UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI GENOVA
FACOLTÀ DI MEDICINA E CHIRURGIA
CORSO DI LAUREA IN TECNICHE DI
LABORATORIO BIOMEDICO
TESI DI LAUREA
RILEVAMENTO DEL VIRUS PANDEMICO
INFLUENZALE H1N1 2009 : CONFRONTO TRA
DIVERSE TECNICHE MOLECOLARI
RELATORE
Prof. Giancarlo Icardi
CANDIDATA
Masala Flavia
INDICE
1
PARTE COMPILATIVA
4
INTRODUZIONE
5
GENETICA DEL VIRUS INFLUENZALE
10
Classificazione virus influenzali
10
Struttura e morfologia
12
Ciclo di replicazione dei virus influenzali
16
Variabilità antigenica
20
Antigenic Shift
21
Antigenic Drift
25
LE PANDEMIE INFLUENZALI
27
ORIGINE DEL NUOVO VIRUS
PANDEMICO H1N1 2009
32
Trasmissione
34
Patogenesi
36
Epidemiologia
38
Sorveglianza virologica
41
Diagnosi
43
REAZIONE DELLA POLIMERASI
A CATENA (PCR) : PRINCIPIO DEL METODO
48
TRASCRIZIONE INVERSA CON PCR (RT-PCR) :
PRINCIPIO DEL METODO
51
PCR MULTIPLEX : PRINCIPIO DEL METODO
2
52
REAL-TIME PCR : PRINCIPIO DEL METODO
53
PARTE SPERIMENTALE
TECNICHE DI RILEVAMENTO DEL VIRUS
PANDEMICO A/H1N1 2009
55
56
Preparazione del campione
57
Estrazione del genoma virale (RNA)
58
PROTOCOLLO CDC PER REAL-TIME PCR
PER IL RILEVAMENTO DI INFLUENZA SUINA
63
FAST SET H1N1v (Arrow Diagnostics)
73
SEEPLEX® FluA ACE Subtyping
(Seegene’s Product)
81
VALUTAZIONE DELLE PERFORMANCE
92
Sensibilità Analitica
92
Sensibilità Clinica
94
Specificità
94
CONCLUSIONI
96
RINGRAZIAMENTI
99
BIBLIOGRAFIA
101
3
PARTE COMPILATIVA
4
INTRODUZIONE
Che cos’ è l’ influenza ?
L’ influenza è una malattia infettiva acuta che interessa
principalmente le vie aree superiori ed inferiori; è causata dai virus
influenzali in grado di infettare sia l’ uomo che diverse specie
animali. Tale malattia è diffusa prevalentemente nei mesi invernali,
poiché il virus resiste molto bene in situazioni di bassa temperatura
ed umidità (l’ aria fredda è un veicolo ideale per la trasmissione
dello stesso).
Sin dai tempi antichi i virus dell'influenza furono probabilmente
una causa importante di malattia. Le prime descrizioni di epidemie
caratterizzate da sintomi simil-influenzali risalgono al V sec. a.C.,
in Grecia, e sono continuate durante tutta l'era cristiana,
evidenziando come l'influenza sia presente da millenni nella
popolazione umana. Il primo isolamento di virus influenzale nell’
uomo, risale al 1933 in Inghilterra, anche se in precedenza erano
stati isolati virus influenzali sia da polli che da suini. Dopo queste
prime osservazioni venne chiarito che gli stessi virus dell’influenza
potevano essere trovati, oltre che nell’ uomo, in animali diversi :
5
suini, cavalli, uccelli. Da allora sono stati identificati tre tipi di virus
influenzali
antigenicamente
differenti,
costituenti
il
genere
Orthomixovirus : il virus tipo A e il virus tipo B, responsabili della
sintomatologia influenzale classica, e il tipo C, di scarsa rilevanza
clinica (generalmente asintomatico).
Trasmissione
L’influenza è una patologia altamente contagiosa e diffusiva,
poiché il virus, trovandosi sia nella saliva che nel muco della
persona infetta (sorgente d’infezione), può trasmettersi ad altri
individui direttamente per via aerea, cioè attraverso le goccioline
(droplets) che si formano quando si starnutisce, si tossisce, si parla
o si respira, oppure indirettamente per contatto, in quanto le
goccioline possono viaggiare per qualche metro, rimanere a lungo
sospese nell’ aria e ricadere poi sulle superfici, che diventano
vettori d’infezione. Il contagio avviene se si tocca una superficie
contaminata e dopo si portano le mani al naso, alla bocca o agli
occhi, le vie elettive per l’ingresso nell’organismo e la conseguente
infezione virale.
6
Sintomi
L’influenza è contraddistinta da un repentino manifestarsi di
sintomi generali e respiratori : febbre elevata (della durata di circa
3-4 giorni) che si manifesta bruscamente, accompagnata da brividi,
dolori ossei e muscolari, mal di testa, grave malessere generale, mal
di gola, raffreddore e tosse non catarrale. La febbre è generalmente
più elevata nelle infezioni provocate dai virus del tipo A mentre, in
quelle causate da quelli del tipo B, si mantiene a livelli più bassi Le
manifestazioni cliniche si presentano in genere dopo un periodo di
incubazione di 1-4 giorni. Nella maggior parte dei casi la
guarigione completa si ha nel giro di una settimana, anche se tosse e
malessere generale possono perdurare per due o più settimane.
Possibili complicanze
Se normalmente l'influenza è una malattia a evoluzione benigna, in
alcuni soggetti, soprattutto i più deboli come gli anziani e lattanti, si
possono sovrapporre altri disturbi, definiti complicanze. Le
complicanze respiratorie sono le più frequenti, soprattutto le
polmoniti a sovrapposizione batterica. Nella polmonite batterica,
dopo che il paziente con influenza è migliorato, si assiste alla
ricomparsa della febbre preceduta da brivido e le condizioni
generali
vanno
rapidamente
peggiorando.
7
Insorge
dispnea,
tachicardia, cianosi e ipotensione arteriosa. Oltre alle polmoniti
batteriche, complicanze possono essere anche le polmoniti virali, di
solito ad elevata mortalità. Esistono poi complicanze non polmonari
tra cui di tipo cardiaco, (infatti, a seguito dell’influenza, possono
comparire alterazioni del ritmo cardiaco, dei toni cardiaci, segni di
insufficienza cardiaca congestizia e soprattutto nel soggetto
anziano, si può avere improvvisamente arresto cardiaco e morte), e,
più rare, miositi, encefalopatie e alterazioni del sistema nervoso
periferico (sindrome di Guillain-Barrè)
L’importanza dell’impatto dell’influenza sulla popolazione deriva
dalla rapidità con cui evolvono le epidemie, dalla morbosità diffusa,
dalla gravità delle complicazioni ma soprattutto dalla caratteristica
dei virus influenzali di “instabilità genetica”, ovvero la capacità di
acquisire continui cambiamenti nelle proprietà antigeniche legate
principalmente alle glicoproteine di superficie tali da rendere il
sistema
immunitario
incapace
di
reagire
efficacemente
all’infezione. Tali cambiamenti, che nel corso delle ultime tre
stagioni influenzali sembrano verificarsi con frequenza annuale,
permettono loro di aggirare totalmente o parzialmente l’immunità
presente nella popolazione che in un passato più o meno recente ha
subito l’infezione influenzale o si è sottoposta a immunizzazione
passiva. Questo significa che le difese che l’organismo ha
8
sviluppato contro il virus dell’influenza nel corso di una stagione,
non sono più efficaci o lo sono solo parzialmente verso il virus
dell’anno successivo. Per questi motivi, la composizione del
vaccino deve essere aggiornata tutti gli anni e la sorveglianza è
fondamentale per preparare il vaccino per la stagione successiva in
base ai ceppi che hanno avuto maggior diffusione nell’ultimo
periodo epidemico.
I cambiamenti, di anno in anno, possono risultare più o meno
rilevanti
con
conseguente
assenza
o
parziale
protezione
immunitaria, come nel caso della nuova influenza A/H1N1.
Ad importanti cambiamenti di struttura antigenica possono far
seguito pandemie con rilevanti conseguenze in termini di sanità
pubblica. Le pandemie si verificano ad intervalli temporali
imprevedibili e nel secolo passato si sono realizzate nel 1918
(sostenuta dal sottotipo H1N1), nel 1957 (sostenuta dal sottotipo
H2N2) e nel 1968 (sostenuta dal sottotipo H3N2); l’epidemia più
severa, delle tre menzionate, la cosiddetta Spagnola del 1918, ha
provocato almeno 20 milioni di morti, soprattutto tra giovani-adulti.
E’ importante sottolineare che la comparsa di un ceppo con proteine
di superficie radicalmente nuove, quindi un virus influenzale
completamente diverso da quelli
9
precedenti , non è di per sé sufficiente per l’instaurarsi di una
pandemia, ma occorre
anche che il nuovo virus sia capace di trasmettersi da uomo a uomo
in modo efficace.
GENETICA DEL VIRUS INFLUENZALE
1) Classificazione virus influenzali
I virus che causano l’ influenza appartengono alla famiglia degli
Orthomyxoviridae e vengono classificati in tre tipi principali, A, B e
C, sulla base delle proprietà antigeniche di proteine interne, la
nucleoproteina (NP) e le proteine della matrice. I virus di tipo B e C
hanno come serbatoio solo l’uomo, mentre i virus di tipo A,
ampiamente diffusi in natura, possono infettare oltre all’uomo,
anche varie specie animali (suini, equini, mammiferi marini e
uccelli). I virus di tipo A e B sono responsabili della più comune
sintomatologia, mentre il tipo C è stato associato a casi sporadici ed
episodi minori.
Il virus dell’influenza A è ulteriormente suddiviso in sottotipi sulla
base delle differenti strutture antigeniche delle due glicoproteine
presenti sulla superficie della membrana, l’emagglutinina (HA) e la
neuraminidasi (NA). Fino ad oggi sono stati identificati 16 sottotipi
10
di HA e 9 di NA. L'emagglutinina e la neuraminidase sono i
bersagli, oltre che del sistema immunitario, anche dei farmaci
antivirali.
Per i virus tipo B non esistono sottotipi da associare a HA e NA,
anche se la deriva antigenica ha portato alla formazione di due
sublineage distinti dal punto di vista sierologico e genotipico.
Per quanto riguarda il virus tipo C, esso ha una scarsa importanza
epidemiologica per la sua asintomaticità.
Figura 1. Virus influenzale al microscopio a scansione.
11
2) Struttura e morfologia
I virus influenzali hanno forma sferica, ovoidale, talvolta
filamentosa con diametro di 80-120 nm, e capside di forma
elicoidale di diametro 9-15 nm. Il genoma, racchiuso dal capside,
non è costituito da una singola porzione di acido nucleico, ma
contiene otto segmenti (sette per virus C) di
RNA a polarità
negativa (complementare quindi all’mRNA), che codificano 11
proteine che si possono osservare descritte in dettaglio nella
sottostante tabella 1.
Tabella 1. Segmenti genomici di virus influenzali A, B e proteine
codificate
12
Il capside è provvisto di un ulteriore rivestimento lipoproteico,
l’envelope, dal quale si proiettano superficialmente tre proteine : la
proteina M2 con funzioni di canale ionico e le due glicoproteine
transmembrana emoagglutinina e neuraminidasi. Entrambe queste
proteine svolgono funzioni cruciali nel ciclo replicativo virale.
L’emoagglutinina è l’antigene più importante essendo specifico per
sottotipo, ceppo o variante; essa media il legame del virus alle
cellule target e l'ingresso del suo genoma virale al loro interno in
quanto costituisce il sito di legame per il recettore cellulare presente
sulla superficie delle cellule ospiti. Rappresenta inoltre, il sito di
legame per le emazie, proprietà che si è rivelata utile per
l’identificazione del virus nei test di laboratorio usati per la
diagnosi. Gli anticorpi specifici diretti contro l’emoagglutinina
inibiscono il fenomeno di emoagglutinazione dei globuli rossi così
come l’infezione delle cellule bersaglio da parte del virus
influenzale.
L’emoagglutinina è costituita da due catene distinte, HA1 e HA2,
che originano da HA0 tramite processi di natura proteolitica. Le due
catene sono legate in maniera covalente da un ponte disolfuro fra la
posizione 14 di HA1 e la posizione 137 di HA2. L’HA è composta
da una porzione N-terminale idrofila esterna che ha funzione di
sequenza segnale, una porzione C-terminale idrofobica che la
13
ancora
alla
membrana
virale
e
un
breve
dominio
intracitoplasmatico. La struttura della parte N-terminale è suddivisa
in un dominio globulare, sul quale si localizzano i principali siti
antigenici della proteina, e in una porzione lineare. La regione
globulare (testa globulare) contiene solo una parte di HA1 mentre
l’altra parte di HA1 e l’intera catena HA2 compongono la porzione
lineare extracitoplasmatica e transmembrana. In una tasca della
regione globulare si trova il sito di legame recettoriale attraverso il
quale il virus si lega all’acido sialico della membrana cellulare
dell’ospite. Il sito recettoriale è composto lateralmente da catene
aminoacidiche altamente conservate nei differenti strain virali; altri
residui conservati sono localizzati posteriormente la tasca e
sembrano stabilizzare la struttura del sito stesso senza interagire col
recettore. Il perimetro della superficie della tasca è invece composto
da residui aminoacidici che vanno incontro a mutazioni frequenti
(drift antigenico). Le mutazioni interessano prevalentemente cinque
regioni della testa globulare (HA1) chiamate A, B, C, D ed E che
corrispondono ai siti antigenici di legame per gli anticorpi.
La neuraminidasi è un antigene specifico di sottotipo ed è un
enzima che interviene nell’ultima fase del ciclo replicativi, in
quanto permette il rilascio dei virioni, appena sintetizzati,
all'esterno delle cellule infette.
14
Figura 2. Rappresentazione schematica della struttura degli
Orthomyxoviruses.
All’ interno del capside si trova il core virale costituito da RNA
segmentato in 8 frammenti per i tipi A e B e 7 per il tipo C. I
segmenti di RNA sono incapsulati indipendentemente nella
nucleoproteina virale e ognuno di essi è associato con un complesso
polimerasico. La particella subvirale chiamata ribonucleoproteina
(RNP) comprende perciò l’RNA virale (vRNA), la nucleoproteina
del capside (NP) e tre proteine importanti per la replicazione del
genoma: PB1, PB2 e PA ad attività polimerasica.
Le ribonucleoproteine si trovano sprofondate in una matrice
formata dalla proteina M1 che circonda internamente la membrana
15
lipidica virale, la quale si forma dalla membrana plasmatica della
cellula infettata nel corso del processo di gemmazione.
3) Ciclo di replicazione dei virus influenzali
Il ciclo di replicazione dei virus influenzali può essere suddiviso in
4 fasi:
a) adsorbimento e penetrazione del virus;
b) trascrizione del genoma virale e traduzione delle proteine virali;
c) replicazione dell'RNA virale;
d) assemblaggio dei virioni e fuoriuscita delle particelle virali
mature.
Figura 3. Rappresentazione schematica della replicazione dei virus
influenzali
16
a) Adsorbimento e penetrazione del virus. L’adesione del virus
sulla membrana plasmatica della cellula ospite, che corrisponde alla
fase iniziale dell’adsorbimento, avviene grazie all’emagglutinina
che riconosce il recettore mucoproteico specifico (acido sialico)
presente sulla superficie delle cellule epiteliali dell’apparato
respiratorio. La particella virale, per endocitosi, viene inclusa in un
lisosoma; nel momento in cui il pH raggiunge la sufficiente acidità,
l’emagglutinina subisce un cambio conformazionale tale da
permettere la fusione tra la membrana endosomiale e il doppio
strato lipidico virale. I complessi RNP penetrano nella cellula si
posizionano vicino al nucleo e successivamente entrano nel nucleo
della cellula ospite.
b) Trascrizione del genoma virale e traduzione delle proteine
virali.
La trascrizione primaria del genoma virale avviene nel
nucleo della cellula ospite ad opera della RNA polimerasi RNA
dipendente (RNA-trascrittasi) ad essa associata, che trascrive il
filamento di mRNA a partire dal filamento a polarità negativa. Il
complesso trascrizionale consiste di una polimerasi trimerica
comprendente le proteine PB1, PB2 e PA. La componente PB1 è
una
trascrittasi
che
catalizza
l’addizione
di
nucleotidi
nell’iniziazione del trascritto di RNA. La componente PB2 è una
17
endonucleasi cap-dipendente la cui funzione è quella di legare
l’RNA incappucciato e di clivarlo per generare i primers per la
sintesi dell’mRNA virale. La componente PA è fondamentale per la
replicazione dell’RNA virale ma il suo ruolo è ancora parzialmente
sconosciuto; probabilmente trascrive copie dell’RNA a filamento
negativo che sarà il corredo gnomico dei virioni in maturazione.
c) Replicazione dell’ RNA virale.
L’RNA messaggero trasloca
nel citoplasma dove viene tradotto; si formano così le proteine del
capside (NP) e gli enzimi PB1, PB2 e PA che saranno presenti nei
virioni maturi. Alcuni prodotti della trascrizione subiscono un
fenomeno di splicing determinando la formazione di mRNA
codificanti differenti proteine, come per esempio M1 e M2. Di
recente si è scoperto che la proteina M1 è importante per la fase di
liberazione del virus, che avviene tramite gemmazione. La proteina
M2 è fondamentale durante la replicazione,
poiché agendo
a
livello della pompa ionica modula il pH nella fase di rimozione
dell’involucro, consentendo cosí il trasporto
del virus verso la
membrana cellulare.
d) Assemblaggio dei virioni e fuoriuscita delle particelle virali
mature. Le proteine integrali di membrana dell’involucro virale,
18
HA, NA, M2 e NB dei virus A e B, e HEF e CM2 del virus C, sono
sintetizzate mediante il reticolo endoplasmatico e inserite nella
membrana attraverso un meccanismo di riconoscimento particelladipendente. Nel corso del trasporto verso la superficie apicale della
cellula, attraverso l’apparato di Golgi, le proteine vengono
assemblate nella loro struttura multimerica e vengono modificate
con l’aggiunta di catene di carboidrati e gruppi di acidi grassi.
L’assemblamento del virus con la membrana plasmatica della
cellule infettata avviene mediante un processo di gemmazione
attraverso il quale RNP ed M1 acquisiscono un involucro derivato
dalle regioni della membrana cellulare modificate per esporre quasi
esclusivamente proteine virali di membrana.
Figura 4. Fuoriuscita per gemmazione di un virione da una cellula
infetta
19
4) VARIABILITA’ ANTIGENICA
La caratteristica principale dei virus influenzali è rappresentata
dalla loro instabilità genetica che comporta continue variazioni
delle caratteristiche base del virus. Tali mutazioni interessano gli
antigeni di superficie emoagglutinina e neuraminidasi, rendendo più
difficile il riconoscimento del virus da parte del nostro sistema
immunitario. La “novità” antigenica di un virus differente rispetto
ai ceppi che hanno circolato nelle precedenti stagioni, ha perciò un
ruolo rilevante, poiché il sistema immunitario di parte della
popolazione, risulta non essere in grado di fronteggiare il nuovo
agente eziologico.
Si possono riconoscere forme virali a potenzialità pandemica, che si
generano attraverso un riarrangiamento genico definito antigenic
shift o in seguito ad un fenomeno detto ‘salto di specie’, e forme
interpandemiche determinate da mutazioni minori o antigenic drift.
Le prime si verificano ogni 10-30 anni e portano alla comparsa di
un nuovo sottotipo virale (soltanto per i virus di tipo A) nei
confronti della quale la popolazione è completamente suscettibile.
Le seconde, le forme interpandemiche, si verificano ogni 2-4 anni e
avvengono sia nei virus di tipo A che in quelli di tipo B.
20
ANTIGENIC SHIFT
Lo shift antigenico è il meccanismo a cui fa seguito un radicale
cambiamento delle strutture antigeniche di superficie del virus; è
definita appunto come la variazione maggiore che avviene in
seguito a riassortimento genetico. In seguito a tale mutazione un
nuovo virus può presentare un involucro con antigeni totalmente
diversi rispetto ai ceppi circolati fino a quel momento.
Lo shift antigenico coinvolge solamente i virus influenzali di tipo
A, mentre i virus di tipo B non possono andare incontro a shift
antigenico poiché sono dotati di un unico tipo di HA a di NA e non
possiedono un reservoir aviario né di altre specie animali. Il virus
influenzale A trova infatti il suo reservoir naturale negli uccelli
acquatici (anatre, oche, cigni, gabbiani, folaghe..) ma può
colonizzare altri ospiti come polli, tacchini e quaglie. L’infezione
da virus influenzale decorre, in questi animali, in modo del tutto
asintomatico, ad eccezione di alcune varianti caratterizzate da
emoagglutinina di tipo 5 (H5) o di tipo 7 (H7) in grado di
determinare epidemia con elevata letalità nei polli e nei tacchini.
Inoltre, alcuni sottotipi circolano prevalentemente nell’uomo, nei
suini, nei mammiferi marini (foche, balene) e nei cavalli.
Questo fenomeno, unito alla grande variabilità di HA e NA e al
genoma segmentato può portare, durante l’infezione delle cellule
21
ospiti, ad un fenomeno importantissimo dal punto di vista
immunologico e, di conseguenza, epidemiologico: il riassortimento
del
materiale
genetico,
responsabile
dell’evoluzione
del
microrganismo e della genesi e diffusione di nuovi virus influenzali.
Negli
uccelli
acquatici
possono
essere
presenti,
anche
contemporaneamente, tutti i differenti sottotipi.
Il virus influenzale, per poter infettare una cellula bersaglio,
necessita di un recettore costituito da una glicoproteina supeficiale
la cui parte glucidica termina con un legame Sia2-3Gal per i virus
del clade aviario e Sia2-6Gal per i virus del clade umano: poiché le
cellule target dei suini presentano entrambi i recettori, questi
animali rendono
possibile la co-infezione e rappresentano un
importante tratto di unione tra i virus aviari e quelli che vedono
come ospiti d’elezione i mammiferi, tra cui l’uomo. In queste
condizioni la caratteristica organizzazione del genoma segmentato
del virus influenzale, permette che uno, o più geni del virus aviario,
possano essere incorporati nel genoma di un virus a tropismo
umano, determinando la ricombinazione del materiale genetico del
microrganismo.
Questo meccanismo di riassortimento fra virus che infettano specie
differenti, sembra responsabile dell’origine delle pandemie
influenzali che si sono verificate in questo secolo ad esempio, la
22
pandemia verificatasi nel 1957, la cosiddetta “asiatica”, è stata
probabilmente originata dalla ricombinazione nel suino di un virus
aviario circolante, di tipo A/H2N2, con un virus umano di tipo
A/H1N1. Il virus risultante possedeva un corredo genetico
caratterizzato da 3 geni di origine aviaria (HA, NA, PB1) e dai
restanti 5 di origine umana. Il riassortimento, avendo coinvolto i
geni codificanti i determinanti antigenici di maggior rilievo
emoagglutinina e neuraminidasi, ha determinato la comparsa di un
virus verso cui l’intera popolazione era suscettibile, creando così le
condizioni necessarie per l’instaurarsi della pandemia. Analogo
fenomeno si è avuto nel 1968 : il riassortimento tra il virus umano
A/H2N2 e l’aviario A/H3 portò alla formazione del sottotipo
A/H3N2, responsabile della pandemia cosiddetta di “Hong Kong”.
Esiste una seconda, ma molto più rara, possibile causa “multifasica”
di pandemie umane ed è data dalla possibilità che virus animali
(aviari o suini) facciano direttamente un salto inter-specie e
vengano quindi trasmessi all’uomo (prima fase), dove possono
adattarsi acquisendo capacità di efficace trasmissione inter-umana
(seconda fase).
23
Figura 5. Schema del riassortimento del materiale genetico
responsabile dell’evoluzione e diffusione di nuovi virus influenzali
(Antigenic shift)
24
ANTIGENIC DRIFT
Il drift antigenico è determinato dall’accumulo di mutazioni
puntiformi nella sequenza aminoacidica delle glicoproteine di
superficie,
in
particolare
l’emoagglutinina,
che
ha
come
conseguenza la comparsa di ceppi virali immunologicamente
differenti. Queste mutazioni puntiformi, chiamate drift antigenici, si
verificano quasi annualmente e limitano il legame degli anticorpi
formati durante precedenti circolazioni del sottotipo. In questo
modo i drift antigenici contribuiscono alla capacità dei virus
influenzali di causare epidemie annuali, in quanto la risposta
antigenica alle nuove varianti risulta sempre ridotta o comunque
non ottimale, in particolar modo in soggetti con un sistema
immunitario deficitario (bambini, anziani, immunodepressi).
È sufficiente che gli anticorpi riconoscano un solo sito antigenico
per neutralizzare il microrganismo. Quindi, su un individuo in
grado di produrre anticorpi che riconoscono tutti i cinque siti
antigenici, si riduce notevolmente la possibilità di sopravvivenza
per un escape mutant (virus con un aminoacido cambiato in un
singolo sito antigenico). Tuttavia la maggior parte dei soggetti,
soprattutto bambini ed anziani, non sintetizza anticorpi per tutti i
cinque siti, facilitando così l’emergere dei ceppi mutati.
25
Dall’analisi delle sequenze dell’emoagglutinina degli isolati
A/H3N2 che hanno circolato dopo l’introduzione di questo sottotipo
nel 1968, è emersa la presenza di aminoacidi fortemente conservati
nelle posizioni più profonde della proteina, la cui funzione è quella
di ancorare gli aminoacidi superficiali e di garantire la
conformazione secondaria e terziaria della catena aminoacidica. Gli
aminoacidi superficiali mostrano invece un basso grado di
conservazione e possono andare incontro all’antigenic drift. Questi
dati mettono in luce come la struttura tridimensionale della proteina
rimanga costante durante l’antigenic drift probabilmente affinché
ne sia mantenuta la funzione biologica.
Cambiamenti dell’emoagglutinina interessano prevalentemente la
testa globulare, dove si trovano i siti di legame del recettore
cellulare e i cinque siti antigenici ipervariabili. L’analisi di
sequenza del gene del virus A sottotipo H3 ha infatti indicato che
sostituzioni aminoacidiche, risultanti in drift antigenici, si
accumulano principalmente in 5 regioni antigeniche, denominate da
A ad E, localizzate sulla superficie del dominio HA1. Drift
antigenici interessano anche la NA con meccanismo analogo a
quanto avviene per HA.
I virus influenzali di tipo B, nonostante la ridotta possibilità di
mutazioni, possono andare anch’essi incontro a drift. Sebbene non
26
siano suddivisi in sottotipi, l’accumulo di mutazioni puntiformi ha
determinato la formazione di due differenti lineages, sicuramente
co-circolanti nella popolazione umana a partire dal 1988. Questi
due gruppi filogenetici hanno come ceppi di riferimento i virus
B/Victoria/2/1987
(Victoria-lineage)
e
B/Yamagata/16/1988
(Yamagata-lineage). I due lineages risultano così differenti
antigenicamente da non presentare nessuna cross-protezione
anticorpale.
L’insieme di tutti questi fenomeni è da tenere in considerazione
nella formulazione di un vaccino efficace.
LE PANDEMIE INFLUENZALI
Una pandemia influenzale è un' epidemia di virus influenzale di
tipo A che si espande su scala mondiale e infetta una grande
porzione della popolazione umana.
I virus influenzali mutano continuamente producendo nuovi ceppi;
le pandemie avvengono proprio quando si sviluppa un virus
completamente diverso da tutti i ceppi precedenti e quando viene
trasmesso all'uomo da un'altra specie animale.
27
Questi nuovi ceppi non sono ostacolati dall'immunità delle persone
poiché nessuno vi è stato esposto in precedenza, perciò
tale
condizione rende facilissima la loro diffusione e l’infezione di
moltissime persone. I virus di tipo A possono occasionalmente
essere trasmessi dai volatili selvatici ad altre specie provocando
focolai nel pollame domestico e potrebbero anche generare
pandemie nell'uomo.
A differenza delle regolari epidemie stagionali, le pandemie sono
causate da sottotipi di virus influenzali nuovi o che non circolano
tra la popolazione da molto tempo mentre le epidemie stagionali
sono generate da sottotipi di virus influenzali già esistenti. Le
pandemie, inoltre, a differenza delle epidemie stagionali che
avvengono ogni inverno, avvengono irregolarmente, e ne
compaiono circa 3 in ogni secolo. Possono provocare alti livelli di
mortalità, come testimoniato dalle ultime pandemie influenzali che
sono avvenute nel XX secolo: l'influenza “spagnola” del 1918 che
causò oltre 50 milioni di morti, l'influenza “asiatica” del 1957 e l'
influenza di “Hong Kong” del 1968.
28
Ultime pandemie influenzali
Nome
Data
Decessi
Sottotipo
Asiatica (russa)
1889-90 1 milione
H2N2
Spagnola
1918-20 40 milioni
H1N1
Asiatica
1957-58
1-1.5
milioni
H2N2
Hong Kong
1968-69
0,75-1
milioni
H3N2
------
H1N1
Influenza A (suina) 2009-?
La pandemia del 1918 a cui si riferisce il nome di influenza
spagnola è stata considerata di categoria 5 (diffusione interumana
del virus in almeno due Paesi di una delle Regioni OMS). Il virus fu
identificato come virus di genere A, sierotipo H1N1, di probabile
origine suina, che, dopo importanti modificazioni o ricombinazione
dei geni fra virus animali e virus umani, riuscì ad acquisire le
caratteristiche opportune per poter infettare l’uomo ed essere
efficiente nella trasmissione inter-umana. Alcuni studi condotti
sulle proteine ottenute dai geni virali ricostruiti in laboratorio hanno
permesso di capire le peculiari caratteristiche di questo agente
29
microbico: le vittime erano prevalentemente persone giovani e sane
perché la polmonite emorragica era soprattutto dovuta alla reazione
infiammatoria aspecifica prodotta dall’ospite; la virulenza del virus
era almeno cento volte superiore a quella dei virus influenzali
usuali, ma i farmaci oggi in uso come antinfluenzali sarebbero
comunque risultati efficaci.
Il novecento è stato testimone di altre due importanti pandemie
influenzali: la “Asiatica” che si manifestò all’inizio del 1956 e durò
fino al 1958 e la “Hong Kong” degli anni 1968-1969. La pandemia
asiatica fu causata da un ceppo virale, capace di infettare l’uomo,
che ebbe origine da una mutazione avvenuta nelle anatre selvatiche
in combinazione con un ceppo umano già esistente. Il virus venne
identificato per la prima volta nella provincia cinese di Guizhou e
raggiunse Singapore nel febbraio 1957, Hong Kong ad aprile e gli
Usa a giugno del 1957. Le stime mondiali di decessi dovute a tale
infezione variano tra 1 milione e 4 milioni.
La successiva pandemia del 1968-69 fu provocata da un ceppo del
virus A del sottotipo H3N2. La contagiosità e la mortalità di tale
ceppo virale fu molto lieve rispetto alle due precedenti.
A partire dal 1997, in Estremo Oriente, Egitto, Iraq e Nigeria sono
state notificate piccole epidemie di influenza aviaria (virus A
H5N1) con trasmissione della infezione dal pollame all’uomo e con
30
mortalità fra questi ultimi molto elevata (63% circa). Tali episodi
hanno causato molto allarme fra le Autorità Sanitarie mondiali e nei
media: la paura di una pandemia sembrava reale ma il virus pur
modificandosi frequentemente non ha acquisito fino ad oggi le
caratteristiche sufficienti e necessarie per il “salto di specie”.
Una nuova possibilità di pandemia influenzale si è sviluppata
recentemente in Messico e negli Stati Uniti. A partire da marzo
2009 sono stati osservati nuovi e sempre più frequenti episodi
influenzali con epicentro in Messico e California. La diffusione
della infezione è stata molto veloce ed estesa tanto da richiedere
l’innalzamento al livello 6 di allerta (pandemia propriamente detta,
pandemia
globale).
Il
virus,
probabilmente
in
seguito
a
riassortimenti genici, ha caratteristiche suine, aviarie ed umane ed è
del tipo A/H1N1.
31
ORIGINE DEL NUOVO VIRUS
PANDEMICO H1N1 2009
Origine
Il virus della nuova influenza (H1N1) è stato per la prima volta
identificato il 15 aprile 2009 negli Stati Uniti ed è stato dimostrato
che è correlato geneticamente ai virus della recente influenza suina,
ma ha una composizione genetica non precedentemente individuata
tra i virus infettanti sia la popolazione suina che umana. Il virus
H1N1 2009 è una miscela di quattro ceppi conosciuti di virus
influenza A : uno endemica negli esseri umani, uno endemico nei
volatili e due endemici nei suini.
E' stato in seguito provato che l'insorgenza di malattie respiratorie
in diverse aree del Messico nel marzo e aprile 2009 erano dovute a
questa nuova influenza virale. Successivamente il virus della nuova
influenza A (H1N1) si è diffuso in diversi paesi a partire dal Nord
America fino ad interessare 46 paesi nel mondo. Le analisi
32
filogenetiche dei geni dell’HA e della NA aiutano a definire la
relazione delle varianti antigeniche rispetto a quelle precedenti e a
chiarire la base molecolare dei cambiamenti genetici. I test
d’inibizione dell'emoagglutinazione (HI) con l'antisiero di furetto
hanno indicato che i virus della influenza A (H1N1) isolati in Nord
America sono omogenei e antigenicamente distinti da quelli
attualmente circolanti dell'influenza stagionale A (H1N1) e che
sono più strettamente collegati con il virus A/California/7/2009
(H1N1)v. I virus emergenti sono antigenicamente simili al ceppo
nord americano del virus della influenza suina triplo-riassortante
A(H1N1), rappresentato da A/Illinois/09/2007, circolato tra i maiali
durante gli ultimi 10 anni negli U.S.A. e che aveva occasionalmente
infettato l’uomo durante lo stesso periodo. L'analisi filogenetica
degli otto segmenti genici indica che la nuova influenza virale
A(H1N1) è un riassortante tra ceppi dell’influenza suina del Nord
America, che hanno segmenti genici originari dalla influenza virale
A suina, umana e aviaria (H1N1,H1N2 e /o H3N2), e dell'Eurasia.
Gli alberi filogenetici dei geni delle HA e NA mostrano che, finora,
le sequenze di diversi isolati della nuova influenza virale sono
relativamente omogenee. Il gene HA è più strettamente correlato ai
geni HA della H1N1sw e ai virus H1N2 isolati dai suini in Nord
America e Asia. Il gene NA è più strettamente correlato ai geni N1
33
dell'influenza virale A (H1N1) isolati dai maiali e dagli uccelli in
Europa e Asia (influenza virale suina ceppo Euroasiatico).
Figura 6.
Origine del virus pandemico A/H1N1
34
Trasmissione
La nuova influenza A/H1N1 è un infezione virale acuta
dell’apparato respiratorio con sintomi simili a quelli classici
dell’influenza: febbre ad esordio rapido, tosse, mal di gola,
malessere generale.
Come per l’influenza classica sono possibili complicanze gravi,
come la polmonite, ad esito talora mortale. I primi casi di questa
nuova influenza umana da virus A/H1N1 sono stati legati a contatti
ravvicinati tra maiali e uomo. Nell’uomo infezioni da virus
influenzali suini sono state riscontrate occasionalmente fin dagli
anni 50 e sono legati ad esposizione e contatti ravvicinati ( 1-2
metri ) con suini, ma il nuovo virus A/H1N1 si è ora adattato
all’uomo ed è diventato trasmissibile da persona a persona.
L’influenza non viene trasmessa attraverso il cibo e non esiste alcun
rischio di infezione attraverso il consumo di carne suina cotta o
prodotti a base di carne suina.
La trasmissione da uomo a uomo del nuovo virus dell’influenza
A/H1N1 avviene con gli stessi meccanismi con cui si trasmette
l’influenza stagionale : per via aerea, attraverso le goccioline di
flugge e droplets,per contatto diretto fra un individuo infetto ed un
35
ospite suscettibile oppure per contatto indiretto, tramite superfici o
oggetti contaminati.
Patogenesi
L’influenza in generale ha un periodo di incubazione che varia da 1
a 4 giorni, durante i quali si ha l’impianto del virus nelle mucose
dell’apparato respiratorio, che comporta necrosi del tratto
respiratorio superiore, della trachea e dei bronchi.
La sindrome influenzale insorge, con tutta probabilità, nel momento
della moltiplicazione virale nell’apparato respiratorio, causando il
rilascio delle citochine in seguito al disfacimento delle cellule
necrotiche e il successivo stato infiammatorio.
In tale fase, la diagnosi di influenza da virus A(H1N1)v è basata sul
solo criterio clinico e viene definita secondo i criteri stabiliti
dall’Organizzazione
Mondiale
della
Sanità
(OMS),
come
un’affezione respiratoria acuta ad esordio brusco ed improvviso con
febbre >38°C, accompagnata almeno da uno dei seguenti sintomi
respiratori :
• tosse
• faringodinia
• congestione nasale
36
e da almeno uno tra questi disturbi :
• cefalea
• malessere generalizzato
• sensazione di febbre (sudorazione, brividi)
• astenia
Tutti questi sintomi, però, sono riferibili ad una persona adulta. Nei
bambini e negli anziani, invece, si hanno alcune caratteristiche
differenti, come:
• una febbre lieve nei lattanti con vomito e diarrea;
• irritabilità, pianto, sonnolenza e inappetenza nei bambini
molto piccoli che non sono ancora in grado di parlare;
• occhi arrossati, congiuntivite associata a febbre alta
(spesso anche oltre i 39°C) nei bambini in età prescolare;
• laringotracheiti e bronchiti nei bambini sotto i 5 anni di
età;
• febbre bassa, mancanza di forze, dolori articolari e
disturbi neurologici negli anziani cosiddetti “fragili” di età
superiore ai 75 anni. Negli anziani possono anche
presentarsi stati di sopore, disorientamento, difficoltà
nella coordinazione motoria ed uno stato confusionale.
Il sospetto di influenza da nuovo virus A(H1N1)v deve essere preso
in considerazione anche in assenza di viaggi all’estero nei 7 giorni
37
precedenti l’insorgenza della sintomatologia influenzale.
Epidemiologia
In tutto il mondo sono stati confermati 318.925 casi di influenza
A(H1N1) e la crescita è esponenziale con un tempo di raddoppio di
circa 17 giorni. La maggior parte dei pazienti ha presentato solo
sintomi lievi ed è guarita completamente, ma circa il 2% ha
sviluppato patologie gravi. Si sono verificati circa 3917 decessi
(fonti OMS aggiornata a fine settembre e Centre Disease Control
(CDC) Europa aggiornata al 25 settembre). Il tasso di mortalità si
aggira attorno allo 0,9% (contro l'1,1% dell'influenza normale), la
remissione dei sintomi avviene in genere entro i 2-4 giorni
dall'inizio delle manifestazioni respiratorie. La malattia sembra
particolarmente
aggressiva
in
Messico,
paese
di
origine
dell'epidemia, dove muore circa il 2% dei pazienti.
La maggior parte dei casi ha colpito persone di età inferiore ai 25
anni, ma la maggioranza delle infezioni gravi e mortali ha
riguardato adulti di età compresa tra 30 e 50 anni. I casi gravi si
sono avuti per lo più in persone con condizioni patologiche
croniche, tra cui malattie respiratorie, patologie cardiovascolari,
diabete, malattie autoimmuni e obesità.
38
Figura 7. Diffusione della pandemia in Europa, aggiornato il
18/11/09
30%
3%
9%
38%
15%
5%
Africa (AFRO)
Americhe (AMRO)
Mediterraneo Orientale (EMRO)
Europa (EURO)
Asia Sud-Orientale (SEARO)
Pacifico Occidentale (WPRO)
Figura 8. Casi confermati di infezione da virus influenzale 2009
A/H1N1 pandemico nel mondo, aggiornato al 18/11/09
39
Ungheria
Svezia
Spagna
Slovacchia
Repubblica Ceca
Regno Unito
Portogallo
Polonia
Paesi Bassi
Norvegia
Malta
Lussemburgo
Lettonia
Italia
Islanda
Irlanda
Grecia
Germania
Francia
Finlandia
Bulgaria
Belgio
Austria
0
50
100
150
200
Morti
Figura 9. Vittime correlate ad infezione da virus influenzale 2009
A/ H1N1 pandemico in Europa, aggiornato alle ore 16.00 del
17/11/09
Questo grafico mostra la letalità del virus in alcuni paesi europei. Il
paese in cui il virus ha colpito di più è il Regno Unito, con 186
morti, che però rappresentano lo 0,6% dei 13770 casi registrati. La
situazione più critica si riscontra invece in Spagna con una letalità
del 2,34% (88 morti su 1538 casi).
40
Sorveglianza virologica
La
sorveglianza
virologica
dell’influenza
gioca
un
ruolo
fondamentale per la scelta dei ceppi da includere nella formulazione
vaccinale. Ai giorni nostri la rete di sorveglianza è notevolmente
estesa e comprende 4 centri internazionali di riferimento, 110 centri
nazionali e numerosi laboratori che attivamente collaborano in 83
paesi alla raccolta e all’isolamento dei virus influenzali e alla loro
caratterizzazione molecolare e antigenica. L’obiettivo della rete di
sorveglianza è quello di: i) monitorare i ceppi circolanti per stabilire
e
raccomandare due volte l’anno la composizione del vaccino
antinfluenzale per la stagione successiva ii) rilevare precocemente
l’emergenza di virus potenzialmente pandemici. Per questi motivi è
stato necessario nel corso degli anni implementare la rete di
sorveglianza virologica nell’uomo e integrarla con la sorveglianza
clinico epidemiologica basati sulla presenza di un insieme di segni e
sintomi, che costituiscono una sindrome. Questi sistemi hanno
quindi l'obiettivo di identificare precocemente potenziali minacce
per la salute pubblica, fondamentale per mettere in atto una risposta
rapida per ridurre morbilità e mortalità e possono utilmente
integrare le informazioni che derivano dai sistemi di sorveglianza
classica già in vigore.
41
La diffusione senza precedenti della infezione da virus A(H1N1)v,
favorita dai viaggi e scambi internazionali, che nell’arco di poco più
di sei settimane ha raggiunto le dimensioni che in precedenti
pandemie si erano avute nell’arco di 6 mesi, ha portato
all’attuazione di interventi diversificati di sorveglianza e approcci
differenziati
nelle
modalità
di
prevenzione
e
controllo
dell’influenza.
Considerato l’incremento dei casi di influenza A(H1N1)v e la
dichiarazione di fase pandemica 6, non si ritiene più indispensabile
la conferma virologica di tutti i casi sospetti, pur mantenendo alta la
vigilanza su quanto avviene nel territorio attraverso la segnalazione
dei casi sospetti ai servizi di prevenzione e una successiva notifica
dei casi che corrispondono ai criteri definiti.
Per rispondere all’incremento del numero dei casi osservato
nell’ultimo periodo, che impongono ai servizi sanitari un carico di
lavoro sempre maggiore, l’indagine epidemiologica per i casi ed i
loro contatti stretti dovrà essere completata, nei casi confermati dal
laboratorio, solo nell’evenienza di episodi di trasmissione locale
della malattia in assenza di viaggi all’estero nei 7 giorni precedenti
l’insorgenza della sintomatologia influenzale e per i casi
ospedalizzati. In linea con le indicazioni fornite dall’OMS, fin dalla
prima comparsa della nuova influenza da virus A(H1N1), i viaggi
42
internazionali
non
sono
soggetti
a
restrizione
(Circolare
Ministeriale del 27/7/2009).
Inoltre l’indagine virologica dovrà essere effettuata, sia nei casi che
presentano un quadro clinico impegnativo al punto tale da
richiedere il ricovero, sia in quelli autoctoni che non hanno storia di
viaggi o di contatti con casi confermati.
A parte quanto definito sopra, per tutte le altre situazioni e, quindi,
in presenza di quadro clinico influenzale modesto, e pur con
anamnesi positiva per permanenza in Paesi esteri o contatto di caso,
non verrà più effettuato tampone faringeo per la ricerca del virus.
Al fine di evitare la diffusione del virus, si raccomanda di dare la
massima importanza alle misure di isolamento domiciliare dei casi
sospetti e di evitare che questi vengano a contatto con persone
appartenenti alle categorie a rischio quali malati cronici,
immunodepressi, anziani fragili, etc.
Diagnosi
L’infezione da virus influenzale non può essere diagnosticata con
certezza sulla base dei soli sintomi clinici. Lo scenario clinico può
infatti essere difficile da distinguere dalle infezioni sostenute da
43
virus respiratorio sinciziale, virus parainfluenzali, adenovirus,
coronavirus e metapneumovirus.
La diagnosi laboratoristica di Influenza è importante per la
prevenzione
e
gestione
dell’infezione,
sia
nel
contesto
dell’epidemia stagionale che in quello pandemico. Una rapida e
precisa diagnosi di Influenza migliora la gestione clinica
consentendo in maniera tempestiva il ricorso alla terapia antivirale,
alla profilassi e alle strategie per il controllo dell’infezione.
La diagnosi laboratoristica può essere compiuta attraverso la ricerca
della presenza del virus (indagine diretta) o della risposta immune
del paziente contro il virus (indagine indiretta).
La diagnosi per influenza A/H1N1 prevede:
Isolamento virale. L’isolamento virale consente teoricamente di
propagare in coltura anche un singolo virione infettivo presente in
un campione e di espanderlo in una popolazione di oltre un
miliardo. Attuali protocolli per l’isolamento virale del virus
dell’influenza stagionale, che utilizzano cellule MDCK (linea
cellulare d’elezione per l’isolamento dei virus influenzali) e uova
gallate possono essere utilizzati per l’isolamento del virus
pandemico A/H1N1, anche se la loro sensibilità non è stata ancora
determinata.
44
Test di inibizione dell’emoagglutinazione (HI). Si basa
sulla capacità degli anticorpi diretti verso l’HA influenzale di
impedire l’agglutinazione degli eritrociti di particolari specie
animali (pollo, tacchino, cavia, cavallo o umane) da parte
dell’antigene HA del virus.
Risultati ottenuti utilizzando anticorpi monoclonali H1 nel kit WHO
non devono essere considerati come conclusivi ed ulteriori verifiche
sono raccomandate.
Microscopia ad immunofluorescenza. Il rilevamento del
virus influenzale mediante microscopia ad immunofluorescenza è
stato inizialmente sviluppato negli anni 60 e rimane un metodo
prezioso
Test antigenici rapidi (point-of-care o POC). I più comuni
test rapidi utilizzabili direttamente su campioni clinici si basano su
tecniche di immunofluorescenza e immunoenzimatiche con
anticorpi monoclonali tipo-specifici diretti contro gli antigeni
conservati del virus influenzale. Sono test altamente rapidi in
quanto i risultati sono disponibili entro un’ora. La sensibilità di tali
test varia in relazione al momento di raccolta del campione rispetto
all’esordio della malattia. Sensibilità ottimale è ottenuta quando i
campioni sono raccolti entro i primi giorni di malattia, poiché lo
45
shedding virale raggiunge il suo picco entro 48 ore dall’esordio dei
sintomi, mentre i bambini presentano un alto titolo virale per un
periodo di tempo più lungo. La sensibilità e la specificità dei test
antigenici rapidi progettati per il rilevamento diretto dei virus
dell’influenza A sono attualmente sconosciuti. Inoltre tali test non
permettono di differenziare l’influenza stagionale dal virus
pandemico A/H1N1.
Rilevamento dell’RNA virale.
L’RNA del virus influenzale
A/H1N1 può essere rilevato in campioni clinici (tamponi faringei)
attraverso analisi degli acidi nucleici basate sul principio della
Reverse-transcription Polymerase Chain Reaction (RT-PCR). E’ il
test più comune basato sul rilevamento degli acidi nucleici; è
considerato il test con maggiore sensibilità, specificità e versatilità
per la diagnosi di influenza e ha ormai sostituito l’isolamento virale.
Inoltre la qualità del campione, il tempo e le condizioni del
trasporto, possono essere meno critici per il rilevamento dell’RNA
virale rispetto alle colture cellulari o i test di rilevamento degli
antigeni, poiché non è necessario che le cellule infettate o i virus
disponibili siano preservati vitali.
L’RNA virale viene estratto dal campione e attraverso la metodica
di RT-PCR può essere utilizzato per confermare la presenza di virus
46
influenzale ma anche, grazie all’analisi di sequenza, per
determinarne il sottotipo e il ceppo virale.
Sono note diverse metodiche di laboratorio basate sul principio
della RT-PCR :
- RT-PCR multiplex
- Real-Time PCR
47
Reazione della Polimerasi a catena (PCR) :
principio del metodo
Ideata da Kary Mullis nel 1984, la, Polimerase Chain Reaction,
PCR cioè reazione a catena mediata dalla DNA polimerasi, è una
reazione che ha come risultato l’amplificazione selettiva di una
piccola sequenza genomica delimitata da due sequenze specifiche.
Come il processo di replicazione naturale, il processo PCR crea
copie multiple della sequenza scelta. Per permettere la replicazione
del DNA nel processo di amplificazione, è necessario preparare una
miscela di reazione contenente:
- DNA bersaglio.
- DNA polimerasi : enzima in grado di sintetizzare un
filamento di DNA utilizzando come stampo un altro
filamento
di
DNA
generando
quindi
un
filamento
complementare al primo; la DNA polimerasi sintetizza il
nuovo filamento aggiungendo deossiribonucleotidi (dNTP) in
direzione 5'- 3'.
- Primer : corti frammenti di DNA della lunghezza di circa 1820 basi con la funzione di delimitare la sequenza da
amplificare e fungere da innesco per la DNA polimerasi. I
due primer sono definiti forward e reverse, a seconda che
48
siano complementari al filamento 3'→5' o a quello inverso
5'→3'. Le sequenze dei primer devono essere scelte in modo
tale che l'ibridazione avvenga solo con le sequenze
d'interesse del DNA stampo, evitanto l'adesione a sequenze
simili, con la conseguente perdita di specificità.
- Tampone, desossinucleosidi trifosfati (ATP, GTP, CTP,
TTP) e MgCl2.
Un ciclo di PCR è composto dalle seguenti fasi :
1. fase di DENATURAZIONE : la soluzione contenente
DNA da replicare, desossiribonucleotidi trifosfati, ioni
magnesio, primer e TAQ polimerasi, viene portata ad
una temperatura di 94°C; a tale temperatura la doppia
elica del DNA viene completamente denaturata e i due
filamenti di cui essa è composta, si separano rendendo
disponibile lo stampo per la sintesi delle nuove catene
complementari.
2. fase di ANNEALING : processo mediante il quale si ha
l’appaiamento dei primer ai filamenti di DNA
denaturato. La temperatura di annealing o di
ibridizzazione è stabilita sulla base della sequenza
nucleotidica dei primer, in base alla loro lunghezza e al
loro contenuto in G e C. Generalmente, la temperatura
49
di ibridazione per primer costituiti da oligonucleotidi
di 20 basi e con contenuto di GC per il 50% è
compresa tra 55 e 65°C. L’ibridazione dei primer
avviene in modo altamente specifico in quanto i primer
si
legano
esattamente
alla
sequenza
a
loro
complementare presente sul filamento di DNA
bersaglio. Essi indicano il punto di inizio e di fine del
nuovo filamento di DNA che sarà sintetizzato nella
fase successiva.
3. fase di ALLUNGAMENTO (sintesi di nuovo DNA) : la
sintesi di nuovo DNA complementare, DNAc, consiste
nel copiare e quindi amplificare la sequenza di DNA di
partenza ad opera della DNA polimerasi che è in grado
di legare nuovi nucleotidi di seguito al primer,
lavorando sempre in direzione 5’-3’. Per questa
operazione
si
utilizza
una
DNA
polimerasi
termostabile ovvero la Taq polimerasi che è un enzima
estratto da un batterio termofilo; infatti è in grado di
rimanere attivo anche durante la fase di denaturazione
con temperatura elevata di circa 95°C. Il processo di
sintesi di DNA avviene a circa 72°C.
50
Queste
fasi
vengono
ripetute
30-40
volte
consentendo
un’amplificazione esponenziale del tratto di DNA compreso tra i
due primer. Tutto il processo di PCR ha luogo nel termociclatore,
uno strumento che controlla automaticamente ed alterna le
temperature, per periodi di tempo programmati e per il numero di
cicli di PCR adeguati.
Trascrizione inversa con PCR (RT-PCR) :
principio del metodo
La reazione a catena della polimerasi con trascrittasi inversa (RTPCR) è un metodo molto sensibile e specifico utilizzato per rilevare
trascritti di RNA. Non essendo l’RNA un substrato efficiente per la
Taq DNA polimeri, è necessario effettuare la trascrizione inversa
prima di iniziare l’amplificazione in PCR. La trascrizione inversa
genera una copia del filamento di RNA sotto forma di filamento di
DNA complementare (cDNA). Tale filamento sarà utilizzato come
substrato per l’amplificazione in PCR. Il metodo prevede l’utilizzo
di una trascrittasi inversa termoresistente (Taq polimerasi) che ha
notevolmente ottimizzato questa tecnica perché ha permesso di
evitare di aggiungere enzima ad ogni ciclo perciò è possibile
effettuare l’ intera operazione di amplificazione in maniera
51
automatica attraverso i termociclatori che cambiano temperatura ad
ogni fase. La Taq DNA polimerasi possiede l’importante
caratteristica di effettuare efficientemente sia la trascrizione inversa
dell’RNA
ad
alte
temperature
(originando
cDNA)
che
l’amplificazione del cDNA.
PCR MULTIPLEX: principio del metodo
La PCR multiplex è una variante della PCR e permette
l’amplificazione simultanea di varie sequenze bersaglio di DNA o
RNA in una sola reazione di PCR attraverso l’utilizzo di più coppie
di primer con differente specificità ovvero disegnati per identificare
diversi tipi di patogeni, ma capaci di legarsi al genoma target
utilizzando lo stesso range di temperature.
Tale test conferisce rapidità e precisione nel distinguere un ampio
spettro di agenti patogeni che causano malattie, permettendo così di
trattare i pazienti più velocemente e con il corretto trattamento
terapeutico.
52
Real-time PCR : principio del metodo
Real-Time
PCR
si
basa
sulla
lettura
continuativa della
fluorescenza che si sviluppa durante la reazione di amplificazione.
La fluorescenza è una caratteristica di alcuni cromofori di emettere
radiazioni luminose a lunghezza d’onda superiore rispetto alla luce
dalla quale vengono eccitati. La lunghezza d’onda di emissione è
specifica per
ogni tipo
di
fluoroforo; sfruttando
questa
caratteristica è possibile rilevare contemporaneamente il segnale
generato da due o più fluorofori diversi.
Nel test il segnale di fluorescenza deriva da sonde di ibridazione
sequenza-specifiche marcate ad entrambe le estremità, ossia
oligonucleotidi con sequenza complementare
ad una regione
interna dell’amplicone, che presentano un fluoroforo “reporter”
all’estremità 5’ (es. FAM o JOE) ed un “quencher” all’estremità
3’, cioè un cromoforo in grado di ridurre o addirittura estinguere la
fluorescenza emessa dal fluoroforo “reporter”.
Durante la fase di “annealing” della reazione di PCR, la sonda di
ibridazione si lega in modo specifico ad uno dei filamenti
dell’amplicone, senza emissione di alcun segnale di fluorescenza, a
causa della prossimità “reporter-quencher”. Successivamente ,
53
nella fase di estensione, l’enzima Taq Polimerasi, dotato anche di
attività esonucleasica 5’- 3’, rimuove la sonda mediante idrolisi.
Questo evento è associato ad un aumento del segnale di
fluorescenza , in quanto viene eliminato l’effetto di “quenching”
(offuscamento) che dipende dalla vicinanza “reporter-quencher”.
In base a questo meccanismo, è possibile monitorare in tempo
reale, mentre è ancora in fase di svolgimento, la reazione di
amplificazione, rilevando l’aumento dell’intensità di fluorescenza.
54
PARTE
SPERIMENTALE
55
TECNICHE DI RILEVAMENTO
DEL VIRUS PANDEMICO
A/H1N1 2009
Le procedure di rilevamento del virus pandemico A/H1N1 sono
state messe a punto al fine non solo di fornire una diagnosi clinica
rapida per l’accertamento diagnostico, ma anche di monitorare il
percorso del microrganismo all’interno della comunità, consentendo
di individuare i punti critici dell’attività di contenimento, le vie di
trasmissione e di migliorare i programmi di controllo.
La diagnosi d’infezione da A/H1N1 può essere eseguita su
campioni respiratori di diverso tipo quali:
•
tamponi oro- o nasofaringei (tamponi a secco o con terreno di
trasporto specifico per la conservazione del virus)
•
lavaggio bronco-alveolare
•
aspirato tracheale
•
espettorato
•
aspirato o lavaggio oro- o nasofaringeo
E’ preferibile effettuare la raccolta di campioni naso-faringei con
tamponi Virocult (Medical Wire & Equipment, Corsham, Wiltshire,
56
UK) oppure tamponi flocculati (Copan, Italia) perchè garantiscono
la conservazione del virus vivente a temperatura ambiente per 3
giorni e, per 5 giorni dal momento del prelievo se mantenuti alla
temperatura di 4°C.
La raccolta del materiale biologico in pazienti con sospetta
infezione da virus A/H1N1 deve avvenire adottando le precauzioni
standard ed i dispositivi di protezione individuale (DPI) previsti per
la protezione delle mucose e delle vie respiratorie da agenti infettivi
trasmessi airborne o mediante droplet (ad esempio: maschera
FFP3, guanti, camice monouso,...), come indicato nelle linee guida
del WHO recepite ed elencate nel piano sanitario nazionale di
prevenzione dell’infezione da H1N1 pandemico
La procedura per il rilevamento del virus A/H1N1 consiste di
diverse tappe, di seguito elencate.
Preparazione del campione.
I campioni biologici che pervengono in laboratorio vengono sospesi
in 2ml di terreno di coltura EMEM ( 500ml; BiowhittakerTM cat.
BE12-125F) e suddivisi in due aliquote : una, sottoposta
all’estrazione dell’RNA per la ricerca del genoma virale mediante
tecnica
di
amplificazione
genica
(PCR)
ed
eventuale
sottotipizzazione, e l’altra conservata a temperatura di -80°C per
57
eventuali ulteriori indagini come ad esempio coltura su substrati
cellulari ai fini dell’isolamento in caso di positività ai test
molecolari.
Estrazione del genoma virale (RNA)
L’estrazione degli acidi nucleici è il primo passo per le applicazioni
di biologia molecolare. Esistono diversi metodi di estrazione e la
scelta si effettua in base al tipo di : acido nucleico (ssDNA, dsDNA,
RNA totale, mRNA, etc.), campione (tessuti animali o vegetali,
eucarioti, procarioti, virus), materiale di partenza (organo intero,
tessuto, coltura cellulare, sangue, etc.), risultato desiderato
(quantità, purezza, tempo richiesto), applicazione prevista postestrazione (PCR, cloning, marcatura, restrizione enzimatica,
southern blotting, RT-PCR, sintesi di cDNA, etc.).
Per questo studio, l’estrazione dell’RNA dai campioni clinici,
avviene utilizzando il kit di commercio “QIAamp Viral RNA Mini
Kit” (QIAGEN, Germany).
Il kit si basa su una tecnologia ben consolidata che sfrutta la
selettiva proprietà legante delle membrane di silice, da cui gli
estratti si ottengono mediante eluizione con acqua o tampone in un
volume variabile tra i 20 e i 150 µl. La procedura è adatta per
l’estrazione da campioni clinici (fluidi extracorporei) e/o di
58
laboratorio quali: urine, plasma, siero, liquor o surnatante di coltura
cellulare. I campioni possono essere freschi o congelati, purchè essi
non siano stati congelati e scongelati più di una volta poiché
congelamenti e scongelamenti ripetuti deteriorano la qualità degli
acidi nucleici a discapito della resa finale e della sensibilità dei test.
La procedura permette una sicura manipolazione dei campioni
potenzialmente infetti e permette di evitare carry-over, ottenendo
acido nucleico puro in meno di 1 ora. Il kit può essere utilizzato sia
per l’isolamento di RNA che di DNA.
La procedura di estrazione comprende 4 steps: lisi del campione,
adsorbimento alla membrana di silice, rimozione di contaminanti
residui, eluizione dell’RNA (Fig.7).
1. Lisi del campione. Il campione viene lisato mescolando in
una provetta eppendorf 140µl di campione e 560µl di buffer
AVL, contenente agenti caotropici e RNA-carrier. L’RNA
carrier migliora il legame dell’RNA virale con la membrana
di silice, e quindi la resa dell’estrazione, nel caso in cui le
molecole target sono presenti
in quantità minime nel
campione; inoltre, il carrier riduce la possibilità di
degradazione dell'RNA virale nel caso raro che molecole di
RNase sfuggano alla denaturazione del tampone AVL. La
59
miscela viene incubata a temperatura ambiente per 10 minuti.
Ad essa vengono aggiunti successivamente 560 µl di etanolo
al 70%, necessari per assicurare appropriate condizioni di
legame tra l’RNA e la membrana di gel di silice presente in
colonnine nelle quali la miscela viene trasferita.
2. Adsorbimento alla membrana di silice. 630 µl della
miscela vengono depositati, con attenzione, nella colonnina
contenente il gel di silice (“QIAamp mini spin column”). La
colonnina è inserita in un “collection tube” da 2 ml dove
viene raccolto l’eluato da scartare, dopo centrifugazione di
1’ a 8000 rpm.
3. Rimozione di contaminanti residui.
Avviene per mezzo
di lavaggi, con tamponi forniti nel kit, e sono eseguiti come
segue : centrifugazione a 8000 rpm per 1’, seguita da una
doppia centrifugazione ad alta velocità (14000 rpm per 3’,
poi 14000 rpm per 1’) per eliminare completamente
l’etanolo utilizzato. L’RNA rimane adeso alla membrana.
4. Eluizione dell’RNA.
La colonnina viene posizionata in
una provetta di raccolta (RNase-DNase free) e viene
centrifugata per 1’ a 8000 rpm dopo l’aggiunta di 60 µl di
Buffer AVE (RNase - DNase free) fornito dal kit, ottenendo
così RNA puro diluito.
60
Figura 10. Rappresentazione schematica della procedura di
estrazione.
61
Gli acidi nucleici, ottenuti con le procedure di estrazione vengono
sottoposti a retrotrascrizione e quindi ad amplificazione mediante
tecniche molecolari basati sulla PCR, ritenuta la tecnica più
sensibile e specifica per la diagnosi dell’influenza.
L’obiettivo di questo studio è la valutazione delle performance di
due saggi molecolari disegnati per rilevare e tipizzare i virus
influenzali di tipo A/H1N1v, messi a confronto con il protocollo
internazionale di riferimento del WHO descritto successivamente.
Le performance dei test sono state valutate in termini di specificità,
sensibilità analitica e sensibilità clinica.
62
Protocollo CDC per Real-Time PCR per il
rilevamento di influenza suina :
L’Organizzazione
Mondiale
della
Sanità
(World
Health
Organization WHO) e il Centro per la Prevenzione e Controllo delle
malattie (CDC), hanno messo a disposizione un protocollo di RealTime PCR per il rilevamento di influenza suina.
La miscela di retrotrascrizione - amplificazione (RT-PCR mix)
viene preparata seguendo le indicazioni del protocollo in ambiente
separato da quello in cui si effettuatano l’estrazione degli acidi
nucleici e l’amplificazione dell’estratto, in modo da evitare la
contaminazione dei reagenti. I reagenti utilizzati per la metodica
sono conservati a bassa temperatura (– 20°C) e durante la
preparazione della miscela di reazione vengono mantenuti in
blocchetti refrigerati.
Ogni campione viene testato con 4 differenti coppie di primer/sonda
specifici rispettivamente per: il gene matrix comune a tutti i virus
influenzali di tipo A, il gene che codifica per la nucleoproteina
comune a tutti i virus influenzali suini di tipo A (swFluA), il gene
che codifica per l’emagglutinina dei virus influenzali suini H1
(swH1), e il gene umano che codifica per l’RnaseP, utilizzato come
63
controllo interno di estrazione e amplificazione. In ogni seduta di
analisi vengono inseriti un controllo negativo (NTC) e un controllo
positivo (PTC).
Le sequenze specifiche di primers/sonde utilizzate e le rispettive
concentrazioni finali nella miscela di reazione sono riportate nella
seguente tabella:
64
PRIMER E SONDE
InfA Forward
SEQUENZE (5’→ 3’)
CAG CRA TCC TGT CAC CTC TGA
CONCENTRAZIONE
40Μm
C
InfA Reverse
AGG GCA TTY TGG ACA AAK
40 µM
CGT CTA
InfA Probe
TGC AGT CCT CGC TCA CTG GGC
10 µM
ACG
SW InfA Forward
GCA CGG TCA GCA CTT ATY CTR
40 µM
AG
SW InfA Reverse
GTG RGC TGG GTT TTC ATT TGG
40 µM
TC
SW InfA Probe
CYA CTG CAA GCC CA’’T’ ACA
10 µM
CAC AAG CAG GCA
SW H1 Forward
GTG CTA TAA ACA CCA GCC TYC
40 µM
CA
SW H1Reverse
CGG GAT ATT CCT TAA TCC TGT
40 Μm
RGC
SW H1 Probe
CA GAA TAT ACA ‘’T’’CC RGT
10 µM
CAC AAT TGG ARA A
RNaseP Forward
AGA TTT GGA CCT GCG AGC G
40 µM
RNaseP Reverse
GAG CGG CTG TCT CCA CAA GT
40 µM
RNaseP Probe
TTC TGA CCT GAA GGC TCT GCG
10 µM
CG
Quindi la miscela di retrotrascrizione - amplificazione è composta
da :
• Nucleasi – free Water
65
• 2X PCR Master Mix
• Forward Primer e Reverse Primer
• sonda specifica
• Superscript III RT/Platinum TaqMix.
I volumi dei reagenti da utilizzare sono riportati nella tabella
seguente:
RT-PCR Mix
H2O sterile
Volume per
1 reazione
5,5 µl
2X PCR Master Mix
12,5 µl
Forward Primer
0,5 µl
Reverse Primer
0,5 µl
Sonda specifica
0,5 µl
SuperScript III RT/Platinum
0,5 µl
Taq Mix
TOTALE
20 µl
La quantità di miscela in preparazione viene adeguata al numero di
campioni da testare. I reagenti vengono mescolati accuratamente
vortexando velocemente e centrifugando brevemente. Al termine di
questa operazione 20µl di RT-PCR Mix vengono dispensati nelle
provette di ciascun campione opportunamente identificate, nelle
66
quali vengono aggiunti 5µl di estratto. Il materiale in esame viene
quindi trasferito nello strumento per le fasi successive di :
Retrotrascrizione-amplificazione e rilevamento in tempo reale
Sullo strumento Rotor-Gene 3000, in uso presso il nostro
laboratorio, viene impostato il canale di acquisizione del segnale
“FAM” (lunghezza d’onda d’eccitazione 470nm - lunghezza d’onda
d’emissione 510nm per virus di tipo A) e il profilo termico secondo
lo schema riportato in tabella:
Reverse Transcription
50 °C per 30 minuti
Taq inhibitor activation
95 °C per 2 minuti
PCR Amplification
95 °C per 15 secondi
(45 cicli)
55 °C per 30 secondi
Prima del test vero e proprio, viene eseguita la calibrazione del
canale di acquisizione FAM a 55°C, compresa tra il 5 e il 10% del
range di lettura; la calibrazione serve ad ottimizzare l’acquisizione
dei segnali emessi dalle sonde fluorescenti eliminando, quanto più
67
possibile, quelli emessi in modo a-specifico dai fluorofori (ad
esempio per degradazione delle sonde).
Analisi dei risultati : Per verificare se nei campioni è presente
l’RNA virale, devono essere analizzati i dati di fluorescenza
acquisiti sul canale “FAM”. Il “Threshold” o cut-off viene
posizionato a 0,01 e vengono considerati positivi tutti i campioni
che superano la linea del threshold prima del ciclo 40 e che pertanto
sono caratterizzati da un particolare Ct superiore al valore di soglia
critico. Il Ct è definito come “il numero frazionario del ciclo in cui
la fluorescenza del campione supera la soglia stabilita”.
L’interpretazione dei risultati avviene sulla base delle seguenti
considerazioni:
Le reazioni NTC per le coppie di sonde/primer non dovrebbero
mostrare curve crescenti di fluorescenza che incrociano la linea di
soglia. Se viene riscontrato un falso positivo con uno o più primer e
sonde nei tubi NTC, potrebbe essersi verificata una contaminazione
con campioni positivi. In questo caso si deve invalidare la seduta e
ripetere l’esame con maggiore aderenza alle procedure indicate
nelle linee guida.
Tutti i campioni clinici dovrebbero mostrare la curva di reazione RP
che oltrepassa la linea di sogliaentro il 37° ciclo, indicando così la
68
presenza di sufficiente RNA dal gene umano RNase P. In questo
caso il campione è di qualità accettabile. Comunque, è possibile che
qualche campione possa fallire e non dare reazioni positive a causa
di un basso numero di cellule presenti nel campione clinico
originale. Spesso, campioni presi da specie animali/uccelli o culture
di cellule mostrano una debole o talvolta assente reazione RP.
Fallimenti nel rilevare RNaseP in alcuni dei campioni clinici
possono indicare:
- estrazione impropria dell’acido nucleico dai materiali clinici
con conseguente perdita di RNA o presenza di inibitori RTPCR, dovuta a lavaggi non sufficienti o non accurati;
- assenza di sufficiente materiale cellulare umano nel
campione, tale da rendere impossibile il suo rilevamento
- impropria
predisposizione
ed
esecuzione
dell’esame
(esempio : errato range di lettura, o errata temperatura di
calibrazione)
- malfunzionamento di reagenti o strumenti
L’HSC non dovrebbe mostrare curve crescenti di fluorescenza per
coppie di sonde/primer InfA, swFluA, o swH1 che oltrepassano la
linea di soglia entro i 40 cicli. Se alcune specifiche sonde/primer
dell’influenza mostrano una curva crescente che incrocia la linea di
soglia, bisogna interpretare come segue:
69
- Potrebbe essersi verificata una contaminazione dei reagenti
usati per l’estrazione dell’RNA. Invalidare la procedura e
verificare l’integrità dei reagenti per l’estrazione dell’RNA
prima di ulteriori verifiche.
- Potrebbe essersi verificata una contaminazione incrociata di
campioni durante le procedure di preparazione dell’esame.
Invalidare la procedura e ripetere l’esame con maggiore
aderenza alle procedure delle linee guida.
Le reazioni PTC dovrebbero produrre un risultato positivo con le
coppie di primer per InfA, swInfA, swH1 e le reazioni RP prima dei
40 cicli. Se non si visualizzano curve di positività è necessario
invalidare la procedura e ripetere l’esame, indagando la causa del
fallimento della reazione PTC, implementando azioni correttive, e
documentando i risultati delle analisi e le azioni correttive. Non
usare reagenti PTC che possano non generare risultati attesi.
Quando tutti i controlli rispettano le richieste stabilite, un campione
è considerato positivo per il virus dell’influenza A se le curve
crescenti della reazione InfA incrociano la linea di soglia entro i 40
cicli. Se la reazione per l’influenza A è positiva, può anche essere
positivo per Univ SW e/o SW H1. Un campione è considerato
positivo per l’influenza suina A/H1 se entrambe le curve crescenti
70
di reazione dell’InfA e il rispettivo sottotipo (swInfA o swH1)
incrociano la linea di soglia entro i 40 cicli.
Quando tutti i controlli rispettano i risultati attesi, un campione è
considerato negativo per il virus dell’influenza se le curve crescenti
non superano il cut-off per alcuna delle specifiche mix InfA entro i
40 cicli.
LIMITAZIONI:
- E’ importante che gli analisti conoscano accuratamente le
procedure dei test e l’interpretazione dei risultati prima di
sviluppare e mettere in pratica un esame.
- Un falso risultato negativo può verificarsi se un numero non
adeguato di particelle virali sono presenti, evento che può
verificarsi per impropria raccolta, trasporto, manipolazione
dei campioni.
- Un falso risultato negativo può verificarsi se un eccesso di
RNA è presente nella reazione. Se si nota una inibizione della
reazione di controllo di RP per un particolare campione,
l’RNA estratto può essere ritestato con due o più diluizioni
(es. 1:10 e 1:100) per confermare il risultato.
71
No. Colour Name
Type
Ct
1
09B422A
Unknown
2
09B424A
Unknown 20,93
3
09B426A
Unknown
4
09B422SW
Unknown
5
09B424SW
Unknown 22,93
6
09B426SW
Unknown
7
09B422H1
Unknown
8
09B424H1
Unknown 33,05
9
09B426H1
Unknown
10
09B422CTRL Unknown 24,64
11
09B424CTRL Unknown 21,00
12
09B426CTRL Unknown 24,44
Given Conc (Copies) Calc Conc (Copies) % Var
Figura 11. Esempio di grafico della curva di amplificazione che
appare sullo strumento (Rotor-Gene 3000); il
campione 09B424 risulta essere positivo per
l’influenza A/H1N1, mentre i campioni 09B422 e
09B426 risultano essere negativi
72
FAST SET H1N1v (Arrow Diagnostics)
Il kit “Fast set H1N1v” consente di rilevare l’RNA del virus
dell’influenza di tipo A/H1N1v mediante tecnica Real-Time PCR,
ma si diversifica dalla precedente per il tipo di bersaglio che viene
amplificato. Infatti sonda e primer sono specifici per il gene
matrix.
L’oligo-mix fornita nel kit consente di verificare la presenza del
virus dell’influenza del tipo A/H1N1v mediante acquisizione nel
canale “FAM”. Consente inoltre di verificare l’avvenuta estrazione
degli acidi nucleici dei campioni in esame mediante acquisizione
nel canale “JOE”. La FLUH1N1 Mix contiene una sonda specifica
per il virus di tipo A/H1N1v marcata con “FAM” e una sonda
specifica per la β-globina umana marcata con “JOE”.
Il kit permette di eseguire 100 reazione e contiene:
• FLUH1N1 Mix : soluzione di oligonucleotidi e sonde per
il rilevamento del virus dell’influenza di tipo A/H1N1v e del
gene umano β-globina.
73
• FLUH1N1 pos ctrl : controllo positivo di amplificazione
contenente DNA sintetico del virus dell’influenza di tipo
A/H1N1v e del gene umano β-globina.
• Water : acqua DNasi- e RNasi-free utilizzata anche come
controllo negativo
Per
la preparazione
della
miscela di retrotrascrizione e
amplificazione sono inoltre necessari ulteriori reagenti non inclusi
nel kit : “SuperScript III RT/Platinum Taq Mix” (Invitrogen) e
“RNaseOUT Recombinant Ribonuclease Inhibitor” (Invitrogen).
I canali usati per l’acquisizione della fluorescenza sono :
a) CANALE “FAM” : lunghezza d’onda d’eccitazione 470 nm –
lunghezza d’onda emissione 510 nm
b) CANALE “JOE” : lunghezza d’onda d’eccitazione 530 nm –
lunghezza d’onda emissione 555 nm.
Analogamente alle procedure adottate per l’esecuzione della RealTime CDC, si raccomanda di preparare la mix di retrotrascrizioneamplificazione in ambiente dedicato, separato dalle stanze in cui
avviene l’estrazione degli acidi nucleici e l’amplificazione
dell’estratto.
I
opportunamente
reagenti,
prima
dell’uso,
vortexati,centrifugati e
mantenuti
temperatura lavorando su blocchetti refrigerati.
74
devono
a
essere
bassa
Il volume dei reagenti da utilizzare per preparare la miscela di
retrotrascrizione-amplificazione (FLUH1N1 RT-PCR Mix) sono
riportati nella seguente tabella:
RT-PCR Mix
Volume per 1 reazione
Water
5,0 µl
2X Reaction Mix (Invitrogen)
12,5 µl
FLUH1N1 Mix
1,0 µl
SuperScript III RT/Platinum Taq
1,0 µl
Mix (Invitrogen)
RNase OUT (Invitrogen)
0,5 µl
20,0 µl
Volume totale
La quantità di miscela viene preparata in considerazione del numero
di campioni da testare e dei controlli negativo e positivo di
influenza A/H1N1v, da aggiungere ad ogni seduta analitica.
La FLUH1N1 RT-PCR Mix deve essere mescolata accuratamente,
vortexando velocemente e centrifugando brevemente, prima di
essere dispensata nelle provette di reazione; a questo punto vengono
dispensati 20 µl di FLUH1N1 RT-PCR Mix in ogni provetta alle
75
quali vengono aggiunti 5 µl di estratto o di controllo (negativo o
positivo). Il volume finale di reazione sarà perciò 25 µl.
Il materiale in esame può ora essere retrotrascritto e ampificato.
Retrotrascrizione – amplificazione e rilevamento in tempo reale
: le provette vengono trasferite sullo strumento per Real-Time PCR
Rotor-Gene 3000 nel quale vengono impostati i seguenti canali di
aqcuisizione del segnale:
• canale “FAM”: per FLUH1N1 Mix – target virale;
• canale “JOE”: per FLUH1N1 Mix – controllo interno.
Viene poi impostato il profilo termico seguendo lo schema riportato
nella tabella seguente:
Numero di cicli
Temperatura
Tempo
1 ciclo
50°C
15 minuti
1 ciclo
95°C
2 minuti
95°C
15 secondi
58°C
30
40 cicli
secondi
(acquisizione
segnale
nei
del
canali
“FAM” e “JOE”)
A questo punto viene eseguita la calibrazione dei canali di
acquisizione a 58°C, in modo tale che la fluorescenza di partenza
76
sia compresa tra il 15 e il 20% del range di lettura sia per il canale
“FAM” sia per il canale “JOE”.
Dopo aver identificato i campioni sullo strumento, viene fatto
eseguire il profilo termico.
Analisi dei risultati : per verificare se nei campioni è presente
l’RNA del virus dell’influenza di tipo A/H1N1V, devono essere
analizzati i dati di fluorescenza acquisiti rispettivamente sul canale
“FAM” e sul canale “JOE”, dopo aver posizionato il “Threshold” a
0,01.
- Analisi dei dati sul canale “JOE” :
1. nei campioni in esame il segnale deve sempre superare la
soglia critica, rappresentando la β-globina un controllo
interno di estrazione; il Ct deve rientrare nei range definiti
sulla base della consistenza del pellet cellulare trattato per
l’estrazione dell’RNA, come indicato nella seguente tabella:
Consistenza del pellet Ct atteso
cellulare trattato per (canale JOE)
l’estrazione dell’RNA
Buona
< 28
Scarsa
28 - 32
Invisibile
> 32 o negativo
77
2. il controllo negativo di amplificazione (Water) sia negativo
per il target β-globina.
3. nel controllo positivo di amplificazione (FLUH1N1 pos
ctrl) deve essere sempre presente una curva sopra il cut-off
che dovrebbe avere un Ct compreso tra circa 23 e 28
4. l’assenza di una curva di fluorescenza accettabile sul canale
“JOE” indica che il campione non può essere correttamente
valutato per problemi inerenti l’estrazione o la presenza di
inibitori oppure per carica virale elevata tale da consumare
completamente i reagenti di amplificazione.
- Analisi dei dati sul canale “FAM” : dopo posizionamento della
soglia di threshold (cut-off) a 0,01:
1. il controllo negativo di amplificazione (Water) deve essere
negativo per il target A/H1N1v.
2. l’amplificazione del controllo positivo FLUH1N1 pos ctrl
deve essere rappresentata da una curva che abbia un Ct
compreso tra circa 23 e 28.
3. si devono considerare positivi per il virus dell’influenza di
tipo A/H1N1v tutti i campioni che superano la linea di
threshold con un Ct compreso tra 10 e 35.
La mancata positività sul canale “FAM” si osserva in caso di
campione biologico negativo per A/H1N1v oppure in caso di
78
campione debolmente positivo, per cui la quantità di virus presente
risulta inferiore rispetto al limite di sensibilità della metodica
ANALISI DEI RISULTATI
Analisi canale
“JOE”
(amplificazione
controllo interno
globina)
SI
Analisi canale
“FAM”
(amplificazione
target virale)
FLUH1N1
(Ct compreso tra 24-28)
pos ctrl
SI
(Ct compreso tra 2327)
O.K
NO
O.K
NO
Water
COMBINAZIONI
Risultato
RISULTATI
POSSIBILI
PER
I
CAMPIONI BIOLOGICI
Campioni
biologici
SI
SI
SI
NO
SI
(Ct ritardati
rispetto ai limiti
descritti sopra)
NO
NO
SI
NO
NO
NO
NO
Campione positivo per il
virus dell’influenza di tipo
A/H1N1v
Campione negativo per il
virus dell’influenza oppure
con titolo virale inferiore al
limite di sensibilità del
metodo
Campione non detrminabile
79
Campione positivo per il
virus dell’influenza di tipo
A/H1N1v
Campione negativo per il
virus dell’influenza oppure
con titolo virale inferiore al
limite di sensibilità del
metodo
Campione non detrminabile
Tabella 2. Rappresentazione schematica dell’interpretazioni dei
risultati
Il kit Fast set H1N1v può essere utilizzato in concomitanza con il
kit Fast set InfA/InfB (Arrow Diagnostics) che, basandosi sullo
stesso meccanismo di rilevamento e caratterizzati dal medesimo
profilo termico, consentono di rilevare l’RNA dei virus
dell’influenza di tipo A e di tipo B mediante trascrizione inversa e
amplificazione in vitro, in tempo reale, in tubi di reazioni separati.
La FLUAV Mix contiene infatti una sonda specifica per il virus di
tipo A marcata con “FAM” e una sonda specifica per la β-globina
umana marcata con “JOE” mentre la FLUBV Mix contiene una
sonda specifica per il virus di tipo B marcata con “FAM” e una
sonda specifica per la β-globina umana marcata con “JOE”.
80
®
SEEPLEX FluA ACE Subtyping
(Seegene’s Product)
Seegene è una società scientifica specializzata nella diagnostica
molecolare. Il kit commerciale di cui si avvale il nostro laboratorio,
permette il rilevamento di diversi agenti patogeni in una singola
reazione di PCR (PCR multiplex) utilizzando una nuova tecnologia,
“Dual Priming Oligonucleotide” (DPO), ovvero primer in grado di
rilevare contemporaneamente un ampio spettro di agenti patogeni in
una singola reazione. Questo saggio molecolare è conforme alle
linee guida dell’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS), e
consente
il
rilevamento,
differenziazione
e
amplificazione
simultanea di quattro principali sottotipi di influenza A in una
singola reazione : la nuova influenza pandemica A/H1N1,
l’influenza umana stagionale A/H1, l’influenza umana stagionale
A/H3 e l’influenza aviaria A/H5, da tamponi nasofarinegei o
lavaggi broncoalveolari.
Seeplex® FluA ACE Subtyping prevede 4 steps : l’isolamento degli
acidi nucleici, la trascrizione inversa, la PCR di DNAc bersaglio
81
utilizzando
primer
DPO
e
rilevazione
attraverso
sistema
ScreenTape (lettura strumentale schematizzata) o attraverso
elettroforesi su gel.
Reagenti :
Il kit permette di eseguire 50 reazioni e contiene :
• 5X FluA ACE PM :
miscela di coppie di primer per
influenza umana di tipo A, influenza umana di tipo A
sottotipo H3N2, influenza umana stagionale di tipo A
sottotipo H1N1, influenza aviaria H5N1, nuova influenza
suina A/H1N1v e per controllo interno.
• 2X Multiplex Master Mix :
miscela contenente dNTPs
(dATP, dCTP, dGTP, dTTP), l’enzima DNA polimerasi per
l’amplificazione specifica del genoma dei virus da ricercare,
MgCl2 e altri stabilizzatori.
• 8 – MOP solution :
sistema che permette di evitare
possibili contaminazioni o carry-over.
• FluA ACE Marker :
marcatore di peso molecolare
utilizzato per identificare approssimativamente il prodotto di
PCR su gel di agarosio per elettroforesi.
• FluA ACE PC : controllo positivo costituito da una miscela
di 5 agenti patogeni più cloni di controllo interno.
82
• FluA ACE NC : controllo negativo costituito semplicemente
da acqua sterile.
Procedura :
Campioni
es. tamponi nasofaringei
Estrazione / isolamento
acidi nucleici
(QIAamp Viral RNA Mini Kit)
RNA virale
Retrotrascrizione
(RT-PCR)
First-strand cDNA
Multiplex PCR
utilizzando
Seeplex® system
Prodotto di PCR
83
Rilevamento attraverso
ScreenTape System
o elettroforesi su gel
Retrotrascrizione (RT-PCR):
Esistono numerosi kit che offrono di sintetizzare una molecola di
DNA a partire da RNA, i kit raccomandati e ottimizzati al
protocollo Seegene sono:
Reverse Transcription Kit
Fermentas
RevertAid TM First Strand cDNA Synthesis kits
Invitrogen
SuperScript TM III First-Strand Synthesis System for
RT-PCR
Il primo passaggio prevede l’utilizzo di esameri a sequenza casuale
(Random hexamer) che funzionano come inneschi per la polimerasi
e quindi l’aggiunta di :
8 µl
RNA estratto
1 µl
Random hexamer (0,2 µg/µl)
3 µl
DEPC-treated water
12 µl
Volume totale
84
Dopo aver preparato la prima miscela per RT-PCR viene impostato,
sul termociclatore, il profilo termico come indicato nel manuale del
kit :
• 80°C per 3 minuti (fase di denaturazione)
Viene avviata l’incubazione e, una volta terminata, vengono
trasferite le provette in ghiaccio per circa 2 minuti.
Il passaggio successivo prevede la vera e propria fase di trascrizione
inversa in cui, dall’RNA estratto precedentemente, si ottiene la
sintesi di cDNA. Per questa fase vengono aggiunti, alle provette di
reazione contenenti RNA denaturato (privo di strutture secondarie),
i seguenti reagenti :
4 µl
5X RT buffer
2 µl
10mM dNTP
1 µl
RNase inhibitor
1 µl
Reverse Transcriptase
20 µl
Volume totale
Dopo la preparazione di questa seconda miscela viene impostato,
sul termociclatore, il seguente profilo termico :
• 37°C per 90 minuti (fase di incubazione)
• 94°C per 2minuti (fase di retrotrascrizione)
• 4°C per 2 minuti in modo da raffreddare la provetta di
reazione
85
Nel caso in cui il nuovo filamento di cDNA non venisse processato
subito, è possibile conservare il prodotto di reazione per un mese a
–20°C.
Amplificazione (PCR-STEP)
Dopo la retrotrascrizione si procede alla preparazione della miscela
per l’amplificazione dei target di interesse attraverso l’aggiunta, alle
provette di reazione contente i filamenti di cDNA, dei seguenti
reagenti :
4 µl
5X FluA ACE PM
3 µl
8-Mop Solution
10 µl
2X Multiplex Master Mix
17 µl
Volume totale di PCR Master Mix
Dopo aver vortexato e centrifugato brevemente la miscela di
amplificazione, si dispensano 17 µl di PCR Master Mix in nuove
provette di reazione e si aggiungono 3 µl di acido nucleico (cDNA)
di ogni campione in esame :
86
17 µl
PCR Master Mix
3 µl
acido nucleico del campione (cDNA)
20 µl
Volume totale di reazione
Per innescare la reazione di PCR, si imposta, sul termociclatore, il
seguente profilo termico:
Segmento Numero di Temperatura Tempo
FASI
cicli
1
1 ciclo
94°C
15
Denaturazione
minuti
2
40 cicli
94°C
0,5
Annealing
60°C
minuti
Allungamento
72°C
1,5
Allungamento
minuti
1,5
minuti
3
1 ciclo
72°C
10
Allungamento
minuti
Queste
fasi
vengono
ripetute
30-40
volte
consentendo
un’amplificazione esponenziale del tratto di DNA compreso tra i
due primer (Forward e Reverse).
87
Rilevamento e analisi dei risultati :
Il rilevamento e l’analisi dei risultati ottenuti attraverso Seegene
può essere effettuato in maniera automatica o attraverso
elettroforesi su gel di agarosio.
a) ScreenTape System : è un sistema che offre un rapido e
completamenteautomatizzato trasferimento dei prodotti della PCRmultiplex sul gel per elettroforesi; semplifica l’analisi poichè la
completa automazione permette di ridurre drasticamente il tempo
necessario ad ottenere il risultato. Inoltre, la lettura delle bande si
avvale di un software che permette una risoluzione più accurata,
non è soggetta a interpretazioni personali dei singoli operatori ed
evita l’esposizione degli stessi ai raggi UV. Il sistema brevettato
ScreenTape Technology è un sistema versatile in grado di separare
miscele complesse di DNA, RNA e proteine, ed è costituito da :
1. TapeStation : strumento che effettua la gestione dei
liquidi, l’elettroforesi e l’imaging.
88
2. ScreenTape : nastro di consumo che contiene tutti i
reagenti necessari per l’elettroforesi del DNA (marker di
peso molecolare e soluzione di caricamento).
3. Lab901 GeneTools : software per l’elaborazione dei
risultati.
ScreenTape®D800 può separare con precisione frammenti di DNA
formato da 25-800 coppie di basi. Una volta miscelato il tampone di
caricamento Lab901 D800, i campioni vengono analizzati in circa
89
15 minuti. E’ una metodica semplice perciò anche operatori non
addestrati
possono
rapidamente
generare
dati
accurati
e
riproducibili. Una volta che l'immagine è completa, il software di
analisi verrà automaticamente avviato. Ogni risultato del campione
e l'ID del campione verrà visualizzato in una scheda separata.
Figura 12. Elettroforesi attraverso sistema ScreenTape
90
Figura 13. Quantificazione delle bande attraverso sistema
ScreenTape
b) Elettroforesi su gel di agarosio :
i prodotti di PCR vengono
sottoposti ad elettroforesi su gel di agarosio (addizionato con etidio
bromuro) e visualizzati ai raggi UV. Oltre agli amplificati si
aggiunge, alla corsa elettroforetica, 5 µl di FluA ACE Marker
(marcatore di peso molecolare).
91
VALUTAZIONE DELLE
PERFORMANCE
La sensibilità di un metodo esprime la quantità minima di sostanza
che il metodo riesce a dosare, esprime perciò la capacità di un test
di “catturare” tutti i veri positivi con il numero minore possibile di
falsi negativi. Ipotizzando una sensibilità del 100% si escludono
perciò risultati falsi negativi. La sensibilità però non dà alcuna
informazione su risultati falsi positivi. Nei nostri test la sensibilità è
stata valutata in termini :
- Sensibilità analitica : limite massimo di rilevamento del test
ottenuto saggiando diluizioni scalari di campione positivo,
oltre il quale si ottengono risultati negativi.
- Sensibilità clinica : percentuale di sovrapponibilità dei
risultati ottenuti saggiando campioni positivi a risultato noto
e confrontati con quelli ottenuti mediante una metodica di
riferimento.
Sensibilità analitica : La sensibilità analitica del kit “Fast Set
H1N1v” è stata valutata saggiando diluizioni scalari di RNA (a
concentrazione nota) di Influenza Virus A/H1N1v.
92
Num. Campioni
Diluizione
Ct
Media
CT
23,59
1
09A981
1:10
23,55
2
09A981
1:10
23,63
3
09A981
1:100
26,45
4
09A981
1:100
27,12
5
09A981
1:1000
29,82
6
09A981
1:1000
29,52
7
09A981
1:10000
33,58
8
09A981
1:10000
33,56
9
09A981
1:100000
-
10
09A981
1:100000
-
11
09A981
1:1000000
-
12
09A981
1:1000000
-
13
09R257
1:10
22.99
14
09R257
1:10
22.69
15
09R257
1:100
26,32
16
09R257
1:100
26,37
17
09R257
1:1000
29,39
18
09R257
1:1000
29,10
19
09R257
1:10000
33,71
20
09R257
1:10000
33,71
21
09R257
1:100000
-
22
09R257
1:100000
-
23
09R257
1:1000000
-
24
09R257
1:1000000
-
93
26,79
29,67
33,57
-
-
22,84
26,35
29,25
33,71
-
-
Sensibilità clinica :
E’ stata determinata la sensibilità clinica del test Fast Set H1N1v e
della Multiplex block PCR (Seegene) testando campioni a
differente positività ottenuti tramite la metodica di riferimento del
WHO.
Campioni
WHO
Fast set Seege
InfA SwFluA SwH1 Ctrl A
H1 -ne
09B997
28
29
neg.
pos. 29,9
30,7
neg
09C002
28,6
29,7
neg.
pos. 31,8
32,4
neg
09B972
23,9
25
neg.
pos. 27,0
27,1
pos
09B954
25
27
34
pos. 28,9
29
pos
09B913
30,6
neg.
neg.
pos. 30,6
34,8
neg.
09B903
25
neg.
35,6
pos.
28,7
pos
09B837
31,1
neg.
30,5
pos. 31,1
30,5
neg.
09B118
32,1
34,3
neg.
pos. 30,5
33,8
neg.
09B308
28,5
28
neg.
pos. 24,1
25,4
pos
09B549
24,9
29,9
34,8
pos. 23,9
24,4
pos.
09B543
27,1
30,7
neg.
pos. 28,2
28,9
pos
25
Specificità : La specificità del kit “Fast set H1N1v” è stata valutata
saggiando campioni raccolti da pazienti con sintomi influenzali, in
presenza o assenza di altra sintomatologia, negativi per H1N1v
mediante test standardizzato WHO, campioni clinici e sovranatanti
di coltura positivi per A/H3N2, A/H1N1 stagionale e influenza B,
ceppi virali causanti sintomi simil-influenzali (RSV di tipo A e B,
94
Adenovirus, Parainfluenza Virus di tipo 1, 2 e 3), ceppi batterici
coinvolti nelle infezioni delle vie aeree (Streptococcus pneumonite,
Haemophilus influenzae, Neisseria meningitidis di tipo A, B, C e
Y).
Num. Campioni Fast set A Fast set H1
(Ct)
(Ct)
1
PIV 1
neg.
neg.
2
PIV 2
neg.
neg.
3
PIV 3
neg.
neg.
4
RSV A
neg.
neg.
5
RSV B
neg.
neg.
6
S.Pneumonie
neg.
neg.
7
H.Inf
neg.
neg.
8
N.men A
neg.
neg.
9
N.men B
neg.
neg.
10
N.men C
neg.
neg.
11
N. men Y
neg.
neg.
12
Adv
neg.
neg.
13
A/H1N1 stag.
neg.
neg.
14
A/H1N1 stag.
neg.
neg.
15
A/H1N1 stag.
neg.
neg.
16
A/H1N1 stag.
neg.
neg.
17
Influenza B
neg.
neg.
18
Influenza B
neg.
neg.
19
A/H3N2 stag
neg.
neg.
20
A/H3N2 stag
neg.
neg.
21
A/H3N2 stag
neg.
neg.
95
22
A/H3N2 stag
neg.
neg.
23
A/H3N2 stag
neg.
neg.
24
Influenza B
neg.
neg.
25
Influenza B
neg.
neg.
CONCLUSIONI
La comparsa del nuovo virus influenzale pandemico A/H1N1v a
partire da Aprile 2009 ha rappresentato una grave minaccia per la
sanità pubblica poiché, a differenza del virus dell’influenza
stagionale, è stato classificato dall’Organizzazione Mondiale della
Sanità (OMS) come responsabile di pandemia. Un virus è definito
“pandemico” quando presenta caratteristiche antigeniche del tutto
nuove, verso le quali la popolazione è totalmente suscettibile. E’
stato quindi necessario adattare i sistemi di sorveglianza
epidemiologica e virologica ai fini di diagnosticare in maniera
rapida, affidabile, sensibile e specifica l’infezione da virus
A/H1N1v così da migliorare la gestione del paziente e limitare la
comparsa di complicanze in pazienti che presentano fattori di
rischio,
quali
asma,
obesità,
diabete,
malattie
croniche
cardiovascolari, gravidanza ecc…. Inoltre l’influenza A/H1N1v e
l’influenza stagionale hanno sintomi simili perciò un’accurata
96
diagnosi, e quindi una corretta tipizzazione, è essenziale per mettere
in atto tutte le procedure di prevenzione (ad esempio: isolamento
del paziente, trattamento con antivirale in caso di positività).
L’Organizzazione
Mondiale
della
Sanità
(World
Health
Organization WHO) e il Centro per la Prevenzione e Controllo delle
malattie (CDC), hanno messo a disposizione un protocollo di RealTime PCR per il rilevamento del nuovo virus pandemico. Nel
nostro laboratorio sono stati studiati altri due test in grado di
rilevare e tipizzare l’influenza di tipo A : il Fast set H1N1v e il
SEEPLEX® FluA ACE Subtyping. Entrambe le metodiche sono
state confrontate con quella di riferimento del WHO in termini di
sensibilità analitica, sensibilità clinica e specificità.
I dati emersi evidenziano che il Fast Set H1N1v, consente di
rilevare la presenza del virus fino ad una diluizione di 1:10000 del
campione (12,3 copie/µl di RNA) dimostrando quindi una
sensibilità analitica media compresa tra il 90 e il 98%.
Per quanto riguarda la sensibilità clinica, valutata testando campioni
positivi a titolo noto e confrontando i risultati con la metodica del
WHO, il kit Fast set H1N1v ha mostrato una sovrapponibilità dei
risultati del 100%. Infine anche la specificità risulta essere del
100% poiché tutti i campioni testati, positivi per altri patogeni
respiratori, sono risultati negativi. Lo studio ha quindi dimostrato
97
che il test Fast Set H1N1v oltre ad essere un test molecolare
sensibile e specifico risulta essere rapido e di facile esecuzione.
Il kit SEEPLEX® FluA ACE Subtyping (Seegene) consiste invece
in una multiplex PCR che permette non solo il rilevamento ma
anche la sottotipizzazione dei virus influenzali di tipo A. Questo kit
si è dimostrato specifico ma meno sensibile rispetto alla Real-Time
PCR per il rilevamento dei virus influenzali e utile come metodica
alternativa.
In conclusione sebbene tutte e tre le metodiche si siano rivelate
efficaci per la diagnosi dell’influenza, la Real-Time PCR rimane la
metodica più affidabile e rapida in termini di specificità e
sensibilità.
98
RINGRAZIAMENTI
Desidero ringraziare ed esprimere la mia riconoscenza a tutti coloro
che, nell’ambito della loro competenza, hanno collaborato
aiutandomi ed incoraggiandomi a portare a conclusione questo
lavoro.
In particolare:
- Il Prof. Giancarlo Icardi, per aver accettato di essere il mio
relatore dandomi la possibilità di frequentare assiduamente il
laboratorio di Igiene consentendomi una valida esperienza sul
campo.
- Il Prof. Filippo Ansaldi che con i suoi preziosi suggerimenti
ed incoraggiamenti mi è stato di valido aiuto per affrontare le
problematiche correlate allo studio.
- La Dott.ssa Sabrina Bacilieri che con tanta pazienza e
disponibilità ha rappresentato per me un validissimo supporto
per il completamento di questo lavoro.
- Il Dott. Stefano Razeti che mi ha fornito parte dei testi e dati
indispensabili alla realizzazione della tesi.
- Esprimo la mia gratitudine al personale del laboratorio
biomedico di Virologia del Dipartimento di Scienze della
99
Salute : Dott.ssa Laura Valle, Dott. Andrea Orsi, , Dott.ssa
Paola Canepa, Dott.ssa Federica Banfi e in particolare la
Dott.ssa Valentina Parodi e la Dott.ssa Marta Zancolli per il
loro prezioso aiuto ed insegnamento.
Concludo ringraziando i miei genitori che con la loro pazienza e
continuo
incoraggiamento
mi
hanno
sempre
consentendomi di raggiungere l’obiettivo finale.
100
sostenuto
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