14 Liselotte Fassbind-Kech* Traduzione di Viviana Chiarlo e Isotta

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La consulenza come caccia al tesoro
Liselotte Fassbind-Kech*
Traduzione di Viviana Chiarlo e Isotta Chiari
Riassunto
A partire dalla definizione di counselling AT presente nel Manuale
EATA, l’articolo sottolinea la “focalizzazione sulle risorse”, competenza di base del counsellor analista transazionale, approfondita e
ricollocata nell’asse del tempo. Il processo consulenziale diventa una
vera e propria caccia al tesoro. Counsellor e cliente, all’interno della
loro relazione contrattuale, insieme, sono impegnanti a ricercare e
restituire valore alle risorse del presente, del passato e del futuro.
L’autrice, attraverso la presentazione di un caso, illustra come il
riconoscimento delle risorse può divenire fonte di motivazione e
aprire nuove possibilità e nuove esperienze di autonomia.
Abstract
Counselling as a treasure hunt
Starting with the definition of counselling in TA given by the
EATA Manual, the article underlines the “focusing on resources”
as a basic ability of the TA counsellor, that is enriched and reallocated throughout time. The counselling process therefore becomes
a veritable Treasure hunt. Counsellor and client, within their contractual relationship, are involved together in searching and giving
value to present, past and future resources. The author illustrates,
* Liselotte Fassbind-Kech, TSTA-C, analista transazionale didatta
e supervisore EATA ITAA, vive e lavora a Zurigo. La consulenza come
“caccia al tesoro” è il testo relativo alla giornata di studio organizzata il 12
novembre 2011 dal CPAT di Milano per gli allievi della Scuola A.T.C.
(Analisi Transazionale e Counselling), “Identità del counsellor e le possibilità di lavorare con le risorse del presente, del passato e del futuro”.
www.beratung-fassbind.ch
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through a case presentation, how the resources recognition can
become a source of motivation, and can open new possibilities
and new experiences of autonomy.
Alla voce consulenza su Wikipedia compaiono oltre 50 accezioni, a partire dalla consulenza del lavoro e professionale, attraverso
la consulenza familiare, finanziaria, Feng-Shui, psicosociale, per
l’immigrazione, fino alla consulenza di immagine.
Le tipologie di consulenza possono essere distinte anche a seconda dell’orientamento. La consulenza può essere finalizzata a uno
scopo (per esempio trovare la migliore strategia di investimento di
un patrimonio) o piuttosto alla persona (quando occorre trovare
un nuovo orientamento durante una fase di transizione nella vita).
A seconda dell’ambito di applicazione, la persona dovrà farsi
assistere da un consulente (la difesa tecnica nel processo penale è
obbligatoria) oppure ricorrerà alla consulenza di propria iniziativa.
Indipendentemente dalla volontarietà, e dal conseguente grado di
motivazione, e indipendentemente dai metodi utilizzati, la consulenza viene prescritta o richiesta al fine di migliorare l’attuale situazione professionale o personale. Idealmente, il cliente collabora
alla definizione del livello e dell’ambito dell’intervento per ottenere
il miglioramento desiderato, al fine di stabilire con chiarezza in
quale direzione procedere, la durata del rapporto di consulenza
e le possibilità di verifica dei risultati. Gli analisti transazionali
identificano questo processo con il processo di costruzione e stipulazione del contratto.
I modelli
Nell’antichità troviamo già i primi esempi di counselling. Aristotele, ad esempio, nella sua Etica nicomachea ci indica la pratica per
«apprendere come diventare un uomo buono e come condurre
una vita felice». Ci insegna che, per vivere in modo soddisfacente,
l’essere umano dispone del bios theoretikos e del bios praktikos. Il
bios theoretikos comprende la scienza, la razionalità, la ricerca delle
verità fondamentali, la saggezza. Il bios praktikos si riferisce alla vita
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pratica, al perfezionamento dell’uso della ragione in riferimento
alla realtà, vale a dire alla applicazione dell’intelletto e delle proprie capacità secondo le virtù etiche. Le finalità individuate da
Aristotele sembrano molto vicine a quello che Eric Berne, fondatore dell’Analisi Transazionale, descrive come obiettivo della vita
quando parla dell’autonomia che si accompagna a capacità quali
la consapevolezza, la spontaneità e l’intimità.
Al pari delle teorie di Aristotele anche la formulazione di Berne
fa supporre che un intervento riuscito di counselling si rivolga prevalentemente al piano cognitivo e comportamentale, dell’azione.
Berne si avvalse della collaborazione con il neurochirurgo Penfield
per sviluppare la tesi secondo la quale il cervello funzionerebbe
come un registratore, in grado di memorizzare le esperienze dell’intera vita (Berne, 1966).
La neurofisiologia ha evidenziato da tempo l’interazione fra processi cognitivi, emotivi e fisiologici. Greenspan (1997), Damasio
(1999), Bauer (2002, 2005), Hüther (2007), Porges (2010), sebbene con valutazioni differenti dei singoli aspetti, sono concordi nel
ritenere che cambiamenti duraturi nel modo di pensare, provare
emozioni e agire possano avvenire efficacemente soltanto con il
coinvolgimento del corpo.
La tesi centrale del costruttivismo recita:
Gli esseri umani sono sistemi autopoietici, autoreferenziali, operativamente chiusi. La realtà esterna ci è inaccessibile da un punto di
vista sensoriale e cognitivo. Siamo collegati all’ambiente in modo
esclusivamente strutturale, vale a dire che nel nostro sistema nervoso
trasformiamo gli impulsi provenienti dall’esterno secondo un procedimento “determinato dalla struttura”, cioè fondato su strutture
psicofisiche, cognitive ed emotive biograficamente caratterizzate.
La realtà prodotta in questo modo non è una rappresentazione o
un’immagine del mondo esterno, piuttosto un costrutto praticabile,
condiviso da altre persone, che si è rivelato biograficamente e storicamente utile per la nostra vita. Gli esseri umani, in quanto sistemi
autoregolati non possono essere determinati dall’ambiente, tuttavia
possono esserne perturbati, disturbati e stimolati (Siebert, 2005).
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I neurobiologi Humberto Maturana e Francisco Varela hanno potuto affermare sulla base delle loro conoscenze neuroanatomiche che:
un significato emerge quando l’eccitazione degli stimoli ambientali
sollecita negli organi di senso impulsi i quali, mediante i diversi
meccanismi delle varie aree del sistema nervoso e cerebrale, sono
messi a confronto, elaborati e sempre più integrati con i contenuti
della memoria (Maturana, Varela, 1987).
Joachim Bauer, docente di psiconeuroimmunologia, scrive:
Le relazioni fra l’esperienza del nostro corpo e gli oggetti del mondo
esterno sono particolarmente significative dal punto di vista psicosomatico. Questo congiungimento dei segnali della sfera interiore
del corpo e del mondo delle situazioni esterne avviene nel gyrus
cinguli del sistema limbico, sede della propriocezione e del senso
di autostima (Bauer, 2002).
Da un punto di vista neurobiologico l’essere umano è programmato per la risonanza sociale e la cooperazione. Il riconoscimento,
la stima, l’attenzione e la simpatia nelle relazioni interpersonali
stimolano il sistema motivazionale interno a secernere dopamina,
oppioidi endogeni e ossitocina. Questi tre tipi di ormoni concorrono a generare l’impulso a muoversi verso l’obiettivo e l’energia
necessaria (Bauer, 2007).
Gli autori citati confermano che il counselling è particolarmente
efficace quando avviene nell’ambito di una relazione in cui coesistono aspetti cognitivi, emotivi e sensoriali.
Definizione di counselling
Come abbiamo detto, l’analista transazionale stabilirà gli obiettivi
con i singoli clienti. Allo stesso tempo, potrà fare riferimento alle
definizioni delle associazioni professionali nazionali o internazionali per delineare la portata del suo intervento.
Riporto come esempio la definizione di counselling dell’EATA
(European Association of Transactional Analysis):
Il counselling analitico transazionale è un’attività professionale
all’interno di una relazione contrattuale. Il processo di counselling
permette ai clienti o sistemi di clienti di sviluppare consapevolezze,
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opzioni e capacità di gestione dei problemi, facilita lo sviluppo
personale nella vita quotidiana, attraverso il potenziamento dei
loro punti di forza e delle loro risorse. Scopo ultimo è incrementare l’autonomia dei clienti in relazione al proprio ambiente sociale, professionale e culturale. Il campo del counselling è scelto da
professionisti che lavorano in ambiti psicosociali e culturali, per
esempio, assistenza sociale, sanità, lavoro pastorale, prevenzione,
mediazione, facilitazione di processo, lavoro multiculturale e attività umanitarie (EATA, 1995).
Stando a questa definizione, siamo tenuti a sviluppare la consapevolezza e le competenze dei nostri clienti utilizzando e moltiplicando allo scopo le loro risorse e capacità. La ritengo una nobile
missione, che presuppone che noi abbiamo sicurezza delle nostre
competenze e risorse.
Presupposti fondamentali
Se saremo in grado di attivare il nostro sistema motivazionale interno per muoverci fiduciosi verso l’obiettivo definito con il cliente
(Bauer, 2007), potremo parlare di Potenza così come è intesa da
Berne, Crossman e Steiner.
I nostri neuroni specchio ci consentono di raccogliere informazioni sulle emozioni che provano i clienti. Siamo formati per tenere
conto di queste informazioni e utilizzarle successivamente come
indicatori. Nel frattempo anche i clienti, spesso in modo del tutto
inconsapevole, raccolgono informazioni su di noi (atteggiamento,
voce, mimica, gestualità, livello di coinvolgimento, attenzione,
emozioni). Ne risulta un effetto di reciprocità che, mediante la
nostra sicurezza, forse percepita come “autorità naturale”, crea i
presupposti ottimali per il successo della consulenza.
Sicurezza
I clienti si rivolgono a noi generalmente in situazioni complesse
o addirittura di disagio, oppure ci vengono inviati dalle realtà
che sostengono le persone in condizioni di vita difficili. Possiamo
quindi presupporre che i clienti non arrivino rilassati ma si trovino in uno stato di stress che anch’essi, in misura diversa, rilevano.
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Il loro corpo manifesta una serie di reazioni fisiche a un ambiente
che non li rende sicuri. Il sistema nervoso autonomo disattiva le
strutture filogeneticamente più recenti della regolazione affettiva,
che consentono l’attuazione di strategie di socializzazione, per
coinvolgere i più arcaici meccanismi di lotta, fuga e immobilità
(Porges, 2010). La funzione della corteccia prefrontale capace di
processi cognitivi complessi è compromessa.
Se consideriamo questi processi fisici involontari, non influenzabili intenzionalmente, risulta evidente che occorre offrire al cliente
una situazione in cui possa provare il massimo senso di sicurezza
possibile nel momento specifico.
Oltre ai già citati indicatori che segnalano il senso di sicurezza,
l’Analisi Transazionale ci fornisce buoni strumenti per mettere il
cliente a suo agio e diminuire il livello di stress. Il fattore più importante rimane l’atteggiamento fondamentale “io sono ok, tu sei
ok”. La negoziazione del contratto mette in evidenza le procedure e
permette al cliente di incidere sulle aspettative, un ulteriore fattore
di sicurezza. Con la interiorizzazione delle proprie competenze, il
counsellor libera la parte sociale del suo sistema nervoso autonomo. I muscoli del viso e i dorsali sono rilassati e, di conseguenza, il
cliente si può orientare in base alla espressione e alla modulazione
della voce dell’analista (Porges, 2010).
In Analisi Transazionale si parla di aspetti psicologici delle transazioni, che devono essere rilevati e tenuti in considerazione indipendentemente dagli aspetti sociali.
Anche la seduta in sé offre una certa sicurezza, perché generalmente avviene nella stessa stanza, possibilmente non viene
interrotta né disturbata da rumori esterni e segue i tempi concordati in precedenza. Inoltre, gli analisti formati sanno come
offrire possibilità che consentono al cliente di iniziare una relazione interpersonale, dosandone al contempo tempi e intensità.
La durata e la profondità del contatto visivo sono per il cliente
campo di sperimentazione e per il counsellor uno dei parametri
della disponibilità del cliente a entrare in relazione. Quando il
clima instaurato produce il massimo livello di sicurezza possibile,
il counselling è verosimilmente già bene avviato verso il successo.
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Il cliente dispone di tutte le sue facoltà intellettuali, le sue sensazioni fisiche e i suoi sentimenti: quello che l’Analisi Transazionale
descrive come l’accesso allo stato dell’Io Adulto, la risorsa più
importante nel processo di consulenza.
Ora il cliente può chiedere a se stesso e all’analista di considerare la situazione in modo realistico. Eppure, personalmente,
può sentire che gli mancano le risorse per affrontare le sfide del
presente, perché è abituato a definirsi secondo le proprie frustrazioni, i propri bisogni insoddisfatti o le lacune della propria crescita
personale, vale a dire a percepire il mondo e se stesso in termini
di più e meno.
Risorse
Il ruolo importante e sempre appassionante del counsellor è
permettere al cliente di accedere al patrimonio di risorse che
possiede. Già Berne, nell’elaborare i presupposti fondamentali
dell’Analisi Transazionale, considera che «ogni persona ha la capacità di pensare». Dalla definizione di counselling dell’EATA,
rilevo che la filosofia del counselling in AT parte dall’ipotesi che
ogni persona, oltre alla propria capacità di pensiero, possiede
“altre risorse”. La competenza di base del counsellor che prediligo
è la sua capacità di focalizzarsi sulle risorse (una vera e propria
caccia al tesoro).
Quando il counsellor si focalizza sulle risorse:
a. sa utilizzare e potenziare i punti di forza del cliente intesi
come agenti di cambiamento;
b. identifica le risorse esistenti nel cliente e nel sistema del cliente
e le integra nel processo di counselling
c. ha una conoscenza operativa delle risorse presenti sul territorio che potrebbero essere di supporto al cliente o alle quali il cliente
potrebbe essere inviato, compresi i servizi medici, psichiatrici,
psicoterapeutici e altri.
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orizzonte della propria vita
visione del problema risolto
altri
nuovi modelli
visione della nuova identità
teoria AT
impulsi di lotta
impulsi di fuga
significato dell’immobilizzazione
relazione
emozioni
altri
altri
esperienze di successo
competenze sviluppate da esperienze difficili
risorse del copione (e.g. spinte)
La consulenza come caccia al tesoro
antenati
È particolarmente interessante illustrare l’intera vita del cliente
alla luce delle risorse. Lo spettro può arrivare nel passato fino alla
nascita o più in là, fino agli antenati, e può comprendere il futuro
fino alla morte e oltre, fino allo scenario di come il cliente si rappresenta ciò che avviene dopo la morte.
Nella figura indico alcune risorse, ordinate secondo un asse
temporale.
Risorse del presente
Chiunque eserciti professionalmente la consulenza dispone di tecniche proprie e si concentra nel presente sulle risorse che ritiene più
importanti. Qui mi limito a riportarne alcune che mi sembrano
particolarmente significative.
Impulso di fuga
All’inizio del counselling i clienti sono spesso tesi e insicuri perché
non sanno che cosa li attende. Possono esternare la propria insicu-
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rezza oppure dimostrarsi riservati. Se noi valorizziamo l’insicurezza
o la riservatezza quali naturali meccanismi di difesa e incoraggiamo
i clienti a considerare seriamente questi segnali, dimostriamo loro
che l’istinto di fuga, dal quale deriva il comportamento presente, è naturale e prezioso. In questo modo i clienti imparano che
l’impulso di fuga non nasce dalla codardia, ma da un utile istinto
arcaico di sopravvivenza. Comprendono che è una qualità sapere
avvertire il pericolo e determinare autonomamente se e in quale
misura occorra scegliere la fuga o la ritirata per controllare una
situazione.
Impulso alla lotta
I clienti ci possono apparire aggressivi verso di noi in determinate
situazioni, oppure manifestare aggressività nei confronti di altre
persone o in riferimento a circostanze specifiche. Anche l’aggressività nasce da un impulso del tronco encefalico che originariamente
presiedeva alla sicurezza e alla sopravvivenza. Se noi riconosciamo
questo valore all’aggressività dichiarata o manifestata in altro modo, diamo alla persona la possibilità di impiegare tale energia per se
stessa in modo da poter accrescere la propria sicurezza o soddisfare
i propri bisogni senza pericolo per sé o per gli altri. La persona
acquisisce la consapevolezza della propria aggressività come risorsa.
Immobilizzazione/congelamento
Specialmente i clienti traumatizzati tendono alla attivazione della
parte vagale non mielinizzata del sistema nervoso autonomo in
situazioni apparentemente o realmente pericolose (Porges, 2010).
Tale attivazione comporta fra l’altro una totale o parziale immobilità. I clienti riferiscono di stati dissociativi e della incapacità di
percepire il proprio corpo. Nelle situazioni di stress acuto l’immobilità protegge non solo dalla sensazione del dolore fisico ma
anche dal sovraccarico cardiovascolare (Porges, 2010). Se i clienti
riconoscono questo meccanismo protettivo come una risorsa originariamente utile, possono imparare a utilizzare l’orientamento
per valutare il pericolo in modo differenziato e realistico e per
proteggersi senza perdere la percezione di sé.
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Concettualizzazione
I concetti dell’Analisi Transazionale forniscono un eccellente
­orientamento non solo alla corteccia frontale ma anche al sistema
nervoso autonomo del cliente. La possibilità di comprendere il
comportamento degli altri e il proprio, e potere conseguentemente
classificare il secondo come “normale”, spesso produce una riduzione dello stress e consente di tornare a pensare lucidamente
riuscendo a utilizzare in modo differenziato i riflessi di lotta o fuga.
Relazione
Come sopra citato, Bauer sostiene che dal punto di vista neurobiologico l’essere umano è orientato al sociale e programmato
per la risonanza sociale e la cooperazione. La motivazione nasce
dal dare e ricevere riconoscimento, stima e simpatia nell’ambito
delle relazioni interpersonali. I sistemi motivazionali si disattivano
quando non esiste alcuna possibilità di riconoscimento sociale ed
entrano in funzione nel caso contrario, quando sono in gioco riconoscimento o amore (Bauer, 2007). L’atteggiamento fondamentale, coltivato dal counsellor analista transazionale, “io sono ok,
tu sei ok” fornisce i presupposti ottimali, affinché il cliente possa
percepire e accettare carezze e riesca finalmente a sviluppare un
atteggiamento di autostima, che gli offra motivazione e strumenti
per muovere nuovi passi sulla strada del cambiamento.
Risorse del passato
Quando il cliente riesce ad avere accesso alle risorse del passato
modifica la sua visione del mondo e di sé e cambia la sua identità
nella direzione di una maggiore autoapprovazione. Gli analisti
transazionali sono spesso riluttanti a lavorare sul passato del cliente
perché la regressione appartiene allo scenario della psicoterapia.
In questo modo rinunciano tuttavia alla possibilità di utilizzare le
molteplici risorse legate alle diverse fasi della vita.
Valorizzazione delle strategie di sopravvivenza
Nel lavoro di counselling si tratta soprattutto di dare un nome
alle esperienze difficili dell’infanzia o dell’adolescenza e di dare
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legittimità ai sentimenti, per es. dolore o rabbia, suscitati da questo
processo nel presente. I sentimenti di oggi rappresentano l’occasione per valorizzare le capacità del bambino di allora. Il bambino
che, per esempio, ha ricevuto poca attenzione in famiglia può
essere stato bravo a procurarsela dai vicini o dagli amici e/o può
avere imparato a cavarsela con poca attenzione oppure a creare un
mondo tutto suo. Sono fatiche degne di nota. Il riconoscimento
di tali enormi conquiste mette il cliente in grado di sviluppare il
rispetto di se stesso. La percezione fisica di questo nuovo atteggiamento di rispetto attiva il già citato sistema motivazionale e
produce la secrezione di neurotrasmettitori che veicolano un senso
di benessere e dispongono l’organismo in una condizione psichica
e fisica più adeguata alla concentrazione e alla prontezza all’azione
(Bauer, 2007). Possiamo quindi concludere che il riconoscimento
di strategie di sopravvivenza, o di “scampate” ingiustizie, rinforza
nella persona la capacità di creare nuove strategie, mettere in atto
nuovi comportamenti e ottenere altri riconoscimenti.
Trasporre strategie del passato nel presente
Ogni counsellor sa come chiedere ai suoi clienti di ricordare situazioni o sfide simili a quella presente, già sperimentate e concluse
con successo nel passato. Di regola la richiesta porta il cliente a
riconoscere facilmente che, come allora era riuscito a gestire il
problema, anche oggi può utilizzare le stesse risorse. Il rischio di
un processo così rapidamente orientato alla soluzione consiste nel
dedicare insufficiente attenzione al riconoscimento delle strategie
del passato, ottenendo una attivazione incompleta del sistema
motivazionale. Le opzioni del presente vengono infatti enumerate
in modo puramente cognitivo, perdendo in spinta motivazionale.
Comprendere il sistema
Risorse essenziali del passato si trovano anche nel sistema familiare
del cliente. I nonni o altre persone di riferimento probabilmente
hanno giocato un ruolo importante, per avergli saputo dedicare
attenzione o per essere stati modelli significativi nella sua esistenza.
Persino i racconti della memoria familiare possono contenere risor-
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se. La consapevolezza di discendere da persone che con coraggio e
tenacia, creatività ed energia sono andate incontro alla vita porta
a riconoscere le proprie origini e, di conseguenza, attiva il sistema
motivazionale.
Risorse del futuro
Le visioni del futuro sono fonte di motivazione e di forza. Secondo Hüther, una volta iniziato a livello cerebrale, lo schema di
eccitazione sensoriale diventa tanto più potente quanto più riesce
a espandersi ad altre aree del cervello e a sovrapporsi agli schemi
eccitatori che vi sono normalmente generati. Ciò è vero soprattutto
quando l’eccitazione si estende alle regioni cerebrali più antiche
e profonde, le cui interconnessioni neuronali sono responsabili
della regolazione delle funzioni organiche. Quando un’immagine
evoca il vissuto emotivo, nelle aree associative del cervello, nascono
schemi di attivazione che entrano in connessione con le regioni
limbiche subcorticali, in gran parte preposte alla regolazione delle
funzioni organiche (Hüther, 2006).
Perciò, più attenzione dedichiamo alla elaborazione di una visione mediante la rilevazione delle reazioni fisiche ed emotive che
può suscitare, maggiore è la probabilità di riuscire a mettere in atto
azioni utili ai fini della sua realizzazione. Anche questo comporta
un cambiamento dell’identità. Il cliente riesce a vedersi come una
persona in grado di mirare a un obiettivo e intraprendere le azioni
necessarie per raggiungerlo. Il riconoscimento di questo processo
produce ancora una volta la secrezione di dopamina, la quale a
sua volta facilita la realizzazione di alcuni passi concreti verso la
definizione e il raggiungimento di questa visione.
Visualizzazione del problema risolto
Con la richiesta di immaginare come sarebbe la situazione se la
prova fosse già superata o il problema fosse già risolto il cervello
viene sollecitato a stabilizzare nei neuroni le informazioni di cui la
persona è già consapevole o quelle non ancora radicate nella consapevolezza. L’immagine interiore contenente la visione di quella determinata situazione, del modo di procedere e delle relative
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a­ spettative deve, per potere essere evocata nel pensiero, trovarsi già
presente nel cervello in uno schema di interconnessione specifico.
Vale a dire che possiamo pensare e immaginare solamente ciò che
abbiamo già vissuto, sperimentato e fissato nel cervello in forma
di immagine interiore (Hüther, 2006). Creare una visione del
problema già risolto significa quindi permettere l’accesso a risorse
delle quali la persona ha una consapevolezza solamente parziale. Dall’immagine del problema già risolto è possibile dedurre le
­azioni da intraprendere per la sua realizzazione. Tuttavia, anche in
questo caso, la visione diventa motivazione ad agire e a comportarsi
in modo nuovo solamente se vissuta “in tutti i sensi”.
Visualizzazione di un esempio
Il cervello mette in atto la citata stabilizzazione delle informazioni
anche quando chiediamo al cliente di immaginare come gestirebbe
la situazione un suo “modello”, sia una figura reale o creata da lui
stesso. Dal punto di vista analitico transazionale si potrebbe parlare di utilizzazione dei contenuti genitoriali come risorse. In ogni
modo, l’elaborazione creativa di un modello è possibile solamente
se l’Io Bambino Libero partecipa al processo e l’Io Adulto fornisce
le informazioni necessarie per ottenere un risultato realistico.
Orizzonte di vita
Una preziosa risorsa del futuro sta nel modo in cui il cliente immagina la sua festa di compleanno in età avanzata e racconta agli
ospiti la storia della sua vita. La narrazione comprende la situazione
attuale e i progressi compiuti dal cliente, che gli hanno permesso
di festeggiare il compleanno in modo così sereno. La modalità di
visualizzare “a ritroso” il proprio percorso di vita implica la possibilità di vedere la situazione odierna, tanto problematica, nella
prospettiva di una vita vissuta con soddisfazione, permettendo
così alla corteccia prefrontale di pensare lucidamente e generare
emozioni positive in grado di stimolare il cervello limbico. Se tali
immagini vengono associate a sensazioni fisiche ed emozioni, aumenta la probabilità che lo schema di interconnessione così avviato
produca nuovi modi di pensare, sentire e agire.
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Un esempio di lavoro sulle risorse come integrazione di presente, passato e futuro
La signora A., una donna di 85 anni, era arrivata lamentando
l’impressione che la sua vita fosse ridotta a un’attesa: aspettare la
morte, aspettare la donna delle pulizie, aspettare la consegna del
pasto, aspettare che qualcuno la venisse a prendere, ecc.
Si lamentava anche di essere stata oppressa per tutta la vita:
prima dai genitori, poi dal marito e infine dagli impedimenti fisici
della vecchiaia.
Al momento le sue risorse consistevano nella consapevolezza della propria sofferenza e nel desiderio di fare qualcosa per cambiare
la situazione. Quali altre possibilità di intervento avevo io, se non
esprimerle tutta la mia comprensione? Riflettevo sull’opportunità
di consigliarle una terapia o almeno cercare una strategia che la
potesse aiutare a dare nuovo senso alla vita quando, prima che
potessi aprire bocca, la signora A. mi offrì una magnifica risorsa.
Mi riferì come, in occasione del matrimonio del principe William,
avesse provato ammirazione per la regina Elisabetta. Sottolineò il
contegno e i modi garbati con cui la regina riceveva le attestazioni
di rispetto che le venivano tributate e li mise a confronto con il
proprio atteggiamento di vita, sempre sottomesso.
La signora A. aveva afferrato il significato di queste immagini,
anche se non pensava ancora di poterne trarre una nuova visione
del proprio futuro. Espresse il dolore e il rammarico per le occasioni sfuggite con le parole: «Rimpiansi di non aver vissuto almeno
un briciolo di quella regalità». Con questo non solo riconosceva
il peso del passato ma si assumeva una parte di responsabilità per
non aver saputo cogliere le occasioni che si erano presentate.
La incoraggiai ad abbozzare una visione della sua vita presente
e futura, immaginandola vissuta in modo regale. La signora A.
comprese subito che cambiare atteggiamento poteva essere molto
efficace. Non avrebbe più trascorso il tempo in attesa ma avrebbe
accolto l’aiuto degli altri come segno di riconoscimento. Avrebbe guardato alla sua storia con l’ottica di riconoscere le proprie
straordinarie prestazioni. Avrebbe persino trovato l’energia per
ricominciare a dipingere. Con questa visione esplorò le proprie
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reazioni fisiche, le emozioni e cercò un portamento adeguato.
Diede al cervello gli stimoli sufficienti per formare uno schema
di attivazione. Più profonda era la percezione delle sue reazioni,
maggiore diveniva il coinvolgimento del sistema limbico e delle
aree corticali associate. Al sistema nervoso diede tempo e modo di
adattarsi alla nuova immagine interiore di regalità. Il tempo dedicato a fare spazio a questa visione e a osservare le sue impressioni
era bene investito, perché i cambiamenti possono avvenire in modo
durevole solamente con la attivazione di un numero sufficiente di
aree corticali associate (Hüther, 2006).
In conclusione, la signora A. decise di non aspettare oltre ma di
vivere subito la vita con il nuovo atteggiamento regale. Utilizzava
i presidi che le servivano per uscire dalla stanza non più come
attrezzi per sostenere il peso del corpo ma come ausili per un portamento eretto e sicuro. Il cappello non serviva più a nascondere
i capelli ormai radi ma per dimostrare che poteva andare a testa
alta anche senza corona.
La signora A. ci insegna in modo esemplare come sia possibile
utilizzare uno stimolo del presente per creare una visione del futuro
in grado di migliorare la qualità della vita attuale, riconoscendo le
sofferenze del passato e valorizzando le capacità già esercitate per
superare i momenti difficili.
La ricerca insistente delle risorse del cliente ha reso il mio lavoro di counsellor una appassionante caccia al tesoro, che mi offre
continue sorprese e che attiva profondamente anche il mio sistema motivazionale. Sento di avere il privilegio di appartenere
a una categoria professionale che valuta ciascuna persona per la
sua umanità, sia consapevole delle proprie risorse sia che le debba
ancora scoprire.
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Bibliografia
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Sieber Horst, Pädagogischer Konsruktivismus, Beltz Verlag,
Weinheim, Basilea 2005
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