(2016). Bipolarità in adolescenza

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Bipolarità in adolescenza: fenotipi e criticità
Morena Tafuro*,***, Marco Saettoni**, Andrea Gragnani**,
Mauro Ferrara****, Carlo Buonanno*,***
Introduzione
Il disturbo bipolare (DB) è diventato oggetto della ricerca in psichiatria
dell’infanzia e dell’adolescenza a partire dagli anni ’90, quando si è assistito a un proliferare di studi sulle possibili manifestazioni del disturbo nei
bambini e negli adolescenti. Fino ad allora, il disturbo bipolare in età evolutiva era considerato una variante atipica, quasi una curiosità clinica per
iper-specialisti.
Dagli anni ’90 in poi si è diffusa, invece, soprattutto nei paesi anglosassoni, una vera e propria moda clinico-mediatica, con accesi dibattiti sull’appropriatezza dei criteri utilizzati dai manuali diagnostici per definire il
disturbo in tale fascia di età e la stesura, nel 2005, di linee guida per la diagnosi e il trattamento dei disturbi bipolari nei bambini e negli adolescenti
(Kowatch et al., 2005).
Successivamente, la validità di alcune diagnosi di bipolarità in età evolutiva è stata messa in discussione, non soltanto a causa dell’aumento
mediatico di storie di bambini trattati farmacologicamente o dei casi di conflitto di interesse tra ricercatori ed industrie farmaceutiche, ma anche in
seguito agli iniziali risultati di studi attendibili di follow up (Birmaher et al.,
2009). È emerso, infatti, che molti bambini che per anni sono stati considerati affetti da una variante di bipolarità in età evolutiva, in adolescenza ed
*
Scuola di psicoterapia Cognitiva Roma. [email protected]
Associazione di Psicologia Cognitiva Roma.
***
AIRRI Medical Viterbo.
****
Dipartimento di Pediatria e Neuropsichiatria Infantile Sapienza Università di Roma.
**
Quaderni di Psicoterapia Cognitiva, n. 39/2016
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Morena Tafuro et al.
età adulta sviluppavano disturbi depressivi unipolari o disturbi d’ansia e non
disturbi bipolari.
A maggio 2013, nel DSM-5 è stata aggiunta una nuova categoria diagnostica, il disturbo da disregolazione dell’umore dirompente, inclusa tra i
disturbi depressivi. Ciò permetterà probabilmente di dare un’etichetta a
molti bambini finora senza diagnosi o, secondo alcuni forzatamente, considerati piccoli bipolari.
La controversia sul DB in età evolutiva resta comunque aperta ed è probabile che si mantenga un alone di incertezza anche nei prossimi anni, almeno fino a quando non disporremo di ulteriori studi attendibili e di più lunga
durata di follow up. Per il momento, siamo certi che molti adulti bipolari
sono consapevoli che la loro malattia è iniziata negli anni dell’adolescenza
ma non è stata riconosciuta (né trattata) subito come tale e che una percentuale di adulti bipolari variabile tra il 15 e il 28% colloca l’esordio del
disturbo prima dei 13 anni (Leverich et al., 2007; Perlis et al., 2004).
Caratteristiche del DB in adolescenza
Secondo il DSM-5, per la diagnosi di patologia bipolare durante la fanciullezza e in adolescenza devono essere soddisfatti gli stessi criteri richiesti per l’età adulta.
Il DB I colpisce circa lo 0,7% della popolazione adulta e il DB II circa
lo 0,5% nell’arco della vita (Clemente et al., 2015).
Il primo colpisce in modo analogo maschi e femmine, il secondo è più
frequente tra le donne. Non sono state rilevate differenze significative tra i
gruppi etnici.
La distinzione dei disturbi dell’umore nelle categorie cliniche descritte
nel DSM-5 non è attualmente ritenuta sufficiente a descrivere l’intera
gamma di manifestazioni cliniche della patologia affettiva, che spesso si
esprime attraverso fenomeni apparentemente minori, di cui è poco noto il
significato clinico, come l’ipertimia, le forme maniacali atipiche e i quadri
temperamentali e di personalità diversi, rispetto ai quali è difficile tracciare
una netta linea di demarcazione tra normalità e patologia. Tale ricchezza
fenomenica riguarda tanto l’età adulta quanto l’età evolutiva e ha favorito
negli ultimi anni l’ipotesi dell’esistenza di uno spettro bipolare, concetto
che ha allargato i confini diagnostici, oltre ad aver aperto la strada a nuovi
filoni di ricerca e a studi di popolazione da cui risultano nuovi dati di prevalenza.
L’Epidemiological Catchment Area Study ha riportato un’età media di
esordio del DB di 21 anni. Quando gli studi sull’età di esordio sono strati124
Bipolarità in adolescenza: fenotipi e criticità
ficati in intervalli di 5 anni, il picco di età di insorgenza dei primi sintomi
cade tra i 15 e i 19 anni. L’adolescenza è considerata il periodo a maggior
rischio di esordio per la depressione maggiore e per il disturbo bipolare.
Dati classici di prevalenza sono compresi in adolescenza tra l’0,6 e l’1%,
fino al 5% se si parla di spettro (Lewinsohn, 1995; Lewinsohn, 2000).
Ma quali le peculiarità cliniche del DB in adolescenza?
La presenza di stati misti, un susseguirsi di stati emotivi di segno opposto, irritabilità, labilità d’umore, facilità di contatto, estrema distraibilità ed
eccessi comportamentali, possono essere i tratti con cui si presenta il DB in
adolescenza, confondendo le acque rispetto al quadro di sintomi descritti nel
DSM-5. Il ragazzo può apparire bizzarro, “esaltato” nel comportamento e
nell’aspetto, iperattivo sul piano motorio, logorroico, impegnato in maniera
eccessiva in attività “creative” senza costrutto. La percezione del tempo è
del tutto particolare: un tempo senza passato e senza futuro, in cui sembra
che la necessità sia quella di essere sempre presenti a se stessi (non si può
dormire). Al minimo, il ragazzo in stato ipomaniacale appare costantemente “affaccendato”, oltre che convinto di possedere maggiori capacità degli
altri. La sua sintonia relazionale appare caricaturale, laddove, nonostante
l’esuberanza, manca un reale incontro con l’altro. Il contatto è facile ma
superficiale e la mancanza di un dialogo autentico con se stesso e con l’altro fa sì che le relazioni interpersonali risultino appiattite, livellate, convergano sull’adolescente ma non lo trattengano. Così, momento dopo momento, cose e persone nuove diventano per lui qualcos’altro da sperimentare
oppure spettatori dei suoi giochi.
A questa presentazione atipica, la presentazione classica, in cui l’esordio
è possibile dai 15-16 anni in poi, tenuto conto che l’adolescenza è un
momento privilegiato di scompenso per i pazienti che soffrono di DB. In
questo caso non sono rari i sintomi psicotici che, quando presenti, appaiono
come un’estremizzazione della sintomatologia maniacale, congrui con lo
stato dell’umore, diversamente da quanto accade nel bipolare adulto. Le
allucinazioni sono generalmente transitorie e quasi sempre scarsamente elaborate e il delirio è, nella maggior parte dei casi, strettamente in rapporto
con il tono dell’umore, a cui sembrano adeguarsi anche i contenuti. L’eccitazione e l’amore di sé inducono, infatti, un’ipervalutazione delle proprie
capacità e giustificano l’affiorare di idee di grandezza, fantasiose, ambiziose, a carattere ludico e tragicomico.
In adolescenza possono comparire idee di riferimento dotate di notevole
risonanza affettiva (es., l’adolescente ritiene che le persone facciano allusioni su di lui, o che ciò che accade sia preparato in modo che egli solo ne
comprenda il significato) e si può assistere a una progressiva perdita dei
nessi associativi: il pensiero è accelerato, procede a zig zag, le idee sono
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Morena Tafuro et al.
correlate ad associazioni labili e superficiali che si succedono secondo un
ritmo veloce ma disordinato. Nei casi più blandi il nesso associativo tra le
idee è chiaro ma con l’aggravarsi del quadro il pensiero può diventare frammentario.
L’esordio maniacale in adolescenza, a seconda della gravità, potrà essere inquadrato come episodio maniacale o misto (e quindi comportare la diagnosi di disturbo bipolare I) o episodio ipomaniacale (disturbo bipolare II).
La depressione può precedere i sintomi maniacali, ma spesso viene riconosciuta solo retrospettivamente. Da studi sui figli adolescenti di genitori
bipolari emerge che i sintomi depressivi precedono quelli maniacali, in
media, di cinque anni (Luby et al., 2010). In tal caso la diagnosi di bipolarità
si potrà effettuare solo a distanza di anni, dopo la comparsa di una sintomatologia maniacale o ipomaniacale. La “depressione bipolare” (“il lato oscuro
della bipolarità”) assume, caratteristiche peculiari e spesso fa seguito agli
esordi maniacali in adolescenza: uno stato in cui prevale il rallentamento psicomotorio, l’apatia, il ritiro dalle relazioni amicali. Spesso questi adolescenti non esprimono sentimenti di tristezza o di fallimento (come avviene invece nelle depressioni “unipolari”), ma quando riescono a parlarne, si soffermano su sensazioni di vuoto, di appiattimento della vita emotiva, di uno stato
quasi privo di pensieri, almeno apparentemente. In realtà, in questi stati si
nasconde comunque il grande pericolo dell’idea della propria fine.
Inoltre, tra gli adolescenti con DB il tasso di suicidio è circa 20 volte più
alto rispetto alla media dei coetanei e il DB è il disturbo mentale più frequentemente associato ai tentativi di suicidio (AACAP, 2001). Apter (2004)
ha semplificato la “costellazione” suicidaria a tre dimensioni: il narcisismo, la disperazione depressiva e l’impulsività, tre linee che frequentemente si incrociano e si sovrappongono lungo il decorso del DB.
La fase di maggior pericolo è quella degli “stati misti”, in cui si assiste
al coniugarsi di una sofferenza silenziosa e di un livello elevato di “eccitamento” che può sfociare nell’atto non prevedibile. Altri elementi che possono associarsi al rischio suicidario sono la comorbilità per abuso di sostanze o gli attacchi di panico, i sintomi psicotici nel corso degli episodi, la
familiarità per comportamenti autolesivi, una storia di abuso fisico o sessuale. Un tentativo di suicidio può coincidere anche con il primo manifestarsi di un DB. In questo caso, l’approfondimento diagnostico e le conseguenti scelte terapeutiche sono fondamentali.
L’adolescente bipolare frequentemente soddisfa anche i criteri diagnostici per un disturbo di personalità, un disturbo del controllo degli impulsi e un
disturbo da uso di sostanze (l’utilizzo di sostanze eccitanti è frequente
durante la fase maniacale, con la finalità di mantenere lo stato di eccitazione).
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Bipolarità in adolescenza: fenotipi e criticità
Adolescenza bipolare e vulnerabilità neurobiologica
È possibile descrivere per il DB fattori di vulnerabilità specifici per
l’età?
Per anni, l’esordio in adolescenza di un disturbo mentale grave è stato
spiegato ipotizzando che le trasformazioni puberali mettessero a nudo una
qualche vulnerabilità biologica. Ad oggi, gli studi di neuroimaging funzionale hanno attribuito un ruolo critico alla maturazione cerebrale in tale
fascia di età, evidenziando per tutta l’adolescenza il ruolo della maturazione della corteccia prefrontale e un aumento del volume della sostanza bianca del lobo frontale. Rispetto all’esordio maniacale, si ipotizza che il deficit
di controllo degli impulsi e delle emozioni siano correlati all’interessamento prevalente della corteccia prefrontale e delle connessioni sottocorticali
con amigdala, striato e talamo: dati di neuroimaging indicano la presenza di
anomalie nelle connessioni sottocorticali della Ventral Prefrontal Cortex
(VPFC) nell’adolescente con esordio bipolare, inclusa una contrazione
maggiore della sostanza grigia ed una diminuita espansione della sostanza
bianca nel tempo (Najt et al., 2016).
Inoltre, nel cervello adolescente si assiste a uno sbilanciamento fisiologico nell’equilibrio tra i diversi neurotrasmettitori, con una relativa iperattività dopaminergica, che aumenta la spinta ad agire e ad avere iniziativa, prevalente rispetto ai sistemi che frenano ed inibiscono (sistema gabaergico e
serotoninergico). L’iperattività dopaminergica è a sua volta considerata un
rilevante correlato biologico della mania.
Un altro fattore di vulnerabilità è ascrivibile alla familiarità per disturbo
bipolare. Gli offspring di genitori con DB di solito sviluppano un significativo disturbo dell’umore e un danneggiamento funzionale in tarda fanciullezza o in prima adolescenza.
Nei giovani con disturbi dell’umore e negli offspring di genitori con DB,
sono state analizzate diverse funzioni neuropsicologiche, con risultati non
sempre omogenei. Sono state riscontrate scarse competenze nel funzionamento sociale e nella reciprocità sociale, ma non nella teoria della mente, né
nel riconoscimento affettivo. Infine, adolescenti con DB I hanno un memory
bias, che appare essere una caratteristica del disturbo non dipendente dall’umore, una distorsione questa che può mantenersi nel tempo a causa della
gravità della sintomatologia depressiva che, in media, compare entro un
anno dall’esordio maniacale.
Tra i fattori ambientali e contestuali che possono favorire un maggior
rischio per i disturbi dell’umore, l’attitudine dei genitori a esibire un’alta
emotività espressa (alti livelli di criticismo, ostilità o iperinvestimento emotivo).
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Quale intervento?
La gestione del disturbo richiede grande attenzione. La complessità dei
fattori coinvolti (cognitivi, di personalità, sessuali e sociali) è ulteriormente
complicata dalle trasformazioni e quindi dall’instabilità che tutte queste
dimensioni normalmente devono attraversare durante l’adolescenza.
È necessario (e spesso molto difficile) comprendere bene il confine tra
variazioni umorali dell’adolescenza e “vero” disturbo dell’umore. L’adolescenza è per definizione un momento critico nella gestione degli affetti: il
bambino che durante l’infanzia percepiva le frustrazioni e i piaceri in relazione all’atteggiamento dell’altro, si ritrova a modificare questo rapporto di
causalità, ad appropriarsi del proprio modo di essere, a ridefinirsi come
autore e gestore dei propri affetti.
Ogni adolescenza è disarmonia: vi si alternano fasi di tristezza, entusiasmo e depressione.
Il DB in adolescenza sembra in alcuni casi essere un’esaltazione delle
discordanze umorali dell’età, l’estremo del continuum lungo il quale possiamo immaginare disporsi l’instabilità che è caratteristica di questa fase
della vita.
Ma quando si diagnostica un DB in adolescenza, soprattutto il DB I, si
deve tenere presente che, paragonato all’esordio in età adulta, quello adolescenziale sembra essere correlato a una maggiore gravità della malattia e a
un alto tasso di ricadute, malgrado gli interventi psicoterapici, psicosociali
e farmacologici adeguati.
Gli studi controllati dimostrano che l’intervento integrato (psicoterapia,
psicoeducazione e farmacoterapia) ha un’efficacia significativamente maggiore su una o più misure di outcome, in confronto alla sola farmacoterapia
(ad es. Goodwin et al., 2016).
I farmaci efficaci nel DB sono in prima istanza gli stabilizzatori dell’umore e gli antipsicotici di nuova generazione (o atipici) utilizzati ed efficaci in un alto numero di casi nella gestione della fase acuta maniacale. Più
complessi e dibattuti sono i problemi relativi alla prevenzione delle ricadute, alla stabilizzazione delle oscillazioni intercritiche, al trattamento delle
fasi depressive.
Quale valore attribuire all’esperienza maniacale in adolescenza?
Quali caratteristiche dell’intervento psicoterapeutico?
La psicoterapia di un adolescente bipolare deve sempre avere sullo sfondo una chiara idea dell’articolazione tra vulnerabilità genetico-biologica,
fase di sviluppo e apparato psichico. La psicoterapia degli adolescenti bipolari si sofferma spesso su alcuni aspetti comuni e ci si ritrova a pensare in
termini di paradossi:
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Bipolarità in adolescenza: fenotipi e criticità
• il fallimento temporaneo di quello che è forse il primum movens del processo adolescenziale, ovvero la trasformazione di sé attraverso lo scambio e la ricerca con oggetti d’amore (nella fase postcritica si riconoscono frequentemente delusioni passionali);
• ricorrente è anche la presenza di una perdita reale e recente (separazione, morte o malattia di un genitore), con maggiore frequenza che in altre
condizioni di esordi psicotici; è il dato descritto nella mania da lutto, che
in adolescenza assume connotati particolari, in quanto la perdita è anche
letta come perdita di aspetti potenziali di sé;
• nella grandiosità maniacale, vi è spesso la convinzione di possedere
capacità seduttive illimitate, accompagnata da frequente pragmatismo
sessuale;
• la presenza della stessa diagnosi in un familiare trascina con sé il peso di
una sanzione di fallimento rispetto all’individuazione e alla differenziazione (io sono diverso), e il peso di un legame negativo (biologico, per
di più), di una sorta di identificazione alienante con il genitore malato;
• è frequente in adolescenza una ridotta compliance rispetto al farmaco. Se
prescrivendo uno stabilizzatore dell’umore in uno stato maniacale acuto
abbiamo una ragionevole certezza di ottenere, in tempi prevedibili, un
certo controllo dello stato di eccitamento, siamo nello stesso tempo consapevoli di dover pagare dei prezzi: la lamentela di una perdita d’energia (anche sessuale), il calo doloroso di creatività, l’accusa da parte dell’adolescente di essere dominati dal farmaco e attraverso il farmaco. In
definitiva, il rimpianto dello stato di eccitamento e il tentativo, anche
attraverso l’autogestione della terapia farmacologica, di indursi nuovi
episodi;
• nella relazione con questi pazienti ci si deve necessariamente porre dall’inizio il problema della cronicità, della prevenzione delle ricadute e
dell’assunzione di farmaci anche nei periodi liberi da sintomi. Si entra in
collisione con la gestione del tempo: nell’episodio maniacale il tempo
presente sembra espanso, a spese del passato e del futuro ed in adolescenza il soggetto inizia a raccontarsi nella sua storia, nel suo presente,
passato e futuro;
• ogni prescrizione terapeutica viene percepita come un attacco al proprio
modo di essere e di divenire. Pertanto, la psicoterapia deve prima di tutto
favorire nell’adolescente la ripresa di una funzione narrativa, al cui interno riconoscere, accanto alle peculiarità biologiche costituzionali, i propri schemi cognitivo-emotivi (modelli operativi, strutture cognitiveemotive) che possono essere più o meno disfunzionali o disadattativi e
correggere le distorsioni cognitive che possono accentuare l’impatto
degli eventi stressanti e permettere il mantenimento della psicopatologia.
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In adolescenza è necessario un intervento di psicoterapia parallelo con i
genitori, anche al fine di modificare i fattori di rischio (esempio alti livelli
di emotività espressa) e incrementare gli effetti protettivi dell’ambiente,
insegnando ai familiari a usare strategie comunicative efficaci per evitare
interazioni familiari disturbanti. Negli ultimi anni numerosi sono i trattamenti focalizzati sulla famiglia (Family-Focused Treatment, FFT), interventi psicoeducativi finalizzati a ridurre lo stress familiare, i conflitti e gli
affective arousal, aumentando tra pazienti e caregiver la capacità comunicativa e di risoluzione dei problemi
L’adolescente deve essere sostenuto rispetto al trattamento proposto, sia
farmacologico, sia psicoterapico e addestrato all’uso di tecniche psicoeducative che mirano a rinforzare il suo ruolo di co-manager della propria
malattia. In questo senso, è necessario prevedere un intervento educativo
integrato per adolescenti e genitori, che preveda un’informazione dettagliata sul disturbo, oltre che un vero e proprio training psicoeducativo finalizzato al riconoscimento e alla gestione delle fasi umorali.
Esistono caratteristiche comuni a tutte le tecniche di psicoterapia nel
DB:
• fase psicoeducativa;
• focus sui fattori che possono precipitare gli episodi;
• visione dell’individuo come parte di un gruppo;
• costruzione di un piano di intervento specifico per il paziente.
L’esperienza umana e scientifica di Kay Jamison ha avuto una certa
influenza negli ultimi vent’anni nello spostare l’asse del trattamento degli
stati maniacali dal “farmacologico puro”, considerata un’astrazione assoluta, all’integrazione tra psicoterapia e farmacoterapia.
«Il litio previene i miei seducenti ma disastrosi stati di eccitazione, diminuisce
la mia depressione, toglie la polvere dai miei pensieri disordinati e li pulisce, mi
calma, mi tiene fuori dall’ospedale viva e rende possibile la psicoterapia. Ma, ineffabilmente, la psicoterapia mi guarisce. Essa dà senso alla confusione, doma i pensieri e i sentimenti terrificanti, fa tornare il controllo e la speranza… Le pillole non
possono riportarti nella realtà… La psicoterapia è il santuario, il campo di battaglia,
il luogo in cui sono stata psicotica, nevrotica, esaltata, confusa… Ho bisogno di
entrambi. È una cosa strana, dovere la vita alle pillole… e a questa unica, strana, e
in definitiva profonda relazione chiamata psicoterapia».
Conclusioni
Il DB in adolescenza invita a riflettere sui rapporti tra vulnerabilità bio130
Bipolarità in adolescenza: fenotipi e criticità
logica, patologia mentale ed adolescenza e come psicoterapeuti ci richiede
di assumere con l’adolescente un vertice narrativo, che gli permetta di considerare l’episodio come un avvenimento “nella sua storia” e non qualcosa
di fuori da sé; è necessario aiutarlo a leggere la disorganizzazione come passaggio critico, in quanto sullo sfondo c’è il passaggio dall’adolescenza
all’età adulta.
Riassunto
Sebbene il disturbo bipolare sia un quadro psicopatologico ben definito nell’adulto, soltanto negli ultimi decenni si è assistito a studi sul disturbo in età evolutiva, a causa della diversa presentazione clinica nelle forme precoci, tanto da ipotizzare l’esistenza di fenotipi age
related. Pertanto, i dati a disposizione sulla fenomenologia, la prevalenza, il decorso e l’esito
del disturbo in età evolutiva sono limitati. Se, però, da una parte continuano ad essere controversi i criteri diagnostici di un disturbo bipolare ad insorgenza precoce, si è certi che molti
adulti bipolari fanno risalire l’insorgenza dei sintomi all’età adolescenziale e che le forme precoci si associano a maggior rischio per disturbi psichiatrici in comorbilità. L’adolescenza è
considerata il crocevia per molti esordi di patologia psichiatrica, tra cui il disturbo bipolare,
che in tale fascia di età assume caratteristiche proprie, peculiari della fase di sviluppo, di cui
è necessario tenere conto nel definire le strategie di intervento. Questo lavoro riassume i dati
ad oggi noti sulla genesi del disturbo bipolare in termini di vulnerabilità e interrelazione tra
neuro-sviluppo e aspetti psicologici fase-specifici, focalizzando l’attenzione sull’importanza
delle terapie integrate, farmacoterapia, psicoterapia e psico-educazione.
Parole chiave: disturbo bipolare, mania, adolescenza, trattamento integrato.
Abstract
Adolescence bipolarity: phenotype and critical issues
Even if Bipolar Disorder (BD) is a well established clinical picture, studies of juvenile
BD are more recent. Significant controversy exists regarding the diagnostic boundaries of
early-onset BD but agreement is substantial that BD and its subtreshold antecedents have a
considerable impact on general functioning and quality of life. Childhood onset BD compared with adult onset BD is associated with greater risk for comorbid psychiatric disorders,
substance abuse and suicide. The principal reason for the difficulties in diagnosis in children
and adolescents is the developmentally different presentation of the early-onset form from
the adult disorder. We know that symptoms of BD often become prominent during adolescence, but data are still limited regarding phenomenology, prevalence, course, outcome of
manic-depressive illness at this age. This paper summarizes known information about vulnerability issues, neurodevelopmental and age related psychological tasks interplaying in
these conditions. Additionally, we have focused the importance of integrated pharmacotherapy, psychotherapy and psychoeducation in treating adolescent onset manic states.
Key words: Bipolar Disorder, Mania, Adolescence, Integrated Treatment.
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Morena Tafuro et al.
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