L`accesso agli atti amministrativi

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L’accesso agli atti amministrativi
A cura di PIETRO ALGIERI
Sommario: 1. Premessa.-2.La natura giuridica del diritto di accesso.- 3.I soggetti legittimati
all’esercizio del diritto di accesso.- 3.1.I soggetti passivi dell’accesso.- 4.L’oggetto del diritto di
accesso.- 5.I limiti al diritto di accesso.- 6. Il controverso rapporto tra diritto di accesso e tutela
della riservatezza.-7. Profili procedimentali.- 8.La tutela giudiziale e giurisdizionale.- 8.1. Il
giudizio in materia di accesso.
1. Premessa
La promulgazione della legge sul procedimento amministrativo ( L. 241/1990), venne salutata con
grande entusiasmo dagli operatori giuridici di quel tempo, stante il tumulto che aveva colpito i
rappresentanti della macchina amministrativa a livello statale, poiché, per la prima volta appariva
nel nostro panorama giuridico un “corpus” di norme finalizzate a disciplinare i rapporti
intercorrenti tra privati e P.A., mediante la previsione di regole comportamentali in capo ad
ambedue i soggetti.
Ma ancor più pregnante fu l’introduzione delle norme in materia di accesso agli atti amministrativi,
espressamente previste nel Capo V della l. 241/90 ex. art. 22 e seguenti l. 241/90 e D.P.R 184/2006
che ne detta la disciplina di dettaglio.
Il diritto di accesso viene consacrato a livello definitorio, dal già citato art. 22 l. 241/90, al comma
2, come modificato dalla l. 69/2009, il quale prevede:” L'accesso ai documenti amministrativi,
attese le sue rilevanti finalità di pubblico interesse, costituisce principio generale dell'attività
amministrativa al fine di favorire la partecipazione e di assicurarne l'imparzialità e la
trasparenza”.
Un’altra norma imprescindibile per lo studio che stiamo affrontando è l’art. 29 c.2. bis della legge
sul procedimento, anch’essa modificata dalla l. 69/2009, che sancisce:” Attengono ai livelli
essenziali delle prestazioni di cui all'articolo 117, secondo comma, lettera m), della Costituzione le
disposizioni della presente legge concernenti gli obblighi per la pubblica amministrazione di
garantire la partecipazione dell'interessato al procedimento, di individuarne un responsabile, di
concluderlo entro il termine prefissato e di assicurare l'accesso alla documentazione
amministrativa, nonché quelle relative alla durata massima dei procedimenti”.
1
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Dall’impianto normativo sopra descritto, ne emerge l’intima finalità ad esse sottesa: garantire
l’esercizio di un’attività spiccatamente di pubblico interesse, in ragione della sua funzione di
favorire la partecipazione procedimentale e, inoltre, assicurare l’imparzialità e la trasparenza
“dell’agere” pubblico.
L’introduzione di queste norme segna un passaggio storico e giuridico fondamentale. Infatti si è
passati da un sistema incentrato esclusivamente sul “principio di segretezza” ad uno incentrato su
quello di “pubblicità e trasparenza”, quali corollari del principio di legalità, imparzialità e buona
amministrazione, previsti dall’art. 97 Cost1.
A livello di normativa ordinaria, i principi di pubblicità e trasparenza trovano avallo nell’art. 1 c.1.
l. n. 241/90, così come è stato modificato dalla l. 11 Febbraio 2005 nr. 15, il quale recita
testualmente:” L’attività amministrativa persegue i fini determinati dalla legge ed è retta da criteri
di economicità, di efficacia, di imparzialità, di pubblicità e di trasparenza secondo le modalità
previste dalla presente legge e dalle altre disposizioni che disciplinano singoli procedimenti,
nonché dai princìpi dell’ordinamento comunitario.”
E’ opportuno, tuttavia, chiarire il significato di entrambi i principi. Quello di pubblicità, soddisfa
l’esigenza di un controllo democratico, o utilizzando un termine più comune di “visibilità”, da parte
dei consociati nei confronti dell’attività posta in essere dalla P.A. Nei confronti di quest’ultima,
infatti, è imposto l’obbligo di pubblicare, comunicare o rendere in qualunque modo accessibile
notizie, documenti, atti e procedure.
Al principio di trasparenza, invece, viene attribuito il significato di “conoscibilità esterna”
dell’azione dell’ente pubblico, assegnando ad esso un valore particolarmente incisivo, poiché,
vengono ricondotti sotto l’alveo della trasparenza determinati strumenti pratici per l’esercizio del
controllo e per l’accesso dei privati agli atti e documenti di un determinato procedimento
amministrativo.
A titolo esemplificativo, si pensi all’obbligo di motivazione ex art. 3 l. 241/90, o all’obbligo di
comunicazione di avvio del procedimento e la partecipazione del privato al procedimento stesso, ai
sensi degli artt, 7 e 8 della legge sul procedimento amministrativo2.
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2
R. Garofoli, in Manuale di diritto amministrativo, Nel diritto ed. 2013 p. 413.
F. Caringella, in Compendio di diritto amministrativo, Dike 2013, p. 49
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2. La natura giuridica del diritto di accesso
Prima di addentrarci nella disamina della disciplina dell’accesso agli atti, giova ricostruirne la
natura giuridica del soggetto che presenta l’istanza di ostensione.
In particolar modo, dottrina e giurisprudenza, sono state protagoniste di un dibattito molto accesso e
controverso, tra chi propendeva per un vero e proprio diritto soggettivo e chi, invece, opinava per la
qualificazione di tale posizione alla stregua di un interesse legittimo.
La tesi che affermava con rigore e decisione la natura di interesse legittimo del soggetto richiedente
l’accesso agli atti trova avallo in una non recentissima sentenza dell’Adunanza Plenaria del
Consiglio di Stato.
A sostegno di tale tesi sono stati adottati una serie di argomentazioni, tra cui:
a) Il tenore letterale previsto dall’art. 22 della l. 241/90, c.1. l. a), che parla di “diritto di
accesso”, è meramente atecnico, poiché, secondo il Supremo Consesso di giustizia
amministrativa, questa qualificazione è dettata dall’esigenze di individuare un fondamento
costituzionale al diritto di accesso ( artt. 21, 24, 97 Cost.), e riconoscere, inoltre, dignità
sostanziale alla posizione del richiedente.
Detto altrimenti, la qualificazione del legislatore come “diritto”, è solo descrittiva, poiché si voleva
esclusivamente trovare un avallo costituzionale all’accesso agli atti ed equiparare la posizione
dell’istante a quella di colui che vanta un ordinario diritto soggettivo;
b) Un ulteriore argomento sostenuto dai Giudici di Palazzo Spada era quello incentrato sulla
decisione della P.A., sull’istanza di accesso. Infatti la legge dispone che l’ente debba
decidere con atto motivato, mediante una valutazione comparativa che dia assetto agli
interessi contrapposti;
c) A sostegno di questa tesi viene anche valorizzato il termine decadenziale per
l’impugnazione ( ridotto a trenta giorni) Questo lasso temporale particolarmente esiguo,
secondo il Collegio viene ritenuto non compatibile con la natura di diritto soggettivo3.
L’adesione a questa tesi, tuttavia, comporta dei corollari applicativi di non poco conto. In primis, la
mancata
notificazione
ai
controinteressati
comporterebbe,
3
Cons Stato Ad. Plen del 1999 nr. 16
3
quale
conseguenza
logica,
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l’inammissibilità del ricorso proposto avverso il diniego, sia che esso sia esplicito o implicito, di
accesso.
La preclusione, in capo al G.A., del potere di disapplicazione della norma regolamentare che limiti
l’accesso agli atti e non sia stata oggetto di espressa e tempestiva impugnazione.
L’opposto orientamento giurisprudenziale, invece, riconosce al diritto di accesso la natura di
“diritto soggettivo”.
A favore di questa conclusione, tuttavia, depongono una molteplicità di ragioni:
a) Il dato letterale. Infatti l’art 22 della l. 241/90 parla di “diritto di accesso”;
b) Prendendo in considerazione la posizione della P.A., essa è priva di qualsivoglia tipo di
discrezionalità a fronte della domanda di accesso. A rendere ancor più pregnante
quest’ultima conclusione, giova richiamare a titolo esemplificativo le ipotesi di diniego o
limitazione dell’accesso, espressamente determinate dalla legge, privando la P.A., di
qualsiasi valutazione in merito;
c) Nell’ipotesi in cui venisse proposto ricorso giurisdizionale avverso il provvedimento di
reiezione, la sentenza emanata dal G.A., sarò un ordine di “facere” per l’amministrazione.
Detto altrimenti, il G.A., non annullerà il provvedimento di rigetto, ma condannerà la P.A.,
ad esibire il documento oggetto dell’istanza di accesso4;
d) Inoltre, l’art. 22 della legge sul procedimento amministrativo, è qualificato come inerente ai
livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e politici che devono essere,
altresì, garantiti su tutto il territorio nazionale;
e) Sul versante prettamente giurisdizionale, il d.l. 33/2005 ha inserito il diritto di accesso tra le
controversie rientranti nella giurisdizione esclusiva del G.A., presupponendo, perciò, la sua
assonanza a posizioni di diritto soggettivo;
f) Inoltre si applica al ricorso non notificato a nessuno dei controinteressati della disciplina, più
favorevole, ivi prevista dall’art. 102 c.p.a;
g) Infine è ammessa la riproponibilità dell’istanza da parte di chi non abbia impugnato nei
termini decadenziali, fissati dall’art. 25
l n. 241/90, il diniego di accesso
5
dell’amministrazione .
4
5
Cons. Stato Sez. II 25.10.2012 nr. 4280
Cons. Stato Sez. Cons. atti normativi 13.02.2006 n. 3586 e Cons. Stato Sez. VI 26.07.2012 NR. 4261
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L’evidente contrasto interpretativo, ha giustificato l’intervento dell’Adunanza Plenaria del
Consiglio di Stato, il quale, nello stupore generale degli operatori del diritto,
ha ritenuto ormai
superato il dibattito sulla consistenza del diritto di accesso, data la sua astrattezza.
E’ stato sottolineato, infatti, che la qualificazione del diritto di accesso, alla stregua di diritto
soggettivo ovvero interesse legittimi, non ha influenze sul versante applicativo.
Il Supremo Consesso di giustizia amministrativo ha riconosciuto carattere strumentale al diritto di
accesso, in quanto esercitabile per la tutela di ulteriori situazioni giuridiche che presentino i
connotati tipici delle due situazioni giuridiche che il privato può vantare nei confronti della P.A6.
La conclusione cui sono giunti i Giudici amministrativi ha lasciato aperti alcuni dubbi interpretativi
e applicativi di non poco conto. Tra queste non bisogna sottovalutare le conseguenze derivanti dalla
mancata notifica del ricorso ad almeno uno dei controinteressati.
La giurisprudenza ha chiarito che la qualificazione del diritto di accesso in termini di diritto
soggettivo non osta all’inquadramento dell’”actio ad exhibendum” come azione di impugnazione, e
non già di mero accertamento, con la conseguente natura decadenziale di trenta giorni per la
proposizione dell’azione medesima7.
Le difficoltà di inquadramento dell’accesso nell’ambito della dicotomica distinzione, presente nel
nostro ordinamento tra diritti soggettivi ed interessi legittimi, bene riflette le difficoltà ed i dubbi
che accompagnano, in linea generale, ancora tale distinzione.
Non è un caso che sia la dottrina che la giurisprudenza , nel corso del tempo, piuttosto che dedicarsi
all’individuazione di una definizione univoca delle due figure giuridiche soggettive, abbiano
elaborato (pragmaticamente) alcuni criteri per discriminare i diritti soggettivi dagli interessi
legittimi.
Ma anche alla stregua dei criteri all’uopo elaborati ci si rende conto che la natura dell’accesso agli
atti della P.A., al di là della qualificazione formale datane dal legislatore, costituisce una
discussione difficilmente superabile.
3. I soggetti legittimati all’esercizio del diritto di accesso
L’art. 22 della l. 241/90, nel testo attualmente vigente, recante definizione e principi in materia di
accesso, alla lettera b)del comma 1, definisce coloro che sono interessati, e quindi legittimati, ad
esercitare il diritto di accesso, individuandoli in “tutti i soggetti privati, compresi quelli portatori di
6
7
Cons. Stato Ad. Plen. 18.04.2006 nr. 6
Cons. Stato Sez. V 26.07.2007 nr. 6782.
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interessi pubblici diffusi, che abbiano un interesse diretto, concreto e attuale, corrispondente ad
una situazione giuridicamente tutelata e collegata al documento al quale è chiesto l’accesso.”
L’attuale dato normativo è stato modificato dalla l. legge n. 15/2005 ha integralmente sostituito
l’art. 22 della legge n. 241/90: alla formulazione che individuava la legittimazione attiva in
chiunque avesse interesse a conoscere documenti dell’amministrazione per la tutela di situazioni
giuridicamente rilevanti, l’art. 15 della legge n. 15/2005 ha sostituito, al comma 1, un elenco di
definizioni dei principali concetti giuridici.
Il vecchio testo non recava alcun riferimento alla qualificazione dell’interesse che però l’art. 2 del
DPR 27.6.1992 N. 352 precisava da subito dovesse essere “personale e concreto”.
Ora tali concetti, in parte modificati, sono sussunti nel testo della normativa primaria, sostituendo al
concetto di “personale” quello di “diretto” ed aggiungendo il requisito dell’attualità dell’interesse;
il quale ultimo potrà comportare qualche problema interpretativo in ordine all’attualità della tutela
in sede giurisdizionale, per la quale il documento è richiesto.
In effetti, sovente la giurisprudenza si è chiesta se, alla fine dell’esperibilità dell’accesso, dovesse
essere in corso una controversia tra istante e P.A.
A tal riguardo, la giurisprudenza amministrativa, ha infatti sempre escluso la necessità
dell’imminenza della lite nell’ambito della quale esibire i documenti richiesti con l’accesso8, e né la
dimostrazione della possibilità che in un futuro sorga una lite9. L’interesse a presentare l’istanza
deve essere tenuto ben distinto da quello ad agire. inoltre la legittimazione all’accesso agli atti non
deve essere valutata con riguardo alla fondatezza della pretesa sostanziale sottostante, ma
costituisce una situazione autonoma.
L’interesse all’accesso, infatti deve essere valutato in astratto, prescindendo da qualsiasi valutazione
della P.A., circa la fondatezza o meritevolezza in merito all’ammissibilità di un’eventuale domanda
giudiziale10.
Sulla base di tale principio di diritto la giurisprudenza più recente ha chiarito come l’interesse ad
accedere agli atti è autonomo e indipendente rispetto alla sorte del processo, e dell’eventuale
infondatezza o inammissibilità del ricorso, una volta conosciuti gli atti oggetto dell’istanza11.
8
Tar Campania Napoli Sez. V 03.05 2007 n. 4702.
Tar Sicilia Catania Sez. IV 20.07.2007 n. 1277
10
Cons. Stato 13.10.2010. nr. 7486
11
Cons. Stato Sez. III 13.01.2012 n 116 e Cons. Stato Sez. III 12.03.2012 NR. 1403.
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La disposizione sopra citata, può essere scissa in due parti: la prima si riferisce ai cittadini privati
ovvero alle associazioni rappresentative di interessi diffusi; la seconda, invece, detta le
caratteristiche che l’interesse che deve avere, affinché possa essere esercitato il diritto di accesso.
Risulta confermata, quindi, l’impostazione tradizionale volta ad escludere la possibilità che
l’accesso si tramuti in un’azione popolare diretta ad un mero controllo generale dell’attività
dell’amministrazione pubblica12, ovvero a soddisfare mere curiosità non ricollegabili alla persona
istante13.
Chiarito ciò, giova soffermarsi sui soggetti legittimati a presentare l’istanza di accesso e i connotati
dell’interessi che la giustifica. L’attuale disposizione normativa parla di soggetti privati per
individuare i legittimati attivi. Pertanto possono presentare l’istanza di accesso tutti i cittadini
privati che vengano in contatto con la P.A., e per tutelare un proprio interesse devono
necessariamente prendere visione di determinati documenti in possesso dell’ente.
Molto più articolata, e anche interessante, è la precisazione della nuova normativa è quella che
riguarda i soggetti portatori di interessi pubblici o diffusi.
Invero anche con la precedente formulazione della norma la giurisprudenza aveva pacificamente
ammesso la legittimazione attiva di associazioni portatrici di interessi diffusi, cioè di interessi che
pertengono ad una pluralità di soggetti, unificata in una collettività e che hanno per oggetto beni
non suscettibili di appropriazione e godimento esclusivi.14
Una trattazione a parte merita la questione relativa alla legittimazione all’accesso delle associazioni
dei consumatori e, in particolar modo, molte decisioni riguardano il Codacons, che ha per statuto la
tutela di alcuni interessi diffusi della collettività.
Il limite all’accesso è stato individuato nella mancanza di un collegamento diretto tra atti richiesti e
tutela dell’interesse diffuso: la titolarità di interessi diffusi non può mai giustificare un generalizzato
e pluricomprensivo diritto alla conoscenza della documentazione amministrativa inerente a qualsiasi
attività pubblicistica che si riverberi economicamente sui cittadini, ma unicamente a quell’attività in
grado di conformare direttamente il contenuto del singolo rapporto di utenza15.
Ne consegue che la legittimazione all’accesso a siffatte associazioni presuppone che la
documentazione sia utile alla tutela non già di interessi proprio dei singoli associati, quanto alla
12
Cons. Stato Adu. Ple. 24.04.2012 nr. 7
Tar Lazio Roma Sez. II 12.06.2007 n. 5365
14
C.m. Bianca in “La tutela giurisdizionale degli interessi collettivi e diffusi” a cura di Lucio Lanfranchi, Giappichelli
2003 p. 78
15
Tar Lazio Roma Sez. II 22.062005 n. 10 45
13
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salvaguardia dell’interesse proprio e differenziato della categoria rappresentata, in ossequio alle
finalità statuarie di tali associazioni.
A limitare ancor di più l’esercizio del diritto di accesso di suddette associazioni, è intervenuto il
Codice del Consumo, il d.lg.s 206 del 2005, il quale ha disposto che alle stesse non è riconosciuto
un potere di vigilanza a tutto campo, da esercitare mediante la presa visione di atti e documenti con
cui accertare il rispetto delle regole di efficienza e trasparenza, ma secondo quanto sostenuto da un
orientamento giurisprudenziale ormai consolidato, a tali associazioni viene riconosciuta la
legittimazione ad agire perché vengano vietati e inibiti comportamenti o atti che siano
effettivamente lesivi degli interessi dei soggetti rappresentati.
Se ne deduce che l’interesse dell’ente associativo a chiedere l’esibizione di documenti afferenti una
ben determinata operazione economica, idonei ad asserire la lesione degli interessi dei
consumatori16.
Affinché questi soggetti possano esercitare l’accesso agli atti è necessario un duplice requisito:
a) Un interesse diretto, concreto e attuale;
b) E inoltre che il succitato interesse sia strettamente collegato ad una situazione
giuridicamente rilevante e a sua volta legata al documento di cui si chiede l’esibizione.
Sempre con riferimento al Codacons, nell’ultimo biennio la giurisprudenza amministrativa in
numerosi casi a dovuto affrontare la legittimità o meno di suddetta associazione a presentare istanza
di accesso.
Per esempio, il Tar Lazio ha negato il diritto di accesso al Codacons ad estrarre copia attinente
l’attività complessivamente posta in essere dall’Agenzia dell’entrate al fine di combattere
l’evasione fiscale del canone Rai. Il Collegio ha sottolineato l’insussistenza dei presupposti
legittimanti la richiesta di accesso. Nel caso specifico, infatti, l’istanza era stata azionata al fine di
conoscere i dati inerenti l’evasione del canone Rai in un’ottica di collaborazione tra
amministrazioni per la corretta gestione della “res pubblica”.
Questa motivazione, è stata ritenuta estranea alla nozione stessa di interesse diretto, concreto e
attuale collegato alla titolarità di un interesse giuridicamente tutelato e collegato al documento, ma
in realtà, si trasformerebbe in una forma generalizzata e indifferenziata di controllo sulle attività di
tipo pubblicistico inerenti la gestione e la riscossione delle entrate e la lotta all’evasione17.
16
Tar Lazio Roma Sez. III 22.12.2006 NR. 5538, Tar Lazio Roma Sez. I Bis, 28.08.2013 nr. 7991
Tar. Lazio Roma Sex. III ter 20.01.2012 nr. 657
17
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Quanto al presupposto sub a) bisogna chiarire che cosa si intenda per: diretto, concreto e attuale,
L’interesse all’accesso si considera diretto quando è personale, ovvero appartiene alla sfera
personale dell’interessato; è concreto, invece, quando è collegato alle ragioni esposte a sostengo
dell’istanza; infine è attuale quando il documento abbia spiegato o sia idoneo a spiegare effetti
diretti ovvero indiretti nei confronti del richiedente.
E’ opportuno sottolineare che la posizione che giustifica l’accesso agli atti non richiede
necessariamente la sussistenza di tutti i presupposti stabiliti ex lege per la proposizione del ricorso
giurisdizionale innanzi al G.A, avverso un atto lesivo della posizione giuridica vantata.
Come autorevolmente sostenuto dalla giurisprudenza amministrativa di primo grado, ai fini del
diritto di accesso è necessario e sufficiente che l’istante sia titolare di un interesse rilevante
giuridicamente e che la richiesta di accesso si fondi su di esso18.
Inoltre La situazione giuridica vantata dal privato e collegata al documento non deve assurgere a
posizione giuridica tutelata in modo pieno, essendo per contro sufficiente il collegamento con una
situazione giuridicamente riconosciuta anche in misura attenuata19.
Infine è necessario che il documento di cui si chieda l’esibizione riguardi una “situazione giuridica
rilevante”, ai sensi della lett. b)dell’art. 22 l. 241/90, a differenza della norma precedente che
parlava di “tutela di situazioni giuridicamente rilevanti”.
Non sembra che la modifica, sotto tale profilo, rechi novità significative: deve cioè trattarsi della
titolarità di una posizione giuridica soggettiva, sia di diritto che di interesse, alla quale
l’ordinamento riconosce tutela.
La nozione di situazione giuridicamente rilevante è nozione diversa e più ampia rispetto
all’interesse all’impugnativa e non presuppone necessariamente una posizione soggettiva
qualificabile in termini di diritto soggettivo o di interesse legittimo; così che la legittimazione
all’accesso va riconosciuta a chiunque possa dimostrare che gli atti procedimentale oggetto
dell’accesso abbiano spiegato o siano idonei a spiegare effetti diretti o indiretti nei suoi confronti,
indipendentemente dalla lesione di una posizione giuridica, stante l’autonomia del diritto di accesso,
inteso come interesse ad un bene della vita distinto rispetto alla situazione legittimante
all’impugnativa dell’atto; è stato riconosciuto l’accesso anche in presenza di una situazione
divenuta inoppugnabile20.
18
Tar Lazio Roma Sez. III Ter 02.05.2012 nr. 3921
Cons. Stato Adu Plen. 24.04.2012 nr. 7
20
Cons. Stato sez. VI 27.10.2006 n. 6440
19
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3.1.I soggetti passivi dell’accesso
La pletora di soggetti nei cui confronti può essere esercitato il diritto di accesso è dettata dal art. 23
della l. 241/90, il quale, però deve essere letto in combinato disposto dell’art. 22 c.1. lett. e), così
come è stato modificato dalla l. n. 15/2005.
Giova analizzare separatamente le due norme.
La disposizione da ultima citata la definizione di P.A., delineando una “summa divisio” tra :
a) tutti i soggetti di diritto pubblico;
b) b) i soggetti di diritto privato limitatamente alla loro attività di pubblico interesse
disciplinata dal diritto nazionale o comunitario.
Tuttavia, sebbene vada riconosciuto al legislatore il merito di aver fornito una definizione normativa
di PA., negli ultimi anni si è assistito ad un indebolimento, della nozione stessa, a causa
dell’espandersi di tre fenomeni:
a) Il primis non può non darsi conto del processo di privatizzazione formale, leggi nr. 359/1992
e 474/1994, che hanno trasformato numerosi enti pubblici preesistenti in società per azioni.
b) In secondo luogo, un’influenza rilevante ha assunto il diritto comunitario, il quale, tramite il
principio delle geometrie variabili, ha ritenuto fuorviante una nozione aprioristica di P.A.,
propendendo per una definizione da individuare a seconda delle fattispecie concrete in cui
un ente opera.
In tal modo, è stata riconosciuta la natura di P.A., agli organismi di diritto pubblico, istituto
giuridico di matrice comunitaria che opera nelle procedure di gara per la stipulazione di
contratti pubblici e disciplinato nel nostro ordinamento nel codice dei contratti pubblici, il
D.lgs. 163/2006 ex. art 3 c.26.
O ancora nella materia oggetto del presente studio.
c) Infine, l’espandersi delle Autorità amministrative indipendenti, enti dotati di personalità
giuridica che operano in particolari settori sociali, economici o a tutela di particolari
interessi rilevanti per il nostro ordinamento, deputati ad esercitare un’attività tecnica in una
posizione di indipendenza rispetto a qualsivoglia potere statale.
10
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Perciò, volendo giungere ad una prima conclusione, il soggetto passivo dell’istanza di accesso è la
P.A., intesa in senso elastico, non formalistico, prendendo in considerazione l’attività in cui l’ente
stesso opera.
Detto altrimenti l’accesso agli atti può essere esperito nei confronti di tutti quei soggetti, pubblici e
privati, che svolgono attività di interesse pubblico, nel pieno rispetto dei presupposti legittimanti
l’esperibilità dell’azione in esame.
Molto più dibattuto è, invece, l’esercizio del diritto di accesso nei confronti dei soggetti privati che
svolgono funzioni di pubblico interesse ( si pensi per esempio alla gestione di pubblici servizi), o,
viceversa, se possa riguardare atti di diritto privato posti in essere dalla P.A.
Per quel che concerne quest’ultima tematica, sebbene in passato la tesi prevalente era orientata a
negare l’esercizio del diritto di accesso, ritenendo che questo potesse essere esercitato
esclusivamente sugli atti che siano esplicazione di attività di natura pubblicistica21.
Due anni più tardi, l’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato, con due sentenze consequenziali, ha
ribaltato completamente questa conclusione, ritenendo, sulla base del tenore letterale degli art. 22 e
23 della l. 241/90, che al fine di garantire in modo effettivo il principio di trasparenza, l’accesso agli
atti può essere esercitato nei confronti di qualsiasi atto posto in essere dalla P.A., il cui espletamento
comporta il perseguimento dei valori costituzionali di buon andamento e imparzialità22.
A favore di questa conclusione è intervenuto il legislatore con la l. n. 15/2005, il quale, in sede di
modifica dell’art. 22 della l. 241/90, nell’individuare la nozione di “documento amministrativo”,
afferma che esso è:” ogni rappresentazione grafica, fotocinematografica, elettromagnetica o di
qualunque altra specie del contenuto di atti, anche interni o non relativi ad uno specifico
procedimento, detenuti da una pubblica amministrazione e concernenti attività di pubblico
interesse, indipendentemente dalla natura pubblicistica o privatistica della loro disciplina
sostanziale”.
Sempre sulla base dei principi discendenti dall’art. 97 Cost, è stata risolta la questione giuridica
posta precedente, ovvero se sia possibile esercitare il diritto di accesso degli atti di diritto privato
posti in essere dai soggetti privati gestori di servizi pubblici.
La giurisprudenza amministrativa ha sottolineato il rilievo pubblicistico dell’attività posta in essere
da suddetti enti e nel loro conseguente assoggettamento ai principi di buon andamento e
imparzialità ivi previsti dall’art. 97 Cost.
21
22
Cons. Stato 04.12.1997 nr. 82
Cons. Stato Adu. Plen. Nr. 4 e 5 1999.
11
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Ne consegue, perciò, la possibilità di presentare istanza nei confronti di tutti gli atti posti in essere
da questi enti, qualora siano inerenti alla gestione dei servizi per la collettività23.
Recentemente, però, la giurisprudenza ha allargato il proprio punto di vista, valorizzando il tenore
letterale degli artt. 22 e 23 l. 241/90,
ritenendo ammissibile l’accesso agli atti e documenti
concernenti i rapporti di lavoro alle dipendenze del gestore di pubblico servizio, per quanto di
natura privatistica, non possono ritenersi estranei alla sfera di applicazione della disciplina
dell’accesso. La scelta e la gestione del personale presenta, infatti, indubbie ripercussioni
sull’espletamento del servizio pubblico, riverberandosi sull’effettività della garanzia di continuità,
regolarità, qualità del servizio ed in definitiva sull’imparzialità del suo svolgimento.
La sottoposizione ad una disciplina normativa preordinata al perseguimento di finalità di interesse
generale suscettibili di realizzazione attraverso la garanzia dell’imparzialità dell’espletamento
dell’attività di pubblico interesse, che costituisce il fondamento degli obblighi di servizio pubblico,
integra la ratio dell’ostensibilità degli atti del gestore di pubblico servizio, ivi compresi gli atti di
gestione dei rapporti di lavoro, che incidono sulla concreta osservanza del dovere di imparzialità.
Gli atti afferenti i rapporti di lavoro alle dipendenze del gestore di pubblico servizio sono, quindi,
soggetti alla disciplina dell’accesso, per la loro connessione con l’effettività del rispetto del
principio di imparzialità nell’espletamento del servizio pubblico. Per tale ragione, l’odierna
domanda giurisdizionale è ammissibile24.
Le conclusioni cui è giunta la giurisprudenza sopra citata trovano ulteriore riconoscimento in un
recente “dictum” del Consiglio di Stato, il quale, sempre con riferimento a soggetti privati esercenti
attività di pubblico interesse, e in particolar modo, di raccolta e di smaltimento di rifiuti, ha ritenuto
esperibile l’accesso agli atti. In particolar modo, sulla base del disposto normativo ex art. 22 comma
1, lett. e), l. n. 241/1990 che considera come pubbliche amministrazioni soggette alla normativa sul
diritto d’accesso anche i soggetti di diritto privato “limitatamente alla loro attività di pubblico
interesse”, e della “governance” pubblica del concessionario e, infine, n relazione all’attività svolta
è configurabile una posizione di supremazia pienamente assimilabile a quelle delle pubbliche
amministrazioni tradizionali, da cui discende, altresì, quel rapporto tra amministrazione ed
amministrati, che costituisce il fondamento del diritto d’accesso25.
Perciò, sulla base di quanto finora detto si può concludere affermando che sulla base del dato
normativo, il diritto di accesso è esperibile nei confronti dei soggetti privati esercenti funzioni
23
Tar Lazio Roma Sez. III Ter 15.05.2012 nr. 1583 e Cons. Stato Sez. VI 05.03.2002 nr. 1303.
Tar Lazio Roma Sez. III Ter 15.11.2012 nr. 7099
25
Cons. Stato Sez. V 15.07.2013 nr. 1847.
24
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pubbliche anche qualora riguardino atti di natura privatistica ma che sono caratterizzati da una
portata pubblicistica intrinseca.
Un’ultima considerazione va fatta sulle Autorità ammnistrative indipendenti. Infatti l’art. 23 della l.
241/90 legittima l’esercizio del diritto di accesso nei confronti delle “Authorities”, ma detta anche
un limite invalicabile, il rispetto degli ordinamenti di ogni autorità indipendente.
Questa disposizione è stata introdotta dalla l. 265 del 1999 per far fronte ai dubbi interpretativi
causati dalle regole speciali sull’accesso agli atti nei confronti di suddette autorità previste dai
rispettivi ordinamenti.
Merita di essere trattata più dettagliatamente, la questione dell’accesso agli atti
presentate
all’Autorità garante della concorrenza e del mercato, d’ora in poi AGCM.
L’accesso agli atti nei confronti di questa autorità è specificamente disciplinata da una pluralità di
disposizione, dall’art. 13 d.p.r. 30 aprile 1988 n. 217; dalle norme in materia di pubblicità degli atti
dell’Autorità, di cui all’art. 7 dello stesso regolamento ed alla l. 10 ottobre 1990 n. 287. Trattasi di
una disciplina non priva di complicazioni, che tiene conto dell’esigenza di tutela di dati riservati e
inerenti l’attività degli operatori economici di cui è in possesso la stessa autorità. L’accesso agli atti
viene, infatti, garantito a tutti quegli operatori nei cui confronti è stato notificato il provvedimento
di apertura dell’istruttoria, ai soggetti pubblici e privati, nonché alla associazioni rappresentative dei
consumatori che possono subire un pregiudizio diretto e immediato ed attuale dalle infrazioni
oggetto dell’istruttoria o dai provvedimenti adottati in esito alla stessa.
Ancor più interessante è l’esperibilità dell’accesso sui documenti contenenti informazioni riservate
o di segreti commerciali.
In questi frangenti, l’Agcm, è chiamata a bilanciare due interessi contrapposti: quello alla
riservatezza e difesa e quello procedimentale.
Viene, perciò, in rilievo la natura delle attività svolte dall’Autorità. Sul punto non vi è unanimità di
vedute. A rendere ancor più complessa la tematica è l’eterogeneità che colpisce l’attività svolta
dall’Agcm.
A fronte di alcune attività tipicamente amministrative, se ne contrappongono anche aventi natura
diversa, sottratti alle norme di cui al capo V della l. 241/9026.
Il dibattito giurisprudenziale, sebbene datato ma che solleva tuttora numerose discussioni,
riguardava, in particolare, l’attività d’indagine svolta dall’”Authorities”.
Secondo un primo indirizzo, gli atti relativi alle indagini conoscitive non sono accessibili perché
dette indagini non integrano l’esercizi di poteri amministrativi in senso stretto.
26
R. Garofoli in Manuale di diritto amministrativo, Nel diritto ed. 2013 p. 429
13
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Ne deriva, perciò, la preclusione alla presentazione di un’istanza di accesso27. A sostegno di questa
conclusione venivano addotti numerosi argomenti.
In primis la natura non amministrativa e ausiliario di questo tipo di attività. In secondo luogo,
l’assenza di ogni tipo di atto provvedimentale.
La tesi contrapposta, invece, sulla base dell’art. 21 l. n. 287/1990, sottolineava la natura
amministrativa di questo particolare tipo di attività, con conseguente riconosciuto del diritto di
accesso, ritenendo insito nell’attività di indagine la sua natura amministrativa28. A completare il
quadro di orientamenti giurisprudenziali è intervenuta la Corte di Giustizia UE, riconoscendo il
diritto di accesso agli atti riguardanti documenti aventi ad oggetto intese anticoncorrenziali.
In particolar modo, i giudici comunitari hanno ritenuto che sia il diritto dell’Unione Europea e sia il
regolamento nr. 1 del 2003 non sono ostative.
Nonostante tale riconoscimento, la Corte ha riconosciuto ai giudici degli Stati membri il compito di
determinare le condizione alle quali riconoscere o negare l’accesso a questi atti, sulla base del
diritto nazionale e ponderando gli interessi tutelati dal diritto dell’Unione29.
In conclusione, l’accesso agli atti concernenti l’attività ispettiva dell’Agcm è esperibile qualora ne
sussistano le condizioni previste dagli artt. 22 ss l. 241/90, ma nel rispetto degli interessi
comunitari, quali quelli della concorrenza e del mercato e della riservatezza, che vengono in rilievo
in tali fattispecie.
4. L’oggetto del diritto di accesso
L’art. 22 comma 1’ vecchio testo conteneva una esplicita espressione che riferiva l’accesso ai
documenti amministrativi; tale comma è stato sostituito da un termine molto più usuale nel
linguaggio legislativo e amministrazione, la parola “documento amministrativo”, oggetto materiale
del diritto di accesso, ai sensi del più volte menzionato art. 22 comma 1 lett.d) l. 241/90 come
modificato dalla legge n. 15/2005.
Il documento amministrativo, come chiarito precedente, è quindi qualificato come ogni
rappresentazione grafica, o tramite qualsiasi altro strumento (fotografico o elettromagnetico ecc.),
del contenuto di atti, anche interni o non relativi ad uno specifico procedimento, detenuti dalla
pubblica amministrazione e concernenti attività di pubblico interesse, a prescindere dalla natura
privatistica o pubblicistica della loro disciplina sostanziale.
27
Tar Lazio Roma Sez. I 16.09.1996 nr. 1548
Tar Lazio Roma Sez. I 11.06.2004 nr. 5601
29
Corte di Giustizia UE 14.06.2011 nr. 360.
28
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Tale definizione è parzialmente differente da quella contenuta al comma 2 dell’art. 22 vecchio testo:
la più importante novità è costituita dal fatto che il vecchio testo aveva riguardo agli atti formati
dalla pubblica amministrazione, quindi atti amministrativi in senso proprio; il nuovo testo si
riferisce invece ad atti detenuti, ed abbandona il termine “formati”, dalla pubblica amministrazione,
anche se il loro regime sostanziale sia di diritto privato, purchè concernenti attività di pubblico
interesse. Quindi viene meglio esplicitato il concetto che è considerato documento amministrativo
anche quello rappresentativo di atti di diritto privato (es un contratto di compravendita) se detenuto
dall’amministrazione in funzione della sua attività di pubblico interesse30.
La seconda novità è costituita dal riferimento anche ad atti non relativi ad uno specifico
procedimento, precisazione che prima non vi era.
Il riferimento agli atti interni, e cioè endoprocedimentali era il derivato ovvio di tutta la normativa
sulla trasparenza, sicuramente per il soggetto interessato all’atto finale31.
Ma ora il riferimento anche ad atti non inseriti in un procedimento amministrativo chiarisce la
possibilità di ampliamento dell’oggetto dell’accesso ad ipotesi nelle quali l’interesse fatto valere
non è direttamente legato ad un futuro provvedimento amministrativo.
È, invece, escluso, l’accesso agli atti nei confronti:
a) Delle sentenze;
b) Il ricorso straordinario al Capo dello Stato da parte del controinteressato che ne abbia
chiesto ed ottenuto la trasposizione in sede giurisdizionale;
c) Le schede delle competizioni elettorali.
L’art. 2 comma 2 del regolamento12 aprile 2006 n. 184 esplicitamente afferma che
l’amministrazione non è tenuta ad elaborare dati in suo possesso al fine di soddisfare la domanda di
accesso: il documento cioè deve essere già formato, così come del resto afferma la legge generale al
comma 4 dell’art. 22 nuovo testo, non sono ammesse informazioni in generale32.
5. I limiti al diritto di accesso
L’articolo 24, del quale la novella del 2005 ha anche cambiato la rubrica, prevede (come del resto
anche il vecchio testo) due categorie di atti sottratti all’accesso: quella direttamente prevista dalla
30
Tar Lazio Roma Sez. II 17 novembre 2005 n. 11492 e Tar Campania Napoli Sez. V 28 ottobre 2005 n. 17844
Tar Sardegna sez. II 11 febbraio 2005 n. 172; Consiglio di Stato sez. IV 24 febbraio 2005 n. 658
32
Tar Lombardia Milano sez. I 25.05 2005 n. 1076; Tar Lazio Roma Sez. III 01.02.2007 n. 727; Tar Campania Napoli
Sez. V 26.04 2007 n. 4423
31
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legge e quella rimessa ad atto amministrativo regolamentare, previa indicazione di precisi parametri
da parte della legge stessa.
La prima ipotesi direttamente prevista dalla legge (art. 24 c. 1 lett. a) riguarda i documenti coperti
da segreto di Stato ai sensi della legge 24 ottobre 1977 n. 801; l’art. 12 c. 1 di detta legge dispone:
“sono coperti dal segreto di Stato gli atti, i documenti, le notizie le attività e ogni altra cosa la cui
diffusione sia idonea a recar danno all’integrità dello Stato democratico, anche in relazione ad
accordi internazionali, alla difesa delle istituzioni poste dalla Costituzione a suo fondamento, al
libero esercizio delle funzioni degli organi costituzionali, alla indipendenza dello Stato rispetto ad
altri Stati e alle relazioni con essi, alla preparazione ed alla difesa militare dello Stato. In nessun
caso possono essere oggetto di segreto di Stato fatti eversivi dell’ordine costituzionale.
A tale ipotesi, sempre nella lett. a) si aggiungono gli altri casi di segreto o divieto di divulgazione
previsti da leggi speciali, dal regolamento governativo di cui al comma 6 e dai regolamenti delle
pubbliche amministrazioni di cui al comma 2
Esempi di divieto di divulgazione di notizie contenuti in leggi speciali possono essere rinvenuti
nella sezione V del capo III del titolo XII del libro secondo del codice penale, dedicato ai delitti
contro la inviolabilità dei segreti: a) il segreto delle comunicazioni previsto dagli artt. 616 e 623 bis
c.p.( corrispondenza epistolare, telegrafica e telefonica); b) rivelazione di segreti scientifici e
industriali (art. 623 c.p.); anche il c.d. “know how” industriale rientra in tale protezione; c) il segreto
professionale, 622 c.p.; d) il segreto bancario: nel T.U. bancario (D.leg.vo 385/93 art. 7) riguardante
il segreto d’ufficio degli atti della Banca d’Italia; e) il segreto istruttorio di cui all’art. 326 c.p.
Le altre tre ipotesi di esclusione di diritto dall’accesso riguardano: a) i procedimenti tributari; b) i
procedimenti di normazione, pianificazione ed emanazione di atti generali; c) i procedimenti
selettivi, per quanto riguarda informazioni di carattere psico-attitudinali di terzi.
Le prime due ipotesi costituiscono corollario di quanto già disposto nell’art. 13 della stessa legge
241/90, che esclude la partecipazione in dette fattispecie.
L’esclusione per legge del diritto di accesso ai requisiti psico-attitudinali di candidati a concorsi
pubblici, ed a prove selettive in generale (anche trasferimenti o promozioni) è stata introdotta ex
novo dalla legge n. 15/2005 e risponde verosimilmente alle istanze delle Amministrazioni che nei
propri regolamenti hanno sistematicamente inserito, tra gli atti non ostensibili, quelli relativi a tali
requisiti.
L’art. 24 comma 6 prevede che con regolamento governativo, si possono individuare ulteriori casi
di esclusione dall’accesso in cinque ipotesi: a) ulteriori casi, oltre il segreto di Stato, in cui possa
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essere compromessa la sicurezza e la difesa nazionale; b) quando si possa arrecare pregiudizio ai
processi di formazione, determinazione e attuazione della politica monetaria e valutaria; c) quando i
documenti riguardino strutture, mezzi e dotazioni per la tutela dell’ordine pubblico; d) quando i
documenti riguardino la vita privata e la riservatezza di persone fisiche o giuridiche; e) quando i
documenti riguardino l’attività in corso di contrattazione collettiva.
Il regolamento governativo emesso dopo la legge n. 15/2005, approvato con DPR 12 aprile 2006 n.
184 non disciplina i casi di esclusione e sostanzialmente tiene in vigore l’art. 8 del precedente
regolamento, fino ad emanazione di nuova disciplina; l’art. 8 del DPR 27 giugno 1992 n. 352
peraltro riporta espressioni che sono state poi recepite nella nuova formulazione della legge, esclusa
l’ipotesi della contrattazione collettiva, non presente nell’originario testo dell’art. 24 comma 2.
Nonostante queste inderogabili limitazioni, il comma 7 dell’art. 24 l. 241/90, garantisce il diritto di
accesso agli atti anche contrastando a suddetti limiti, qualora la visione del documento
amministrativo sia preordinata a garantire il diritto di difesa e tutela, in qualunque sede giudiziale o
stragiudiziale, solo previa sufficiente dimostrazione della sussistenza dell’interesse all’esibizione
degli atti.
E’ necessario perciò che sia strettamente indispensabile la conoscenza di documenti contenenti
informazioni rientranti in una delle limitazioni previste dalla norma in commento33.
6. Il controverso rapporto tra diritto di accesso e tutela della riservatezza
L’esibizione del documento amministrativo oggetto dell’istanza di accesso, in alcune fattispecie,
può contenere indicazioni, informazioni personali, riguardanti terzi.
A tal riguardo, è necessario un coordinamento tra la normativa in materia di accesso agli atti, ex l.
241/90, e quella concernente la protezione dei dati personali, ex d.lg.s. 30 giugno 2003 nr. 196.
Il Codice della privacy, individua tre categorie di dati personali, cui viene ricondotta una tutela
progressivamente più ampia: si tratta dei dati comuni della persona, dei dati sensibili e, infine, dei
dati supersensibili.
Quanto ai primi, l’art. 59 del Codice della privacy sancisce che:” Fatto salvo quanto previsto
dall'articolo 60, i presupposti, le modalità, i limiti per l'esercizio del diritto di accesso a documenti
amministrativi contenenti dati personali, e la relativa tutela giurisdizionale, restano disciplinati
dalla legge 7 agosto 1990, n. 241, e successive modificazioni e dalle altre disposizioni di legge in
materia, nonché dai relativi regolamenti di attuazione, anche per ciò che concerne i tipi di dati
33
Cons. Stato Sez. VI 31.07.2013 nr. 4035.
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sensibili e giudiziari e le operazioni di trattamento eseguibili in esecuzione di una richiesta di
accesso. Le attività finalizzate all'applicazione di tale disciplina si considerano di rilevante
interesse pubblico”.
Questa disposizione è considerata il perno su cui si basa l’intera disciplina del complesso rapporto
tra diritto di accesso e tutela della riservatezza.
Dal tenore letterale dell’articolo sopra citato, emerge a chiare lettere che l’istante potrà ottenere
l’ostensione dei documenti contenenti dati comuni afferenti la sfera privata di soggetti terzi qualora
egli dimostri di vantare un interesse diretto, concreto e attuale corrispondente ad una situazione
giuridicamente tutelata e collegata al documento di cui si è chiesto l’accesso.
Esempi emblematici di dati comuni sono:
a) atti che rivelano la situazione patrimoniale;
b) elaborati di una procedura concorsuale.
Se non vi sono dubbi circa l’ostensibilità degli elaborati del richiedente, gli stessi possono
sorgere riguardo a quelli degli altri candidati. Ma la giurisprudenza, sul punto, ha asserito
che “Tutti gli atti dei candidati ad un concorso, una volta acquisiti alla procedura, escono
quindi dalla sfera personale di disponibilità dei partecipanti, di tal che le domande e i
documenti prodotti dai candidati - così come i verbali, le schede di valutazione e gli stessi
elaborati - sono documenti rispetto ai quali deve essere esclusa "in radice" l'esigenza di
riservatezza a tutela dei terzi, posto che i concorrenti, prendendo parte alla selezione, hanno
acconsentito a misurarsi in una competizione di cui la comparazione dei valori di ciascuno
costituisce l'essenza34;
c) verbali contenenti dichiarazione di lavoratori.
Particolarmente delicata è poi l’ipotesi in cui la conoscenza degli atti possa determinare un
pregiudizio di natura “ritorsiva” da parte del richiedente. Nel caso, ad esempio, della richiesta di
accesso del verbale ispettivo relativo a violazioni giuslavoristiche.
A fronte dell’interesse della società destinataria a conoscere gli atti, si pone però la necessità di
tutelare “un particolare aspetto della riservatezza, quello cioè attinente all’esigenza di preservare
l’identità dei dipendenti autori delle dichiarazioni allo scopo di sottrarli a potenziali azioni
discriminatorie, pressioni indebite o ritorsioni da parte del datore di lavoro”. Il Consiglio di
Stato, a tal riguardo, ha risolto pragmaticamente la questione, ritenendo necessario, perché sia
precluso l’accesso, che sia dimostrato un concreto pregiudizio per i lavoratori, salva sempre la
possibilità di valutare caso per caso l’effettiva necessità di conoscenza per la tutela del proprio
34
Tar Puglia Bari Sez. III, Sent., 25.02.2010, n. 684
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diritto, e comunque quella di oscuramento dei nomi per evitare la identificabilità dei
lavoratori35;
d) Atti di gara di un appalto pubblico.
Il legislatore ha dettato, nell’ambito del Codice dei contratti pubblici, una regolamentazione
specifica riferita alle procedure di affidamento ed esecuzione dei contratti pubblici, con
l’art.13 del d.lgs.163 del 2006 rubricato “accesso agli atti e divieti di divulgazione”. Di
recente, poi, il d.lgs.53 del 2010 di recepimento della direttiva ricorsi, ha previsto un
ulteriore disposizione in ordine alle modalità di accesso. Il coordinamento tra la normativa
speciale e quella generale della legge 241, esplicitamente fatta salva dall’art.13, ha
determinato alcuni problemi interpretativi, su cui di recente i Giudici di Palazzo Spada
hanno preso posizione statuendo che : “Il rapporto tra la normativa generale in tema di
accesso e quella particolare dettata in materia di contratti pubblici non va posto in termini
di accentuata differenziazione, ma piuttosto di complementarietà, nel senso che le
disposizioni (di carattere generale e speciale) contenute nella disciplina della legge n. 241
del 1990 devono trovare applicazione tutte le volte in cui non si rinvengono disposizioni
derogatorie (e quindi dotate di una specialità ancor più elevata in ragione della materia)
nel Codice dei contratti, le quali trovano la propria ratio nel particolare regime giuridico di
tale settore dell'ordinamento36.”
Per quel che concerne i dati sensibili, il D. l.gs n 196/2003, ai sensi dell’art. 4 c.1. lett. d) specifica
che essi sono:” i dati personali idonei a rivelare l'origine razziale ed etnica, le convinzioni
religiose, filosofiche o di altro genere, le opinioni politiche, l'adesione a partiti, sindacati,
associazioni od organizzazioni a carattere religioso, filosofico, politico o sindacale, nonché i dati
personali idonei a rivelare lo stato di salute e la vita sessuale”.
Si tratta di dati eterogenei e autonomi l’uno con l’altro che riguardano al sfera intima, ideologica e
intellettiva di una persona, la cui conoscenza da parte di terzi potrebbe arrecare un pregiudizio per il
titolare di questi dati.
L’accesso a codesti dati è regolato dal combinato disposto dell’art. 59 Codice della privacy e dagli
art. 22 e ss della l. 241/90. Infatti la legge sul procedimento amministrativo individua una disciplina
particolare e più stringente in tema di esercizio del diritto di accesso, per effetto della quale la P.A.
cui è richiesta l’ostensione, o il giudice adito in sede di tutela giurisdizionale, può accordare
35
36
Cons. Stato Sez VI 11.02.2011 n. 920
Cons. Stato Sez. VI sent. 30.07.2010 n. 5062
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l’accesso nei limiti in cui esso risulti indispensabile per la tutela e difesa degli interessi dell’istante,
al pari di quanto previsto dal comma 7 dell’art. 24 l. 241/90.
Molto più stringenti risultano i limiti al diritto di accesso in ordine ai dati “supersensibili”
riguardanti lo stato di salute o la sfera sessuale di una persona.
Sebbene il diritto internazionale e comunitario vietino l’accesso a tali atti, la disciplina interna,
invece, si discosta nettamente, prevedendo la possibilità di accedere a tali informazioni sono per
perseguire una sfera circoscritta e determinata legislativamente di finalità, e qualora si basino su
specifiche ed elevate garanzie.
Cristallina, a tal riguardo, è la disposizione di cui all’art. 60 del Codice della privacy, il quale recita
testualmente:” Quando il trattamento concerne dati idonei a rivelare lo stato di salute o la vita
sessuale, il trattamento è consentito se la situazione giuridicamente rilevante che si intende tutelare
con la richiesta di accesso ai documenti amministrativi è di rango almeno pari ai diritti
dell'interessato, ovvero consiste in un diritto della personalità o in un altro diritto o libertà
fondamentale e inviolabile”.
Alla luce di ciò, dunque, l’amministrazione deve valutare la richiesta di accesso e compararlo con
quello della riservatezza dei dati, e inoltre verificare la sussistenza dei presupposti imprescindibili
previsti “ex lege” ai fini dell’accesso37.
L’eventuale accoglimento della richiesta di accesso da parte della P.A., a prescindere dalla natura
dei dati contenuti nel documento, non lascia privo di garanzie il titolare dei dati stessi.
Infatti, sul piano prettamente procedimentale, gli dovrà essere data tempestiva comunicazione
dell’avvio del procedimento, ex art. 7 l. 241/90 congiuntamente ad art. 3 comma 2 D.P.R. 184/2006.
7. Profili procedimentali
I primi tre commi dell’art. 25, riguardante l’esercizio del diritto di accesso non risultano modificati;
le modalità di esercizio si trovano anche disciplinate nel regolamento, ora approvato con DPR
12.4.2006 n. 184.
La richiesta deve essere motivata, cioè si deve dare conto dell’interesse giuridico che s’intende
tutelare attraverso la documentazione richiesta, e si devono indicare con la massima precisione
possibile i documenti che s’intende conoscer, pertanto, si ritiene da escludere il cosiddetto accesso
per domanda generica; inoltre, è assolutamente necessario mettere in evidenza e dimostrare i
37
Tar Lombardia Milano Sez. III 01.08.2011 nr. 2065.
20
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presupposti di fatto per rendere percepibile l’interesse concreto, diretto ed attuale alla conoscenza
del documento.
Infatti in capo all’istante sussiste l’onere ex art. 26987 c.1. c.c. di fornire la prova della sua pretesa,
ovvero dell’esibizione del documento in possesso della P.A38. Peraltro la domanda di accesso deve
essere diretta all’amministrazione secondo le regole disciplinate al DPR n. 184/2006 e non può
essere formulata in udienza durante la discussione orale, e notificata anche ai controinteressati.
Il nuovo testo dell’art. 22 reca alla lettera c) del comma 1 la definizione di controinteressati, che è la
definizione classica rinvenibile in giurisprudenza: soggetti individuati nell’atto o facilmente
individuabili, che potrebbero essere lesi dall’esibizione dell’atto stesso; qui si specifica però
l’oggetto della lesione: il diritto alla riservatezza39.
E’ chiaro che l’importanza dell’individuazione dei controinteressati è essenzialmente processuale:
infatti, anche precedentemente alla novella n. 15/2005, era pacifico che il ricorso giurisdizionale per
l’accesso dovesse seguire le regole del processo amministrativo impugnatorio, tra le quali quella
dell’art. 21 legge n. 1034/71 che impone, ai fini della stessa ammissibilità, la notifica ad almeno un
controinteressati.
Per l’individuazione dei controinteressati è anche utile avere riguardo al regolamento 184/2006, in
quanto l’art. 3 esplicitamente afferma che devono essere avvertiti anche tutti i soggetti che possano
vantare un diritto di riservatezza nei confronti di atti connessi ai documenti dei quali si chiede
l’esibizione: infatti l’art. 7 comma 2 afferma esplicitamente che l’accoglimento della domanda di
accesso ad un documento comporta la facoltà di accesso agli altri documenti nello stesso richiamati
e appartenenti al medesimo procedimento.
E’ opportuno, tuttavia, distinguere la nozione di controinteressato che qui rileva, rispetto a quella ivi
prevista ex art. 40 e 41 c.p.a, in materia di ricorso giurisdizionale. Infatti nella disciplina sopra
citata viene considerato controinteressato colui che dall’esercizio dell’accesso vedrebbe
compromesso il proprio diritto alla riservatezza. Nel ricorso, invece, i controinteressati sono coloro
che dalla proposizione della domanda giurisdizionale possono subire un pregiudizio o un vantaggio
contrapposto a quello del ricorrente40.
Il regolamento prevede un accesso informale (art. 5) ed uno formale (art. 6) a seconda che non vi
siano o vi siano controinteressati; nel primo caso può essere fatto anche con istanza orale; nel
secondo caso, anche quando sorgano dubbi sulla legittimazione del richiedente e, in generale,
38
Cons. Stato Sez. V 15.07.2013 nr. 3779
Cons. Stato Sez. III 21.02.2013 nr. 1065
40
Tar Campania Napoli 31.07.2007 nr. 3015.
39
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sull’ammissibilità dell’istanza, deve essere fatta per iscritto, e l’amministrazione ne rilascia
ricevuta. Anche la risposta dell’amministrazione, se negativa o parzialmente negativa, come la
limitazione dell’accesso o il suo differimento, deve essere motivata (art. 25 c. 3 della legge), con
riferimento specifico alla normativa vigente, alla individuazione delle categorie di cui all’art. 24
della legge ed alle circostanze di fatto per cui la richiesta non può essere accolta così come proposta
(precisa l’art. 9 c. 1 del regolamento).
8. La tutela giudiziale e giurisdizionale
Sul versante processuale, invece, i
commi 4, 5, 5bis e 6 dell’art. 25 disciplinano i ricorsi,
amministrativo e giurisdizionale, per la tutela avverso il diniego, l’accoglimento parziale o il
differimento dell’accesso.
Anche qui vi è un silenzio significativo, qualificato dalla legge come diniego, decorsi trenta giorni
dalla richiesta.
Questa conclusione trova avallo anche nel periodo successivo al comma 4, che espressamente pone
sullo stesso piano il diniego di accesso, sia esso esplicito o implicito.
Avverso il diniego ovvero differimento di accesso è possibile esperire:
a) La tutela giurisdizionale;
b) La tutela giustiziale, che si connota di due istituti:1) il difensore civico per gli atti negativi
emessi dagli enti locali, come regioni e comuni;2) la Commissione per l’accesso ai
documenti amministrativi, ex art. 27 l. 241/90 introdotto ex novo dalla l. n. 15/2005, qualora
si tratti di atti di amministrazioni statali e periferiche dello Stato.
Sul versante procedurale, l’istanza al difensore civico o alla Commissione deve essere presentata
entro il termine di trenta giorni dal diniego e se nei successivi trenta non interviene alcuna
pronuncia dall’organo adito essa si intende rigettata.
Viceversa, se il diniego o differimento viene ritenuto illegittimo, devono darne immediata
comunicazione all’amministrazione interessata e all’istante.
La P.a., dal canto proprio, avrà a disposizione un termine di trenta giorni per confermare il diniego
o differimento, in caso spirino inutilmente tali giorni, si considera consentito l’accesso.
Nella peculiare ipotesi in cui l’istanza venga rigettata per motivi attinenti la riservatezza, la
Commissione, in virtù di quanto disposto dall’art. 25 c.4. l. 241/90, può prendere posizione solo
dopo aver interpellato il Garante per la privacy, che dovrà pronunciarsi nel termine di dieci giorni
dalla richiesta, pena l’accoglimento dell’istanza.
22
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Può, invero, accadere anche l’ipotesi diametralmente opposto, ovvero che sia stato il
controinteressato ad aver adito il Garante per i dati personali, in applicazione dell’art. 7 d.l.gs
196/2003, al precipuo fine di opporsi per motivi legittimi al trattamento dei dati che lo riguardano.
In questa peculiare fattispecie si invertono i ruoli, poiché è l’Autorità garante a dover richiedere il
parere, obbligatorio ma non vincolante, alla Commissione.
Avverso la decisione sia del difensore civico che della Commissione, è comunque ammesso ricorso
innanzi al Tar territorialmente competente, nel termine di trenta giorni, che decorre dalla ricezione
della comunicazione dell’esito dell’istanza.
L’esperibilità dei rimedi giustiziali, tuttavia, non esclude la possibilità di avvalersi della tutela
giurisdizionale. Infatti i termini per il ricorso innanzi al G.A., sono sospesi fino alla conclusione del
giudizio instaurato davanti al difensore civico o alla commissione.
La tesi che ha avuto maggior proseliti in giurisprudenza, attribuisce al rimedio previsto dall’art. 25
l. n. 241/90 natura di ricorso gerarchico, più propriamente di ricorso gerarchico improprio.41
8.1.Il giudizio in materia di accesso
Passando ora all’esame della tutela giurisdizionale avverso il diniego espresso o tacito dell’istanza
di accesso ovvero contro la decisione del difensore civico o della Commissione, essa è assoggettata
al rito accelerato di cui all’art. 25 c.5. l. 241/90, oggi confluito nell’art. 116 c.p.a.
Si tratta di un rito speciale modificato da ultimo dall’art. 52 comma 4 lett. c d.l.gs n. 33/3013
rubricato:” Riordino della disciplina riguardante gli obblighi di pubblicita', e diffusione di
informazioni da parte delle pubbliche amministrazioni”.
Il rito speciale per le controversie in materia di accesso ai documenti amministrativi,
compiutamente disciplinato dall’articolo 25 della legge n. 241/1990 trasfuso nell’art. 116 c.p.a., è
applicato quotidianamente nelle aule della giustizia amministrativa. Si tratta, quindi, di un processo
speciale “diffuso”: formalmente “differenziato” da quello ordinario, ma niente affatto raro o
inusuale.
Il rito speciale non è recentissimo, ma risulta ancora “giovane”, se si considera che, introdotto nel
1990 e successivamente modificato in più occasioni.
Alcuni aspetti tipici delle peculiarità del rito caratterizzano il processo sin dalla sua originaria
configurazione, delineata dalla legge n. 241/1990, accompagnando la stessa creazione sostanziale
del diritto di accesso ai documenti amministrativi. In tal modo, si manifesta la stretta connessione
tra il contenuto della pretesa all’accesso e le modalità della sua effettiva difesa.
41
Cons. Stato Sez. VI 27.05.2003 nr. 2938
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Altri segmenti della disciplina derivano, invece, da interventi successivi, stratificati nel tempo, non
sempre omogenei e chiari. La legge n. 15/2005, riscrivendo ex novo l’articolo 25 della legge n.
241/1990, ha unificato la disciplina in un unico contesto. Un ulteriore intervento modificativo, poi,
contenuto nella legge n. 80/2005, riguarda la qualificazione espressa del carattere esclusivo della
giurisdizione del giudice amministrativo.
Alcuni – ma non secondari - profili di specialità, poi, derivano da indirizzi interpretativi della
giurisprudenza, piuttosto che da precise e puntuali previsioni normative:
a) Si tratta di un processo svolto in camera di consiglio: il rito è, quindi, senz’altro più snello e
rapido di quello ordinario, svolto in udienza pubblica;
b) Il procedimento si svolge secondo le disposizione dell’art. 87 c. 3 c.p.a. e perciò: i termini
sono dimezzati, ad eccezione di quelli per la notificazione del ricorso introduttivo; la
camera di consiglio verrà fissata alla prima udienza utile successiva al trentesimo giorno
decorrente dalla scadenza del termine di costituzione delle parti intimate. La decisione del
Tribunale, a sua volta, è appellabile nei successivi trenta giorni dalla notifica della stessa
innanzi al Consiglio di Stato, ove si applicherà il medesimo rito.
c) Mentre in passato era ammessa la possibilità sia per il privato che per la P.a, di stare in
giudizio da solo, il primo, mentre la seconda poteva farsi rappresentare da un suo
dipendente, in entrambi i gradi, l’attuale disciplina ivi prevista dall’art. 95 c.6. c.p.a., limita
questa possibilità al solo giudizio di primo grado42.
d) Si afferma la regola (di origine giurisprudenziale) dell’inammissibilità del ricorso
straordinario. In via pretoria, poi, si è elaborata la regola della inammissibilità della
domanda risarcitoria e delle domande di annullamento di altri atti amministrativi,
cumulativamente proposte nello stesso giudizio concernente la contestazione delle
determinazioni in materia di accesso;
e) Si prevede la giurisdizione esclusiva amministrativa, stabilita espressamente dall’art. 133
c.1. lett. a) nr. 6;
La decisione viene resa in forma semplificata ex art. 74 c.p.a. In caso di accoglimento, verrà
ordinato all’Amministrazione di provvedere al rilascio della documentazione richiesta,
assegnandole un termine, non inferiore a trenta giorni per provvedere ( art. 116 c.4. c.p.a.).
Infine ci si è chiesti se sia esperibile la tutela cautelare nel rito accelerato.
42
Cons. Stato Sez IV 12.07.2013 nr. 3760.
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In linea di principio si ritiene ammissibile una tutela di tal genere, non potendosi ravvisare nel rito
acceleratorio un ostacolo alla tutela di tipo cautelare. Opinare diversamente comporterebbe una
palese violazione del diritto di difesa di cui all’art. 24 Cost.
Pertanto, l’istante può ottenere anche una tutela di tipo interinale solo in caso eccezionali e
marginali, e, comunque, valutando comparativamente gli interessi contrapposti.
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