EMOZIONATEVI - STAGIONE 2016-2017 SALA GRANDE dal 28 ottobre al 6 novembre 2016 Odissea a/r liberamente tratto dal poema di Omero testo e regia Emma Dante con gli allievi attori della “Scuola dei mestieri dello spettacolo” del Teatro Biondo di Palermo: Manuela Boncaldo, Sara Calvario, Toty Cannova, Silvia Casamassima, Domenico Ciaramitaro, Mariagiulia Colace, Francesco Cusumano, Federica D’Amore, Clara De Rose, Bruno Di Chiara, Silvia Di Giovanna, Giuseppe Di Raffaele, Marta Franceschelli, Salvatore Galati, Alessandro Ienzi, Francesca Laviosa, Nunzia Lo Presti, Alessandra Pace, Vittorio Pissacroia, Lorenzo Randazzo, Simona Sciarabba, Giuditta Vasile, Claudio Zappalà elementi scenici e costumi Emma Dante luci Cristian Zucaro suono Gabriele Gugliara assistente ai costumi Italia Carroccio assistente alle coreografie Sandro Maria Campagna canzoni Serena Ganci (Zeus, La canzone delle ancelle) e Bruno Di Chiara (Rapimi la porta) produzione Teatro Biondo di Palermo Odissea a/r, che ha debuttato in prima nazionale questa estate al Festival dei Due Mondi di Spoleto, è incentrato sul viaggio di Telemaco alla ricerca del padre e sul ritorno a Itaca di Odisseo. Emma Dante lo ha scritto e diretto per i 23 allievi della “Scuola dei mestieri dello spettacolo” del Teatro Biondo di Palermo, a conclusione del biennio formativo. Ricco di musiche e canzoni, di danze e invenzioni sceniche, l’Odissea di Emma Dante è una fiaba ironica e movimentata, che offre una lettura inedita, divertente, dissacrante e allo stesso tempo fedele del poema di Omero. «Odissea è il viaggio che ogni essere umano fa nel corso della vita – spiega Emma Dante – è il poema che ci ha permesso di interrogarci sui percorsi che segnano il destino, dove il motore di tutto è il movimento verso la propria origine. Dall’incontro con figure umane e sovrumane, ninfe e mostri, pretendenti e mendicanti è nato uno spettacolo ricco di evocazioni fantastiche legate al mito ma anche di riflessioni sulla condizione dell’uomo-eroe, che si dimostra piccolo e bugiardo. Dopo avere errato vent’anni, Odisseo torna a Itaca e l’incontro tra il padre e il figlio ci permette di assistere all’umanizzazione del mito. Di Odisseo, Penelope e Telemaco scopriremo i lati più teneri e fragili, i loro difetti, le loro imperfezioni. Una madre e un figlio hanno aspettato a lungo il ritorno del mito e, durante l’attesa, hanno cambiato la propria natura». dal 25 novembre al 4 dicembre 2016 Le serve di Jean Genet traduzione Gioia Costa regia Giovanni Anfuso scene Alessandro Chiti costumi Lucia Mariani musiche Paolo Daniele con Anna Bonaiuto, Manuela Mandracchia, Vanessa Gravina produzione Teatro Biondo Palermo / Teatro e Società / Teatro Stabile di Catania «Uno straordinario esempio di continuo ribaltamento fra essere e apparire, fra immaginario e realtà». Con queste parole Jean-Paul Sartre descriveva Le serve (Les bonnes) di Jean Genet, che con il suo teatro ha indubbiamente rivoluzionato la forma stessa della tragedia moderna. Scritto nel 1947 e ispirato a un evento di cronaca che impressionò enormemente l’opinione pubblica francese, Le serve è considerato uno dei suoi capolavori, una perfetta macchina teatrale in cui il gioco del teatro nel teatro è svelato per mettere a nudo, in modo straordinario, la menzogna della scena, con una struttura che scava nel profondo. Claire e Solange, due serve smunte e androgine, vivono un rapporto di amore-odio con la loro padrona, la sontuosa Madame, che incarna tutti gli ideali perduti: eleganza, bellezza, successo. Loro, brutte e sempre più arcigne, ogni sera, in assenza della padrona, si ritrovano ad allestire un ossessivo teatrino, una doppia vita in cui, come bimbe perverse, giocano “a fare Madame”. A turno, vestono i suoi abiti, la imitano e, alla fine del rito, la uccidono. Ma ben presto finzione e realtà, nelle loro menti schizofreniche, si sovrappongono. Claire e Solange, vittime di una ingordigia metafisica nei confronti di Madame, simbolo di un potere assoluto da abbattere, disgustoso ed affascinante al contempo, incarnano alla perfezione un dualismo perpetuo, affondate o forse prigioniere nei ruoli violenti e speculari della “vittima” e del “carnefice”. Facce di una stessa medaglia che coesistono in ciascuno di noi e che, spesso, si sovrappongono fino a confondersi. dal 20 al 29 gennaio 2017 HUMAN di e con Marco Baliani e Lella Costa collaborazione alla drammaturgia Ilenia Carrone e con David Marzi, Noemi Medas, Elisa Pistis, Luigi Pusceddu musiche originali di Paolo Fresu con Gianluca Petrella scene e costumi Antonio Marras disegno luci Loïc Francois Hamelin e Tommaso Contu regia Marco Baliani produzione e Sardegna Teatro / Mismaonda Srl / Marche Teatro La parola HUMAN sbarrata da una linea nera che l’attraversa, come a significare la presenza dell’umano e al tempo stesso la sua possibile negazione. Gli autori Marco Baliani e Lella Costa sono partiti dal mito per interrogarsi e interrogarci sul senso profondo del migrare. L’Eneide, da un lato, che celebra la nascita dell’impero romano da un popolo di profughi, e il mito di Ero e Leandro dall’altro, i due amanti che vivevano sulle rive opposte dell’Ellesponto. Prende avvio così HUMAN, dal tema delle migrazioni e dalla volontà di raccontarne l’“odissea ribaltata”, ponendo al centro lo spaesamento comune, quell’andare incerto di tutti quanti gli human beings del nostro tempo. «Umano è il corpo nella sua integrità fisica e psichica, nella sua individualità – spiegano Baliani e Costa – Quando questa integrità viene soppressa, o annullata con la violenza, si precipita nel disumano. Con la nostra ricerca teatrale vorremmo indagare quel segno di annullamento, insinuarci in quella soglia che separa l’umano dal disumano». Lungi dall’essere un altro esempio di teatro civile, HUMAN si propone di inquietare lo spettatore, turbarlo e assediarlo di domande, e andare a toccare i nervi scoperti della nostra cultura riguardo alla dicotomia umano/disumano. Senza rinunciare all’ironia e perfino all’umorismo: perché forse solo il teatro sa toccare nodi conflittuali terribili con la leggerezza del sorriso, la visionarietà delle immagini, la forza della poesia. dal 10 al 19 febbraio 2017 Macbeth - Una magarìa da William Shakespeare adattamento Vincenzo Pirrotta traduzione Carmelo Rapisarda con Vincenzo Pirrotta, Cinzia Maccagnano costumi Daniela Cernigliaro musiche Luca Mauceri scene e regia Vincenzo Pirrotta produzione Teatro Biondo Palermo / Teatro Stabile di Catania Una rilettura aspra e terrigna del Macbeth shakespeariano, che Vincenzo Pirrotta immagina nel segno di una “magarìa”, una magia, un incantamento intriso di ritualità occulte e arcaiche leggende siciliane. «La vicenda – spiega il regista – sarà introdotta da una danza macabra, una vera e propria messa nera officiata dalle streghe, che presagisce influenze maligne e un vortice incantatorio nel quale precipiteranno i protagonisti. Ho studiato a lungo i rituali dell’occulto, soprattutto del Sud Italia, per questo il rituale del prologo sarà in dialetto. La mia idea è che le streghe, con i loro oscuri presagi, restino attaccate ai personaggi come un cordone ombelicale, condizionandone le scelte e i comportamenti. Alcuni riusciranno a liberarsi recidendo questo cordone, ma non il protagonista e Lady Macbeth, i quali, come in preda a una possessione, compiranno i terribili delitti narrati da Shakespeare». dal 24 febbraio al 5 marzo 2017 Il flauto magico secondo l’Orchestra di Piazza Vittorio ispirato all’opera in due atti di Wolfgang Amadeus Mozart direzione artistica e musicale Mario Tronco elaborazione musicale Mario Tronco e Leandro Piccioni acquerelli, animazione e scene Lino Fiorito disegno luci Pasquale Mari costumi Ortensia De Francesco produzione Vagabundos s.r.l Ispirandosi all’opera di Mozart, l’Orchestra di Piazza Vittorio esce dalla buca, sale sul palcoscenico e trasforma i suoi musicisti nei personaggi di un Flauto magico contemporaneo. L’opera smette i panni di mero spartito, si affranca dalla pagina scritta e viene elaborata come una favola musicale tramandata in forma orale e giunta in modo diverso a ciascuno dei musicisti. E come accade ogni volta che una storia viene trasmessa di bocca in bocca, le vicende e i personaggi si trasformano e la musica si allontana dall’originale. Non si tratta dell’esecuzione integrale dell’opera di Mozart: le melodie sono riconoscibili, ma vengono scarnificate, ridotte all’essenziale e intrecciate, mescolate a brani originali dell’Orchestra. Il lavoro sulla partitura ha fatto confluire in essa generi di varia provenienza, dal folk, al reggae, alla musica classica, passando per il pop e il jazz. Allo stesso modo, anche l’ambientazione dell’opera si fa caleidoscopica: se il Flauto di Mozart si svolgeva in un Egitto fantastico, quello dell’Orchestra è ambientato nella società multirazziale dei nostri tempi, in un luogo immaginario, senza precisi riferimenti alla geografia reale, un luogo che è un non-luogo o tutti i luoghi possibili. In questa nuova Babele è la musica il linguaggio universale. Dal 7 al 12 marzo 2017 Il casellante di Andrea Camilleri e Giuseppe Dipasquale con Moni Ovadia, Valeria Contadino, Mario Incudine e con Sergio Seminara, Giampaolo Romania e i musicisti Antonio Vasta, Antonio Putzu scene e regia di Giuseppe Dipasquale musiche originali Mario Incudine con la collaborazione di Antonio Vasta costumi Elisa Savi luci Gianni Grasso produzione Promo Music-Corvino Produzioni / Centro d’Arte Contemporanea Teatro Carcano / Comune di Caltanissetta Il casellante è, tra i racconti di Camilleri del cosiddetto “ciclo mitologico”, uno dei più divertenti e, allo stesso tempo, struggenti. Ambientato in Sicilia, terra di contraddizioni, narra la vicenda di una metamorfosi. Ma questa Sicilia è la Vigàta di Camilleri, che diventa ogni volta metafora di un modo di essere e ragionare le cose. Dopo il successo ottenuto con le trasposizioni per il teatro de Il birraio di Preston e La concessione del telefono, lo scrittore e il regista Dipasquale tornano nuovamente insieme per proporre al pubblico una nuova avventura, una vicenda affogata nel mondo di Camilleri, che vive di personaggi reali ma trasfigurati dalla sua grande fantasia di narratore. Una vicenda sospesa tra mito e storia, che disegna i tratti di una Sicilia arcaica e moderna, comica e tragica, ferocemente logica eppure paradossale. Il casellante racconta di Minica – in attesa di un figlio – e di suo marito Nino, della loro modesta vita nella solitaria casetta gialla accanto a un pozzo e a un ulivo saraceno, durante gli ultimi anni del fascismo. Nino, che nel tempo libero si diletta a suonare il mandolino, fa il casellante lungo la linea ferroviaria che collega i paesi della costa. La zona, alla vigilia dello sbarco alleato, si va animando di un via vai di militari e fascisti che, quasi presagendo la fine imminente, si fanno più sfrontati. Una notte, mentre Nino è in carcere, colpevole di avere ridotto le canzoni fasciste a marce e mazurche con chitarra e mandolino, un evento sconvolgente travolge la vita di Minica. dal 14 al 19 marzo 2017 Preamleto di Michele Santeramo con Massimo Foschi, Manuela Mandracchia, Francesco Villano, Lino Musella, Matteo Sintucci regia Veronica Cruciani scene e costumi Barbara Bessi luci Gianni Staropoli musiche Paolo Coletta produzione Teatro di Roma Un testo che parte da Shakespeare per raccontare cosa succede prima della morte di Re Amleto, analizzando in chiave contemporanea il concetto di potere. Re Amleto non è morto, Amleto vuole il potere, Gertrude sente che tutto le sfugge, Claudio non vuole usare nessun veleno contro suo fratello, Polonio aspetta che le cose si mettano a suo vantaggio. Così, i personaggi di Shakespeare sono colti nel loro privato, prima che la tragedia abbia inizio: «Sono diversi pima della vendetta – riflette la regista Veronica Cruciani – prima della violenza, quando forse ancora le cose si possono salvare». Immaginare quel che può accadere prima di quel «vendica il mio brutale e snaturato assassinio», da cui prende vita l’Amleto, significa provare a scoprire intrecci e motivazioni che nel testo shakespeariano si affidano solo alla fantasia dello spettatore. «Se cambiassero le premesse, la storia di Amleto sarebbe comunque piena di uccisioni, vendette, assassini? – si domanda l’autore Michele Santeramo – E quali le storture che si svilupperebbero in un gruppo stretto dal vincolo familiare e costretto a relazionarsi con il potere? ». Lo spettacolo prova a mettere di fronte allo spettatore i personaggi nell’atto di prendere la decisione che cambierà le vite di tutti, mostrando i retroscena dei rapporti familiari, che diventano lo specchio di quanto il comportamento umano possa distorcersi ogni volta che si confronta con il potere. È questa l’indagine che Veronica Cruciani, regista da sempre interessata al rapporto tra memoria e drammaturgia, compie sul testo di Shakespeare, alla ricerca di una storia il cui canone non è più, come è stato per Amleto e per tutta la modernità, la parola “vendetta”. dal 21 al 26 marzo 2017 Fratto_X di Flavia Mastrella e Antonio Rezza con Antonio Rezza e con Ivan Bellavista (mai) scritto da Antonio Rezza habitat di Flavia Mastrella assistente alla creazione Massimo Camilli disegno luci Mattia Vigo organizzazione Stefania Saltarelli produzione TSI La Fabbrica dell’Attore - Teatro Vascello / RezzaMastrella / Fondazione TPE In una scena ingegnosa e astratta due persone discorrono sull’esistenza. Ma si può parlare con qualcuno che ti presta la voce? Si può rispondere con la stessa voce di chi fa la domanda? Antonio Rezza e Flavia Mastrella non puntano il dito contro l’illogicità del mondo ma scelgono di abitarla, di portarla ai limiti del nonsense e di renderla persino comica. La forma buffa, lo sdoppiamento del linguaggio e l’intelligenza delle battute che rasenta la follia, vengono usati per scuotere lo spettatore dalle sue certezze e farlo ridere inconsapevolmente di se stesso. Fratto_X si compone per suggestioni fotografiche: le immagini raccontano la strada che corre e l’impossibilità di agire dei personaggi. È l’uomo al centro della grande X sul palcoscenico, all’incrocio della sua vita e delle scelte, delle strade che si possono percorrere o che gli si avviluppano intorno. A quest’incrocio è facile smarrire la strada, perdersi di vista. La manipolazione è alla base di un corretto stile di vita, ci toglie la voce e non rimane che una bocca che si muove per sentito dire. Siamo tutti sotto il “Fratto_X”, che in matematica semplifica all’infinito fino all’annullamento che uccide l’identità. dal 31 marzo al 9 aprile 2017 Bianco su Bianco scritto e diretto da Daniele Finzi Pasca con Helena Bittencourt e Goos Meeuwsen produzione Julie Hamelin Finzi distribuzione ATER – Associazione Teatrale Emilia Romagna Bianco su Bianco è uno spettacolo teatrale e clownesco, una storia raccontata da un’attrice e da un “tecnico di scena”. Helena Bittencourt e Goos Meeuwsen costruiscono per il pubblico un mondo surreale, fatto di geometrie semplici e paesaggi lineari. È l’essenzialità della macchina scenica a sorprendere, attraverso la quale ci si addentra sul terreno della memoria, lasciandosi condurre per mano da questi due clown che non incarnano l’insensatezza ma la fragilità degli eroi perdenti. «Non saranno dei sogni, ma delle piccole allucinazioni, un modo di lasciar emergere il Rosso e il Nero che si nascondono dietro al Bianco del nostro immaginario da clowns», così il regista Daniele Finzi Pasca descrive lo spettacolo, che si compone in un mosaico di dettagli e minuzie. Situazioni tragicomiche sempre in equilibrio tra una dolce e nostalgica assurdità, un mondo ferocemente sereno, un teatro che riflette su se stesso, dove gli attori usano il proscenio per dialogare con il pubblico, dove l’illusione e gli artifici vengono alla fine sempre svelati, dove si ride e ci si commuove. dal 18 al 23 aprile 2017 La scuola di Domenico Starnone con Silvio Orlando e con Vittoria Belvedere, Vittorio Ciorcalo, Roberto Citran, Roberto Nobile, Antonio Petrocelli, Maria Laura Rondanini scene Giancarlo Basili luci Pasquale Mari costumi Maria Rita Barbera regia di Daniele Luchetti produzione Cardellino srl Nel 1992 debuttò Sottobanco, spettacolo teatrale interpretato da un gruppo di attori eccezionali capitanati da Silvio Orlando e diretti da Daniele Luchetti. Lo spettacolo divenne presto un cult, antesignano di tutto il filone di ambientazione scolastica tra cui anche la trasposizione cinematografica, nel 1995, della stessa pièce che prese il titolo La scuola. Lo spettacolo era un dipinto della scuola italiana di quei tempi e al tempo stesso un esempio quasi profetico del cammino che stava intraprendendo il sistema scolastico italiano. «Ho deciso di riportare in scena lo spettacolo più importante della mia carriera – spiega Silvio Orlando – a vent’anni di distanza per fare un bilancio sulla scuola e vedere cos’è successo poi». Il testo è tratto dalla produzione letteraria di Domenico Starnone. Siamo in tempo di scrutini in IV D. Un gruppo di insegnanti deve decidere il futuro dei loro studenti. Di tanto in tanto, in questo ambiente circoscritto, filtra la realtà esterna. Dal confronto tra speranze, ambizioni, conflitti sociali e personali, amori, amicizie e scontri generazionali, prendono vita personaggi esilaranti, giudici impassibili e compassionevoli al tempo stesso. Il dialogo brillante e le situazioni paradossali lo rendono uno spettacolo irresistibilmente comico e allo stesso tempo di grande densità. dal 5 al 14 maggio 2017 TROILOVSCRESSIDA di William Shakespeare traduzione e adattamento ricci/forte regia Stefano Ricci con gli allievi attori della “Scuola dei mestieri dello spettacolo” del Teatro Biondo di Palermo produzione Teatro Biondo Palermo Mordi | Mangia | Sfama | Brucia | Getta | “E’ il destino delle reliquie, delle stelle di cartone destinate a illuminare il cielo notturno del nonsenso e a indicarci una direzione variabile, fatta di sibaritico Nothing. In Troilo e Cressida, il Bardo stigmatizza la gamma dei fenomeni mimetici, dove gli ingranaggi della cupidigia conducono senza sconti verso la distruzione: politica del desiderio erotico che si unisce in amplesso con la politica della mancanza di autorità. Profeti della pubblicità ipercontemporanea, gli individui di questa tragedia fabbricano idoli per riempire i propri giorni, altrimenti inutili. Il Potere della Bellezza e del Comando sono scettri difficili da raggiungere o mantenere. Il prezzo è altissimo ma Greci e Troiani sono disposti a pagarlo, esattamente come i loro epigoni postmoderni, votati alla fama delle TV e ai suoi derivati. Per i consunti 15 minuti di celebrità siamo disposti a tutto, anche ad abdicare ai nostri principi, etici e morali, ammesso che siano presenti...” “In TROILOVSCRESSIDA recuperiamo il rantolo animale che abita ogni figura del dramma: politici, guerrieri o innamorati tutti affannati a mantenere le apparenze di un successo volatile. In un sistema planetario massmediaddicted, il valore individuale si misura esclusivamente in funzione di ciò che si chiama visibilità. Il ruolo tirannico della moda travolge le coscienze, tanto più quelle giovani in cerca di peso. Infatuazioni che sfumano nell’arco di poche ore, Messia proclamati e deposti sempre più in fretta generano un respiro corto, da inseguimento, da rabbia nel voler gridare io esisto!, pur esclusivamente negli occhi degli altri. La grammatica adottata, le scelte drammaturgiche applicate ad un eloquio che si cuce sul Presente, sfoggiando i riverberi di un passato glorioso, descrivono una difficoltà reale, dei nostri giorni, di sollevarci dal ciarpame di una sopravvivenza indotta. Non ci sono buoni o cattivi nel nostro sguardo su Troia: sul gran giro della Ruota panoramica, solo noi, uomini, abbandonati, perché God doesn’t exist. He’s just a Lady Gaga’s avatar.” ricci/forte SALA STREHLER dal 2 al 6 novembre 2016 Gesta dell’Orlando furioso narrate da Brunello! di Salvo Piparo regia Luigi Maria Burruano musiche Marco Betta con Salvo Piparo, Costanza Licata, Irene Maria Salerno, Francesco Cusumano produzione Associazione Culturale Kleis Pupi alti e finemente decorati si muovono sulla scena, accompagnati dal ritmo incalzante delle percussioni, da un pianoforte dolce e dal personalissimo cunto, narrato d’un fiato, tratto da un canovaccio di Salvo Piparo, Pupiata di Zucchero. Quello che va in scena è un racconto epico di gesta moderne, un poema che mescola presagi ingannevoli e pura follia:. Salvo Piparo è accompagnato dal mezzo soprano Costanza Licata nel ruolo di Angelica, dall’elegante pianoforte di Irene Maria Salerno, che guida gli spettatori da un quadro all’altro, e dal ritmo delle percussioni di Francesco Cusumano. Un’antica storia d’amore e guerra, raccontata per bocca di Brunello, vecchio personaggio panormita protagonista del racconto: Brunello vende pupaccene vestite da paladini di Francia, immobili e perennemente sorridenti, ma riuscirà a dar loro vita attraverso la propria fantasia. Uno spettacolo divertente e colto, che racconta, in modo volutamente infedele, una delle più grandi favole della letteratura moderna occidentale agganciandola alla realtà di oggi: gli eroi di Ariosto diventano visionari senza senno che chiedono consiglio a una luna piena di ricotta come un biscotto di San Martino, Angelica è una donna dai discutibili costumi e Medoro un amante instancabile e cocciuto. dal 11 al 21 gennaio 2017 Almanacco siciliano di Roberto Alajmo regia Vincenzo Pirrotta musiche Marco Betta e Fratelli Mancuso con Elisa Lucarelli, Cinzia Maccagnano, Vincenzo Pirrotta, Enzo e Lorenzo Mancuso scene Claudio La Fata costumi Vincenzo Pirrotta luci Nino Annaloro produzione Teatro Biondo Palermo L’istante prima della fine, l’ultima immagine prima che una luce bianca e abbagliante, “la luce davvero troppo forte” delle mattine di fine luglio a Palermo, si trasformi improvvisamente in nero. C’è poco da ricamarci sopra: quando si muore, si muore e basta. Diventano inutili altre parole. L’Almanacco di Roberto Alajmo è una rivoluzione di prospettiva: racconta, come in una soggettiva, il congedo prima del buio di uomini e donne uccisi nel corso dei cinquant’anni della guerra di mafia in Sicilia. Quasi un repertorio che non si perde in interpretazioni, lasciando fuori lo spargimento di sangue, proprio come avveniva nelle tragedie greche. Rimarrebbero le emozioni, i rimpianti. Ce li mettano gli spettatori, le emozioni e i rimpianti, se riescono a trovarli dentro di sé. “In quest’Almanacco – spiega Pirrotta – si raccontano delitti atroci ma con la levità della poesia, sono le voci che, unite nel rincorrersi delle date divenute storiche, diventano stasimo ma asciugato dalla pesante lirica del coro tragico. Il tempo della morte diviene una sorta di offertorio alla vita, un ex-voto consegnato al pubblico, il cerimoniale dell’ultimo istante, ma con la dolcezza dello stupore”. dal 25 al 29 gennaio 2017 Assassina di Franco Scaldati riduzione e regia Enzo Vetrano e Stefano Randisi scene e costumi di Mela Dell’Erba musiche e canti originali composti ed eseguiti in scena dai Fratelli Mancuso con Enzo Vetrano, Stefano Randisi e i Fratelli Mancuso produzione Emilia Romagna Teatro Fondazione Una vecchina e un omino vivono nella stessa casa dove si preparano da mangiare, si lavano, parlano e giocano coi loro animali: la gallina Santina e il topo Beniamino. Alla parete ci sono appesi i ritratti dei genitori, che di tanto in tanto fanno sentire la loro voce con lirici assoli o divertiti commenti. Ma la vecchina e l’omino non si conoscono, non si sono mai incontrati, anzi ignorano l’uno l’esistenza dell’altro. E quando improvvisamente, una notte, si scoprono a dormire nello stesso letto, che ognuno ovviamente giura essere il suo, comincia un’infinita sequenza di battibecchi, interrogatori, accuse e smentite, scambi di identità... Dopo Totò e Vicè, Vetrano e Randisi tornano a proporre il teatro di Franco Scaldati affrontando uno dei testi più metafisici e divertenti allo stesso tempo. dall’1 al 5 febbraio 2017 Tre di coppie di Franco Scaldati adattamento di Franco Maresco e Claudia Uzzo regia Franco Maresco con Gino Carista, Giacomo Civiletti, Melino Imparato scene e costumi Cesare Inzerillo e Nicola Ferruzza luci Cristian Zucaro musiche Salvatore Bonafede realizzazione video e collaborazione all’adattamento Francesco Guttuso regista collaboratrice Claudia Uzzo assistente alla regia Giuliano La Franca produzione Teatro Biondo Palermo Dopo il successo dello scorso anno e in vista di una tournée italiana, il Teatro Biondo ripropone lo spettacolo di Franco Maresco che, basandosi su alcuni testi di Franco Scaldati, realizza una serie di “variazioni” sul tema della coppia nell’opera del drammaturgo palermitano. Le candide figurine trasognate di Totò a Vicè e l’inedita coppia del Corto e il Muto, un duetto tanto irresistibile quanto scurrile, insieme ai tragicomici Santo e Saporito de La notte di Agostino il topo sono i protagonisti dello spettacolo, che Maresco dedica a Scaldati ma anche all’attore Gaspare Cucinella, recentemente scomparso, insieme al quale Scaldati dava vita in scena proprio ai suoi poetici e irriverenti duetti. «Per me – spiega Maresco – è anche l’occasione per porre in evidenza il lato comico di Scaldati, un aspetto, questo, che è stato determinante nella mia formazione artistica e che si ritrova nei miei film, in particolare in Totò che visse due volte. Ho pensato lo spettacolo, insieme a Claudia Uzzo, come una macchina scenica ad orologeria, nella quale gli attori appaiono e scompaiono in un grande fondale nero con una serie di finestre, al centro del quale vi è una specie di oblò, che fa da schermo per le immagini video: un buco nero che mette in relazione la realtà con quella dimensione altra, metafisica, della quale il teatro di Franco è concreta testimonianza». dall’8 al 12 febbraio 2017 Italiani cìncali! di Nicola Bonazzi e Mario Perrotta interpretato e diretto da Mario Perrotta produzione Teatro dell’Argine Cìncali cioè: zingari! Così credevano di essere chiamati gli italiani emigrati in Svizzera; pare, invece, che fosse una storpiatura di cinq, “cinque” nel linguaggio degli emigranti padani che giocavano a morra. Italiani cìncali! è un progetto teatrale sull'emigrazione italiana del secondo dopoguerra, che Mario Perrotta ha realizzato dopo aver raccolto numerose testimonianze in giro per il sud Italia: «Un anno di memorie rispolverate a fatica. Ho preso la macchina e ho girato senza un luogo preciso dove andare, eppure il Sud è tutto uguale, non hai bisogno di sapere dove qualcuno ha preso le valigie ed è partito: basta entrare in un bar, un bar della provincia e chiedere. La risposta è sempre la stessa: “Qui tutti siamo emigrati”. “Me lo racconta?” Si fanno pregare, un attimo soltanto, poi partono con la loro storia, infinita, che reclama ascolto. Anche il Sud è infinito. Me lo insegna la mia macchina che mi porta di paese in paese, sempre per caso, e s’inerpica tra i paesi montani del Nord-Est produttivo ed è ancora Sud. Sì! Per i Belgi, gli Svizzeri, i Tedeschi che chiedevano braccia dopo la seconda guerra mondiale, Sud era la Puglia, la Sicilia, la Calabria e Sud era il Veneto, il Friuli: “Siamo emigrati tutti qui”, quattro parole, sempre le stesse». dal 22 febbraio al 4 marzo 2017 O come buco testo e regia Giovanni Lo Monaco con Vincenzo Ferrera e Marta Lunetta scene Daniele Franzella costumi Dora Argento produzione Teatro Biondo Palermo O come buco è il terzo spettacolo di una tetralogia di Giovanni Lo Monaco sui rapporti parentali. Un percorso cominciato alcuni anni fa con You know..., cui ha fatto seguito, lo scorso anno, il primo studio su A fondo. Il nucleo ossessivo, comune a queste drammaturgie, è la famiglia tradizionale, un’istituzione che – secondo Lo Monaco – mostra ormai limiti di ogni genere: «La vediamo difatti sminuzzarsi, in modo proteiforme, in diversi modelli il cui unico elemento di riconoscibilità e identificazione rimane il legame affettivo tra i suoi membri. Nella mia ricerca tento di portare questo elemento alla sua estremizzazione che è l’incesto, allo scopo di creare, nell’incrinatura vischiosa di relazioni che hanno smarrito il confine, un importante punto di domanda». O come buco è la storia di questo tipo di legami, una tragedia in salsa contemporanea nella quale il tabù dell’incesto serve come espediente per svelare quello che, secondo Lo Monaco, è il vero tabù dei nostri giorni, ossia la rappresentazione di un certo tipo di famiglia, quella “nucleare”, dove spesso si condensa un insieme di valori che assumiamo come dato oggettivo, naturale e inconfutabile. Valori che questo spettacolo, provocatoriamente, vuole mettere in discussione. dal 22 marzo al 2 aprile 2017 Nel nome del padre di Luigi Lunari regia Alfio Scuderi con Paolo Briguglia e Silvia Ajelli produzione Teatro Biondo Palermo Due giovani si trovano in un luogo misterioso, che presto si rivela come una sorta di purgatorio, dove essi devono liberarsi dai loro drammatici ricordi per approdare ad una meritata pace eterna. Rosemary e Aldo provengono dai poli opposti della nostra società: sono figli di due importanti uomini politici, storicamente esistiti, di contrapposte posizioni ideologiche. Lei è figlia di un uomo potentissimo, un vero e proprio protagonista del mondo del potere e del danaro, lui è il figlio di un povero rivoluzionario, per lungo tempo esule dalla sua patria, che lotta per sconfiggere quel mondo ed imporre una nuova eguaglianza tra gli uomini. Diciamo pure “una capitalista” e “un comunista”. Entrambi i figli hanno pagato un durissimo prezzo alla personalità e alle ambizioni – pur cosı̀ diverse – dei loro padri, dai quali sono rimasti irrimediabilmente schiacciati. Il dramma si sviluppa intorno al serrato dialogo liberatorio di questi due personaggi, nel luogo dell’anima non ben precisato dove s’incontrano, quasi una sala d’attesa verso un ipotetico aldilà. dal 5 al 9 aprile 2017 Boxe ideazione e regia Sabino Civilleri e Manuela Lo Sicco testo Enrico Ballardini con Filippo Farina, Veronica Lucchesi, Dario Mangiaracina, Mariagrazia Pompei, Quinzio Quiescenti, Stefania Ventura, Gisella Vitrano e con la partecipazione straordinaria di un pugile professionista disegno luci Clarissa Cappellani, Anna Petra Trombini produzione Associazione Civilleri/LoSicco in collaborazione con Scenica Frammenti / Trasparenze Festival e Residenze / Teatro Biblioteca Quarticciolo di Roma. Per Sabino Civilleri e Manuela Lo Sicco il ring è un palcoscenico e il palcoscenico è un ring. Quando il pugile sale sul quadrato non è solo: attorno a lui c’è il team, attorno al team c’è il pubblico. Il pugile resiste a colpi durissimi, sfida il sistema. Il suo team è lì, attorno al quadrato, a ricordargli che lui è l’eroe designato a condurre tutti alla vittoria. Il pubblico partecipa alle gesta dell’eroe. «Questa è la favola che tutti noi vorremmo ascoltare sulla boxe – affermano i registi – ma nel nostro mondo non è così. Lo specchio riflette un’immagine abbastanza desolante, un mondo svuotato che non cerca più eroi, ma uomini e donne preconfezionati. Il pugile è l’attore di una farsa. Il team è un ingranaggio che tiene le fila di un mondo svuotato di senso. Il pubblico è solo un insieme di occhi che assistono. Questa è la favola sulla boxe che nessuno di noi vorrebbe ascoltare.». dal 3 al 7 maggio 2017 Aspettando Antigone di Claudio Zappalà regia Mauro Avogadro con Dario Battaglia, Vladimir Randazzo, Nicasio Catanese, Ivan Graziano elementi scenici Aurora Buzzetti, Francesca Innocenti costumi Ivan Bicego Varengo produzione C.T.M. Centro Teatrale Meridionale Soc. Coop. Il giovane Claudio Zappalà ha scritto questo testo, già vincitore del Premio Cendic-Segesta 2015, nell’ambito del Laboratorio di drammaturgia della “Scuola dei mestieri dello spettacolo” del Teatro Biondo. L’autore reinventa il mito mettendo in luce personaggi tutt’altro che eroici, che nella tragedia di Sofocle non hanno alcun peso: le quattro guardie che sorvegliano il cadavere di Polinice, alle quali è restituita una rinnovata dignità, quella dell’uomo comune che discute sulla vita e l’affronta quotidianamente nell’impossibilità di decifrarla. Il regista Mauro Avogadro dà corpo al mito in un senso tutto contemporaneo di smarrimento, incarnato da personaggi che si muovono tra speranze, utopie e giovanili slanci puntualmente disattesi. Al linguaggio asciutto e ironico è affidato il compito di smorzare delusioni e malinconia, ma anche di dare voce ai piccoli desideri quotidiani in cui rifugiarsi. I quattro sono trascinati da eventi più grandi di loro e si sottomettono a un senso dell’obbedienza imposto dall’esterno, agiscono, eseguono ordini senza capirne il senso, senza avere il coraggio di opporsi: ci somigliano nelle pigrizie e nelle vigliaccherie, ma anche nei desideri di pace e di vita tranquilla. Poetici e commoventi, ci dimostrano come i grandi testi di teatro di ogni epoca offrano spunti e possibilità nuove per essere riscritti, riletti e interpretati sulla scena.