Torna il diavolo al Regio di Parma con La damnation de Faust di Berlioz Nel nuovo allestimento firmato da Hugo De Ana, continua il viaggio fra le opere ispirate mito goethiano. Protagonisti Giuseppe Sabbatini, Nino Surguladze, Michele Pertusi con la direzione di Michel Plasson Teatro Regio di Parma giovedì 25, ore 20.00, sabato 27, ore 17.00, domenica 28, ore 15.30, martedì 30 gennaio, ore 20.00, giovedì 1 febbraio 2007, ore 20.00 Un nuovo allestimento de La damnation de Faust di Hector Berlioz firmato dal regista Hugo De Ana è il secondo titolo della stagione Lirica 2006/2007 del Teatro Regio di Parma, in scena il 25 gennaio alle ore 20.00, (recite sabato 27 ore 17.00, domenica 28 ore 15.30, martedì 30 gennaio ore 20.00, giovedì 1 febbraio 2007, ore 20.00), continuando così un avvincente itinerario fra le opere ispirate al mito goethiano di Faust. Dopo il clamoroso successo riscosso la stagione scorsa nel Faust di Charles Gounod, Hugo De Ana si cimenta ora con il capolavoro visionario del musicista francese, firmando regia, scene, costumi e luci di uno spettacolo di grande suggestione, realizzato in coproduzione con la Fondazione Arena di Verona, che vedrà impegnato un cast di straordinario prestigio, con Giuseppe Sabbatini (Faust), Stephen Mark Brown (Faust, il 28 gennaio), Nino Surguladze (Marguerite), Michele Pertusi (Méphistophélès) e Paolo Battaglia (Brander) diretti da uno dei più apprezzati interpreti di questo repertorio, Michel Plasson. “La musica detta le leggi dell’intreccio – spiega il regista Hugo de Ana - tanto è vero che la vicenda può svolgersi in Ungheria se serve per poter aggiungere una marcia ungherese. La damnation de Faust funziona come un accumulo di materiali, come un bricolage. In questa condizione ho liberato il mio istinto creativo e non ho fatto altro che tenere dietro al bombardamento di immagini a cui Berlioz obbliga l’attenzione dello spettatore. Il mio approccio sarà molto crudele perché è crudele l’approccio di Berlioz a questo soggetto. Come sono violenti i passaggi da una scena all’altra, implicanti cambi di registro stilistico ed una profonda ironia. che confina con questa spinta verso l’astrazione dei sentimenti. È un’opera dalle mille sfaccettature. Visivamente il grande cerchio in cui è iscritta la scena finisce per assomigliare a quelle antenne paraboliche usate dalla Nasa per captare i segnali dallo spazio. Io la uso per captare le mille immagini provocate dalla musica di Berlioz”. Fra i tanti artisti ossessionati dal Faust di Goethe, Hector Berlioz, il più visionario dei musicisti romantici, compose la leggenda drammatica La damnation de Faust che fu eseguita per la prima volta a Parigi in forma da concerto e che in Italia approdò per la prima volta in forma scenica nel 1902, alla Scala di Milano, affidata alla direzione del giovane Arturo Toscanini. Il nuovo allestimento, con le coreografie, di Leda Lojodice, vede impegnate al gran completo i complessi artistici del Teatro Regio di Parma: il Coro diretto da Martino Faggiani a cui si unirà il Coro di Voci Bianche diretto da Sebastiano Rolli e l’Orchestra affidata alla bacchetta di Michel Plasson. L'opera sarà presentata al pubblico nell'ambito di Prima che si alzi il sipario sabato 20 gennaio alle ore 17.30 eccezionalmente presso la Sala dei concerti dell’Istituzione Casa della Musica, che si ringrazia per la disponibilità. Ufficio Stampa Fondazione Teatro Regio di Parma Teatro Regio giovedì 25 gennaio 2007, ore 20.00 turno A sabato 27 gennaio 2007, ore 17.00 turno E domenica 28 gennaio 2007, ore 15.30 turno D martedì 30 gennaio 2007, ore 20.00 turno B giovedì 1 febbraio 2007, ore 20.00 turno C LA DAMNATION DE FAUST (LA DANNAZIONE DI FAUST) Légende dramatique in quattro parti e dieci quadri su libretto di Hector Berlioz, Almire Gardoniére e Gerard de Nerval,da Goethe Musica di HECTOR BERLIOZ Personaggi Faust Marguerite Méphistophélès Brander Interpreti GIUSEPPE SABBATINI STEPHEN MARK BROWN (28.1) NINO SURGULADZE MICHELE PERTUSI PAOLO BATTAGLIA Contadini, bevitori, gnomi, silfi, studenti, soldati, fuochi fatui, vicine di Marguerite, demoni, dannati, principi delle tenebre, spiriti celesti, fanciulli beati Maestro concertatore e direttore MICHEL PLASSON Regia, scene, costumi, luci HUGO DE ANA Coreografia LEDA LOJODICE Maestro del coro MARTINO FAGGIANI ORCHESTRA E CORO DEL TEATRO REGIO DI PARMA CORO DI VOCI BIANCHE DEL TEATRO REGIO DI PARMA diretto da Sebastiano Rolli Nuovo allestimento del Teatro Regio di Parma in coproduzione con Fondazione Arena di Verona Spettacolo in lingua originale con sopratitoli in italiano Prima che si alzi il sipario Istituzione Casa della Musica, Sala dei Concerti sabato 20 gennaio 2007, ore 17.30 LA DAMNATION DE FAUST Musica di HECTOR BERLIOZ In principio era il cerchio - A colloquio con Hugo De Ana a cura di Alessandro Taverna Sarà un sfida mettere in scena un’opera che non è fino in fondo un’opera? È una sfida La Damnation de Faust, ma ancor di più è una sfida affrontare il mito di Faust. È quello che sto facendo con Berlioz, dopo aver messo in scena l’opera di Gounod. Sono due mondi completamente diversi e segnano un percorso che sono contento di aver intrapreso in questo preciso momento della mia carriera, alla maturità. Nonostante tutto, avverto un senso di paura misto alla felicità di un sogno che finalmente si avvera... Allora da dove dobbiamo cominciare? Conta il punto di partenza. In Gounod quel punto era il quadrato, con alcune raffigurazioni conseguenti come lo specchio, il cristallo... Per Berlioz invece tutto è scaturito dall’idea del cerchio, che mi ha consentito di sviluppare lo spettacolo con una consequenzialità quasi matematica, con un rigore che appartiene alla musica stessa scritta per la Damnation. Sono abituato a sondare il libretto di un’opera che metto in scena fino alle sue più remote pieghe, ma stavolta mi sono trovato di fronte a qualcosa di diverso da un semplice libretto d’opera. Perché La Damnation de Faust non è un’opera vera e propria, ma è appunto un prodotto del genio di Berlioz che qui svela un’indole assolutamente filosofica nel trattamento della vicenda. È spiegabile così l’incomprensione a cui l’opera è andata incontro: non contiene niente che possa rispondere alle aspettative del pubblico. Eppure la vicenda in apparenza è ridotta ad un diagramma elementare. Del dramma originario di Goethe sopravvivono solo tre personaggi principali: Faust, Méphistophélès e Marguerite... Ma non sono personaggi come siamo abituati ad intenderli noi. Non hanno un vero carattere, servono piuttosto a Berlioz per fare della Damnation una straordinaria astrazione musicale. Basta considerare quanto sia poco convenzionale il duetto d’amore fra Faust e Marguerite nella terza parte. E perfino il patto con il diavolo è rimandato alla fine. Non ci sono né vinti né vincitori, perché in fondo è Faust che cerca l’annientamento. Del resto è la condizione a cui aspira, fin dal momento in cui fa la sua prima apparizione. Faust non ha altro desiderio che restare da solo e coltivare indisturbato il suo spleen, contemplando lo spettacolo della natura. Tutto lo infastidisce profondamente, non è affatto un romantico alla Werther, come si sarebbe portati a pensare. Méphistophélès invece conserva tutta la sua ambiguità, riflette le mille sfaccettature di un’opera anomala, perché Berlioz vi rappresenta la sua personalissima idea di opera. Sarebbe per caso un’opera drogata, come drogata è la Symphonie Fantastique? C’è una simbologia profonda che vi soggiace. Per me è fondamentale l’alchimia che si nasconde in questa partitura, il segreto della sua continua metamorfosi degli elementi di cui è costituita. E l’immaginazione esplode. Certo la musica detta le leggi dell’intreccio, tanto è vero che la vicenda può svolgersi in Ungheria se serve per aggiungere una marcia ungherese. La Damnation de Faust funziona come un accumulo di materiali, come un bricolage… Ma, concretamente, come si può rappresentare? Con queste premesse mi sono sentito in dovere di liberare fino in fondo l’istinto creativo: non ho fatto altro che tenere dietro al bombardamento di immagini a cui Berlioz obbliga la nostra attenzione. Ho creato un percorso visivo che partisse da questa idea del cerchio in cui è rappresentato l’elemento terrestre. Perché nell’opera perfino l’Apotheose finale è vista da questo punto di vista. E così sarà nello spettacolo. Ho voluto mantenere un approccio molto crudele, perché è crudele il modo con cui Berlioz si applica a questo soggetto. In quest’opera sono violenti i passaggi da una scena all’altro, perché implicano cambi di registro stilistico ed una ironia che confina con questa spinta verso l’astrazione dei sentimenti. È un’opera dalle mille sfaccettature. Non dimentichiamolo, Berlioz è stato un precursore, un demiurgo, un poeta, e anche un pittore musicale. Il cerchio da cui scaturisce l’idea dello spettacolo si vedrà veramente? E questo grande cerchio in cui è iscritta la scena finisce per assomigliare a quelle antenne paraboliche usate dalla Nasa per captare i segnali dallo spazio. Io lo uso per captare le mille immagini provocate dalla musica della Damnation.