EMOZIONATEVI - STAGIONE 2016-2017
SALA GRANDE
dal 28 ottobre al 6 novembre 2016
Odissea a/r
liberamente tratto dal poema di Omero
testo e regia Emma Dante
con gli allievi attori della “Scuola dei mestieri dello spettacolo”
del Teatro Biondo di Palermo:
Manuela Boncaldo, Sara Calvario, Toty Cannova, Silvia Casamassima, Domenico Ciaramitaro,
Mariagiulia Colace, Francesco Cusumano, Federica D’Amore, Clara De Rose, Bruno Di Chiara,
Silvia Di Giovanna, Giuseppe Di Raffaele, Marta Franceschelli, Salvatore Galati, Alessandro Ienzi,
Francesca Laviosa, Nunzia Lo Presti, Alessandra Pace, Vittorio Pissacroia, Lorenzo Randazzo,
Simona Sciarabba, Giuditta Vasile, Claudio Zappalà
elementi scenici e costumi Emma Dante
luci Cristian Zucaro
suono Gabriele Gugliara
assistente ai costumi Italia Carroccio
assistente alle coreografie Sandro Maria Campagna
canzoni Serena Ganci (Zeus, La canzone delle ancelle) e Bruno Di Chiara (Rapimi la porta)
produzione Teatro Biondo di Palermo
Odissea a/r, che ha debuttato in prima nazionale questa estate al Festival dei Due Mondi di Spoleto,
è incentrato sul viaggio di Telemaco alla ricerca del padre e sul ritorno a Itaca di Odisseo. Emma
Dante lo ha scritto e diretto per i 23 allievi della “Scuola dei mestieri dello spettacolo” del Teatro
Biondo di Palermo, a conclusione del biennio formativo. Ricco di musiche e canzoni, di danze e
invenzioni sceniche, l’Odissea di Emma Dante è una fiaba ironica e movimentata, che offre una
lettura inedita, divertente, dissacrante e allo stesso tempo fedele del poema di Omero.
«Odissea è il viaggio che ogni essere umano fa nel corso della vita – spiega Emma Dante – è il
poema che ci ha permesso di interrogarci sui percorsi che segnano il destino, dove il motore di tutto
è il movimento verso la propria origine. Dall’incontro con figure umane e sovrumane, ninfe e
mostri, pretendenti e mendicanti è nato uno spettacolo ricco di evocazioni fantastiche legate al mito
ma anche di riflessioni sulla condizione dell’uomo-eroe, che si dimostra piccolo e bugiardo. Dopo
avere errato vent’anni, Odisseo torna a Itaca e l’incontro tra il padre e il figlio ci permette di
assistere all’umanizzazione del mito. Di Odisseo, Penelope e Telemaco scopriremo i lati più teneri e
fragili, i loro difetti, le loro imperfezioni. Una madre e un figlio hanno aspettato a lungo il ritorno
del mito e, durante l’attesa, hanno cambiato la propria natura».
dal 25 novembre al 4 dicembre 2016
Le serve
di Jean Genet
traduzione Gioia Costa
regia Giovanni Anfuso
scene Alessandro Chiti
costumi Lucia Mariani
musiche Paolo Daniele
con Anna Bonaiuto, Manuela Mandracchia, Vanessa Gravina
produzione Teatro Biondo Palermo / Teatro e Società / Teatro Stabile di Catania
«Uno straordinario esempio di continuo ribaltamento fra essere e apparire, fra immaginario e
realtà». Con queste parole Jean-Paul Sartre descriveva Le serve (Les bonnes) di Jean Genet, che con
il suo teatro ha indubbiamente rivoluzionato la forma stessa della tragedia moderna.
Scritto nel 1947 e ispirato a un evento di cronaca che impressionò enormemente l’opinione pubblica
francese, Le serve è considerato uno dei suoi capolavori, una perfetta macchina teatrale in cui il
gioco del teatro nel teatro è svelato per mettere a nudo, in modo straordinario, la menzogna della
scena, con una struttura che scava nel profondo.
Claire e Solange, due serve smunte e androgine, vivono un rapporto di amore-odio con la loro
padrona, la sontuosa Madame, che incarna tutti gli ideali perduti: eleganza, bellezza, successo.
Loro, brutte e sempre più arcigne, ogni sera, in assenza della padrona, si ritrovano ad allestire un
ossessivo teatrino, una doppia vita in cui, come bimbe perverse, giocano “a fare Madame”. A turno,
vestono i suoi abiti, la imitano e, alla fine del rito, la uccidono.
Ma ben presto finzione e realtà, nelle loro menti schizofreniche, si sovrappongono. Claire e
Solange, vittime di una ingordigia metafisica nei confronti di Madame, simbolo di un potere
assoluto da abbattere, disgustoso ed affascinante al contempo, incarnano alla perfezione un
dualismo perpetuo, affondate o forse prigioniere nei ruoli violenti e speculari della “vittima” e del
“carnefice”. Facce di una stessa medaglia che coesistono in ciascuno di noi e che, spesso, si
sovrappongono fino a confondersi.
dal 20 al 29 gennaio 2017
HUMAN
di e con Marco Baliani e Lella Costa
collaborazione alla drammaturgia Ilenia Carrone
e con David Marzi, Noemi Medas, Elisa Pistis, Luigi Pusceddu
musiche originali di Paolo Fresu con Gianluca Petrella
scene e costumi Antonio Marras
disegno luci Loïc Francois Hamelin e Tommaso Contu
regia Marco Baliani
produzione e Sardegna Teatro / Mismaonda Srl / Marche Teatro
La parola HUMAN sbarrata da una linea nera che l’attraversa, come a significare la presenza
dell’umano e al tempo stesso la sua possibile negazione. Gli autori Marco Baliani e Lella Costa
sono partiti dal mito per interrogarsi e interrogarci sul senso profondo del migrare. L’Eneide, da un
lato, che celebra la nascita dell’impero romano da un popolo di profughi, e il mito di Ero e Leandro
dall’altro, i due amanti che vivevano sulle rive opposte dell’Ellesponto.
Prende avvio così HUMAN, dal tema delle migrazioni e dalla volontà di raccontarne l’“odissea
ribaltata”, ponendo al centro lo spaesamento comune, quell’andare incerto di tutti quanti gli human
beings del nostro tempo.
«Umano è il corpo nella sua integrità fisica e psichica, nella sua individualità – spiegano Baliani e
Costa – Quando questa integrità viene soppressa, o annullata con la violenza, si precipita nel
disumano. Con la nostra ricerca teatrale vorremmo indagare quel segno di annullamento, insinuarci
in quella soglia che separa l’umano dal disumano». Lungi dall’essere un altro esempio di teatro
civile, HUMAN si propone di inquietare lo spettatore, turbarlo e assediarlo di domande, e andare a
toccare i nervi scoperti della nostra cultura riguardo alla dicotomia umano/disumano. Senza
rinunciare all’ironia e perfino all’umorismo: perché forse solo il teatro sa toccare nodi conflittuali
terribili con la leggerezza del sorriso, la visionarietà delle immagini, la forza della poesia.
dal 10 al 19 febbraio 2017
Macbeth - Una magarìa
da William Shakespeare
adattamento Vincenzo Pirrotta
traduzione Carmelo Rapisarda
con Vincenzo Pirrotta, Cinzia Maccagnano
costumi Daniela Cernigliaro
musiche Luca Mauceri
scene e regia Vincenzo Pirrotta
produzione Teatro Biondo Palermo / Teatro Stabile di Catania
Una rilettura aspra e terrigna del Macbeth shakespeariano, che Vincenzo Pirrotta immagina nel
segno di una “magarìa”, una magia, un incantamento intriso di ritualità occulte e arcaiche leggende
siciliane. «La vicenda – spiega il regista – sarà introdotta da una danza macabra, una vera e propria
messa nera officiata dalle streghe, che presagisce influenze maligne e un vortice incantatorio nel
quale precipiteranno i protagonisti. Ho studiato a lungo i rituali dell’occulto, soprattutto del Sud
Italia, per questo il rituale del prologo sarà in dialetto. La mia idea è che le streghe, con i loro oscuri
presagi, restino attaccate ai personaggi come un cordone ombelicale, condizionandone le scelte e i
comportamenti. Alcuni riusciranno a liberarsi recidendo questo cordone, ma non il protagonista e
Lady Macbeth, i quali, come in preda a una possessione, compiranno i terribili delitti narrati da
Shakespeare».
dal 24 febbraio al 5 marzo 2017
Il flauto magico
secondo l’Orchestra di Piazza Vittorio
ispirato all’opera in due atti di Wolfgang Amadeus Mozart
direzione artistica e musicale Mario Tronco
elaborazione musicale Mario Tronco e Leandro Piccioni
acquerelli, animazione e scene Lino Fiorito
disegno luci Pasquale Mari
costumi Ortensia De Francesco
produzione Vagabundos s.r.l
Ispirandosi all’opera di Mozart, l’Orchestra di Piazza Vittorio esce dalla buca, sale sul palcoscenico
e trasforma i suoi musicisti nei personaggi di un Flauto magico contemporaneo. L’opera smette i
panni di mero spartito, si affranca dalla pagina scritta e viene elaborata come una favola musicale
tramandata in forma orale e giunta in modo diverso a ciascuno dei musicisti. E come accade ogni
volta che una storia viene trasmessa di bocca in bocca, le vicende e i personaggi si trasformano e la
musica si allontana dall’originale.
Non si tratta dell’esecuzione integrale dell’opera di Mozart: le melodie sono riconoscibili, ma
vengono scarnificate, ridotte all’essenziale e intrecciate, mescolate a brani originali dell’Orchestra.
Il lavoro sulla partitura ha fatto confluire in essa generi di varia provenienza, dal folk, al reggae, alla
musica classica, passando per il pop e il jazz. Allo stesso modo, anche l’ambientazione dell’opera si
fa caleidoscopica: se il Flauto di Mozart si svolgeva in un Egitto fantastico, quello dell’Orchestra è
ambientato nella società multirazziale dei nostri tempi, in un luogo immaginario, senza precisi
riferimenti alla geografia reale, un luogo che è un non-luogo o tutti i luoghi possibili. In questa
nuova Babele è la musica il linguaggio universale.
Dal 7 al 12 marzo 2017
Il casellante
di Andrea Camilleri e Giuseppe Dipasquale
con Moni Ovadia, Valeria Contadino, Mario Incudine
e con Sergio Seminara, Giampaolo Romania
e i musicisti Antonio Vasta, Antonio Putzu
scene e regia di Giuseppe Dipasquale
musiche originali Mario Incudine
con la collaborazione di Antonio Vasta
costumi Elisa Savi
luci Gianni Grasso
produzione Promo Music-Corvino Produzioni / Centro d’Arte Contemporanea Teatro Carcano /
Comune di Caltanissetta
Il casellante è, tra i racconti di Camilleri del cosiddetto “ciclo mitologico”, uno dei più divertenti e,
allo stesso tempo, struggenti. Ambientato in Sicilia, terra di contraddizioni, narra la vicenda di una
metamorfosi. Ma questa Sicilia è la Vigàta di Camilleri, che diventa ogni volta metafora di un modo
di essere e ragionare le cose.
Dopo il successo ottenuto con le trasposizioni per il teatro de Il birraio di Preston e La concessione
del telefono, lo scrittore e il regista Dipasquale tornano nuovamente insieme per proporre al
pubblico una nuova avventura, una vicenda affogata nel mondo di Camilleri, che vive di personaggi
reali ma trasfigurati dalla sua grande fantasia di narratore. Una vicenda sospesa tra mito e storia,
che disegna i tratti di una Sicilia arcaica e moderna, comica e tragica, ferocemente logica eppure
paradossale.
Il casellante racconta di Minica – in attesa di un figlio – e di suo marito Nino, della loro modesta
vita nella solitaria casetta gialla accanto a un pozzo e a un ulivo saraceno, durante gli ultimi anni del
fascismo. Nino, che nel tempo libero si diletta a suonare il mandolino, fa il casellante lungo la linea
ferroviaria che collega i paesi della costa. La zona, alla vigilia dello sbarco alleato, si va animando
di un via vai di militari e fascisti che, quasi presagendo la fine imminente, si fanno più sfrontati.
Una notte, mentre Nino è in carcere, colpevole di avere ridotto le canzoni fasciste a marce e
mazurche con chitarra e mandolino, un evento sconvolgente travolge la vita di Minica.
dal 14 al 19 marzo 2017
Preamleto
di Michele Santeramo
con Massimo Foschi, Manuela Mandracchia,
Francesco Villano, Lino Musella, Matteo Sintucci
regia Veronica Cruciani
scene e costumi Barbara Bessi
luci Gianni Staropoli
musiche Paolo Coletta
produzione Teatro di Roma
Un testo che parte da Shakespeare per raccontare cosa succede prima della morte di Re Amleto,
analizzando in chiave contemporanea il concetto di potere. Re Amleto non è morto, Amleto vuole il
potere, Gertrude sente che tutto le sfugge, Claudio non vuole usare nessun veleno contro suo
fratello, Polonio aspetta che le cose si mettano a suo vantaggio. Così, i personaggi di Shakespeare
sono colti nel loro privato, prima che la tragedia abbia inizio: «Sono diversi pima della vendetta –
riflette la regista Veronica Cruciani – prima della violenza, quando forse ancora le cose si possono
salvare».
Immaginare quel che può accadere prima di quel «vendica il mio brutale e snaturato assassinio», da
cui prende vita l’Amleto, significa provare a scoprire intrecci e motivazioni che nel testo
shakespeariano si affidano solo alla fantasia dello spettatore. «Se cambiassero le premesse, la storia
di Amleto sarebbe comunque piena di uccisioni, vendette, assassini? – si domanda l’autore Michele
Santeramo – E quali le storture che si svilupperebbero in un gruppo stretto dal vincolo familiare e
costretto a relazionarsi con il potere? ». Lo spettacolo prova a mettere di fronte allo spettatore i
personaggi nell’atto di prendere la decisione che cambierà le vite di tutti, mostrando i retroscena dei
rapporti familiari, che diventano lo specchio di quanto il comportamento umano possa distorcersi
ogni volta che si confronta con il potere. È questa l’indagine che Veronica Cruciani, regista da
sempre interessata al rapporto tra memoria e drammaturgia, compie sul testo di Shakespeare, alla
ricerca di una storia il cui canone non è più, come è stato per Amleto e per tutta la modernità, la
parola “vendetta”.
dal 21 al 26 marzo 2017
Fratto_X
di Flavia Mastrella e Antonio Rezza
con Antonio Rezza
e con Ivan Bellavista
(mai) scritto da Antonio Rezza
habitat di Flavia Mastrella
assistente alla creazione Massimo Camilli
disegno luci Mattia Vigo
organizzazione Stefania Saltarelli
produzione TSI La Fabbrica dell’Attore - Teatro Vascello / RezzaMastrella / Fondazione TPE
In una scena ingegnosa e astratta due persone discorrono sull’esistenza. Ma si può parlare con
qualcuno che ti presta la voce? Si può rispondere con la stessa voce di chi fa la domanda? Antonio
Rezza e Flavia Mastrella non puntano il dito contro l’illogicità del mondo ma scelgono di abitarla,
di portarla ai limiti del nonsense e di renderla persino comica. La forma buffa, lo sdoppiamento del
linguaggio e l’intelligenza delle battute che rasenta la follia, vengono usati per scuotere lo spettatore
dalle sue certezze e farlo ridere inconsapevolmente di se stesso.
Fratto_X si compone per suggestioni fotografiche: le immagini raccontano la strada che corre e
l’impossibilità di agire dei personaggi. È l’uomo al centro della grande X sul palcoscenico,
all’incrocio della sua vita e delle scelte, delle strade che si possono percorrere o che gli si
avviluppano intorno. A quest’incrocio è facile smarrire la strada, perdersi di vista. La
manipolazione è alla base di un corretto stile di vita, ci toglie la voce e non rimane che una bocca
che si muove per sentito dire. Siamo tutti sotto il “Fratto_X”, che in matematica semplifica
all’infinito fino all’annullamento che uccide l’identità.
dal 31 marzo al 9 aprile 2017
Bianco su Bianco
scritto e diretto da Daniele Finzi Pasca
con Helena Bittencourt e Goos Meeuwsen
produzione Julie Hamelin Finzi
distribuzione ATER – Associazione Teatrale Emilia Romagna
Bianco su Bianco è uno spettacolo teatrale e clownesco, una storia raccontata da un’attrice e da un
“tecnico di scena”. Helena Bittencourt e Goos Meeuwsen costruiscono per il pubblico un mondo
surreale, fatto di geometrie semplici e paesaggi lineari. È l’essenzialità della macchina scenica a
sorprendere, attraverso la quale ci si addentra sul terreno della memoria, lasciandosi condurre per
mano da questi due clown che non incarnano l’insensatezza ma la fragilità degli eroi perdenti.
«Non saranno dei sogni, ma delle piccole allucinazioni, un modo di lasciar emergere il Rosso e il
Nero che si nascondono dietro al Bianco del nostro immaginario da clowns», così il regista Daniele
Finzi Pasca descrive lo spettacolo, che si compone in un mosaico di dettagli e minuzie. Situazioni
tragicomiche sempre in equilibrio tra una dolce e nostalgica assurdità, un mondo ferocemente
sereno, un teatro che riflette su se stesso, dove gli attori usano il proscenio per dialogare con il
pubblico, dove l’illusione e gli artifici vengono alla fine sempre svelati, dove si ride e ci si
commuove.
dal 18 al 23 aprile 2017
La scuola
di Domenico Starnone
con Silvio Orlando
e con Vittoria Belvedere, Vittorio Ciorcalo, Roberto Citran, Roberto Nobile,
Antonio Petrocelli, Maria Laura Rondanini
scene Giancarlo Basili
luci Pasquale Mari
costumi Maria Rita Barbera
regia di Daniele Luchetti
produzione Cardellino srl
Nel 1992 debuttò Sottobanco, spettacolo teatrale interpretato da un gruppo di attori eccezionali
capitanati da Silvio Orlando e diretti da Daniele Luchetti. Lo spettacolo divenne presto un cult,
antesignano di tutto il filone di ambientazione scolastica tra cui anche la trasposizione
cinematografica, nel 1995, della stessa pièce che prese il titolo La scuola.
Lo spettacolo era un dipinto della scuola italiana di quei tempi e al tempo stesso un esempio quasi
profetico del cammino che stava intraprendendo il sistema scolastico italiano. «Ho deciso di
riportare in scena lo spettacolo più importante della mia carriera – spiega Silvio Orlando – a
vent’anni di distanza per fare un bilancio sulla scuola e vedere cos’è successo poi».
Il testo è tratto dalla produzione letteraria di Domenico Starnone. Siamo in tempo di scrutini in IV
D. Un gruppo di insegnanti deve decidere il futuro dei loro studenti. Di tanto in tanto, in questo
ambiente circoscritto, filtra la realtà esterna. Dal confronto tra speranze, ambizioni, conflitti sociali
e personali, amori, amicizie e scontri generazionali, prendono vita personaggi esilaranti, giudici
impassibili e compassionevoli al tempo stesso. Il dialogo brillante e le situazioni paradossali lo
rendono uno spettacolo irresistibilmente comico e allo stesso tempo di grande densità.
dal 5 al 14 maggio 2017
TROILOVSCRESSIDA
di William Shakespeare
traduzione e adattamento ricci/forte
regia Stefano Ricci
con gli allievi attori della “Scuola dei mestieri dello spettacolo” del Teatro Biondo di Palermo
produzione Teatro Biondo Palermo
Mordi | Mangia | Sfama | Brucia | Getta |
“E’ il destino delle reliquie, delle stelle di cartone destinate a illuminare il cielo notturno del
nonsenso e a indicarci una direzione variabile, fatta di sibaritico Nothing.
In Troilo e Cressida, il Bardo stigmatizza la gamma dei fenomeni mimetici, dove gli ingranaggi
della cupidigia conducono senza sconti verso la distruzione: politica del desiderio erotico che si
unisce in amplesso con la politica della mancanza di autorità.
Profeti della pubblicità ipercontemporanea, gli individui di questa tragedia fabbricano idoli per
riempire i propri giorni, altrimenti inutili.
Il Potere della Bellezza e del Comando sono scettri difficili da raggiungere o mantenere. Il prezzo è
altissimo ma Greci e Troiani sono disposti a pagarlo, esattamente come i loro epigoni postmoderni,
votati alla fama delle TV e ai suoi derivati. Per i consunti 15 minuti di celebrità siamo disposti a
tutto, anche ad abdicare ai nostri principi, etici e morali, ammesso che siano presenti...”
“In TROILOVSCRESSIDA recuperiamo il rantolo animale che abita ogni figura del dramma:
politici, guerrieri o innamorati tutti affannati a mantenere le apparenze di un successo volatile. In un
sistema planetario massmediaddicted, il valore individuale si misura esclusivamente in funzione di
ciò che si chiama visibilità. Il ruolo tirannico della moda travolge le coscienze, tanto più quelle
giovani in cerca di peso. Infatuazioni che sfumano nell’arco di poche ore, Messia proclamati e
deposti sempre più in fretta generano un respiro corto, da inseguimento, da rabbia nel voler gridare
io esisto!, pur esclusivamente negli occhi degli altri.
La grammatica adottata, le scelte drammaturgiche applicate ad un eloquio che si cuce sul Presente,
sfoggiando i riverberi di un passato glorioso, descrivono una difficoltà reale, dei nostri giorni, di
sollevarci dal ciarpame di una sopravvivenza indotta.
Non ci sono buoni o cattivi nel nostro sguardo su Troia: sul gran giro della Ruota panoramica, solo
noi, uomini, abbandonati, perché God doesn’t exist. He’s just a Lady Gaga’s avatar.”
ricci/forte
SALA STREHLER
dal 2 al 6 novembre 2016
Gesta dell’Orlando furioso narrate da Brunello!
di Salvo Piparo
regia Luigi Maria Burruano
musiche Marco Betta
con Salvo Piparo, Costanza Licata, Irene Maria Salerno, Francesco Cusumano
produzione Associazione Culturale Kleis
Pupi alti e finemente decorati si muovono sulla scena, accompagnati dal ritmo incalzante delle
percussioni, da un pianoforte dolce e dal personalissimo cunto, narrato d’un fiato, tratto da
un canovaccio di Salvo Piparo, Pupiata di Zucchero.
Quello che va in scena è un racconto epico di gesta moderne, un poema che mescola presagi
ingannevoli e pura follia:.
Salvo Piparo è accompagnato dal mezzo soprano Costanza Licata nel ruolo di Angelica,
dall’elegante pianoforte di Irene Maria Salerno, che guida gli spettatori da un quadro all’altro, e dal
ritmo delle percussioni di Francesco Cusumano.
Un’antica storia d’amore e guerra, raccontata per bocca di Brunello, vecchio personaggio panormita
protagonista del racconto: Brunello vende pupaccene vestite da paladini di Francia, immobili e
perennemente sorridenti, ma riuscirà a dar loro vita attraverso la propria fantasia.
Uno spettacolo divertente e colto, che racconta, in modo volutamente infedele, una delle più grandi
favole della letteratura moderna occidentale agganciandola alla realtà di oggi: gli eroi di Ariosto
diventano visionari senza senno che chiedono consiglio a una luna piena di ricotta come un biscotto
di San Martino, Angelica è una donna dai discutibili costumi e Medoro un amante instancabile e
cocciuto.
dal 11 al 21 gennaio 2017
Almanacco siciliano
di Roberto Alajmo
regia Vincenzo Pirrotta
musiche Marco Betta e Fratelli Mancuso
con Elisa Lucarelli, Cinzia Maccagnano, Vincenzo Pirrotta, Enzo e Lorenzo Mancuso
scene Claudio La Fata
costumi Vincenzo Pirrotta
luci Nino Annaloro
produzione Teatro Biondo Palermo
L’istante prima della fine, l’ultima immagine prima che una luce bianca e abbagliante, “la luce
davvero troppo forte” delle mattine di fine luglio a Palermo, si trasformi improvvisamente in nero.
C’è poco da ricamarci sopra: quando si muore, si muore e basta. Diventano inutili altre parole.
L’Almanacco di Roberto Alajmo è una rivoluzione di prospettiva: racconta, come in una soggettiva,
il congedo prima del buio di uomini e donne uccisi nel corso dei cinquant’anni della guerra di mafia
in Sicilia.
Quasi un repertorio che non si perde in interpretazioni, lasciando fuori lo spargimento di sangue,
proprio come avveniva nelle tragedie greche. Rimarrebbero le emozioni, i rimpianti. Ce li mettano
gli spettatori, le emozioni e i rimpianti, se riescono a trovarli dentro di sé.
“In quest’Almanacco – spiega Pirrotta – si raccontano delitti atroci ma con la levità della poesia,
sono le voci che, unite nel rincorrersi delle date divenute storiche, diventano stasimo ma asciugato
dalla pesante lirica del coro tragico. Il tempo della morte diviene una sorta di offertorio alla vita, un
ex-voto consegnato al pubblico, il cerimoniale dell’ultimo istante, ma con la dolcezza dello
stupore”.
dal 25 al 29 gennaio 2017
Assassina
di Franco Scaldati
riduzione e regia Enzo Vetrano e Stefano Randisi
scene e costumi di Mela Dell’Erba
musiche e canti originali composti ed eseguiti in scena dai Fratelli Mancuso
con Enzo Vetrano, Stefano Randisi
e i Fratelli Mancuso
produzione Emilia Romagna Teatro Fondazione
Una vecchina e un omino vivono nella stessa casa dove si preparano da mangiare, si lavano, parlano
e giocano coi loro animali: la gallina Santina e il topo Beniamino. Alla parete ci sono appesi i
ritratti dei genitori, che di tanto in tanto fanno sentire la loro voce con lirici assoli o divertiti
commenti. Ma la vecchina e l’omino non si conoscono, non si sono mai incontrati, anzi ignorano
l’uno l’esistenza dell’altro. E quando improvvisamente, una notte, si scoprono a dormire nello
stesso letto, che ognuno ovviamente giura essere il suo, comincia un’infinita sequenza di
battibecchi, interrogatori, accuse e smentite, scambi di identità...
Dopo Totò e Vicè, Vetrano e Randisi tornano a proporre il teatro di Franco Scaldati affrontando uno
dei testi più metafisici e divertenti allo stesso tempo.
dall’1 al 5 febbraio 2017
Tre di coppie
di Franco Scaldati
adattamento di Franco Maresco e Claudia Uzzo
regia Franco Maresco
con Gino Carista, Giacomo Civiletti, Melino Imparato
scene e costumi Cesare Inzerillo e Nicola Ferruzza
luci Cristian Zucaro
musiche Salvatore Bonafede
realizzazione video e collaborazione all’adattamento Francesco Guttuso
regista collaboratrice Claudia Uzzo
assistente alla regia Giuliano La Franca
produzione Teatro Biondo Palermo
Dopo il successo dello scorso anno e in vista di una tournée italiana, il Teatro Biondo ripropone lo
spettacolo di Franco Maresco che, basandosi su alcuni testi di Franco Scaldati, realizza una serie di
“variazioni” sul tema della coppia nell’opera del drammaturgo palermitano.
Le candide figurine trasognate di Totò a Vicè e l’inedita coppia del Corto e il Muto, un duetto tanto
irresistibile quanto scurrile, insieme ai tragicomici Santo e Saporito de La notte di Agostino il topo
sono i protagonisti dello spettacolo, che Maresco dedica a Scaldati ma anche all’attore Gaspare
Cucinella, recentemente scomparso, insieme al quale Scaldati dava vita in scena proprio ai suoi
poetici e irriverenti duetti.
«Per me – spiega Maresco – è anche l’occasione per porre in evidenza il lato comico di Scaldati, un
aspetto, questo, che è stato determinante nella mia formazione artistica e che si ritrova nei miei film,
in particolare in Totò che visse due volte. Ho pensato lo spettacolo, insieme a Claudia Uzzo, come
una macchina scenica ad orologeria, nella quale gli attori appaiono e scompaiono in un grande
fondale nero con una serie di finestre, al centro del quale vi è una specie di oblò, che fa da schermo
per le immagini video: un buco nero che mette in relazione la realtà con quella dimensione altra,
metafisica, della quale il teatro di Franco è concreta testimonianza».
dall’8 al 12 febbraio 2017
Italiani cìncali!
di Nicola Bonazzi e Mario Perrotta
interpretato e diretto da Mario Perrotta
produzione Teatro dell’Argine
Cìncali cioè: zingari! Così credevano di essere chiamati gli italiani emigrati in Svizzera; pare,
invece, che fosse una storpiatura di cinq, “cinque” nel linguaggio degli emigranti padani che
giocavano a morra.
Italiani cìncali! è un progetto teatrale sull'emigrazione italiana del secondo dopoguerra, che Mario
Perrotta ha realizzato dopo aver raccolto numerose testimonianze in giro per il sud Italia: «Un anno
di memorie rispolverate a fatica. Ho preso la macchina e ho girato senza un luogo preciso dove
andare, eppure il Sud è tutto uguale, non hai bisogno di sapere dove qualcuno ha preso le valigie ed
è partito: basta entrare in un bar, un bar della provincia e chiedere. La risposta è sempre la stessa:
“Qui tutti siamo emigrati”. “Me lo racconta?” Si fanno pregare, un attimo soltanto, poi partono con
la loro storia, infinita, che reclama ascolto. Anche il Sud è infinito. Me lo insegna la mia macchina
che mi porta di paese in paese, sempre per caso, e s’inerpica tra i paesi montani del Nord-Est
produttivo ed è ancora Sud. Sì! Per i Belgi, gli Svizzeri, i Tedeschi che chiedevano braccia dopo la
seconda guerra mondiale, Sud era la Puglia, la Sicilia, la Calabria e Sud era il Veneto, il Friuli:
“Siamo emigrati tutti qui”, quattro parole, sempre le stesse».
dal 22 febbraio al 4 marzo 2017
O come buco
testo e regia Giovanni Lo Monaco
con Vincenzo Ferrera e Marta Lunetta
scene Daniele Franzella
costumi Dora Argento
produzione Teatro Biondo Palermo
O come buco è il terzo spettacolo di una tetralogia di Giovanni Lo Monaco sui rapporti parentali.
Un percorso cominciato alcuni anni fa con You know..., cui ha fatto seguito, lo scorso anno, il primo
studio su A fondo.
Il nucleo ossessivo, comune a queste drammaturgie, è la famiglia tradizionale, un’istituzione che –
secondo Lo Monaco – mostra ormai limiti di ogni genere: «La vediamo difatti sminuzzarsi, in modo
proteiforme, in diversi modelli il cui unico elemento di riconoscibilità e identificazione rimane il
legame affettivo tra i suoi membri. Nella mia ricerca tento di portare questo elemento alla sua
estremizzazione che è l’incesto, allo scopo di creare, nell’incrinatura vischiosa di relazioni che
hanno smarrito il confine, un importante punto di domanda».
O come buco è la storia di questo tipo di legami, una tragedia in salsa contemporanea nella quale il
tabù dell’incesto serve come espediente per svelare quello che, secondo Lo Monaco, è il vero tabù
dei nostri giorni, ossia la rappresentazione di un certo tipo di famiglia, quella “nucleare”, dove
spesso si condensa un insieme di valori che assumiamo come dato oggettivo, naturale e
inconfutabile. Valori che questo spettacolo, provocatoriamente, vuole mettere in discussione.
dal 22 marzo al 2 aprile 2017
Nel nome del padre
di Luigi Lunari
regia Alfio Scuderi
con Paolo Briguglia e Silvia Ajelli
produzione Teatro Biondo Palermo
Due giovani si trovano in un luogo misterioso, che presto si rivela come una sorta di purgatorio,
dove essi devono liberarsi dai loro drammatici ricordi per approdare ad una meritata pace eterna.
Rosemary e Aldo provengono dai poli opposti della nostra società: sono figli di due importanti
uomini politici, storicamente esistiti, di contrapposte posizioni ideologiche. Lei è figlia di un uomo
potentissimo, un vero e proprio protagonista del mondo del potere e del danaro, lui è il figlio di un
povero rivoluzionario, per lungo tempo esule dalla sua patria, che lotta per sconfiggere quel mondo
ed imporre una nuova eguaglianza tra gli uomini. Diciamo pure “una capitalista” e “un comunista”.
Entrambi i figli hanno pagato un durissimo prezzo alla personalità e alle ambizioni – pur cosı̀
diverse – dei loro padri, dai quali sono rimasti irrimediabilmente schiacciati. Il dramma si sviluppa
intorno al serrato dialogo liberatorio di questi due personaggi, nel luogo dell’anima non ben
precisato dove s’incontrano, quasi una sala d’attesa verso un ipotetico aldilà.
dal 5 al 9 aprile 2017
Boxe
ideazione e regia Sabino Civilleri e Manuela Lo Sicco
testo Enrico Ballardini
con Filippo Farina, Veronica Lucchesi, Dario Mangiaracina, Mariagrazia Pompei,
Quinzio Quiescenti, Stefania Ventura, Gisella Vitrano
e con la partecipazione straordinaria di un pugile professionista
disegno luci Clarissa Cappellani, Anna Petra Trombini
produzione Associazione Civilleri/LoSicco
in collaborazione con Scenica Frammenti / Trasparenze Festival e Residenze / Teatro Biblioteca
Quarticciolo di Roma.
Per Sabino Civilleri e Manuela Lo Sicco il ring è un palcoscenico e il palcoscenico è un ring.
Quando il pugile sale sul quadrato non è solo: attorno a lui c’è il team, attorno al team c’è il
pubblico. Il pugile resiste a colpi durissimi, sfida il sistema. Il suo team è lì, attorno al quadrato, a
ricordargli che lui è l’eroe designato a condurre tutti alla vittoria. Il pubblico partecipa alle gesta
dell’eroe.
«Questa è la favola che tutti noi vorremmo ascoltare sulla boxe – affermano i registi – ma nel nostro
mondo non è così. Lo specchio riflette un’immagine abbastanza desolante, un mondo svuotato che
non cerca più eroi, ma uomini e donne preconfezionati. Il pugile è l’attore di una farsa. Il team è un
ingranaggio che tiene le fila di un mondo svuotato di senso. Il pubblico è solo un insieme di occhi
che assistono. Questa è la favola sulla boxe che nessuno di noi vorrebbe ascoltare.».
dal 3 al 7 maggio 2017
Aspettando Antigone
di Claudio Zappalà
regia Mauro Avogadro
con Dario Battaglia, Vladimir Randazzo, Nicasio Catanese, Ivan Graziano
elementi scenici Aurora Buzzetti, Francesca Innocenti
costumi Ivan Bicego Varengo
produzione C.T.M. Centro Teatrale Meridionale Soc. Coop.
Il giovane Claudio Zappalà ha scritto questo testo, già vincitore del Premio Cendic-Segesta 2015,
nell’ambito del Laboratorio di drammaturgia della “Scuola dei mestieri dello spettacolo” del Teatro
Biondo. L’autore reinventa il mito mettendo in luce personaggi tutt’altro che eroici, che nella
tragedia di Sofocle non hanno alcun peso: le quattro guardie che sorvegliano il cadavere di Polinice,
alle quali è restituita una rinnovata dignità, quella dell’uomo comune che discute sulla vita e
l’affronta quotidianamente nell’impossibilità di decifrarla. Il regista Mauro Avogadro dà corpo al
mito in un senso tutto contemporaneo di smarrimento, incarnato da personaggi che si muovono tra
speranze, utopie e giovanili slanci puntualmente disattesi. Al linguaggio asciutto e ironico è affidato
il compito di smorzare delusioni e malinconia, ma anche di dare voce ai piccoli desideri quotidiani
in cui rifugiarsi. I quattro sono trascinati da eventi più grandi di loro e si sottomettono a un senso
dell’obbedienza imposto dall’esterno, agiscono, eseguono ordini senza capirne il senso, senza avere
il coraggio di opporsi: ci somigliano nelle pigrizie e nelle vigliaccherie, ma anche nei desideri di
pace e di vita tranquilla. Poetici e commoventi, ci dimostrano come i grandi testi di teatro di ogni
epoca offrano spunti e possibilità nuove per essere riscritti, riletti e interpretati sulla scena.