S in alute A cura di Massimo Molteni Con la collaborazione di Andrea Facoetti, M. Luisa Lorusso, Silvia Pesenti, Nello Salandi LA DISLESSIA È EREDITARIA? Già verso la fine del secolo scorso era stata riscontrata una maggiore frequenza della dislessia in determinati gruppi familiari. Successivamente, molti studi condotti su fratelli hanno confermato l’ipotesi di una familiarità del disturbo, dimostrando che esso si presenta nei fratelli dei soggetti affetti in percentuali molto elevate (dal 27% al 62%, a fronte del 25% riscontrato nella popolazione generale). Gli studi condotti negli ultimi anni su famiglie di dislessici e sui gemelli confermano in buona misura la predisposizione genetica della dislessia evolutiva. Molte ricerche di genetica molecolare hanno infine individuato in una specifica zona del cromosoma 21 la sede delle funzioni di analisi ortografica e fonologica, che sono significativamente alterate nel dislessico. Si può quindi affermare l’esistenza di un substrato genetico della dislessia, anche se ciò non significa che il disturbo sia ereditario, ma solo più frequente in alcuni gruppi familiari. ESISTONO ESAMI PER DIAGNOSTICARE LA DISLESSIA? Presso l’Università di Milano sono stati studiati due gruppi di dislessici, uno di lingua italiana e uno di lingua inglese. Nonostante negli italiani la dislessia si manifesti in modo meno grave rispetto all’inglese, perché la nostra ortografia è decisamente più semplice, lo studio ha evidenziato difficoltà analoghe nei due gruppi: in particolare, sono stati riscontrati in entrambi importanti deficit fonologici. Sottoponendo poi tutti i soggetti all’esame PET (Positive Emission Tomography) durante una prova di lettura, è stata riscontrata in tutti e due i gruppi un’attivazione fortemente ridotta del giro temporale medio e della regione temporale basale inferiore (zone del cervello coinvolte nel linguaggio). Tuttavia questo dato non è ancora sufficiente né per attribuire con certezza la dislessia alla disfunzione di queste aree né, tantomeno, per praticare l’esame PET ai bambini con difficoltà di lettura. Occorreranno ancora molte ricerche sperimentali e dovrà passare parecchio tempo prima che si possa fare diagnosi di dislessia attraverso esami neuroradiologici. Questi ultimi, tutt’al più, possono rappresentare un’ulteriore conferma della diagnosi già formulata con altri tipi di valutazione: ma, in questo caso, devono essere prescritti dallo specialista con una motivazione specifica. 7 DOSSIER dislessia 8 S in alute DOSSIER dislessia DOSSIER dislessia Quella grande difficoltà nell’apprendere la lettura Il problema comincia ad evidenziarsi in seconda-terza elementare, benchè alcuni indizi si possano osservare già nella scuola materna. E’ necessario quindi provvedere a tempestivi approfondimnti diagnostici. VISIONE E LETTURA UNIVERSITÀ DI PADOVA Il deficit è nel campo visivo destro Presentando uno stimolo target affiancato da altri due stimoli irrilevanti (distrattori) ad un gruppo di dislessici e ad uno di normolettori, i ricercatori dell’Università di Padova hanno riscontrato che nei dislessici l’effetto del distrattore risulta attenuato nel campo visivo sinistro e accentuato in quello destro, mentre nei normolettori questo effetto è simmetrico. Ciò indicherebbe l’esistenza di un deficit dell’attenzione selettiva visiva nel campo visivo destro per il gruppo dei dislessici. 9 S in alute S i intende per dislessia una difficoltà significativa nell’apprendimento della lettura, in presenza di un livello cognitivo normale e di un’istruzione adeguata e in assenza di problemi neurologici e sensoriali. In Italia la dislessia interessa dal 3 al 5% della popolazione scolastica (ciò significa che in una classe di 25 alunni è probabile che 1-2 bambini manifestino il disturbo). Nei paesi di lingua anglosassone la percentuale arriva fino al 17%. Sembra che il disturbo riguardi più i maschi che le femmine. I bambini dislessici non apprendono a leggere in modo sufficientemente corretto e fluido: le loro prestazioni nella lettura risultano molto al di sotto del livello che ci si aspetterebbe in base all’età, alla classe frequentata e al livello intellettivo generale. Queste difficoltà solitamente influiscono in misura notevole sulle loro prestazioni scolastiche. Il disturbo può manifestarsi in diversi modi. La lettura può anche essere piuttosto veloce, ma con numerosi errori (omissioni di parole o parti di parola, confusioni, inversioni, sostituzioni di parti di parola o di intere parole), oppure la lettura è nel complesso sufficientemente corretta, ma molto lenta, perché non viene automatizzata; spesso esistono difficoltà nel comprendere il testo letto (nelle materie di studio il brano dev’essere letto più volte per capirne il contenuto), mentre è buona la comprensione di un brano letto da altri. In base al tipo di errori commessi ed ai tempi di lettura si possono individuare diversi sottotipi di dislessia, ciascuno dei quali richiede interventi riabilitativi specifici. Spesso si associano alla dislessia ulteriori difficoltà: in genere disortografia (errori di tipo ortografico), disgrafia (calligrafia disarmonica e difficile da comprendere), a volte lievi difficoltà nel linguaggio orale (problemi nel recupero di termini appropriati o nella memorizzazione di parole nuove), nel calcolo (soprattutto mentale, nella memorizzazione delle tabelline), difficoltà di attenzione. Bisogna quindi tener presente che non tutti i dislessici sono uguali. Il problema comincia ad evidenziarsi chiaramente in seconda-terza elementare, benché alcuni indizi si possano osservare già nella scuola materna. Non sempre gli approfondimenti diagnostici vengono attuati tempestivamente: sono ancora parecchi i bambini che accedono ai servizi diagnostici solo alla fine della scuola elementare o addirittura all’epoca della scuola media, a causa di una errata interpretazione o sottovalutazione del problema (si parla ancora di pigrizia, demotivazione, disagio psicologico). Le cause della dislessia consistono invece nell’insufficiente organizzazione delle funzioni che permettono di passare dalla percezione di un testo scritto all’identificazione delle lettere, poi delle parole, e infine alla comprensione del significato. Le funzioni interessate possono essere: - le funzioni linguistiche: difficoltà nel distinguere chiaramente i suoni che compongono le parole, nell’associare il suono con la lettera corrispondente, nel mettere insieme i suoni per formare le parole; - le funzioni di percezione visiva e di focalizzazione attentiva: deficit di elaborazione dell’informazione visiva (inversioni di lettere, errori di specularità, percezione delle parole come se fossero sovrapposte o in movimento), ridotta abilità di focalizzarsi su singoli elementi escludendo quelli non rilevanti. Sono possibili due tipi di intervento riabilitativo, rispettivamente destinati a: - automatizzare i processi di lettura (aumento della correttezza e della rapidità nell’accesso al testo); - aiutare il bambino ad utilizzare strategie di lettura più efficaci, ad organizzarsi meglio di fronte a testi complessi e a mettere in atto accorgimenti che lo facilitino nello studio. A livello scolastico, gli insegnanti dovrebbero conoscere il problema e tenerne conto nella valutazione degli elaborati scritti e nella presentazione delle prove di verifica (accordarsi con il bambino riguardo alla lettura ad alta voce in classe, non penalizzarlo in caso di errori o lentezza; concedere un po’ di tempo in più rispetto alla classe per la stesura dei testi, invitare il bambino ad autocorreggere il testo, tenere distinta la valutazione della forma da quella del contenuto; presentare i testi in caratteri piuttosto grandi e su pagine non troppo dense). A livello familiare, un grosso problema consiste nel fatto che spesso i bambini dislessici non sono autonomi nello svolgimento dei compiti a casa ed è faticoso per un genitore seguirli in attività che generalmente ai bambini pesano molto. In alcuni casi è meglio prevedere la presenza di una persona estranea che segua il bambino a casa; in altri (quando il disturbo non è troppo evidente) è bene che il bambino impari ad organizzarsi il più possibile in autonomia (utilizzando anche ausili, quali il registratore o il computer). [a cura di Cristina Trombetti e Mario Cocchi] La riabilitazione del dislessico: qual è il metodo migliore? Oltre a migliorare le nostre conoscenze sulla dislessia, le ricerche scientifiche si traducono anche in nuove proposte di trattamento. La scelta del metodo dev’essere fatta con cognizione di causa, distinguendo innanzitutto i diversi tipi di dislessia. I l bambino dislessico viene tradizionalmente riabilitato con il metodo logopedico, che punta all’allenamento del processo di lettura e all’attivazione delle abilità linguistiche. Trattandosi di un approccio ad ampio raggio, la durata del trattamento dev’essere piuttosto lunga: in genere, 1-2 anni con sedute plurisettimanali. Del metodo logopedico possono giovarsi soprattutto i bambini più piccoli; l’efficacia dipende in parte da un buon rapporto con il terapista, che deve essere capace di alimentare la motivazione e la collaborazione attiva del soggetto. In questi ultimi anni, le ricerche scientifiche condotte sulle cause della dislessia hanno portato all’elaborazione di due nuovi modelli riabilitativi:quel- lo di D. Bakker (Free University, Amsterdam - Holland) e quello di G. Geiger (M.I.T. Massachussets Institute of Technology – USA). Il metodo Bakker si basa su un’accurata analisi del ruolo che i due emisferi cerebrali giocano nel processo di lettura. Secondo Bakker, nelle prime fasi di apprendimento della lettura è chiamato in causa soprattutto l’emisfero cerebrale destro, mentre nelle fasi più avanzate il processo di lettura è affidato prevalentemente all’emisfero sinistro. Per imparare a leggere correntemente occorrerebbe quindi “spostare” le abilità di lettura dall’uno all’altro emisfero, in un determinato periodo dell’apprendimento. I bambini dislessici incontrerebbero difficoltà in questo “spostamento”: al- cuni continuano ad impiegare l’emisfero destro per leggere, rimanendo quindi alla fase della lettura lenta e frammentaria (dislessia di tipo P); altri attivano l’emisfero sinistro troppo presto, o addirittura fin dall’inizio, quindi leggono velocemente ma in modo inaccurato e commettendo numerosi errori (dislessia di tipo L). Non tutti i dislessici rientrano però in questa classificazione: in un 30-40% dei casi la dislessia è di tipo misto. Per i dislessici di tipo P, Bakker propone un trattamento basato sulla stimolazione dell’emisfero sinistro; viceversa, nei dislessici di tipo L viene stimolato l’emisfero destro. In entrambi i casi, la stimolazione viene effettuata con appositi esercizi (soprattutto di tipo visivo) proposti attraverso il computer: si tratta di programmi specifici, già disponibili sul mercato, che devono però essere consigliati dallo specialista dopo un’accurata valutazione del bambino. Il trattamento viene effettuato con sedute bisettimanali di 45 minuti, per un periodo di circa 4 mesi. Il metodo di Geiger e Lettvin attribuisce invece la massima importanza alla distribuzione spaziale delle abilità visuopercettive e attentive dei bambini dislessici. Partendo dal presupposto che le difficoltà di lettura di questi soggetti derivino essenzialmente da un’alterata distribuzione delle risorse attentive tra il campo visivo periferico e quello centrale, il metodo si basa su esercizi specifici per la percezione visiva e per la fine coordinazione oculomanuale. Semplice e flessibile nell’applicazione, questo metodo può essere attuato anche a casa ed è adeguato per bambini di qualsiasi età. Va applicato per un periodo di almeno 6 mesi. Presso l’Istituto “E. Medea” è stato recentemente condotto uno studio per confrontare l’efficacia dei diversi metodi riabilitativi. Lo studio ha coinvolto circa 150 bambini dislessici, suddivisi in tre gruppi, ciascuno dei quali è stato sottoposto per 4 mesi a un trattamento diverso: logopedia tradizionale, metodo Bakker e metodo Geiger-Lettvin. Per tutti e tre i gruppi sono stati constatati dei miglioramenti, meno significativi per il trattamento logopedico (a sfavore del quale ha però giocato la relativa brevità del periodo considerato). Il metodo Bakker ha consentito di ottenere miglioramenti notevoli soprattutto per quanto riguarda la correttezza e la rapidità; con il metodo Geiger-Lettvin sono migliorati nettamente gli indici di correttezza. Benché occorrano tempi di sperimentazione più lunghi per giungere a conclusioni definitive, è possibile ricavare da questo studio e da altre ricerche condotte in varie parti del mondo un’indicazione ottimistica: la dislessia può essere oggi affrontata con armi abbastanza efficaci, che consentono di ridurre notevolmente le difficoltà del bambino e, in un discreto numero di casi, permettono di superare il problema pressoché del tutto. VISIONE E LETTURA BAKKER I disturbi dell’attenzione visuo-spaziale Nei dislessici, la maggior parte degli studi evidenzia deficit nel controllo dei movimenti oculari regolati dal sistema Magnocellulare ( un’aggregazione di cellule cerebrali deputata all’elaborazione della posizione degli stimoli visivi). Ma poiché la modulazione del sistema Magnocellulare è a sua volta affidata ad un’area della corteccia cerebrale responsabile dei processi di attenzione selettiva spaziale (processi che consentono di filtrare le informazioni visive rilevanti tralasciando quelle irrilevanti), nella dislessia sono chiamati in causa anche disturbi dell’attenzione visuo-spaziale. Questo tipo di interpretazione sta alla base di una proposta riabilitativa che va sotto il nome di metodo Bakker, illustrata in questo stesso dossier. GEIGER Quando la periferia disturba Geiger ha riscontrato che i dislessici riescono a identificare le lettere presentate nella parte periferica del loro campo visivo meglio di quanto non facciano i soggetti normolettori. Ciò indicherebbe una difficoltà da parte dei dislessici nell’inibire le informazioni provenienti dal campo visivo periferico, informazioni che disturberebbero il processo di lettura, svolto invece nel campo visivo centrale. In rapporto a questa ipotesi, è stato messo a punto uno strumento di valutazione del campo percettivo visivo nei dislessici ed è stata elaborata una modalità di riabilitazione che mira a modificare le strategie di lettura del dislessico. 10 S in alute DOSSIER dislessia Il mio bambino legge male... Come posso aiutarlo? La dislessia può causare ansia, demotivazione e problemi di attenzione. Spesso però queste conseguenze vengono scambiate per le cause dei problemi di lettura. Cosa fare? La psicologa risponde alle domande più frequenti di tanti genitori info ➔ Per ulteriori informazioni sulla dislessia è possibile contattare il Dott. Massimo Molteni, Direttore Sanitario dell’Istituto Scientifico Eugenio Medea (tel 031 877 111) ➔ INDIRIZZI INTERNET www.dislessia.it sito dell’AID, Associazione Italiana Dislessia www.bda-dyslexia.org.uk sito della BDA, British Dyslexia Association Dottoressa, il mio bambino ha difficoltà nella lettura. Mi hanno detto che è dislessico, ma a me sembra intelligente… Certamente il suo bambino è intelligente. La dislessia non ha nulla a che vedere con l’intelligenza. Se il bimbo avesse problemi intellettivi, la diagnosi sarebbe diversa. Ma allora perché confonde le lettere e le parole? Forse dovrei portarlo dall’oculista, magari non ci vede bene? Un controllo oculistico è sicuramente utile per escludere problemi di acuità visiva, ma le difficoltà specifiche di lettura non dipendono dalla vista, anche se i bambini dislessici hanno delle strategie percettive, cioè dei modi di analizzare visivamente le parole, diverse da quelle dei bambini che leggono bene. Mio marito è convinto che sia solo pigrizia. In effetti il bambino è distratto, si impegna poco, studia malvolentieri… Bisogna distinguere la pigrizia da altri problemi. In ogni caso, dopo il primo anno - anno e mezzo di apprendimento, la lettura diventa un processo talmente automatico da non richiedere più alcuno sforzo, quindi anche il minimo impegno ed investimento dovrebbe essere sufficiente per leggere discretamente. Per quanto riguarda l’irrequietezza, le difficoltà di attenzione e concentrazione, si sa che questi sintomi sono spesso associati ai disturbi della lettura e della scrittura, ed è chiaro che un grosso disturbo dell’attenzione può causare gli errori nella lettura e nella scrittura. Bisogna anche considerare, però, che un bambino che nonostante l’impegno non riesce a leggere come i suoi compagni, facilmente si scoraggerà e si demotiverà, quindi molte volte la disattenzione e il disinvestimento sono conseguenze, e non cause, delle difficoltà di lettura. In effetti anche le insegnanti mi dicono che il bambino è molto in ansia ogni volta che deve leggere di fronte ai compagni. Anzi, un’insegnante mi diceva che forse è proprio l’ansia alla base dei problemi di mio figlio. Questo è un punto molto importante. Una volta si tendeva ad interpretare tutte le difficoltà di apprendimento come sintomi di disagio emotivo e di difficoltà psicologiche in genere. Ora sappiamo che non è quasi mai così, proprio perché, come dicevo prima, la lettura è un processo automatico e non basta un po’ di ansia, preoccupazione né tantomeno problemi “inconsci” per in- terferire con il suo svolgimento. Se un livello “normale” di ansia crea problemi di lettura, è perché già qualcosa non funziona come dovrebbe. E poi si instaurano circoli viziosi, per cui l’ansia nasce dalla difficoltà e allo stesso tempo rende più difficile superarla, creando ulteriore ansia e così via… Ma allora, il problema qual è? I problemi possono essere diversi, ma di solito hanno a che fare con l’abilità di percepire e manipolare i suoni della lingua. Può esserci difficoltà nel distinguere chiaramente i suoni che compongono le parole, nell’associare correttamente le lettere ai suoni corrispondenti, nel mettere insieme i singoli suoni per formare le parole e le frasi. In effetti, spesso i bambini con difficoltà di lettura fanno anche fatica a imparare parole nuove, memorizzare poesie o filastrocche, trovare le rime ecc. Come le dicevo, anche le capacità di attenzione, intesa come abilità di focalizzarsi su singoli elementi escludendo quelli che non c’entrano, sembrano giocare un ruolo importante almeno in alcuni casi di dislessia. A chi mi posso rivolgere per avere un’indicazione precisa? Sul territorio nazionale esistono diversi centri specializzati nella diagnosi e riabilitazione dei disturbi della lettura. Un centro qualificato presente da molti anni in Lombardia è l’Istituto Scientifico “E. Medea”, che si occupa da tempo di questo problema effettuando una valutazione completa e approfondita e impostando un trattamento riabilitativo personalizzato per ogni bambino. [a cura di Maria Luisa Lorusso] LA GALLERIA PAOLO POLLI PER L’ARCHIVIO DELLE OPERE E LA PUBBLICAZIONE DEL CATALOGO GENERALE DEL MAESTRO PAOLO POLLI Raccoglie la documentazione fotografica Comitato di curatela: prof. Silvano Valentini e Schettini Anna Segreteria: Galleria Paolo Polli Via Ponte, 5 - ANNONE BRIANZA • Tel. 0341.260853 - 578458 On line: www.paolopolli.it • E-mail: [email protected] 99479/2