Sensori e trasduttori - Materiale didattico per gli alunni a cura della

Sensori e trasduttori
Cristian Secchi
Ingegneria e Tecnologie dei Sistemi di Controllo
Cristian Secchi
2005-2006
ITSC11 – p. 1/143
Acquisizione di dati sensoriali per l’elaborazione digitale
• Terminologia e definizioni.
• Grandezze fisiche e segnali.
• Errore di acquisizione ed elaborazione digitale del segnale.
• Specifiche sulle funzionalità dei trasduttori.
• Principi fisici utilizzati nella costruzione dei sensori.
• Trasduttori e sensori per l’acquisizione del segnale.
Cristian Secchi
2005-2006
ITSC11 – p. 2/143
Acquisizione di dati sensoriali per l’elaborazione digitale
• L’acquisizione del segnale generato dai sensori della parte operativa deve
essere progettato con accuratezza in modo da essere utilizzato con
sucesso dal sistema di elaborazione digitale.
• La scelta della tipologia, della qualità dei sensori da utilizzarsi in un
determinato automatismo, il corretto trattamanto del segnale acquisito sono
di fondamentale importanza per il corretto funzionamento dell’impianto.
• Presentateremo alcune tipologie di sensori e indicheremo le modalità per
una corretta acquisizione del segnale sensoriale.
Cristian Secchi
2005-2006
ITSC11 – p. 3/143
Terminologia
• Trasduttore: il dispositivo nel suo complesso, che trasforma la grandezza
fisica da misurare in un segnale di natura elettrica.
• Sensore: Il sensore è l’elemento sensibile che converte la grandezza fisica
in ingresso in una grandezza fisica in uscita facilmente acquisibile per via
elettrica.
- Interfaccia
di ingresso
-
Sensore
- Interfaccia
di uscita
-
Trasduttore
• In molti casi la distinzione tra sensore e trasduttore non è così netta e
delineata e molto spesso nella letteratura tecnica e nella pratica comune i
due termini sono utilizzati come sinonimi.
Cristian Secchi
2005-2006
ITSC11 – p. 4/143
Grandezze fisiche e segnali
I trasduttori misurano le grandezze fisiche:
• Grandezze continue, che possono assumere valori continui all’interno di
un certo intervallo (es. temperatura di un utensile, velocità di rotazione di un
motore, ecc...).
• Grandezze discrete, che assumo un insieme discreto di valori (es. verso di
rotazione di un motore, numero di pezzi lavorati al minuto, ecc...).
Le informazioni associate alle grandezze fisiche sono dette segnali.
• Le grandezze continue sono descritte da Segnali analogici.
• Grandezze discrete sono descritte da Segnali codificati oppure da
Segnali logici.
Cristian Secchi
2005-2006
ITSC11 – p. 5/143
Acquisizione del segnale per l’elaborazione digitale
• Il segnale analogico ha la caratteristica di essere continuo nel tempo ed
assumere valori continui all’interno di un certo intervallo. Il calcolatore
impiega un certo intervallo di tempo per elaborare i segnali di ingresso, e
quindi non può seguire l’evolversi continuo del segnale analogico, ma dovrà
acquisire campioni del segnale analogico ad istanti discreti di tempo.
Questa operazione viene detta campionamento del segnale.
• Il segnale campionato ancora non può essere elaborato dal calcolatore in
quanto tale segnale assume valori continui, e quindi teoricamente infiniti,
mentre il calcolatore può rappresentare un numero finito di valori in base
alla massima dimensione di parola rappresentabile dall’unità aritmetica.
Occorre quindi eseguire un’operazione di quantizzazione sul segnale
campionato in modo che questo possa venire rappresentato dall’aritmetica
del calcolatore.
Cristian Secchi
2005-2006
ITSC11 – p. 6/143
Il segnale analogico
Cristian Secchi
2005-2006
ITSC11 – p. 7/143
Segnale campionato
Se la frequenza di campionamento rispetta il criterio di Shannon, il segnale é
ancora ricostruibile:
Cristian Secchi
2005-2006
ITSC11 – p. 8/143
Segnale quantizzato
Il segnale non é piú ricostruibile perfettamente (errore di quantizzazione):
Mentre l’operazione di campionamento non produce in via teorica un degrado
dell’informazione associata al segnale (se si rispettano le condizioni del teorema
del campionamento), l’operazione di quantizzazione comporta inevitabilmente
una riduzione del contenuto informativo.
Cristian Secchi
2005-2006
ITSC11 – p. 9/143
Errore di acquisizione ed elaborazione digitale del segnale
• Indichiamo con Y s l’intervallo di valori che l’uscita Y del trasduttore può
assumere. Se Ym e YM sono rispettivamente il valore minimo e massimo
che l’uscita può assumere, Y s = YM − Ym .
• Se rappresentiamo il valore continuo del segnale d’uscita del trasduttore Y
mediante una codifica binaria a N bit, ogni bit corrisponed ad un valore
(detto LSB, least significative bit) pari a:
Ys
LSB = N
2
• Questo valore corrisponde alla risoluzione della codifica digitale e viene
anche detto quanto.
• A causa della quantizzazione, tutti i valori di Y compresi nell’interno di un
LSB sono rappresentati da un’unica codifica digitale Yd e, quindi, l’errore
massimo commesso prendendo il valore quantizzato Yd del segnale al
posto del suo valore continuo Y é pari a metà LSB.
Cristian Secchi
2005-2006
ITSC11 – p. 10/143
Errore di acquisizione ed elaborazione digitale del segnale
errore di quantizzazione:
eq = 12 LSB
Codifica digitale
010
V
LSB
Cristian Secchi
2005-2006
Segnale continuo
ITSC11 – p. 11/143
Specifiche sulle funzionalità dei sensori
• Caratteristica statica. La caratteristica statica si ottiene variando molto
lentamente la variabile di ingresso del sensore e registrando la
corrispondente variabile di uscita.
• Caratteristica dinamica. Quando la variabile di ingresso varia molto
velocemente il trasduttore può assumere un comportamento dinamico, cioè
la variabile di uscita introduce un certo ritardo ed una certa attenuazione
alla caratteristica statica. È quindi chiaro che la caratteristica dinamica del
trasduttore pone un limite alla banda passante di tutto il sistema di controllo.
• Dipendenza da variabili ambientali. Il trasduttore è progettato per rilevare
una certa grandezza fisica, tuttavia risulta molto difficile costruire un
dispositivo selettivo che non risulti influenzato da altre grandezze fisiche.
Ad esempio la temperatura influenza le caratteristiche fisiche di quasi tutti i
materiali, ed in particolare quelli a semiconduttore.
• Affidabilità. L’affidabilità del trasduttore è di fondamentale importanza per il
corretto funzionamento del sistema di controllo. L’affidabilità si misura in
senso statistico fornendo il tempo medio che precede un guasto del
dispositivo (Mean Time Between Failure MTBF).
Cristian Secchi
2005-2006
ITSC11 – p. 12/143
Grandezza di uscita
Caratteristica statica ideale
VM
K
Vm
Sm
Caratteristica
ideale
Guadagno del
trasduttore
SM
Grandezza di ingresso
Cristian Secchi
2005-2006
ITSC11 – p. 13/143
Errori sulla caratteristica statica
• I trasduttori commerciali hanno però una caratteristica statica reale che si
differenzia da quella ideale a causa di inevitabili imperfezioni costruttive. La
qualità di un sensore si misura in base a quanto la caratteristica reale si
scosta da quella ideale. I costruttori di trasduttori forniscono alcuni indici
che misurano la qualità del sensore.
• Errore di Linearità (linearity error).
eL % =
ΔV
100
VM − Vm
dove ΔV é il massimo scostamento dalla caratteristica lineare
ΔV
Caratteristica
reale
Retta che meglio
approssima la
caratteristica reale
Cristian Secchi
2005-2006
ITSC11 – p. 14/143
Errori sulla caratteristica statica
• Errore di fuori zero (offset error). É il valore che assume l’uscita del
trasduttore quando la grandezza da misurare è nulla.
• Errore di guadagno (gain error). È la differenza tra il guadagno della
caratteristica ideale del trasduttore (K) e il guadagno della retta (K1 ) che
approssima al meglio la caratteristica ideale del trasduttore. L’errore di
guadagno è solitamente espresso in percentuale:
|K1 − K|
100
eG % =
K
Cristian Secchi
2005-2006
ITSC11 – p. 15/143
Altre tipologie di errore
• Errore di quantizzazione (resolution). È la massima variazione
dell’ingresso che non da luogo a nessuna variazione dell’uscita.
• Errore di isteresi (hysteresis). Si parla di isteresi quando la caratteristica
del trasduttore è differente nei casi in cui il segnale sia in crescita e quello in
cui il sistema sia in diminuzione. L’errore di isteresi è la massima differenza
tra le uscite nei due casi.
Cristian Secchi
2005-2006
ITSC11 – p. 16/143
Sensibilità, precisione, accuratezza
• Precisione (precision, repeatability). È una misura di quanto l’uscita del
sensore è ripetibile su ripetuti esperimenti. In sostanza può accadere che
ripetendo lo stesso eperimento più volte il sensore non fornisca l’identico
risultato. La precisione di un sensore è in genere indicata fornendo un
intervallo di errore massimo (± errore) oppure una percentuale di errore
rispetto al campo di uscita:
|eM AX |
100
ep % =
VM − Vm
• Accuratezza (Accuracy). È una misura di quanto l’uscita del trasduttore si
scosta da quello che dovrebbe essere la sua uscita ideale, cioè quella
uscita che avrebbe un trasduttore ideale che misure la stessa grandezza di
quello reale.
eA % =
Cristian Secchi
errore
valore vero
2005-2006
100
ITSC11 – p. 17/143
Precisione vs.
Cristian Secchi
Accuratezza.
2005-2006
ITSC11 – p. 18/143
Caratteristica dinamica.
• Il trasduttore è un sistema fisico avente necessariamente un
comportamento dinamico che si evidenzia quando la sua grandezza di
ingresso varia rapidamente. É possibile analizzare il comportamento
dinamico in vari modi:
• Analisi nel dominio del tempo. I parametri che definiscono il
comportamento dinamico del sistema, dato in ingresso a gradino, sono
il tempo di salita ts , tempo di assestamento ta , Tempo morto tdb (tempo
impiegato dall’uscita per raggiungere il 10% del valore a regime),
Slew-rate (valore limite della variazione dell’uscita nell’unità di tempo).
• Analisi nel dominio delle frequenze: Il parametro fondamentale che
caratterizza il sensore è la banda passante ωc .
• La dinamica del trasduttore non sempre può essere trascurata in fase di
progetto di un anello di controllo.
Cristian Secchi
2005-2006
ITSC11 – p. 19/143
Caratteristica dinamica di un trasduttore ideale (in frequenza)
|X(jω)|
X0
ω0
ω
• La risposta frequenziale di un trasduttore si definisce attraverso i diagrammi
di ampiezza e di fase della risposta del trasduttore quando l’ingresso ha un
andamento sinusoidale.
• Quando la sinusoide di ingresso ha una pulsazione maggiore di un valore
limite, allora l’uscita incomicia a non essere più in grado di seguire
l’ingresso. Tale valore prende il nome di pulsazione di taglio del
trasduttore.
Cristian Secchi
2005-2006
ITSC11 – p. 20/143
Influenza delle non idealità
Se l’ampiezza della caratteristica dinamica in frequenza non è ideale (ripple), la
caratteristica statica dipende dalla frequenza del segnale misurato:
|X(jω)|
Caratteristica a frequenza 1
YM
X0
Ripple Width
Caratteristica a frequenza nulla
Caratteristica a frequenza 2
ω1 ω2 ω0
Cristian Secchi
ω
Ym
Xm
2005-2006
XM
ITSC11 – p. 21/143
Influenza della dinamica del trasduttore
sistema
controllore
r(t)
e(t)
C(s)
u(t)
P(s)
y(t)
T(s)
trasduttore
1
P (s) =
1 + 0.1s
e consideriamo un controllore u(t) = Ke(t) che consenta di controllare il tempo
d’assestamene del sistema nel caso ideale T (s) = 1. Si consideri poi il
comportamento del sistema quando il trasduttore ha una dinamica del primo
ordine con una costante di temo pari alla metà della costante di tempo del
sistema.
Cristian Secchi
2005-2006
ITSC11 – p. 22/143
Influenza della dinamica del trasduttore
Risposta del sistema ipotizzata in fase di progetto (sinistra) e reale (destra):
0.9
2
0.8
1.8
0.7
1.6
1.4
0.6
1.2
y
y
0.5
0.4
1
0.8
0.3
0.6
0.2
0.4
0.1
0.2
0
0
0.02
Cristian Secchi
0.04
t
0.06
0.08
0.1
0
0
2005-2006
0.1
0.2
t
0.3
0.4
0.5
ITSC11 – p. 23/143
Principi fisici utilizzati nella costruzione dei sensori
• I sensori basano il proprio funzionamento sulle leggi naturali che regolano il
rapporto fra le grandezze fisiche. Quindi per poter progettare un sensore
che riveli una certa grandezza fisica occorre conoscere la natura fisica che
regola il rapporto tra tale grandezza e la grandezza di uscita del sensore.
• Sensori di tipo resistivo: Questi sensori convertono la grandezza da
misurare in una variazione di resistività. La resistività può essere espressa
come:
l
Rs = ρ
A
dove ρ è la resistivtà del materiale (solitamente dipendente dalla
temperatura), l ed A sono la lunghezza e la sezione trasversale del
materiale. La variazione di resistenza può essere prodotta da:
• variazione di geometria: prodotta da contatti striscianti (potenziometri)
o forze deformanti (estensimetri).
• variazioni di temperatura (termistori).
• illuminazione (fotoresistori).
Cristian Secchi
2005-2006
ITSC11 – p. 24/143
Principi fisici utilizzati nella costruzione dei sensori
• Sensori di tipo induttivo. Questi sensori si dividono in due categorie:
• singolo avvolgimento
• trasformatore
Cristian Secchi
2005-2006
ITSC11 – p. 25/143
Sensori di tipo induttivo a singolo avvolgimento
I sensori a singolo avvolgimento sono dei circuiti elettrici per cui l’induttanza vale:
Ls = μF N 2
dove μ è la permeabilità magnetica del nucleo su cui si avvolgono le spire, F è
una costante che dipende dalla geometria e N è il numero di spire.
μ
Movimento
del nucleo
A
A
Il sensore converte la grandezza da misurare in una variazione dell’induttanza
che viene acquisita utilizzando un circutito apposito.
Cristian Secchi
2005-2006
ITSC11 – p. 26/143
Sensori di tipo induttivo a trasformatore
• Consiste in due o più avvolgimenti (un primario e uno o più secondari) ed
ha un funzionamento del tutto simile a quella di un trasformatore.
• Il sensore converte la grandezza da misurare in una variazione dei
parametri del sistema
μ
Es
Eo
~
Movimento del
nucleo
Cristian Secchi
2005-2006
ITSC11 – p. 27/143
Principi fisici utilizzati nella costruzione dei sensori
• Sensori di tipo capacitivo
Per una capacitore a facce piane parallele, la capacità vale:
A
Cs = d
dove è la costante dielettrica, A l’area delle facce e d la distanza tra le due
facce. Il sensore capacitivo converte la variazione della grandezza da
misurare in una variazione di uno di questi parametri.
Il sensore capacitivo converte la variazione della grandezza da misurare in
una variazione di uno di questi parametri.
• Variando la geometria del sensore, ad esempio modificando la
posizione relativa dei piatti, si otterrà un sensore di posizione
• Un’altra applicazione consiste nel misurare il livello di liquidi. La
costante dielettrica tra due elettrodi parzialmente immersi in un liquido
varia al variare del livello del liquido.
Cristian Secchi
2005-2006
ITSC11 – p. 28/143
Principi fisici utilizzati nella costruzione dei sensori
• Sensori di tipo termoelettrico (Termocoppia)
Questo sensore converte un flusso di calore (differenziale di temperatura)
in una differenza di potenziale.
Giunzione
calda
Giunzione
fredda
T2
V = f (T2 − T1 )
T1
Tensione generata
per effetto Seebeck
La termocoppia è costituita da una giunzione fra due metalli differenti. Quando
la giunzione si trova ad essere ad una temperatura differente da quella delle
estremità libere, si crea una differenza di potenziale a tali estremità (Effetto
Seebeck).
Cristian Secchi
2005-2006
ITSC11 – p. 29/143
Principi fisici utilizzati nella costruzione dei sensori
• Sensori ad effetto Hall. Quando un campo magnetico viene applicato
perpendicolarmente ad una superficie conduttrice percorsa di corrente, si
genera un campo elettrico perpendicolare sia al verso di scorrimento della
corrente che alla direzione del campo magnetico. La differenza di
potenziale così generata dipende dall’intensità e dalla direzione del campo
magnetico e della corrente:
I|
sin(φ)
V = K|H||
e I rappresentano il campo magnetico e la corrente, mentre φ è
dove H
langolo tra i loro versori, e K è una costante che dipende dalla geometria
del sensore.
• Misura di spostamento lineare o angolare (senza contatto).
• Misura di corrente.
Cristian Secchi
2005-2006
ITSC11 – p. 30/143
Principi fisici utilizzati nella costruzione dei sensori
H
I
I
V
Cristian Secchi
2005-2006
ITSC11 – p. 31/143
Principi fisici utilizzati nella costruzione dei sensori
• Sensori di tipo piezoelettrico: Questi sensori sono basati sul fenomeno
fisico secondo il quale alcuni materiali cristallini (es.: quarzo) producono
una differenza di potenziale elettrico quando sono sottoposti ad una certa
pressione.
• Sensori di tipo fotovoltaico: I fotoni incidenti su di un reticolo cristallino
semiconduttore sono in grado di trasferire la loro energia cinetica agli
elettroni di valenza del cristallo. Questo fenomeno crea delle coppie
elettroni–lacune libere che, in corrispondenza della giunzione p–n,
generano una differenza di potenziale e quindi una corrente elettrica.
Cristian Secchi
2005-2006
ITSC11 – p. 32/143
Trasduttori e sensori per l’acquisizione di segnali
• Sensori per grandezze meccaniche, quali:
• Posizioni: Potenziometro, Trasformatore Lineare Differenziale (LVDT),
Resolver, Encoder.
• Velocità: Dinamo tachimetrica.
• Deformazione, forza e pressione: Estensimetro, Cella di carico.
• Accelerazione: accelerometri.
• Sensori di temperatura.
• Termocoppia e termoresistenza.
• Sensori di corrente.
• Sensore di corrente isolato ad effetto Hall.
• Sensori di prossimità.
• Contatto Reed, effetto Hall, induttivi, capacitivi, a ultrasuoni,
optoelettronici.
Cristian Secchi
2005-2006
ITSC11 – p. 33/143
Potenziometro
• Il principio di funzionamento è basato sulla variazione di resistenza in un
circuito elettrico determinata dallo spostamento dell’oggetto di cui si vuole
misurare la posizione.
• È un sensore di tipo assoluto ed è disponibile sia in versione rotativa che
lineare. Costruttivamente si tratta di un dispositivo in cui un cursore mobile
è libero di scorrere su di un un resistore fisso (realizzato a filo avvolto o a
film). La resistenza misurata fra il cursore ed un capo della resistenza fissa
dipende dalla posizione del primo.
• Il potenziometro è un sensore “modulante”, in quanto per ricavare una
informazione elettrica utile occorre inserirlo in un circuito in cui sia presente
una sorgente di alimentazione ausiliaria. Analizzando il componente
mediante la legge di Ohm, la tensione di uscita risulta essere una frazione
di quella di alimentazione e pertanto l’azione meccanica (la grandezza da
misurare) agisce modulando in uscita la tensione di alimentazione.
Cristian Secchi
2005-2006
ITSC11 – p. 34/143
Potenziometro
xRt
Vo = e
= ex
(1 − x)Rt + xRt
Tensione di
alimentazione
(1 − x)Rt
e
Rt
Tensione di
uscita
xRt
Cristian Secchi
2005-2006
Vo = xe
ITSC11 – p. 35/143
Caratteristiche del potenziometro
• Tecnologia:
• Potenziometro a filo: l’elemento resistivo è normalmente costituito da
un filo di leghe a base di Nichel–Cromo.
• Potenziometro a film: l’elemento resistivo viene realizzato per deposito
di un materiale metallico su un supporto di plastica, oppure utilizzando
un particolare materiale ceramico conduttivo detto Cermet.
• Risoluzione:
• Nei potenziometri a filo dipende dal numero e dalla spaziatura delle
spire;
• Nei potenziometri a film la risoluzione è limitata dalla granularità residua
del film e dalle incertezze del contatto.
• Linearità: < 0.1%
• Resistenza totale: da 103 a 105 Ω per il sensore a filo; da 103 a 106 per il
potenziometro a film.
• Ampiezza campo di misura: da 1 a 10 giri.
• Coefficiente di variazione della resistenza con la temperatura: da 10 a
1000ppm/o C
Cristian Secchi
2005-2006
ITSC11 – p. 36/143
Problemi di Interfacciamento di un potenziometro
• Tensione di alimentazione:
• Stabilità: la precisione e l’accuratezza del sensore dipendono dalla
tensione di alimentazione del potenziometro, e quindi è necessario
utilizzare un generatore che garantisca caratteristiche migliori della
precisione che si desidera ottenere nella misura.
• Rapporto/segnale rumore e riscaldamento: Un valore elevato di
tensione produce un buon rapporto segnale/rumore, tuttavia produce
anche maggior riscaldamento (autoriscaldamento) a cuasa di
dissipazione del dispositivo. Questo comporta temperature di esercizio
più elevate, che possono portare alla variazione della resistenza
nominale del potenziometro.
Cristian Secchi
2005-2006
ITSC11 – p. 37/143
Problemi di Interfacciamento di un potenziometro
• Impedenza di ingresso del circuito di amplificazione: Il sensore ha una
impedenza di uscita rilevante, che quindi deve essere tenuta in conto in
modo da evitare errori di misura dovuti a problemi di interfaccia elettrica.
L’impedenza di uscita elevata del sensore produce anche una estrema
sensibilità ai disturbi, in quanto il tratto di conduttore tra il sensore e il
circuito di amplificazione funziona da “antenna” per i disturbi
elettromagnetici ambientali.
e
Rt
(1 − x)Rt
xRt
Ri
xRt Ri
Vo = e
(1 − x)Rt Ri + (1 − x)xRt2 + xRt Ri
Cristian Secchi
2005-2006
limRi →∞
=
ex
ITSC11 – p. 38/143
Il Potenziometro
È possibile concludere che il potenziometro e’ un dispositivo economico ma
poco affidabile a causa del contatto strisciante che può deteriorarsi e risentire di
vibrazioni e shock meccanici. È scarsamente utilizzato nelle macchine
automatiche per misurare posizioni di parti importanti o critiche, mentre è
spesso utilizzato come generatore di “set-point” negli anelli di controllo. In
questo caso al cursore, che viene azionato dall’operatore di impianto, è
associata una scala numerata che indica approssimativamente all’operatore il
valore corrente del set-point.
Cristian Secchi
2005-2006
ITSC11 – p. 39/143
Il Trasformatore Lineare Differenziale (LVDT)
• Il Trasformatore Lineare Differenziale funziona in base al principio
dell’induzione elettromagnetica. Il circuito si compone di un cursore di
materiale ferromagnetico mobile, un avvolgimento primario e due
avvolgimenti secondari. Lo spostamento del cursore provoca una
variazione di mutua induttanza (e quindi di flusso concatenato) nel circuito
trasformatorico, rilevata da un opportuno circuito elettrico.
• Sull’avvolgimento primario viene impressa una tensione sinusoidale
Ve = Vm sin(ωt) e sui due avvolgimenti vengono indotte, per
accoppiamento, due tensioni sinusoidali V1 e V2 (di pulsazione omega) e la
cui ampiezza dipende dalla posizione del cursore mobile. La differenza Vo
delle due tensioni consente di rilevare la posizione del cursore ed é l’uscita
del sensore.
Cristian Secchi
2005-2006
ITSC11 – p. 40/143
Il Trasformatore Lineare Differenziale (LVDT)
Equipaggio mobile
x
S1
S2
V1
V2
Vo
Ve
Cristian Secchi
2005-2006
ITSC11 – p. 41/143
Caratteristica del LVDT
Il segnale di uscita è una tensione alternata caratterizzata da:
• Una pulsazione pari a quella del segnale applicato al circuito primario (detto
portante).
• Una ampiezza dipendente dalla posizione dell’equipaggio mobile,
• Una fase concorde o in opposizione rispetto alla portante in funzione del
segno dello spostamento.
Cristian Secchi
2005-2006
ITSC11 – p. 42/143
Caratteristica del LVDT
Cristian Secchi
2005-2006
ITSC11 – p. 43/143
Caratteristiche del LVDT
• Risoluzione: da 2 a 20 μm per sensori lineari; da 10−5 a 10−4 rad per
sensori rotativi
• Sensibilità: da 50 a 100 mVo /(mmVe ).
• Linearità: da 0.1 a 0.5%
• Ampiezza del campo di misura: da 1 a 10 cm per sensori lineari; ±45o
per sensori rotativi. I modelli a più elevata risoluzione hanno un campo di
misura ridotto.
• Frequenza di eccitazione: da 1 a 50 Khz
L’elettronica di interfacciamento deve essere progettata con cura, infatti il
segnale di uscita è modulato in ampiezza, e quindi occorre un circuito che ricavi
il valore di cresta di una sinusoide e che ne rilevi la fase rispetto alla portante.
Esiste un dispositivo elettronico denominato LVDT-to-Digital Converter che
estrae ampiezza e fase del segnale del trasformatore differenziale effettuandone
anche il campionamento e la conversione in formato digitale.
Cristian Secchi
2005-2006
ITSC11 – p. 44/143
Applicazioni del LVDT
• Nelle applicazioni dove la risoluzione e la linearità sono più importanti
dell’ampiezza del campo di misura.
• È un sensore affidabile e ripetibile.
• Il suo costo è però abbastanza elevato.
• Richiede una circuiteria aggiuntiva di alimentazione e soprattutto di
demodulazione abbastanza costosa.
Cristian Secchi
2005-2006
ITSC11 – p. 45/143
Resolver
Sensore di posizione che si basa sulla variazione dell’accoppiamento
(trasformatorico) tra due sistemi di avvolgimenti elettrici ruotanti l’uno rispetto
all’altro:
Circuito Generatore
}
{
Flusso concatenato
con il Rivelatore
Circuito Rivelatore
θ
Flusso impresso
dal Generatore
Il primo sistema (il sistema Generatore) genera un flusso magnetico che si
accoppia con il secondo sistema (il sistema Rivelatore) creando una tensione
indotta che dipende dalla posizione relativa dei due sistemi.
Cristian Secchi
2005-2006
ITSC11 – p. 46/143
Schema funzionale di un Resolver.
Vs1
Avvolgimento
primario
rotante
Avvolgimenti
secondari con
assi in quadratura
Vs2
Vr
• Tensione di generatore: Vr = VM sin(ωt)
• Tensioni indotte:
Vs1 = KVr cos θ = KVM sin(ωt) cos θ
Vs2 = KVr sin θ = KVM sin(ωt) sin θ
dove θ è l’angolo relativo tra il circuito di rotore e quello di statore e K è una
costante di proporzionalità dipendente da parametri costruttivi del sensore.
Le due tensioni di uscita risultano pertanto modulate sinusoidalmente con
la posizione ed in quadratura tra loro.
Cristian Secchi
2005-2006
ITSC11 – p. 47/143
Schema funzionale di un Resolver
La tensione sull’avvolgimento rotante viene fornuta tramite un trasformatore. In
questo modo non sono necessarie spazzole e l’affidabilità del componente è
migliore.
Cristian Secchi
2005-2006
ITSC11 – p. 48/143
Schema funzionale di un Resolver.
Il sensore fornisce come segnale di uscita una coppia di tensioni alternate
caratterizzate da:
• pulsazione pari a quella del segnale applicato al circuito primario;
• ampiezza dipendente dalla posizione del rotore ed in quadratura reciproca;
• fase concorde rispetto alla tensione impressa sul primario.
Grazie alla presenza dei due circuiti di statore sfasati di 90o , il resolver fornisce
la posizione assoluta dell’asse rotante all’interno di un giro.
Cristian Secchi
2005-2006
ITSC11 – p. 49/143
Disturbi dovuti alla velocità di rotazione
Il Resolver è usato molto frequentemente per rilevare la posizione del rotore
negli azionamenti con motori Brushless, e quindi deve funzionare correttamante
a velocita di rotazione molto elevate. Purtroppo la velocità di rotazione produce
l’insorgere di tensioni spurie che si traducono in errori di misura.
• Analisi dei problemi dovuti alla velocità di rotazione del sensore.
Supponiamo che:
1. Il motore ruoti a velocità costante: θ(t) = θ0 + αt.
2. I circuiti di rotore e di statore siano puramente induttivi.
3. La tensione di rotore sia Vr = VM sin(ωt).
Ricordando che su di un circuito elettrico in movimento rispetto alle linee di
flusso φ di campo magnetico, si viene ad imprimere una tensione v secondo la
legge v = dφ
dt , possiamo dedurre:
Cristian Secchi
2005-2006
ITSC11 – p. 50/143
Disturbi dovuti alla velocità di rotazione
Il flusso di eccitazione vale:
1
φr = − VM cos(ωt)
ω
Il flusso che si concatena con i due circuiti rivelatori vale rispettivamente:
φcs1 = − K
ω VM cos(ωt) cos(θ0 + αt)
φcs2 = − K
ω VM cos(ωt) sin(θ0 + αt)
Cristian Secchi
2005-2006
ITSC11 – p. 51/143
Disturbi dovuti alla velocità di rotazione
La tensione indotta sui circuiti secondari:
Vs1 =
dφcs1
dt
= KVM sin(ωt) cos(θ0 + αt) +
Kα
ω VM
cos(ωt) sin(θ0 + αt)
Vs2 =
dφcs2
dt
= KVM sin(ωt) sin(θ0 + αt) −
Kα
ω VM
cos(ωt) cos(θ0 + αt)
Le tensioni ai due avvolgimenti di statore contengono due termini: Il primo
corrisponde al termine utile ed il secondo costituisce l’errore dinamico, in quanto
la sua ampiezza è proporzionale alla velocità di rotazione del circuito secondario.
Inoltre, come si può notare dalle precedenti relazioni, l’errore dinamico è un
segnale sinosuidale sfasato in quadratura rispetto al segnale portante.
Cristian Secchi
2005-2006
ITSC11 – p. 52/143
Risoluzione del problema
• L’errore dinamico è inversamente proporzionale alla pulsazione della
portante
⇓
• i Resolver operanti ad elevata velocità necessitano di una tensione portante
a pulsazione elevata. Occorre però considerare che gli avvolgimenti reali di
un Resolver non sono puramente induttivi, al crescere della frequenza i
segnali di statore diminuiscono di ampiezza e si sfasano rispetto a quelli di
rotore. Occorre pertanto un Resolver idoneo al funzionamento ad elevata
frequenza.
Cristian Secchi
2005-2006
ITSC11 – p. 53/143
Risoluzione del problema
• L’errore dinamico è un segnale in quadratura con quello utile, quindi
l’informazione si può estrarre:
a) Utilizzando il segnale della portante per estrarre il valore di cresta dal
segnale utile (demodulazione a valore di cresta), in quanto l’errore
dinamico è nullo in corrispondenza del valore di cresta.
b) Utilizzando il segnale della portante per estrarre il valore medio nel
semiperiodo della portante stessa (demodulazione a valor medio),
poichè l’errore dinamico ha valor medio nullo in tale semiperiodo.
Cristian Secchi
2005-2006
ITSC11 – p. 54/143
Caratteristiche del Resolver.
• Errore di Linearità: da 0.1 a 0.5%
• Ampiezza del campo di misura: sensore rotazionale. Fornisce
informazioni assolute nell’ambito del giro elettrico.
• Frequenza di eccitazione: da 500 hz a 20 Khz
⇒ Il segnale di uscita è modulato in ampiezza.
⇓
⇒ Occorre un circuito demodulatore dedicato, che estragga il valore di cresta
) e ne faccia la
o il valor medio dei segnali, determini l’angolo (θ = arctan VVs2
s1
conversione Analogico/Digitale: Resolver-to-Digital Converter
Cristian Secchi
2005-2006
ITSC11 – p. 55/143
Resolver-to-Digital Conversion con μ-processore
Dispositivi con μ-processore, ADC e generatori PWM (per alimentare
l’avvolgimento primario con frequenza nota) possono essere usati per effettuare
autonomamente la conversione digitale del segnale del Resolver:
n
Cristian Secchi
n+1
u1
ADC
sin ε
N bit
u2
ADC
cos ε
N bit
ǒ Ǔ
u ā(n )
arctanā 1
u 2ā(n )
2005-2006
angle εD
N + bit
ITSC11 – p. 56/143
Resolver-to-Digital Conversion con circuito integrato
Una estrazione implicita dell’angolo (senza calcolare una arcotangente),
realizzabile con un circuito integrato, si può invece ottenere considerando che:
sin(θ − δ) = sin θ cos δ − cos θ sin δ
Inoltre se la differenza tra θ e δ è piccola, si può considerare valida
l’approssimazione:
sin(θ − δ) θ − δ
Pertanto si può pensare di “approssimare” l’angolo reale θ con un valore δ,
mantenuto con un contatore digitale. Una volta effettuata la moltiplicazione
incrociata di seni e coseni dell’angolo reale e di quello digitale, il risultato
( θ − δ) andrà a determinare un incremento o decremento del contatore, finchà
i due angoli non siano uguali.
Cristian Secchi
2005-2006
ITSC11 – p. 57/143
Resolver-to-Digital Conversion con circuito integrato
VR
VC
Cos Multiplying
D/A Converter
Sin Multiplying
D/A Converter
sin θ cos δ
+
Σ
–
Synchronous
Demodulator
cos θ sin δ
Filter
(θ − δ )
VS
δ
Voltage
Controlled
Oscillator
Tracking
Counter
admo
δ
Digital Angle Output
of Converter
Cristian Secchi
2005-2006
ITSC11 – p. 58/143
Resolver
• Il Resolver è un sensore di posizione molto affidabile, abbastanza preciso,
non troppo costoso, in grado di essere applicato su sistemi in rotazione
continua fornendo una informazione assoluta in un giro elettrico dell’asse di
rotore.
• Esso trova attualmente la sua massima applicazione come sensore di
posizione del rotore negli azionamenti con motore Brushless (sincrono a
magneti permanenti) a campo sinusoidale. La sua robustezza, la tecnologia
elettromagnetica simile a quella realizzativa di un motore e la sua relativa
insensibilità agli sbalzi di temperatura lo rendono idoneo all’integrazione
all’interno del motore, favorendo così la compattezza e la riduzione dei costi
dell’insieme.
• L’inconveniente principale nelle applicazioni digitali è la necessità di un
circuito di demodulazione e conversione digitale abbastanza complesso e
costoso.
Cristian Secchi
2005-2006
ITSC11 – p. 59/143
Encoder ottico
• L’encoder è un sensore per la misura della posizione (encoder assoluto) e
della velocità (encoder incrementale) che fornisce un’uscita digitale anzichè
analogica.
• L’encoder è disponibile sia in versione per l’acquisizione di posizioni
angolari che per per l’acquisizione di spostamenti lineari (denominato in
questo caso Inductosyn o Riga Ottica, in relazione al principio di
funzionamento utilizzato).
• L’encoder per l’acquisizione di posizioni angolari è costituito da un disco di
materiale trasparente su cui sono depositate striscie radiali di materiale
opaco. L’encoder può essere di due tipi:
• Encoder Assoluto.
• Encoder Incrementale.
Cristian Secchi
2005-2006
ITSC11 – p. 60/143
Encoder assoluto.
Le striscie opache sono disposte su corone circolari, ad ogni corona circolare
corrisponde un bit di risoluzione del dispositivo. Le strisce opache e trasparenti
si alternano in modo da codificare la posizione corrente in una configurazione
binaria.
Collimatore
Sorgente luminosa
Disco interferente
codificato a 4 bit
Cristian Secchi
2005-2006
Sensori fotovoltaici
Asse di
rotazione
ITSC11 – p. 61/143
Encoder assoluto.
La posizione corrente viene acquisita mediante una batteria di sensori
fotovoltaici pari al numero di bit di risoluzione dell’encoder. Tali sensori sono in
corrispondenza ad un uguale numero di sorgenti luminose, da cui sono separati
dal disco dell’encoder. Ad ogni posizione del disco corrisponde una
configurazione binaria di strisce opache e trasparenti, acquisite dalla batteria di
sensori fotovoltaici.
Cristian Secchi
2005-2006
ITSC11 – p. 62/143
Problematiche dell’Encoder assoluto
• La codifica dei settori angolari come stringa di bit va scelta
opportunamente.
• Il codice binario puro è soggetto a problemi di transizione spurie, dovute a
variazione di più bit tra settori contigui:
• Esempio (codifica con 3 bit): dal settore 3 al settore 4 avviene il
passaggio: 011 → 100. Se il circuito di acquisizione rileva, per
imperfezioni costruttive, prima la variazione dei bit di posizione 2 e 3 e
poi quella del bit di posizione 1, la sequenza sarà: 011 → 101 → 100,
corrispondente a 3 → 5 → 4.
Cristian Secchi
2005-2006
ITSC11 – p. 63/143
Codifica Gray per l’Encoder assoluto
• La codifica Gray (o binaria riflessa) risolve il problema delle transizione
spurie.
• I valori in codice Gray non possono essere utilizzati per operazioni
matematiche.
• La conversione in binario puro (e viceversa) è eseguibile semplicemente in
un PLC o altro dispositivo a microprocessore.
Cristian Secchi
2005-2006
ITSC11 – p. 64/143
Codice Gray a quattro bit
0 1
2
Cristian Secchi
3
4
5
6
7
8 9 1 0 11 12 13 14 15
2005-2006
]
RIFLESSI
ITSC11 – p. 65/143
Encoder a 8 bit in codice Gray
Cristian Secchi
2005-2006
ITSC11 – p. 66/143
Encoder incrementale.
Nell’encoder incrementale le strisce traparenti si trovano su di una sola corona
circolare, alternate a strisce opache. La distanza tra due strisce trasparenti si
chiama passo dell’encoder. Non essendoci una relazione tra una posizione e la
configurazione di settori opachi e trasparenti, l’encoder incrementale non può
fornire una informazione di posizione diretta, ma necessita di un circuito di
conteggio che tenga il conto del numero di transizioni tra settori opachi e
trasparenti avvenuti durante il movimento del sensore a partire da una posizione
di zero.
A
B
Sensori fotovoltaici
0
Disco interferente
codificato ad un bit
con tacca di zero
Collimatore
Sorgente luminosa
Asse di
rotazione
Cristian Secchi
2005-2006
ITSC11 – p. 67/143
Encoder incrementale.
• Il sistema di rivelazione del segnale dell’encoder incrementale è analogo al
caso precedente: vi è una sorgente luminosa e tre sensori fotovoltaici, uno
per rilevare la tacca di zero e due per determinare il verso di rotazione
dell’encoder. La tacca di zero è una striscia trasparente posta in
corrispondenza dello zero convenzionale dell’angolo di rotazione
dell’encoder. Il rilevamento di questa posizione è molto importante in
quanto consente di stabilire lo stato iniziale necessario per il circuito di
conteggio.
• I due sensori fotovoltaici (A e B) di rilevazione del verso sono sfasati di 1/4
di passo tra di loro.
Cristian Secchi
2005-2006
ITSC11 – p. 68/143
Forme d’onda generate da un encoder incrementale
Cristian Secchi
2005-2006
ITSC11 – p. 69/143
Forme d’onda generate da un encoder incrementale
Il verso di rotazione viene rilevato nel seguente modo:
1. I sensori fotovoltaici sono oscurati dalle bande opache, codifichiamo questa
situazione con la configurazione binaria “0-0”.
2. Supponiamo che l’encoder ruoti in senso orario e che il primo (A) sensore
fotovoltatico si illumini. Codifichiamo questa situazione con la
configurazione “1-0”.
3. L’encoder continua a ruotare, ora anche il secondo sensore (B) fotovoltaico
si illumina, il sistema raggiunge la configurazione “1-1’.
Il movimento in senso orario è codificato quindi dalla sequenza “0-0”, “1-0” e
“1-1”. Ripetendo lo stesso ragionamento è possibile verificare che il movimento
in senso antiorario è codificato dalla sequenza “0-0”, “0-1” e “1-1”.
Cristian Secchi
2005-2006
ITSC11 – p. 70/143
Segnale encoder.
• Rotazione Oraria: sequenza 1-2-3
• Rotazione Antioraria: sequenza 3-2-1
Cristian Secchi
2005-2006
ITSC11 – p. 71/143
Conteggio impulsi - 1
Un semplice circuito di conteggio potrebbe essere un contatore Up-Down
hardware:
UP/DOWN COUNTER
Canale A Encoder
CTR_SOURCE
CNT_VAL
Canale B Encoder
Posizione Assoluta
UP/DOWN
Il contatore conta i fronti di salita di A. Se la rotazione è orario, il conteggio è
crescente perchè il fronte di salita è in corrispondenza di B = 0. Se la rotazione
è antioriaria, il conteggio è decrescente perchè il fronte di salita è in
corrispondenza di B = 1.
Cristian Secchi
2005-2006
ITSC11 – p. 72/143
Presenza di oscillazioni meccaniche
Questa soluzione non viene utilizzata nella pratica in quanto è molto sensibile a
commutazioni spurie. Ad esempio supponiamo che l’encoder sia utilizzato per
rilevare la rotazione di un motore elettrico. Se il motore elettrico è fermo
nell’intorno di una posizione di commutazione del sensore A, le inevitabili
vibrazioni del sistema meccanico accoppiato al motore possono produrre
commutazioni spurie sul segnale A che a loro volta possono venire
erroneamente interpretare come una variazione di posizione.
Cristian Secchi
2005-2006
ITSC11 – p. 73/143
Conteggio impulsi - 2
• È preferibile mettere a monte del contatore un circuito di interfaccia per i
canali dell’encoder (es. LSI Computer Systems LS7083), che:
• trasformi gli impulsi ad onda quadra in impulsi one-shot (filtraggio
digitale)
• eventualmente moltiplichi il conteggio per 2 o per 4
• determini il verso di rotazione
Cristian Secchi
2005-2006
ITSC11 – p. 74/143
Cristian Secchi
2005-2006
ITSC11 – p. 75/143
Esempio di pre-elaborazione impulsi encoder
x2 Clock
Canale A Encoder
Monostabile
Canale B Encoder
x4 Clock
Monostabile
F-F D
D
Orario/Antiorario
Clk
Cristian Secchi
2005-2006
ITSC11 – p. 76/143
Problematiche legate al roll-over del contatore
Roll-over: quando il contatore raggiunge il proprio valore massimo e si
auto-resetta.
• Se il valore di roll-over può essere impostato allo stesso numero di passi
per giro dell’encoder, non ci sono problemi.
• Se il valore di roll-over vale 2M e i passi per giro dell’encoder sono 2N , è
sufficiente mascherare gli M − N bit più significativi del valore di conteggio
espresso in codice binario.
• Altrimenti occorrono maggiori accortezze nel software di controllo, per
tenere traccia della posizione raggiunta all’interno del giro encoder e della
“posizione virtuale” del giro encoder all’interno del range di conteggio.
Cristian Secchi
2005-2006
ITSC11 – p. 77/143
Encoder incrementale come sensore di velocità
• La velocità di rotazione può essere misurata in modo molto semplice,
fissando un tempo di campionamento T :
Conteggio[kT ] − Conteggio[(k − 1)T ]
V el[kT ] =
T
• Chiaramente il tempo di campionamento T e la risoluzione dell’encoder
determinano il rumore della misura, dovuto alla discretizzazione.
• Se la velocità diminuisce il rumore aumenta, fino al raggiungimento di una
velocità limite non rilevabile ⇒ Nessun impulso di conteggio nel tempo T .
Cristian Secchi
2005-2006
ITSC11 – p. 78/143
Encoder Sin/Cos
• Per applicazioni dove sia richiesta altissima risoluzione (es. Hard-Disk
Drives), il segnale proveniente dai sensori fotovoltaici viene amplificato con
guadagno finito anzichè infinito ⇒ forme d’onde sinusoidali anzichè
quadrate.
• Dalle sinusoidi dei canali A e B è poi possibile estrarre una informazione
assoluta della posizione all’interno del passo encoder.
• Tale informazione può essere utilizzata per posizionamenti finissimi in
corrispondenza degli “zeri” dei vari passi, oppure per calcolare con
maggiore precisione la velocità di rotazione.
Cristian Secchi
2005-2006
ITSC11 – p. 79/143
Dinamo Tachimetrica
Il principio di funzionamento corrisponde a quello del motore elettrico a corrente
continua: la parte mobile del sensore è costituito da un circuito elettrico solidale
alla parte di cui occorre misurare la velocità. Il circuito elettrico è immerso in un
campo magnetico fisso generato da un magnete permanente. Quando il circuito
elettrico ruota si viene a generare una tensione ai capi di uscita proporzionale
alla velocità di rotazione del sensore.
Cristian Secchi
2005-2006
ITSC11 – p. 80/143
Caratteristiche della dinamo tachimetrica
• Pregi:
• Sensore a basso costo.
• Sensore attivo (non necessita di una tensione di alimentazione).
• Difetti:
• Facilmente deteriorabile ( a causa della presenza delle spazzole,
necessarie per prelevare il segnale di tensione).
• Zone di transizione sul collettore introducono “ripple” sulla tensione
generata.
• Linearità: 0.5 ÷ 1 %.
• Sensibilità: 5 ÷ 10 V/1000rpm.
• Ripple Width: 1 ÷ 2 %.
Cristian Secchi
2005-2006
ITSC11 – p. 81/143
Estensimetro
• L’estensimetro, detto strain gauge, è un sensore che rileva deformazioni
meccaniche (e conseguentemente forze applicate) trasformandole in
variazioni di resistività.
• Sfrutta le variazioni di lunghezza l e sezione S di fili conduttori vincolati alla
parte meccanica sottoposta ad una forza.
• Quando una forza agisce su di una struttura meccanica questa si deforma
di una quantità approssimativamente proporzionale alla forza incidente
secondo la legge di Hooke:
Δl
σ=E
l
ove σ è la forza normale riferita alla superficie, E è la costante di
proporzionalità, detta modulo di Young e Δl/l è la deformazione relativa.
Cristian Secchi
2005-2006
ITSC11 – p. 82/143
Estensimetro
• Considerando un corpo cilindrico di lunghezza l e sezione S sottoposto ad
una forza F longitudinale risulta:
F
Δl
σ=
=E
S
l
L’allungamento è quindi:
l F
l
Δl =
= F
ES
K
Il termine K = SE/l viene chiamato costante elastica del materiale, che
dipende quindi da caratteristiche geometriche (S e l) e fisiche (E).
Cristian Secchi
2005-2006
ITSC11 – p. 83/143
Estensimetro
• Oltre all’allungamento il materiale subisce una diminuzione della sua
sezione pari a:
ΔS
Δl
= −2μ
S
l
(1)
Il parametro μ viene anche detto modulo di Poisson e vale circa 0.3 per
quasi tutti i metalli.
• L’estensimetro è costituito da un materiale che può essere una lega
metallica (estensimetri metallici) oppure un semiconduttore (estensimetri
a semiconduttore) che sottoposto a deformazione modifica la sua
resistività a causa della variazione della sua geometria.
• Costruttivamente gli estensimetri metallici sono ricavati su di un supporto
isolante su cui viene depositata una traccia di lega metallica (tipicamente
nichel, nichel-cromo, manganina, costantana, platino) avente una forma a
zig-zag per aumentare la deformazione complessiva. La dimensione tipica
di un estensimetro è di circa 1 cm quadrato.
Cristian Secchi
2005-2006
ITSC11 – p. 84/143
Estensimetro
• Gli estensimetri a semiconduttore sono invece costituiti di silicio
opportunamente drogato. La sensibilità di questi sensori è molto più elevata
e quindi forniscono un segnale molto più forte a parità di superficie utile.
Per questo motivo gli estensimetri a semiconduttore sono estremamente
piccoli (valori tipici sono dell’ordine di 0.5 mm). Di contro sono molto
sensibili alla variazione di temperatura ambientale e sono di difficile
manipolazionea causa della loro piccola dimensione.
Cristian Secchi
2005-2006
ITSC11 – p. 85/143
Estensimetro
Cristian Secchi
2005-2006
ITSC11 – p. 86/143
Variazione di resistenza dell’estensimetro
• Resistenza di un filo conduttore:
R=ρ
l
S
che differenziata:
dR
dρ dl dS
=
+
−
R
ρ
l
S
• Trascurando la variazione di ρ (dipendente in prevalenza dalla temperatura):
dR
dl
dl
dl
dl
=
+ 2μ = (1 + 2μ) = K
R
l
l
l
l
Il parametro K viene detto gauge factor e misura la sensibilità del sensore
Cristian Secchi
2005-2006
ITSC11 – p. 87/143
Valori tipici del Gauge Factor
Materiale
gauge factor
Metalli conduttori
≈2
Manganese
0.5
Nichel
12
Materiali semiconduttori > 100
Cristian Secchi
2005-2006
ITSC11 – p. 88/143
Estensimetro come sensore di forza
• Si può risalire alla forza applicata ad un corpo vincolando ad esso un
estensimetro e considerando che:
1F
Δl
ΔL
=
=
L
ES
l
e quindi:
ES ΔR
Δl
=
F = ES
l
K R
Cristian Secchi
2005-2006
ITSC11 – p. 89/143
Acquisizione del segnale estensimetrico
L’acquisizione del segnale generato dall’estensimetro non è semplice, in quanto
la sua entità, soprattutto per estensimetri a semiconduttore, è molto modesta.
Nella quasi totalità dei casi si utilizza una configurazione a ponte di Wheatstone
con le resistenze di riferimento 1,2,3 tutte di egual valore R e la resistenza di
misura (estensimetro) Rg .
Rg
R
4
1
Vref
Vout
2
R
R
Cristian Secchi
3
2005-2006
ITSC11 – p. 90/143
Acquisizione del segnale estensimetrico
L’equazione del circuito vale:
Vout = Vref
R
R
−
2R R + Rg
Se la resistenza di misura Rg a riposo ha una resistività pari a R, allora in
assenza di deformazione il ponte è perfettamante bilanciato e quindi Vout = 0.
Quando si applica una forza deformante, la resistività dell’estensimetro si
modifica di ΔR, e quindi la tensione di uscita dal ponte diventa:
Vout = Vref
R
R
−
2R R + R + ΔR
dopo pochi passaggi si verifica che:
Vout = Vref
Cristian Secchi
4
ΔR
R
+ 2 ΔR
R
2005-2006
ITSC11 – p. 91/143
Acquisizione del segnale estensimetrico
Quest’ultima relazione è non lineare, tuttavia se consideriamo che ΔR/R 1
allora è possibile approssimare la caratteristica del sensore in:
Vout
1 ΔR
Vref
4 R
Il ponte di Wheatstone fornisce buoni risultati se le resistenze che compongono
il ponte sono di egual valore. Per verificare tale condizione solitamente si usano
estensimetri non deformati come resistenze di riferimento del ponte, meglio se
provenienti dallo stesso lotto di fabbricazione.
Cristian Secchi
2005-2006
ITSC11 – p. 92/143
Misura deformazione assiale e flessionale.
Se le dimensioni dello spazio di alloggimento degli etensimetri sulla struttura
deformata lo consente, è possibile aumentare la sensibilità della misura, avendo
cura di piazzare in modo opportuno gli estensimetri, in modo che siano
deformati simmetricamente a coppie.
• Configurazione per misurare una deformazione assiale
F
3
1
Cristian Secchi
4
2
2005-2006
ITSC11 – p. 93/143
Misura deformazione assiale e flessionale.
1
F
3
2
4
• Configurazione per misurare una deformazione flessionale
Cristian Secchi
2005-2006
ITSC11 – p. 94/143
Misura deformazione assiale e flessionale.
La misura di variazione di resistività nel caso di due estensimetri sollecitati vale:
Vout = Vref 2 1−
ΔR
R
2
1 ΔR
4
R
e quindi l’approssimazione ΔR/R 1 è ancora più valida rispetto al caso
precedente, e quindi:
Vout Vref
1 ΔR
2 R
Il caso ottimale si ha utilizzando quattro estensimetri. In tal caso l’uscita del
sensore vale:
Vout
Cristian Secchi
ΔR
= Vref
R
2005-2006
ITSC11 – p. 95/143
Configurazioni multiple
R + ΔR
R
1
2
4
3
R
R + ΔR
R + ΔR
R − ΔR
1
2
4
3
R − ΔR
Cristian Secchi
R + ΔR
2005-2006
ITSC11 – p. 96/143
Sensore di pressione basato su estensimetri
• Gli estensimetri possono essere utilizzati anche per realizzare misure di
pressione.
• La pressione (o meglio la differenza di pressione) provoca la deformazione
di una membrana sulla quale sono fissati degli estensimetri
opportunamente connessi secondo la configurazione a ponte.
• Possibili realizzazioni:
• Membrana metallica o di silicio (estensimetri integrati).
• Estensimetri metallici o a semiconduttore
Cristian Secchi
2005-2006
ITSC11 – p. 97/143
Sensore di pressione basato su estensimetri
silicio piezoresistivo
membrana
acciaio
ΔP
Ref
Amp
circuiti elettronici
di
condizionamento
sul
sensore
Figure 1:
Cristian Secchi
2005-2006
ITSC11 – p. 98/143
Cella di carico.
La cella di carico (load cell) è un sensore per la misura della forza peso. La forza
applicata alla piattaforma comprime la molla e sposta l’equipaggio mobile del
LVDT, che fornisce un’uscita proporzionale allo spostamento e quindi alla forza.
F = −Kx
F
LVDT
Cristian Secchi
2005-2006
ITSC11 – p. 99/143
Cella di carico basata su estensimetri.
Molto spesso le celle di carico si basano sugli estensimetri. Ad esempio in figura
è riportata una cella di carico per misurare una forza di sollevamento.
R2
R3
R4
R1
F
Gli estensimetri sono elettricamente connessi a ponte. La forza F provoca un
allungamento degli estensimetri R2 e R4 ed una compressino degli estensimetri
R1 e R3 . Come mostrato in precedenza questa configurazione del ponte è tale
da dare la massima variazione di tensione a seguito di queste variazioni mentre
le variazioni conseguenti alla temperature sono minimizzate.
Cristian Secchi
2005-2006
ITSC11 – p. 100/143
Accelerometri
L’accelerometro e costituito da un massa sismica che si muove all’interno di un
contenitore solidale a corpo di riferimento. La massa sismica è quindi connessa
ad una molla di coefficiente elastico K e ad uno smorzatore con coefficiente di
attrito viscoso b.
x
Massa Sismica
Accelerometro
K
M
y
Cristian Secchi
Corposolidal
b
2005-2006
ITSC11 – p. 101/143
Principio di funzionamento accelerometro
Equilibrio delle forze applicate alla “massa sismica”:
dx
d2 xm
=
−b
M
− Kx
2
dt
dt
dove xm = y + x è la posizione assoluta della massa sismica. Si ha che:
dx
d2 x
d2 y
M 2 +b
+ Kx = −M 2
dt
dt
dt
All’equilibrio
d2 x
dx
K
d2 y
=
= 0 =⇒ a = 2 = − x
dt2
dt
dt
M
quindi a è misurabile con un sensore di posizione lineare, oppure misurando
direttamente la forza F = Kx.
Cristian Secchi
2005-2006
ITSC11 – p. 102/143
Termocoppia
Il principio di funzionamento della termocoppia si basa sull’Effetto Seebeck:
quando una giunzione tra due metalli viene riscaldata si produce ai terminali
liberi una differenza di potenziale che, per piccole differenze di temperatura è
approsimativamente lineare.
Giunzione
calda
Giunzione
fredda
T2
V = f (T2 − T1 )
T1
Cristian Secchi
Tensione generata
per effetto Seebeck
2005-2006
ITSC11 – p. 103/143
Nomenclatura (Standard ANSI).
In base ai metalli usati nella giunzione, le termocoppie vengono classificate
secondo lo standard ANSI con lettere maiuscole.
Tipo
Cristian Secchi
K
R
T
Nikel-Cromo (+)
Platino-Rodio (+)
Rame (+)
Nikel-Alluminio (-)
Platino (-)
Costantana (-)
Tmin
95 o C
870 o C
-200 o C
Tmax
1260 o C
1450 o C
350 o C
Vmax
50.63 mV
16.74 mV
17.81
Errore
±2.2 o C
±1.4 o C
±0.8 o C
2005-2006
ITSC11 – p. 104/143
Nomenclatura (Standard ANSI).
Tipo
Cristian Secchi
E
J
K
Nikel-Cromo (+)
Ferro (+)
Nikel-Cromo (+)
Costantana (-)
Costantana (-)
Nikel-Alluminio (-)
Tmin
95 o C
95 o C
95 o C
Tmax
900 o C
760 o C
1260 o C
Vmax
68.78 mV
42.25 mV
50.63 mV
Errore
±1.7 o C
±2.2 o C
±2.2 o C
2005-2006
ITSC11 – p. 105/143
Acquisizione del segnale.
• Il sensore non necessita di alimentazione in quanto il principio fisico stesso
di funzionamento genera una tensione di uscita.
• La caratteristica V (T ) non è lineare.
• I conduttori che collegano la termocoppia al circuito elettronico creano una
giunzione parassita di cui si deve tener conto per effettuare una misura
corretta.
Forno
Circuito di misura
Rame
Vm
Rame
Ferro
V2
V1
V3
Tref
T1
Constantana
Collegamento
V m = V 1 + V3 − V2
Cristian Secchi
2005-2006
ITSC11 – p. 106/143
Circuito equivalente
Due termocoppie in serie che condividono lo stesso materiale centrale
(il ferro nell’esempio) e sono alla stessa temperatura, generano la
stessa tensione che genererebbe una sola termocoppia realizzata con
i due materiali esterni (Rame e Costantana nell’esempio). Forno
Ferro
Rame
Vm
Rame
V2
V3∗
V4
T1
V1
Constantana
Tref
Constantana
Rame
Tref
Cristian Secchi
2005-2006
ITSC11 – p. 107/143
Acquisizione del Segnale
In questo circuito la tensione di misura vale:
Vm = V1 − V2 + V3∗ − V4
Se le due giunzioni Cu-Fe si trovano alla stessa temperatura, allora le due
tensioni V2 e V3∗ si bilanciano e quindi si possono eliminare dalla misura di Vm .
In definitiva quindi la tensione misurata è uguale alla differenza tra la tensione di
giunzione alla temperatura del forno V1 e e la tensione della stessa giunzione
alla temperatura di riferimento Tref .
Vm = V1 (T1 ) − V4 (Tref )
Cristian Secchi
2005-2006
ITSC11 – p. 108/143
Acquisizione del Segnale
In definitiva per ottenere la temperatura T1 occorre conoscere la temperatura di
riferimento (solitamente la temperatura ambiente). Il procedimento di misura
consiste quindi in:
1. Misurare la temperatura di riferimento (ad esempio tramite una
termoresistenza) e la si converte nella equivalente tensione di termocoppia
V (Tref ) usando la caratteristica della termocoppia di misura.
2. Alla tensione così misurata si aggiunge la tensione Vm acquisita dalla
termocoppia ottenendo la tensione della giunzione di misura V (T1 ).
Il procedimento illustrato può apparire, a prima vista, assai strano, in quanto per
misurare una temperatura (di un forno ad es.) è necessario introdurre un’altra
misura di temperatura (ambiente). Tuttavia il secondo problema di misura è
molto più semplice del primo e può essere risolto usando un sensore di basso
costo che non sarebbe assolutamente idoneo a misurare le temperature
all’interno del forno.
Cristian Secchi
2005-2006
ITSC11 – p. 109/143
Termoresistenza o Resistance Thermal Detector (RTD)
• Gli RTD, sono dispositivi in cui si sfrutta la variazione di resistività (quindi di
resistenza) al variare della temperatura.
• La caratteristica approssimata è data da:
R(T ) = Ro (1 + αT )
dove Ro è la resistività nominale (a 0 o C).
• Esempio, per un RTD al Platino, con R0 = 100 (PT100) a 0o C:
α = 39.27 × 10−4 1/o C
• Un’approssimazione più precisa, ma non lineare, della caratteristica
resistenza-temperatura è data da:
R(T ) = Ro (1 + AT − BT 2 )
A = 3.986 × 10−3 e B = 5.88 × 10−7
Cristian Secchi
2005-2006
ITSC11 – p. 110/143
Interfacciamento di una termoresistenza
La resistenza non può essere misurata direttamente, ma occorre un circuito di
alimentazione e di acquisizione. Le possibili soluzioni sono:
• Collegamento ad un generatore di riferimento di corrente e misura della
tensione ai capi del sensore
• Utilizzo di un ponte di Wheatstone
Cristian Secchi
2005-2006
ITSC11 – p. 111/143
Interfacciamento di una termoresistenza
I=0
Iref
Termoresistenza
Vm
I=0
Forno
Cristian Secchi
2005-2006
ITSC11 – p. 112/143
Interfacciamento di una termoresistenza
• Questo tipo di connessione richiede quattro collegamenti per assicurare
una buona precisione di funzionamento, altrimenti la resistenza dei cavi di
collegamento si sommerebbero a quella del sensore. Considerando che la
resistività tipica di un buon conduttore è di 0.1Ω/m, si ha che pochi metri di
collegamanto producono una resisitività pari a quella del segnale utile da
acquisire.
• In questa configurazione vi sono due circuiti distinti. Un circuito serve ad
imprimere una corrente di riferimento, mentre l’altro circuito serve ad
acquisire il segnale. Sul circuito di acquisizione non scorre corrente, e
quindi l’effetto di resistenze parassite non produce cadute di tensione
spurie.
Cristian Secchi
2005-2006
ITSC11 – p. 113/143
Utilizzo di un ponte di Wheatstone
• Il ponte di Wheatstone nella configurazione ad un elemento di misura e tre
di riferimento fornisce il massimo della linearità in condizioni di piccola
variazione di resistività dell’elemento di misura. Per questo motivo non è
molto indicato per l’acquisizione del segnale generato da una
termoresistenza, in quanto esso varia da qualche Ω a -200o C a qualche
centinaio di Ω a +850o C. In tal caso un ponte, bilanciato ad es. a 100ΩW,
produrrebbe una forte non linearità dovuta alla sua stessa configurazione.
• L’utilizzo del ponte è consigliabile solamente nel caso in cui si dovessero
misurare piccole variazioni di temperatura intorno ad un punto di lavoro. Per
evitare l’effetto delle resistenze parassite insite nei collegamenti è poi
possibile adottare una configurazione con RTD a 3 fili. Le resistenze
parassite dei due cavi di collegamento risultano collocate su due rami
adiacenti e, se uguali, si compensano. I problemi di non linearità dovuti allo
sbilanciamento del ponte rimangono tuttavia irrisolti.
Cristian Secchi
2005-2006
ITSC11 – p. 114/143
Utilizzo di un ponte di Wheatstone.
Resistenze parassite
Termoresistenza
I=0
R
4
1
Tensione
di riferimento
Vref
2
I=0
3
R
R
I=0
Vout
Cristian Secchi
2005-2006
ITSC11 – p. 115/143
Il Termistore
• Anche il termistore si basa sull’effetto termoresistivo per misurare la
temperatura.
• In questo caso l’elemento sensibile è un materiale semiconduttore nel
quale la resistenza varia negativamente al variare della temperatura.
• Dimensione molto minore ed un maggiore coefficiente di temperatura
(⇒Maggiore sensibilità)rispetto al RTD
• La dipendenza del valore della resistenza dalla temperatura è fortemente
non lineare:
R(T ) = Ro e
Cristian Secchi
B
B
T − T0
2005-2006
ITSC11 – p. 116/143
Il Termistore
Caratteristiche essenziali del componente sono:
• Campo di misura: da -100o C a +150o C, (da -30o C a +100 o C per versioni
lineari)
• Linearità: limitata,
• Riproducibilità: limitata,
• Sensibilità: elevatissima. Il Termistore viene spesso utilizzato in sistemi di
protezione termica nei quali l’elevato guadagno e la notevole nonlinearità
sono utilizzati per realizzare un sensore ad uscita logica, in grado di rilevare
il superamento di una certa soglia di temperatura.
• La realizzazione a semiconduttore lo rende abbastanza delicato ed inadatto
ad impieghi in condizioni di elevato stress meccanico.
Il termistore si intefaccia come un RTD se usato come sensore continuo.
Cristian Secchi
2005-2006
ITSC11 – p. 117/143
Confronto fra le caratteristiche dei sensori di temperatura
V
R
R
T
(a) Termocoppie
Cristian Secchi
T
(b) RTD
2005-2006
T
(c) Termistori
ITSC11 – p. 118/143
Confronto fra le caratteristiche dei sensori di temperatura - 2
Pro
Termocoppie
• Autoeccitante,
Termoresistenze
• Semplice,
• Molto stabile,
• Campo di misura
elevato,
• Molto accurato,
• Molto lineare.
• Economico.
Cristian Secchi
2005-2006
Termistori
• Molto sensibile,
• Veloce,
• Elevato rapporto
S/N.
ITSC11 – p. 119/143
Confronto fra le caratteristiche dei sensori di temperatura - 3
Termocoppie
• Non lineare,
• Bassa
tensione di
uscita,
Contro
• Serve una
temperatura
di riferimento,
• Poco
bile.
Cristian Secchi
sensi-
Termoresistenze
• Costoso,
• Serve un
riferimento di
corrente,
• Bassa resistenza
nominale,
•
Autoriscaldamento
2005-2006
Termistori
• Estremamente
non lineare,
• Campo di misura
limitato,
• Serve un
riferimento di
corrente,
•
Autoriscaldamento
ITSC11 – p. 120/143
Sensore di Corrente.
• Il modo più semplice di eseguire la misura di corrente è il metodo
volt-amperometrico, dove si misura la caduta di tensione su di una
resistenza di misura percorsa dalla corrente incognita.
• Questo metodo molto semplice risulta però inefficacie per misurare correnti
molto elevate tipiche dei circuiti di controllo dei motori elettrici che possono
raggiungere anche le centinaia di Ampère. In tal caso si utilizza sensori di
tipo isolato, che possono essere di due tipologie:
• A misura diretta, dove si effettua una misura della tensione prodotta
per effetto Hall dalla corrente incognita.
• A compensazione di campo, in tal caso si induce in un circuito
elettrico una corrente proporzionale a quella incognita ma di minore
intensità, misurandola poi con un circuito a misura diretta.
Cristian Secchi
2005-2006
ITSC11 – p. 121/143
Sensori di tipo isolato:
effetto Hall
H
I
I
V
Un campo magnetico viene applicato perpendicolarmente ad una superficie
conduttrice percorsa di corrente, si genera un campo elettrico perpendicolare sia
al verso di scorrimento della corrente che alla direzione del campo magnetico.
La differenza di potenziale così generata dipende dall’intensità e dalla direzione
del campo magnetico e della corrente.
Cristian Secchi
2005-2006
ITSC11 – p. 122/143
1 - Sensore di corrente a misura diretta.
Il flusso indotto in un toroide di materiale ferromagnetico è proporzionale alla
corrente Im , idem per la tensione Vout di direzione perpendicolare alla corrente
costante Iref :
Iref
Im
Vout
Cristian Secchi
2005-2006
ITSC11 – p. 123/143
1 - Sensore di corrente a misura diretta.
• In tale schema è presente un circuito magnetico costituito da un nucleo
toroidale aperto di ferrite o di altro materiale ferromagnetico.
• Nell’apertura è alloggiato il sensore ad effetto-Hall sul quale il nucleo
toroidale concentra il campo magnetico generato dallla corrente elettrica
incognita Im . Su questo circuito viene fatta passare una piccola corrente di
riferimento Iref che, accoppiandosi con il campo magnetico genera per
effetto Hall una tesione Vout proporzionale alla corrente Im .
Cristian Secchi
2005-2006
ITSC11 – p. 124/143
2 - Sensore di corrente a compensazione di campo
I2
+
n2
Iref
+
n1
V
Im
R
Cristian Secchi
-
G
vo
2005-2006
-
ITSC11 – p. 125/143
2 - Sensore di corrente a compensazione di campo
• La struttura generale è simile a quella del sensore a misura diretta, con la
differenza che sul nucleo toroidale trova posto un avvolgimento con n2 spire
pilotato dall’uscita dell’amplificatore (circuito secondario). All’ingresso
dell’amplificatore vi è la tensione V generata per effetto Hall dalla
interazione tra la corrente di riferimento Iref ed il campo magnetico
impresso nel nucleo toroidale.
• L’uscita dell’amplificatore pilota un generatore di corrente che imprime una
corrente I2 sull’avvolgimento secondario. L’avvolgimento è fatto in modo
tale che la corrente I2 imprime un campo magnetico che si oppone a quello
generato dalla corrente incognita Im . Se i due campi magnetici sono in
equilibrio, vale a dire se:
|Im |n1 = |I2 |n2
dove n1 = 1, allora la tensione V è nulla.
Cristian Secchi
2005-2006
ITSC11 – p. 126/143
2 - Sensore di corrente a compensazione di campo
• L’amplificatore si trova quindi in un circuito retroazionato, in cui si impone un
guadagno di anello elevato utilizzando un amplificatore con guadagno
opportuno. In condizione di stabilità si ha:
|I2 | =
|Im |
n2
a questo punto il problema è riportato alla misura della corrente I2 che
risulta essere n2 volte più piccola della corrente originaria, e quindi
facilmente misurabile con il metodo volt-amperometrico.
Questo secondo schema risulta leggermente più complesso del precedente per
la presenza dell’avvolgimento secondario. Tuttavia esso è preferibile e
globalmente non risulta più costoso in quanto consente di utilizzare il sensore ad
effetto di Hall nell’intorno della regione di campo nullo nella quale la linearità è
garantita anche con dispositivi di classe relativamente economica.
Cristian Secchi
2005-2006
ITSC11 – p. 127/143
Sensori di Prossimità
• I sensori di prossimità o di presenza per applicazioni industriali sono molto
spesso realizzati per fornire informazioni di tipo logico.
• Lo schema di funzionamento più comune è:
Generatore Sensore
di campo
-
Amplificatore
- Rivelatore
di soglia
• I vari tipi di sensore si classificano in base alla realizzazione del blocco
generatore di campo. In particolare si distinguono generatori di:
• Campo Magnetico (contatto Reed, effetto Hall)
• Campo Luminoso
• Campo Acustico (ultrasouni)
Cristian Secchi
2005-2006
ITSC11 – p. 128/143
Sensori di prossimità a Contatto Reed
• Sono costituiti da lamine di materiale ferromagnetico (Ferro-Nichel) a bassa
riluttanza racchiuse da un bulbo di vetro.
• Il campo magnetico generato da un magnete permanente o da bobine
percorse da corrente, quando si trovano in prossimità del bulbo, induce
sulle lamine polarità magnetiche di segno opposto.
• La due lamine tendono ad avvicinarsi o allontanarsi (a seconda della
metodologia costruttiva ⇒Contatto Normalmente Aperto o Normalmente
Chiuso) chiudendo un circuito elettrico.
indotti
ampolla sotto vuoto
S
S
N
N
NS
Cristian Secchi
2005-2006
ITSC11 – p. 129/143
Sensori di prossimità a Contatto Reed
• La realizzazione in un bulbo di vetro garantisce un buon livello di protezione
da polveri e umidità.
• Tempo di Vita: 108 operazioni.
• Valori di tensione o corrente elevati provocano incollamento dei contatti ⇒
riduzione tempo di vita.
• Effetti di rimbalzo limitano la frequenza di attivazione.
Cristian Secchi
2005-2006
ITSC11 – p. 130/143
Sensori di Prossimità ad Effetto Hall
• In questo caso il campo magnetico viene rilevato da un sensore ad effetto
Hall, il quale viene alimentato con una corrente costante.
• L’intensità del campo magnetico cala con l’aumentare della distanza del
magnete dal sensore Hall, e con esso diminuisce la tensione generata.
• Se tale tensione pilota un rivelatore di soglia (con isteresi, Schmitt
Trigger), avremo un’uscita alta se il magnete si avvicina oltre la distanza di
azionamento, altrimenti bassa.
Cristian Secchi
2005-2006
ITSC11 – p. 131/143
Configurazioni dei Sensori di Prossimità ad Effetto Hall
V
out
soglia
Dist
.
Dist
.
N S
Cristian Secchi
2005-2006
ITSC11 – p. 132/143
Configurazioni dei Sensori di Prossimità ad Effetto Hall
V
Dist .
S
N
NOTA: Se il guadagno del tratto lineare della caratteristica non è troppo elevato
(poli magnetici maggiormente distanziati), si può utilizzare il sensore come
sensore analogico di posizione.
Cristian Secchi
2005-2006
ITSC11 – p. 133/143
Configurazioni dei Sensori di Prossimità ad Effetto Hall
• Esistono realizzazioni nelle quali i magneti sono disposti su un elemento in
rotazioni. Con questa configutrazione è possibile ottenere, oltre a sensori di
prossimità:
• sensori di posizione incrementali.
• sensori di velocità.
• dispositivi per il controllo delle posizioni di commutazione delle fasi nei
motori Brushless a campo trapezoidale, nei quali occorre rilevare il
passaggio del magnete di rotore per le posizioni di commutazione.
V
Angolo
.
Cristian Secchi
2005-2006
S
N N
S
ITSC11 – p. 134/143
Caratteristiche dei Sensori di Prossimità Effetto Hall
• Costo limitato: elemento sensore, amplificatore, regolatore di corrente,
Schmitt Trigger integrati in un unico chip.
• Elevata frequenza di lavoro: fino a 25 KHz.
• Elevata linearità al variare della tensione di alimentazione e della
temperatura.
• Molteplicità di applicazioni.
Cristian Secchi
2005-2006
ITSC11 – p. 135/143
Sensori di Prossimità Induttivi
• Si dividono in due categorie: attivi e passivi
• Nei sensori induttivi attivi un circuito oscillatore alimenta un solenoide
avvolto su un nucleo di ferrite aperto, in modo tale da realizzare un
generatore di flusso magnetico con linee di flusso che influenzano il campo
d’azione nel quale si viene a trovare l’oggetto da rilevare, chiamato
azionatore.
• La presenza dell’azionatore, un qualunque oggetto con proprietà conduttive
(in genere metallico) in prossimità del solenoide, fa sì che il campo
magnetico induca delle correnti parassite sul corpo, a causa delle quali
parte della potenza del campo magnetico viene dissipato.
• L’ampiezza dell’oscillazione diminuisce al diminuire della distanza
dell’azionatore.
• Se l’ampiezza diminuisce oltre una certa soglia il sensore attiva l’uscita.
NOTA: Lo smorzamento dell’oscillazione è inversamente proporzionale alla
resistività del materiale dell’azionatore. Pertanto si ottiene maggiore sensibilità
con materiali maggiormente resistivi (es. ferro dolce).
Cristian Secchi
2005-2006
ITSC11 – p. 136/143
Schema realizzativo dei sensori induttivi attivi
elemento
metallico
Oscillatore
Cristian Secchi
solenoide
filtro
2005-2006
ITSC11 – p. 137/143
Schema realizzativo dei sensori induttivi passivi
N
N
S
S
Bobina
movimento
corpometallico
Cristian Secchi
2005-2006
ITSC11 – p. 138/143
Sensori Induttivi Passivi
• In queste realizzazioni, il solenoide non è alimentato, ma viene vincolato ad
un magnete permanente. In condizioni di riposo, il campo magnetico non si
concatena con il solenoide.
• L’azionatore metallico, quando si approssima al sensore, provoca questa
volta una deviazione del campo magnetico verso il solenoide. A causa della
variazione nel tempo del flusso concatenato, nel solenoide viene indotta
una certa tensione.
• Se la tensione di uscita supera la soglia di attivazione, l’uscita logica viene
portata al valore alto.
• Questa volta non la la distanza in sè a provocare l’attivazione dell’uscita,
ma il movimento dell’azionatore. Di conseguenza, tale tipo di sensore viene
spesso utilizzato per misurare la velocità di rotazione di ruote dentate.
Cristian Secchi
2005-2006
ITSC11 – p. 139/143
Sensori di Prossimità ad Ultrasuoni
• Viene misurato il ritardo nella riflessione di un treno di impulsi acustici ad
alta frequenza.
• Sfruttano la capacità di un qualunque (o quasi) materiale di riflettere il
suono.
Trasmettitore
Ricevitore
Cristian Secchi
2005-2006
ITSC11 – p. 140/143
Sensori Logici Optoelettronici
• Permettono di rilevare la presenza di oggetto di qualunque materiale,
purchè interrompa il flusso luminoso.
Portata
Cristian Secchi
2005-2006
ITSC11 – p. 141/143
Realizzazione con catarinfrangente
Trasmettitore e ricevitore sono integrati in un unico dispositivo.
Cristian Secchi
2005-2006
ITSC11 – p. 142/143
Apertura angolare
Il fascio luminoso emesso e lo spazio rilevato dal ricevitore hanno entrambi
forma conica (apertura angolare). Un’apertura angolare più ampia facilita
l’allineamento dei componenti in fase di installazione. D’altra parte, un’apertura
angolare molto grande significa anche distanze di lavoro fra emettitore e
ricevitore più basse, in quanto solo una piccola parte della luce emessa (e quindi
dell’energia consumata dall’emettitore) viene effettivamente ricevuta, ed inoltre
può generare errori di rilevazione a causa di effetti di riflessione su superfici
lucide.
Cristian Secchi
2005-2006
ITSC11 – p. 143/143