Disturbo dello Spettro Autistico (DSA)

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Disturbo dello Spettro Autistico (DSA):
concetti base teorici e pratici per migliorare
l’intervento scolastico
Alessio Vitiello - Coop. Soc. “Progetto Emmaus”
L’insegnante che lavora con un
bambino con D.S.A. deve:
1. conoscere, osservare e valutare
- che cos’è? Come si riconosce?
2. programmare e agire
- strategie e interventi concreti
3. riflettere e comprendere
- cosa è meglio fare? Come?
4. allearsi e condividere
- azione costantemente condivisa
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INTRODUZIONE
GENERALE
Alessio Vitiello - Coop. Progetto Emmaus
DEFINIZIONE
DISTURBO DELLO SPETTRO AUTISTICO
L’autismo è una sindrome comportamentale causata da un disordine dello
sviluppo biologicamente determinato, con esordio nei primi tre anni di
vita.
Le aree prevalentemente interessate sono:
- l’interazione sociale reciproca;
- le abilità comunicative;
- capacità di stabilire relazioni con gli altri.
L’autismo è una disabilità “permanente” anche se le caratteristiche dei
deficit assumo un’espressività variabile nel tempo.
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LA DIAGNOSI
La diagnosi di autismo viene solitamente formulata facendo riferimento alle
due principali classificazioni internazionali dei disturbi mentali:
1. il DSM - Diagnostic and Statistical Manual of Mental Disorders (Manuale
diagnostico e statistico dei disturbi mentali)
DSM-IV (1994), DSM-IV-R (2000), DSM-V (2013)
2. l’ICD - International Classification of Diseases (Classificazione
Internazionale dei Disturbi e delle Malattie) dell’OMS - Organizzazione
Mondiale della Sanità
ICD-10 (1994).
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LE DIFFERENZE
La prima sostanziale differenza tra le due edizioni del DSM è che nel DSM-IV-TR
(2000) si parlava di “Disturbi Pervasivi dello Sviluppo” che si distinguevano in:
1.
2.
3.
4.
5.
disturbo autistico
disturbo di Asperger
disturbo disintegrativo della fanciullezza (o disturbo di Heller)
disturbo pervasivo dello sviluppo non altrimenti specificato
sindrome di Rett
Ora con il DSM-V questi sottotipi sono stati riuniti in un’unica categoria
denominata “Disturbi dello Spettro Autistico” (ASD – Autism Spectrum Disorders),
ad eccezione della sindrome di Rett che è stata posta tra i disturbi neurologici.
Il DSM-V introduce inoltre il “disturbo della comunicazione sociale”.
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D.S.A. nel DSM-V (2013)
Con il DSM-V le categorie di sintomi sono due:
- Deficit persistente nella comunicazione sociale e nell’interazione sociale
(che comprende sia le difficoltà sociali che quelle di comunicazione);
- Comportamenti e/o interessi e/o attività ristrette e ripetitive.
La diagnosi di “disturbo dello spettro autistico” richiede la presenza di almeno
tre sintomi nella categoria dei “deficit della comunicazione sociale” e di
almeno due in quella dei “comportamenti ripetitivi”.
Il “disturbo dello spettro autistico”, a sua volta, può essere suddiviso in tre
categorie, per gravità.
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GRAVITA’: livello 1
- Comunicazione sociale: senza supporto i deficit nella comunicazione
sociale causano impedimenti che possono essere notati. Il soggetto ha
difficoltà a iniziare le interazioni sociali e mostra chiari esempi di
atipicità o insuccesso nella risposta alle iniziative altrui. Può sembrare
che abbia un ridotto interesse nell´interazione sociale.
- Interessi ristretti e comportamenti ripetitivi: rituali e comportamenti
ripetitivi causano un´interferenza significativa in uno o più contesti.
Resiste ai tentativi da parte degli altri di interromperli.
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GRAVITA’: livello 2
- Comunicazione sociale: Deficit marcati nella comunicazione sociale,
verbale e non verbale, l´impedimento sociale appare evidente anche quando
è presente supporto; iniziativa limitata nell´interazione sociale e ridotta o
anormale risposta all´iniziativa degli altri.
- Interessi ristretti e comportamenti ripetitivi: preoccupazioni, rituali fissi
e/o comportamenti ripetitivi appaiono abbastanza di frequente da essere
evidenti per l´osservatore casuale e interferiscono con il funzionamento in
diversi contesti. Stress o frustrazione appaiono quando sono interrotti ed è
difficile ridirigere l´attenzione.
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GRAVITA’: livello 3
- Comunicazione sociale: i gravi deficit nella comunicazione sociale,
verbale e non verbale, causano una grave difficoltà nel funzionamento;
iniziativa molto limitata nell´interazione sociale e minima risposta
all´iniziativa altrui.
- Interessi ristretti e comportamenti ripetitivi: preoccupazioni, rituali fissi
e/o comportamenti ripetitivi che interferiscono marcatamente con il
funzionamento in tutte le sfere. Stress marcato quando i rituali o le routine
sono interrotti; è molto difficile distogliere il soggetto dal suo focus di
interesse, e se ciò avviene egli ritorna rapidamente ad esso.
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LE CAUSE
L’autismo è un disturbo multifattoriale le cui cause, tutte di natura
neurobiologica (come la genetica, la neuroanatomia, i fattori
neurofunzionali, le neurochimiche, ecc), sono implicate e correlate tra loro
in maniera diversificata e non del tutto conosciuta.
Dagli studi genetici fino ad ora realizzati, l’evidenza più forte è che non
esiste “il gene” dell’autismo, ma esistono piuttosto una serie di geni che
contribuiscono a conferire una vulnerabilità alla comparsa del disturbo.
“L’autismo lo si sta studiando ORA”
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EPIDEMIOLOGIA
L’autismo non presenta prevalenze geografiche e/o etniche ma presenta invece una
prevalenza di genere:
I MASCHI SONO MAGGIORMENTE COLPITI IN RAPPORTO 1:4
In Italia la stima è 1:270
Negli Stati Uniti:
1975 = 1:5000
1985 = 1:2500
1995 = 1:500
2001 = 1:250
2009 = 1:110
2015 = 1:68
Perché aumenta?
- maggiore definizione dei criteri diagnostici con inclusione
delle forme più lievi
- diffusione di procedure diagnostiche standardizzate
- maggior sensibilizzazione della popolazione in generale
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PROGNOSI
Il bambino con diagnosi certa di autismo cresce con il suo disturbo, col tempo
acquisisce nuove competenza che avranno, molto probabilmente, una
“qualità autistica”.
A qualunque età la prognosi risulta fortemente condizionata dal grado di
funzionamento cognitivo (non è infatti detto che i bambini con D.S.A. abbiano
anche un ritardo mentale).
I bambini che sviluppano il linguaggio entro i primi 5 anni sembrano avere
una prognosi minore.
Dal 60 al 90% diventano adulti non autosufficienti; dal 15 al 20% sono in gradi
di vivere e lavorare in comunità con vari gradi di indipendenza.
Alcune persone con autismo possono arrivare a condurre una vita normale o
“quasi normale”.
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COSA NON E’…
Per lavorare con l’autismo è necessario avere la mente sgombra da falsi
miti e pregiudizi:
- Assenza di emozioni (non provare emozioni in se stessi e negli altri)
- Crisi “senza motivo” (pensavamo fosse tutto tranquillo)
- Mancanza di affettività (non capaci di costruire legami affettivi)
- Mancanza di socialità (non amano stare con gli altri)
L’autismo non può essere “adattato” alle condizioni
della normale società… e semmai il mondo che
deve adattarsi a tale modo di essere rispettandone
le singole caratteristiche…
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L’INTERVENTO
NELLA SCUOLA
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L’ETA’ PRESCOLARE
MOMENTO IN CUI ABITUALMENTE VIENE FORMULATA
LA DIAGNOSI DI AUTISMO
- impatto emotivo fortissimo sui genitori (perché? Che cos’è? Da grande?)
- i comportamenti cambiano da bambino a bambino ma in genere risulta
essere difficile:
- l’aggancio relazionale;
- l’aderenza alle proposte dell’altro;
- la percezione dell’altro (che spesso è strumentale)
L’INTERVENTO DEVE ESSERE
PRECOCE, INTENSIVO, CURRICOLARE
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PRECOCE
La precocità permette una più adeguata sistematizzazione e
riorganizzazione interna delle esperienze percettive in quanto si
“opera” in un periodo in cui le strutture encefaliche sono ancora
in fase di attiva maturazione e differenziazione.
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INTENSIVO
Necessità di attivare una nuova dimensione di vita per il bambino, ma
anche per la famiglia.
Bambino:
- osservare, stilare un progetto
- organizzare situazioni strutturate
- non meno di 18 ore a settimana
Famiglia:
- lavorare sul disorientamento
- coinvolgimento nei processi
INTENSIVO non è solo questione di TEMPO: si riferisce anche al fatto
che ogni situazione “naturale” e quotidiana può assumere valore
terapeutico e di apprendimento.
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CURRICOLARE
Per curricolare si intendono i contenuti della progettazione:
- avvicinarsi quanto più possibile allo sviluppo “tipico”;
- ordine sequenziale a tappe;
- definizione chiara degli obiettivi;
- monitoraggio del percorso
Nello specifico:
1. Individuare, fra gli obiettivi, quelli che si riferiscono a competenze
osservabili e misurabili;
2. Stabilire un punto di partenza e prefissare tappe sequenziali;
3. Prefissare un sistema di raccolta dati per facilitare la verifica
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E LA SCUOLA?
Asilo nido e scuola per l’infanzia rappresentano uno spazio
particolarmente utile per “completare” il progetto.
Consente di:
- lavorare in un contesto diverso da quello di casa;
- confrontarsi con i coetanei;
- lavorare su comunicazione e stati emotivi.
Valenza terapeutica se:
- operatori della scuola coinvolti nel progetto;
- strutturazione del contesto;
- incontri periodici con gli specialisti;
- definizione di obiettivi specifici condivisi.
La risorsa più preziosa: I COETANEI
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I COMPAGNI/COETANEI
Perché sono così preziosi?
- naturalezza;
- spontaneità;
- sintonizzazione empatica;
- possono facilitare l’interazione e la crescita sociale del bambino con autismo;
QUESTO RUOLO E’ OVVIAMENTE SOLO POTENZIALE
SI CHIEDERA’ LORO UN COINVOLGIMENTO ATTIVO ATTRAVERSO
MODALITA’ E STRUMENTI ADEGUATI AL LORO LIVELLO DI SVILUPPO
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L’ETA’ SCOLARE
6-7 anni: momento decisivo nella storia del bambino con autismo
Passaggio da
AMBIENTE POCO STRUTTURATO E FLESSIBILE
A
AMBIENTE MOLTO STRUTTURATO E ORGANIZZATO
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NUOVA SCUOLA – NUOVA REALTA’
COMPORTA PER FORZA UNA RIVALUTAZIONE DEL QUADRO GENERALE
- propone nuovi elementi di confronto;
- stimola bilanci su tutto il lavoro svolto nella scuola dell’infanzia;
- fornisce elementi per aumentare la consapevolezza delle reali capacità del
bambino;
- destabilizza equilibri precari.
SI PUO’ INTUIRE MAGGIORMENTE IL PROFILO DEL BAMBINO
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IL BAMBINO A 6-7 ANNI
Il bambino con autismo dovrebbe uscire dalla fase di disorientamento
tipica dell’età prescolare (il “classico” non vedo, non sento, non parlo) ed
emergono indicazioni relative a:
- aspetti temperamentali;
- grado di compromissione relazionale;
- livello comunicativo;
- competenze cognitive;
- eventuale presenza di co-morbilità.
Vengono dunque messi in evidenza, per ciascun bambino, una serie di
caratteristiche del tutto ORIGINALI che rendono estremamente
diversificato il comportamento e la tipologia di programmazione.
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COME AGIRE?
Prima dei 6 anni l’intervento è molto più “centrato sul bambino” e sulle sue
abilità emergenti -> dopo i 6 anni l’intervento diventa “centrato sulla famiglia”
e più in generale al contesto ambientale.
Resta la connotazione abilitativa (far emergere abilità) ma in condizioni
sempre più adattive in base al contesto.
Per stilare un programma di intervento è dunque necessario prendere in
considerazione:
- i genitori;
- il bambino;
- la scuola.
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IL PRIMO PASSO
Prima di pensare a qualsiasi piano di intervento è però necessario:
INDIVIDUARE LE MODALITA’
AFFETTIVO-RELAZIONALI PIU’
IDONEE PER FAVORIRE
L’APPRENDIMENTO
(Il buon senso)
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GESTIRE IL PASSAGGIO
1. Pensare a come lavorare sulle debolezze
2. Pensare a come mantenere e migliorare le abilità
Pensare agli ostacoli (che possono essere una sorta di sfida):
-
ACCOGLIENZA
-
APPRENDIMENTO
-
SOCIALIZZAZIONE
-
PROBLEMI DI COMPORTAMENTO
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ACCOGLIENZA
Parlare con tutte le figure “attive” sul bambino.
Pianificare visite preventive a:
- ambienti esterni
- ambienti interni
- figure adulte
…ma senza sovraccaricare!
Bastano i luoghi che verranno percorsi durante il primo giorno di scuola, tutto
il resto potrebbe generare inutili attese, aspettative e/o incognite.
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VALUTARE LA FREQUENZA FIN DAL
PRIMO GIORNO DI SCUOLA.
ORIENTARE L’ACCESSO A SCUOLA
MEDIANTE IL RITROVAMENTO DEI
LUOGHI E DEI VISI NOTI RISPETTO ALLE
VISITE PREVENTIVE ATTIVATE.
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APPRENDIMENTO
Potrà dipendere principalmente da due fattori:
- il bambino
- livello cognitivo
- capacità attentive
- comprensione della comunicazione V e NV
- capacità a tollerare determinati stimoli
- la scuola
- adeguatezza dei contenuti “tarati” sul bambino
- presenza (o assenza) di determinati stimoli nell’aula
- organizzazione dello spazio
- accuratezza del PEI (Confronto e valutazione)
- competenze specifiche sull’autismo
- consapevolezza dei compagni
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SOCIALIZZAZIONE
Rappresenta uno dei problemi principali:
- potrà isolarsi
- cercare insistentemente l’altro
- mettere in atto comportamenti bizzarri
- evitare il contatto
Potrebbe però variare in base al contesto: nel rapporto 1:1 o in un
piccolissimo gruppo rispetto allo stare in classe o con tutti i bambini
nell’intervallo.
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I problemi SENSORIALI possono rendere difficoltosa la SOCIALIZZAZIONE:
-Fastidio per i rumori
- fastidio per la confusione
- per il troppo movimento
- per la temperatura
- per la luminosita’
- ecc……….
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L’ESPRESSIONE DELLE COMPETENZE
SOCIALI DIPENDERA’ QUINDI, OLTRE
CHE DALLE CARATTERISTICHE DEL
BAMBINO E DEL DISTURBO, ANCHE DA
QUANTO SARA’ STRUTTURATA LA
SITUAZIONE IN CUI SI TROVA, DALLA
DIMENSIONE DEL GRUPPO DI LAVORO,
E IN GENERALE, DAGLI STIMOLI
PRESENTI NELL’AMBIENTE.
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PROBLEMI DI COMPORTAMENTO
La più importante delle “sfide”, può proporsi come:
- oppositività al lavoro proposto
- mancato rispetto delle regole
- crisi di collera
- aggressività
- autolesionismo
- comportamento distruttivo
- stereotipie
- ecc
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Nella quasi totalità HANNO UN SIGNIFICATO e UNA FUNZIONE e
possono essere determinati da:
- risposte sensoriali anomale a determinati stimoli ambientali (rumore,
luminosità, calore, confusione, ecc)
- proposte didattiche non adeguate alle caratteristiche del bambino (attività
troppo difficili, troppo facili o legate istruzioni poco chiare e di sola CV)
- difficoltà nella comunicazione (sia in comprensione che in espressione)
LI VEDREMO PIU’ TARDI NEL LABORATORIO DI ANALISI FUNZIONALE
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OBIETTIVI DA PERSEGUIRE NEL
CONTESTO SCOLASTICO:
IL LINGUAGGIO
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Facilitare la consapevolezza delle intenzioni, delle preferenze, delle esperienze
altrui:
Provare a far capire sempre:
1) COSA E’ SUCCESSO
2) COSA STA ACCADENDO
3) COSA ACCADRA’
Lavorare su questo aspetto sia in ENTRATA che in USCITA
ASCOLTO -> RACCONTO
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Per permettere al bambino di relazionarsi con il resto della classe (ma
anche con gli adulti) è necessario:
LAVORARE SULL’USO DEL
LINGUAGGIO PER INTERAGIRE IN
MODO ADEGUATO E PER ESPRIMERE
SENTIMENTI ED EMPATIA
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Incoraggiare l’acquisizione dei segnali non verbali e paralinguistici per
rinforzare le intenzioni sociali:
- lo sguardo
- la posizione del corpo
- il volume della voce
Lavorare sul linguaggio anche in base al CONTESTO.
(es. biblioteca, classe, corridoio, cortile,…)
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Sviluppare l’uso del linguaggio per mediare e risolvere conflitti e/o divergenze
di opinioni:
I COMPORTAMENTI PROBLEMA SONO
UNA “MANCATA COMUNICAZIONE
ADEGUATA”
(Lo diremo spesso)
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I COMPORTAMENTI PROBLEMA
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DEFINIZIONE
Comportamenti di intensità, frequenza o durata
tali da mettere in pericolo la sicurezza fisica della
persona o degli altri, o comportamenti che
limitano seriamente l’accesso della persona a
setting, attività, servizi ed esperienze comuni.
(Gavidia-Payne, Hudson 2003)
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ELEMENTI CARATTERESTICI
• possono essere caratterizzati da autolesionismo
• le persone che li mettono in atto sono valutate socialmente in modo
negativo
DECISIONE DI REALE PROBLEMATICITA’
DANNO
OSTACOLO
STIGMA SOCIALE
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IL COMPORTAMENTO
• è una minaccia per l’incolumità fisica della persona?
• è una minaccia per l’incolumità fisica di terzi?
• interferisce con il suo processo di apprendimento?
• interferisce con il processo di apprendimento di terzi?
• danneggia o distrugge oggetti?
• produce stigma sociale?
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DARE UN ORDINE E NON
ETICHETTARE
In consulto con tutte le figure coinvolte si deciderà un ordine di importanza
rispetto ai comportamenti problema.
ATTENZIONE a NON ETICHETTARE
Dire:
- Luca è un bambino molto timido
E MOLTO diverso dal dire:
- Luca, durante l’intervallo, sta in un posto a guardarsi le mani, se qualcuno
prova a conversare con lui risponde a monoparole.
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ANALISI FUNZIONALE DEL
COMPORTAMENTO
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I PASSI DELL’ANALISI FUNZIONALE
1) INDIVIDUARE IL COMPORTAMENTO IN OGGETTO (B)
2) OSSERVARE (E REGISTRARE) L’EPISODIO COMPORTAMENTALE
3) INDIVIDUARE I COMPORTAMENTI EMESSI
4) INDIVIDUARE GLI ANTECEDENTI (A)
5) INDIVIDUARE LE CONSEGUENZE (C)
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L’ANTECEDENTE (A)
PER VALUTARE E DESCRIVERE BENE L’(A) SERVE SAPER
RICONOSCERE ALCUNI ELEMENTI:
- STATO FISICO DELL’INDIVIDUO
- STATO AFFETTIVO-EMOTIVO DELL’INDIVIDUO
- STATO COGNITIVO DELL’INDIVIDUO
- RELAZIONI SIGNIFICATIVE ATTIVE IN QUEL MOMENTO
- RELAZIONE RISPETTO AL GRUPPO
- CONTESTO
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LA CONSEGUENZA (C)
PER VALUTARE E DESCRIVERE BENE LA CONSEGUENZA SERVE
SAPER RICONOSCERE GLI STESSI ELEMENTI DI (A):
- STATO FISICO DELL’INDIVIDUO
- STATO AFFETTIVO-EMOTIVO DELL’INDIVIDUO
- STATO COGNITIVO DELL’INDIVIDUO
- RELAZIONI SIGNIFICATIVE ATTIVE IN QUEL MOMENTO
- RELAZIONE RISPETTO AL GRUPPO
- CONTESTO
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COSA CAMBIA ALLORA?
LA LORO FUNZIONE!
ANTECEDENTE: elicitano, scatenano, favoriscono
l’emissione del comportamento
(lavorare su A = gestire)
CONSEGUENZE: aumentano, mantengono o
diminuiscono la frequenza di emissione
(lavorare C = educare)
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COSA COMUNICA UN
COMPORTAMENTO PROBLEMA
- OTTENERE ATTENZIONE
- OTTENERE OGGETTI O ATTIVITA’
- EVITARE STIMOLAZIONI INTERNE
- EVITARE ATTENZIONE
- EVITARE ATTIVITA’
- OTTENERE STIMOLAZIONE INTERNA
- FUGA
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LAVORIAMO
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LE STEREOTIPIE
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DEFINIZIONE
Per stereotipie si intende la ripetizione di una
sequenza invariata e costante di comportamento.
Esistono pertanto molti tipi di stereotipie: motorie, nella
comunicazione scritta o parlata, nei giochi, nel disegno
e nei comportamenti, e così via.
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STEREOTIPIE MOTORIE
Consistono in movimenti ritmati nei quali il bambino
sembra concentrato. Possono interessare le mani, il
tronco, il viso o il capo. Quando interessano le mani queste
sono come torte, mosse su una superficie, sventolate in
aria o davanti agli occhi, strofinate o battute l’una sull’altra.
Quando interessano il tronco questo può subire dei
movimenti di dondolamento avanti – indietro o da un lato
all’altro.
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STEREOTIPIE NEGLI INTERESSI
Quando queste sono presenti i bambini si dedicano in
maniera assorbente ad uno o più tipi di interessi ristretti
anomali o per intensità o per focalizzazione e appaiono
sottomessi ad inutili abitudini o rituali specifici.
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STEREOTIPIE NELLA
COMUNICAZIONE
Possono riguardare il linguaggio o anche la scrittura.
Alcuni bambini con Disturbo Autistico emettono continui
suoni e gridolini con la voce, o amano fare sempre le
stesse domande, anche se sanno benissimo le risposte.
Altri scrivono lunghi elenchi di parole, frasi o nomi o
richiedono di vedere sempre lo stesso film o lo stesso
cartone animato.
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STEREOTIPIE NEI COMPORTAMENTI
Sono spesso caratterizzate da richieste sempre uguali.
Ad esempio di premere il bottone dell’ascensore, di
bagnarsi le mani, di guardare la luce o anche di battere la
testa sul muro. Possono rientrare nelle stereotipie, quindi,
anche dei comportamenti di apparente autolesionismo.
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STEREOTIPIE NEI GIOCHI
Il bambino tende ad usare lo stesso giocattolo sempre
allo stesso modo per un tempo infinito. Il bambino fa
girare una trottolina, un pezzetto di cartone o di plastica.
Oppure fa passare davanti agli occhi un oggetto come
su uno scanner.
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STEREOTIPIE NEL DISEGNO
Sono anch’esse molto evidenti. I bambini che ne
soffrono tendono a disegnare sempre lo stesso
elemento che, per qualche motivo, in quel momento è
predominante nel loro animo, senza che le capacità
logiche o razionali riescano a fare da filtro a quanto
disegnato.
Pertanto
questi
bambini
possono
rappresentare una serie notevole di pali uno dopo l’altro,
una casetta con tante, troppe finestre e porte, un cielo
con più soli o più lune, un mare costellato da un numero
notevole di boe e così via.
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Temple Grandin descrive molto bene la necessità delle stereotipie per
placare l’ansia quando dice:
‹‹Dondolarmi e girare su me stessa erano altri modi per
escludere il mondo quando ero sovraccaricata da troppo
rumore. Dondolare serviva a calmarmi. Era come
prendere una droga che dà assuefazione: più lo facevo
più avevo voglia di farlo››.
Prova di ciò si ha che quando l’ansia e la sofferenza del bambino
diminuiscono questo tipo di sintomo si attenua molto o scompare
totalmente. Per tale motivo è assolutamente inutile e controproducente
lottare per limitare o cercare di estinguere questi segnali di sofferenza,
mediante rimproveri o peggio con l’uso di punizioni. Molto meglio è
impegnarsi nell’offrire al bambino un ambiente più sereno, gioioso e
dialogante.
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MODIFICA/SOSTITUZIONE
Molto spesso le stereotipie si manifestano in momenti poco strutturati
e/o interessanti per il bambino.
Cosa fare:
- Imparare a “leggere” la stereotipia
- Attenzione all’ambiente (troppi stimoli? Troppo pochi?)
- Capire se è un bisogno di aiuto, pausa, gioco, ecc
- Aiutare a fornire metodi diversi/sostitutivi per soddisfare il bisogno del
momento
PER TUTTI QUESTI MOTIVI, BISOGNA FARE MOLTA ATTENZIONE E
RISULTA PARTICOLARMENTE DIFFICILE PARLARE DI:
ELIMINARE UNA STEREOTIPIA
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IL METODO A.B.A.
Applied Behavior Analysis
(Analisi del comportamento applicata)
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LA STORIA – SKINNER BOX
La storia dell’Analisi del Comportamento inizia quando nel 1938 B.F.
Skinner, il più grande scienziato del comportamento al mondo, pubblica i
risultati delle sue ricerche in “The behavior of organism: an experimental
analisys”. Egli dimostra in modo scientifico che un comportamento, se
seguito da conseguenze positive, in futuro è piu’ probabile che si
manifesti in situazioni simili. Egli costruisce una situazione sperimentale
all’interno della quale un topo in una gabbia (la famosa “Skinner BOX”)
preme casualmente una leva. Questo comportamento aziona un
erogatore di formaggio. Skinner registra un aumento di frequenza di quel
comportamento (il numero delle volte in cui il topo preme la leva).
In altre parole il topo impara che il comportamento “premere la leva” è
funzionale per raggiungere una conseguenza positiva: mangiare il
formaggio.
Questo è il PRINCIPIO DEL RINFORZO POSITIVO.
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La conseguenza
RINFORZATORE.
positiva
(ricevere
il
formaggio)
è
definita
Così come una caramella, un cioccolatino, la possibilità di giocare
alcuni minuti con il tablet o di guardare la TV sono definibili come
“rinforzatori” se aumentano la probabilità di emissione del
comportamento del bimbo che li ha preceduti.
ESEMPIO: se un bimbo che ha sete dice alla mamma “acqua!” e la
mamma immediatamente gli da un bicchiere di acqua, in futuro è più
probabile che il bimbo metta in atto lo stesso comportamento (dire
“acqua”) in una situazione simile.
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ESEMPIO “OPPOSTO”: se un bimbo ha sete, ma non ha ancora imparato a
comunicare i suoi bisogni, e quindi comincia a piangere e gridare e la
mamma immediatamente gli versa un bicchiere d’acqua, ecco che in futuro è
molto probabile che quando questo bimbo avrà sete metterà in atto lo stesso
comportamento (piangere, gridare) che per lui è stato funzionale in passato
per il raggiungimento del suo scopo.
Dunque molti comportamenti, desiderabili o non desiderabili, possono essere
appresi con il principio del rinforzo positivo.
IL RINFORZO PUO’ ESSERE POSITIVO O NEGATIVO MA IN ENTRAMBI I
CASI AUMENTANO LE PROBABILITA’ CHE UN COMPORTAMENTO
ADEGUATO SI VERIFICHI….
….QUAL E’ ALLORA LA DIFFERENZA?
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Rinforzo positivo: “aggiungiamo” qualcosa di positivo
Rinforzo negativo: “togliamo” qualcosa di negativo per il bimbo
Entrambe le conseguenze sono positive per il bimbo.
L’effetto è il medesimo, un aumento di probabilità di emissione del
comportamento!
ESEMPIO: un bimbo fa tutti i compiti e la mamma per premiarlo gli dice:
“sei stato così bravo che per oggi non occorre che tu metta in ordine la tua
cameretta”. Come si può notare la conseguenza del comportamento “fare
tutti i compiti” per il bimbo è qualcosa di positivo “non occorre che metti a
posto la cameretta”. L’effetto di questa conseguenza dunque sarà sempre
un aumento della probabilità di emissione del comportamento “fare tutti i
compiti”. La differenza dunque sta nel fatto che nel rinforzo negativo vi è
l’eliminazione di qualcosa di negativo.
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Non bisogna confondere il rinforzo negativo con la PUNIZIONE!
I comportamenti che sono seguiti da rinforzatori si “rafforzano” mentre
quelli seguiti da stimoli o eventi punitivi si “indeboliscono”.
DOBBIAMO IMPARARE A GESTIRE: il comportamento non è
influenzato soltanto dalle conseguenze. Il comportamento, come
abbiamo visto, può essere anche sotto il controllo di variabili
antecedenti.
Manipolare la motivazione di un bimbo per insegnargli qualcosa è
fondamentale.
Una volta individuati i rinforzatori da utilizzare per insegnare qualcosa
al bimbo è importante che l’insegnante non li faccia andare in
saturazione.
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In generale motivare un bimbo con autismo, insegnargli qualcosa
facendolo divertire è una condizione necessaria per il suo
apprendimento. Questo perché il suo particolare “modo di funzionare”, le
sue difficoltà ad “agganciare” il mondo che lo circonda ,riducono le
“naturali” occasioni di apprendimento preziose per sviluppare
spontaneamente diverse abilità rispetto ad un bimbo a sviluppo “tipico”.
Un bimbo motivato infatti è attento e collaborativo: non mette in atto
comportamenti problema di fuga o evitamento perché gli piace quello che
sta facendo insieme a noi.
Non manifesta comportamenti stereotipati perché “giocare” insieme a noi
è molto più divertente che auto stimolarsi.
E quando un bimbo si diverte ci divertiamo anche noi.
Pertanto, quando un bimbo collabora poco o non collabora affatto
chiediamoci se quello che sta facendo con noi è per lui divertente.
Questo è un antecedente da analizzare con l’analisi funzionale ABC!
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DEFINIZIONE
L’analisi del comportamento applicata
(Applied Behavior Analysis = ABA)
è l’area di ricerca finalizzata ad applicare i dati che
derivano
dall’analisi
del
comportamento
per
comprendere le relazioni che intercorrono fra
determinati comportamenti e le condizioni esterne.
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E' una terapia di intervento usata con bambini con autismo, con disturbo
pervasivo dello sviluppo e altre problematiche comportamentali.
Anche se ancora non molto conosciuta in Italia, negli Stati Uniti la legge sui
diritti delle persone disabili (l’Individuals with Disabilities Education.Act)
stabilisce che le scuole pubbliche debbano garantire interventi comportamentali
a tutti i bambini che ne abbiano necessità (gli interventi intensivi implementati
sono fatti con la terapia ABA).
Gli studi e le ricerche scientifiche fatte negli ultimi 50 anni hanno provato che
l'ABA è in grado di ridurre i comportamenti problematici e inadeguati e
migliorare quelli desiderati, le tecniche ABA possono essere applicate senza
limitazioni di età o patologie.
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CONCETTI BASE
1. Creare la relazione (pairing)
2. Decidere su quali comportamenti/abilità intervenire
3. L’ambiente (DTT Discrete Trial Training o NET Natural Environment
Teaching, cioè, strutturato o naturale)
4. Preparare in anticipo il materiale
5. Iniziare sempre con un rinforzo già solo per la collaborazione
6. Minimizzare gli errori, non più di 3 feedback negativi consecutivi
(presa dati)
7. Prompting, fading, shaping, modeling, task analysis
8. Individuare e rendere utilizzabili i rinforzatori (alimentari, materiali,
sociali, token economy)
9. Posizionarsi fisicamente nel modo più coerente rispetto all’attività
10. Poche parole, concordate con l’equipe, che siano chiare e dirette
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PAIRING
Ѐ fondamentale costruire una buona relazione con il bimbo tramite
il PAIRING, ovvero una procedura in cui l’insegnante, presentandosi
insieme a giochi e attività molto gradite al bimbo, diventa uno stimolo molto
positivo.
Se il bimbo è contento quando arriva il suo insegnante significa che c’è
stato un buon pairing. Pertanto è fondamentale fare una valutazione dei
rinforzatori insieme ai genitori.
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COMPORTAMENTI SU CUI
INTERVENIRE
DA RICORDARE: mai etichettare!
Esempio: piuttosto che dire “stai attento” è più utile specificare le azioni
specifiche “stai seduto, guarda negli occhi l’insegnante, ecc.”
SCEGLIERE IN BASE ALLE PRIORITA’ E ALL’ANALISI FUNZIONALE
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L’AMBIENTE
DTT - Strutturato
NET - Ecologico
- Rende chiaro ciò che si sta
insegnando e fa si che il
comportamento capisca chiaramente
quando il comportamento è corretto o
sbagliato
- Simile alla modalità d’insegnamento
dei pari
- Facilita la socializzazione
- Applicabile in tutti i contesti
- Aiuta l’insegnante a essere coerente
- Maggior attenzione agli antecedenti
- Facilita la verifica
- Maggior attenzione alle conseguenze
- La generalizzazione è
nell’insegnamento stesso
- La generalizzazione avviene in seguito
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IL MATERIALE
- Scelto in base agli obiettivi da raggiungere
- Preparato in anticipo
- Preferibilmente “povero”
- Deve “rendere semplice” la generalizzazione
- Immediatamente utilizzabile
- Fare in modo che ogni attività permetta chiaramente di capire INIZIO,
SVOLGIMENTO e FINE
- Posizionato in modo da non interferire con l’attività proposta
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RINFORZARE
- NON è sinonimo di premiare, motivare, incentivare o RICATTARE
- Si parla di rinforzo se aumenta la FREQUENZA, INTENSITA’ o DURATA
- Scelta di rinforzatori efficaci (sono diversi per tutti)
- Selezionati in precedenza ed immediatamente utilizzabili
- Individuare il maggior numero di rinforzatori e “classificarli”
- Deve essere somministrato IMMEDIATAMENTE dopo il comportamento
desiderato (15/20 secondi) – (video)
- Il rinforzatore non deve essere accessibile dal bambino ma sempre
erogato dall’adulto
- il bambino non deve allontanarsi con il rinforzatore - (video)
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TIPI DI RINFORZATORI
MATERIALI
ALIMENTARI
SOCIALI
TOKEN ECONOMY
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PRESA DATI
La parte più importante del lavoro, per noi!
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NOI CHIEDIAMO E IL BAMBINO…
1. Risposta corretta
 RINFORZO
2. Risposta sbagliata
 FEEDBACK INFORMATIVO
3. Non risponde
 ATTESA (da individuare) poi FEEDBACK
INFORMATIVO
Minimizzare l’errore: agire al fine di evitare il più possibile la replica dell’errore
(mai più di 3 feedback negativi consecutivi)
Cosa si può fare per aumentare la comparsa di nuove abilità?
- prompting (aiuto) e fading (sfumo) - shaping (modellaggio)
- tecnica dell’alternanza (Premack) - modeling
- task analysis
- concatenamento
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LA NOSTRA POSIZIONE
Varia al variare dell’attività proposta e a “quanto conosciamo il bambino”
DI FRONTE
DI FIANCO
DIETRO
CON OPERATORE OMBRA (quando possibile)
L’ideale è la posizione FRONTALE per la facilità del contatto oculare
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COME CI COMPORTIAMO?
Siamo il PRIMO rinforzatore  
Poche parole ma CHIARE 
“Luca scrivi” ≠ ”Dai Luca prendi la penna che devi scrivere”
Dobbiamo concordare la terminologia con l’intera equipe e tutti devono
usare le stesse parole (almeno all’inizio)
Evitare il NO  usarlo, anche con convinzione, per “motivi importanti”
Cercare il più possibile di avere “in mano” la situazione.
CERCARE DI CAPIRE DOVE SBAGLIAMO!
USARE IL BUON SENSO!
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LA METODOLOGIA TEACCH
(Treatment and Education of Autistic and related
Communication Handicapped Children)
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IL LAVORO INDIPENDENTE
- Insegnamento strutturato
- Valutazione dei punti di forza e debolezza
- Organizzazione dell’ambiente
- Scansione precisa delle attività e del tempo
- Lavoro maggiormente su abilità emergenti (e acquisite, mantenimento)
- Valorizzazione degli ausili visivi
- Coinvolgimento della famiglia
- Potenziamento delle autonomie
Differenze con ABA? Non modifico il comportamento ma l’ambiente
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TRE PRINCIPI FONDAMENTALI
- INDIVIDUALIZZAZIONE: approfondite valutazioni individuali, i
bambini con autismo sono TUTTI diversi
- FLESSIBILITA’: modalità e strumenti si modificano in base alle
necessità e alle abilità dell’individuo
- INDIPENDENZA: l’obiettivo è l’equilibrio tra le abilità del bambino e
la capacità dell’ambiente di rendersi adatto al bambino stesso al fine
di favorire il LAVORO INDIPENDENTE, senza aiuti o guida, delle
abilità possedute ed emergenti.
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LE AREE DI SVILUPPO DEI BAMBINI
1. IMITAZIONE MOTORIA
2. PERCEZIONE
3. ABILITA’ FINI-MOTORIE
4. INTEGRAZIONE OCULO-MANUALE
5. AREA COGNITIVA
6. LE AUTONOMIE
1. NUTRIRSI
2. VESTIRSI
3. LAVARSI
ABILITA’ PER ADOLESCENTI E ADULTI
1.
2.
3.
ABILITA’ DOMESTICHE
ABILITA’ PROFESSIONALI
ABILITA’ PER IL TEMPO LIBERO
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ESEMPI DI ATTIVITA’
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IMITAZIONE MOTORIA
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PERCEZIONE
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ABILITA’ FINI-MOTORIE
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INTEGRAZIONE OCULO-MANUALE
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AREA COGNITIVA
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LE AUTONOMIE
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NUTRIRSI
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VESTIRSI
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LAVARSI
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PAUSA…
…LABORATORI!
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-CAACOMUNICAZIONE AUMENTATIVA
ALTERNATIVA
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COMUNICAZIONE
La parola comunicazione deriva dal latino communico («mettere in comune»)
e da communicatio («partecipazione»). Quando si comunica, infatti, si
mettono in comune messaggi e informazioni con altre persone. NON SI PUO’
NON COMUNICARE: in qualsiasi situazione ci troviamo i nostri
comportamenti esprimono sempre qualche cosa, indipendentemente dalla
nostra volontà, e a questo fenomeno non possiamo sottrarci. Possiamo
eliminare una forma o un’altra di comunicazione, ma non la comunicazione
stessa.
1.
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4.
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6.
7.
8.
9.
Dare informazioni
Ricevere informazioni
Esprimere intenzioni, pareri e sentimenti
Ottenere che l’ascoltatore: faccia, senta, immagini qualcosa
Risolvere problemi
Descrivere eventi
Intrattenere
Imparare comportamenti nuovi
Interagire
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AUMENTATIVA
L’aggettivo AUMENTATIVA sta ad indicare come le modalità utilizzate siano
tese non a sostituire ma ad accrescere la comunicazione naturale.
Oltre a questo significato, ne va aggiunto un secondo, che riguarda l’uso
che il partner comunicativo del bambino (genitore, educatore, insegnante,
ecc) fa di codici di comunicazione non verbale: non è solo il bambino che
usa un “codice aumentativo” a supporto del proprio linguaggio, ma lo fa
anche il partner comunicativo affiancandolo al proprio linguaggio allo scopo
di farsi comprendere meglio.
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ALTERNATIVA
Il termine ALTERNATIVA si riferisce invece all’uso di un certo codice come
“alternativa” al linguaggio.
Offrire un metodo alternativo per farsi capire ha implicazioni non solo sulla
comunicazione, ma anche sull’interazione sociale, sull’apprendimento e
sulla gestione dei problemi di comportamento.
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LA CAA
Ogni comunicazione che sostituisce o aumenta il linguaggio verbale.
La CAA rappresenta un’area della pratica clinica, che cerca di compensare la
disabilità temporanea o permanente di individui con bisogni comunicativi
complessi attraverso l’uso di componenti comunicativi speciali e standard.
Essa utilizza tutte le competenze comunicative dell’individuo, includendo le
vocalizzazioni o il linguaggio verbale residuo, i gesti, i segni e la
comunicazione con ausili. (ASHA, 2005)
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PER CHI E’?
I potenziali utilizzatori sono le persone con disabilità cognitiva che possono
utilmente utilizzarne le strategie come veicolo per lo sviluppo di
un'esperienza significativa di comunicazione, verso lo sviluppo di una
competenza verbale o come modalità principale con cui la persona esprime
le sue scelte e i suoi sentimenti.
Ci sono poi le diverse situazioni di disabilita sviluppata in età adulta, in
seguito a traumi, sclerosi laterale amiotrofica, Alzheiemer, afasia grave,
ictus, sclerosi multipla.
Infine la CAA è una proposta interessante per le situazioni in cui la
comunicazione è temporaneamente preclusa lungo i canali tradizionali: in
terapia intensiva, in pronto soccorso, per i primi approcci con la lingua
locale da parte di persone straniere.
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NEI DISTURBI DELLO SPETTRO AUTISTICO?
La compromissione della comunicazione, come abbiamo visto, è una delle
caratteristiche principali dei DSA.
Ci possono essere vari gradi di compromissione:
- non parla e non comprende il linguaggio;
- non parla ma comprende il linguaggio;
- parla ma comprende poco ciò che dice e ciò che sente;
- parla bene e comprende bene.
Nella maggior parte dei bambini con autismo il linguaggio non rappresenta un
codice condiviso (come lo è per i bambini a sviluppo tipico).
La CAA interviene proprio a supporto di queste difficoltà.
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CONTROINDICAZIONI?
Ci sono molte evidenze che la CAA non interferisca ma anzi possa stimolare la
naturale abilità del bambino a sviluppare una comunicazione verbale, se
possibile.
Per comunicare i loro bisogni e i loro desideri i bambini, ma anche gli adulti,
tendono ad utilizzare la modalità più veloce, più efficace, e più immediatamente
disponibile. Se la comunicazione verbale può svilupparsi troverà subito il suo
spazio.
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STRUTTURARE UN AMBIENTE
FACILITANTE
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CONTROLLO E PREVEDIBILITA’
I bambini sono facilitati e tranquillizzati se l’ambiente consente di prevedere
quello che accadrà attraverso la strutturazione di routines, aiuta:
- la comprensione
- l’anticipazione di ciò che accadrà
- la possibilità delle scelte più consapevoli
- la comunicazione
- fornisce spunti su possibili variazioni nel tempo.
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Riporre i giochi e materiali in posti non direttamente accessibili al
bambino, ma identificabili attraverso il simbolo che invece va posto
ad altezza occhi ed accessibile per l’indicazione (favorisce la
richiesta).
Categorizzare i giochi in scatole, scaffali, armadi (bambole,
costruzioni, animali..) che verranno a loro volta etichettati.
Favorisce l’individuazione dei giochi, la scelta, l’organizzazione del
pensiero, l’autonomia ed il riordino (anche per gli altri bambini).
Etichettatura degli ambienti di vita (simboli o foto posti sulle ante
degli armadi, vicino ai luoghi delle attività (es. bagno), che indichino
il contenuto o le possibili attività in quel determinato ambiente)
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A SCUOLA
- agenda giornaliera
- striscia delle attività
- agenda settimanale
- quaderno dei resti
- tabelle a tema
- passaporto
- regole
- ecc
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AGENDA GIORNALIERA
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STRISCIA DELLE ATTIVITA’
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AGENDA SETTIMANALE
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DIDATTICA
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SIMBOLI E SOFTWARE
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Pictures Communications Symbols
PCS è forse il più diffuso insieme di simboli in uso nel mondo.
Non ha regole esplicite di rappresentazione dei significati.
Dispone di un’amplissima raccolta di più di 10000 simboli. I PCS sono
nati negli USA, che restano il contesto nel quale sono maggiormente
utilizzati. Esistono in 42 lingue, con rappresentazioni adattate a
differenti contesti culturali.
Software di riferimento: BOARDMAKER
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PUNTI DI FORZA
Principale punto di forza del PCS è la trasparenza della grafica che, pur con
qualche stilizzazione, mantiene una buona riconoscibilità immediata.
Ciò vale in particolar modo per gli oggetti e alcuni verbi, mentre i simboli
relativi a concetti astratti risultano comunque poco trasparenti.
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PUNTI DI DEBOLEZZA
Evolvendosi nel tempo, i PCS si sono focalizzati soprattutto sulla facilità di
apprendimento immediato dei simboli da parte di bambini piccoli o con
significative difficoltà cognitive.
Il vocabolario in simboli è quindi molto ricco per quanto riguarda nomi e
termini legati al concreto, mentre risulta decisamente meno fornito di
concetti astratti. Manca di elementi morfosintattici quali il plurale, molti
pronomi e altri elementi della morfologia libera, comparativi e superlativi,
alcuni avverbi e congiunzioni significativi e di modalità per rappresentare i
tempi dei verbi.
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Widgit Literacy Symbols
WLS è un sistema di simboli nato nel Regno Unito.
Lo stile grafico ha una maggiore adultità rispetto a PCS e la
rappresentazione simbolica ha una buona coerenza interna.
I simboli di oggetti concreti mantengono lo stesso livello di trasparenza
dei PCS, mentre la presenza di elementi per la rappresentazione delle
componenti morfosintattiche la rende più completa.
Il software di riferimento è: SYMWRITER
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LE REGOLE DEI WLS
Oltre a un ampio vocabolario di simboli, oltre 10000, il sistema simbolico WLS
ha precise regole interne che aiutano a identificare categorie linguistiche
omogenee: ad es. il profilo della casa per tutti gli edifici, il profilo allungato per
gli edifici di dimensione e complessità organizzativa maggiore, il contenitore
quadrato per tutte le stanze, la presenza del “cassiere” in tutti i simboli dei
negozi, la presenza del quadrato bianco e della palla nei simboli dei concetti
spaziali.
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LA TECNOLOGIA
VOCA
COMUNICATORI
TABLET E APP
- Tools for autism
- Let me talk
- AAC talking tabs
- IziOzi
- ecc
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RIFERIMENTI BIBLIOGRAFICI
- Autismo a scuola, Strategie efficaci per gli insegnanti – Erickson (2013)
- Il manuale ABA-VB – Erickson (2014)
- Manuale di Comunicazione Aumentativa Alternativa – Erickson (2014)
- Verso l’autonomia – Vannini Editrice (2001)
- L’apprendimento visivo nell’autismo – Erickson (2007)
- Storie sociali per l’autismo – Erickson (2003)
- Pensare in immagini – Temple Grandin – Erikson (1995)
- Il cervello autistico – Temple Grandin – Adelphi (2013)
- Teoria delle mente e autismo – Erickson (1999)
- Il problema di comportamento è un messaggio – Erickson (2002)
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CONTATTI
Per informazioni, consulenze, corsi, parent training e
supervisioni relative al Disturbo dello Spettro Autistico:
Coop. Soc. Progetto Emmaus – AREA CLINICA
Referente: Michela Sperone
Tel: 3893425026
e-mail: [email protected]
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