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LA PRESBIACUSIA
Filippo Medina
il giornale del dirigente
La presbiacusia rappresenta l’alterazione dell’udito più frequente nelle persone di età superiore ai 50 anni
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Filippo Medina ha una lunga esperienza professionale di medico internista (già clinico universitario e primario medico). Attualmente
esercita come specialista di medicina interna
presso il Centro diagnostico italiano e presso
la Casa di Cura San Pio X di Milano. Svolge
inoltre un’intensa attività di giornalista medico come responsabile di riviste specialistiche
ed è collaboratore di numerosi giornali e riviste tra cui Il Giornale, Le Scienze, Nel Blu, ViverSani&Belli, In Forma Perfetta
nche le strutture dell’orecchio, come l’intero organismo, con il passare degli anni vanno incontro a veri e propri problemi di usura, portando a
una progressiva riduzione dell’udito, che diviene spesso molto marcata dopo i 50-60 anni. A questo proposito si parla di “presbiacusia”. All’inizio si manifesta con la difficoltà di sostenere una conversazione in un
ambiente rumoroso (per esempio in un bar
o in una strada trafficata).
Successivamente, la persona comincia a
percepire a fatica i suoni acuti e quindi, per
esempio, a sentire male lo squillo del telefono o del campanello di casa.
Di norma accade che in un primo tempo chi
è colpito da presbiacusia non si renda conto che le sue difficoltà di comprensione dipendono da una diminuzione dell’udito, ma
anzi spesso si convince che sono i suoi interlocutori a parlare sottovoce, oppure che
sia la televisione ad avere un volume troppo
basso o, ancora, che sia il telefono ad essere
disturbato.
In genere purtroppo ci vuole sempre qualche
mese perché la persona arrivi a prendere coscienza del fatto di sentire meno. Frequente
è infatti la tendenza a trascurare e a sottovalutare i problemi uditivi, modesti o forti che
siano, correndo il rischio di andare incontro
a un progressivo peggioramento della situazione fino a non rendere più possibile qualsiasi intervento correttivo.
Qualsiasi alterazione o diminuzione dell’udito dovrebbe invece essere sottoposta immediatamente all’attenzione del medico specia-
A
lista (otorinolaringoiatra), proprio come accade quando è la vista a essere ridotta.
Cosa fare
Qualora ci si renda conto di una riduzione
dell’udito è necessario sottoporsi a un controllo da parte di un medico specialista in
otorinolaringoiatria, il quale, dopo una prima esplorazione dell’orecchio, richiederà di
eseguire l’esame audiometrico, che consente di stabilire con la massima precisione di
quale tipo di ipoacusia si tratti. L’esame, indolore e di breve durata (circa 10 minuti),
viene effettuato con l’ausilio di una cuffia e
di un apparecchio ad essa collegato, che registra a quale livello di intensità vengono percepiti i suoni trasmessi dalla cuffia.
La protesi acustica
Attualmente non sono disponibili terapie
che consentano di risolvere, o almeno ridurre, l’entità e la progressione della riduzione dell’udito da presbiacusia. L’unico
mezzo per controllarla e per non rischiare
l’isolamento sociale è costituito dall’impiego della protesi acustica. Purtroppo esistono ancora molti pregiudizi e inibizioni psicologiche in merito alla loro applicazione,
per cui molte persone preferiscono rinunciarvi per motivi estetici o per il rifiuto di
accettare l’ipoacusia, rassegnandosi a sentire male.
Si tratta di un atteggiamento
che non trova alcuna giustificazione razionale, tanto
più che le protesi acustiche
attualmente disponibili sono
di dimensioni molto piccole
e quindi facilmente mascherate sotto i capelli. L’importante è sapersi orientare nel
vasto mercato delle offerte
ed è fondamentale innanzitutto affidarsi a un centro audiologico serio e qualificato
dove prestino servizio medici specialisti e audioprotesisti diplomati, non venditori
improvvisati.
Quale protesi scegliere
Negli ultimi 20 anni lo sviluppo tecnologico
ha consentito enormi progressi, con la miniaturizzazione e l’aumento delle potenzialità degli apparecchi. Ora disponiamo di apparecchi acustici non solo analogici, ma anche digitali (numerici) multicanale programmabili, con o senza telecomando, nonché di tutta una serie di apparecchi impiantabili, come protesi piezo-elettriche, vibratori ossei, impianti cocleari e dispositivi d’attenuazione degli acufeni (fischi nelle orecchie). Questi progressi hanno fatto diminuire drasticamente il numero di pazienti portatori di occhiali acustici, per anni rimasti in
voga, ma che presentano lo svantaggio di essere un attrezzo non dissociabile (occhiali +
apparecchio acustico), con sgradevoli conseguenze, per esempio in caso di guasto.
La maggior parte degli apparecchi acustici
attualmente disponibili sul mercato usa la
tecnologia digitale. Con le protesi digitali,
che andrebbero chiamati computer acustici, è la protesi che si adatta alle esigenze
dell’utente. Con questo tipo di ausilio è
possibile intervenire su 15, 20 anche 30 parametri diversi, che definiscono modalità e
tipo di elaborazione sonora da inviare all’orecchio dell’utente. Con il digitale si è
inaugurata (finalmente) una nuova filosofia di approccio all’utente: prima l’utente
era costretto ad adattarsi all’ausilio acustico; infatti ancora oggi le protesi tradizionali consentono un margine di regolazione
limitato, spesso non adeguato alle esigenze del soggetto ipoacusico.
La protesi digitale si definisce computer acustico perché è un vero computer miniaturizzato nelle dimensioni di un retroauricolare o
addirittura di un endoauricolare: i suoni captati dal microfono vengono elaborati digitalmente da un microprocessore e quindi ritrasformati in suono e inviati al timpano.
Dal 2001 sono disponibili protesi digitali
della terza generazione, dette anche “super”. La differenza rispetto agli apparecchi
di base riguarda alcune funzionalità offerte della tecnologia digitale, che permettono un migliore e più confortevole utilizzo
dell’apparecchio e un più raffinato adattamento alle esigenze di vita del paziente.
Gli apparecchi digitali super offrono infatti il controllo permanente automatico
e adattativo dell’effetto Larsen (il fischio
acuto della protesi), che consente di ridurre o eliminare uno dei più fastidiosi inconvenienti degli apparecchi di potenza e
di migliorare le possibilità di applicazione. Negli apparecchi digitali super è presente un dispositivo digitale in grado di
individuare la presenza della voce e di
adattare di conseguenza le modalità di
amplificazione dell’apparecchio. Ciò consente di migliorare la comprensione della
voce nel rumore e di ridurre la sovrastimolazione acustica in assenza di parlato.
Un apparecchio digitale della terza generazione, infine, può e deve essere regolato
non solo sulla base dei referti audiometrici classici (audiometria, vocale, impedenzometria, ecc.), ma anche sulle capacità di
elaborazione dei suoni del paziente. Per
fare un esempio, un professionista con vita sociale e lavorativa dinamica e basata
sui contatti interpersonali avrà una capacità e un’esigenza di elaborazione dei suoni diversa da un’altra persona che, a parità di perdita uditiva, svolge un lavoro ripetitivo con pochi contatti sociali. È proprio dall’analisi dello stile di vita e dall’età,
oltre che dai dati audiometrici tradizionali, che il software dei digitali super propone un tipo di regolazione che potrà essere di amplificazione lineare oppure non
lineare con caratteristiche di adattamento veloce o lento. Questo tipo di adattamento basato sulle esigenze di vita e sulle
“prestazioni” di ascolto del paziente rappresenta la nuova frontiera della terapia
audioprotesica.
Le protesi acustiche automatiche sono
piuttosto piccole, si appoggiano dietro
l’orecchio e sono collegate al condotto uditivo esterno attraverso una sottile sonda
trasparente.
Nel caso in cui la conformazione dell’orecchio lo consenta, si può invece scegliere un
apparecchio acustico da inserire direttamente nel condotto uditivo. Dal punto di vista estetico queste protesi rappresentano
quanto di meglio si possa desiderare, ma
purtroppo non sempre garantiscono una
prestazione soddisfacente come quella fornita dagli apparecchi esterni e inoltre non
vanno bene per tutte le conformazioni.
Attualmente è possibile farsi rimborsare in
tutto o in parte il costo della protesi acustica
da parte del servizio sanitario nazionale. È
però necessario avere una perdita di udito di
almeno il 65% in entrambe le orecchie. Inoltre, le protesi fornite gratuitamente dalla Usl
non sono le più sofisticate e computerizzate;
se si vuole avere un apparecchio all’avanguardia dal punto di vista tecnologico si deve pagare una differenza.
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