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N. 777/2011 Reg. Sent
Data del deposito
..........................................................
Data di irrevocabilità
N. 47392/09 R.G. notizie di reato .........................................................../
N. 2858/10
R.G. Tribunale
N. .................................... Reg. Esec.
N. ........................ Campione penale
Redatta scheda il
...........................................................
.........................................................
..
TRIBUNALE DI NAPOLI
SECONDA SEZIONE PENALE
S E N T E N Z A
(Artt. 544 e segg. c.p.p.)
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale di Napoli - Sez. seconda - composto da:
Dr. Francesco Menditto
Presidente est.
Dr. Paola Faillace
Giudice
Dr. Sabrina Calabrese
Giudice
alla pubblica udienza del 20 gennaio 2011 ha pronunziato e pubblicato mediante lettura del
dispositivo la seguente
1
SENTENZA
nei confronti di:
1) M. F.
OMISSIS
2) M. I., nato O m i s s i s
DETENUTO PRESENTE
3) V. C., nato O m i s s i s
DETENUTO PRESENTE
4) C. B., nato O m i s s i s
DETENUTO AA.DD. PRESENTE
5) D.A. F., nato O m i s s i s
DETENUTO AA.DD. PRESENTE
6) Z. P., nato a O m i s s i s
DETENUTO AA.DD. PRESENTE
IMPUTATI
TUTTI
Del reato p. e p. dagli artt. 110 – 112 – 81 c.p. 73 -80 lett. B) D.P.R. 309/90 e successive
modifiche, perché in concorso tra loro, con più azioni esecutive del medesimo disegno
criminoso anche in tempi diversi, illecitamente detenevano al fine di vendita, ed
effettivamente cedevano a terzi rimasti ignoti, sostanza stupefacente del tipo COCAINA
contenuta in un solo involucro del peso lordo di gr. 2 (peso netto gr. 1,88 pari a n. 2 dosi
medie singole giornaliere con principio attivo del 16,4%), del tipo MARIJUANA divisa in n. 198
bustine del peso lordo di gr. 255,2 (peso netto complessivo gr. 162,80 pari a n. 892,3 dosi
medie singole giornaliere con principio attivo del 13,7%), del tipo HASHISH divisa in n. 50
stecchette del peso lordo 123,50 (peso netto complessivo gr. 122,56 pari a n. 357 dosi medie
singole giornaliere con principio attivo del 7,3%) ed ulteriore sostanza stupefacente del tipo
HASHISH, divisa in n. 10 panetti del peso lordo complessivo di gr. 993,59 (peso netto gr.
981,67 pari a n. 3491,8 dosi medie singole giornaliere, con principio attivo del 8,9%) il tutto in
sequestro unitamente alla somma di euro 105,00 rinvenuta nella disponibilità del M. F. e di
euro 175,00 rinvenuta nella disponibilità di D.A. F..
Con l’aggravante di aver agito in numero superiore a cinque.
In Napoli il 13.10.2009
M. F. – M. I. – V. C. recidiva specifica.
I primi due anche reiterata infraquinquennale.
CONCLUSIONI
2
IL P.M.: non riconoscersi il 5° co. dell’art. 73; non riconoscersi le attenuanti generiche e
contestata la continuazione e l’aggravante di cui all’art. 112, chiede la condanna degli
imputati ad anni sette di reclusione ed euro 30.000 di multa. Escludersi l’aggravante
dell’art. 80 lett. b.
I Difensori degli imputati:
Avv. Uliano per M. I.: assoluzione perché fatto non sussiste o ex 530 2°co. cpp.; in
subordine concessione attenuanti generiche prevalenti e minimo della pena.
Avv. Tucci per V. C.: reitera la richiesta ex 507 cpp; assoluzione 530 cpv; in subordine
escludersi aggravante dell’art. 80, riconoscersi attenuanti generiche ed il 5° c. dell’art. 73
pena nei minimi edittali. Sostituzione misura cautelare in atti con AA.DD.
Avv. Mottola: assoluzione ex 530 2° c.; in subordine escludersi aggravanti art. 80,
riconoscersi il 5° c. dell’art. 73, esclusione della recidiva e minimo della pena. AA.DD. per
il M. I..
Il P.M. esprime parere favorevole alla sostituzione misura cautelare in atti.
Svolgimento del processo
Con decreto che dispone il giudizio immediato emesso dal G.I.P. in sede, il 13 gennaio
2010, M. I., V. C., C. B., D.A. F. e Z. P. erano tratti a giudizio innanzi a questo tribunale
per rispondere del reato specificato in epigrafe.
L’udienza del 25.2.10 veniva rinviata non essendo stato tradotto lo Z. P., detenuto agli
arresti domiciliari.
All’udienza dell’11 marzo 2010, presenti (così come alle successive udienze) tutti gli
imputati, Migliacco e V. C. detenuti in carcere, C. B., D.A. F. e Z. P. agli arresti
domiciliari, veniva dichiarato aperto il dibattimento e le parti formulavano le richieste.
Ammesse le prove, con acquisizione degli atti irripetibili (verbali di arresto e di
perquisizione e sequestro) e documentazione (fotografia dello stato dei luoghi), venivano
esaminati il mar. Verde Silvestro e il mar. Cao Fabrizio.
Il Tribunale rigettava la richiesta di sostituzione della custodia in carcere con gli arresti
domiciliari avanzata nell’interesse del V. C..
3
All’udienza del 22 aprile venivano sentiti i testi mar. Mencia Marco, car. Chessa
Riccardo e car. Regolo Fabio; a seguito della rinuncia del PM veniva revocata
l’ammissione dei testi mar. Iaderosa Alessandro e car. Tucci Aldo.
All’udienza del 3 giugno 2010, composto diversamente il collegio, stante l’assenza di
testi e il mancato consenso del difensore del V. C. all’utilizzabilità degli atti già compiuti, il
processo veniva rinviato.
Le udienze del 15 luglio 2010 e del 23 settembre 2010 venivano rinviate per assenza dei
testi.
All’udienza del 7 ottobre 2010, aperto nuovamente il dibattimento e ammesse le prove
(ivi compresa l’acquisizione di fotografie prodotte dalla difesa del V. C.), venivano
esaminati i testi già ascoltati (Verde, Cao, Mencio, Chessa, Regolo) e il mar. Russo
Salvatore.
La difesa del V. C. chiedeva di esaminare Tucci e Iaderosa (per i quali il PM
confermava la revoca già formulata). Il Tribunale si riservava di esaminare la richiesta
come formulata ai sensi dell’art. 507 c.p.p.
All’udienza del 21 ottobre 2010 venivano esaminati tutti gli imputati e acquisita, su
richiesta della difesa, documentazione dal Sert competente relativa al C. B..
All’udienza del 4.11.10, esaminati i testi indicati dalla difesa del V. C., Patricelli
Alfonsina e Patricelli Antonio e revocata (a seguito della rinuncia) l’ammissione del teste
Iannaccone Ada, veniva acquisita documentazione prodotta nell’interesse del M. I..
Ai sensi dell’art. 507 c.p.p. venivano richiesti dalla difesa
ispezione dei luoghi e
confronti tra alcuni testi indicati dal Pm.
Il Tribunale, rigettate le richiesta delle parti, disponeva, ai sensi dell’art. 507 c.p.p.
perizia finalizzata alla esatta descrizione dello stato dei luoghi e l’acquisizione di
informazioni presso l’ufficio del lavoro di Pomigliano d’Arco.
All’udienza del 18.11.10 veniva conferito incarico peritale con indicazione di specifici
quesiti.
All’udienza del 13 gennaio 2010, ascoltato il perito -che operava alcune rettifiche alla
relazione e si riservava di depositare integrazione- si disponeva, accogliendo parzialmente
le richieste del PM- un nuovo esame del mar. Verde, ai sensi dell’art. 507 c.p.p.. Le parti
concordavano sulla non necessità di ascoltare nuovamente il perito all’esito del deposito
4
dell’integrazione.
All’odierna udienza, acquisita l’integrazione della relazione peritale e documentazione
prodotta dalla difesa del M. I., sentito nuovamente il teste Verde -ai sensi dell’art. 507c.p.p. è stata dichiarata chiusa l’istruzione dibattimentale,
Le parti hanno concluso come indicato in epigrafe.
Dichiarato chiuso il dibattimento, il tribunale ha proceduto, dunque, alla deliberazione in
camera di consiglio, all’esito della quale ha dato pubblica lettura del dispositivo della
presente sentenza.
Motivi della decisione
Gli imputati, ad eccezione del C. B., devono essere dichiarati responsabili del reato loro
ascritto.
Il Collegio è chiamato a pronunciarsi in ordine alla penale responsabilità attribuibile agli
imputati all’esito dell’operazione posta in essere il giorno 13 ottobre 2009 dai Carabinieri
della stazione di Napoli -quartiere 167- per la “repressione” di un’attività di spaccio di
sostanze stupefacenti nella piazza di spaccio 33, comprensorio di edifici di via Arcangelo
Ghisleri di Napoli (cfr. dich. di tutti i militari escussi, nonché verbale di arresto e dich. del
D.A. F. e del C. B. che hanno confermato l’attività di spaccio usualmente in atto nella
piazza).
Le concordanti dichiarazioni dei carabinieri esaminati, gli atti irripetibili acquisiti al
fascicolo del dibattimento (nella parte non dichiarativa utilizzabile), la relazione peritale
descrittiva dello stato dei luoghi, hanno consentito di accertare la dinamiche dei fatti per cui
è processo e le responsabilità da attribuire ai singoli imputati, all’esito della valutazione
delle tesi difensive e della documentazione dagli stessi prodotta.
Sotto il profilo metodologico si procederà: a) alla descrizione dello stato dei luoghi, b)
alla individuazione delle modalità operative programmate e adottate dalla polizia
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giudiziaria, c) alla ricostruzione dei fatti accaduti, d) all’individuazione della responsabilità
dei singoli imputati.
1 - Lo stato dei luoghi della “piazza di spaccio”.
Lo stato dei luoghi in esame, oltre che descritto dagli operanti e nel verbale d’arresto (e
ritratto nella fotografia acquisita e allegata a tale verbale), è stato compiutamente rilevato
dal perito nominato dal Tribunale e in tal senso si rinvia integralmente all’elaborato (e ai
relativi allegati) redatto sulla scorta di precisi quesiti formulati anche sulla base delle
dichiarazioni raccolte al dibattimento (dai testi -indicati dal PM e dalla difesa- e dagli
imputati) 1. Grazie al pregevole elaborato peritale (non contestato né dal PM né dai
1
A) Provveda il perito a rappresentare, attraverso la modalità ritenuta più idonea, lo stato dei luoghi di cui
alla contestazione operata nel presente procedimento ("piazza di spaccio 33”, comprensorio di edifici di via
Arcangelo Ghisleri), individuando con riferimento agli atti presenti nel fascicolo del dibattimento:
a) Relativamente alla fotografia allegata al verbale d’arresto:
a1) tutti i "punti" indicati con lettera (A, B, C, D, E, S);
a2) gli edifici denominati: SR/1 e SC/3 ed i portoni di ingresso di detti edifici;
a3) il colonnato dell’edificio SC/3
a4) la statua di Padre Pio e il gazebo presenti nei giardinetti;
a5) tutti gli ingressi percorribili con auto nella zona giardinetti:
- da Viale della Resistenza-via G. Fava;
- da via Ghisleri;
- da via Ciccotti;
- altri eventualmente esistenti.
b) Nonché:
b1) il terrazzo/i sito/i all'ultimo piano dell'edificio SR/1 (a ridosso dello SC/3);
b2) l'ingresso/i, dell'edificio SR/1 e relativo/i citofono/i;
b3) l'ingresso/i dell'edificio ove è sita l'abitazione di Patricelli Antonio (via Arcangelo Ghisleri lotto S, Isol
C3, se B int. 8);
b4) la più vicina fermata dell'autobus R5;
b5) l'ingresso dell'abitazione di via Arcangelo Ghisleri lotto S, isol C3 sc b int.7, ove risulta anagraficamente
risiedere Montefusco Ciro;
c) e ancora:
c1) con riferimento alle dichiarazioni rese da V. C. all'udienza del 21.10.10, il luogo ove lo stesso afferma
essere stato fermato (cfr.
pagina 13 del verbale stenotipico);
c2) con riferimento alle dichiarazioni rese da Cibelli Bruno all'udienza del 21.10.10, il luogo ove lo stesso
afferma essere stato fermato (cfr. pagg. 25 e 26 del verbale stenotipico);
c3) con riferimento alle dichiarazioni rese da Z. P. all'udienza del 21.10.10, il luogo ove lo stesso afferma
essere stato fermato (cfr. pagg. 46 e 47 del verbalestenotipico);
B) Provveda, altresì, il perito:
a) a descrivere il percorso necessario per raggiungere dall'ingresso/i il terrazzo sito all'ultimo piano
dell'edificio SR/1 [supra A)b1)];
b) ad accertare se dal citato terrazzo/i, sito/i all'ultimo piano dell'edificio SR/1 (supra Ab 1), vi sia visuale
libera per vedere l'area sottostante con particolare riferimento ai punti supra A) a1), A) a4), A)a5);
c) a calcolare la distanza, anche approssimativa, tra il citato terrazzo/i sito/i
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difensori, anzi dagli stessi “elogiato” nel corso della discussione per la chiarezza e la
leggibilità) si potranno collocare (anche con rinvio alle planimetrie e foto allegate) i singoli
accadimenti.
Va precisato che si farà riferimento alle risposte del perito e alle planimetria e foto
allegate all’elaborato depositato il 7 gennaio 2010 (all’esito dei quesiti proposti all’udienza
del 18.11.10), come integrato e sostituito in alcune parti col documento depositata il
17.1.11 (all’esito dell’udienza del 13.1.11)2.
all'ultimo piano dell'edificio SR/1 (supra Abl) e i punti indicati supra A) a1), A)a4),A)a5);
d) a descrivere il primo piano dell'edificio SR/1 nella parte condominiale antistante l'area giardinetti, con
particolare riferimento alla presenza di balconi o finestre che consentano la visione dell'area "giardinetti";
e) ad effettuare, nel caso di presenza di balconi o finestre al precedente punto d), i medesimi accertamenti e
descrizioni disposti con riferimento al terrazzo sito all'ultimo piano del medesimo edificio [supra B) a), B) b),
B) c)];
f) a descrivere il tragitto più breve per raggiungere, dalla fermata dell'R5 (supra Ab4), l'abitazione di
Patricelli Antonio (supra Ab3);
g) ad accertare se la foto n. 5 prodotta all'udienza del 7.10.10 rappresenti 'ingresso dell'edificio
dell'abitazione di Patricelli Antonio (supra Ab3);
h) ad accertare se le foto nn. 1 e 2 prodotte all'udienza del 7.10.10 rappresentino l'area giardinetti in
precedenza indicata;
i) ad accertare se le foto prodotte all'udienza del 4.11.10 rappresentino l'ingresso dell'edificio ove è sita
l'abitazione di Montefusco Ciro (supra Ab5).
2
…..a conferma e chiarimento di quanto dichiarato nel corso dell’udienza tenutasi ….in data 13.01.2011,
redige la presente integrazione alla Relazione del C.T.U., relazione depositata presso la cancelleria della 2a
Sezione Penale presso il Tribunale di Napoli in data 07.01.2011. Tale integrazione si è resa necessaria per
chiarire e modificare quanto relazionato in merito alla posizione dell’imputato Z. P.; l’imputato, individuato
nella fotografia allegata al verbale d’arresto, ed allegata agli atti presenti nel fascicolo del dibattimento, con
la lettera C, è stato da me erroneamente posizionato all’interno della "piazza di spaccio 33”, comprensorio
di edifici di via Arcangelo Ghisleri. Il sottoscritto è stato indotto in errore dal fatto che essendo in possesso di
una copia in bianco e nero della suddetta fotografia allegata al verbale d’arresto non ha avuto ben chiara la
posizione della lettera C. Pertanto, preso atto della giusta posizione del suddetto imputato, il sottoscritto con
la presente integrazione, confermando la dichiarazione rilasciata nell’udienza del 13.01.2011, chiarisce e
risponde ai quesiti sottopostigli in merito a tale variazione di posizione.
Il sottoscritto, con la presente integrazione, altresì provvede a integrare la relazione con una ulteriore
planimetria (allegato n°13) redatta in scala più ampia e tale da inquadrare anche la via Ettore Ciccotti,
nonché a comunicare una errata corrige relativa alla pagina 12 di 28 della Relazione.
Premesso ciò, la presente relazione sostituisce ed integra la relazione di C.T.U. relativamente ai seguenti
quesiti ed allegati:
- Quesito A sub a) a1) [pag.11 di 28] righi da 8 a 12.
- Quesito A sub a) a2) [pag.12 di 28] rigo 19.
- Quesito B c) [pag.21 di 28] rigo 16.
- Allegato 1 Foto n°1 (corretta posizione di C).
- Allegato 1 Foto n°50 (corretta posizione di C).
- Allegato 3 (corretta posizione di C).
- Allegato 4 (corretta posizione di C).
- Allegato 5 (corretta posizione di C).
- Allegato 6 (corretta posizione di C).
- Allegato 10 (corretta posizione di C).
- Allegato 11 (corretta posizione di C).
7
L’area su cui intervenivano i carabinieri (“piazza di spaccio 33”, definita in prosieguo
sinteticamente piazza) costituisce un comprensorio di edifici di via Arcangelo Ghisleri
facente parte di un più vasto complesso residenziale realizzato dall’Istituto Autonomo per
le Case Popolari (IACP) della Provincia di Napoli, i cui edifici sono distinti ed individuati
con lettere e numeri. In questo caso (cfr. allegato n°2 alla perizia) gli edifici che contornano
la piazza (su tre lati) sono denominati SR1, SC1, SC3.
Per rendere facilmente riconoscibili i luoghi che si descrivono appare opportuno
riportare due allegati alla perizia:
1) la planimetria allegato 2 (alla perizia) che riproduce l’intera piazza:
- Allegato 12 (corretta posizione di C).
- Allegato 13 (Individuazione di via Ettore Ciccotti).
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2) una foto (foto n. 1 della perizia) che riproduce parte dell’area in questione, in particolare la
zona ove avveniva l’attività di spaccio (la lettera S indica ove avveniva la consegna dello
stupefacente, mentre le altre lettere i luoghi occupati dalle altre persone coinvolte nell’attività
illecita):
La descrizione dei luoghi avverrà con costante riferimento ai due documenti riprodotti,
con riferimento a colui che guarda tali atti.
La piazza, attrezzata a giardini ed aree per lo svago sportivo, è delimitata (su tre lati) dai
suddetti edifici (SR1, SC1, SC3) e da due vie pubbliche denominate via Giuseppe Fava
(antistante all’edificio SR1 e che poi prosegue all’esterno dell’area lungo la facciata
dell’edificio SC1) e via Annamaria Ortese (nella parte che interessa antistante l’edificio
SC3 e parallela alla via Arcangelo Ghisleri ; via che prosegue fino a intersecare la fine di
via G. Feva per poi giungere su via Cicciotti -cfr nel dettaglio planimetria 13-). Sul quarto
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lato vi è un edificio posto in diagonale con antistante via Ortese che non interessa in questa
sede (cfr. planimetrie e fotografie allegate alla perizia). In particolare:
1. l’edificio SR1, all’interno del quale viene indicata come svolta dall’alto
l’osservazione dei carabinieri e innanzi al quale (sul fronte prospiciente la piazza)
avveniva l’attività di spaccio e vedetta, è un fabbricato di tredici piani oltre il piano
terra, posizionato sulla sinistra (guardando le planimetrie) in modo tale da delimitare il
lato est della piazza. L’area di pertinenza di tale edificio è delimitata da una recinzione
con doppio accesso, sia carrabile che pedonale, uno su un piccolo tratto di via G. Fava
(cfr. allegato n°1 foto n°34) e l’altro su via A. Ortese (cfr. allegato n°1 foto n°35).
•
all’edificio si accede, superato uno dei due accessi carrabile/pedonale, tramite un
unico portone (in ferro e vetro), con citofono, posizionato all’interno del porticato al
piano terra (cfr. allegato n°1 foto n°4-36);
•
dal citato portone si accede ad un piccolo androne che disimpegna la cassa scale
(cfr. allegato n°1 foto n°46), posta immediatamente a sinistra per chi entra, e ove
sono presenti due ascensori (cfr. allegato n°1 foto n°45);
•
per raggiungere il terrazzo di copertura (ove si indica svolta l’attività di
osservazione da parte dei carabinieri), posto al 14° livello, che copre tutta la
superficie che il fabbricato occupa in pianta (pari a circa mq. 740), vi sono due
opzioni di percorso, la prima a mezzo delle scale che servono tutti e tredici i livelli
abitativi, la seconda a mezzo degli ascensori che raggiungono il 13° livello. Giunti
al pianerottolo condominiale del 13° piano (cfr. allegato n°1 foto n°47,48), per
raggiungere il 14° livello, quello del terrazzo, occorre
impegnare un ultimo
rampante di scale posto in verticale sulla cassa scale (cfr. allegato n°1 foto n°49), in
prosieguo della stessa. Al termine di tale rampante, si trova immediatamente sulla
destra una porta in metallo.
Dal terrazzo vi è piena e libera visuale dell’area sottostante, vale a dire dell’intera
piazza e delle vie di accesso;
•
per raggiungere il primo piano (pure menzionato nell’ambito della citata attività
di osservazione), utilizzati o la scala condominiale o gli ascensori, si giunge sul
pianerottolo del (primo) piano, costituito da un disimpegno ove sbarcano i due
ascensori (cfr. allegato n°1 foto n°53) e dove sui due lati di questi, destro e sinistro,
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si rileva la presenza di due finestrini, della larghezza di circa cm. 70 cadauno ad
anta unica, con telaio in ferro e vetro stampato. Il finestrino alla sinistra degli
ascensori (cfr. allegato n°1 foto n°57) Per i primi due finestrini, quelli ai lati degli
ascensori, solo da quello a destra, se non consente alcuna veduta dell’area
giardinetti, mentre quello a sinistra consente una veduta estremamente limitata
dell’area “giardinetti” (cfr. allegato n°1 foto n°56). Alla destra degli ascensori il
corridoio condominiale (cfr. allegato n°1 foto n°54) prosegue e consente l’accesso
ad altri due alloggi, in tale corridoio si rileva la presenza di un finestrone (cfr.
allegato n°1 foto n°58), della larghezza di circa cm. 190 a tre ante di cui due
apribili, con telaio in ferro e vetro trasparente; il terzo finestrone, consente
liberamente la veduta verso l’esterno (cfr. allegato n°1 foto n°59) ma, anche in
questo caso, per la sua posizione la veduta è limitata e relativa a parte del colonnato
dell’edificio SC3 (cfr. allegato n°1 foto n°60)”.
2. l’edificio SC3, innanzi al quale, sul fronte antistante la piazza, veniva svolta attività
di vedetta, è posizionato in alto (sempre guardando le planimetrie) e delimita il lato
nord (ritratto nell’allegato n°1 foto n°5-6-7). Affaccia su via A. Ortese (prospiciente
l’area in esame) e su via A. Ghisleri (sul lato opposto).
Tale edificio:
•
è costituito da più edifici, autonomi realizzati in aderenza l’uno con l’altro, posti in
linea con sei scale di accesso (scale A,B,C,D,E,F). A dette scale, autonome, si
accede esclusivamente dalla via Arcangelo Ghisleri, esterna alla piazza (e non da
via Ortese, interna alla piazza).
•
il piano terra di detto edificio è costituito da un porticato (o colonnato) con negozi
(cfr. planimetria allegato n°5), cui si accede prevalentemente dalla via A. Ortese;
tale colonnato, nei tratti ove non vi sono negozi ed in corrispondenza dei 6 corpi
scale, consente il passaggio pedonale fra la via A. Ortese e la via A. Ghisleri (su cui
non vi è colonnato), in alcuni punti tali passaggi pedonali sono utilizzati
impropriamente anche come passaggio carrabile (cfr. allegato n°1 foto n°8-9-10-1112-13);
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3. l’edificio SC1 è posizionato in basso (guardando la planimetria) e delimita il lato sud, in
parallelo all’edificio SC3. Affaccia sull’area giardini, mentre sul lato opposto si trova su
via G. Fava, da cui si accede;
4. un quarto edificio, posizionato (guardando la planimetria) sulla destra, delimita il lato
ovest della piazza, in diagonale, di fronte all’edificio SR1.
L’interno della piazza, attrezzata a giardini ed aree per attività sportiva, per quanto interessa
(con riferimento al luogo ove avveniva la vendita dello stupefacente), presenta (cfr. in
particolare foto n. 1) nell’angolo delimitato da via G. Fava e via A. Ortese (e dunque dagli edifici
SR1 e SC3) una statua di Padre Pio (cfr. planimetria allegato n°6) posta al di sotto di un gazebo
in legno completamente ricoperto da vegetazione (cfr. allegato n°1 foto n°14-15-17-18-19).
Alla piazza si accede (punti rilevanti per ricostruire i movimenti degli acquirenti e le vie
di fuga vigilate dalle vedette) con auto e a piedi (cfr. planimetria allegato n°7) attraverso i
seguenti accessi (la cui numerazione sarà richiamata, per brevità in seguito:
1) accesso n. 1, da via G. Fava (in basso a sinistra, guardando la planimetria) provenendo
da Viale della Resistenza (cfr. allegato n°1 foto n°20);
2) accesso n. 2, da via A. Ortese (in basso a destra) provenendo da via E. Ciccotti (cfr.
allegato n°1 foto n°21-22). Il perito ha chiarito nel corso dell’audizione del 13.7.10 (e
risulta dalla planimetria allegato 13 all’integrazione dell’elaborato peritale) che via
Ciccotti in realtà è posta al termine di via Ortese, strada che delimita parte della piazza
in esame e prosegue (fino a intersecare via Ciccotti) per alcune centinaia di metri;
3) accesso n. 3, dal colonnato (in alto) al di sotto del fabbricato denominato SC3 in sei
punti (cfr. allegato n°1 foto n°23- 24-25-26-27-28-29) da via A. Ghisleri, così
raggiungendo via A. Ortese. Trattasi, come accertato dal perito, di ingressi pedonali
utilizzati anche come ingressi carrabili, grazie alla presenza di alcuni scivoli che
consentono di superare agevolmente il dislivello dovuto alla presenza del
marciapiedi.
Per rendere agevole la individuazione dei punti di accesso si riporta la planimetria
allegato 7 e si richiama la foto n. 1 (riprodotta in precedenza) ove si possono individuare le
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tre vie di accesso con le lettere: B (da via Fava), C (da via Ortese-Ciccotti), E e D (dal
colonnato).
2 - Le modalità operative programmate e adottate dalla polizia giudiziaria.
La particolarità dello stato dei luoghi (zona a cielo aperto, ampiezza dell’area, facile
raggiungibilità da parte degli acquirenti, possibilità di controllo di tutti gli ingressi da parte
di vedette, semplicità della fuga) e il modo di operare degli spacciatori (posizionamento di
vedette pronte a segnalare interventi della polizia giudiziaria e a consentire la fuga urlando
parole convenzionali), già constatato in precedenti operazioni analoghe (dunque sulla base
dell’esperienza acquisita), induceva i militari a programmare un accurato servizio
finalizzato alla repressione dell’attività di spaccio (dich. Verde e Cao) organizzato in modo
tale da:
13
•
procedere a un’adeguata osservazione delle attività in corso nella “piazza”, attraverso
il posizionamento in un luogo idoneo, da eseguirsi in modo tale da non essere notati
dai protagonisti dell’attività illecita;
•
verificare, nel corso dell’osservazione, l’attività delle persone impegnate nello
spaccio, individuando le funzioni svolte da ciascuno (vedetta, spaccio, etc.);
•
programmare un intervento coordinato lungo le possibili vie di fuga al fine di
bloccare tempestivamente le persone coinvolte nell’attività illegale.
L’operazione veniva programmato e svolta con le seguenti modalità (cfr. le
dichiarazioni dei militari esaminati, che saranno richiamate con riferimento a quanto
specificamente riferito, anche più volte perché riesaminati per il disposto rinnovo del
dibattimento (il Verde anche ai sensi dell’art. 507 c.p.p.p.). I militari, peraltro, hanno fatto
spesso riferimento a una foto dello stato dei luoghi allegata al verbale d’arresto, su cui sono
indicate le posizioni delle persone osservate e che il perito ha riprodotto nelle planimetrie
redatte):
•
alle ore 11, circa, del 13 ottobre 2009, un’auto con i colori d’istituto, con a bordo il
Mar. Iaderosa e il car. Tucci entrava nella piazza attraverso via Fava, provenendo da
viale della Resistenza (accesso n. 1), percorrendo nel prosieguo tutta via Ortese (dich.
Mar Verde). L’ingresso dell’auto dei carabinieri causava, come previsto, la reazione
delle vedette che iniziavano a gridare a gran voce per avvisare i complici del pericolo in
atto; di conseguenza tutte le persone presenti nella piazza si davano alla fuga (dich.
Verde, Mencio, Chessa, Regolo);
•
il disordine consentiva a tre carabinieri in abito borghese (Verde, Chessa e Varrucciu)
di entrare nella piazza da Via Fava -accesso n. 1-
(dich. Verde, in particolare
all’udienza del 20.1.11) senza essere notati e di dirigersi verso l’ingresso dell’edificio
SR/1 (dich. Verde, Mencio e Chessa), già noto per ubicazione, consistenza e sviluppo
interno, grazie alla conoscenza acquisita nel corso di precedenti servizi (dich. Chessa e
Verde);
•
Verde, Chessa
e Varrucciu, senza essere notati, superavano il cancello carrabile
dell’edificio SR1, sempre aperto, (dich. Verde del 20.1.11), entravano nel palazzo
14
attraverso il portone d’ingresso e raggiungevano il posto di osservazione (dich. Verde e
Chessa);
il posto di osservazione (per la cui esatta ubicazione si tornerò oltre), posto in alto,
•
presentava (anche in considerazione dell’ora mattutina e della bella giornata) una
visuale completa e libera dell’intera zona in cui operavano gli spacciatori, consentendo
di notare i ruoli da ciascuno svolto a distanze non eccessive (dich. Verde e Chessa), Era
facilissimo vedere una persona a 150 metri di distanza (dich. Verde). Sia a occhio nudo
e ancora meglio col binocolo utilizzato era possibile vedere con precisione le fattezze
fisiche delle persone e il loro abbigliamento (dich. Verde e Chessa). La zona era poco
frequentata e non venivano notate mamme con bambini (dich. Verde);
le attività delle persone osservate venivano segnalate dai tre militari, via radio, ai
•
colleghi rimasti nei pressi della piazza di spaccio, posizionati in modo tale da non
essere visti dall’interno della piazza e da controllare -senza destare sospetti- le tre vie
di accesso (utilizzate anche dai tossicodipendenti per entrare nella piazza, come
dichiarato dal mar. Verde il 20.1.11) e di fuga (su tutte le circostanze cfr. le dich. dei
carabinieri esaminati). In particolare:
1. un’auto d’istituto, con a bordo il mar. Iaderosa e il car. Tucci, controllava via G.
Fava da viale della Resistenza (accesso n. 1), a distanza tale da non essere vista
dagli avventori nella piazza; la pattuglia era in movimento per evitare di destare
sospetti (dich. Verde);
2. un’auto d’istituto, con a bordo i car. Mencio e Cinquegrana, controllava via
Ortese direzione via Ciccotti (accesso n. 2), in modo tale da non essere vista
dagli avventori e comunque spostandosi per evitare di creare sospetti (dich.
Mencio);
3. un’auto civetta, con a bordo i car. Cao, Regolo e Coppetti (in abiti borghesi), si
posizionava su via Ghisleri, perciò oltre il colonnato posto al di sotto del
fabbricato denominato SC3 (accesso n. 3), a congrua distanza, non visibile
dall’interno della piazza e (perché coperta dall’edificio SC3) e dai tre militari in
osservazione (dich. Verde);
•
i tre militari osservavano con chiarezza le prime attività poste in essere nella piazza.
Dopo circa 15-20 minuti dall’irruzione rientravano delle persone (presumibilmente
15
coincidenti con quelle che si erano date alla fuga) che, dopo avere parlato tra loro, si
posizionavano nel seguente modo (dich. Verde e Chessa):
•
le vedette alle tre vie di accesso:
•
una all’accesso su indicato n. 1, su via Fava, in prossimità dell’edificio
SC1, in modo tale da controllare l’ingresso nella piazza lungo tale strada
per chi proviene da viale della Resistenza (luogo agevolmente
individuabile nella foto su riportata e nella planimetria che segue nei pressi
della lettera “B”);
•
una all’acceso su indicato n. 2, su via Ortese, all’angolo terminale
dell’edificio SR3, in modo tale da controllare l’ingresso nella piazza lungo
tale strada, provenienza via Cicciotti (luogo agevolmente individuabile
nella foto su riportata e nella planimetria che segue nei pressi della “C”);
•
due all’accesso su indicato n. 3, su via Ortese innanzi al colonnato
dell’edificio SR3, in modo tale da controllare l’ingresso nella piazza delle
persone provenienti da via Ghisleri (luogo agevolmente individuabile nella
foto su riportata e nella planimetria che segue nei presi delle lettere “E” e
“D”);
•
due all’interno della piazza, vicino al gazebo e alla statua (luogo agevolmente
individuabile nella foto su riportata e nella planimetria che segue lettere “A” e
“S”).
Per rendere agevole la individuazione dei punti occupati dalle persone
coinvolte nell’attività di spaccio si riporta la planimetria allegato 3 alla perizia, ove
sono collocate le singole persone osservate con le lettere appena citate per
ciascuno:
16
•
dopo circa 20-30 minuti i militari notavano dei tossicodipendenti che entravano nella
piazza; la vedetta posta all’accesso li controllava (per evitare che vi fossero persone
non affidabili o riferibili a forze dell’ordine), addirittura li perquisiva(no), gli
faceva(no) alzare la maglietta e li indirizzava verso il complice posizionato verso
l’interno e nei pressi della statua e gazebo (nella foto su riportata e nelle planimetrie
che seguiranno lettere “B”); quest’ultimo ritirava il danaro e li avviava verso colui
(nella foto su riportata e nelle planimetrie che seguiranno lettere “S”) che consegnava
la sostanza stupefacente (dich. Verde che ha descritto quanto visto, in generale, e dich.
Chessa che ha descritto i fatti con specifico riferimento alla vedetta di via Fava,
indicando anche i nomi del M. I. -vedetta-, D.A. F. colui che ritirava i soldi- , M. F. colui che consegnava la droga-).
Colui che consegnava lo stupefacente veniva notato più volte avvicinarsi al
gazebo, sollevare un telone, prendere qualcosa (dich. Verde).
17
•
dopo altri 20-30 minuti circa di osservazione, in cui ciascuna delle persone indicate
compiva sempre le medesime attività, e nel corso della quale venivano visti due, tre
episodi di cessione puntualmente e dettagliatamente descritti ai carabinieri posti lungo
le vie di accesso, i tre militari chiedevano ai colleghi con l’auto d’istituto collocata su
viale della Resistenza (Mar. Iaderosa e car. Tucci, accesso n. 1) di rientrare nella
piazza per determinare una nuova fuga delle persone dedite all’attività delittuosa e,
dunque, per verificare l’eventuale ripetersi di quanto constatato in precedenza: fuga,
nuovo posizionamento, ripresa dell’attività illecita (dich. Verde e Chessa);
•
dopo che l’auto di servizio era rientrata nella piazza (con le medesime modalità già
descritte) i tre militari potevano constatare il ripetersi di quanto avvenuto in
precedenza, osservando questa volta il comportamento tenuto da ciascuno dei soggetti
fin dal momento dell’ingresso dell’auto d’istituto: urla delle vedette, fuga di tutti i
protagonisti dell’attività illecita (con individuazione della via da ciascuno percorsa),
ritorno in loco delle medesime persone dopo circa 15 minuti, breve riunione di tutti i
soggetti per darsi indicazioni, riposizionamento di ciascuno nel medesimo punto in cui
aveva operato in precedenza, svolgimento delle medesime mansioni (dich. Verde e
Chessa);
•
l’ulteriore attività di osservazione, durata alcuni minuti, consentiva di notare un altro
paio di episodi di cessione di stupefacente svolti con le medesime modalità già
rilevate, puntualmente riferiti ai colleghi;
•
i tre militari durante l’intero arco temporale dell’osservazione comunicavano via radio
ai colleghi appostati lungo le vie di accesso le posizioni e le mansioni di ciascuno
degli spacciatori, con indicazione per ciascuno di come erano vestiti, le fattezze
fisiche, tanto altro ancora (dich. Verde e Chessa). I militari che erano in strada, nei tre
punti di accesso, per tutta la durata dell’operazione ricevevano via radio le indicazioni
delle attività delle persone osservate dall’alto (questo individuo vestito così sta
facendo questo e sta facendo quest’altro), con la descrizione delle fattezze fisiche e
dei vestiti indossati da ciascuno; di conseguenza sapevano con precisione le eventuali
vie di fuga di ciascuno dei protagonisti e le fattezze e l’abbigliamento delle persone da
bloccare (dich. Cao, Mencio e Regolo);
18
•
dopo alcuni minuti (nel verbale di arresto sono indicate le ore 12,20) il Mar. Verde
ordinava l’inizio dell’operazione (dich. Verde). L’autovettura con a bordo il Mar.
Iaderosa e il car. Tucci entrava lungo via Fava, provenendo da Viale della resistenza
(accesso n. 1), l’autovettura con i Car. Mencio e Cinquegrana entrava su via Ortese,
provenendo dalla direzione via Cicciotti (accesso n. 2), i carabinieri Cao e Coppetti
(all’esterno dell’auto civetta) e Regolo (alla guida del veicolo) si preparavano a
bloccare la fuga attraverso il colonnato dell’edificio SC3 su via Ghisleri (accesso n.
3);
•
i tre militari in osservazione, osservata la prima fase dell’operazione (irruzione delle
auto e urla delle vedette), scendevano in strada per coadiuvare i colleghi (dich. Verde
e Chessa);
•
la programmazione dell’intervento consentiva ai militari di controllare tutte le vie di
fuga e di bloccare tutti i protagonisti dell’attività delittuosa (dich. Verde). In
particolare:
1. la pattuglia composta dai car. Cao e Coppetti (all’esterno dell’auto) e Regolo
(inizialmente a bordo del veicolo), con l’auto civetta ferma su via Ghisleri per
controllare la via di fuga attraverso il porticato dell’edificio SC3 (tra via Ortese e
via Ghisleri, accesso n. 3), bloccava il M. F., il V. C. e il C. B.. In particolare:
•
il car. Cao bloccava il M. F. su via Ghisleri, al termine di una breve fuga nel
corso della quale costui attraversavo il citato colonnato (esattamente dove era
atteso dai militari avendo in precedenza effettuato la fuga in quella direzione) e
percorreva alcune centinaia di metri (facendosi “caricare” da un motorino in
transito) lasciando cadere tre stecchette di hashis recuperate e sequestrate nello
spartitraffico di tale via (dich. Cao). Il M. F. veniva riconosciuto, sulla base
della descrizione ricevuta via radio (per fattezze fisiche e per i vestiti
indossati), per colui che svolgeva funzioni di consegna dello stupefacente
(dich. Cao). In dosso al M. F. venivano sequestrati 105 euro in banconote di
piccolo taglio (dich. Cao e Regolo, nonché verbale di sequestro);
•
il car. Coppetti e il car. Regolo (sceso dall’auto e intervenuto a sostegno del
collega) bloccavano V. C. e C. B., individuati per coloro che svolgevano
19
funzioni di vedetta vicino al colonnato (dich. Regolo: sentivamo….le
descrizioni dei soggetti….la prima volta…sono scappate, vedendo la direzione
di fuga…di fatto tre di questi soggetti sono scappati verso la nostra direzione,
nel momento in cui siamo intervenuti tutti quanti, praticamente ce li siamo
travati lì);
2. la pattuglia composta dai car. Mencio e Cinquegrana impegnava, con l’auto d’istituto,
via Ortese (provenienza Via Cicciotti) bloccando (accesso n. 2) lo Z. P.. Quest’ultimo
veniva riconosciuto, sulla base dell’abbigliamento che era stato descritto dai tre
militari che osservavano la scena dall’alto, per colui che svolgeva funzioni di vedetta
in quella zona per cui “appena entrati lo riconoscevamo bloccavamo e identificavamo
(dich. Mencio). La persona bloccata alla vista dei militari era un po’ agitato…cercava
di allontanarsi per far perdere le sue tracce…a passo veloce, nonostante ciò veniva
bloccato senza offrire resistenza (dich. Mencio);
3. la pattuglia composta dal mar. Iaderosa e dal car. Tucci impegnava, con l’auto
d’istituto, via G. Fava -da viale della Resistenza- (acceso n. 1), bloccando gli altri
imputati, D.A. F. e M. I. (circostanza che, pur se non direttamente riferita al
dibattimento, si deduce dalle dichiarazioni dei carabinieri appartenenti alle altre due
pattuglie -che fermavano altri imputati- e dalla direzione percorsa che portava i due
militari esattamente verso il posto impegnato dal D.A. F. e del M. I.);
•
i tre militari scesi per strada coadiuvavano i colleghi intervenuti e riconoscevano tutte le
persone fermate per coloro che erano stati osservati con le mansioni descritte verificando
le fattezze fisiche e come erano vestite (dich. Verde, Chessa e Regolo. Cfr. in particolare
le dichiarazioni del mar. Verde che ha affermata di avere riconosciuto nell’immediatezza
il M. F. per colui che consegnava la droga, lo D.A. F. per colui che riscuoteva i soldi, gli
altri per coloro che svolgevano mansioni di vedetta);
•
all’esito dell’operazione venivano sequestrate (dich. Verde e verbale di sequestro):
•
occultati, sotto il telone posto nelle adiacenze del gazebo, 10 panetti di hashish del
peso di gr. 992,5, 50 stecchette di hashish del peso di gr. 123,5, 198 bustine contenenti
marjuana, 1 bustina contenente g. 2 di cocaina;
•
sulla persona dello D.A. F. 175 euro in banconote di vario taglio;
20
•
•
sulla persona del M. F. 105 euro in banconote di vario taglio;
lo stupefacente sequestrato veniva analizzato risultando la qualità e quantità riportata
nell’imputazione (dich. Russo, particolarmente esperto nel settore, le cui risultanze non
sono state contestate)
3 - Le ricostruzione dei fatti, anche con riferimento alle osservazioni difensive.
La ricostruzione dei fatti operata sulla base delle dichiarazioni dei carabinieri intervenuti
va sottoposta a vaglio critico, anche sulla base delle allegazioni degli imputati e delle
osservazioni dei difensori.
Le ragioni per cui i Carabinieri si determinavano a intervenire quel giorno e in quel
luogo (su cui ha ripetutamente posto interrogativi una della difesa nel corso dell’esame dei
militari) sono, evidentemente, irrilevanti ai fini del presente giudizio, non solo perché
trattasi di scelte di ordine operativo, rientranti nella discrezionalità (tecnica) della polizia
giudiziaria, ma soprattutto perché in questa sede occorre accertare la responsabilità penale
degli imputati.
Del resto, al di là di mere e non motivate perplessità manifestate dalla citata difesa,
nulla di concreto è stato rappresentato per potere desumere elementi tali da incidere sulla
ricostruzione delle modalità operative che hanno condotto all’arresto degli imputati.
In ordine alla credibilità della ricostruzione, rileva il Collegio che le dichiarazioni
rese da tutti i carabinieri esaminati appaiono complessivamente coerenti, reciprocamente
riscontrate e corrispondenti allo stato dei luoghi accertato anche attraverso la perizia
disposta dal Tribunale.
Non solo, dunque, vanno richiamati gli ordinari principi in tema di valutazione dei testi
(che appare superfluo ripercorrere), ma va sottolineato il reciproco riscontro delle
dichiarazioni rese dai carabinieri esaminati con riferimento a tutte le fasi relative alla
complessa operazione di polizia giudiziaria, predisposta e svolta con particolare perizia per
la necessità di procedere a un’attività repressiva di spaccio di stupefacenti svolta in luogo
facilmente controllabile dai protagonisti dell’attività illecita attraverso la vigilanza
predisposta.
21
L’attenta organizzazione, la predisposizione di un numero adeguato di militari, una
prolungata attività di osservazione condotta da più carabinieri, costantemente riferita ai
colleghi che dovevano bloccare i protagonisti dell’attività delinquenziale, dimostrano la
particolare perizia della polizia giudiziaria in un contesto che, notoriamente, rende difficili
interventi con esito positivo. Una perizia che trova riscontro anche nel sequestro di un
consistente quantitativo di stupefacente occultato sotto un telone, esattamente nei pressi
dell’attività di spaccio osservata, che dimostra la complessità e articolazione dell’attività
illecita in atto.
Alcuni contrasti, peraltro tutti sanati laddove relativi a punti di mera e astratta possibile
rilevanza, dimostrano la genuinità delle deposizioni ovvero marginali non coincidenti
ricordi derivanti dal tempo trascorso e dalla pluralità di operazioni condotte in questo
delicato settore, cui hanno fatto riferimento gli stessi testi, alcuni intervenuti nei medesimi
luoghi (cfr. dich. Verde e Chessa).
Tutti i testi hanno concordemente riferito le modalità complessive dell’operazione:
organizzazione, azione diversiva dell’auto d’istituto per consentire l’ingresso nella piazza e
nell’edificio SR1 di tre militari, prolungata osservazione dall’alto, ulteriore azione diversiva
per verificate le vie di fuga utilizzate, prosieguo dell’attività criminosa secondo le
medesime modalità, costante descrizione (delle fattezze fisiche, abbigliamento e attività
delle sei persone coinvolte nell’attività criminosa) da parte dei militari che osservavano la
scena ai colleghi appostati, irruzione coordinata, blocco delle sei persone coinvolte
nell’attività delinquenziale, riconoscimento di costoro (per fattezze e abbigliamento) da
parte sia dei militari che avevano ricevuto la descrizione che di coloro che avevano
osservato e descritto le persone coinvolte.
Già gli elementi evidenziati appaiono sufficienti a disattendere le generiche perplessità
avanzate dalla difesa.
Anche un minuzioso esame delle singole fasi dell’operazione sottoposte a vaglio critico
dai difensori dimostra la correttezza della ricostruzione operata.
I testi Verde e Chessa hanno descritto con dovizia di particolari come raggiungevano il
luogo di osservazione nell’edificio SR1 e le modalità con cui effettuavano tale attività. La
22
perizia ha consentito di riscontrare lo stato dei luoghi (descritto in precedenza)3 e la visuale
che si offriva agli operanti.
Il teste Verde ha parlato del cancello carrabile (sempre aperto) attraversato su via Fava,
entrambi i testi hanno descritto il portone d’ingresso e l’androne (con cassa scale e
ascensore) e, soprattutto, hanno fatto riferimento alla visuale libera che consentiva
un’ottimale attività di osservazione descritta costantemente a tutti i militari posizionati
intorno al luogo di spaccio.
Tali elementi appaiono, invero, sufficienti a ritenere superate le divergenze tra i due testi
che, evidentemente, non potevano che riferire ai colleghi circostanze direttamente
apprezzate e riscontrate (quanto alle fattezze e ai vestiti delle persone fermate) all’atto
dell’irruzione nella piazza.
Peraltro, le divergenze sono state anche complessivamente sanate all’esito dell’ulteriore
esame svolto a seguito del rinnovo dell’istruttoria dibattimentale:
•
il Verde all’udienza dell’11.3.10 e del 7.10.10 ha affermato che il portone d’ingresso
dell’edificio SR1 era stato trovato chiuso e che bussarono al citofono, facendosi aprire
con un espediente (intervento del 118), così come il Chessa -che inizialmente (ud.
22.4.10) ha affermato che il portone era aperto- successivamente (ud. 7.10.10) ha sanato
ogni contrasto (peraltro irrilevante) dichiarando di avere superato l’ingresso (trovato
socchiuso) poco dopo il Verde e il Verrucciu;
3
“l’edificio SR1, un fabbricato di tredici piani oltre il piano terra, è posizionato sulla sinistra (guardando le
planimetrie). L’area di pertinenza di tale edificio è delimitata da una recinzione con doppio accesso, sia
carrabile che pedonale, uno su via G. Fava (cfr. allegato n°1 foto n°34) e l’altro su via A. Ortese (cfr.
allegato n°1 foto n°35).
• all’edificio si accede, attraversato uno dei due accessi carrabili, tramite un unico portone (in ferro e
vetro), con citofono, posizionato all’interno del porticato al piano terra (cfr. allegato n°1 foto n°4-36);
• dal citato portone si accede ad un piccolo androne che disimpegna la cassa scale (cfr. allegato n°1 foto
n°46), posta immediatamente a sinistra per chi entra, e ove sono presenti due ascensori (cfr. allegato
n°1 foto n°45);
• per raggiungere il terrazzo di copertura, posto al 14° livello, vi sono due opzioni di percorso, la prima a
mezzo delle scale che servono tutti e tredici i livelli abitativi, la seconda a mezzo degli ascensori che
raggiungono il 13° livello. Giunti al pianerottolo condominiale del 13° piano (cfr. allegato n°1 foto
n°47,48), per raggiungere il 14° livello, quello del terrazzo, occorre impegnare un ultimo rampante di
scale posto in verticale sulla cassa scale (cfr. allegato n°1 foto n°49), in prosieguo della stessa. Al
termine di tale rampante, si trova immediatamente sulla destra una porta in metallo;
• il terrazzo copre tutta la superficie che il fabbricato occupa in pianta (pari a circa mq. 740);
• dal terrazzo vi è piena e libera visuale dell’area sottostante, vale a dire dell’intera piazza e delle vie di
accesso”.
23
•
il Verde ha sempre affermato (ud. 11.3.10, 7.10.10, 20.1.11) che dopo avere
attraversato il portone d’ingresso raggiunsero, utilizzando l’ascensore, il terrazzo
condominiale posto sull’edificio. Il Chessa inizialmente ha affermato che tramite le
scale raggiunsero il primo piano dell’edificio da cui fu osservata l’attività di spaccio
attraverso un finestrone presente nel ballatoio condominiale (ud. 22.4.10);
successivamente ha ricostruito i fatti allo stesso modo del Verde, affermando che
l’attività di osservazione fu svolta dal tetto dell’edificio (ud. 7.10.10).
E’ stato sanato, dunque, il contrasto, peraltro irrilevante non potendo porsi in dubbio
l’attività di osservazione inequivocabilmente risultante dagli elementi raccolti, svolta
certamente sul terrazzo (il Verde, anche a fronte delle serrate contestazioni dei
difensori, ha ribadito -ud. 20.1.11- “… anche perché era l’unico modo per potere avere
una visuale ampia e totale dell’area).
Del resto è evidente che la prima versione del Chessa è frutto di errore dovuto a
precedenti operazioni di PG, avendo il perito accertato che dal primo piano dell’edificio
SR1 non vi è possibilità di osservare l’area ove avveniva lo spaccio4;
•
quanto alla porta d’ingresso del terrazzo appare irrilevante la circostanza che la stessa
sia stata trovata aperta (come affermato dal Verde all’udienza dell’11.3.10) ovvero
chiusa (così come rinvenuta dal perito) e perciò eventualmente fatta aprire (dopo essersi
qualificati) dal condomino dell’ultimo piano in possesso delle chiavi (dich. Verde ud.
20.1.11), trattandosi di elemento ininfluente in considerazione dell’effettività
4
“L’edificio SR1, come anzidetto nella risposta al quesito B lettera a), ha un’unica scala e due ascensori che
sono di servizio ai piani residenziali. Per raggiungere il primo piano o si usa la scala condominiale,
superando tre soli rampanti, o si utilizzano gli ascensori. Giunti sul pianerottolo del primo piano ci si trova
in un disimpegno ove sbarcano i due ascensori (cfr. allegato n°1 foto n°53) e dove sui due lati di questi,
destro e sinistro, si rileva la presenza di due finestrini, della larghezza di circa cm. 70 cadauno ad anta
unica, con telaio in ferro e vetro stampato del tipo retinato di sicurezza. Il finestrino alla sinistra degli
ascensori risulta mancante di maniglia e sigillato da una saldatura (cfr. allegato n°1 foto n°57). Quello alla
destra degli ascensori è completo e funzionante (cfr. allegato n°1 foto n°55). Alla destra degli ascensori il
corridoio condominiale (cfr. allegato n°1 foto n°54) prosegue e consente l’accesso ad altri due alloggi, in
tale corridoio si rileva la presenza di un finestrone (cfr. allegato n°1 foto n°58), della larghezza di circa cm.
190 a tre ante di cui due apribili, con telaio in ferro e vetro trasparente. Per i primi due finestrini, quelli ai
lati degli ascensori, solo da quello a destra, se aperto, si può avere una veduta verso l’esterno; tale veduta
per la sua posizione è da definirsi estremamente limitata, la visione consentita è quella di una parte
estremamente limitata dell’area “giardinetti” (cfr. allegato n°1 foto n°56). Il terzo finestrone, consente
liberamente la veduta verso l’esterno (cfr. allegato n°1 foto n°59) ma, anche in questo caso, per la sua
posizione la veduta è limitata; in questo caso si può avere una visione molto parziale del colonnato
dell’edificio SC3 (cfr. allegato n°1 foto n°60)”.
24
dell’attività di osservazione e della pluralità di operazioni svolte in quel luogo in
occasione delle quali il portoncino fu trovato aperto (cfr. dich. Verde del 20.1.11);
•
irrilevante appare, per la sua marginalità, la lieve divergenza in ordine all’utilizzo di
uno (dich. Verde) o più (dich. Chessa) binocoli.
Va ricordato, infine, che il perito ha descritto lo stato dei luoghi (dall’accesso
dall’esterno al raggiungimento del terrazzo) in modo corrispondente a quanto
complessivamente riferito dai testi e, soprattutto ha univocamente rilevato che dal terrazzo
dell’edificio si ha, come affermato dagli operanti, una ampia, piena e libera visuale
dell’intera area ove veniva posta in essere l’attività delinquenziale5 e che i punti in cui si
trovavano le singole persone osservate e poi fermate erano poste a non lunga distanza6, tra
5
Dal terrazzo di copertura dell’edificio SR1, in particolare dal lato a ridosso dell’SC3 vi è piena visuale
dell’area sottostante; in particolare sono visibili i punti di cui al quesito A sub a) a1) (cfr. allegato n°1 foto
n°50); per la statua di Padre Pio, è visibile il gazebo che la contiene (la statua vera e propria è visibile solo
da chi vi si pone di fronte sulla strada) (cfr. allegato n°1 foto n°50); per il gazebo risulta visibile la copertura
dello stesso (non le cose o le persone che eventualmente vi stazionassero all’interno) (cfr. allegato n°1 foto
n°50); per le vie d’accesso alla piazza, anche queste sono tutte visibili: quella da via G. Fava-Viale della
Resistenza e quella da via A. Ortese (lato via Ciccotti), sono altresì ben visibili gli ulteriori accessi alla
piazza attraverso il colonnato dell’edificio SC3 (cfr. allegato n°1 foto n°50,51,52). E’ da rilevare la presenza
di un gruppo di alberi a medio fusto che riducono, parzialmente, la visibilità dei due gazebi. I punti
richiamati del quesito a), a1) corrispondono alle posizoioni delle persone osservate nell’attività di spaccio.
6
Lo scrivente, nel corso dei sopralluoghi, ha provveduto a rilevare l’edificio SR1, restituendo graficamente
quanto
rilevato, indi ha realizzato in CAD un modello in 3D e lo ha posizionato sul rilievo planimetrico della piazza
ove sono
individuati gli elementi salienti da cui calcolare le distanze (cfr. allegato n°12). Le distanze misurate dal
terrazzo posto
all’ultimo piano dell’Edificio SR1, pertanto sono:
- al punto A: Mt.46;
- al punto B: Mt.44;
- al punto C: Mt.45;
- al punto D: Mt.80;
- al punto E: Mt.70;
- al punto S: Mt.55;
ed inoltre la distanza dal terrazzo suddetto alla statua di Padre Pio è di Mt.50, e la distanza dal terrazzo al
gazebo è di Mt.47. La distanza dal terrazzo agli ingressi carrabili è per l’ingresso da via G. Fava Mt.65, per
l’ingresso da via A.
Ortese (provenendo da via Ciccotti) è di Mt.180. Gli accessi carrabili individuati attraverso il colonnato
dell’edificio SC3 sono ad una distanza variabile fra Mt.120 e Mt.60.
Va precisato che, come risulta dai quesiti:
• il punto A corrisponde alla posizione indicata dalla polizia giudiziaria per D.A. F.,
• il punto B corrisponde dalla posizione indicata dalla polizia giudiziaria per M. I.,
• il punto C corrisponde dalla posizione indicata dalla polizia giudiziaria per Z. P.,
• il punto D corrisponde dalla posizione indicata dalla polizia giudiziaria per Vicino,
• il punto E corrisponde dalla posizione indicata dalla polizia giudiziaria per Cibelli,
• il punto S corrisponde dalla posizione indicata dalla polizia giudiziaria per M. F..
25
46 e 55 metri, certamente tale da consentire (nella mattinata di una bella giornata) di
osservare fattezze e abbigliamento dei protagonisti dell’illecita attività realizzata per un
lungo arco temporale (circa un’ora).
Le ulteriori doglianze dei difensori appaiono estremamente marginali e inidonee a
confutare la complessiva ricostruzione dagli operanti:
•
la mancata identificazione dei tossicodipendenti trova ampia giustificazione sia nella
fase dell’osservazione, quando avrebbe rischiato di compromettere la sorpresa
nell’irruzione nella piazza, che all’atto dell’intervento in cui i militari erano impegnati
nel bloccare ben sei persone in un’ampia area;
•
alcune imprecisioni nella descrizione dello stato dei luoghi appaiono assolutamente
marginali;
•
il riferimento all’utilizzo di un blocco notes per annotare la descrizione delle persone da
bloccare, ammessa da Chessa ed esclusa da Mencio, oltre a essere irrilevante, trova
spiegazione nel fatto che costoro facevano parte di due diverse pattuglie.
4 - La responsabilità dei singoli imputati.
Accertata la piena credibilità della ricostruzione operata dai Carabinieri, anche all’esito
dell’esame delle osservazioni critiche della difesa, occorre valutare la tesi difensiva di
ciascuno degli imputati in una prospettiva di corretta verifica delle emergenze
dibattimentali all’esito dell’esame dagli appartenenti alla polizia giudiziaria (non solo in
ordine alla complessa attività svolta ma) anche in ordine alla identificazione di ciascuno
degli imputati per colui che aveva posto l’attività illecita osservata dall’alto. Rileva in
proposito il Collegio che sottoposta ad attento vaglio critico, con esito ampiamente
positivo, l’attività svolta con perizia dai carabinieri l’unico dubbio che può essere
prospettato è quello della coincidenza dei soggetti fermati con quelli osservati dall’alto, non
potendo escludersi astrattamente eventuali errori inconsapevoli dovuti alle fasi concitate
dell’intervento che interessava una vasta area e impegnava più soggetti.
Peraltro le tesi difensive vanno verificate alla luce della ricostruzione complessiva
accertata dal tribunale (di cui si è dato conto in modo approfondito), avendo i tre militari
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osservato da un punto in cui vi era un’ottima visibilità, per un lungo arco temporale, le
condotte dei soggetti coinvolti, prendendo nota delle fattezze fisiche e dell'’abbigliamento
di ciascuno; tali dati venivano costantemente riferiti via radio ai colleghi che erano posti in
condizione di bloccare le persone di cui avevano ricevuto la descrizione e che attendevano
o di cui prevedevano la via di fuga; infine i tre militari riconoscevano i singoli fermati per
coloro che avevano osservato e riscontravano l’attività delinquenziale col sequestro di un
consistente quantitativo di stupefacente.
In definitiva l’accurata opera di organizzazione, realizzazione ed esecuzione
dell’operazione evidenzia l’assoluta marginalità dei possibili errori di identificazione,
comunque da verificare approfonditamente in questa fase in cui la responsabilità deve
essere accertata al di là di ogni ragionevole dubbio.
Il M. F. (minorenne per cui si è proceduto separatamente e la cui posizione deve essere
valutata ai fini della configurabilità delle contestate aggravanti) ricopriva il ruolo di colui
che consegnava lo stupefacente ai tossicodipendenti, dopo che costoro erano stati
controllati dalla vedetta e avevano corrisposto l’importo per l’acquisto al complice.
L’imputato, che
prelevava la droga dal gazebo (nascosta sotto un telone), all’atto
dell’irruzione veniva bloccato al termine di una precipitosa fuga di alcune centinaia di
metri, dopo avere abbandonato tre stecchette di hashish.
Il ruolo del M. F. osservato dai carabinieri dall’alto (come colui che consegnava la
droga) è riscontrato, oltre che dalla precipitosa fuga, dall’essere stato costui colto in
possesso di tre stecchette di hashish, quantitativo limitato detenuto per consegnarlo agli
acquirenti. Anche la via di fuga utilizzata dall’imputato corrisponde esattamente a quella
ipotizzata dai militari (sulla base della precedente fuga osservata dall’alto), tanto che il
Mar. Cao lo individuava con immediatezza (sulla base delle fattezze fisiche e, soprattutto,
dell’abbigliamento) appena attraversava il colonnato dell’edificio SC3 (via di accesso su
indicata col n. 3) e impegnava via Ghisleri.
La fuga del minore, infine, è compatibile con il luogo in cui svolgeva l’attività criminosa
indicata dai militari (nei pressi della statua e del gazebo, indicato con la lettera “S” nella
foto n. 1 e nelle planimetrie riprodotte), percorrendo un breve tratto di via Ortese,
27
raggiungendo il colonnato dell’edificio SC3 nel punto in cui consente il passaggio su via
Ghisleri, attraversando il varco e proseguendo sulla citata via Ghisleri.
Il D.A. F., indicato come colui che riceveva i soldi dai tossicodipendenti e che li
indirizzava verso il M. F., ha dichiarato di essere partito da Arzano (ove abita) a bordo di
una bicicletta e di essere giunto nella piazza alle 11,30 per comprare (così come aveva già
fatto in passato) dello stupefacente; per circa mezz’ora rimaneva fermo nel giardinetto in
attesa dell’arrivo di un polacco che doveva vendergli la droga; poi vedendo delle persone
che scappavano si spostava alla palazzina di fronte e mentre saliva veniva bloccato. Ha
affermato che ha la necessità di assumere una dose di droga al giorno, del costo di 13 euro,
pagata col provento di un lavoro precario che gli consente di guadagnare circa 200-300 al
mese.
Il luogo in cui l’imputato afferma essersi trattenuto (in attesa del polacco) coincide con
quello in cui i carabinieri affermano di averlo visto riscuotere i soldi dai tossicodipendenti
che acquistavano lo stupefacente (su via Fava, innanzi all’edificio SR1; nelle foto riportata
supra e nelle planimetrie indicato con la lettera “A”),
Il punto ove il D.A. F. afferma essere stato bloccato (per i carabinieri nei pressi del
medesimo luogo ove è stato osservato svolgere l’illecita attività) non è riferito da costui
con chiarezza, non potendosi individuare una palazzina di fronte ai giardinetti, in quanto
nessuno degli edifici che insistono sulla piazza consente l’ingresso dalla medesima piazza
(l’edificio SR1 -innanzi al quale pacificamente si trovava l’imputato- ha ingressi laterali da
via Ortese a da via Fava, l’edificio SC3 ha accessi da via Ghisleri, all’edificio SC1 si
accede da via Fava nella parte esterna alla piazza)
La tesi difensiva dell’imputato appare, con immediatezza, inverosimile. La presenza in
loco per circa mezz’ora in attesa di uno spacciatore contrasta con l’osservazione dei militari
che hanno constatato la presenza di vedette e di due persone che provvedevano una a
ritirare i soldi l’altra a consegnare lo stupefacente, sicchè se l’imputato realmente si fosse
recato sul posto (a lui noto come piazza di spaccio) per acquistare droga avrebbe potuto
farlo immediatamente, senza necessità di attendere l’arrivo di qualcuno. Del resto la
presenza sulla sua persona di ben 175 euro appare incompatibile con le disponibilità
finanziarie da lui stesso dichiarate non floride (guadagno di circa 200-300 euro al mese),
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essendo inverosimile che portasse con se il ricavato di quasi un mese di lavoro per
acquistare una dose del costo di soli 13 euro.
Infine, il luogo in cui l’imputato è stato fermato (su via Fava, innanzi all’edificio SR1)
dalla pattuglia composta dai car. Tucci e Iaderosa (provenienti dall’accesso su indicato col
n. 1) è pienamente compatibile col luogo (attiguo) ove svolgeva l’attività criminale
osservata dall’alto (su via Fava, innanzi all’edificio SR1; nelle foto riportata supra e nelle
planimetrie indicato con la lettera “A”).
Può agevolmente affermarsi, dunque, la responsabilità dell’imputato, fermato (per sua
stessa ammissione) nei pressi del punto in cui era stato a lungo osservato dall’alto dai
militari dall’alto e con in dosso un consistente importo di danaro che conferma il ruolo
(descritto dai carabinieri) di colui verso il quale venivano indirizzati dalle vedette i
tossicodipendenti e che riceveva da costoro il denaro per poi avviarli verso il M. F..
L’accertata responsabilità dello D.A. F. (al pari di quella del M. F.) conferma non solo
l’attenta attività di osservazione ma anche l’accuratezza dell’attività esecutiva diretta ad
arrestare i responsabili, essendo stato l’imputato bloccato
dai carabinieri
grazie alla
descrizione dei colleghi che si trovavano sul terrazzo che, a loro volta, riconoscevano lo
stesso imputato appena scesi per strada.
Z. P. e M. I. hanno fornito una versione coincidente.
Lo Z. P., indicato come colui che svolgeva funzioni di vedetta all’altezza dell’accesso
n. 2, via Ortese-provenienza via Cicciotti, ha dichiarato di essersi trasferito prima in
Veneto e poi dal 2008 ad Arezzo ad aiutare il fratello nella gestione di un’impresa, pur se
una volta al mese tornava dai genitori (ad Acerra) dovendo riscuotere l’indennità di
disoccupazione presso l’ufficio del lavoro di Pomigliano d’Arco. Ospitato dai genitori il
12.10.09, la mattina del successivo 13 si era recato presso il citato ufficio, pur se non
ricordava se aveva riscosso l’importo perché talvolta il pagamento veniva rinviato; rientrato
in Acerra aveva incontrato (casualmente) il M. I. (amico da lunga data, in visita dai suoi
genitori, abitanti sempre in Acerra) che gli aveva chiesto di accompagnarlo a Napoli dai
suoceri. Portava il M. I., la moglie e i due figli a via Ghisleri alle ore 12 circa; dopo avere
parcheggiato l’auto sotto l’abitazione dei suoceri del M. I., la donna e i bambini salivano
dai familiari, mentre lui si tratteneva alcuni istanti col M. I. vicino all’auto; in quel
29
momento vedeva delle persone che fuggivano (una, in particolare, veniva bloccata dai
carabinieri) e, mentre era fermo col M. I., veniva bloccato dai militari.
Il Tribunale ha acquisito, ai sensi dell’art. 507 c.p.p., certificazione da cui risulta che lo
Z. P. è beneficiario di indennità mensile di disoccupazione dall’agosto 2009, liquidata
dall’INPS di Nola, riscossa presso l’ufficio postale di Acerra (cfr. note CC Pomigliano
d’Arco del 9.12.10 e CC Acerra dell’8.1.11 e relativi allegati). Risulta dai documenti
acquisiti che nel mese di ottobre del 2009 il bonifico emesso il 9.10.09 (disponibile da tale
data come da “prestazioni in pagamento per l’anno 2009”, allegato alla nota CC Pomigliano
d’Arco del 9.12.10) veniva riscosso presso l’ufficio postale di Acerra il giorno 20 ottobre
2009 alle ore 10.10 (cfr. allegato alla nota CC Acerra dell’8.1.11).
Il M. I., indicato come colui che svolgeva funzioni di vedetta all’altezza dell’accesso
n. 1, via Fava provenienza viale della Resistenza, ha sostanzialmente confermato la
versione dello Z. P. con qualche lieve divergenza sulle fasi dell’arresto relative ad altre
persone. Pur se tra qualche confusione ha fatto riferimento all’arresto di un ragazzo
(all’esito di una fuga) e di una seconda persona; solo dopo che le altre (sembra) due
persone erano state fatte salire dai carabinieri su un’auto lui e lo Z. P. erano stati invitati a
seguire i militari (“Favorisca i documenti” ce li abbiamo favoriti, anche quell’altro
Carabiniere è scappato dietro a quell’altro, poi li hanno messi in macchina. Poi sono
passati e io mi sono butatoi davanti alla macchina..”).
La difesa ha depositato certificazioni anagrafiche da cui risultano i seguenti dati:
a) Montefusco Ciro abita in via Ghisleri, Lotto S, isol C3 (cert. di stato di famiglia del
3.10.11, prodotto all’udienza del 4.11.10);
b) Montefusco Ciro è il padre di Montefusco Rosaria, coniugata con Cestari Antonio,
residenti entrambi in Napoli-Secondigliano, Traversa 1 Duca degli Abruzzi (cert. di
stato di famiglia del 3.11.10, prodotto all’udienza del 4.11.10);
c) Montefusco Rosaria e Cestari Antonio sono i genitori di Cestari Emilia (cert.
integrale di stato di famiglia dell’8.11.10, prodotto all’udienza del 20.1.11):
d) Cestari Emilia è la moglie del M. I., da cui ha avuto due figlie e con cui risiede in
Acerra (cert. stato di famiglia e residenza prodotto all’udienza del 20.1.11).
In definitiva in via Ghisleri abitano i nonni della moglie del M. I. e non i suoceri,
residenti altrove.
30
Il perito ha accertato che l’abitazione di Montefusco Ciro è sita al 4° piano, scala B),
dell’edificio SC3, (cfr. planimetria allegato n°10). A tale scala si accede dall’unico portone
sito su via Ghisleri (perciò all’esterno della piazza), in corrispondenza del colonnato che
consente di entrare nella piazza (su via Ortese).
Lo stesso perito ha indicato il punto in cui affermano essere stati fermati gli imputati,
vale a dire all’esterno della piazza, in corrispondenza del portone d’ingresso dell’abitazione
dei familiari del primo; luogo radicalmente diverso da quello in cui secondo i militari i due
sono stati osservati porre in essere l’attività di vedetta e nei cui pressi sono stati fermati: il
M. I. su via G. Fava, innanzi all’edificio SR1 (punto “B” della foto e delle planimetrie), lo
Z. P. su via Ortese, innanzi all’edificio SC3 -tra gli ingressi delle scale A e B che, però,
insistono sul fronte opposto dell’edificio che affaccia su via Ghisleri- (punto “C” della foto
e delle planimetrie).
La planimetria che segue (allegato 11 della perizia) rappresenta con precisione i punti in
cui i due imputati dichiarano essere stati fermati, riportato col n. 3 (sostanzialmente
coincidente, come si vedrà oltre, con i punti ove dichiarano essere stati bloccati il V. C. e il
C. B.) e quelli ove i carabinieri affermano averli visti svolgere l’attività illecita e nei cui
pressi sono stati fermati (indicati, come detto, con le lettere “B” il M. I. e “C” lo Z. P.).
31
Orbene, ritiene il Collegio di potere affermare la penale responsabilità dei due imputati
anche all’esito dell’esame delle tesi difensive.
La mera residenza in loco di familiari del M. I. (scala B dell’edificio SC3, con ingresso su
via Ghisleri) è elemento (ritenuta l’irrilevanza della lieve discordanza della natura del
rapporto di parentela -nonni del coniuge e non suoceri-) di per sé neutro, non idoneo a
suffragare la tesi difensiva, essendo evidente che ben poteva svolgersi attività
delinquenziale in quei luoghi. Anzi la presenza in loco di familiari può essere indicativa
della conoscenza di quei luoghi e dei relativi contesti ambientali (e criminali).
L’eventuale presenza in loco (peraltro solo allegata) per consentire (al M. I., moglie e
figli) la visita di stretti familiari (e allo Z. P. di accompagnare costoro) è compatibile con la
commissione della contestata attività illecita sul posto, anche per un tempo prolungato
(circa un’ora e mezzo accertata dai carabinieri), ben potendo la stessa essere posta in essere
mentre i componenti della famiglia (moglie e figli) erano in visita dai familiari.
32
Anche la circostanza indicata dallo Z. P., relativa all’essersi recato la stessa mattina presso
un ufficio per riscuotere l’indennità di disoccupazione, è circostanza di per sé compatibile
con la presenza in loco dalle ore 11. Sulla credibilità in ordine a tale circostanza, laddove si
volesse sostenere che si era recato a riscuotere la somma in orario incompatibile con la
presenza sul posto dalle 11 alle 12,30, gli accertamenti disposti dal Tribunale hanno
evidenziato l’effettiva percezione dell’indennità, ma presso l’ufficio postale di Acerra (e
non di Pomigliano d’Arco) e , soprattutto, che quel mese fu riscossa solo il successivo 20
ottobre, pur essendo disponibile il bonifico fin dal 9 ottobre. Non appare, pertanto, credibile
lo Z. P. quando vuole creare un alibi paventando (ma, non a caso, non affermando con
certezza) che si sarebbe recato a riscuotere la somma poco prima di recarsi a via Ghisleri.
Egualmente inconferente è la prospettazione relativa all’essersi l’imputato da tempo
trasferito altrove. Pur se tale circostanza è in parte riscontrata (cfr. residenza dichiarata
all’atto dell’arresto -in Marciano Della Chiana, provincia di Arezzo- , cert. penale da cui
risulta un lieve precedente in Villafranca in Lunigiana in data 28.9.01, estratto contributivo
INPS allegato alla citata nota CC Somigliano da cui risultano fino al 2008 rapporti di
lavoro dipendente presumibilmente fuori Campania) è indubitabile che da alcuni mesi (per
ammissione dell’imputato, confermata dai dati relativi all’indennità di disoccupazione) lo
Z. P. rientrava frequentemente in Acerra, sicchè la presenza in tale comune è congruente
con lo svolgimento di attività illecita nella limitrofa Napoli, in un luogo che non doveva
essergli sconosciuto avendo amici da lunga data, come il M. I., che frequentavano tale area.
Del resto il ruolo di vedetta è ben possibile, per le mansioni svolte, che sia ricoperto in
modo non continuativo purchè ci si trovi in presenza di persona affidabile, e tale poteva
essere l’imputato proprio perché sostanzialmente incensurato e residente altrove.
La versione dello Z. P. e del M. I. appare anche intrinsecamente poco credibile (oltre,
come si è detto, a non essere riscontrata in alcun modo). Perplessità genera la casualità
dell’incontro tra i due, così come la pronta disponibilità dello Z. P. ad accompagnare
l’amico da Acerra a Napoli-via Ghisleri (una distanza di circa 15-18 km, percorribile in non
meno di 30 minuti) per poi subito andare via. Così come non verosimile appare la dinamica
descritta, dell’essere arrivati in loco, facendo scendere la moglie del M. I. e i figli che si
avviavano nell’edificio per fare visita ai familiari, rimanendo i due imputati vicino all’auto
33
per salutarsi: esattamente in quel momento, a loro avviso, si sarebbe verificato l’intervento
dei carabinieri.
Alla non credibilità della versione difensiva si contrappone l’univoca ricostruzione dei
fatti operata grazie alle dichiarazioni convergenti dei carabinieri intervenuti.
Si è descritta, in precedenza, la modalità con cui fu organizzata, predisposta ed eseguita
l’operazione, attraverso un’attenta osservazione dell’operato delle persone coinvolte
nell’attività illegale, l’accertamento delle loro fattezze fisiche e abbigliamento, la
descrizione fatta ai colleghi che, pronti a intervenire, erano in grado di riconoscere con
immediatezza le persone da bloccare.
Infatti il M. I. veniva bloccato esattamente ove svolgeva l’attività di vedetta. Medesimo
compito affidato allo Z. P., in luogo molto distante da quello ove era il M. I..
La circostanza relativa all’arresto operato in luoghi estremamente distanti da quello
(coincidente) indicato dagli imputati rende ulteriormente non credibile la versione di
costoro.
Qualsivoglia dubbio, infine, viene meno anche per le dichiarazioni del teste Mencio (che
col collega Cinquegrana impegnava, con l’auto d’istituto, via Ortese-provenienza Via
Cicciotti) bloccando (all’accesso n. 2) lo Z. P.. Il teste ha univocamente affermato che
l’imputato veniva riconosciuto, sulla base dell’abbigliamento che era stato descritto dai tre
militari che osservavano la scena dall’alto, per colui che svolgeva funzioni di vedetta in
quella zona; di conseguenza “appena entrati” nella zona ove si trovava la vedetta lo
riconoscevano bloccavano e identificavano. L’impossibilità che vi sia stato un errore di
persona emerge, ancora una volta, dalle dichiarazioni del teste quando afferma che la
persona bloccata alla vista dei militari era un po’ agitato…cercava di allontanarsi per far
perdere le sue tracce…a passo veloce.
La ricostruzione del teste Mencio, infine, collima pienamente con le dichiarazioni dei testi
Regolo e Cao che affermano di avere bloccato su via Ghisleri (ove lo Z. P. e il M. I.
dichiarano essere stati arrestati) il M. F. -dopo la breve fuga (interrotta dal carabiniere
Cao)- nonché il V. C. e il C. B. (tra loro poco distanti), individuati per coloro che
svolgevano funzioni di vedetta vicino al colonnato (dich. Regolo: sentivamo….le
descrizioni dei soggetti….la prima volta…sono scappate, vedendo la direzione di fuga…di
fatto tre di questi soggetti sono scappati verso la nostra direzione, nel momento in cui
34
siamo intervenuti tutti quanti, praticamente ce li siamo travati lì). Se solo tre persone
venivano bloccate dopo il colonnato dell’edificio SC3, su via Ghisleri, non potevano essere
lì arrestati il M. I. e lo Z. P.
L’inequivoca identificazione dello Z. P., bloccato su via Ortese, fa venire meno qualsiasi
dubbio anche in ordine alla individuazione del M. I., avendo costoro affermato di essere
stati bloccati insieme in altro luogo.
Nessun dubbio, dunque, in ordine alla penale responsabilità del M. I. e dello Z. P., Si
conferma, anche per costoro, la corretta ricostruzione operata dai carabinieri al
dibattimento.
Il V. C., indicato come colui che svolgeva funzioni di vedetta dall’accesso n. 3, su via
Ortese, colonnato edificio SC3, ha dichiarato che quel giorno (come di consueto) si era
recato con la madre (Patricelli Alfonsina) dai nonni, abitanti in via Ghisleri, utilizzando
l’autobus (M54 oppure M34). Dopo circa venti minuti andava via dicendo alla madre che
l’avrebbe attesa giù al palazzo. Mentre aspettava innanzi all’edificio (su via Ghisleri,
all’esterno della piazza), dopo circa quindici minuti veniva fermato dai carabinieri insieme
al C. B. che, però, non conosceva.
Patricelli Alfonsina e Patricelli Antonio, madre e nonno dell’imputato, hanno
sostanzialmente confermato la tesi dell’imputato (ud. 4.11.10). Patricelli Alfonsina ha
aggiunto che avevano utilizzato l’autobus R5 per giungere in loco e che la moglie e i figli
del V. C. quel giorno erano rimasti a casa
Il perito ha accertato che l’abitazione dei Patricelli è sita al 4° piano, scala B,
dell’edificio SC3, (cfr. planimetria allegato n°10), sullo stesso pianerottolo di quella di
Montefusco Ciro (citata in precedenza per Z. P. e M. I.); pertanto vi si accede dall’unico
portone sito su via Ghisleri, esterno alla piazza (non pertanto da via Ortese, interna alla
piazza).
Il perito ha accertato che su via Ghisleri, a circa 50 metri dall’ingresso dell’edificio ove
abitano i Patricelli, vi è la fermata dell’autobus R5; ha anche indicato il punto in cui
afferma essere stato fermato il V. C., vale a dire all’esterno della piazza, in corrispondenza
del portone d’ingresso dell’abitazione dei nonni (scala B); luogo ben diverso da quello in
cui secondo i militari è stato osservato porre in essere l’attività illecita: all’interno della
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piazza, all’altezza dell’accesso n. 1, su via Ortese innanzi al colonnato dell’edificio SC3,
tra le scale C e D.
La planimetria in precedenza riportata (allegato 11 della perizia) indica il luogo in cui
afferma essere stato fermato il V. C. (riportato col n. 1), sostanzialmente vicino al M. I. e
allo Z. P. (e, come vedremo, al C. B.) e quello in cui i carabinieri affermano averlo
osservato e nei cui pressi è stato bloccato (indicato con la lettera “D”).
Rileva il Collegio che l’accertata residenza in loco dei nonni dell’imputato (scala B
dell’edificio SC3) è elemento di per sé neutro, ben potendo essere svolta attività
delinquenziale in quei luoghi. Anzi, come si è detto per il M. I., la presenza in loco di
familiari può essere indicativa della conoscenza di quei luoghi e dei relativi contesti
ambientali (e criminali).
Pur volendo ritenere che la presenza dell’imputato in loco fu originata dalla visita
(allegata attraverso la deposizione della madre e del nonno) programmata ai familiari, la
circostanza è compatibile con la commissione della contestata attività illecita sul posto,
anche per un tempo prolungato (circa un’ora e mezzo accertata dai carabinieri). Invero,
premesso che il V. C. non è preciso (perciò appare non pienamente credibile) nell’indicare
l’autobus utilizzato per recarsi in loco (M54 oppure M34) a differenza della madre (che
riferisce dell’autobus R5, come accertato dal perito), ben potendo la stessa essere posta in
essere dall’imputato mentre la madre si tratteneva con i propri genitori.
In proposito giova ricordare che anche i testi indicati dalla difesa (madre e nonno
dell’imputato) hanno dichiarato che il V. C. veniva bloccato dai carabinieri circa venti
minuti dopo essersi allontanato dall’abitazione; si indica, perciò, un lasso di tempo in cui
l’imputato era solo per strada e ben poteva compiere l’attività illecita contestata, arco
temporale che può essere agevolmente dilatato (dai venti minuti indicati all’ora e mezzo
circa osservata dai carabinieri) tenuto conto che può ritenersi la non piena attendibilità dei
familiari (per comprensibili ragioni non necessariamente ricollegabili a dolo ma anche a
una mera percezione più favorevole al loro stretto familiare) proprio con riferimento al
tempo trascorso. In altre parole è congruente ritenere che il V. C., pur se recatosi sul posto
con la madre, mentre costei era con i nonni, poneva in essere l’attività criminosa nella
piazza consistente in meri compiti di vedetta.
36
Del resto la tesi dell’imputato appare non credibile quando afferma di essere uscito prima
della madre, attendendola per circa venti minuti vicino al portone d’ingresso dell’edificio
dei nonni. Un tempo estremamente lungo, in posizione statica, inverosimile per chi ben
conosceva i luoghi e le persone proprio per la presenza dei nonni.
Alla non credibilità della versione difensiva si contrappone l’univoca ricostruzione dei
fatti operata grazie alle dichiarazioni convergenti dei carabinieri intervenuti.
Si è descritta, in precedenza, la modalità con cui fu organizzata, predisposta ed eseguita
l’operazione, attraverso un’attenta osservazione dell’operato delle persone coinvolte
nell’attività illegale, l’accertamento delle loro fattezze fisiche e abbigliamento, la
descrizione fatta ai colleghi che, pronti a intervenire, erano in grado di riconoscere con
immediatezza le persone da bloccare.
Infatti l’imputato veniva bloccato vicino al luogo ove svolgeva l’attività di vedetta, nei
pressi del colonnato dell’edificio SC3, sostanzialmente coincidente con quello indicato
dall’imputato e dal C. B.. Quest’ultimo luogo, all’esterno del colonnato su via Ghisleri è,
del resto, pienamente compatibile con la versione dei carabinieri che, sulla base
dell’osservazione operata e della precedente fuga, lì attendevano il V. C. (il M. F. e il C.
B.).
I testi Regolo e Cao hanno affermato di avere bloccato su via Ghisleri il M. F. -dopo la
breve fuga (interrotta dal carabiniere Cao)- nonché il V. C. e il C. B. (tra loro poco distanti),
individuati per coloro che svolgevano funzioni di vedetta vicino al colonnato (dich. Regolo:
sentivamo….le descrizioni dei soggetti….la prima volta…sono scappate, vedendo la
direzione di fuga…di fatto tre di questi soggetti sono scappati verso la nostra direzione,
nel momento in cui siamo intervenuti tutti quanti, praticamente ce li siamo travati lì).
Nessun dubbio, dunque, in ordine alla penale responsabilità del V. C.. Conclusione che
conferma, ancora una volta, la corretta ricostruzione operata dai carabinieri al dibattimento.
Il C. B. indicato come colui che svolgeva funzioni di vedetta dall’accesso n. 3, su via
Ortese, colonnato edificio SC3, ha dichiarato che quel giorno si era recato su via Gran
Paradiso, presso il Sert (cui da anni è iscritto perché tossicodipendente), ove aveva ritirato
alle 11,40 una dose di metadone; successivamente, utilizzando l’autobus R5, era giunto nei
pressi della piazza per comprare una dose di stupefacente; si avvicinava al V. C. (che non
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conosceva) e, dopo avere chiesto e ottenuto un euro (per raggiungere la somma di 15 euro
necessaria per la dose), vedeva i carabinieri che rincorrevano un
ragazzo e che
effettuavano dei controlli su varie persone; dopo poco veniva fermato insieme al V. C..
Il perito (oltre ad avere riportato, come visto, la fermata dell’R5 su via Ghisleri) ha
indicato nella planimetria (allegato 11) il punto in cui afferma essere stato fermato il C. B.,
(riportato col n. 2), sostanzialmente vicino al punto in cui hanno dichiarato essere stati
bloccati il M. I., lo Z. P. e il V. C.; luogo diverso da quello in cui secondo i militari è stato
osservato dall’alto e nei cui pressi e stato fermato: (lettera “E”).
La difesa ha prodotto certificazione da cui risulta che il C. B. alle ore 11,40 del 13.9.09
assumeva 100 mg metadone presso il Sert di viale della Resistenza n. 25; al documento è
allegato l’elenco delle assunzioni di metadone da parte dell’imputato presso tale struttura,
con continuità, dal luglio all’ottobre 2009.
Il documento prodotto dimostra che il C. B. era stato presso il vicino Sert, ubicato sullo
stessa viale della Resistenza a distanza di circa un chilometro7 dal luogo ove avveniva lo
spaccio) alle 11,40 circa, di conseguenza solo dopo pochi minuti arrivò nel luogo in esame.
Da tali circostanze risulta che non può affermarsi con certezza che costui abbia pienamente
partecipato all’attività illecita contestata.
Pur se la breve distanza tra il Sert e il luogo dello spaccio potrebbe consentire di
desumere la presenza del C. B. in quest’ultimo luogo anche a partire dalla prima attività di
osservazione dei carabinieri (iniziata alle 11,15-11,20) qualora vi fosse stato un pur minima
erronea annotazione da parte del Sert sull’orario di assunzione del metadone, ritiene il
Collegio di non avere elementi per potere giungere a tale affermazione.
Così come non si ritiene di rinvenire elementi per desumere una pur
ipotizzabile
parziale partecipazione dell’imputato all’attività di spaccio, potendo le vedette anche essere
sostituite tra la seconda irruzione (avvenuta intorno alle 12) e la fase dell’arresto, anche
perché ciò contrasta con quanto riferito dagli operanti sulla partecipazione costante delle
persone, in ogni ruolo, all’attività criminosa. Cero, può anche ipotizzarsi che vi sia stato
errore nella fase dell’osservazione, ma anche in questo caso non vi sono elementi per
desumere fati certi, gli unici idonei per un’affermazione di responsabilità.
7
Cfr. la distanza sul sito http://www.viamichelin.it/tpl/hme/MaHomePage.htm
38
Va sottolineato che, diversamente da quanto accaduto per gli altri imputati, nel corso
dell’esame da parte della difesa il carabiniere Regolo richiesto se il C. B. fosse tra le
persone notate sin dall’inizio dell’operazione prima rispondeva si, poi dopo altra domanda
rispondeva penso di si, certo, paventando una iniziale incertezza in quest’ultima risposta
che insinua elementi di dubbio.
Il C. B., dunque, deve essere assolto ai sensi dell’art. 530 co. 2 c.p.p..
Per completezza va osservato che la mancata affermazione di responsabilità del C. B.
non inficia la complessiva e specifica ricostruzione dei fatti, giungendosi alla esclusione
della colpevolezza sulla base di un ragionevole dubbio. Del resto, anche se si fosse esclusa
con certezza la partecipazione dell’imputato all’attività illecita, non per questo sarebbero
venuti meno i consistenti e univoci elementi di responsabilità individuati nei confronti dei
coimputati.
Ai sensi dell’art. 300 c.p.p., deve essere dichiarata l’inefficacia della misura cautelare
in atto nei confronti di C. B. e ne va ordinata l’immediata liberazione, se non ristretto per
altra causa.
5 - Il trattamento sanzionatorio degli imputati di cui è stata riconosciuta la
responsabilità.
E’ stata, pertanto, riconosciuta la penale responsabilità di M. I., V. C., D.A. F. e Z. P. in
ordine al reato continuato (plurime cessioni) contestato, commesso in Napoli il 13 ottobre
2009.
5.1 - Le aggravanti e la recidiva.
Nessun dubbio in ordine alla contestata aggravante di cui all’art. 112 n. 1 c.p., laddove si
fa espressamente riferimento sia all’articolo 112 c.p. (pur non menzionando il numero) sia
nel precisare “con l’aggravante di aver agito in numero superiore a cinque”, pur se il citato
n. 1) sussiste “se il numero delle persone, che sono concorse nel reato, è di cinque o più”.
E’ stata accertata (incidentalmente), infatti, la partecipazione del minore M. F. che porta a
cinque il numero dei concorrenti nel reato (pur con l’assoluzione del C. B.); numero
sufficiente (se pur minimo) per integrare l’aggravante contestata..
39
E’ stata contestata, inoltre, l’aggravante di cui all’art. 80, comma 1 lett. b), DPR 309/90,
evidentemente con riferimento all’art. 112 n. 4) c.p. (quest’ultimo articolo è stato citato
senza indicare il numero), atteso che il reato veniva commesso unitamente al minore M. F..
E' noto che il testo originario dell’art. 112 n. 4) c.p. prevedeva l’applicabilità
dell’aggravante “per chi, fuori del caso preveduto dall’art. 111 c.p., ha determinato a
commettere il reato un minore degli anni 18 o una persona in stato di infermità o di
deficienza psichica”.
L’art. 11 del D. L. 13.5.91 n. 152, conv. dalla L. 12.7.91 n. 203 sostituiva la disposizione
precedente (“All'articolo 112, primo comma, del codice penale il numero 4) è sostituito dal
seguente:"4) per chi, fuori dal caso preveduto dall'articolo 111, ha determinato a
commettere il reato minore di anni 18 o una persona in stato di infermità o di deficienza
psichica, ovvero si è comunque avvalso degli stessi nella commissione di un delitto per il
quale è previsto l'arresto in flagranza".
La giurisprudenza ha costantemente ritenuto che il rinvio dell’art. 80, lett. b), DPR
309/90 al n. 4) dell’art. 112 c.p. fosse meramente recettizio e quindi non applicabile
all'ipotesi, introdotta solo nel 1991, di chi si è avvalso di un minore degli anni diciotto nella
commissione del reato, ma solo a quella originaria di chi ha determinato il minore a
commettere il reato (S.C. sent. nn. 6889/94 e 37924/10, ord. 5646/98 -in motivazione e non
nella massima-). La Suprema Corte, utilizzando gli usuali parametri del non semplice
discernimento tra rinvio formale (o mobile o non recettizio) e recettizio (o materiale)
rileva che il richiamo deve intendersi riferito al testo dell'art. 112 cod. pen. vigente
all'epoca in cui è entrato in vigore la legge 26 giugno 1990, n. 162, art. 18, contenente la
norma riportata nell'art 80 DPR 309/90, essendo l'art. 18 formulato in maniera tale da dar
luogo al recepimento della disposizione richiamata così come all'epoca vigente perché
mancano, per la specificità e puntualità del rinvio, elementi che possano indurre a
considerarlo un rinvio formale.
Successivamente, l’art. 3, comma 15 lett. a) della legge 15 luglio 2007 n. 94 ha
modificato l’art. 112 n. 4) c.p. prevedendo: “All'articolo 112 del codice penale sono
apportate le seguenti modificazioni: a) al primo comma, numero 4), dopo le parole:
«avvalso degli stessi» sono inserite le seguenti: «o con gli stessi ha partecipato».
40
Il legislatore del 2009, dunque, pur non riscrivendo l’intera disposizione (come nel
1991) ha aggiunto alla fine del n. 4) dell’art. 112 c.p., l’ulteriore ipotesi di colui che fuori
dal caso preveduto dall'articolo 111, ha determinato a commettere il reato minore di anni
18 (o una persona in stato di infermità o di deficienza psichica, ovvero si è comunque
avvalso degli stessi) o con lo stesso ha partecipato nella commissione di un delitto per il
quale è previsto l'arresto in flagranza".
Essendo intervenuta una modifica dell’art. 112. n. 4) c.p., per la quale già si era ritenuto
il mero rinvio recettizio (e non formale), deve egualmente concludersi che il richiamo
contenuto nella lett. b) dell’art. 80 DPR 309/90 si riferisca al testo del citato art. 112 n. 4)
c.p. vigente all'epoca in cui è entrato in vigore la citata disposizione: art. 18 legge 26
giugno 1990, n. 162, riportata nel DPR 309/90.
Di conseguenza, non emergendo le originarie ipotesi previste dall’art. 112 n. 4 c.p.
(determinazione a commettere il reato un minore degli anni 18) deve essere esclusa
l’aggravante contestata, senza necessità alcuna di verificare se il mero concorso del minore
integri la nuova ipotesi dell’aggravante, rappresentata dalla partecipazione alla
commissione del reato.
Può, in concreto, escludersi la recidiva contestata al M. I., in considerazione dell’unicità
e dell’epoca non recente (21.3.05) del reato di cui all’art. 73 comma 5 DPR 309/90
risultante dal certificato penale (condanna ex art. 444 e ss. c.p.p. alla pena detentiva di anni
1 mesi 4 di reclusione).
Può, in concreto, escludersi la recidiva contestata anche al V. C., in considerazione
dell’unicità e dell’epoca non recente (6.5.04) del reato di cui all’art. 73 comma 5 DPR
309/90 (e, in continuazione, resistenza a pubblico ufficiale e lesioni) risultante dal
certificato penale (condanna ex art. 444 e ss. c.p.p. alla pena detentiva di mesi 10 di
reclusione).
5.2 - Le attenuanti e il giudizio di bilanciamento.
Non può essere concessa, come chiesto dalle difese, l’attenuante di cui all’art. 73 comma
5 c.p., prevista per i fatti di lieve entità desumibili da modalità o circostanze dell’azione
ovvero dalla quantità e qualità dello stupefacente.
Ostano alla concessione in modo evidente i parametri normativi.
41
Le modalità e le circostanze del fatto sono estremamente allarmanti in considerazione
della pluralità di persone (di cui una minore, coincidente con la persona che consegnava l,o
stupefacente, perciò che correva maggiori rischi) che si organizzavano in modo tale da
realizzare una vera e propria piazza di spaccio con vedette in grado di avvisare nel caso di
intervento delle forze dell’ordine.
Anche il consistente quantitativo di stupefacente sequestrato, in precedenza elencato,
evidenzia la consistente attività di spaccio posta in essere dagli imputati.
Le attenuanti generiche non possono essere concesse al V. C. e al M. I. in
considerazione dell’assenza dei presupposti di cui all’art. 62 bis c.p., con particolare
riferimento all’evidenziata modalità di spaccio, unita al citato precedente (seppur non
recente) risultante per ciascuno di costoro. Né sono desumibili elementi dal comportamento
degli imputati successivo al reato, non potendo ritenersi tale la mera mancanza di fuga,
circostanza derivante anche dal ruolo di vedetta da costoro svolto (sicchè dovevano prima
avvisare e poi allontanarsi, senza necessariamente darsi alla fuga, perché privi di denaro o
stupefacente).
Le attenuanti generiche devono essere negate anche allo D.A. F. che, benché privo di
precedenti, svolgeva il significativo ruolo di colui che riceveva il denaro e poi avviava i
tossicodipendenti verso il M. F., così ricoprendo una funzione rivelatrice di particolare
idoneità a delinquere. Irrilevante è l’assenza di tentativo di fuga per le ragioni già
esplicitate per gli altri imputati.
Le attenuanti in esame possono essere concesse al solo M. I., nell’ambito di una
valutazione complessiva che tiene conto, non solo dei precedenti tranquillizzanti (risulta
l’emissione di un decreto penale per omessa o false registrazioni obbligatorie del 2001), ma
anche della marginalità della condotta illecita posta in essere nel percorso di vita che lo ha
visto sempre lavorare e solo di recente in stato di disoccupazione (circostanza che emerge
dall’istruttoria dibattimentale).
Le
attenuanti generiche concesse allo Z. P., operato il giudizio di cui all’art. 69
c.p. -valutate tutte le circostanze dell’art. 133 c.p. in relazione a quanto emerso nel
dibattimento e in precedenza evidenziato con specifico riferimento alla persona e alla
42
personalità dell’imputato-, si ritengono prevalenti sull’aggravante di cui all’art. 112 n.
1) c.p.
5.3 - La determinazione della pena.
Pena equa da irrogare, tenuto conto di tutti i criteri di cui agli artt. 133 e 133 bis c.p.p.,
con particolare riferimento alle modalità del fatto accertato e alla personalità dei singoli
imputati appare:
•
per lo Z. P. quella di anni quattro e mesi quattro di reclusione ed euro 21.000,00 di
multa, così determinata: pena base (per il reato di cui all’art. 73, comma 1, DPR 309/90,
in virtù dell’esclusione dell’aggravante di cui all’art. 80 lett. b) DPR cit., anni 6 mesi 3
di reclusione ed euro 30.000 di multa, ridotta per le prevalenti attenuanti ex art. 62 bis
c.p., ad anni 4 mesi 2 di reclusione ed euro 20.000,00 di multa, aumentata di mesi 2 ed
euro 1.000,00 per la continuazione;
•
per M. I., V. C. e D.A. F. quella di anni sei e mesi sei di reclusione ed euro 33.000,00 di
multa, così determinata: pena base (per il reato di cui all’art. 73, comma 1, DPR
309/90, in virtù dell’esclusione dell’aggravante di cui all’art. 80 lett. b) DPR cit.), anni
6 mesi 3 di reclusione ed euro 30.000 di multa, aumentata di mesi uno ed euro
2.000,000 per la ritenuta aggravante di cui all’art. 112 n. 1) c.p., ulteriormente
aumentata di mesi 2 ed euro 1.000,00 per la continuazione;
5.4 - La ulteriori determinazioni.
A M. I., V. C., D.A. F., in considerazione della pena irrogata, devono essere applicate le
pene accessorie dell’interdizione perpetua dai pubblici uffici -ai sensi dell’art. 29 c.p.- e
dell’interdizione legale per tutta la durata della pena -ai sensi dell’art. 32 c.p.-.
Ai sensi dell’art. 29 c.p. Z. P. deve essere dichiarato interdetto dai pubblici uffici per la
durata di anni cinque.
L’art. 85 comma 3 DPR 309/90 e 240 c.p. la confisca e distruzione delle sostanze
stupefacenti in sequestro e ai sensi del citato art. 240 c.p. si dispone la confisca del denaro
sequestrato.
L’affermazione di penale responsabilità comporta la condanna degli imputati al
pagamento delle spese processuali e di custodia cautelare.
43
5.5 - Le determinazioni sulla libertà personale.
Tenuto conto dell’affievolirsi delle esigenze cautelari, anche alla luce del tempo
trascorso in custodia cautelare in carcere, sul parere favorevole del pubblico ministero, si
sostituisce la misura custodiale in atto per M. I. e V. C. con quella degli arresti domiciliari
nel luogo che dichiareranno all’atto della dimissione dal carcere. Traduzione a mezzo
scorta.
Solo per completezza si osserva che all’atto dell’emissione della presente sentenza non
sono decorsi i termini di custodia cautelare.
Il termine, pur all’esito dell’esclusione dell’aggravante di cui agli artt. 80 lett. b) DPR
309/90 e 112 n. 4) c.p., è pari ad anni uno mesi sei8, decorrenti dalla data di emissione del
decreto che dispone il giudizio (13 gennaio 2010), ai sensi dell’art. 303, comma 1, lett. b),
n. 3. Tale disposizione, infatti, così come tutte quelle contenute nelle lettere a) e b), fa
riferimento al reato per cui si procede, dovendo ritenersi tale il reato per il quale opera la
contestazione, contenuta nel provvedimento restrittivo9.
In tal senso è ormai uniforme l’orientamento della Suprema Corte, per cui il computo dei
termini di custodia cautelare è regolato dall'art. 303 C.P.P., che lo disciplina in relazione a
quattro distinte fasi (indagini preliminari, I grado, fase di appello e fase successiva fino
alla sentenza irrevocabile) oltre che in relazione alla "durata complessiva della custodia"
(co. 4^). Nelle prime due fasi, il termine massimo va determinato in base al combinato
disposto degli art. 278 e 303 C.P.P., con riferimento esclusivo alla pena stabilita dalla
legge per il reato per il quale si procede, senza considerare, perché successive, le
statuizioni contenute nella sentenza di condanna, che eventualmente incidano sulla
contestazione nel senso di escluderla o qualificarla diversamente. Nelle due fasi successive,
anche per il diverso criterio di calcolo del termine (ancorato non più alla pena
legislativamente prevista, bensì a quella concretamente irrogata), non può prescindersi
dall'intervenuta pronuncia di condanna, che produce i seguenti effett….i: a) interrompe il
8
Ai sensi dell’art. 278 c.p.p. la pena si determina sulla base del reato contestato tenuto conto delle circostanze
ad effetto speciale; ed è tale l’aggravante di cui all’art. 80 lett. b) DPR 309/90. Ne consegue che i reati di cui
all’art. 73 DPR 309/90, aggravati ex art. 80 DPR cit, sono puniti con pena superiore nel massimo a venti anni.
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decorso del termine; b) costituisce il momento iniziale della fase successiva; c) sostituisce
in tale fase "al reato per cui si procede" (contestazione formale) quello in concreto ritenuto
in sentenza, che è espressione aggiornata del primo. All'interno della nuova fase che segue
alla sentenza di condanna, non si deve più tenere conto, quindi, del reato ipotizzato nel
provvedimento impositivo della misura e ribadito in quello che dispone il giudizio, bensì
del reato effettivamente configurato nella sentenza di condanna (S.C. sentenze nn. 4235/99,
31338/05, 46835/07).
6 - Il deposito della motivazione.
Ai sensi dell’art. 544 c.p.p. si indica in giorni quarantacinque il termine di deposito
della motivazione.
P. Q. M.
Visti gli artt. 533 e 535 c.p.p., dichiara M. I., V. C., D.A. F. e Z. P. colpevoli del reato
continuato loro ascritto, esclusa l’aggravante di cui all’art. 80, lett. B), DPR 309/1990 e la
recidiva contestata a M. I. ed a V. C., concesse le attenuanti generiche a Z. P. -ritenute
prevalenti sull’aggravante contestata di cui all’art. 112 c.p.-, li condanna : Z. P. alla pena di
anni quattro e mesi quattro di reclusione ed euro 21.000,00 di multa, altre al pagamento
delle spese processuali; gli altri alla pena di anni sei e mesi sei di reclusione ed euro
33.000,00 di multa, oltre al pagamento delle spese processuali e di mantenimento in
custodia cautelare in carcere.
Letto l’art. 29 c.p. applica a M. I., V. C., D.A. F. la pena accessoria dell’interdizione
perpetua dai pubblici uffici;
letto l’art. 32 c.p. dichiara M. I., V. C., D.A. F. in stato di interdizione legale per tutta la
durata della pena.
Letto l’art. 29 c.p. applica a Z. P. la pena accessoria dell’interdizione dai pubblici uffici per
la durata di anni cinque.
9
Costituito dalla reciproca integrazione dell'ordinanza cautelare emessa dal giudice per le indagini
preliminari e di quella pronunciata ex art. 309 cod. proc. pen. dal tribunale del riesame, (S.C. sent. n.
35195/06).
45
Ordina la confisca di quanto in sequestro e la distruzione delle sostanze stupefacenti in
sequestro.
Visto l’art. 530, 2° comma c.p.p., assolve C. B. dal reato a lui ascritto per non aver
commesso il fatto.
Letto l’art. 300 c.p.p. dichiara l’inefficacia della misura cautelare in atto nei confronti di C.
B. e ne ordina l’immediata liberazione, se non ristretto per altra causa.
Tenuto conto dell’affievolirsi delle esigenze cautelari, anche alla luce del tempo trascorso
in custodia cautelare in carcere, sul parere favorevole del pubblico ministero, sostituisce la
misura custodiale in atto per M. I. e V. C. con quella degli arresti domiciliari nel luogo che
dichiareranno all’atto della dimissione dal carcere. Traduzione a mezzo scorta.
Visto l’art. 544 c.p.p., indica in giorni quarantacinque il termine di deposito della
motivazione.
Napoli, 20 gennaio 2011.
Il Presidente, est.
dott. Francesco Menditto
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