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AGRICOLTURA OGGI
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ARANCIO
La Favola delle Arance d’Oro
Alessandra Gallotta
Arance Newhall
C’
solo lui non aveva dato frutti agli uomini, cominciò a pregare. E Dio lo accontentò: una
notte, mentre tutti dormivano, soffiò nel cielo pieno di stelle, lasciando cadere una polverina leggera e lucente che si posò sui rami
dell’arancio. Passarono pochi giorni e spuntarono tanti fiorellini bianchi e profumati,
che i raggi del sole trasformarono in frutti:
erano quasi rotondi ed avevano il colore del
sole, vennero così chiamati arance.
Fin qui la favola, ma l’origine di questa pianta narra ugualmente una storia affascinante e
molto antica. Le prime informazioni si ritrovano nella letteratura cinese, all’epoca della
dinastia Han (202 a. C. – 220 d. C.), anche
se nella “Mitologia e le favole spiegate con
la storia”, opera dell’Abate Banier (1758),
si parla del legno di arancio come materiale
era una volta un albero di arancio che viveva in un’isola meravigliosa, una terra circondata da
un mare limpido ed azzurro dove
il sole risplendeva tra le nuvole, in uno splendido giardino in compagnia di tanti alberi
da frutto. L’arancio era sempre ricoperto di
foglie verdi e lucide. A primavera, sugli altri
alberi, spuntarono piccoli fiori che in estate
si trasformarono in frutti saporiti. Quando
arrivò l’autunno le loro foglie ingiallirono ed
iniziarono a cadere. In inverno, i loro rami rimasero nudi e tristi, solo l’arancio non aveva
perso neanche una foglia, era tutto verde e si
chiedeva timoroso il perché di quella stranezza. Gli uomini lo guardavano ed aspettavano
che lo strano albero si decidesse a regalare
qualche frutto. L’arancio, molto triste perché
utilizzato per le statue degli dei dell’Olimpo.
L’arancio amaro (Citrus aurantium, L.) sarebbe
originario del sud dell’Himalaya, del nord–
est India e del Nepal, a differenza dell’ arancio dolce [Citrus sinensis (L.) Osb] che proverebbe dal nord-est dell’India, dal sud-est della
Cina e dall’ Indocina. Gli uomini, che nella
terra conservano la loro storia, hanno contribuito con le loro vicende alla diffusione di
queste due splendide specie, trasferendole dal
loro luogo di origine in terre lontane, dove le
condizioni erano favorevoli per il loro sviluppo; esse così, lentamente e senza sospendere
il processo evolutivo, giunsero nel bacino del
Mediterraneo e nel Nuovo Mondo. Gli Arabi introdussero l’arancio amaro nelle terre
del Nord Africa, in Italia e Spagna; la parola
araba naranÿ proviene, infatti, dal sanscrito
attraverso il persiano e da essa derivano le
parole arancio e arancia in italiano. Più incerto, quasi avvolto nel mistero, è il percorso
seguito dall’ arancio dolce che venne importato dall’ Oriente ad opera di commercianti
genovesi e veneziani sul finire del XV secolo.
Si deve, tuttavia, ai portoghesi la diffusione
dell’arancio dolce dapprima in Portogallo,
quindi in Spagna ed infine in Italia. Il “salto nel nuovo Mondo” fu opera di Cristoforo
Colombo nel 1493, ma si deve ai missionari
francescani la diffusione di questa pianta in
Florida e da lì, rapidamente, in tutti gli stati del Sud, fino alla California nel 1769. Più
antica l’introduzione in Brasile (1530-1540),
colonia portoghese che divenne rapidamente il più importante produttore di arance del
mondo.
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opere di Botero . L’albero dell’arancio con
la sua gioiosa valenza ornamentale ha rappresentato un elemento fondamentale della
storia dei Giardini nobiliari, tra i più famosi
il parco di Reales Alcazares di Siviglia. Nulla
a che vedere, comunque, con l’Orangerie di
Château Versailles progettata per soddisfare
la simbolica preferenza di Luigi XIV, il Re
Sole, per le arance.
I frutti di queste piante di per sé racchiudono
la perfezione di forma, di colore, odore e sapore, inconfondibile espressione del processo
produttivo realizzato nei Paesi in cui la specie
è attualmente coltivata. Nel mondo, la produzione di arance è circa di 69 milioni di tonnellate; di queste, il 37% è prodotto in Brasile, il 15% dagli Stati Uniti, l’11% dalla Cina,
India e Messico producono l’8%, la Spagna,
l’Egitto e l’Italia, invece, contribuiscono con
il 5% della produzione ed, infine, Indonesia
e Turchia con solo il 3%. In Europa, l’Italia
e la Spagna sono i maggiori Paesi produttori.
I 2,5 milioni di tonnellate di arance prodotte
in Italia sono ovviamente concentrate nelle
Regioni meridionali con in testa la Sicilia che
fornisce oltre la metà del prodotto (64%);
seguono la Calabria (22,2%), la Basilicata
(7%), la Puglia (5%) e la Campania (2%). Il
Molteplici forme d’Arte cantano, affrescano,
narrano ed armonizzano con poesie le meraviglie di queste piante. Già il più grande
poeta cinese Du Fu (712-770 d.C.), della
dinastia Tang, descrisse la pianta nel poema
“Un giardino di alberi d’arancio”; più tardi,
Antonio Venuto (1516 d.C.) con “De agricultura opusculum” affermò che “l’Arangio
è cosa manifesta essere il Re, Principe e Signore di tutti arbori”; il “Traité du Citrus” di
Giorgio Gallesio (1816) rappresentò il primo
tentativo di inquadramento scientifico delle
due specie. In epoca recente (1957), il premio Nobel Pablo Neruda scrisse “A somiglianza tua, a tua immagine, arancia, si fece il mondo:
rotondo il sole, circondato per spaccarsi di fuoco: la
notte costellò con zagare la sua rotta e la sua nave”
nell’ “Oda a la Naranja”. L’arancia amara
è stata raffigurata in varie opere pittoriche
di epoca imperiale e tardo imperiale; molto
più antichi e noti gli affreschi della “Casa del
frutteto” di Pompei (I secolo a.C.), i mosaici
di una villa romana nei pressi di Cartagine
(II secolo a.C.) e quelli della Villa del Casale
presso Piazza Armerina in Sicilia (IV secolo
d.C). In epoca moderna, i frutti dell’arancio
sono stati anche oggetto dell’ inconfondibile
volumetria esagerata e sproporzionata delle
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Agrumeto nel Metapontino
calabrese, soprattutto in riferimento al frutto pigmentato, “le famose arance rosse di Sicilia”.
In questa regione, infatti, le proporzioni tra
le tre tipologie di frutti sono invertite rispetto alla media nazionale, con circa il 70% di
frutti a polpa rossa provenienti dalle province di Catania, Siracusa, Enna ed Agrigento.
L’eccellente qualità del prodotto ne ha permesso la valorizzazione con marchi come
“L’Arancia Rossa di Sicilia IGP” che comprende prevalentemente le varietà Tarocco,
Moro e Sanguinello, coltivate nei territori di
Catania e Siracusa. La Provincia di Agrigento si distingue, al contrario, per la pregevole
produzione di arance bionde ombelicate, qui
favorite dalle particolari condizioni ambientali, oggetto anch’esse di un marchio DOP
calendario di commercializzazione si estende
da ottobre con le produzioni precoci e termina a maggio con le molto tardive. Le diverse
varietà di arancio prodotte in queste regioni
si classificano in bionde comuni, bionde ombelicate e pigmentate. La produzione italiana
di arance bionde ormai supera il milione di
tonnellate, in virtù della particolare diffusione
della cultivar Valencia e di quelle del gruppo
Navel (Navelina con i suoi diversi cloni, New
Hall e Navelate). Nel passato, le arance pigmentate (Tarocco, Moro e Sanguinello) intercettavano una quota maggiore di produzione,
avendo ridotto la loro incidenza percentuale
dal 70 al 50 % del prodotto totale. Nella consuetudine alimentare, il consumatore italiano
identifica le arance con il prodotto siciliano e
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Arancia Lane Late
(Arancia di Ribera). Di minore tradizione,
ma non meno pregevole, è attualmente la
produzione di arance lucane, concentrate
nell’areale jonico-metapontino, oggetto nel
recente passato di un intenso programma di
riconversione varietale favorito dai fondi regionali e comunitari. La produzione pugliese
di arance è estesa prevalentemente nel territorio della provincia di Taranto, mentre una
coltivazione di nicchia si pratica nel Gargano con ecotipi locali, il cui periodo di maturazione coincide con fine aprile-maggio e
talvolta agosto, in netta controtendenza con
l’epoca di altre aree agrumicole italiane. Due
di questi ecotipi, la Duretta del Gargano ed
il Biondo comune del Gargano, sono coperti
dal marchio IGP “Arancia del Gargano”.
Per descrivere le straordinarie proprietà nutrizionali di questo frutto non sembra improprio richiamare la definizione che di essi ne
diede Luigi Capuana nella sua “la Favola delle Arance d’Oro”. Delle arance si consuma
la parte interna (endocarpo), sia fresca che
trasformata in marmellate, conserve, succhi
e sciroppi, mentre la scorza (flavedo più albedo) può essere utilizzata per la preparazione
di canditi e liquori. Altre forme di trasformazione industriale riguardano la produzione di
essenze e derivati secondari. I processi tecnologici dell’industria agrumaria mirano all’ot-
tenimento di due derivati merceologici principali: il succo d’arancia e gli oli essenziali. In
realtà, si ottiene anche un terzo sottoprodotto
di minore valore commerciale costituito da
scorze, polpe e semi che tradizionalmente è
denominato “pastazzo”. Il prodotto principale della trasformazione delle arance dolci
è il succo, mentre le essenze costituiscono un
derivato secondario di minore valore commerciale. Particolarmente diffusi, anche per
l’attrattività del packaging, i succhi d’arancia
sono ormai una componente fondamentale
dei regimi dietetici di tutti i Paesi, soprattutto del Nord Europa, per la consapevolezza
acquisita del loro elevato valore nutrizionale e della loro funzione biologica. Spremute
e succhi costituiscono una fonte preziosa di
sali minerali e vitamine, soprattutto acido
ascorbico, meglio conosciuto come vitamina
C, le cui proprietà biologiche (antiossidanti e coadiuvanti nell’assorbimento del Fe)
sono state ormai ampiamente documentate.
E’ noto, altresì, che l’essere umano non è in
grado di sintetizzare nel proprio organismo
tale vitamina che pertanto è esclusivamente
assunta mediante l’alimentazione. Le arance
sono anche un’ottima fonte di vitamina A e
di buona parte di vitamine del gruppo B (in
particolare, Tiamina, Riboflavina e Niacina).
Il principale sale minerale presente nel succo
d’arancia è il potassio, ma non trascurabile è
la disponibilità di calcio e magnesio. In anni
più recenti, grazie anche ad intelligenti ed
istruttive campagne pubblicitarie. si è particolarmente diffuso il consumo di succhi di
arance rosse. Le caratteristiche principali che
distinguono il succo rosso da quello ottenuto da arance bionde sono essenzialmente le
notevoli proprietà sensoriali, determinate da
un aroma delicato ed intenso, dal giusto equilibrio fra le componenti dolce ed acidula e,
soprattutto, dal colore rosso brillante dovuto
alla presenza di pigmenti rossi appartenenti alla classe delle antocianine. Il contenuto
di vitamina C, flavanoni ed acidi idrossicinnamici risulta, inoltre, più elevato rispetto ai
succhi tradizionali, con una maggiore attività antiossidante a livello cellulare. Ricchi di
simbolismo, le arance “frutti del sole”, nel
periodo più freddo dell’anno, hanno dunque
un rilevante interesse nutrizionale.
Gli oli essenziali ottenuti dall’arancio dolce
sono caratterizzati da un elevato contenuto
di limonene che, unitamente alle altre componenti terpeniche, ne giustifica l’utilizzo
nell’industria farmaceutica, cosmetica ed alimentare. Recentissimi sono, infatti, gli studi
clinici riguardanti l’attività antiinfiammatoria
dell’olio essenziale estratto dall’arancia amara, cosi come le funzioni chemio-preventive
del D-limonene. L’arancio amaro è meno
usato per scopi alimentari, ma dalla pianta si
ottengono ben tre diversi oli essenziali: dalla
scorza dei frutti si estrae l’olio essenziale di
Arancio amaro, dalle foglie fresche e dai rami
si distilla il Petit grain, dalla distillazione dei
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ARANCE A POLPA BIONDA
W. navel NUC. C.E.S. 30-32
Navelate ISA 105
Biondo Truppello Scordia
Washington navel OL
Fukumoto
Staccia
Biondo dell’Etna
Biondo apireno Corigliano
Valencia Midkmight
Skagg Bonanza
W. navel NUC. C.E.S. 30-32
Biondo di Ribera
Navelina ISA 315
Valencia Midkmight
ARANCE A POLPA ROSSA
Moro nucellare 58-8D-1
Tarocco E1 VCR
Arance Newhall
Tarocco Gallo
fiori si ottiene una pregiata essenza chiamata
Neroli. In aromaterapia, utilizzare le essenze di arancio è un po’ come carpire l’essenza
stessa del sole, la sua vitalità ed energia; aiuta
nei momenti di tristezza, allevia ansia e stress,
riequilibra la mente, rende positivi, rasserena
donando allegria, “scalda” favorendo anche
la sensualità sopita.
Ma non tutti sanno che….“LA FESTA
DELL’ARANCIA”, a Barcellona in Sicilia,
nasce per rievocare il mestiere dello “Spiritaru”, antico lavoro di grande meticolosità e
pazienza, che per l’occasione è riproposto dal
vivo, attraverso i vari passaggi del processo
produttivo, ossia “spaccatura”, “cavatura”,
bagno in calce viva e acqua, estrazione dell’olio essenziale. Il famoso Carnevale d’Ivrea
viene festeggiato con la tradizionale battaglia
delle arance che deriva da un’usanza molto
antica nel Medioevo, allorquando, nel giorno della commemorazione dell’Assunta, il
Feudatario regalava, come ricompensa di un
anno di lavoro una pentola di fagioli ad ogni
famiglia. In segno di protesta, i contadini ritennero di buttarli per terra. La rievocazione
di tale gesto entrò a far parte delle usanze del
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Le proprietà salutistice dell’arancia rossa di sicilia nello spot tv
giano la castità; tale usanza proviene da una
leggenda per la quale una giovane vergine,
dovendo convolare a nozze e non possedendo
alcun gioiello, in modo miracoloso, assistette
alla crescita spontanea, nel proprio giardino,
di una pianta decorata di fiori delicati e profumati, di colore bianco; ne rimase talmente
inebriata che si adornò il capo con la zagara e da allora è nata la tradizione dei fiori di
arancio per le spose.
In conclusione, c’era una volta un albero di
arancio...
Carnevale piemontese attraverso il getto dei
fagioli, successivamente trasformatosi in lancio di arance. Nel convento di Santa Sabina,
a Roma, esiste ancora dal 1220 una pianta di
arancio, trapiantata da San Domenico, portatavi dalla Spagna, sua terra di origine. Tale
pianta è considerata miracolosa poichè, a distanza di secoli, riesce sempre a riprodursi e
fruttificare prosperosamente. Come narra la
leggenda, pare che, proprio da questo albero, Santa Caterina da Siena abbia raccolto
le cinque arance che furono offerte al papa
Urbano VI, nel 1379; le stesse candite, volevano rappresentare un invito al Papa, ritenuto molto autoritario, a riflettere sul modo
violento dell’esercizio delle sue funzioni, alla
stessa maniera del frutto aspro che si trasforma in dolce.
Nel linguaggio dei fiori, le zagare simboleg-
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Università Aldo Moro di Bari
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