l`introduzione di Oriella Savoldi (Camera del Lavoro)

Eco-innovazione, Transizione economica, Lavoro Buono e dignitoso
Iniziativa promossa da Camera del Lavoro e Università degli Studi di Brescia - 24 Settembre 2013
Premessa
La crisi ambientale è fra le cause principali della crisi economica in atto; detto altrimenti la
questione ambientale è questione economica.
Da questo presupposto affrontare la crisi economica e ambientale comporta un cambio radicale
del modello dello sviluppo, interrogando il che cosa e il come si produce, pena un destino certo di
disastri per effetto dei cambiamenti climatici legati alle emissioni di gas serra in atmosfera e costi
insostenibili nel prossimo futuro.
Nel quadro dei vincoli internazionali ed europei la lotta ai cambiamenti climatici ha avviato la
transizione verso una economia a basse emissioni di carbonio (low carbon), meno inquinante e
meno dipendente dalle fonti fossili (green economy).
Maggiore consapevolezza sui rischi ambientali e nuove dinamiche emergenti sui mercati dei
prodotti e servizi verdi sono alla base del cambiamento in atto degli stili di vita individuali e
collettivi, dei sistemi produttivi, dei consumi e dei servizi,
fino ad investire la Pubblica
Amministrazione, i sistemi di governance.
In questa prospettiva la green economy non è un settore accanto ad altri, ma un processo di
trasformazione,
che trova il suo motore nelle nuove conoscenze e invenzioni tecnologiche
disponibili e in quelle da ricercare.
Per la prima volta nella storia, conoscenza e nuova tecnologia, rendono possibile produrre quello
che ci serve per vivere, nel rispetto dell’equilibrio ambientale, salvaguardando la salute.
Questo, oltre a rappresentare una scommessa culturale, apre un campo inedito di ricerca, di
progettazione, di sperimentazione, di produzione di attività
e creazione di lavoro buono che
investe tutti i settori.
In questa prospettiva, eco-innovazione, transizione economica e creazione di lavoro buono e
dignitoso, sono una occasione “obbligata” per riscattarci dalla “recessione”, impedendo la perdita
di insediamenti produttivi, il dilagare della disoccupazione di massa e l'impoverimento.
A partire da queste premesse, vi proponiamo in questa sede, riflessioni supportate da analisi, che
a partire dalle ragioni che ci hanno portato allo sciopero del 18 aprile scorso, stanno orientando la
nostra iniziativa. Ragioni traducibili, molto sinteticamente, nella necessità di impedire perdita
occupazionale e ridimensionamento produttivo, ed insieme, di rivendicare politiche e interventi
necessari per affrontare nodi territoriali e ambientali, creando nuove attività e nuovo lavoro.
Per dare modo all'economia di rimettere in moto il processo di sviluppo, di produrre reddito e
occupazione, in Italia, in Lombardia e a Brescia sono disponibili gli ingredienti essenziali: saperi,
vocazione ad intraprendere, a fare impresa,
intelligenza e abilità nel lavoro. Un patrimonio,
quest'ultimo, che scelte supine alla crisi rischiano di mortificare e disperdere.
Invece, quello che da anni manca è una politica pubblica pro-attiva, a sostegno dell'economia
reale, nella sua versione ecologica e tecnologica; una politica pubblica che, in sintonia con i vincoli
internazionali ed europei in materia di riduzione delle emissioni (Protocollo di Kyoto, Strategia 2020-20, Roadmap 2050, ecc), possa assumere la prospettiva dello sviluppo sostenibile, con
provvedimenti capaci di anticipare la domanda di prodotti e servizi verdi, favorendo la transizione e
sostenendo il lavoro. Avvertiamo la necessità di una maggiore assunzione di responsabilità sociale
da parte dell'impresa.
Un cambio di direzione si impone se si considera il Rapporto OCSE che dà l'Italia ancora in
recessione e, per il 2013, aspettative di crescita del PIL ancora negative (tra -1,8 e -2%), a
differenza di altri Paesi industrializzati, per i quali si prevede una piccola ripresa.
Limitandoci alla Lombardia, considerato il suo contributo al “reddito” del Paese e il peso della sua
crisi sull'economia nazionale, alcuni indicatori economici ((investimenti, Pil, produzione industriale
e occupazione) registrano una perdita secca della sua attività. Dal 2008 al 2012 la perdita di
produzione industriale è stata del -21%, nonostante gli investimenti delle imprese lombarde siano
stati più alti della media europea.
Qualche indicazione sulla crisi di struttura può venire dagli indici di innovazione delle imprese
lombarde (rapporto fra la spesa in ricerca, e sviluppo/ investimenti) che si ferma al 10%, contro
una media europea del 35-40% (Finlandia 80%). Come dire che le imprese investono di più che in
altri Paesi, ma incorporano l’innovazione realizzata all'estero per produrre beni e servizi a minore
valore aggiunto. Il che spiega in qualche modo anche il fatto che per le imprese italiane non è
premiante avvalersi di giovani portatori di conoscenza.
Questa deduzione trova conferma anche nell'andamento degli investimenti privati in ricerca, che si
mantiene al di sotto di quelli pubblici.
A differenza di tutti i Paesi di area OCSE, la quota maggiore di spesa in ricerca e sviluppo è quella
delle istituzioni pubbliche.
Un risultato curioso se consideriamo che le imprese investono in ricerca e sviluppo per occupare
quote di mercato e battere la concorrenza, mentre la spesa pubblica si pone obiettivi più generali.
Questo spiegherebbe quanto riportato recentemente nel Report di Prometeia, associazione che
elabora previsioni sull'economia italiana e lombarda, secondo il quale la specializzazione delle
esportazioni regionali di beni ad alta tecnologia è ancora piuttosto modesta nel confronto con i
partner europei più innovativi.
Ciò spiega il progressivo arretramento della Lombardia, registrato dall'indice di competitività
regionale (RCI), utilizzato dalla Commissione Europea per indagare la capacità di generare
reddito, in linea con i mutamenti di struttura, intervenuti sulla base delle acquisizioni rese possibili
dalle nuove conoscenze tecnologiche.
Utilizzando indicatori quali: preparazione tecnologica, specializzazione dell'impresa e innovazione,
la Commissione Europea ha classificato le regioni europee: la Lombardia, che poteva inserirsi tra
il 1990 e il 2000 tra le regioni più capaci, nel 2013 slitta al 128° posto (139° per sostenibilità di
struttura, 111° per efficienza, 134° per innovazione).
La crisi occupazionale conferma la crisi lombarda (disoccupazione reale 18%)
La variazione della cassa in deroga, pari a meno 29,95%, è legata alla contrazione della base
produttiva, cui corrisponde un incremento drammatico della disoccupazione in generale.
Complessivamente la cassa integrazione, nel rapporto tra il 2013 e il 2012 è aumentata del 5,92%.
La cassa ordinaria cresce del 10,48% e quella straordinaria del 30,43%.
Il settore più colpito è quello dell'edilizia con un più 36,24%.
Tutti i settori registrano tassi di crescita della cassa, ma i più colpiti sono legati alle attività agricole
(34,16%), alla lavorazione dei metalli non metalliferi (33,86) all'energia, gas e acqua (105,72%) al
commercio al minuto (76,75%).
Le città più colpite BG, MI, PV; ma considerando il numero equivalente delle ore di cassa per
occupato come aggiuntivo al numero dei senza lavoro, troviamo al primo posto BG e al secondo,
BS con 25.055 unità lavorative a zero ore.
Ora, molto brevemente, alcune considerazioni su cosa ha significato, in termini di performance
economiche positive in altri Paesi, investire sulla conoscenza e sull'innovazione tecnologica nella
direzione indicata dalla transizione.
Se guardiamo a livello mondiale alle prospettive economiche dei diversi Paesi, oltre alla varietà di
situazioni, possiamo distinguere come la profonda trasformazione in atto stia ridefinendo gli
equilibri geo-economici, con l’affermazione di economie di nuova industrializzazione (tra cui la
Cina), le quali stanno rafforzando le proprie competenze tecnologiche con ingenti investimenti in
ricerca e innovazione, consolidando la propria nell’industria dei settori a maggiore intensità
tecnologica, riservando una parte significativa del loro impulso alla green economy: produzione di
energia da fonti rinnovabili, industrie del riciclo dei rifiuti, mezzi di trasporto a basso impatto
ambientale, ecc. Tutti settori legati al possesso di competenze tecnologiche avanzate, avvalendosi
di un progredito “sistema nazionale dell'innovazione”.
Se consideriamo quanto risulta dalle mappe interattive della Agenzia Europea per l'Ambiente sulla
vulnerabilità ai cambiamenti climatici dei diversi Paesi europei, nelle quali l'Italia insieme ai Paesi
mediterranei, risulta quella più esposta e quella meno attrezzata per farvi fronte, il campo di
iniziativa è enorme.
Senza pretendere di superare primati già raggiunti da altri paesi (es. Germania e Cina nel campo
della produzione di componenti per impianti del fotovoltaico), occorre guardare ai campi più aperti
all'iniziativa, tanto più considerando l'evoluzione dei settori investiti dalla green economy.
L'Italia vanta primati nella produzione di energia rinnovabile in linea con gli obiettivi europei,
mentre un campo aperto resta quello del risparmio energetico. Inoltre, l'attuale produzione di
energia rinnovabile ci consegna la necessità della ricerca e sviluppo di sistemi di
immagazzinamento e di reti per l'uso intelligente dell'energia; campi da cui passa la crescita di
nuovo lavoro e attività industriali nell'Orizzonte 2020.
Da tutto questo emerge l'urgenza di un Piano energetico nazionale corredato da un Piano
industriale. E in questa direzione dello sviluppo un adeguamento normativo.
Restando a Brescia, per indicare alcuni settori (riservandoci di approfondirne altri, come l'ambito
delle costruzioni, del terziario, dell'agricoltura e della Pubblica Amministrazione) la bonifica e il
risanamento ambientale sono ambiti di ricerca, progettazione, attività e lavoro per i quali si impone
la definizione di un Piano strategico condiviso.
L'attesa di potenziamento liberata dall'avvio della metropolitana, impone la definizione di un Piano
per la mobilità sostenibile, che comporta scelte di prospettiva, la cui potenzialità in termini di
attrattività e di resa competitiva per la città e le realtà locali è enorme. Tanto più considerando la
disponibilità di prodotti innovativi, come i motori elettrici di seconda generazione, e i servizi di
trasporto pubblico intelligente in linea con la politica dei trasporti europea (COM(2011)144
definitivo).
Lo sviluppo integrato della gestione e smaltimento dei rifiuti va perseguito all'interno di una
economia circolare di riduzione dei rifiuti, di sviluppo della raccolta differenziata, correlata alla
creazione di impianti industriali per il riciclo e il recupero di materie prime derivate.
Siamo di fronte non a una domanda quantitativa, quanto invece ad una “sostitutiva”, di grande
potenzialità per la nostra economia; occorre guardare alla possibilità di agganciare
risorse
europee e alle nuove linee strategiche di programmazione 2014-2020.
Occorre spostare l' attenzione e uscire dalla austerità della discussione che si inchioda sul
pareggio di bilancio, quando invece la questione è quella di progettare assumendo la transizione
avviata.
Senza sottovalutare l'indebitamento Paese dove è solo il debito pubblico, diversamente da quello
privato,
a impressionare,
è necessario sottolineare che il debito aggregato dell’Italia è più
contenuto di quello tedesco, senza considerare che una quota del debito pubblico tedesco è
nascosto presso la loro Cassa depositi e prestiti. Ciò ha permesso alla Germania di realizzare gli
investimenti necessari per anticipare la domanda, e con tassi di interesse verso le imprese pari alla
metà di quelli italiani.
Sebbene lo smantellamento del nucleare abbia dei costi, la Germania ha deciso di procedere
assumendo l'obiettivo di realizzare il 50% di energia rinnovabile nel 2030 e impegnando i Lander a
programmare politiche pubbliche e finanziamenti per l'adeguamento delle proprie strutture
produttive.
Questo, oltre a indicarci che probabilmente un sistema per realizzare gli investimenti senza
incappare nello squilibrio di bilancio l'hanno trovato, dovrebbe spostare la nostra discussione sui
nodi e sulle possibilità per sostenere l'economia reale, questione riproposta con forza dal
Documento CGIL, CISL, UIL e Confindustria, condiviso recentemente a Genova e che, oggi, ci
proponiamo di confrontare in questo incontro, ringraziando per la disponibilità e la partecipazione.