“Esplorazione dello spazio: il ruolo dell’Europa” Bozza provvisoria FILIPPO SABETTA, Presidente del Consiglio d’area di ingegneria aerospaziale dell’Università La Sapienza di Roma. Io parlerò brevemente del ruolo della ricerca e dell’università nelle missioni spaziali. Come sanno tutti i presenti, le attività spaziali hanno avuto, fin dal loro inizio, un ruolo fondamentale nel promuovere lo sviluppo scientifico e tecnologico. Come ricordava anche il presidente all’inizio, questi sviluppi hanno avuto ricadute importanti in molti altri settori delle attività umane, della produzione industriale, delle tecnologie che oggi vengono usate in molti altri settori. La specificità di una missione spaziale è di essere un sistema estremamente complesso che vede insieme una quantità enorme di componenti di diverso tipo, ognuna delle quali è vitale per la missione. Pertanto, quello che richiede una missione spaziale è che ognuno dei componenti sia portato ai massimi livelli di prestazioni, ma specialmente che ognuno dei componenti offra una affidabilità totale, perché la failure di uno solo dei componenti può vanificare l’intera missione. Ho qui indicato i settori che sono interessati a una missione spaziale. Se partiamo da quello che riguarda la fase di lancio, che è pur sempre una delle fasi fondamentali di qualsiasi missione spaziale, abbiamo l’aerodinamica, la propulsione, la struttura, i materiali, la meccanica del volo, sebbene poi siano diventate via via sempre più importanti, in tutte le missioni spaziali, le telecomunicazioni, l’elettronica e l’informatica, che hanno anch’esse visto degli sviluppi ben precisi, specificamente dedicati alle attività spaziali. Queste problematiche sono diventate ancora più importanti nelle missioni – per così dire – non abitate, dove le esigenze di controllo e di attuazione automatica hanno portato a enormi sviluppi nel campo della robotica e dell’intelligenza –1– “Esplorazione dello spazio: il ruolo dell’Europa” artificiale. Vi è poi un’altra parte che riguarda gli esperimenti a bordo. Pertanto, oltre ai settori che sono più tipici, ossia i settori dell’ingegneria, vengono coinvolti anche i settori della fisica, dell’astrofisica, della biologia e anche della medicina, che negli esperimenti in campo spaziale hanno enormi interessi. Io qui ho indicato, per esempio, alcuni dati che riguardano la ricerca spaziale. Vorrei dire che il ruolo dell’università, però, è importante, poiché nelle missioni spaziali intervengono, direi, tre attori principali. Innanzitutto le agenzie. Esse evidentemente hanno competenze nei settori che ho prima citato, ma hanno un ruolo di pianificazione e di sviluppo, e non sono quindi preposte ai progressi, ma piuttosto al prendere atto di una situazione di know how esistente e, appunto, alla pianificazione e gestione delle missioni. Vi è poi un’altra componente, ossia le aziende. Queste, tuttavia, molto spesso hanno delle conoscenze molto settoriali, in quanto ogni azienda si specifica in un particolare sistema. L’università invece ha, per sua missione, quella di dare una formazione in tutti i campi dell’ingegneria – in particolare, per quanto mi riguarda – e delle scienze, e quindi di avere tutte le competenze che intervengono in una missione spaziale. Io qui ho indicato alcuni dati su quello che si svolge attualmente nella nostra facoltà, la facoltà di ingegneria. Si tratta di un’indagine svolta qualche mese fa; come si vede, i docenti che partecipano a programmi spaziali, in collaborazione con tutte le principali organizzazioni europee e mondiali, sono una quarantina. Se poi pensiamo che, in genere, dietro a ogni professore ci sono gli assegnisti, i borsisti, i dottorandi, vuol dire che c’è una comunità, nella sola università La Sapienza, di ottanta persone che lavorano in campo spaziale, ossia una dimensione di una media azienda. Naturalmente, adesso non è il caso di entrare nel dettaglio di tutte le attività che vengono svolte e che riguardano quasi tutti i settori che ho menzionato –2– “Esplorazione dello spazio: il ruolo dell’Europa” precedentemente. Vorrei solo citare tre esempi. Il primo è un risultato dell’anno scorso ed è l’antenna MARSIS, che è stata progettata e sviluppata dal gruppo del professor Picardi nella nostra facoltà e che ha portato a un risultato di risonanza mondiale, poiché nell’ambito della missione Mars Express ha consentito la scoperta dell’acqua sotto la superficie di Marte. Questo è un esempio di quanto viene attuato, per esempio, nel settore delle telecomunicazioni e di quanto queste attività possano essere importanti. Il secondo esempio è stato appena citato, il COSMO-SkyMed; anche in questa attività un gruppo di docenti della nostra facoltà ha partecipato all’evoluzione del radar multifascio. Un terzo esempio che vorrei citare, invece, che riguarda un altro dei settori importanti, è il lanciatore VEGA. Questa è un’attività che guarda più al futuro; il primo lancio è previsto per fine 2008, anche se forse ci sarà qualche ritardo. È un programma a cui l’Italia partecipa al 60 per cento, quindi con una forte partecipazione italiana, e sono estremamente numerosi i professori ricercatori che stanno lavorando alla progettazione propulsiva e strutturale in collaborazione con ASI, con AVIO, con ELV e con ESA. Questi sono tre esempi di quello che si sta facendo, che è molto, ma spesso ci si accorge che tutto è legato all’iniziativa dei singoli professori e ricercatori, ai contatti personali che si hanno e che molte opportunità vengono perse per mancanza di conoscenza reciproca – fra le aziende, l’università e le agenzie – delle competenze da una parte e delle opportunità dall’altra. Noi pensiamo che sarebbe estremamente positivo che si costituisse un polo aerospaziale, in particolare nel Lazio, perché questa è la regione d’Italia che ha la più alta concentrazione di industrie spaziali, perché Roma è la sede delle agenzie e perché la comunità scientifica universitaria è la più numerosa e forse fra le più qualificate in Italia. Noi sappiamo che già esiste un distretto tecnologico del Lazio, che però dovrebbe –3– “Esplorazione dello spazio: il ruolo dell’Europa” ricevere un nuovo impulso, perché si è – per così dire – arenato, proprio per mancanza di coordinamento. Un polo aerospaziale potrebbe vedere l’istituzione di laboratori, università e industria; inoltre riteniamo che nel polo aerospaziale dovrebbe confluire anche tutta l’attività didattica. La settimana scorsa, abbiamo approvato l’istituzione della facoltà di ingegneria aerospaziale ed è un’attività che riguarda un numero di studenti molto consistente: i nostri studenti sono attualmente oltre 1.500 in tutti i livelli delle lauree e del dottorato. In questo ambito, interviene la possibilità di realizzare qualcosa di veramente nuovo. L’università La Sapienza ha stipulato nel 2002 un protocollo d’intesa con l’Aeronautica militare e il comune di Guidonia. Come ricordava prima il professor Graziani, Guidonia è stata la culla della aeronautica italiana e ha avuto dei laboratori – e naturalmente anche degli investimenti per realizzare tali laboratori – che erano assolutamente all’avanguardia in Italia, in Europa e nel mondo. In questo protocollo d’intesa, l’aeronautica cedeva gli spazi che sono attualmente occupati da quelle che erano la vasca idrovolanti, le ex gallerie aerodinamiche, la centrale elettrica, che però oggi sono ridotte a livello di ruderi; pertanto, questa metteva a disposizione degli spazi che sono in ambito aeroportuale e quindi particolarmente adatti a un’attività aerospaziale, ma evidentemente anche con dei costi di ristrutturazione non tanto facilmente abbordabili. Recentemente l’Aeronautica militare ha deciso il trasferimento del comando scuole, che risiede all’aeroporto di Guidonia e che occupa due palazzine per un consistente numero di metri quadri, disponendone lo spostamento a Bari entro diciotto mesi. L’Aeronautica militare è quindi interessata a dismettere l’intera area aeroportuale di Guidonia. Questo offre, a mio avviso, una possibilità unica, che è quella di realizzare quello che chiamavamo prima il polo aerospaziale presso l’aeroporto di Guidonia, in questo caso con la possibilità di impiegare degli spazi che sono già perfettamente –4– “Esplorazione dello spazio: il ruolo dell’Europa” utilizzabili senza grosse spese; pensate al vantaggio che si ha nel poter disporre di spazio, in particolare quando ci confrontiamo con la situazione attuale dell’università di Roma. Noi stiamo a San Pietro in Vincoli, a cento metri dal Colosseo, e capite bene quanto sia difficile realizzare grandi laboratori, installare un’antenna o accettare un velivolo; l’Aeronautica militare, infatti, ci ha offerto un Breguet Atlantic di cui non sanno che cosa fare, ma noi non possiamo metterlo sopra il Mosè, perché le Belle arti forse si infastidirebbero un pochino. Pensate, invece, a che opportunità fornisce questo per la didattica e, per altri versi, per la ricerca. A questo si aggiunge poi una serie di altri vantaggi, come il recupero di questi edifici di valore archeologico, dove si potrebbero realizzare attività di carattere museale; il collegamento alla tradizione aeronautica di Guidonia a cui si faceva riferimento prima; la possibilità di recupero dell’attuale occupazione civile presso l’aeroporto, perché uno dei problemi dell’Aeronautica militare è che i militari si trasferiscono a Bari, ma gli impiegati civili che attualmente operano presso il Comando scuole creerebbero sicuramente un problema non banale dal punto di vista sindacale; e infine la possibilità di collegamento, perché è importante mettere delle attività aerospaziali fuori dalla città, ma bisogna che esse siano ben collegate. È in atto oggi la ristrutturazione della linea Guidonia-stazione Tiburtina, che dovrebbe diventare metropolitana di superficie leggera e quindi consentire un collegamento con tempi di 15-20 minuti. Questo è un progetto a cui noi crediamo molto e mi auguro che questo comitato e il Ministro dell’università e della ricerca, che oggi ci sente, possano condividere questo progetto, supportarlo e aiutarci a realizzare qualcosa che ci porterebbe ad avere una struttura al livello di quelle che esistono negli altri Paesi europei. Grazie. –5–