Cinetica e termodinamica della degradazione di materiali biodegradabili Prof. Ilenia Rossetti Introduzione • Nell’area di Los Angeles 10 ton/giorno di frammenti di material plastic sono riversati nell’Oceano Pacifico •Nell’ultimo decennio è stata prodotta più plastica rispetto allo scorso secolo •50 % della plastic viene utilizzata una sola volta e gettata •Ogni anno si dismette la plastica sufficiente a coprire la circonferenza della terra 4 volte. Introduzione •Recuperiamo attualmente solo il 5% della plastica prodotta •Un Americano medio dismette ca. 185 libbre/anno di plastica •Rappresenta ca. 10% dei nostri rifiuti •La sua produzione consuma ca. 8% dei consumi mondiali di petrolio. Fonti alternative vanno bene se eticamente sostenibili (non competitive con food e feed) Introduzione • Negli oceani si individuano frammenti anche molto piccoli, che interagiscono con gli individui marini o si ridepositano a migliaia di km di distanza sulla terraferma. •Si usano ca. 500 miliardi di sacchetti di plastica annualmente (più di un milione al minuto) •46 % della plastica galleggia e sopravvive per anni accumulandosi in specifiche zone oceaniche https://en.wikipedia.org/wiki/Great_Pacific_garbage_patc h Introduzione •I tempi di degradazione possono essere dell’ordine di 5001000 anni. •La Great Pacific Garbage Patch si trova nel North Pacific Gyre, al largo della California ed è la più grande discarica oceanica. L’estensione della massa di plastica è grande due volte il Texas, con un rapporto pezzi di plastica/animali acquatici 6/1: 46000 pezzi di plastica per miglio quadrato •Un milione di uccelli marini e 100000 mammiferi marini sono uccisi annualmente da questi rifiuti Introduzione •44 % degli uccelli marini, 22 % dei cetacei, tutte le specie di tartarughe hanno plastica nel corpo o intorno ad esso. •Gli additivi non biodegradabili (ad es. BPA) sono spesso bioaccumulabili. 93 % degli Americani sopra i 6 anni è risultato positivo al test del BPA •Alcuni degli additivi sono responsabili di alterazioni ormonali Classificazione I polimeri sono composti chimici macromolecolari costituiti da unità fondamentali, che si ripetono nella molecola, chiamate monomeri. I polimeri possono avere una struttura lineare, ramificata o reticolata. I polimeri lineari ed i ramificati sono spesso termoplastici, ovvero possono fondere a determinate temperature e sono solubili in alcuni solventi. Quelli reticolati invece sono insolubili e non possono fondere. I polimeri sono molto diffusi in natura; infatti sono i materiali costituenti degli organismi animali e vegetali. L’amido, la cellulosa, le proteine e la chitina sono polimeri. Classificazione Un altro grande gruppo di polimeri è prodotto sinteticamente a partire da fonti petrolchimiche, gas naturale e carbone. I polimeri si possono classificare in base alle proprietà chimico-fisiche, all’origine, alla natura dei materiali di cui sono composti, all’impiego ed alla suscettività all’attacco enzimatico. Classificazione Classificazione in base alle proprietà chimico-fisiche: Termoplastici: materiali che rammolliscono sotto l’azione del calore e induriscono in seguito ad un calo di temperatura. Es. acrilonitrile-butadiene-stirene (ABS), policarbonato (PC), polietilene (PE), polietilen tereftalato (PET), polivinil cloruro (PVC), polimetilmetacrilato (PMMA), polipropilene (PP), polistirene (PS), polistirene espanso (EPS). Termoindurenti: una volta formati rimangono duri e non rammolliscono più sotto l’azione del calore. Es. resina epossidica (EP), resina fenolo-formaldeide (PF). Classificazione Elastomeri: materiali che se vengono allungati o schiacciati si deformano, ma sono in grado di riprendere la forma originale una volta cessata la forza di deformazione. Classificazione in base all’origine dei polimeri: Polimeri sintetici: derivano da reazioni di sintesi chimica (polimerizzazione per addizione, copolimerizzazione , policondensazione) Polimeri naturali: prodotti e degradati in natura; esempio la cellulosa, le proteine, gli acidi nucleici Classificazione Polimeri naturali modificati: polimeri naturali modificati chimicamente per ottenere nuove proprietà funzionali; ad esempio: acetato di cellulosa, proteine modificate, amido modificato Classificazione in base alla natura dei materiali da cui è prodotto il polimero: Fonti rinnovabili (animali e vegetali) Fonti non rinnovabili (petrolio, gas naturale, carbone) Classificazione Classificazione in base all’impiego dei polimeri: Imballaggio Edilizia e Costruzioni Automobilistico Dispositivi elettrici ed elettronici Dispositivi medici Schemi di sintesi Polimerizzazione per addizione: processo di inserimento in catena di monomeri, senza generazione di sottoprodotti Copolimerizzazione: polimerizzazione di almeno due monomeri differenti che danno come prodotto un copolimero Policondensazione processo di inserimento in catena dei monomeri con produzione di sottoprodotti. Polimeri e plastiche biodegradabili Polimeri da fonti rinnovabili non sono necessariamente biodegradabili. Polycaprolactone (PCL), poly(butylene succinate) (PBS) sono sintetizzati da petrolio, ma sono biodegradabili Poly(hydroxybutyrate) (PHB), poly(lactide) (PLA) e derivati da amido si producono da fonti rinnovabili ed inoltre sono biodegradabili. Polyethylene (PE) e Nylon 11 (NY11) possono essere prodotti da fossili o rinnovabili, ma non sono biodegradabili. Acetyl cellulose (AcC) può essere biodegradabile se a basso grado di acetilazione. Introduzione Polimeri da fonti rinnovabili non sono necessariamente biodegradabili Schema di degradazione Schema di degradazione La biodegradazione coinvolge ceppi microbici e la relativa azione enzimatica. A seconda della composizione del polimero si selezionano ceppi specifici, in grado di intervenire su dati gruppi funzionali. Oltre alla composizione, la biodegradabilità varia anche a seconda del formato, dell’area superficiale, dell’idrofilicità/idrofobicità della superficie. I meccanismi di degradazione sono di tipo idrolitico e/o ossidativo, mediati da enzimi. Per uno stesso polimero, la degradazione può avvenire per opera di diversi batteri a seconda dell’ambiente (degradazione in compost, in ambiente marino, ecc…) Schema di degradazione Uno schema tipico prevede dapprima la colonizzazione superficiale da parte di uno o più ceppi batterici (eventualmente in seguito a modifica della superficie). Il passo successivo è l’attacco di uno specifico legame da parte di un enzima, che promuove l’ossidazione o l’idrolisi. Il risultato netto è la frammentazione in molecole di peso molecolare via via minore. Ciò comporta da un lato la perdita delle proprietà meccaniche caratteristiche del materiale plastico (eventualmente la degradazione è indesiderata), dall’altro l’evoluzione verso il prodotto finale di degradazione (completa mineralizzazione): CO2 + H2O. In caso la degradazione avvenga in ambiente anaerobico si osserva anche la formazione di metano risorsa In quanto tempo avviene e per opera di quali organismi? Pirolisi, combustione e decomposizione termica Diverso è il meccanismo di decomposizione termica, utile ai fini di ricavare energia termica da rifiuti, utilizzando i materiali plastici come combustibile alternativo. In questo caso le principali problematiche sono legate alle possibili emissioni, particolarmente dannose nel caso di materiali clorurati come il PVC, che per via ossidativa porta alla formazione di diossine. Problematici sono anche i prodotti di parziale combustione, in caso da abbattere mediante post trattamento dei fumi di combustione. Tipologie di esperimenti Multidisciplinare con Biologia: Promozione della crescita batterica in terreno compostabile ed identificazione dei ceppi di microorganismi Multidisciplinare con Fisica: Determinazione della quantità di gas formato durante la biodegradazione Elaborazione dati di biodegradazione Lo scopo della rielaborazione di questi dati, ottenuti utilizzando diversi metodi standard di digestione aerobica, anaerobica, anaerobica in sistema acquoso e aerobica in ambiente marino, è la stima del tempo necessario per la biodegradazione del 90%, 99% e 99,9% del materiale. L’approccio utilizzato è basato sulla rielaborazione dei dati applicando dapprima i modelli cinetici più semplici (ad esempio equazioni cinetiche integrate di ordine 0, 1, 2), verificando la coerenza delle previsioni con i dati sperimentali e determinando poi il tempo stimato di biodegradazione nelle percentuali sopra esposte. In alcuni casi è necessario applicare schemi di rielaborazione più complessi vista la non adeguatezza dei modelli tradizionali. Elaborazione dati di biodegradazione A. Modelli et al. [A. Modelli, B. Calcagno, M. Scandola, J. Environ. Polymer Degradation, 7 (1999) 109] mettono in luce come la biodegradazione di materiali polimerici in fase omogena sia adeguatamente descrivibile tramite una cinetica di tipo Michaelis Menten (cinetica enzimatica), che non è del tutto appropriata o adeguatamente estendibile al caso di biodegradazione aerobica finale di materiali plastici in condizioni controllate di compostaggio. L’applicazione di un modello cinetico del primo ordine rappresenta un’ottima approssimazione del processo di biodegradazione, almeno nei casi più semplici. A supporto di ciò, lavori recenti [T. Leejarkpai, U. Suwanmanee, Y. Rudeekit, T. Mungcharoen, Waste Management, 31 (2011) 1153] adottano un approccio del primo ordine, contemplando eventualmente una biodegradazione tramite reazioni in serie, sempre del primo ordine, quando si manifesti un periodo di induzione iniziale nella formazione di CO2 (non sempre evidente). Elaborazione dati di biodegradazione In altri studi si adotta una strategia puramente empirica, interpolando i dati di formazione di CO2 in funzione del tempo con modelli matematici non meccanicistici [R. Mohee, G.D. Unmar, A. Mudhoo, P. Khadoo, Waste Management 28 (2008) 1624]. In questo caso sarebbe possibile ricavare il tempo necessario alla formazione della quantità teorica di CO2 corrispondente alla completa biodegradazione del polimero. Tuttavia, si ricorda che i modelli ricavati per puro fitting dei dati sperimentali, non basati quindi su un meccanismo verificato di reazione, sono utilizzabili per previsioni all’interno del campo sperimentale adottato e non per estrapolazione. Quindi non sono idonei per previsioni a lungo termine. Elaborazione dati di biodegradazione Sono state fornite diverse serie di dati relativi a esperimenti di biodegradazione condotti secondo metodi standard, che rappresentano metodi di prova accreditati per la misura della biodegradabilità di materie plastiche in diverso ambiente. In ciascun caso i dati riportavano diverse prove eseguite su tre matrici polimeriche, polietilene (PE), polipropilene (PP) e polistirene (PS). In particolare i test sono stati condotti secondo le seguenti norme: ISO 14855: DETERMINAZIONE DELLA BIODEGRADABILITÀ AEROBICA FINALE DEI MATERIALI PLASTICI IN CONDIZIONI CONTROLLATE DI COMPOSTAGGIO - METODO DI ANALISI DELL’ANIDRIDE CARBONICA SVILUPPATA Elaborazione dati di biodegradazione ASTM D6691: METODO DI PROVA STANDARD PER DETERMINARE IL GRADO DI BIODEGRADAZIONE AEROBICA DEI MATERIALI PLASTICI IN AMBIENTE MARINO DA UN DEFINITO INSIEME MICROBICO O DA INOCULAZIONE DI ACQUA MARINA; ISO 15985: MATERIALI PLASTICI - DETERMINAZIONE DELLA BIODEGRADABILITÀ ANAEROBICA FINALE E DISINTEGRAZIONE IN CONDIZIONI DI DIGESTIONE ANAEROBICA AD ALTO TENORE DI SOLIDI — METODO TRAMITE ANALISI DEL BIOGAS RILASCIATO; ISO 14853: PLASTICA -DETERMINAZIONE DELLA BIODEGRADABILITÀ ANAEROBICA FINALE DEI MATERIALI PLASTICI IN MEZZO ACQUOSO – METODO MEDIANTE MISURA DELLA PRODUZIONE DI BIOGAS. Test ISO 14855 Il test prevede di miscelare il materiale (generalmente sminuzzato) con terriccio ed inoculo di microorganismi (compost). Non si riesce a determinare la perdita in peso del polimero, quindi si determina il prodotto gassoso della decomposizione. I test durano fino a 6 mesi, con misura periodica della quantità di CO2 formata (punti ravvicinati a inizio prova, ad es. 2 volte al giorno, più rari al termine). Si riportano i dati di gas formato in funzione del tempo o di avanzamento della reazione. È necessario conoscere anche la quantità teorica di CO2 derivante dalla decomposizione totale del materiale (ThCO2). Test ISO 14855 Determinazione ThCO2: Test ISO 14855 Condizioni di prova: 58°C, 3 campioni in parallelo con lo stesso compost + 3 bianchi. Si usa come riferimento la cellulosa. Il test è valido se la produzione di CO2 è maggiore dei bianchi e se alla fine del test sul materiale di riferimento si è giunti al 70% di conversione della cellulosa. Nel bianco devono prodursi 50-150 mg CO2 /g solido nei primi 10 giorni del test. In caso contrario migliorare aerazione. Attenzione, la quantità di CO2 non arriverà mai alla quantità teoricamente sviluppabile, perché parte del materiale organico è utilizzato per la crescita dei microorganismi. Test ISO 14855 Test ISO 14855 Elaborazione Calcolare come sopra ThCO2 Dt (percentuale di biodegradazione) = 100*[(CO2)tot – (CO2)blank]/ThCO2 Dal rapporto tra la quantità di CO2 prodotta al tempo t e quella teorica (corrispondente alla biodegradazione completa del polimero) viene calcolata la frazione di CO2 prodotta rispetto al teorico, che rappresenta un grado di avanzamento della reazione. La quantità (mg) di polimero residuo al tempo t è stata calcolata dalla formula: Massa polimero residuo al tempo t = massa iniziale * (1 – grado di avanzamento della reazione) Elaborazione Sono stati quindi rielaborati questi dati applicando diverse equazioni cinetiche integrate. r = k [A]a [B]b r = - d[A] / dt = d[P] / dt I risultati più ragionevoli sono stati ottenuti applicando equazioni cinetiche del primo ordine del tipo: ln (m(t)/mo) = -kt dove m(t) è la massa residua di polimero al tempo t, mo la massa iniziale, t è il tempo espresso in giorni e k è la costante cinetica del primo ordine, che risulta espressa in (giorni-1).