3_Mundus_dossier_5-6 02/03/12 15.31 Pagina 149 md Diverse ortodossie, non eresie ABSTRACT l tema dell’eresia medievale è solitamente affrontato in modo veloIinternet ce nei manuali scolastici, a differenza dell’immaginario comune – da all’editoria fantasy e al cinema – dove l’eresia è quasi una costante, anche se trattata in modo superficiale e con molti stereotipi. Nel Medioevo in realtà più che di eresie, è corretto parlare di diverse ortodossie o di “eresia della disobbedienza” (Hageneder) nei confronti della Chiesa di Roma. Per restare all’interno dell’ortodossia è infatti necessario obbedire al papato, guida della cristianità e garante dell’ortodossia stessa. Non a caso tra il XII e il XIII secolo l’accusa di eresia subisce una progressiva estensione nell’uso ed è rivolta a tutti coloro che si oppongono alle decisioni del papato o che in qualche modo minacciano la libertas ecclesiae. Ripercorrendo la storia delle eresie dei secoli XI e XII, di valdesi, catari e delle più tarde tendenze di natura escatologica e apocalittica, ci si renderà conto di come nella maggior parte dei casi non si tratti di eresie dogmatiche o dottrinarie, ma di forme di contestazione nei confronti delle istituzioni e del clero, che ricercano un ritorno alla povertà evangelica e un contatto diretto con la lettura dei testi sacri. Nodo centrale è un attento uso delle fonti, che, oltre a essere di parte, sono poche, spesso dubbie e tendenziose, tanto che a volte si rischia di “inventare l’eresia” (Zerner). Nei manuali scolastici il tema dell’eresia medievale è solitamente trattato in modo molto veloce, talvolta relegato in “finestre” poste a margine del testo narrativo. Prive di legami con la storia sociale o politica, con il contesto in cui si inseriscono, le eresie fanno la loro apparizione nelle pagine dei nostri libri senza un vero perché e poste tutte su un medesimo piano, come se fossero prive di una propria specificità. Al contrario nell’immaginario comune sul Medioevo – da internet all’editoria fantasy e al cinema – l’eresia è un tema che ritorna spesso, anche se trattato in modo superficiale e con molti stereotipi. Ma quali erano dunque queste eresie e che cosa le caratterizzava? In realtà, per tutto il Medioevo, come suggerisce il titolo di queste poche pagine, è forse più corretto parlare di diverse ortodossie che di eresie vere e proprie o, come propone Othmar Hageneder, di “eresia della disobbedienza”. Ma disobbedienza rispetto a che cosa? È un reale allontanamento dalla “giusta dottrina”, dall’ortodossia, o forse piuttosto si prendono le distanze da chi si fa garante di questa ortodossia? Quella che nel Medioevo viene definita ortodossia nasce da un lungo dibattito a più voci che attraversa tutto il periodo tardo-antico e trova il suo compimento solo a metà del V secolo. Il primo cristianesimo, ancora fluido sul piano dottrinale, visse infatti una lunga fase di definizione. Il problema fu inizialmente la Trinità. Nel concilio di Nicea del 325, convocato dall’imperatore Costantino, fu definito il Credo valido ancora oggi: in opposizione ad Ario di Alessandria e ad altri vescovi delle Chiese orientali che predicavano la subordinazione del Figlio rispetto al Padre (arianesimo), considerandolo creatura e non creatore a sua volta, si proclamò la consustanzialità 9 Barbara Garofani CRISM - Centro di Ricerca sulle Istituzioni e le Società Medievali Torino Fig. 1 La trinità Le eresie dei primi tempi della Chiesa furono di tipo cristologico e teologico. Riguardavano sia la figura di Cristo, se fosse uomo o dio, o avesse entrambe le nature; oppure la difficile considerazione della trinità, qui raffigurata in un breviario del XVI secolo, di Conques, in Francia. Quel periodo vide la creazione di un gran numero di opere teologiche, su questo argomento. Quando le eresie ricomparvero, nei primi secoli del Medioevo, la Chiesa le interpretò alla luce di quelle opere antiche, anche se le nuove eresie non riguardavano affatto i problemi che avevano lacerato la cristianità mezzo millennio prima. 149 3_Mundus_dossier_5-6 02/03/12 15.31 Pagina 150 Il medioevo 9 • Barbara Garofani • Diverse ortodossie, non eresie di Padre e Figlio. Dopo Nicea il dibattito teologico si spostò sul problema cristologico (il rapporto tra umanità e divinità del Cristo). Furono elaborate molteplici teorie, tra cui ebbero ampio sviluppo il nestorianesimo (che nella persona di Cristo poneva in risalto l’umanità) e il monofisismo (esaltazione dell’elemento divino). Anche se le controversie durarono ancora a lungo, il concilio di Calcedonia del 451 diede una definizione della dottrina cristiana nelle sue componenti fondamentali, affermando l’unione inscindibile delle due nature in Cristo (formula diofisita). Non a caso, da quella data in poi, non fu più considerato eretico chi non riconosceva quanto detto in un particolare concilio, ma chi non riconosceva nella sua totalità una dottrina fondata sulla tradizione. Ed è da questo momento che si inizia a parlare di un’ortodossia di cui diventa custode la Chiesa di Roma. 1. L’“eresia della disobbedienza”: da reato di opinione a crimine penale 150 Fig. 2 Sant’Agostino Fra i padri della chiesa più usati nella lotta contro le eresie vi era sant’Agostino, qui raffigurato in un manoscritto del XII secolo. Durante la sua attività pastorale, egli aveva combattuto contro gli eretici africani, i donatisti e circoncellioni, che accusò non solo di errori religiosi, ma anche di violenza sociale. Inoltre, aveva polemizzato contro il manicheismo, una religione proveniente dall’Iran, che sosteneva un principio di dualità divina (il Bene e il Male). Mezzo millennio più tardi, sotto l’influsso delle sue opere, i teologi cattolici pensarono che i catari non fossero altro che i discendenti degli antichi manichei. In Occidente, dopo il definirsi dell’ortodossia, a metà del V secolo, l’eresia sembra scomparire fino all’inizio del basso Medioevo. La ripresa dell’eresia in Occidente coincide con la riforma dell’XI secolo: la Chiesa elimina qualunque ruolo ecclesiale dei laici, restaurando una completa centralità sacramentale e istituzionale del clero. Con il pontificato di Gregorio VII, la Chiesa si trasforma in una monarchia e il rifiuto dell’autorità del papa diventa eresia. Di qui parte il radicalizzarsi dell’intolleranza verso qualunque forma di dissenso religioso e si pongono le basi per quella che, come abbiamo visto, Othmar Hageneder ha definito l’“eresia della disobbedienza”. Per quanto riguarda i provvedimenti adottati dalla Chiesa, come ha rilevato Thomas Scharff, due sono le tendenze a partire dal XII secolo: l’isolamento degli eretici attraverso la persecuzione di chiunque avesse a che fare con loro e il coinvolgimento delle autorità laiche nella persecuzione all’eresia. Il terzo concilio Lateranense (1179) diede ai principi laici la facoltà di confiscare i beni degli eretici e di ridurli in servitù e, sempre sotto la guida dei principi laici, invitò tutti i credenti alla crociata contro gli eretici. Fondamentale fu il ruolo svolto da papa Innocenzo III, che comprese chiaramente come la supremazia politica della Chiesa e la repressione dell’eresia fossero strettamente collegate: nelle sue decretali (ad esempio la Vergentis in senium del 1199) equiparò gli eretici ai rei di lesa maestà, condannandoli alla pena capitale. A partire dalla fine del XII secolo, la Chiesa, avviata una politica di centralizzazione, divenne sempre più intollerante, tanto che Robert Moore parla di una “società persecutrice”. Innocenzo III avviò l’Inquisizione vescovile, poi sostituita con Gregorio IX da quella papale affidata ai frati domenicani. Gli inquisitori dovevano render conto della loro attività solo al papa, mentre il ruolo dei vescovi, formalmente paritetico, divenne sempre meno significativo. Per restare all’interno dell’ortodossia era necessario obbedire al papato, guida della cristianità e garante dell’ortodossia stessa. Tra il XII e il XIII secolo, nella lotta contro l’eresia, il papato accentuò la dimensione politico-militare: la minaccia ereticale era percepita come un’entità sempre più pericolosa di fronte alla quale tutti, chierici e laici, dovevano fare la loro parte. L’accusa di eresia subì una progressiva estensione nell’uso e fu rivolta a tutti coloro, singoli o collettività, che si opponevano alle decisioni del papato o che in qualche modo minacciavano la libertas ecclesiae. La difesa dell’ortodossia finì per coincidere con la difesa dell’istituzione ecclesiastica e principalmente del papato. L’accusa di eresia divenne un mezzo politico per colpire chi si ribellava al papa. 3_Mundus_dossier_5-6 02/03/12 15.31 Pagina 151 md 2. Il problema delle fonti Affrontare il tema delle eresie in classe significa in primo luogo toccare un grosso problema di metodologia storica: l’uso delle fonti. In molti casi lo studio delle eresie può essere definito “di parte”. Ciò è riscontrabile già nelle fonti medievali, prodotte quasi esclusivamente in ambito ecclesiastico, ma è un dato che ritorna anche negli scritti di eruditi, polemisti e storici dei secoli successivi. A parlare degli eretici nel Medioevo sono fondamentalmente gli avversari, autori cattolici che non si preoccupano tanto di descrivere le diverse eresie, quanto di sottolineare come esse possano essere pericolose per la società. L’ortodossia cattolica medievale spesso non si è preoccupata di cogliere la specificità delle cosiddette eresie – di contenuto etico più che dottrinale – e si è limitata a riprendere schemi concettuali forniti nei primi secoli dalla patristica e, in particolare, da Agostino. Il problema delle eresie ritorna in molti scritti del vescovo di Ippona, primo tra tutti il Liber de haeresibus, un compendio che fissa alcune definizioni che segnarono profondamente i secoli successivi, dove si tendeva a usare “etichette” come ariano o manicheo anche se non esisteva alcun legame con le antiche eresie. Oltre a essere parziali, le fonti sono poche, spesso dubbie e tendenziose, tanto che la storica francese Monique Zerner ha parlato del rischio di “inventare l’eresia”, invitando a un’attenta rilettura delle fonti, tenendo sempre ben in considerazione il contesto in cui ciascuna di esse è nata. Le prime testimonianze dirette del mondo ereticale risalgono alla metà del XIII secolo, ma per conoscere realmente il punto di vista “ereticale” bisogna aspettare la fine del XIV secolo. 3. Le prime forme di contestazione La ripresa dell’eresia in Occidente, come abbiamo detto prima, coincide con la riforma dell’XI secolo: nei primi trent’anni di questo secolo si assiste infatti a un generale risveglio dell’ideale di vita apostolica. Un’improvvisa ondata di predicazioni eterodosse (così almeno sono definite nelle fonti) attraversa Francia, Germania, Italia settentrionale, Fig. 3 Accuse contro i vescovi In questa miniatura (Angers, XIV secolo) un laico accusa il vescovo di aver compiuto un peccato carnale. Fig. 4 La punizione del prete peccatore Spesso, le eresie dei secoli XI e successivi, erano mosse da preoccupazioni etiche, più che da problemi di natura teologica. Si pretendeva, sempre più frequentemente, che i membri della Chiesa avessero comportamenti consoni con la morale evangelica. A volte, tuttavia, la stessa Chiesa si muoveva per fare ordine al proprio interno. In questo manoscritto del XIV secolo, di Angers, si vede la punizione inflitta ad un prete, fornicatore e assassino. 151 3_Mundus_dossier_5-6 02/03/12 15.31 Pagina 152 Il medioevo 9 • Barbara Garofani • Diverse ortodossie, non eresie 152 Fig. 5 Il vescovo eretico Gli eretici, specialmente quelli che i cattolici chiamavano catari (essi si definivano “buoni cristiani”), si organizzavano sul modello della Chiesa romana o vescovile, con una propria gerarchia. Nel XIII secolo, l’Inquisizione si attiva specialmente alla ricerca dei vescovi eretici. Si ricorda una sorta di retata di vescovi catari, fatta in Veneto nella seconda metà del XIII secolo, e terminata con un rogo collettivo. Qui vediamo la punizione di un vescovo eretico, in un manoscritto di Angers del XIV secolo. coinvolgendo laici ed ecclesiastici di differenti livelli sociali. Si tratta di gruppi di persone, di comunità che non mettono in discussione la forza salvatrice di Gesù Cristo, ma la mediazione ecclesiastica: contestano i sacramenti (battesimo, eucarestia e matrimonio), praticano un evangelismo radicale e rifiutano ciò che è estraneo al Nuovo Testamento (liturgia, preghiere per i morti) e i segni esteriori di culto (icone, segno di croce). Portano avanti una sorta di “rivolta morale” nei confronti di una Chiesa che considerano corrotta. Vogliono vivere integralmente il Vangelo e, forse, è proprio questo “fondamentalismo” – come lo ha definito JeanLouis Biget – a far paura alla Chiesa stessa che, spaventata, risponde in modo violento. Brian Stock ha definito questi primi gruppi “comunità testuali”, in quanto al loro interno tutti, anche i laici illetterati, potevano avvicinarsi alla lettura dei testi sacri (Salmi, Atti degli apostoli, Vangeli). Ed è questo un elemento che ritorna in molte eresie medievali, sfidando il monopolio ecclesiastico dell’interpretazione della scrittura. Una situazione analoga caratterizza i movimenti della prima metà del XII secolo che, sia pur con leader (tra cui spiccano le figure di Pietro di Bruis e del monaco Enrico) e in contesti locali diversi, presentano alcuni tratti comuni. Il più significativo è l’aggressività nei confronti di una Chiesa che ritengono debba essere trasformata e il secondo è lo stretto legame fra predicazione e povertà. Ancora una volta non si tratta di eresie dogmatiche o dottrinarie, ma di forme di contestazione nei confronti delle istituzioni e del clero, tutto sommato in linea con le istanze portate avanti dallo stesso movimento riformatore. 4. La predicazione valdese Una prima precisazione circa la storia del movimento valdese, nato a Lione negli anni Settanta del XII secolo, è che sarebbe più corretto parlare di valdismi al plurale, in quanto – come ha osservato Grado Giovanni Merlo – i valdesi manifestano da subito una forte capacità di adattamento alle diverse situazioni e danno vita a orientamenti tra loro differenziati. Ancora una volta probabilmente sono le fonti a dare l’idea di un’apparente unità, classificando sotto l’etichetta “valdese” esperienze tra loro diverse. Valdesio, il “fondatore” del movimento, era un ricco abitante di Lione che scelse di cambiare vita per riscoprire la povertà evangelica del cristianesimo primitivo. I poveri di Lione – così si facevano chiamare i suoi seguaci – non rifiutavano la Chiesa cattolica, ma volevano poter accedere liberamente alla Parola di Dio e annunciarla. E proprio la predicazione fu ancora una volta l’elemento di rottura con la Chiesa di Roma. Come ha sottolineato Michel Rubellin, Valdesio inizialmente sembra addirittura collaborare con la Chiesa di Lione al tempo guidata da Guichard, un vescovo riformista, ma tutto cambia nel 1181, anno in cui muoiono sia papa Alessandro III (cui Valdesio aveva richiesto l’autorizzazione a predicare) sia l’arcivescovo Guichard. Il nuovo arcivescovo di Lione, Jean Bellesmaines, più conservatore, ritirò immediatamente a Valdesio l’autorizzazione a predicare concessa dal predecessore e vietò qualsiasi forma di apostolato, dando inizio alla storia “ereticale” del movimento. 3_Mundus_dossier_5-6 02/03/12 15.31 Pagina 153 md Fig. 6 La lotta militare agli eretici Nei secoli XI-XII, la lotta agli eretici è organizzata localmente. È frutto dell’Inquisizione (che vuol dire “inchiesta”) dei vescovi. Nel XIII secolo, dopo il pontificato di Innocenzo III, si afferma la necessità di centralizzare questa persecuzione, che viene affidata, dal successivo papa Gregorio IX, prima ai domenicani e, qualche anno dopo, ai francescani. Era una lotta crudele e cruenta, nella quale il papa non disdegnava di invitare alla mobilitazione militare, come vediamo in questa miniatura, tratta da un manoscritto di Tours della fine del XIII secolo. Dopo la morte di Valdesio, la compattezza venne meno abbastanza presto: le tensioni, già proprie del valdismo delle origini, presero il sopravvento dando vita a una serie di fratture. I valdesi più moderati rientrarono nella Chiesa romana quasi subito: nel 1208 nacque l’ordine religioso dei Poveri cattolici e nel 1210 quello dei Poveri riconciliati. Gli altri valdesi si sparsero in tutta Europa e resistettero a lungo alla repressione dell’Inquisizione. Anche se in origine i valdesi non volevano sostituire la Chiesa con un’altra Chiesa, nel corso del XIII secolo si organizzarono in forme analoghe a un ordine religioso con gradi differenti (diaconale, presbiteriale, episcopale). 5. I catari e la crociata contro gli Albigesi Le fonti dei secoli XII e XIII accorpano diversi episodi ereticali sotto l’etichetta di catari, presentati come una sorta di grande Chiesa antagonista a quella cattolica, che si sarebbe sviluppata dai Balcani all’Atlantico e dalla Renania all’Italia. Chi erano i catari (anche se i diretti interessati non si definirono mai in questo modo, ma continuarono a chiamarsi “buoni cristiani”)? Secondo le fonti, questi eretici, su cui la Chiesa concentrò la propria attenzione, si rifacevano a teorie dualistiche, cioè a teorie che, accanto al Dio buono, ammettevano un pari principio opposto e che sarebbero derivate dal manicheismo antico o dal bogomilismo. In realtà la questione catara è oggi molto discussa. Diversi studiosi (Lambert, Biget, Zerner, Moore) hanno sottolineato come il catarismo non sia da considerarsi una dottrina costruita in Oriente e importata in Occidente. D’altra parte, l’immagine di una contro-Chiesa catara dualista è presente solo nelle fonti dei polemisti cattolici. Anche il catarismo, come altri movimenti contemporanei, sarebbe invece nato dall’atteggiamento di chiusura del clero verso i laici, chiusura derivata dalla sempre più forte clericalizzazione della Chiesa a partire dalla riforma. 153 3_Mundus_dossier_5-6 02/03/12 15.31 Pagina 154 Il medioevo 9 • Barbara Garofani • Diverse ortodossie, non eresie I catari – come gli altri movimenti ereticali – erano ottimi conoscitori ed esegeti dei testi sacri: usavano il Vangelo come base per le loro argomentazioni, spogliandolo della sacralità attribuitagli dai cattolici. È proprio con il Vangelo, infatti, che Cristo ha rivelato all’uomo come ritrovare la purezza dell’anima attraverso la preghiera – in particolare il Padre Nostro, l’unica riconducibile direttamente all’insegnamento di Cristo – e l’ascesi rigorosa. Alla fine del XII secolo la diffusione del catarismo era ormai diventata un fenomeno di dimensioni europee che aveva messo seriamente in discussione il monopolio della Chiesa cattolica. C’erano dunque i presupposti per l’adozione di provvedimenti drastici, quali l’uso della cosiddetta “guerra santa” anche all’interno della comunità cristiana. E così fu fatto. Dal 1204 tutti coloro che si impegnavano fideliter contro gli eretici furono equiparati ai crociati in Terrasanta e nel 1209 papa Innocenzo III bandì la crociata contro gli Albigesi (gli abitanti della città di Albi). A partire dal 1233, la Francia meridionale fu poi duramente colpita dall’Inquisizione: le chiese catare del Sud della Francia furono disperse e i pochi catari che sopravvissero furono costretti all’esilio o a vivere in clandestinità. 6. Sul finire del Medioevo L’ultimo decennio del XIII secolo fu percorso da forti attese di natura escatologica e apocalittica, incentrate sulla speranza di un profondo rinnovamento della società e della Chiesa. Le origini di queste manifestazioni, che spesso – come avvenuto in precedenza – misero in discussione l’autorità del papato e della gerarchia ecclesiastica, si possono ricondurre a Gioacchino da Fiore. È in questo ambito che possiamo inserire uno degli eretici più noti al mondo contemporaneo, Dolcino. Anche in questo caso non abbiamo scritti originali e il suo pensiero è noto attraverso le tracce lasciate 154 Fig. 7 Violenza sacra Man mano che si organizza, la lotta contro gli eretici fa sempre più uso dell’esercito. Si organizzano delle crociate, come quella contro gli Albigesi nel 1208 (altre ne seguirono in Provenza per quasi mezzo secolo ancora). I soldati vengono, in queste occasioni, motivati con ricompense sacre, simili a quelle destinate ai crociati di Terrasanta. Qui li vediamo in un manoscritto del XIV secolo. 3_Mundus_dossier_5-6 02/03/12 15.31 Pagina 155 md Fig. 8 Eretici sordi alla parola di Dio Gli eretici e gli ebrei sono rappresentati con le orecchie tappate, incapaci di ascoltare la parola di Dio. La miniatura è contenuta nel De Universo di Rabano Mauro, un manoscritto dell’XI secolo. dai suoi avversari. Dolcino portò avanti una sua “dottrina” di stampo gioachimita fondata sull’esegesi critica dei testi sacri: contrappose il suo modello di una Chiesa perfetta a quello corrotto della Chiesa romana, ripromettendosi di vivere conformemente al modello di Cristo nell’attuazione del messaggio evangelico. La volontà di ricercare una vita religiosa più autentica, lontana dal modello in quei secoli predominante all’interno della Chiesa ufficiale, fu un elemento comune a molte delle cosiddette eresie del Tre e del Quattrocento e che sarebbe stato ancora presente nei primi passi della Riforma protestante. Talvolta la volontà di rinnovamento spirituale si intrecciò con istanze di tipo sociale, come in Inghilterra nel caso dei lollardi guidati da John Wycliffe che, richiamandosi al modello della Chiesa delle origini, predicavano la lettura individuale della Bibbia, la povertà e l’uguaglianza fra gli uomini, rifiutando le gerarchie ecclesiastiche e il pagamento delle decime al clero. In altri casi, come in Boemia con il teologo Jan Hus, le istanze religiose si identificarono con quelle civili e politiche, favorendo – ma siamo ormai agli albori della storia moderna – lo sviluppo di una coscienza nazionale. Riferimenti bibliografici Per una visione complessiva delle eresie e del contesto storico in cui si inseriscono possono essere utili alcune sintesi: B. Garofani, Le eresie medievali, Carocci, Roma 2008; M. Zerner, Eresia, in Dizionario dell’Occidente medievale, Einaudi, Torino 2003, pp. 351-370; A. Benvenuti, La religiosità eterodossa, in Storia medievale, Donzelli, Roma 1998, pp. 493-534; G.G. Merlo, Contro gli eretici, Il Mulino, Bologna 1996; Id., Eretici ed eresie medievali, Il Mulino, Bologna 1989; M. Lambert, Medieval Heresy. Popular Movements from the Gregorian Reform to the Reformation, Blackwell, Oxford 2002 (ed. or. 1977); Medioevo ereticale, a cura di O. Capitani, Il Mulino, Bologna 1977. Sull’eresia della disobbedienza e la legislazione antiereticale: O. Hageneder, Il sole e la luna. Papato, impero e regni nella teoria e nella prassi dei secoli XII e XIII, Vita e Pensiero, Milano 2000. Sui valdesi: G.G. Merlo, Identità valdesi nella storia e nella storiografia, Claudiana, Torino 1991; Id., Valdesi e valdismi medievali, Claudiana, Torino 1984; Id., Eretici e inquisitori nella società piemontese del Trecento, Claudiana, Torino 1977. Sui catari: M. Lambert, I catari, Piemme, Casale Monferrato 2001 (ed. or. 1998); R.I. Moore, The Formation of a Persecuting Society. Power and Deviance in Western Europe, 950-1250, Blackwell, Oxford-New York 1987. Sul pensiero di Gioacchino da Fiore: G.L. Potestà, Il tempo dell’Apocalisse. Vita di Gioacchino da Fiore, Laterza, Roma-Bari 2004. 155