L’analisi del Mefop sulla gestione finanziaria fondi pensione L’analisi annuale del Mefop fornisce un interessante ritratto del sistema dei fondi pensione nel nostro Paese.C’è ancora poca voglia di apportare cambiamenti; il comportamento conservativo riguarda trasversalmente i modelli gestionali, il controllo della gestione, la prudenza nei confronti della revisione del d.m. 703/96, e la limitata disponibilità ad inserire opzioni di investimento alternative nell’asset allocation strategica. È presumibile, tuttavia, che la scarsa propensione innovativa, più che frutto di una scelta strategica dei fondi pensione, sia dovuta alla staticità del quadro legislativo, in particolare alla disciplina che limita gli investimenti nei vari impieghi finanziari. Il processo di governance nei fondi pensione: l’indagine ha ricostruito il quadro dei soggetti che, a vario titolo, sono coinvolti nei processi decisionali dei fondi pensione chiusi e preesistenti, riguardanti la definizione dell’asset allocation strategica, la selezione dei gestori e il controllo della gestione finanziaria. La figura del consulente esterno è presente in tutte le fasi del processo di investimento, anche se la sua rilevanza è legata alla tipologia di forma considerata e all’area di intervento. Nel caso dei fondi negoziali, i processi di definizione dell’asset allocation strategica e di selezione dei gestori vedono il forte coinvolgimento della commissione finanza del Cda, affiancata dall’advisor. Nel controllo della gestione finanziaria, invece, il ruolo del fondo pensione si ridimensiona. In questa fase, infatti, la figura del consulente acquisisce un’importanza rilevante: il 90% dei fondi contrattuali dichiara di affidare il controllo della gestione a un advisor finanziario. Nei fondi preesistenti il consulente si contraddistingue soprattutto per il contributo offerto alla definizione dell’asset allocation strategica. Nella fase di controllo della gestione il ruolo della struttura interna del fondo assume particolare rilevanza. La più lunga storia che caratterizza i vecchi fondi, nonché la loro natura bancaria e assicurativa, hanno probabilmente avuto un ruolo determinante nella formazione di una struttura interna con solide competenze per l’esercizio del controllo della gestione. I modelli di investimento: lo schema prevalentemente adottato dai fondi pensione è ancora il modello a benchmark.. Interrogati sull’intenzione di rivisitare gli schemi gestionali in essere, circa il 62% dei fondi pensione manifesta la volontà di non apportare cambiamenti. È comunque presumibile che, al di là della volontà effettiva di rinnovamento dei fondi pensione, l’incertezza del contesto legislativo e la lunga attesa di un’imminente revisione del decreto sui limiti agli investimenti, a oggi non ancora emanato, a tre anni e più dalla prima consultazione sul documento del Ministero dell’Economia e delle Finanze, possa avere influenzato il comportamento dei fondi pensione, favorendo l’assunzione di un atteggiamento attendista.. I mandati di gestione: I mandati affidati ai gestori finanziari possono prevedere la gestione di una singola classe di attività (mandati specialisti) o di più classi (mandati generalisti o bilanciati). nel secondo caso al gestore può essere riconosciuto, in misura più o meno rilevante, uno spazio di manovra tattico non solo all’interno di ciascuna asset class, ma anche tra le diverse attività finanziarie. Tra i fondi pensione chiusi prevale il ricorso ai mandati generalisti, contrariamente a quanto accade nel caso dei fondi pensione preesistenti, che tendono a privilegiare la specializzazione del gestore sulle singole asset class di investimento. Il prevalente ricorso ai mandati bilanciati è da ricondurre, tra gli altri aspetti, alla loro maggiore semplicità rispetto ai modelli specialisti, sia con riferimento all’implementazione del modello, sia per quanto attiene al controllo della gestione. Con riferimento alla tipologia di gestione, i mandati attivi prevalgono tra i fondi pensione chiusi, anche se i risultati conseguiti dai gestori potrebbero indurre a ritenere che la scelta dei fondi si sia orientata a favore di mandati di tipo passivo. La querelle sui risultati dei mandati è animata da continui rimpalli di responsabilità tra fondi e gestori. I fondi lamentano lo scarso attivismo dei gestori e il fatto che le performance non siano in linea con quelle che ci si potrebbe attendere da mandati attivi. I gestori accusano i fondi di essere valutati su orizzonti temporali così brevi da non consentire scelte più coraggiose se non al costo di rischiare la conferma del mandato e, dunque, la propria reputazione sul mercato. Il controllo della gestione finanziaria: il controllo della gestione finanziaria viene effettuato mediante l’impiego di differenti misure statistiche, in grado di offrire informazioni sulla rischiosità della componente obbligazionaria e azionaria, sia in fase ex ante che ex post. Gli indicatori più utilizzati sono la tracking error volatility e la duration. I fattori di rischio: i fondi pensione concordano nel ritenere che i fattori più rilevanti sono il rischio di credito, il rischio di prezzo/tasso e il rischio valutario. A differenza dei fondi pensione aperti, per i fondi negoziali e preesistenti il rischio liquidità non sembra assumere molta rilevanza. Il 40% dei fondi pensione chiusi non attribuisce adeguata importanza al rischio operativo; tuttavia la scarsa attenzione riservata ai rischi derivanti da inefficienze nelle procedure operative e nell’organizzazione interna ha generato molti inconvenienti. Sempre tra i fondi pensione negoziali, circa il 20% dei rispondenti non ha attribuito alcuna importanza al rischio valutario e al rischio di credito. Da ultimo, anche il rischio longevità non sembra rappresentare un elemento di grande preoccupazione per i fondi pensione. La revisione dei processi di controllo del rischio: tra i fondi pensione, gli interventi hanno riguardato il rafforzamento del ruolo del consulente e la rivisitazione del rapporto con il gestore, cui è stato chiesto di incrementare la frequenza e la qualità della reportistica. Un numero minore di rispondenti ha invece indicato un maggiore coinvolgimento della banca depositaria, che già vigila sulla coerenza tra scelte di investimento del gestore e limiti agli investimenti, e il rafforzamento della struttura interna di controllo del rischio, con l’inquadramento di nuove e più competenti professionalità. Infine, poco meno del 20% dei rispondenti ha dichiarato che il processo di controllo del rischio non ha subito modifiche a seguito della crisi finanziaria degli anni scorsi. Tra i fondi pensione aperti è elevata la quota di coloro che hanno indicato di non avere effettuato alcuna variazione al processo di controllo della gestione finanziaria. Tra coloro che hanno indicato di avere implementato delle modifiche, i cambiamenti possono essere ricondotti alla revisione delle procedure e al rafforzamento della struttura di risk management. Gli investimenti alternativi: l’atteggiamento dei fondi pensione sul tema delle asset class alternative appare ancora improntato alla cautela. Alla domanda se il fondo pensione impieghi strumenti non tradizionali (dovrebbe impiegare, nel caso di gestori e consulenti), infatti, più del 60% dei fondi negoziali ha dichiarato di non utilizzarli: il 15%, pur non servendosene al momento, sta comunque valutando l’opportunità di introdurre classi di attivo non tradizionali nell’asset allocation strategica. Anche tra i fondi preesistenti, che in passato non hanno dovuto sottostare ai paletti del d.m. 703/96, prevale un atteggiamento di prudenza. Il 50% dei fondi preesistenti intervistati ha dichiarato di non ricorrere a investimenti alternativi, mentre quelli che hanno indicato di utilizzare tali impieghi sono il 40%. Il ricorso agli alternatives appare limitato anche tra i fondi aperti: soltanto il 25% degli intervistati ha infatti dichiarato di utilizzarli. Ulteriore conferma sulla prudenza dei fondi pensione nei confronti degli investimenti alternativi emerge anche dalle risposte che sono state date sulle tipologie di investimento non tradizionale che sono state utilizzate.Gran parte dei fondi rispondenti, poco meno del 60%, ha infatti dichiarato di impiegare Etf mentre le percentuali relative a private equity, real estate, fondi hedge e azioni dei mercati emergenti sono pari a circa la metà. Con riferimento alle scelte dei fondi pensione che investono in strumenti alternativi, tra i fondi aperti e i negoziali si registra una netta prevalenza dell’investimento in Etf mentre tra i fondi preesistenti prevale l’investimento in fondi hedge e immobili. Gli obiettivi per il futuro: la comunicazione e l’informazione a favore degli iscritti e il controllo del rischio sono gli aspetti, fatta eccezione per i fondi aperti con riferimento a quest’ultimo fattore, sui quali i fondi pensione intendono investire maggiormente. L’attenzione dei fondi negoziali è incentrata anche sul contenimento del livello dei costi; s il basso livello degli oneri a carico degli iscritti è senza dubbio uno dei punti di forza dei fondi chiusi, un’eccessiva attenzione a tale fattore può rischiare di limitare la crescita del fondo con riferimento ai modelli organizzativi, finanziari e di controllo del rischio. Le priorità dei gestori e dei consulenti sono sostanzialmente in linea con quelle dei fondi pensione. Tuttavia i primi attribuiscono importanza anche a fattori che appaiono invece secondari per i fondi, almeno in base a quanto da loro dichiarato. Le strategie automatiche di riallocazione delle risorse hanno perso appealing soprattutto tra i fondi chiusi, gestori e consulenti, mentre conservano un posto di rilievo nelle priorità dei fondi aperti. All’indomani della crisi finanziaria si accese un vivace dibattito sul life style, in particolare per gli effetti sull’accumulazione del risparmio previdenziale riconducibili alle scelte di investimento dei lavoratori non corrette dal punto di vista finanziario. L’ultimo biennio ha visto partire il primo fondo negoziale con un profilo di investimento life cycle, rimasto poi un caso isolato all’interno del settore dei fondi negoziali. Il segmento dei fondi aperti ha vissuto invece un notevole fermento: diversi sono i fondi che hanno introdotto piani life cycle nella propria offerta di investimento e i dati raccolti lasciano supporre che le strategie predefinite di riallocazione sulla base del ciclo di vita possano ancora attrarre l’interesse di molti fondi aperti.