
sollevare il problema (anche se deve farlo con sensibilità e rispetto della privacy). Nonostante il
rispetto dell'azienda per la vita privata dei dipendenti , il comportamento che potrebbe generare un
pericolo per la sicurezza a danno del dipendente o dei colleghe non può essere accettato. In fatto
di sicurezza non può esserci compromesso.”
www.loreal.fr/_fr/_fr/html/company/pdf/code_of_ethics_italian.pdf
20
dipendenti. Anche se lodevole come intento, il soggetto viene
semplicemente relegato a risorsa “impiegabile” e “spendibile”
nell'attività lavorativa. Parlare di impiegabilità del soggetto significa in
qualche modo definire questo concetto che indica la speranza
oggettiva, o probabilità più o meno elevata, da parte di un soggetto di
trovare un'impiego17. Oggi questo termine è diventato di uso comune
nel linguaggio manageriale, al punto da comparire molto spesso nella
stampa di settore, specchio eloquente del mondo di cui si fa
portavoce, anche se il termine descrive realtà diverse, spesso, serve
come alibi per dissimulare rapporti di forza non paritari. Alcuni
manager
quando
parlano
di
impiegabilità,
si
riferiscono
a
“caratteristiche essenziali” di cui è necessario essere dotati, prima di
intraprendere il processo di integrazione in un ambiente di lavoro, tra
queste doti ci sono “salute fisica e mentale” e “autonomia sociale”,
“spirito di responsabilità” e “dominio di sè” tutte doti che determinano
in modo ambiguo quello che è in realtà lo scopo di queste
organizzazioni, mascherare rapporti di forza non paritari e legittimarli
usando queste formule. Parlare perciò di impiegabilità significa
iniziare una prima distinzione tra i titolari di competenze chiave e gli
altri. Dove i primi, grazie alle competenze acquisite non devono
preoccuparsi più di tanto della loro carriera, gli altri diventando perciò
impiegabili potranno essere sempre sostituiti e la loro presenza in
azienda è considerata temporanea. In questo senso impiegabilità
diventa un sinonimo di sostituibilità. Soprattutto in questi ultimi anni
dove nelle aziende il turn over lavorativo ha subito un progressivo
aumento, i lavoratori che per qualche motivo non corrispondono
all'ideale aziendale possono essere facilmente rimpiazzati sia per
l'aumentata domanda di lavoro, ma anche per la grande diffusione di
17 M. Marzano: Estensione del dominio della manipolazione, OSCAR MONDADORI, 2010
21
contratti a termine che la legislazione ha consentito; quest'ultimi poi
non garantendo una continuità lavorativa creano quello stato di
incertezza del lavoratore che non ha più potere contrattuale
relativamente al lavoro.
2. Oltre ad essere impiegati in un'azienda molto spesso nelle carte
etiche appaiono dichiarazioni che mirano ad acquisire la capacità di
rispondere ai bisogni dell'azienda senza venir meno delle
aspirazioni personali di ognuno. Anche questa dichiarazione
nasconde un ulteriore paradosso, quello relativo al fatto che anche se
dichiarato, nella realtà quello che conta è il livello di efficienza del
lavoratore non la sua presenza come persona. In questo senso non si
vuole intendere che l'azienda deve essere composta da personale
passivo che coscientemente non svolte alcuna mansione. Il concetto
che sta alla base dell'efficienza è che viene valorizzata l'autonomia
personale dei lavoratori, l'assunzione di rischi da parte di ogni singolo
attore, creando un senso di responsabilità nei confronti del proprio
lavoro. Perché acquisisca senso però, è sempre e comunque
sottoposto alla valutazione dei risultati. Le aziende pretendono di
riconoscere la libertà di azione del singolo e nello stesso tempo il suo
principale interesse è il raggiungimento degli obiettivi prefissati.
Questo indica alla fine il reale obiettivo che sta alla base delle carte
etiche in azienda secondo le quali è necessario permettere alle
persone di realizzarsi attraverso il lavoro. Il lavoro, a tutti gli effetti,
permette ad un individuo di consolidare la propria identità e di
realizzarsi nella sfera pubblica tramite il riconoscimento sociale dei
risultati della sua attività. Mascherare però la realizzazione personale
in un'esigenza di produttività maggiore, a volte a scapito dei lavoratori
stessi diventa manipolatorio. Attualmente usando un paragone, i
22
dipendenti sono simili ai pedoni di una scacchiera, vengono cioè
spostati a seconda delle necessità dell'azienda e si illudono così che
il tutto avvenga per la propria personale realizzazione personale.
Viene a mancare oltretutto il principio di non contraddizione, infatti, se
ho autonomia di scelta su come operare ma l'obiettivo che devo
raggiungere limita esso stesso la mia libertà di azione si crea
ovviamente una contraddizione in termini.
3. Altro punto utilizzato sovente in questi protocolli etici in azienda è
quello relativa alla ricerca di perseguire e realizzare modalità
organizzative in grado di favorire la reattività dei soggetti
attraverso
l'adattamento
permanente
e
la
trasversalità.
Confrontare questo punto con il precedente ci mette nelle condizioni
di determinare il paradosso tra responsabilità e adattamento
permanente, lo scambio di idee e la performance. Per adeguarsi ai
flussi di mercato si favorisce un management che valorizza la
capacità
di
adattarsi
ai
cambiamenti,
ai
trasferimenti,
alla
trasversalità. Bisogna identificare strategie, priorità e strumenti di
misura per le performance collettive. La singolarità del lavoratore è
messa al servizio dell'urgenza e dell'adattabilità. Un presupposto fin
troppo evidente è che essere responsabili non significa sempre
sapersi adattare. Quando un individuo svolge un ruolo o una
funzione, la responsabilità gli richiede di rispondere della precisa
esecuzione dei compiti cui è incaricato, si presume perciò che un
individuo responsabile si totalmente coinvolto nel suo lavoro e che
non riesca a adeguarsi continuamente al cambiamento; altrimenti
risulterebbe disinteressato alle conseguenze delle sue azioni o delle
sue scelte. Essere coerenti è uno dei cardini della responsabilità. Il
costante
adattamento
esige
23
invece
un'attenzione
volta
al
cambiamento piuttosto che ai compiti. Non serve a questo punto
ricordare che una persona che risulta essere più attenta ai
cambiamenti che hai compiti a livello sociale viene considerato di
norma un manipolatore.
4. Le carte etiche fanno credere che il feedback nei confronti della
dirigenza sia reale e non solo fittizio. Il presupposto sta nel fatto che
la comunicazione tra dipendenti e leader permette a ciascuno di
comprendere i successi aziendali. Comunicare e ascolto diventano
le parole chiave di un altro punto su cui le carte etiche si fondano.
Ogni azienda fa uso e si esprime con sofisticati modelli comunicativi:
una riunione per i budget, un evento per presentare un prodotto
nuovo, il nuovo logo dell'azienda sono solo alcuni degli esempi
utilizzati. Il messaggio che si vuole veicolare in questo caso è
estremamente chiaro; l'idea di eccellenza di un determinato brand o
prodotto, di una marca o di un progetto. Adesso poi la comunicazione
è ancora più rivolta alla sfera emozionale. L'uso che viene fatto dalle
aziende è l'utilizzo di script cinematografici, la presentazione di un
prodotto quasi come se fosse un film hollywoodiano. In realtà quella
che noi consideriamo comunicazione, o meglio ciò che i dirigenti
vogliono farci credere, in realtà è propaganda che nel suo significato
letterale significa “ciò che deve essere propagato”. Se l'origine di
questa parola determina il suo reale significato ovvero la neutrale
diffusione di opinioni senza alcun accenno a manipolazione, dopo la
prima guerra mondiale il termine propaganda ha iniziato ad essere
utilizzato nel significato che detiene ancora oggi. Un discorso cioè
che mira a indirizzare, cristallizzare e manipolare l'opinione pubblica.
L'uso di propaganda a livello aziendale, ha il preciso scopo di
mantenere i poteri aziendali al riparo dalle logiche democratiche. Di
24
conseguenza non ci può essere propaganda e ascolto insieme.
Sarebbe un paradosso. Quello che accade in azienda è che viene
data l'impressione di ascoltare ma in realtà idee, decisioni, futuro
lavorativo sono già stati decisi, comunicati in modo accattivante, ma
decisi. Anche in questo particolare ambito sull'utilizzo delle carte
etiche è possibile evidenziare un paradosso. Questo intercorre tra il
senso del termine comunicazione, inteso come mettere in comune,
far partecipe e il reale significato che assume una volta manipolato
dagli organi dirigenziali dell'azienda.
5. Elaborare un carta etica presuppone che oltre nei confronti dei
lavoratori la responsabilità di azienda sia anche nei confronti del
mondo esterno. Viene infatti introdotto e si abusa molto spesso nelle
azienda il concetto di “responsabilità sociale d'impresa”. La
nozione appena citata appoggia sul fatto che le aziende debbano
assumere responsabilità che vanno oltre il loro diretto ambito di
azione. Ci poniamo di fronte ad una visione globale d'azienda, il cui
scopo, secondo queste formule, non coinciderebbe più unicamente
con l'accumulo di ricchezza ma con l'esigenza di trovare equilibrio tra
gli interessi degli azionisti e quelli della società. In un certo senso,
intervenire a salvaguardia del pianeta equivale in qualche modo a
sostituirsi in parte ai governi nazionali che di norma si occupano di far
rispettare alle imprese le regole sulla tutela dell'ambiente. Viene
veicolato il principio secondo il quale i leader aziendali hanno come
obiettivo non solo la responsabilità economica ma anche quella
sociale ed infine ambientale. Anche ENRON aveva ricevuto numerose
onorificenze per il suo impegno nella tutela dell'ambiente ed era
considerata
un'impresa
modello
per
quanto
riguardava
la
salvaguardia del pianeta. Valutando poi quello che è successo dopo
25
la bancarotta nel 2001 viene il sospetto che occuparsi di tutela
ambientale sia solo un modo per sottrarsi agli impegni morali
ponendosi al di sopra di tutte le istanze esterne che potrebbero
invece richiamarla alla sua precisa responsabilità. La promessa di
mostrarsi maggiormente responsabili verso l'ambiente, naturale e
umano può sviare l'attenzione della società dalla necessità di
regolamentazioni più severe. La provocazione finale potrebbe essere:
esistono diverse modalità di certificazione ambientale che possono
essere acquisite per mezzo di audit specifici riguardanti il lavoro;
quelli possono essere gli attestati che certificano le modalità con le
quali un'impresa si fa testimone di una reale politica di difesa
ambientale, ma come tutte le cose che richiedono più di una semplice
dichiarazione, hanno un costo, anche non solo in termini economici
troppo alto.
Risulta perciò necessario ed indispensabile analizzare seriamente
queste carte etiche in quanto nascondono l'ambigua delle aziende che le
hanno proposte. Basti al proposito pensare alla grande quantità di agenzie
di “marketing etico” che vengono interpellate per questo genere di interventi.
26
1.4.1 Lo studio del caso ENRON
Trattare un caso come ENRON risulta essere sufficientemente
esplicativo per affrontare oltre al principio dichiarato di etica degli affari
anche le dinamiche di leadership che si vengono a creare in una società
multinazionale.
Jeff Skilling dirigente della multinazionale ENRON, condannato a 24
anni e 4 mesi di prigione per insider trading, ha rappresentato il modello di
manager in grado di spingere le persone al di là dei loro limiti. La società
ENRON è stata definita il settimo maggior colosso americano, valutata circa
settanta miliardi di dollari prima ovviamente della bancarotta del 2001. Si
trattava di un'azienda giovane, nata nel 1985, grazie ad amicizie importanti,
una tra tutte il Presidente degli Stati Uniti George Bush. Riuscì a trarre
profitto dalla deregolamentazione dei mercati energetici, in particolare quello
del gas. Quello che Skilling introdusse in ENRON furono idee nuove. Skilling
era considerato un visionario, un uomo in grado di convincere chiunque di
essere l'unico a conoscere il futuro, (ricordiamo, in particolare, il discorso
relativo alla manipolazione). L'idea di Skilling è una nuova idea, peraltro
palesemente ambigua, convertire ENRON in un'agenzia di Borsa del gas
naturale. Diventa cioè un compratore e venditore di gas naturale per tutto il
nord America come se si trattasse di comprare e vendere azioni in borsa,
che come il mercato insegna, prevede un rischio di esposizione finanziaria
notevole. Skilling impone una particolare formula contabile detta anche
contabilità secondo il prezzo di mercato, questo consente in sintesi di
registrare i potenziali benefici nel momento stesso in cui un contratto viene
siglato, a prescindere però dall'effettiva liquidazione dello stesso. Viene cioè
introdotto un principio di tipo soggettivo per determinare la redditività di una
27
multinazionale. Questo è stato il primo ma anche per fortuna ultimo caso in
cui si è operata una simile scelta di schizofrenia finanziaria salvo poi la crisi
dei mutui subprime (letteralmente prestiti concessi su debiti) sempre negli
Stati Uniti. Analizzando poi nel dettaglio le strategie rivolte al personale dallo
stesso Skilling troviamo espressa tutta la sua logica Darwiniana.
Principalmente Skilling utilizzava tutto un armamentario di un certo delirio
manageriale contemporaneo: corsi di sopravvivenza nella giungla, salto con
l'elastico, discesa di rafting; organizzate allo scopo di portare la pratica
sportiva estrema all'interno dell'ambito lavorativo. Accettare questo genere di
giochi equivale perciò a mostrarsi aperti all'opportunità di affrontare
situazioni impreviste. In questo ambito Skilling decide di istituire una
commissione di studio e di valutazione del personale.18 Dopo ogni
valutazione, chi non passa i vari test deve andarsene. Quelli che rimangono
perciò potranno proseguire e diventare milionari. In ogni caso ENRON
veniva considerata da tutti gli operatori del settore come l'azienda che
poteva diventare esempio per tutte quelle multinazionali appartenenti alla old
economy che non erano in grado di stare al passo con i tempi. In ogni caso,
negli anni 90 nonostante l'ascesa in borsa e gli apprezzamenti della
maggioranza degli analisti finanziari, che descrivono l'azienda come un
esempio di audacia e modernità, ENRON continua a perdere soldi. Il mondo
economico, ritenendosi in qualche modo libero da qualsiasi vincolo
ideologico, chiude gli occhi e continua a considerare ENRON come un
modello di corporate governance in grado di operare al meglio sul mercato
deregolamentato dei prodotti derivati. Quando nel 2001 Skilling si dimette
riesce a vendere tutte le sue stock option ad un prezzo altissimo,
guadagnando una fortuna e poco dopo ENRON dichiara bancarotta. Come
se non bastasse i dipendenti scoprono dal regolamento interno che non è
permesso vendere le azioni se quest'ultime sono in ribasso. In questo modo
18 M. Marzano: Estensione del dominio della manipolazione, OSCAR MONDADORI, 2010 pag. 53
28
oltre a svelare la reale portata di tutte le false dichiarazioni di etica del lavoro
intese da Skilling si è creata una voragine economica che scosse
profondamente il mercato americano e pose le basi quasi un decennio in
anticipo alla attuale crisi economica mondiale. E' importante in ogni caso
dare alcune cifre della caduta di ENRON per dare le giuste dimensioni di
impatto di una simile bancarotta: si parla di circa 20.000 persone licenziate
seduta stante, il 98% del valore delle azioni di ENRON cadute in meno di
ventiquattro giorni.
Il ministro del tesoro Americano O'Neill seguendo quello che è il
protocollo basato sul “consenso di Washington” che si basa su una forte
impronta liberare riguardo la gestione del mercato, dichiarava che cose simili
accadono in quanto il sistema si autoregola da solo. Il sistema funziona,
sono state le persone ad aver sbagliato investimenti, sia questi i dirigenti che
i dipendenti.
Il seme che ha generato il disastro finanziario di ENRON può essere
in qualche modo riferito alla concezione che Skilling aveva di eccellenza. Di
certo il CEO di ENRON mirando ad una determinata politica aziendale nei
confronti dei dipendenti ma anche nei confronti del mercato si basava sulla
concezione di eccellenza di Leadership. Secondo Zenger e Folkman i
“grandi leader fanno un grande differenza”19. Secondo questo approccio un
soggetto non deve accontentarsi di essere solo un buon leader ma deve
diventare eccellente. Per dimostrare di essere tale deve essere in grado di
circondarsi di soggetti che lo seguano nella sua mission aziendale, e deve
essere in grado più di altri a creare profitto e guadagno immediato per
l'azienda.
In realtà ENRON, sotto la gestione Skilling ha registrato un alto tasso
19
Zenger J. H., Folkman J. R.: Il leader straordinario, FRANCO ANGELI, MILANO 2010
29
di assertività del dipendente nei confronti dell'azienda proprio in virtù delle
attività che il CEO proponeva a tutti i dipendenti. Dall'altra era riuscito a
coinvolgere così tanto sia le agenzie di rating che gli operatori di borsa
facendo passare ENRON per una società sicura ed economicamente solida.
In questo senso Skilling era riuscito nel compito di essere un leader
eccellente, era riuscito a creare assertività, spirito di gruppo, redditività
(presunta) per una multinazionale, era riuscito inoltre ad avere il benestare
delle principale agenzie di rating non considerando però che tutto questo è
“costato” circa 70 miliardi di dollari e 20.000 posti di lavoro.
30
1.5 L'abuso del senso Etico in azienda
Concretamente, le aziende, tramite i loro manager, rivolgono concetti
del tutto contraddittori e stridenti in modo tale da affermare tutto e il contrario
di tutto allo stesso momento. Seduzione e intimidazione sono gli ingredienti
principali dei concetti veicolati dai manager. Il manager seduce, promette
molto, fa leva sul sentimento etico per far credere che tutto è realizzabile.
L'intimidazione invece, viene utilizzata come un metodo che è stato a lungo
collaudato dalla chiesa in questo senso. Se il successo cioè è alla portata di
tutti come si è visto nel capitolo riguardante ENRON, per quanto riguarda il
principio della seduzione, è evidente che coloro che non hanno avuto
successo, non hanno ben compreso i messaggi o non hanno applicato le
ricette giuste o, infine, non si sono impegnati a sufficienza. Seguendo i due
casi sopraesposti non possiamo non considerare che quando un'azienda
crede di essere un luogo di costruzione del senso o di condivisione di scopi,
evidentemente usa un pretesto per celare l'obiettivo principale che risulta
essere la condivisione degli utili tra i soci. Utilizzare il termine etica serve
esclusivamente a evitare il giudizio da parte della società civile. Nella realtà
sarebbe sufficiente non essere ipocriti e non cercare in ogni modo di celare
e nascondere quello che invece è un dato inconfutabile ovvero che le
società al giorno d'oggi fanno appello a valori inconciliabili tra loro, La
necessità di realizzazione personale con l'eccellenza, l'autonomia ma anche
il conformismo. In questo senso i leader aziendali, oggi manager, sono
chiamati innanzitutto ad essere loro stessi conformi a questo sistema di
ambiguità e devono essere d'esempio nei confronti dei soggetti che
collaborano con loro.
E' importante precisare che non c'è nulla di immorale nel richiedere
l'eccellenza al personale per ottimizzare ed aumentare i profitti, scopo
31
oltretutto di ogni attività produttiva. Quello che non è sostenibile è che per
arrivare a questo si faccia ricorso alla retorica sulla propria realizzazione
personale per far credere che ogni dipendente e parte integrante della
crescita che si vuole realizzare. In questo modo oltre a generare
incomprensione non si riconosce più l'importanza del lavoro nella vita di ogni
individuo ma si riduce l'uomo al suo lavoro facendogli credere il contrario.
L'etica degli affari risulta essere incoerente rispetto a quello che dichiara e
non tiene conto soprattutto di una caratteristica fondamentale dell'uomo
applicata alla società ed al lavoro. Ogni essere umano ha un percorso
personale molto articolato. Ogni uomo ha obiettivi, desideri, aspirazioni ma
nel corso della vita questi possono anche cambiare e modificarsi. La
caratteristica più importante di ogni uomo è probabilmente proprio la grande
capacità di confrontarsi con situazioni che possano mettere in discussione le
sue concezioni della vita ma anche le sue idee. Questa caratteristica unica e
imprescindibile viene ridotta ai minimi termini dalla precarietà della nostra
società, in quanto, diventa molto difficile essere attori del proprio destino
quando la flessibilità o la mobilità forzata lo impediscono.
32
1.6 La valutazione Manageriale
Se oltre alla difficoltà di poter pianificare un proprio percorso di
crescita personale si aggiunge anche l'ansia delle valutazioni in ambito
lavorativo il quadro diventa completo. Durante la crisi economica degli anni
Ottanta i manager cominciano a esaminare l'ipotesi che il lavoro di ogni
soggetto può essere sottoposto a controllo e valutazione. Il principio fino ad
allora valido secondo cui il lavoratore fedele veniva in qualche modo protetto
dal datore di lavoro, a meno di un fallimento, lascia il posto al concetto di
impiegabilità del lavoratore. Diventa perciò indispensabile per le aziende
ideare una sorta di modello con il quale giudicare l'operato del lavoratore per
verificarne appunto l'impiegabilità. Le competenze vengono definite dai
manager del lavoro come combinazioni di varie capacità. Le abilità tecniche
sono considerate le più importanti. Infatti una delle critica mosse a questa
concezione di pensiero è proprio relativa al fatto che tutti, dai manager agli
impiegati vengono giudicati esclusivamente per le loro capacità tecniche e
non anche per le virtù morali che portano con sè. Altra importante
caratteristica è rappresentata dall'esperienza che il soggetto viene ad
acquisire dall'ambito lavorativo, tutto quel bagaglio di conoscenze che
vengono acquisite nel posto di lavoro contribuiscono ad alimentare tali
competenze lavorative. Sebbene possa sembrare che queste caratteristiche
si dimostrino utili al soggetto che le possiede quali bagaglio personale, in
realtà diventano oggetto di continua analisi ed aggiornamento. Queste
competenze infatti, vengono richieste con lo scopo di aumentare sempre di
più la redditività. Diventa perciò una sorta di corsa contro il tempo per
riuscire in qualche modo ad essere sempre un passo avanti, non per
crescita personale ma per sopravvivere all'interno delle realtà lavorative.
Tutto questo prende il nome di gestione delle risorse umane.
33
L'individuo contemporaneo è ossessionato dal controllo sul proprio
lavoro, deve considerare di “essere padrone del proprio tempo lavorativo”
per poter essere libero di controllare la propria vita privata. Questa forma di
follia viene generata appunto dalle spinte provocate dalla valutazione
manageriale e dall'esigenza di essere sempre pronti ad affrontare una nuova
giornata lavorativa.
Questo meccanismo perverso che coinvolge il lavoratore viene usato
da molta parte di una classe manageriale che in virtù della posizione
occupata porta gli individui al limite delle proprie possibilità. Gestire e
valutare i dipendenti, stabilire la loro competenza ed impiegabilità genera
questo tipo di schizofrenia. Parlare di gestione del personale però è
sbagliato in quanto il verbo gestire significa amministrare e di norma viene
usato per indicare beni, interessi o affari. In senso lato, il termine può essere
usato nel senso di organizzare. Il verbo dominare invece implica l'idea del
controllo: si può dominare una persona osservandola, dominando le sue
passioni, emozioni o istinti. Tutto quello che riguarda la comunicazione in
azienda implica che il dipendente è messo di fronte a un numero sempre
crescente di rappresentazioni e discorsi che rimandano all'idea di controllo e
di
dominio.
Quello
che
viene
identificato
come
un
principio
di
autoaffermazione per poter essere un elemento in azienda, riguarda la
capacità di essere responsabile della propria condizione lavorativa e delle
proprie competenze, non è ammissibile che per arrivare a simili risultati si
debba andare incontro a derive psicologiche se non è possibile tenere tutto
sotto controllo o a gestire ogni cosa. Questo non significa incompetenza ma
consapevolezza che portare un soggetto ai limiti delle sue capacità per
verificare il suo grado di impiegabilità e giudicarlo per ciò che non è stato in
grado di fare è un sistema folle di controllo che non può più essere applicato
nella nostra società.
34
1.7 Il Manager officiante della tecnica
Se consideriamo che i parametri base sui quali viene misurata
l'impiegabilità di una persona sono l'efficienza e l'efficacia non possiamo che
considerare la nostra come l'era della tecnica. I parametri infatti di efficienza
ed efficacia sono cardini del fare organizzativo. In molte realtà aziendali e
soprattutto quando si parla di formazione ci si riferisce non a “collaboratori”
ma a “risorse”, “risorse umane”. Il carattere prevalentemente strumentale
alla base di questa considerazione pone i soggetti impiegati nelle
organizzazioni produttive ad essere prima di ogni altra cosa dei mezzi per
raggiungere uno scopo, il profitto.
Il manager tecnico non è altro che un officiante della tecnica,20 applica
cioè la medesima strategia per governare ogni ambito dell'uomo. Tutto ciò
che può essere quantificato come prestazione, legato cioè, secondo una
valutazione efficientistica, a parole come produttività, innovazione e
ottimizzazione. Tutto ciò che è “invisibile” agli occhi di queste persone, viene
totalmente ignorato. L'aspetto esistenziale delle persone non trova spazio, in
quanto non interessa all'apparato tecnico strumentale. La ricerca di un
senso, al di là del fare tutto e subito, viene in qualche modo boicottata, in
quanto, placherebbe troppe le ansie che nell'organizzazione vengono invece
alimentate proprio per mantenere e riprodurre il passo e la velocità imposte
dalla tecnologia. Il pensare organizzativo ne risulta impoverito, viene
semplificato per essere asservito ai ritmi imposti dall'acquisizione di
competenza tecnologia, sempre più disponibile, e appunto valutabile dai
manager. I tempi di produzione, anche intellettuale, sono compressi, ristretti;
la velocità regna sovrana nelle organizzazioni. Si genera una sensazione
legata alla valutazione che fa sentire i dipendenti in “perenne ritardo” sul loro
20 A. Vitullo: Leadership riflessive, APOGEO, MILANO, 2006 pag. 2
35
lavoro. E' come se la libertà acquisita con il lavoro sia legata saldamente al
principio del “cosa so fare”. La condizione essenziale per essere liberi è
quella di essere competenti in qualcosa all'interno del contesto lavorativo
che ha bisogno di quella particolare competenza. Nel momento in cui il
dipendente viene valutato in modo positivo in relazione al grado di
competenza raggiunto, viene automaticamente acquisita la possibilità di
lavorare secondo il target che l'azienda ha imposto. Se però un soggetto
aspirasse a essere qualcuno con competenze diverse da quelle già
acquisite, crollano tutti gli equilibri appena descritti, in quanto il mio essere
nel mondo dei legami professionali non è più funzionale al sistema, in sintesi
non sono più valutabile, o meglio sono valutabile negativamente. In questo
modo nelle realtà aziendali il processo di valutazione indica la capacità di
essere competenti per essere alla fine liberi. Indubbiamente questo crea uno
sfaldamento tra vita lavorativa e vita privata dove invece risiedono le
aspirazioni personali. Essere identificati solo ed esclusivamente per le
proprie competenze tecniche rivela l'illusorietà del senso di libertà se
applicato in azienda. Si crea come una sorta di schizofrenia dove da una lato
c'è l'individuo socialmente e lavorativamente inserito che grazie alla propria
competenza è in grado di far crescere la realtà lavorativa e dall'altra il
soggetto privato, con le sue aspirazioni, passioni ed anche intuizioni che
però non trovano posto all'interno della società della tecnica. Vale la pena
richiamare un momento il concetto di Libertà secondo Platone per
confrontarlo con il significato deviante che è stato esposto poco sopra.
Essere liberi significa nutrire da dentro il proprio daìmon, quel demone che
secondo Platone appunto ciascuno di noi riceve come compagno prima della
nascita e che costituisce la chiave per leggere la propria vocazione, la
propria chiamata, quel qualcosa che da dentro ci porta a essere in un certo
modo e a fare determinate scelte, per liberare la vita e “realizzarsi” sulla
terra secondo un disegno divino.
36
Tutto quello che il manager è chiamato a fare non è altro che
coordinare nel migliore dei modi quelle che sono le risorse umane in azienda
per ottenere il massimo risultato. Un ulteriore problema è rappresentato dal
fatto che attualmente parlare di altre competenze oltre a quelle tecniche
risulta fonte di derisione dalla stragrande maggioranza delle persone.
Declassare però l'etica a fare esclusivo della tecnica come abbiamo visto è
un grave errore. Quest'anno, è soprattutto nell'ultimo periodo, abbiamo
assistito oltre al crollo dei mercati finanziari anche al crollo del governo
italiano e la formazione di un governo tecnico che dovrebbe consentire,
secondo il programma esposto in questi giorni, di uscire dalla crisi di cui il
nostro paese, per tutta una serie di motivi che non sono tema del presente
elaborato, è vittima. Da ogni parte politica e sociale la voce è unanime. Si
richiede ai cittadini tutta una serie di sacrifici perché la salvezza del paese e
della moneta europea è l'unico modo per evitare il fallimento dello stato.
Verranno perciò avviati tutta una serie di pacchetti per rendere effettiva in
tempi brevi una manovra di correzione sui conti pubblici. Questo preambolo
serve per contestualizzare un principio. In un ipotesi di governo tecnico,
dove perciò le scelte devono essere distanti dalle posizioni politiche di
ciascuno in quanto la situazione è di emergenza, si chiede ai cittadini di
stringere i denti. I sacrifici dovranno essere fatti da tutti per il bene comune.
Questo slancio paternalistico non è altro che l'etica utilizzata a favore e
come paravento per la tecnica. Non volendo entrare nel merito di ogni
decisione assunta dal governo, in quanto non è oggetto dell'elaborato, non si
può non considerare che è in virtù di scelte tecniche assunte dai governi
precedenti, di qualunque corrente politica essi siano stati, che si è giunti ad
una simile situazione. Ora però per spronare i cittadini si ricorre al senso
etico dello stato perché risulta più facile coinvolgere le persone con delle
dichiarazioni simili piuttosto che con un'analisi tecnica e non politica che
37
spieghi come la situazione si sta evolvendo e soprattutto una spiegazione
chiara del motivo reale per cui ci troviamo in questa situazione. E' tra l'altro
evidente proprio in questi giorni che i cittadini, in modo particolare la
categoria degli autotrasportatori, non riescono più a far fronte all'aumento
del costo del carburante deciso dal governo qualche settimana fa.21 Perché
si è giunti a questo punto? Perché delle scelte così dannose per l'economia
di un paese? Domande lecite che necessitano di una spiegazione tecnica
che sia però moralmente fondata.
L'etica ancora una volta è stata messa da parte ed è stato preferita la
tecnica come guida nelle decisioni. Nella realtà è l'etica che deve muovere i
soggetti e le scelte di quest'ultimi. Oggi infatti la tecnica non ci consente di
pensare la storia iscritta in un fine, l'unica etica possibile è quella che si fa
carico della pura processualità, che, come il percorso del viandante, non ha
in vista un meta.22
Non è il più il “dovere” che prescrive il “fare” ma il “dovere” che deve
inseguire e fare i conti con gli effetti già prodotti dal “fare”. Ancora una volta è
l'etica a dover rincorrere la tecnica, e a doversi confrontare con la propria
impotenza. Il fatto che la tecnica non sia ancora totalitaria, il fatto che quattro
quinti dell'umanità viva di prodotti tecnici, ma non ancora di mentalità tecnica
non è un buon segnale. Proseguendo in questo modo, e il mondo del lavoro
ne è una dimostrazione tangibile si arriverà a quello che Galimberti definisce
“l'assoluto tecnico”, ovvero verso una macchina mondiale. Questo processo
è già iniziato ma la nostra condizione psicologica non ha ancora
interiorizzato questo fatto, quindi non è all'altezza delle procedure che
21 http://www.ilfattoquotidiano.it/2012/01/24/sciopero-camionisti-paralizza-paesebenzina-alimentifreschi-scarseggiano/186211/
22
Berra E.L., D'Angelo M., counseling filosofico e ricerca di senso, LIGUORI, NAPOLI,
2008
38
utilizza.
Quello che si viene a creare è una sorta di spaesamento in cui si
annuncia una realtà diversa, non più quella in cui l'etica è sovrana del
mondo e domina il suo regno ma la “tecnica del viandante” che al limite non
domina neppure la vita in quanto come abbiamo visto il sapere tecnico è
molto maggiore rispetto alle capacità che ci sono state riservate per
controllarlo.
Tornando al tema principale, il Manager tecnico, quest'ultimo proprio
per il ruolo rivestito all'interno delle realtà produttive ha la funzione di
condizionare aspetti tecnici, professionali e umani dei soggetti lavoratori. Il
manager, con la sua funzione di tecnico, ha la capacità di influenzare oltre
alla professione anche la vita delle persone che lavorano all'interno
dell'ambito produttivo.
Ogni decisione presa dal manager più che avere un carattere
prettamente tecnico dovrebbe essere intrisa di aspetti morali ed etici,
sempre guardando al risultato che deve raggiungere il soggetto che occupa
una determinata posizione. Il manager deve essere consapevole che non
sta gestendo delle risorse economiche ma degli individui.
39
1.8 Il Managerialismo
Gran parte della letteratura manageriale poggia le sue radici sul
principio del managerialismo. Alla base di tutto questo principio è che solo
ciò che è misurabile può essere valutato e che la valutazione morale di ogni
struttura sociale è strettamente dipendente dall'applicazione di determinate
tecniche manageriali proprie del managerialismo.23 La base culturale,
peraltro totalmente inesistenze e faziosa indica come i concetti di morale ed
etica vengano trattati senza conoscerne profondamente il significato. Con il
principio della valutazione di ciò che è misurabile si è fondata buona parte
della teoria del management dei giorni nostri.
Il cosiddetto “managerialismo”, è stato definito da Andrew Bartlett e
David Seth Preston autori di “filosofia del management”, come un insieme di
tecniche e di lavori associati, di comportamenti che conseguono all'aver
aderito ad approcci strategici per il perseguimento e il monitoraggio degli
obiettivi all'interno dei sistemi organizzativi.
Come già accennato il managerialismo è supportato da un sistema di
valutazione al quale frequentemente ci si riferisce come “l'etica dell'efficacia”
(altra definizione che utilizza il termine etica per creare ambiguità). Questa si
basa su una razionalità di tipo strumentale, esemplificata da tecniche quali
ad esempio l'analisi costi-benefici. Sono state elaborate oltre a delle ragioni
empiriche anche delle teorie filosofiche per sostenere che “l'etica
dell'efficiacia” che fa capo al managerialismo è lo standard etico dominante
negli affari. Questo significa in sintesi, che tale “etica” definisce gli standard
di razionalità attraverso i quali le azioni e le situazioni sono giudicate
moralmente desiderabili. La razionalità, in questo senso, viene introdotta dal
23 A. Bartett e D. S. Preston: Not nice, not in control PHILOSOPHY OF MANAGEMENT, 2003
40
managerialismo con il termine di “strumentalismo”. La moralità viene perciò
associata automaticamente a qualunque cosa sia considerata strumentale
per il raggiungimento degli obiettivi aziendali.
Le società di consulenza, detentrici dei principi cardine del
managerialismo,
hanno
consolidato
nella
comunità
economica
una
posizione di potere per rendere efficienti migliaia di organizzazioni nel
mondo. In questo senso, quando si parla di rendere efficienti si intende che i
lavoratori vengono metaforicamente vivisezionati solo in relazione agli effetti
che possono produrre rispetto agli obiettivi e strategie definite dai consulenti
insieme ai manager. Il fenomeno ha i suoi nomi che tra gli altri sono
McKinsey Group, Boston Consulting Group, Accenture e altre che vengono
richieste e pagate per mettere mano sui bilanci aziendali e organigrammi.
Sviluppano
analisi
strategiche
e
disegnano
scenari,
plasmando
e
influenzando i pensieri organizzativi e le visioni di business. Operano in
questo senso leggendo i fatti e gli aspetti organizzativi e strategici. Danno la
loro valutazione del mercato, prevedono quali devono essere le valutazioni o
le scelte e le possibili soluzioni da applicare secondo modelli standardizzati,
applicabili se non con qualche aggiustamento, a tutte le realtà organizzative.
Queste
società
di
consulenza
esportano
in
quasi
tutte
le
organizzazioni i loro metodi, colonizzano in un certo senso con i loro
processi di analisi e sintesi i consigli di amministrazione e le riunioni,
selezionano il personale e danno premi a chi applica con intelligenza e
creatività un metodo ormai consolidato. Queste società hanno assunto oggi
addirittura un ruolo di legittimazione del lavoro dei top manager,
accreditando gli stessi agli occhi di società e azionisti. Tra le varie società
operanti nel mercato poniamo l’attenzione su Mc Kinsey
41
1.8.1 Mc KINSEY
Uno dei chiari esempi di società di matrice managerialista è Mc
Kinsey. Questa società, fondata nel 1923 è diventata negli anni una società
di consulenza strategica tra le più importanti. Si tratta di un vivaio di leader,
quasi di una casta, dove i membri negli anni hanno ricoperto dei ruoli molto
importanti in banche, assicurazioni, società di telecomunicazioni e finanza di
tutto il mondo.
Questa società si occupa di aiutare i propri clienti a diventare efficienti
ed efficaci. Fornisce tecniche e strumenti validi non solo per il profitto e la
crescita aziendale ma anche per la carriera delle figure dirigenziali.
Ovviamente per poter fare questo McKinsey deve dotarsi e trovare le figure
più adatte nel mercato del lavoro.
Il metodo per reclutare nuovi soci all’interno della società prevede
selezioni e test ai neolaureati e agli studenti freschi di master delle più
prestigiose scuole del mondo. Questi studenti, vengono sedotti da
prospettive di rapida crescita manageriale ed economica, quasi come se
fosse una scalata meritoria che apre le porte di una élite di professionisti a
contatto con il mondo degli affari. Viene richiesta una totale e completa
devozione alla società, compresi ovviamente incarichi all'estero per periodi
lunghi, attività lavorativa full time oltre ad un qualità del lavoro elevatissima.
Il gruppo McKinsey è dotato di una fortissima cultura aziendale che si
traduce in valori ed esperienze condivise. Viene spesso organizzato anche il
tempo libero dei propri dipendenti attraverso i cosiddetti “manager's
meeting”: riunioni organizzate in posti prestigiosi per fasare, in contesti più
rilassati, missione, valori e obiettivi dell’azienda e strategie per i clienti. E'
42
evidente che queste formule vengono utilizzate per aumentare ancora di più
questa cultura omologativa.
Il principio che McKinsey vuole rivelare vincente è che essere
conformati e dentro il gruppo è la cosa più conveniente e redditizia. Questa
affermazione rivela di per sè un grosso difetto che deriva proprio dalla
mancanza di presa di coscienza della propria individualità da parte di coloro
che vi appartengono. Tutto questo evidenzia un altro punto fondamentale,
ovvero, nel momento in cui tutti i movimenti e tutte le decisioni del singolo
vengono decise dalla direzione, è evidente che il dubbio e la domanda non
sono ammesse. Questo provoca una progressiva perdita della propria
personalità a favore di un conformismo che mira alla qualità totale in ambito
tecnico ma perde di vista tutti i motivi per i quali un leader deve essere tale,
ivi compresa la capacità di prendere delle decisioni in autonomia e
coscienza morale.
Esprimere una diversità è consentito solo per ciò che concerne il
“contenuto” del problema, non per ciò che riguarda il “modo” con cui il
problema viene affrontato. Il metodo che sta lentamente colonizzando gli
immaginari del business non contempla la possibilità del dubbio, del “non
so”, e premia invece la soluzione e la risposta immediata. Il trionfo del
metodo vuol dire il trionfo della soluzione praticabile, della risposta e del
percorso che mette tutti a proprio agio, che non crea perciò incertezze da
gestire nel tempo.
Il mondo del business “fa” il mondo secondo questa società. Crea
mondi di scelte per le aziende, organizza, comunica, plasma identità
esclusivamente economiche in relazione alle persone.
43
In questo senso, parlare di vera leadership o anche solamente di
capacità gestionale delle proprie capacità tecniche e della propria coscienza
morale risulta inutile. Anche se ci troviamo di fronte alla totale mancanza di
senso etico a livello lavorativo, il pensiero derivante dalle società di
consulenza e formazione manageriale come appunto Mc Kinsey è
attualmente radicato in moltissime realtà aziendali italiane. Con le loro teorie
influenzano pesantemente i rapporti tra le persone. Creano omologazione,
conformità nei ragionamenti e soprattutto eliminano tutte quelle situazioni
dove i soggetti, seppur con rigore e logica tentano di far emergere le
contraddizioni rispetto alla scelte aziendali o societarie. In molti casi, chi non
si conforma al target diventa un outsider. Normalmente, in queste situazioni i
soggetti che non si conformano sono proprio quelli che, per loro formazione
morale tendono a considerare sia le implicazioni economiche che quelle
morali rispetto alla mission aziendale. Cercare di mettere un dubbio e minare
le fondamenta di posizioni così radicate risulta molto difficile.
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